Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 666 del 9 giugno 2004 - Resoconto

OGGETTO N. 666/XII - Approvazione del Piano di politica del lavoro per il triennio 2004/2006.

Il Consiglio

Richiamati:

- la legge regionale 31 marzo 2003, n. 7: "Disposizioni in materia di politiche regionali del lavoro, di formazione professionale e di riorganizzazione dei servizi per l'impiego", in particolare l'articolo 4 che definisce le caratteristiche e le procedure per la predisposizione e l'approvazione del Piano triennale di Politica del lavoro;

- gli orientamenti del programma di maggioranza per la legislatura 2003-2008, presentato nella seduta del Consiglio regionale dell'8 luglio 2003, in particolare il paragrafo dedicato all'occupazione;

- la deliberazione di Giunta regionale n. 4257 del 17 novembre 2003, che approvava gli indirizzi necessari per la formulazione del Piano triennale di Politica del lavoro, come previsto dall'articolo 4, comma 3, lettera a) della legge regionale 31 marzo 2003, n. 7;

- la deliberazione di Giunta regionale n. 1624 del 28 aprile 2003 con la quale venivano individuati esperti esterni per affiancare il personale del Dipartimento delle Politiche del lavoro nella definizione dei contenuti del Piano triennale di Politica del lavoro.

Rilevato inoltre che:

- l'articolo 37 della legge regionale 31 marzo 2003, n. 7 prevede che le strutture regionali, costituite ai sensi dell'articolo 3 comma 2 delle stessa legge, saranno operative entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore del DPCM di cui all'articolo 8, comma 1 del d.lgs. 183/2001 e che, alla data attuale, il suddetto DPCM non è ancora stato predisposto dalla Presidenza del consiglio dei Ministri;

- le suddette strutture organizzative regionali, così come previste dall'articolo 3, comma 2 della legge regionale 31 marzo 2003, n. 7 finalizzate all'esercizio delle funzioni e dei compiti in materia di lavoro, di nuova costituzione ovvero nascenti dalla modifica e dall'aggiornamento delle strutture già esistenti e delle quali dovranno essere definite con successivo provvedimento l'articolazione e le competenze, secondo quanto previsto dagli articoli 6, 7 e 8 della legge regionale 23 ottobre 1995, n. 45, alla data attuale non sono ancora state istituite dalla Giunta regionale;

- l'articolo 4 comma 1 della legge regionale 31 marzo 2003, n. 7 prevede, in coerenza con le indicazioni del Patto per lo sviluppo della Valle d'Aosta, sottoscritto il 17 maggio 2000 in armonia con il Fondo Sociale Europeo, che sia la Regione a definire il Piano triennale degli interventi;

- l'articolo 4 comma 3 della legge regionale 31 marzo 2003, n. 7, impone inderogabilmente la procedura di adozione del suddetto Piano triennale di attività indicando, alla lettera c) dello stesso comma 3, che "la struttura regionale competente in materia di programmazione e gestione delle politiche del lavoro e della formazione professionale, redige il Piano triennale e che la Giunta regionale, sentito il parere del Consiglio per le politiche del lavoro di cui all'articolo 6, adotta la proposta di Piano da sottoporre all'approvazione del Consiglio regionale";

- allo stato attuale non è ancora stato istituito dalla Presidenza della Regione il suddetto Consiglio per le politiche del lavoro previsto dall'articolo 6 della legge regionale 31 marzo 2003, n. 7, così come non è stato possibile attivare le procedure di costituzione delle nuove strutture organizzative regionali, previste dall'articolo 3, comma 2 della legge regionale 31 marzo 2003, n. 7 a causa della carenza del citato DPCM di cui all'articolo 8, comma 1 del d.lgs. 183/2001;

- in conseguenza di quanto rappresentato, non è stato possibile istituire la struttura organizzativa regionale con le funzioni di organo istituzionale competente in materia di programmazione e gestione delle politiche del lavoro e della formazione professionale che avrebbe dovuto redigere il Piano triennale, così come indicato dall'articolo 4, comma 3, lettera b) della legge regionale 31 marzo 2003, n. 7, da sottoporre all'approvazione del Consiglio regionale;

- è stato necessario procedere alla attivazione di una procedura suppletiva funzionale al conferimento della competenza della redazione del Piano triennale di politica del lavoro al Dipartimento delle Politiche del Lavoro, in carenza della struttura organizzativa regionale di cui all'articolo 22 della L.R. n. 7/2003, finalizzata all'adozione della proposta di Piano triennale di politica del lavoro da parte della Giunta regionale per la successiva approvazione del Consiglio regionale, pur in assenza del parere del Consiglio per le politiche del lavoro, previsto dall'articolo 6 della legge regionale 31 marzo 2003, n. 7 non ancora costituito;

Rilevato, che in sostituzione la proposta di Piano triennale di Politica del Lavoro è stata sottoposta all'attenzione del tavolo di concertazione del Patto per lo Sviluppo della Regione Valle d'Aosta;

Rilevato che l'attività preparatoria per la predisposizione del Piano triennale è avvenuta presso il Dipartimento delle politiche del lavoro ed ha tenuto conto delle più recenti tendenze del Mercato del lavoro della Valle d'Aosta e del nuovo contesto normativo nel quale si colloca l'attuale programmazione e, nello specifico, dei seguenti provvedimenti:

- il decreto legislativo 10 aprile 2000, n. 183 "Conferimento alla Regione autonoma Valle d'Aosta di competenze e funzioni in materia di lavoro";

- la legge regionale 31 marzo 2003, n. 7 "Disposizioni in materia di politiche del lavoro, di formazione professionale e di riorganizzazione dei servizi per l'impiego";

- la legge n. 30/2003 e il relativo decreto legislativo n. 276/2003 che, tra l'altro, ridisciplinano i servizi per l'impiego e l'apprendistato ed introducono nuove forme di lavoro subordinato e parasubordinato;

- il Regolamento (CE) n. 68/2001 della Commissione relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti destinati alla formazione;

- il Regolamento (CE) n. 2204/2002 relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione;

Rilevato che è stata inoltre considerata, con attenzione, la strategia europea per l'occupazione (SEO), inaugurata nel novembre del 1997 con il documento di Lussemburgo la quale, in particolare mediante l'individuazione di pilastri comuni che guidano l'elaborazione dei Piani nazionali per l'occupazione e l'asservimento del Fondo Sociale Europeo a tali obiettivi, tende al raggiungimento di significative convergenze tra gli Stati membri dell'Unione anche sul piano occupazionale;

Rilevato, infine, che il nuovo Piano di politica del Lavoro, ancorandosi saldamente alla strategia europea per l'occupazione persegue, in sintesi un duplice obiettivo:

- assicurare ai lavoratori un lavoro di qualità, in condizioni di regolarità e sicurezza, anche valorizzando le specificità di genere, età e diversa abilità;

- rispondere alle esigenze di competitività del sistema imprenditoriale elevando la preparazione professionale della forza lavoro, attivando un sistema regionale di servizi per l'impiego volto al rapido e puntuale reperimento della manodopera richiesta e sostenendo le imprese che lo desiderano nello sforzo di utilizzare anche i momenti di riorganizzazione e ristrutturazione come opportunità per far crescere la qualità del lavoro;

Precisato che l'analisi del mercato del lavoro e la proposta di Piano di politica del lavoro sono rappresentate dal documento che viene allegato alla presente proposta di deliberazione che ne costituisce parte integrante;

Richiamata la legge regionale 31 marzo 2003, n. 7;

Richiamata la deliberazione della Giunta regionale n. 5016 in data 30 dicembre 2003 concernente l'approvazione del bilancio di gestione per il triennio 2004/2006, con attribuzione alle strutture dirigenziali di quote di bilancio e degli obiettivi gestionali correlati e di disposizioni applicative;

Visti i pareri favorevoli rilasciati dal Coordinatore del Dipartimento delle politiche del Lavoro e dal Direttore dell'Agenzia regionale del lavoro, ai sensi del combinato disposto degli articoli 13, comma 1, lettera e) e 59, comma 2, della legge regionale 23 ottobre 1995, n. 45, sulla legittimità della presente deliberazione;

Visto il parere della IV Commissione consiliare permanente;

Delibera

di approvare l'allegato Piano triennale di politica del lavoro.

Allegato

(Omissis)

Président - Je rappelle que nous discutons sur le nouveau texte qui est annexe et que la IVe Commission a donné son avis favorable à majorité.

La parole à l'Assesseur aux activités productives et aux politiques du travail, Ferraris.

Ferraris (GV-DS-PSE) - Nel campo delle politiche del lavoro la Valle d'Aosta ha da tempo anticipato alcune scelte nazionali. Penso anzitutto alla creazione dell'Agenzia del lavoro nel 1989, che ha dotato la Regione di uno strumento di intervento specifico di "governance" del mercato del lavoro e ha creato specifiche professionalità del settore; ha creato anche una capacità di pianificazione e di programmazione delle attività e alcuni interventi specifici, che hanno anche anticipato la legislazione nazionale; penso ad alcuni interventi per quanto riguarda le fasce deboli, il sostegno ai lavoratori che hanno perso il lavoro.

Il piano che il Consiglio discute oggi fa parte di una programmazione che da più anni la Regione ha svolto nel settore e che ha raggiunto degli obiettivi molto chiari, nel senso che la Valle d'Aosta ha raggiunto già alla fine del 2002 gli obiettivi previsti dalla strategia europea per l'occupazione: il tasso di occupazione a livello regionale è del 66% contro una media nazionale del 55% e una media del nord-ovest del 62%; lo stesso dicasi per il tasso di occupazione femminile che in Valle è al 56%, contro un 42% della media nazionale, nel periodo 1991-2002 vi è stata una crescita significativa del tasso di occupazione femminile del 10%. Il mercato del lavoro valdostano è caratterizzato da un eccesso di domanda rispetto all'offerta: abbiamo circa 2.000 assunzioni all'anno a fronte di un'offerta di lavoro di 1.200 lavoratori disponibili, quindi ci troviamo in un mercato del lavoro che attinge dall'esterno. Esistono dei problemi di disoccupazione, ma si tratta di affrontare problemi di incontro fra domanda ed offerta. Negli ultimi anni si è verificato un aumento della precarizzazione nell'ingresso del mercato del lavoro; questo è uno dei temi che all'interno del piano viene affrontato, cercando di dare alcune risposte. Per fare un nuovo piano come quello che il Consiglio discuterà, si tratta di fare una brevissima analisi dell'impatto del piano precedente, perché si deve vedere sulla base dell'esperienza acquisita quali sono gli interventi e le correzioni da fare: così era stato fatto per il piano 1995-1998, così si intende fare per il piano 2004-2006.

Il Piano di politica del lavoro ha investito la dotazione finanziaria che gli era stata assegnata, quindi l'operatività è stata garantita. I progetti presentati nei 4 anni sono stati 1.500, il 60% ha riguardato le fasce deboli (disoccupati, lavoratori in mobilità o cassa integrazione, oppure portatori di handicap); è stato approvato l'80% dei progetti e sono state interessate circa 1.600 persone, portando ad un'assunzione stabile di 900 persone, quindi il risultato è stato significativo. Vi sono state assunzioni per circa 490 persone nel campo delle fasce deboli e svantaggiate, 220 i posti di lavoro creati attraverso la costituzione di nuove imprese e circa 110 i posti creati con la stabilizzazione del rapporto di lavoro; nel campo dei lavori di utilità sociale le persone interessate a questo tipo di attività sono state circa 600.

Questo Piano di politica del lavoro si apre in un contesto nuovo, in un contesto in cui vi sono tutte le premesse per avere un definitivo trasferimento di funzioni alla Regione sulla base del decreto legislativo n. 183/2000, a questo proposito è arrivata nei giorni scorsi alla Presidenza della Regione una proposta che abbiamo giudicato accettabile, quindi contiamo che nel mese di giugno sia possibile avere il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per il trasferimento delle funzioni. Nel marzo 2003 è stata approvata la legge regionale relativa alle politiche regionali del lavoro, alla formazione professionale e alla riorganizzazione dei servizi per l'impiego che credo sia una delle leggi più avanzate e sono state promulgate a livello nazionale due nuovi provvedimenti: la legge n. 30/2003 e il decreto legislativo n. 276/2003, che hanno disciplinato i servizi per l'impiego, l'apprendistato e che introducono nuove forme di lavoro subordinato e para-subordinato. In questo contesto bisogna tener conto delle strategie europee per l'occupazione, perché l'utilizzo del fondo europeo è volto a far sì che, oltre ad una convergenza sul piano monetario con l'euro, sia possibile avere delle significative convergenze fra gli Stati membri sul piano dell'occupazione. Si delineano nuovi scenari e il piano della nostra Regione cerca di andare incontro a questa nuova situazione: da un lato, si deve provvedere a far sì che il piano affronti gli scompensi derivati da una maggiore precarizzazione del rapporto di lavoro; dall'altro, si deve rispondere ad una maggiore esigenza di qualità del lavoro, quindi far sì che il "fattore lavoro" sia un elemento di competitività del sistema economico e sociale.

Il Piano di politica del lavoro rappresenta anche un elemento per esercitare appieno le competenze che la Regione ha in capo a sé stessa, quindi in sintesi l'obiettivo che il piano si propone è duplice: da un lato, assicurare un lavoro di qualità, condizioni di regolarità e sicurezza, valorizzando anche le specificità di genere (età e diversa abilità); dall'altro, rispondere alle esigenze del sistema imprenditoriale, elevando la preparazione professionale della forza lavoro e attivando un servizio per l'impiego volto al rapido e puntuale reperimento della manodopera richiesta. Un problema della Valle è far sì che vi siano quelle professionalità che le imprese richiedono e quindi far fronte anche a momenti di riorganizzazione e ristrutturazione delle attività produttive. Il piano è caratterizzato dal coinvolgimento delle parti sociali sia nella fase dell'elaborazione, sia nella fase di realizzazione di monitoraggio e di valutazione delle politiche regionali, perché riteniamo che la concertazione sia un metodo importante per governare i rapporti fra istituzioni regionali e parti sociali. Mi fa piacere che nell'ultimo periodo anche nel dibattito nazionale venga rivalutato il ruolo della concertazione, anche da parte di associazioni imprenditoriali importanti.

Quali sono i principali macrobiettivi del piano? Il macrobiettivo n. 1 si propone di definire le cosiddette "azioni di sistema", cioè una rete di strutture che siano in grado di governare il mercato del lavoro, quindi anzitutto interventi nel campo dell'osservazione del mercato del lavoro, dell'orientamento, dei servizi per l'impiego e dell'inserimento nel lavoro di soggetti disabili e svantaggiati. Si propone in secondo luogo di innalzare la qualità del sistema regionale di politica del lavoro per quanto riguarda i servizi per l'impiego, le politiche del lavoro e gli interventi di formazione professionale. Sono circa una ventina gli enti accreditati in Regione per l'effettuazione di formazione utilizzando i fondi del fondo sociale e questa è una questione che dovrà riguardare anche agenzie di intermediazione di manodopera, perché è un appuntamento immediatamente successivo alla definizione di questo piano. Il piano poi rappresenta un'altra caratteristica: quella di vedere un coinvolgimento delle strutture private, ma anche la valorizzazione delle strutture private - in particolare del privato sociale - che possono contribuire con loro caratteristiche agli obiettivi individuati dalla programmazione regionale. Altro tema: quello di integrare il sistema della formazione professionale, che si delinea nel piano in collegamento della legge n. 7, con il sistema dell'istruzione, e questo è un tema che deve essere approfondito.

Un altro macrobiettivo è quello relativo all'innalzamento del grado di occupabilità dei lavoratori. Si tratta di puntare ad un ulteriore innalzamento dei tassi di occupazione, sia del tasso di occupazione complessivo, sia di quello femminile, sia di quello degli ultracinquantenni, che sono le fasce oggi più deboli sul mercato del lavoro. Si tratta di articolare una strategia aziendale nel campo degli interventi dell'informazione e della conoscenza di quali sono gli strumenti che possono essere messi a disposizione dei lavoratori e delle imprese sul piano della formazione, delineando dei percorsi strutturati di passaggio dalla disoccupazione al lavoro. È importante l'introduzione del cosiddetto "patto di professionalizzazione", cioè un patto finalizzato alla definizione fra Agenzia del lavoro e impresa di un articolato percorso di inserimento in azienda, volto all'assunzione a tempo determinato della lavoratrice o di un lavoratore che sono al centro del progetto.

Vi sono poi questioni legate alla qualificazione professionale di 1° e 2° livello; attraverso l'integrazione dei diversi comparti del sistema informativo è necessario: perseguire l'espletamento del diritto/dovere di istruzione e formazione, sia fino al 18° anno - tanto nella scuola che nella formazione professionale iniziale -, sia nell'apprendistato; istituire ulteriori percorsi di apprendistato, il cosiddetto "apprendistato professionalizzante", e l'apprendistato per l'acquisizione di diplomi di laurea, cioè far sì che la formazione professionale definisca dei crediti formativi finalizzati al conseguimento del diploma e della laurea, e il sostegno alla formazione professionale anche individuale di alto livello, vedi corsi di istruzione e formazione tecnica superiore, vedi i corsi post diploma, post laurea, corsi di specializzazione e perfezionamento in collegamento anche ad attività di innovazione e ricerca.

Un macrobiettivo specifico riguarda il sostegno all'imprenditorialità, tenuto conto del fatto che uno dei modi per incrementare il livello occupazionale è quello di favorire le vocazioni imprenditoriali, cosa che consente di creare ulteriore occupazione. Il piano mette a disposizione di chi intenda creare un'impresa degli aiuti per quanto riguarda la definizione del piano di impresa, la possibilità di concretizzare idee imprenditoriali, quindi verificare la validità del progetto imprenditoriale, e introduce una novità: quella relativa al prestito d'onore per i giovani sotto i 32 anni. Vi sono poi interventi per quanto riguarda la crescita dimensionale dell'azienda - il nostro è un tessuto produttivo caratterizzato da imprese di piccole e piccolissime dimensioni - e anche interventi per il passaggio di proprietà nelle microimprese.

Vi è poi un macrobiettivo legato alla valorizzazione delle risorse umane come fattore di competitività dell'impresa e anche qui si intende favorire la competitività del sistema valdostano agendo sulla valorizzazione delle risorse umane, mettendo in campo dei percorsi che coniugano le esigenze aziendali con la crescita delle professionalità dei lavoratori, collegando a questo anche l'uguaglianza di genere; quindi interventi che mettono al centro la possibilità di valorizzare la persona. Vi sono alcuni interventi specifici nel campo della possibilità di individuare e di poter far sì che le aziende possano reperire le professionalità carenti sul territorio regionale, vi sono poi interventi per quanto riguarda progetti innovativi per la rimodulazione degli orari di lavoro, in accordo con le parti sociali; azioni positive per assicurare l'eguaglianza di genere e iniziative specifiche coordinate da un'apposita "task force" per sostenere i lavoratori e le lavoratrici considerati eccedenti a seguito di crisi aziendali. Vi è poi attività di formazione professionale continua per mantenere aggiornato il patrimonio professionale dei lavoratori; infine, interventi volti a rafforzare la cultura e la pratica della sicurezza sui luoghi di lavoro, perché ci troviamo di fronte a situazioni in cui il livello di infortuni, in alcuni casi anche gravi, sono presenti, quindi la pratica della sicurezza deve essere uno dei punti prioritari all'ordine del giorno.

Si tratta poi in questo contesto di far sì che vengano fronteggiati gli effetti negativi che derivano da processi di flessibilizzazione e precarizzazione dei rapporti di lavoro, nel senso che, come diceva recentemente il sociologo Gallino, a 20 anni i contratti flessibili attirano, a 30 anni preoccupano, a 40 diventano un fattore permanente di ansiosa insicurezza. Con questo noi non vogliamo negare la necessità di avere dei momenti di flessibilizzazione, però questi vanno accompagnati con momenti di stabilizzazione dei rapporti di lavoro. A questo riguardo il piano offre delle opportunità per l'orientamento, per la formazione, per il monitoraggio del fenomeno della precarizzazione del lavoro. Sulla base di un emendamento presentato dalle organizzazioni sindacali, si introduce anche la necessità di intervenire con specifiche iniziative normative in sostegno alla tutela della malattia, della disoccupazione involontaria, della previdenza.

Vi è poi una parte importante che riguarda la promozione della responsabilità sociale dell'impresa; questo è un tema che forse riscuote maggiore successo al di fuori dei confini nazionali, ma credo che il fatto che l'azienda debba svolgere un ruolo di responsabilità rispetto al territorio in cui opera sia nei rapporti con i lavoratori, sia in quelli con l'ambiente con cui interagisce sia uno dei temi da incentivare. Da questo punto di vista, il Piano di politica del lavoro indica alcuni percorsi da seguire, a cui seguiranno anche delle norme di carattere legislativo, che sono in itinere, per quanto riguarda la certificazione della responsabilità sociale delle imprese sulla base di standard internazionali.

Vi è poi una parte importante: quella relativa al sostegno e all'inclusione sociale mediante il lavoro, cioè quella sfida che viene proposta dall'Unione europea allo scopo di aumentare le "chances" occupazionali per quei gruppi sociali che incontrano maggiori difficoltà di inserimento nel lavoro, consapevoli del fatto che la condizione di svantaggio è una condizione multidimensionale che va affrontata con modalità e strumenti diversificati e articolati fra di loro ed è appunto l'inserimento lavorativo che viene affrontato nel Piano di politica del lavoro con strumenti diversi, che riguardano i disabili, i disoccupati di lunga durata, altri soggetti segnalati dai servizi sociali, che presentano gravi disagi, come possono essere gli immigrati, i detenuti, ex detenuti, tossicodipendenti ed ex tossicodipendenti. Quello che ci si propone è di intervenire con delle tipologie di azione, che vanno dall'orientamento alla formazione, ai tirocini, ad incentivi per l'assunzione, a delle borse lavoro a seconda delle difficoltà presenti nell'inserimento nel mercato del lavoro... e che cerca di far sì che l'inserimento avvenga anche sulla base della definizione di un sistema di servizi qualificati che operano in rete e quindi partecipano a questo processo. Qui vi sono due novità: la prima riguarda la possibilità di attivare interventi che danno per acquisita l'integrazione fra le ex strutture statali di collocamento e l'Agenzia del lavoro, cioè si dà per scontato che i centri per l'impiego possano essere gestiti direttamente dalla Regione; la seconda concerne l'intenzione di promuovere e valorizzare il ruolo della cooperazione sociale, che ha sviluppato in questo ultimo decennio una competenza specifica nell'ambito dei processi di inclusione sociale dei disabili e delle altre categorie di soggetti svantaggiati attraverso il lavoro.

Il piano poi offre degli interventi legati ad azioni di informazione, orientamento e formazione, come dicevo prima, le borse lavoro, un servizio mirato per la progettazione di percorsi individualizzati e flessibili, mettendo a frutto l'esperienza maturata dall'Agenzia del lavoro in questi anni, percorsi da realizzarsi con le cooperative sociali per i soggetti che presentano maggiori difficoltà, sostegni al mantenimento e al reinserimento nel posto di lavoro di coloro che per svariati motivi rischiano di perderlo. Sono previsti anche incentivi per la creazione di posti di lavoro a distanza ed è proprio di oggi la realizzazione di un accordo interconfederale fra la Confindustria e le organizzazioni sindacali per quanto riguarda il telelavoro che potrà essere utile. Il piano offre un servizio di collocamento mirato, un abbattimento dei costi sostenuti per l'adattamento dei posti di lavoro, a carico dell'impresa, e incentivi per le assunzioni che sono modulati con riferimento al grado di svantaggio dei soggetti considerati.

Infine vi è una parte che riguarda i lavori di utilità sociale, quei lavoratori che sono a rischio di esclusione dal mercato del lavoro quindi i lavori di utilità sociale, che - come abbiamo visto nel piano passato - hanno interessato circa 600 persone, sono un'opportunità che viene offerta agli enti locali per affrontare alcune attività di carattere straordinario. La volontà è quella di riflettere anche sugli strumenti che sono stati realizzati, coinvolgendo anche in un confronto le parti sociali e la pubblica amministrazione.

L'ultimo macrobiettivo è quello della valorizzazione della montagna, questo è un elemento molto importante nella nostra realtà, nel senso che il Piano di politica del lavoro va un po' al di là delle politiche del lavoro in senso stretto e sostiene iniziative anche per lo sviluppo locale, iniziative che vedono il coinvolgimento degli enti locali nell'animazione economica del territorio, nella costruzione di progetti di sviluppo locale e anche di progetti di carattere transfrontaliero e sostiene percorsi lavorativi collegati alle pluriattività, che è una delle caratteristiche dei territori montani, così come la possibilità di utilizzare il telelavoro e nuove tecnologie nel campo dell'informazione e della comunicazione.

Il piano poi contiene delle disposizioni finali, nel senso che questo piano avrebbe dovuto entrare in vigore il 1° gennaio di quest'anno, ovviamente non è stato possibile farlo, in ogni caso nelle disposizioni finali si stabilisce che i benefici del piano avranno decorrenza dal 1° gennaio 2004 e si concluderanno al 31 dicembre 2006, quindi viene data una risposta anche a coloro che già nei primi mesi dell'anno hanno attivato alcune misure previste dal piano.

È un piano che intende dare delle risposte ai problemi strutturali del mercato del lavoro inseriti in un contesto nazionale e anche nelle dinamiche europee. Affronta i temi della qualità e della competitività attraverso una valorizzazione delle risorse umane; vediamo che spesso i temi della competitività trovano delle risposte attraverso una politica di deregolazione del lavoro; non crediamo che questa sia una risposta utile, riteniamo anzi che la flessibilità debba essere sostenibile e che debba coniugarsi con precise protezioni sociali. L'Europa insiste su due temi: uno è la coesione sociale, l'altro è l'inclusione; sono temi che si trovano ampiamente all'interno di questo piano, che intende fra l'altro raccordarsi al piano operativo regionale del Fondo sociale europeo, quindi le linee guida del piano sono le linee che uniformano anche il POR ed instaurano uno stretto collegamento con gli indirizzi delle politiche comunitarie. Come dicevo nell'introduzione, la concertazione con le parti sociali viene indicata come un metodo di confronto e come un metodo di azione dell'Amministrazione regionale. Questo è un piano nato nel confronto con le parti sociali e vuole continuare a mantenere questo tipo di rapporto anche nella fase della sua realizzazione e del suo monitoraggio.

Concludo, ringrazio per l'attenzione e anche la commissione per il lavoro svolto nella fase di discussione del piano.

Si dà atto che dalle ore 18,29 presiede il Vicepresidente Nicco.

Presidente - È aperta la discussione generale.

La parola alla Consigliera Squarzino Secondina.

Squarzino (Arc-VA) - Questo è un piano atteso. Le persone audite in commissione hanno detto: "Finalmente!" - io non c'ero, ma ho sentito le registrazioni perché volevo capire quali valutazioni erano state date -, finalmente quindi vi è questo piano, che arriva quasi con 2 anni di ritardo. È un piano che, nonostante il ritardo, nasce "claudicante" perché, come viene indicato nelle premesse della deliberazione, manca nella stesura dello stesso la partecipazione di quell'altra componente delle politiche del lavoro dell'occupazione che fa riferimento al Ministero del lavoro e che non ha potuto dare il proprio contributo; può darsi che questo sia uno dei motivi per cui si è aspettato. Abbiamo sentito con piacere stasera dall'Assessore che vi è una risposta, speriamo positiva, rispetto alla definizione di questo accordo fra Stato e Regione per il trasferimento, oltre delle competenze, anche delle risorse umane e finanziarie. Questo lo posso dire con chiarezza, perché ero già intervenuta in tempi non sospetti su questo tema, sul quale credo che la Giunta e l'Assessore si siano attivati in ritardo, perché non hanno capito l'importanza di questo Ufficio del collocamento proprio per la gestione dei nostri disoccupati. Abbiamo verificato che in questi ultimi mesi abbiamo assistito anche ad un'ulteriore attivazione di questi rapporti, per cui siamo contenti che finalmente il trasferimento di competenze possa avvenire e in tempi brevi. Spero che questo "settore", che si occupa delle politiche del lavoro, sia stato contattato, interessato alla stesura del piano, anche perché comunque queste competenze professionali fra pochi mesi - speriamo - rientreranno a far parte di questa nuova struttura regionale competente in materia di programmazione, gestione delle politiche del lavoro e della formazione professionale; quindi questo è un po' un "neo" nel momento della gestazione di questo piano.

Il piano è stato definito sulla base delle valutazioni e delle peculiarità del mercato del lavoro in Valle. Qui vorrei ricordare alcune di queste peculiarità, quelle che a mio avviso sono più interessanti per descrivere la nostra situazione: un alto tasso di occupazione, un basso tasso di disoccupazione e, rispetto alla media nazionale, un alto tasso di occupazione femminile; vorrei ricordare che a questo alto tasso dovrebbe corrispondere un alto tasso di offerta di servizi sul territorio, questo per sottolineare che alcuni dati, che sono positivi, richiedono anche interventi di politiche rispetto ai servizi: servizi all'infanzia soprattutto, servizi alle persone.

Sarebbe interessante anche qui riflettere su una notazione, che ho trovato foriera di preoccupazione, ed è il paradosso per cui, pur aumentando la crescita dell'occupazione in Valle, abbiamo un rallentamento della produttività, cioè alla crescita dell'occupazione non corrisponde un aumento della produttività; questo ci fa riflettere sull'importanza di qualificare un po' meglio il tipo di lavoro che viene attivato in Regione.

Un altro elemento su cui vorrei richiamare l'attenzione è l'alta dispersione scolastica che abbiamo ancora in Valle e che fa aumentare la forza lavoro proprio nelle classi di età fra 15 e 19 anni, classi che dovrebbero veder diminuita la forza lavoro, perché queste dovrebbero essere le classi di età in cui i giovani vanno a scuola; il fatto che aumenti sottolinea un dato preoccupante - ripeto -: la dispersione scolastica.

Vi sono poi altri due punti che vorrei qui riprendere. Uno è un dato già presente nel piano precedente: il fatto che esista in Valle una fascia di disoccupati per lo più adulti, che ha difficoltà di inserimento e che è interessata anche da fenomeni di disagio, di esclusione sociale, quindi un fenomeno molto più complesso che non la semplice disoccupazione; accanto a questa vi è una fascia di popolazione che è a rischio, nel senso che l'instabilità coniugale rende vulnerabile la persona. In questa descrizione della situazione della popolazione della nostra Regione si dice che queste difficoltà che la persona incontra quasi all'improvviso possono essere relative ad un periodo transitorio se vi sono adeguate politiche dei servizi; anche in questo caso quindi le indicazioni che emergono dallo "studio Ceccarelli" ci danno informazioni non solo sul piano lavorativo, ma anche sul piano sociale.

Ultima osservazione che emerge dalla descrizione dell'occupazione in Valle riguarda un elemento di discontinuità rispetto al passato: la precarizzazione delle modalità di ingresso nel mercato del lavoro; questa è la novità, non stiamo a mettere degli aggettivi vicini a questa novità, qualcuno richiama la flessibilità, qualcun altro la precarietà; come ricordava prima l'Assessore, se alcuni fenomeni possono essere vissuti con interesse e quasi baldanzosamente, perché è la scoperta di un mondo nuovo, quando si è giovani e si affronta un lavoro, man mano che il tempo passa, ci si rende conto che questo lavoro flessibile non dà garanzie per costruire un progetto di famiglia. Se questa precarizzazione del lavoro si traduce in precarizzazione della vita familiare ed economica, delle relazioni sociali, credo sia un elemento molto negativo. Il piano viene anche steso sulla base di alcune indicazioni che la stessa Giunta fornisce, sia laddove detta le linee ispiratrici, sia quando indica i compiti del gruppo di lavoro incaricato di redigere il piano; questi appunti mi serviranno per fare osservazioni successive.

Fatta questa descrizione del contesto in cui il piano si inserisce, condividiamo appieno tutti i macrobiettivi che si intendono perseguire, le misure, le azioni che dovrebbero conseguire queste finalità. Si tratta di previsioni di interventi altamente condivisibili, voglio ricordarne alcuni come: il metodo della concertazione, credo che questo metodo sia stato forse non pienamente attuato nel momento della stesura del piano, ma è stato presente nel momento del confronto tanto che ha dato luogo a modifiche altamente qualificanti, soprattutto quando prevede di inserire degli strumenti come il forum, come anche la necessità di concertare con i sindacati tutta una serie di azioni che riguardano le certificazioni, per esempio, che danno un ruolo importante agli attori sociali che operano nell'ambito del lavoro.

Secondo elemento che a nostro avviso è importante è il fatto che questo piano punti molto sulla formazione, che viene considerata come uno strumento che serve a preparare le figure professionali necessarie al nostro contesto economico... e mi è piaciuto anche questo riferimento al settore turistico, questa attenzione a figure professionali che riguardano il settore turistico culturale e che sono attente a uno sviluppo economico interessante per la nostra Valle. Ancora: la formazione vista come strumento che serve all'azienda per essere più vitale e più competitiva. Formazione nei suoi vari livelli - periodo scolastico e post scolastico, post diploma e formazione universitaria -, formazione che riteniamo importantissima nel suo complesso, perché se prendiamo tutte le misure che riguardano la formazione, avremo più del 50% che viene previsto e questo è un dato positivo. Spero che tutta questa parte sia stata non dico concertata, ma definita in collaborazione con il mondo della scuola, cui compete la titolarità delle attività di istruzione e formazione di cui si parla. In questo momento forse è difficile anche per la scuola dire dove vuole andare, non per niente ho visto che vi è un punto chiaro in cui si dice che si rivedrà il tutto nel momento in cui si andrà a definire come la "riforma Moratti" impatterà sulla nostra scuola, specialmente sulla scuola superiore. Penso a questo secondo canale che si sta delineando e che non è ancora ben definito a livello nazionale, vi sono continui interventi per cui capisco anche che sia giusto prevedere delle azioni di aggiustamento in itinere. Trovo anche interessante questo discorso della rete che, secondo me, è veramente indispensabile, perché si ha l'impressione, vedendo il piano, che vi siano tante iniziative sparse qua e là, ciascuna con un macrobiettivo, ma a volte le stesse tipologie di iniziative si trovano presenti in macrobiettivi diversi, per cui credo sia interessante verificare le relazioni fra le diverse iniziative e fra i soggetti chiamati a realizzare queste iniziative. Teniamo conto che non esiste da noi, come in altre realtà regionali, l'Assessorato che si occupa della formazione professionale, cioè un centro ben preciso che ha un'esperienza accumulata nel tempo di strutture permanenti; qui la formazione professionale è legata a serie di corsi che di volta in volta vengono organizzati a seconda delle iniziative, ma si ha l'impressione che sia necessario costruire questa rete, altrimenti non si dà continuità all'opera di formazione che si va ad attivare.

Sono importanti a nostro avviso le iniziative che mirano ad introdurre la responsabilità sociale delle imprese nelle diverse azioni; a differenza del piano precedente questo mi sembra sia più attento alla visione di genere, quindi si inserisce tale visione nelle diverse azioni e lo si considera come un elemento qualificante dell'impresa. So che è la Comunità europea a chiedere che il 10% del finanziamento delle azioni riguardi il "mainstreaming", però è interessante almeno lo sforzo fatto di trovare collocazioni valide, sensate e non solo "appiccicate" rispetto a cosa vuol dire la visione di genere all'interno di politiche che favoriscono l'occupazione. Credo sia stato opportuno anche accogliere la richiesta dei sindacati, che chiedono che venga collocata in modo adeguato all'interno dei vari momenti di programmazione la figura della consigliera di parità, che può aiutare a costruire nel tempo una mentalità in questo senso del "mainstreaming". Fra l'altro, avrei preferito che anche la visione della montagna fosse vista come un obiettivo trasversale e non preso a parte; mi sembra che sia "appiccicato", come elemento che bisogna per forza affrontare, mentre sarebbe stato più interessante verificare cosa vuol dire all'interno delle varie azioni pensare con le esigenze di chi opera in montagna.

Mi sembra anche interessante il fatto che si voglia istituire il centro per il diritto al lavoro dei disabili e degli svantaggiati; è un tentativo di trovare quasi uno sportello unico che affronti questo argomento. Sarà interessante verificare come e in che modo risponde effettivamente alle esigenze a cui si è cercato di dare una risposta. Personalmente penso sia importante che il disabile abbia un unico punto a cui rivolgersi e non debba fare la processione nei vari uffici per chiedere cosa può fare nella sua situazione.

Detto questo, vorrei offrire alcuni suggerimenti per meglio approfondire alcuni aspetti che a nostro avviso sono stati messi al margine; lo dico anche perché alcuni di questi possono essere sviluppati meglio oppure ripresi nel momento in cui viene redatto il piano annuale operativo. Credo vada fatto uno sforzo ulteriore per capire cosa significa valutare l'efficacia degli strumenti adottati, perché la valutazione sul piano passato è stata un po' debole, nel senso che si è fatto un elenco di alcuni risultati, ma se non vengono indicate nel piano stesso le modalità di valutazione, gli obiettivi da raggiungere per valutare la positività o meno di alcune misure, non si riesce a capire se si è inciso o meno. Anche per quanto riguarda i dati di occupazione relativi al piano precedente - capisco che ci vuole una valutazione più raffinata, ma che deve essere predisposta - non si indica quali tipi di interventi del piano hanno consentito più di altri di raggiungere l'obiettivo dell'occupazione, della professionalità, del reinserimento lavorativo. Credo che affinare ulteriormente questi strumenti quindi possa essere utile, anche per tarare di anno in anno il piano e per capire quali sono gli interventi prioritari su cui far convergere maggiormente le risorse.

Un punto che non ho trovato esplicitato, e che era una delle direttive date dalla Giunta relativamente al gruppo di lavoro che doveva stendere il piano, riguardava le azioni di politica migratoria. Ho letto due volte il piano, ma mi sembra di aver visto una sola volta la parola "emigrante", cioè una volta si parla di intercultura e un'altra volta se ne parla relativamente all'azione di formazione nella sicurezza sui posti di lavoro, cioè il predisporre della comunicazione e dell'informazione che tenga conto anche che molti di questi soggetti nei cantieri provengono da Paesi extraeuropei. Ho individuato solo due volte in tutto il piano un accenno a questo settore, quindi ritengo che esso vada approfondito ulteriormente, credo che ognuna di queste indicazioni possa trovare esplicitazione nel corso di questi 3 anni di applicazione del piano o anche ulteriori se questo continuerà.

Credo poi vadano sottolineate in modo più efficace le misure che potrebbero rispondere a quella situazione di criticità da noi prima individuata relativamente alla precarizzazione del rapporto di lavoro. Ricordo che vi era stata una mozione votata da questo Consiglio quasi 6 mesi fa, il 19 dicembre 2003, dove si impegnava la Giunta a fare una serie di azioni relativamente alla situazione di precarietà dei soggetti in questo contesto del mercato del lavoro. Si era infatti impegnata la Giunta di allora a verificare tipologie, incidenza, dimensioni nel mercato del lavoro regionale di questa forma di impiego, a studiare con i soggetti interessati le modalità più opportune per rispondere a tali esigenze. Sì, forse alcune azioni di formazione vanno in questo senso, però mi sembra vi sia tutta una parte da fare; si impegnava nella mozione a presentare nelle rispettive commissioni consiliari competenti i risultati di tale studio e le eventuali proposte individuate. È vero, c'è stato il piano, per cui il lavoro da presentare in commissione è passato in secondo ordine, però credo che su questo punto si giochi la credibilità dell'azione di governo in questa Regione. Credo vi sia molto da fare, molto da sperimentare in questo settore. Condivido l'accoglimento dell'emendamento proposto dai sindacati relativamente all'attivazione di studi e ricerche che vadano in questo senso, ma sarebbe interessante anche pensare con questa ottica tutte le altre forme qui previste, per capire fino a che punto queste rispondono o meno all'obiettivo di contrastare questa forma di precarizzazione e soprattutto di costruire quella rete di sostegno che veda la formazione professionale, da un lato, e, dall'altro, una rete che va oltre il piano di formazione, una rete di servizi e di assistenza nel momento in cui non si lavora.

Presidente - La parola al Consigliere Comé.

Comé (SA) - La ricerca di un impiego, di un posto di lavoro possibilmente fisso, questo ha rappresentato ieri, ma oggi più che mai una priorità assoluta per gli individui. Individui che senza garanzia di lavoro soffrono di un disagio tale che non permette loro di affrontare la vita con serenità e limita le scelte - questo è un aspetto che ha esaminato anche la Consigliera Squarzino - non favorendo quindi il matrimonio e contenendo l'allargamento del nucleo familiare: ecco quindi come questo fenomeno di interesse mondiale non possa che essere analizzato seriamente da questo Consiglio, un problema sociale a cui va data la priorità e che va affrontato con una seria politica del lavoro. Certamente è un fenomeno non facilmente risolvibile e non è con la sola approvazione di questo Piano triennale di politica del lavoro e di formazione professionale che risolveremo i problemi, ma bisognerà soprattutto nella fase attuativa cercare di realizzare compiutamente i suoi obiettivi.

Noi oggi andiamo ad approvare un Piano di politica del lavoro che ricalca in gran parte - con qualche innovazione - l'impostazione assunta nel piano 1999/2001, prorogato poi di altri 2 anni, con una durata complessiva di 5 anni. Ebbene, a fronte di questo progetto e dopo questo lasso di tempo, riteniamo che sarebbe stato non dico utile, ma indispensabile avere un'analisi dettagliata ed esaustiva, per poter rendersi conto, in relazione ai macrobiettivi approvati nel 1999, rispetto ai finanziamenti ottenuti, quali siano state le ricadute positive sull'effettivo inserimento nel mondo del lavoro. Noi oggi abbiamo un dato complessivo di circa 1.600 soggetti che hanno trovato occupazione negli ultimi 5 anni, ma manca un approfondimento per cogliere quali siano i punti forti del piano rispetto a quelli deboli e certamente questo approfondimento sarebbe servito per le eventuali scelte operative che noi oggi siamo qui ad approvare. È sotto gli occhi di tutti come questa fase successiva, che interessa l'economia mondiale e che influenza ancora la crescita economica dell'Italia assieme ad un sistema fiscale, burocratico, legislativo ancora troppo rigido, caotico, difficilmente districabile, non favorisca l'occupazione nel nostro Paese.

La riduzione della pressione fiscale è un argomento che sta alimentando il dibattito politico di questi giorni; era uno dei punti di forza con cui questo Governo si era proposto 3 anni fa con una grande promessa, ma ad oggi non possiamo che constatare come questa non si stia concretizzando, soffocando e riducendo la volontà delle imprese di fare investimenti e sviluppo. Questi limiti nazionali e altri fattori regionali hanno influito negativamente sullo sviluppo dell'economia regionale negli ultimi anni.

Quali sono le prospettive per il futuro? Prima di tutto dobbiamo fare un ragionamento sul finanziamento necessario per la copertura e per l'operatività di tale piano ma, per quanto riguarda questo piano, sappiamo come esso abbia la copertura finanziaria in quanto ha previsto in bilancio 8 miliardi all'anno; sappiamo che a questi vanno sommati i 25 miliardi all'anno di provenienza dall'Europa e dallo Stato, più 4 miliardi che sono spalmati nei 3 anni come "premio performance", e qui bisogna dare atto che l'agenzia ha lavorato in maniera efficiente, tanto che ha ottenuto questo premio dall'Europa; quindi questi garantiscono una copertura finanziaria direi soddisfacente ai macrobiettivi stabiliti. Vede, Assessore, dobbiamo guardare nel futuro e dobbiamo iniziare a guardare a quello che sarà il prossimo Piano di politica del lavoro e mi riferisco a quello che partirà dal gennaio 2007, quando saremo ancora con questa legislatura, perché noi già oggi sappiamo che le risorse messe a disposizione dall'Europa per fondo sociale saranno notevolmente ridotte, perché orientate più a favore dei nuovi ingressi in Europa avvenuti in questi giorni e perché soprattutto le nuove strategie e i nuovi programmi POR 2007/2011 saranno rideterminati con ambiti di spesa modificati. Sappiamo che saranno tenute in considerazione solo le fasce debolissime, saranno esclusi gli aiuti ai giovani e alcune formazioni professionali verranno tagliate, cioè finiranno tutti quegli aiuti, dove gli Stati membri, che hanno già beneficiato degli aiuti, devono dimostrare di aver consolidato il loro sistema e questo, Assessore, sarà la nostra scommessa, il suo impegno, altrimenti dovremo dal 2007 in poi fare fronte per compensare quegli squilibri che si creeranno con ingenti finanziamenti pubblici regionali. Consolidare quindi il sistema: il sistema dovrà reggersi sulle proprie gambe, senza più grossi aiuti.

Questa è una Regione, una Valle che da anni ha dichiarato la sua grande propensione per il turismo e quante volte abbiamo - pure noi confesso, anche in campagna elettorale - comunicato come siano importanti ed inscindibili turismo e agricoltura. Il settore trainante dovrà essere il turismo associato all'agricoltura ma, affinché questi due settori abbiano vita, bisogna che vi sia una forza lavoro che spinga questo motore, ma ahimè qui invece iniziano le delusioni. Mi sono preso i dati della richiesta di lavoro nel turismo, in particolare nel settore alberghiero, e su 100 richieste 53 persone provengono da fuori Valle; poi, se guardiamo nel settore agricolo, è a conoscenza di tutti come sempre di più questo mondo venga via via sostituito da persone esterne alla Valle, gran parte extracomunitari (basti pensare al vincitore di 2 anni fa del premio per la migliore fontina). Ora, è evidente come vi sia qualche cosa che stride. La Regione, il Consiglio, noi oggi impegniamo dei fondi, approviamo un piano dove vengono erogati aiuti. La Regione, il Consiglio, noi puntiamo sul turismo e crediamo fortemente ad un rilancio dell'agricoltura e dall'altra parte ci accorgiamo che questi due settori si reggono sul lavoro svolto da soggetti che arrivano da fuori Valle. Questo non è certo per creare degli elementi discriminatori nei confronti di chi non è valdostano, anzi la mobilità sul territorio ben venga, ma qui i Valdostani non credono e non vedono speranza di un domani nel turismo e nell'agricoltura. Perché tutto questo? Forse la colpa va ricercata nella politica, che ha creato un "sistema Valle d'Aosta" dove si ricerca solo più il lavoro nel pubblico - la Regione - o enti che sono strettamente correlati o dipendono dal pubblico. La Regione, che doveva svolgere una funzione di programmazione ed indicazione, si è voluta trasformare in un soggetto attivo del sistema economico valdostano; questo ha fatto sì che i Valdostani hanno negli anni perso questa loro fierezza e determinazione di sentirsi la propria autonomia lavorativa e per maggior comodità e spensieratezza si sono adagiati sul lavoro dipendente regionale e para regionale. A questo bisognerà associare un'analisi sul tasso di crescita regionale, ho qui i dati; se guardiamo i tassi, fra la mortalità e la natalità vediamo che vi è uno scompenso a favore della natalità e che addirittura fra i nati vi è una percentuale che oscilla tra 5 e 10% di nati che sono stranieri. Vorrei citare alcuni dati forniti dall'ONU, come i tassi di crescita dei Musulmani, ai quali viene attribuito un tasso di crescita oscillante tra il 4,60 e il 6,40% all'anno. Di fronte a questi dati, abbiamo l'affermazione di un esponente musulmano dell'Assemblea delle Nazioni Unite di alcuni anni fa che diceva: "conquisteremo l'emisfero nord popolandolo con i nostri figli, sarà il ventre delle nostre donne a darci la vittoria", pare sia una santa verità. Di fronte a questa situazione, dovremo fare un'analisi tutti insieme, quindi non solo le forze politiche, ma tanti altri settori, per far credere ai nostri giovani di guardare di nuovo con interesse al proprio territorio.

Venendo al Piano di politica del lavoro predisposto, riteniamo innanzitutto sia fondamentale che vada a compimento la regionalizzazione dei servizi per l'impiego, siamo in attesa da parte del Ministero competente del decreto per il trasferimento delle risorse e del personale, atto che si è concluso ormai in tutta le regioni d'Italia ad eccezione nostra e della Sardegna. Questo è un piano del lavoro che ricalca in parte il piano precedente, nei suoi 7 macrobiettivi contiene un insieme di intenzioni, di indicazioni che in parte sono condivisibili. La bozza del Piano triennale di politica del lavoro e di formazione professionale risponde però ad un indirizzo culturale che sconta gli effetti dei tempi e, soprattutto, di un sistema che ha ormai terminato il suo ciclo storico. La sintesi delle problematiche occupazionali della Valle d'Aosta predisposta dal Dott. Dario Ceccarelli espone, in modo sintetico ma esemplare, le varie fasi delle difficoltà congiunturali che nei decorsi anni hanno minato lo sviluppo economico della nostra Regione. Al temporaneo superamento delle conseguenti difficoltà occupazionali ha innegabilmente provveduto l'ente Regione con una crescente terziarizzazione dell'economia, settore che ormai sconta gli effetti di un soffocamento economico e dei prevedibili futuri effetti derivanti dalla difficoltà di finanziare gli interventi di sostegno. È possibile sostenere che la debolezza dell'economia regionale e le conseguenti problematiche di politica del lavoro sono conseguenti, nell'encomiabile intento di salvaguardare la tranquillità sociale della Valle, ad un'eccessiva presenza della Regione che ha però sostenuto in modo innaturale troppe attività, ha soffocato i ruoli organici degli enti e delle aziende pubbliche con un esubero di manodopera per compensare le evidenti difficoltà di altri settori.

Nei giorni scorsi abbiamo assistito ad un importante messaggio di insediamento del Presidente dell'Associazione italiana degli industriali, con il quale sono stati ribaditi due concetti degni di riflessione per quanto in esame: la necessità di una rivisitazione dei concetti della concertazione delle parti sociali, lo sganciamento dalla politica delle attività economiche/produttive. È indispensabile che le parti sociali si pongano l'obiettivo di un'urgente revisione del modello già denominato "sistema Valle d'Aosta", che già oggi denuncia gli effetti di una pesante crisi recessiva. Il mercato del lavoro non può che essere la conseguenza di una nuova impostazione organizzativa a cui la Regione deve mirare, guardando alla completa liberalizzazione delle attività. Gli ideali di un'economia liberale si stanno radicando anche in Paesi come la Cina, ove il comunismo sembrava avere i dogmi di una religione. Dobbiamo impostare un programma che si prefigga: di guardare all'innovazione tecnologica delle imprese già operanti nel territorio, il rilancio del piano di sviluppo turistico con un attento monitoraggio dei prezzi, la certificazione di qualità di tutte le imprese del settore turistico che vogliono beneficiare di finanziamenti e contribuzioni regionali. Nel contempo, all'esemplificazione come sopra formulata si deve impostare un piano di controllo tra le imprese di qualsiasi settore - industriale, turistico e agricolo - che beneficiano di finanziamenti regionali, che effettivamente provvedano all'assunzione di personale residente stabilmente in Valle d'Aosta, così da evitare gli effetti distortivi di una migrazione stagionale di personale poco qualificato. Tale aspetto non è di secondaria importanza e al risultato si può giungere solo garantendo alla manodopera locale un alto grado di specializzazione per potersi assicurare il posto di lavoro e verificando che le imprese locali evitino di utilizzare personale poco preparato in relazione al loro minor costo retributivo. Questo è il grosso passaggio! In ultimo, non si può dimenticare che il personale con alto grado di specializzazione si acquisisce solo garantendo adeguati livelli reddituali, ai quali si può comunque giungere mediante una politica che sostenga la formazione del personale di alcuni settori, quali quello dell'agricoltura e del turismo, mediante corsi annuali diretti altresì ad incentivare e sostenere la nascita di altre piccole aziende.

Presidente - La parola al Consigliere Tibaldi.

Tibaldi (CdL) - Crediamo che l'esame del Piano triennale di politica del lavoro e di formazione professionale costituisca l'occasione per un'analisi di più ampio respiro sulla situazione economica ed occupazionale esistente nella nostra Regione. Situazione economica ed occupazionale che è stata approfondita con un'analisi retrospettiva, fatta in maniera dignitosa dal Dott. Ceccarelli nel preambolo del piano e che ripercorre alcune tappe fondamentali nel periodo che va dal 1996 in avanti. In questa analisi si evidenzia come vi siano state delle debolezze microcongiunturali riferite al nostro sistema valdostano, che negli anni 1996-1997 ha sofferto di una crisi endogena, debolezze poi accentuatesi nel triennio successivo con i fenomeni di cui si è parlato stamani, meglio individuati come l'alluvione del 2000 e la chiusura del tunnel del 1999 e relative conseguenze.

Il piano sotto un profilo letterale è strutturato bene. Dal punto di vista dei macrobiettivi, vi è un'estensione da 4 a 7, un'articolazione più profonda che va a toccare anche altre situazioni che erano state trascurate in precedenza. È un piano che sarà nutrito con risorse importanti, perché, sulla base delle risposte che ci sono state date e dei chiarimenti che ci sono stati forniti nell'esame in IV Commissione, sarà alimentato con 12 milioni di euro nel corso di questo triennio, quindi sono risorse sostanziose che verranno diluite nell'arco del triennio e che dovrebbero andare a coprire tutte le esigenze di carattere formativo, di professionalizzazione e di tutela del mercato del lavoro e delle sue diverse sfaccettature. Questo piano però ci offre l'occasione per fare un'analisi più ampia da un punto di vista complessivo del "sistema Valle d'Aosta", partendo dal presupposto del ruolo della Regione, che dovrebbe essere un ruolo di programmazione e di garanzia del "sistema Valle d'Aosta", un sistema che si fonda su microimprese, che occupano i vari settori (industriale, agricolo, terziario). Questo ruolo di programmazione si è consolidato in questi anni come ruolo di invadenza vera e propria: purtroppo oggi la Regione ha un ruolo preponderante, invadente nell'economia locale e questa invadenza ha più un significato di ammortizzatore sociale vero e proprio a fronte di situazioni di crisi, di debolezza di imprese locali, a cui si sopperisce con l'intervento del comparto pubblico regionale. La Regione quindi va a colmare le debolezze del sistema economico valdostano, offrendo il posto di lavoro pubblico.

In questi anni si è confermata quella mentalità, quel culto del posto fisso nell'ente pubblico, che ha affievolito notevolmente le ambizioni delle giovani generazioni, che vedono come obiettivo finale e ottimale quello dell'approdo nel comparto pubblico. La politica ha un poco mortificato quegli stimoli alla crescita, all'imprenditorialità, all'innovazione attraverso il "narcotico" del posto fisso. Naturalmente il posto fisso non è più sostenibile ad ogni condizione, anche perché collide con le dimensioni macroscopiche di un comparto pubblico che oltre certi limiti non può andare e d'altra parte il comparto privato evidenzia, giorno dopo giorno ed esercizio dopo esercizio, delle debolezze strutturali alle quali non si riesce ancora a far fronte. Ne abbiamo parlato stamani discutendo su un'interrogazione presentata dal nostro gruppo, dove la Valle d'Aosta colleziona ancora una volta non dico un fanalino di coda, ma si inserisce nel fanalino di coda delle regioni europee e italiane meno virtuose, pur disponendo di ricchezze e competenze che altre regioni ci invidiano. Bisogna cercare di invertire questa tendenza; sappiamo che non è facile farlo, perché, avendo abituato la popolazione ad uno standard di questo tipo, oggi parlare di precarizzazione del posto di lavoro, di contratti atipici, di lavoro interinale sembra un insulto, una bestemmia: come, la Valle d'Aosta, la patria del posto fisso e del comparto pubblico, deve abituarsi a contratti di inserimento che appaiono come una violazione dei più elementari diritti del lavoro! Invece dobbiamo farci i conti, perché non solo la Valle d'Aosta, ma tutta l'Europa sta facendo i conti con questo cambiamento di modalità d'inserimento e di permanenza nel mondo del lavoro. Dobbiamo farci i conti anche ai sensi di una legge, che è stata approvata dal Governo italiano: la "legge Biagi", approvata da un Governo di Centro Destra, ma pensata, ideata da un illustre personaggio che non è della nostra area politica.

Forse troppo facilmente - qui riprendo alcuni passaggi della collega Squarzino - si crea questa equazione: flessibilità uguale precarietà. È vero che la flessibilità può essere guardata anche da questo punto di vista, ma flessibilità costituisce anche opportunità, senz'altro per le giovani generazioni che si avvicinano al mondo del lavoro e magari non hanno subito la fortuna di trovare un'occasione di lavoro più stabile, ma flessibilità deve essere vista come opportunità anche per quelle fasce che sono marginalizzate per diverse ragioni e che non riescono più ad inserirsi o a reinserirsi in un mercato del lavoro che è sempre più competitivo. Quando si parla di fasce marginali o deboli, si fa riferimento a diverse categorie: disabili, detenuti di cui fra l'altro si parla nel piano, a tutta una serie di soggetti con certe caratteristiche, come una bassa scolarità, un'età che ancora non accede ai benefici pensionistici, un'età che è una via di mezzo anagrafica che non consente di reinserirsi nel mondo del lavoro. Di questa fascia sociale marginalizzata si è parlato anche in IV Commissione e il piano non dedica particolare attenzione a questi soggetti marginali, cioè soggetti di media età, con bassa scolarità, troppo giovani per la pensione e troppo anziani per il reinserimento.

Le considerazioni che abbiamo svolto in commissione e che riproponiamo qui si uniscono a quelle precedenti, alle quali potremmo aggiungere alcune riflessioni sulla professionalizzazione del mondo del lavoro. Oggi le imprese valdostane, nella difficile competizione quotidiana che esse affrontano con le loro omologhe di altre regioni o Paesi europei, devono avere la disponibilità di figure sempre più specializzate per poter essere all'avanguardia. Giustamente, come diceva chi mi ha preceduto, anche in Valle d'Aosta rileviamo delle contraddizioni e una contraddizione macroscopica la rileviamo soprattutto nel comparto turistico. Abbiamo una scuola alberghiera che annualmente sforna dei provetti cuochi, o addetti di sala, o varie figure che sono destinate al settore turistico ricettivo o della ristorazione, ma gli operatori imprenditoriali del settore spesso non attingono da quella scuola per professionalizzare le loro attività e i loro servizi, bensì si rivolgono al mercato del lavoro esterno; così abbiamo degli avventizi che arrivano da altre regioni, magari con professionalità che non sono di questo livello, o addirittura extracomunitari che vengono reclutati per la convenienza economica delle loro remunerazioni. Questo è un ragionamento che non può essere disconosciuto da chi per anni ha voluto l'istituzione di una fondazione turistica destinata agli alberghi e alla ristorazione, ma che prepara persone che poi non vengono reclutate in loco, ma devono uscire dagli stretti confini della "petite patrie" per trovare opportunità di lavoro e di carriera. Conosco personalmente alcuni soggetti che hanno dovuto emigrare in Inghilterra o in Francia per poter iniziare la loro attività, dopo essersi diplomati a pieni voti presso la scuola alberghiera di Châtillon, perché nella nostra Regione non vi era un'offerta di lavoro consona agli studi e alle attività formative che avevano affrontato a scuola. La "professionalizzazione" quindi è una bella parola che viene scritta in questo piano ma, di fatto, rimane un bel concetto sulla carta; anche qui la Regione non sembra abbia avuto un particolare ruolo attivo nel cercare di incentivare l'assunzione, l'entrata nel mondo del lavoro di questi soggetti, ma questo è un ragionamento che può valere per altri settori produttivi. Cosa significa questo? Che la Valle d'Aosta ha un "appeal" basso - penso che anche l'Assessore ne sia consapevole - di cui abbiamo una testimonianza come quella che ho appena detto, o non riusciamo a mantenere realtà imprenditoriali tali - e qui entriamo nel comparto industriale - che possano costituire stabilmente occasione di sviluppo e di crescita occupazionale.

Parlavamo ancora stamani del caso della "Tecdis", non è per ripescare alcune interpellanze che sono state trattate, ma l'argomento ha un'attinenza profonda in questo caso. La "Tecdis" da tempo ha una trattativa per quanto riguarda un accordo di "partnership" con la "STM Microelectronics", che è uno dei colossi nel settore della tecnologia elettronica. In Italia e in diverse parti del mondo la "STM" ha investito risorse ingenti per professionalizzare personale. Ho qui sotto gli occhi una pubblicità della "STM" su "Il Sole 24Ore" che dice: "da Catania a Milano, ne siamo convinti, nord e sud non esistono per la microelettronica italiana, si investe in tutta Italia". Cita dei dati: più di 2.700 milioni di euro investiti in Italia negli ultimi 5 anni, 10.500 persone che lavorano alla microelettronica, la frontiera avanzata della tecnologia elettronica, di cui solo 4.500 a Catania e 5.300 nel Polo di Milano. "STM" in Valle d'Aosta è entrata a partecipare nel centro Dora, centro di ricerca collegato alla "Tecdis", naturalmente previa elargizione di risorse da parte della Regione. La differenza è che in altre regioni questi grandi colossi mettono soldi e tecnologie proprie, da noi sembra quasi che vengano qui nella speranza di concludere qualche accordo munifico per lasciarci con un "cerino in mano". Queste sono riflessioni che facciamo ad alta voce, ma che ci devono indurre a ragionare in un senso diverso per quanto riguarda il "sistema Valle d'Aosta".

È stato ricordato che fra qualche anno i fondi strutturali cesseranno di rivolgersi a regioni come la nostra e quindi non saremo più considerati come una Regione destinataria di fondi che servono allo sviluppo e alla formazione professionale. Il futuro, da un punto di vista di risorse disponibili, si prospetta non così roseo come sono stati gli anni appena conclusi; questi anni sono stati in un certo qual modo sprecati: nel momento in cui era necessario creare i presupposti per un autosviluppo, un sistema che fosse solido a tutti gli effetti, abbiamo continuato con la politica di carattere assistenziale e non siamo riusciti a creare una rete di imprenditorialità in grado di sviluppare anche l'occupazione. È su queste cose che chiediamo che vengano fatte le riflessioni maggiori, Assessore, perché il piano è strutturato, da un punto di vista lessicale, in maniera piacevole; le considerazioni retrospettive del Dott. Ceccarelli sono condivisibili, ma la prospettiva è tutta da costruire. Le strategie per il futuro sono abbozzate a grandi linee, non bastano le bozze, ci vuole qualcosa di più, sulla "tela" dobbiamo mettere qualche contorno e qualche disegno, che vi sia un indirizzo più preciso di qual è la volontà politica di chi oggi ha le responsabilità di governo, per far sì che la Valle d'Aosta sia non più nel gruppo di coda, ma riesca a risalire la classifica.

Il Consigliere Comé ha detto che anche il Governo italiano deve fare la sua parte. Il "Governo Berlusconi" nel 2001 ha fatto delle promesse che dovrà mantenere nel quinquennio, fra cui quella della riduzione della pressione fiscale, che è un "atout" importante. Ne siamo convinti, le promesse dovranno trasformarsi in fatti concreti e siamo anche noi i primi non solo a crederci, ma a sollecitarlo. Vorrei però ricordarle, visto che ha fatto qualche accenno piuttosto tagliente e critico, che il suo Senatore nello scorso "Governo Prodi" ha introdotto tasse come l'IRAP e la "minimum tax", mentre finora il "Governo Berlusconi" non ha aumentato la pressione fiscale ma, nonostante le avversità della congiuntura economica mondiale, del terrorismo e "chi più ne ha più ne metta", ha mantenuto una sostanziale pressione fiscale senza aumentarla; ha ridotto anche a livello di successioni e donazioni, ha esteso i benefici della "Tremonti Bis" e anche l'IRPEG è stata ridotta di qualche punto. Forse è facile disconoscere questi piccoli, ma significativi primi risultati, ma nell'arco del quinquennio la pressione fiscale arriverà sicuramente a livelli accettabili affinché possa costituire un volano per la ripresa dello sviluppo.

Abbiamo verificato alcune sostanziali differenze fra le considerazioni svolte nel piano triennale e il notiziario annuale 2003 sul mercato del lavoro svolto dal Ministero del lavoro. Vi sono alcuni disallineamenti più ottimistici nel piano regionale, forse meno ottimisti, ma più aderenti alla realtà quelli contenuti nel notiziario ministeriale sul mercato del lavoro, dove si evidenziano alcune flessioni che si sono registrate lo scorso anno nel settore industriale e anche dei cambiamenti di modalità di ingresso e di permanenza nel mondo del lavoro con l'aumento di assunzioni con contratti a tempo determinato, la diminuzione dei contratti stipulati "part-time", il perdurare del calo delle assunzioni di formazione lavoro e l'importanza crescente del lavoro interinale, cioè, dove non è possibile assumere con contratti a tempo determinato, si interviene con il lavoro interinale e con i contratti atipici. Sappiamo che non è "l'optimum", però sappiamo che "flessibilità" non deve fare solo rima con "precarietà", ma con forse un briciolo di fantasia e sapienza deve far rima anche con "opportunità".

Presidente - La parola al Consigliere Salzone.

Salzone (FA) - Sarò molto meno lungo dei colleghi che mi hanno preceduto. Intervengo per dare un giudizio su questo Piano di politica del lavoro presentato dalla Giunta, dove mi pare si possano rilevare tutta una serie di aspetti positivi che mi hanno rallegrato. La Regione da sempre in merito alla politica del lavoro si è mossa con un certo anticipo, vedi ad esempio quando si è trattato di istituire l'Agenzia del lavoro o di avviare iniziative in campo sociale. Mi preme rilevare uno dei dati positivi più importanti: quello del tasso di occupazione soprattutto femminile, anche se sono più le richieste che non le possibilità di risolvere il problema del lavoro a molte persone. Nel Piano del lavoro vi sono alcuni aspetti fondamentali che mi hanno fatto dare un giudizio più che positivo: sono soprattutto quelli relativi a questa sorta di osservatorio, che sarà indispensabile approfondire; alla formazione professionale, per la quale è previsto un incremento; alla valorizzazione delle imprese private; all'attenzione rivolta alle fasce deboli, in particolare alla fascia di età dei cinquantenni, che ha molta difficoltà a risolvere problemi esistenziali quando si trova in difficoltà di lavoro; al discorso della sicurezza, ma soprattutto al monitoraggio della precarizzazione, elemento che potrà permettere di discutere con più attenzione su questo tipo di problema. Ho sentito parlare di alcune cose importanti, che avevo fatto rilevare in altre occasioni, come l'incentivazione del telelavoro, anche se riguarda soprattutto direttive europee.

La cosa importante è il collegamento che si è voluto evidenziare fra il lavoro e la montagna. Un altro rilievo importante va al settore dei disabili, dove si denota un'attenzione che non può che fare piacere. Questo Piano di politica del lavoro va però inserito in un quadro di recessione mondiale; quello che risulta in senso negativo è che il sistema produttivo valdostano risulta essere negli ultimi anni meno performante rispetto alla media nazionale e anche con riferimento alle regioni del centro nord. Questo è un dato che mi ha fatto riflettere e, leggendo anche la relazione del Dott. Ceccarelli, si evidenziano questi aspetti, che sono da sottolineare perché il PIL cresce meno della media nazionale... questo come dato mi sorprende. Emerge poi una sorta di paradosso, per cui i miglioramenti significativi del tasso di occupazione, a cui facevo riferimento prima, si associano ad una dinamica economica modesta e queste dinamiche producono un rallentamento della produttività a livello regionale. Questi sono gli elementi che ho colto nel lavoro svolto sia dall'Assessorato sia soprattutto dalla commissione, che ha elaborato un testo molto interessante per la nostra Regione. Spero che non sia solo un libro dei sogni e che a queste cose importanti rilevate nel piano si dia realizzazione e attenzione costante da parte di questa maggioranza.

Presidente - Non vi sono altre richieste di intervento, è chiusa la discussione generale.

La parola all'Assessore alle attività produttive e politiche del lavoro, Ferraris.

Ferraris (GV-DS-PSE) - Intanto ringrazio i consiglieri intervenuti per il contributo che hanno dato alla discussione.

Mi pare che, pur con delle critiche, delle accentuazioni, dei rilievi, si riconosca una sostanziale validità del piano stesso. Sono state sostenute tutta una serie di questioni, io vorrei ricordare che il piano passato necessita di un approfondimento, ma i dati indicati, il fatto che attraverso il piano siano state create negli ultimi 5 anni 900 occasioni di lavoro sicuramente va sottolineato, così come è vero che nel documento che precede il piano, di analisi del mercato del lavoro e dei risultati realizzati nel piano, si evidenziano quali sono stati i punti di debolezza: hanno riguardato le misure relative all'aumento delle dimensioni di impresa, le misure relative ai disoccupati con anzianità superiore ai 50 anni e un problema di sofferenza anche per quanto riguarda la questione relativa all'occupazione dei disabili, tanto che, da questo punto di vista, è in atto da parte dell'Amministrazione un lavoro che vede coinvolto l'Assessorato delle politiche del lavoro, insieme a quello della sanità, con momenti di attività coordinata.

I dati positivi riguardanti l'occupazione, in particolare quella femminile, fanno dire alla Consigliera Squarzino che forse mancano servizi sul territorio. Io direi che forse possiamo fare un'analisi di tipo diverso, cioè se in Valle d'Aosta abbiamo un tasso di occupazione femminile superiore alla media nazionale e vicino alle regioni europee più avanzate, vuol dire che, pur con tutti i limiti che possono esserci in questa Regione, abbiamo un sistema di servizi alla famiglia migliore di altre realtà. Questo non significa che tali servizi non debbano essere ulteriormente migliorati, ma credo che questo sia un dato di funzionamento di sistema, quindi lo interpreterei con una dimensione diversa rispetto a quella che è stata proposta dalla Consigliera, pur concordando con tutta una serie di rilievi effettuati, a partire dalla necessità di avere un momento di valutazione più definito, scientificamente più approfondito e sicuramente questa è un'operazione che deve essere fatta.

Le azioni di politica migratoria: il nostro è un piano che ha messo nel titolo l'inclusione sociale, credo che questo sia un dato trasversale di tutto il documento, così come il discorso della precarizzazione è uno dei temi, ma nel piano si dice che è necessario fare degli interventi che vadano al di là del piano stesso; a questo riguardo l'Agenzia del lavoro sta analizzando le esperienze anche sul piano legislativo che si sono consolidate in alcune regioni del nostro Paese, sia di Centro Destra, sia di Centro Sinistra. Vi sono quindi regioni di entrambi gli schieramenti che hanno cercato di approfondire questo tema, proprio perché credo che il problema della flessibilità e della precarietà sia un dato che deve essere affrontato in qualunque tipo di contesto.

Il piano ha dato origine ad una discussione che è andata al di là dello stesso, investendo l'economia regionale, il peso della Regione. Quando il Consigliere Tibaldi ed io ci siamo seduti in questo Consiglio, il peso del comparto pubblico sul PIL regionale superava ampiamente il 50% - credo che il Consigliere Tibaldi si ricordi le "slides" che ci presentava l'allora Assessore Lévêque sul peso dell'amministrazione pubblica sul PIL regionale -, se oggi andiamo a vedere i dati, vediamo che siamo ampiamente al di sotto del 40%, vi è stata una mutazione, quindi la cosiddetta "invadenza regionale", sulla base dei dati economici, non ha le caratteristiche che le vengono attribuite. Se si guardano i dati del piano, il documento introduttivo al piano, quindi l'analisi del mercato del lavoro ci indica come il grosso degli avviamenti nel mercato del lavoro avvengano nel settore privato. Noi abbiamo una pubblica amministrazione, ne discutiamo ogni volta che si parla di bilancio regionale l'Amministrazione regionale della Valle d'Aosta ha stabilito un tetto di occupati che è rimasto immutato nel tempo, a meno che non vi siano stati incrementi legati all'acquisizione di nuove funzioni, vedi i vigili del fuoco... e non è neanche spiegabile il tutto con incrementi che possono esserci stati all'interno degli enti locali. Ritengo pertanto che sia sbagliato scambiare aspirazioni che sicuramente esistono nei cittadini valdostani di avere un posto alla Regione, piuttosto che un altro impiego pubblico, con il fatto che questa sia una realtà ampiamente diffusa; i dati a pagina 8 del documento dicono come vi sia un settore privato nell'industria, nel terziario, in agricoltura e in altri settori che è un punto di riferimento per gli occupati di questa Regione.

Reputo che vada riconosciuta al documento preparatorio un'analisi molto schietta, non abbiamo presentato una pubblicità modello "STM Microelectronics" su "Il Sole 24Ore", ma abbiamo cercato di fare un'analisi onesta, che indicasse delle soluzioni che mi pare siano sufficientemente condivise. Si dice che il piano è uguale a quello passato; mi sembra un giudizio ingeneroso, innanzitutto perché questo piano non è figlio di nessuno, è figlio della programmazione precedente, per cui una continuità sicuramente esiste, poi questo piano punta su due elementi che non erano presenti nel precedente piano: il discorso della competitività e della qualità, in un contesto in cui vi sono forti modificazioni sul piano legislativo, a partire dall'acquisizione di nuove competenze dalla Regione, cosa per la quale finalmente dovremmo essere in dirittura di arrivo, e dagli interventi decisi a livello nazionale (penso alla legge n. 30 e al decreto legislativo n. 276, che è la concretizzazione di questa legge). Si tratta inoltre di interventi che individuano all'interno del piano un'attenzione particolare nei confronti di percorsi di professionalizzazione sia nel campo dell'apprendistato, sia nel campo della alta qualificazione, perché questo è l'elemento che caratterizza questo piano. Così come la responsabilità sociale dell'impresa - tema che prima non c'era - e l'enfasi sul "discorso montagna"... sono due temi che vanno nella direzione di tener conto degli elementi che diceva precedentemente il Consigliere Comé.

Noi abbiamo un dato strutturale: in questa Regione vi sono 2.000 assunzioni all'anno e una disponibilità di Valdostani che sono nelle condizioni di poter andare a lavorare di 1.200 persone, quindi strutturalmente noi attingiamo dall'esterno della Valle circa 800 posti di lavoro; perché? Perché, come ogni società che ha raggiunto un certo livello di benessere - e quello valdostano è innegabilmente uno dei più alti a livello nazionale e, sotto certi aspetti, a livello europeo -, tutta una serie di lavori i Valdostani non li fanno più, quindi si creano dei fenomeni di immigrazione che sicuramente vanno governati, ma vanno al tempo stesso date delle risposte alle domande di lavoro di maggiore qualità che vengono da parte dei nostri concittadini. Mi pare che il tentativo che viene fatto con questo piano vada in questa direzione, così come - soprattutto in relazione al "discorso montagna", ma non solo - il piano va un po' al di là di un piano di politica del lavoro, introducendo alcuni elementi per la progettazione dello sviluppo locale che utilizzano anche i fondi del POR; per cui non è un piano fotocopia. È presente in noi la preoccupazione che con il 2006 si cambierà il sistema di finanziamento del FESR e del Fondo sociale europeo. L'Amministrazione sta seguendo con particolare attenzione le modificazioni che stanno avvenendo su questo terreno, sapete che al momento vi sono alcune linee direttrici, ma non vi sono ancora delle decisioni prese; posso però assicurare che l'Assessorato degli affari europei e l'Agenzia del lavoro seguono con particolare attenzione questo tema. Il dato che, rispetto alla prossima programmazione (2007-2011), cambierà la quantità delle risorse è un dato di cui siamo pienamente coscienti, altrettanto siamo coscienti che questo piano è una "chance" in più che abbiamo nei prossimi 2 anni e mezzo, per realizzare tutta una serie di obiettivi.

Penso sia compito dell'opposizione non parlare troppo bene di quello che sta facendo la maggioranza; ringrazio invece la Consigliera Squarzino per i toni di oggi, di apprezzamento del piano. Il Consigliere Tibaldi porta come esempio la pubblicità della "STM Microelectronics", benissimo, ma non dimentichiamo che non è solo la Regione Valle d'Aosta che offre degli aiuti alle imprese e lei sa meglio di me che è in fase di insediamento nella "pépinière" il centro di ricerca di "Dora" che si trasferisce da Pont-Saint-Martin ad Aosta, per cui "STM Microelectronics" interviene anche in Valle d'Aosta e fa degli investimenti, ma non possiamo pensare che gli investimenti effettuati dalla "STM Microelectronics" non tengano conto degli aiuti pubblici; l'investimento di Catania è in una zona obiettivo I, dove i finanziamenti pubblici sono ben diversi da quelli che può offrire la nostra Regione. Per reperire questi dati non è necessario guardare le pubblicità dei quotidiani, è sufficiente parlare con i dirigenti di questa società, che hanno spiegato quali opportunità hanno avuto per andare ad insediarsi a Catania, preferendola alla zona di Milano - non dico alla nostra Regione -, proprio perché sappiamo che fino al 2006 vi sono opportunità di finanziamento pubblico che vengono date su tutto il territorio nazionale. Questo per dire che non siamo gli unici, anzi nelle condizioni attuali la nostra Regione, come tutti i territori del nord Italia, si trova oggi, dal punto di vista degli aiuti pubblici, nelle condizioni di essere meno competitiva rispetto ad altri territori.

Per quanto riguarda le questioni legate ad alcune fasce - chiudo qui il mio intervento, senza prolungarlo oltre - che rischiano di diventare fasce marginali sul mercato del lavoro (lavoratori ultracinquantenni, persone adulte che vivono sole con uno o più figli a carico, persone prive di studio secondario), il piano a pagina 11 prevede specifici interventi, così come interventi di formazione, per cui vi è la consapevolezza di questa questione. Non vorrei entrare nella questione delle promesse mantenute o meno, credo che il Piano di politica del lavoro della nostra Regione, rispetto agli obiettivi che si era posto, le promesse le abbia mantenute. Lavoreremo perché il prossimo piano cerchi, con strumenti di monitoraggio anche più efficaci di quelli che sono stati realizzati, di mantenerli. Credo che non tutti possano dire così, adesso non voglio entrare nella questione della pressione fiscale, ma ricordo al Consigliere Tibaldi che la pressione fiscale nel nostro Paese è cambiata: una volta c'era il "fiscal drag", non c'è più; la pressione fiscale degli enti locali su tutto il territorio nazionale è aumentata ad eccezione della Valle d'Aosta (dato che si trova su tutti i quotidiani); le imposte sulle liquidazioni dei lavoratori che vanno in pensione sono passate dal 18 al 23%. Vorrei chiedere al Consigliere Tibaldi cosa direbbe lui se al posto di questa Giunta vi fosse il suo Presidente del Consiglio in termini di promesse non mantenute, ma so di essere fuori tema.

Tornando al Piano di politica del lavoro, ritengo che questo sia un piano che affronta con consapevolezza le difficoltà della nostra situazione, ma tende a dare delle risposte positive.

Presidente - La parola al Consigliere Viérin Marco, per dichiarazione di voto.

Viérin M. (SA) - Come aveva detto qualche altro collega, questo è un piano ben articolato, che è passato da 4 a 7 macrobiettivi per un importo di circa 12 milioni di euro, però vi sono alcune questioni che vanno esaminate in funzione di quello che è successo, perché è vero che non dobbiamo fare un consuntivo di quanto è accaduto, ma dobbiamo però fare tesoro delle cose che non devono ripetersi. Siamo quindi obbligati a fare un ragionamento di preoccupazione, che abbiamo percepito anche nella Giunta, perché viviamo un momento non troppo roseo per quanto riguarda la situazione della Valle d'Aosta. Non voglio ripetere il discorso sugli occupati, in quanto abbiamo ancora dei tassi migliori rispetto a quelli nazionali, ma vi sono altri fattori che devono farci riflettere, ad esempio la domanda della forza lavoro che cresce, soprattutto nella fascia dai 15 a 19 anni; questo riflette la criticità relativa alla dispersione scolastica, fatto non sollevato solo da me, ma da più parti in quest'aula, anche tramite relazioni europee presentateci nella sala qui sotto, dove siamo all'ultimo posto per la scolarità.

L'occupazione nel territorio alla quale ha fatto riferimento il collega Comé... sia per la tipologia turistica che per quella agricola. Il problema si riflette sulle mancate professionalità che permetterebbero stipendi migliori, medio alti. L'altro problema riguarda gli stipendi medio bassi di una Valle d'Aosta, dove, per poter vivere in maniera dignitosa, lo stipendio medio basso non serve; a tale riguardo, a pagina 17 della sintesi delle problematiche occupazionali da parte del Dott. Ceccarelli, "Fasce deboli, vulnerabilità e svantaggio sociale" si dice in maniera chiara che le possibili cause di questo fenomeno possono essere ricondotte a tre macrotipologie di motivazioni: la mancanza di coerenza fra la professionalità richiesta dalle aziende e le competenze disponibili dal lato dell'offerta (qui si inserisce la scolarità, eccetera); le possibili rigidità dell'offerta di lavoro ad accettare occupazioni non coerenti con la propria professionalità oppure scarsamente appetibili rispetto a fattori quali salario, localizzazione, orario, carichi di lavoro, tipologia del contratto (andiamo di nuovo ad inserirci sul fatto che abbiamo delle offerte di lavoro che creiamo, che danno degli stipendi medio bassi); la presenza di lavoratori difficilmente collocabili per le loro caratteristiche professionali e personali.

Abbiamo poi un'altra preoccupazione: condividiamo lo sforzo verso la montagna, ma dobbiamo prendere atto che l'agricoltura presenta un segno negativo, come si richiama nel grafico a pagina 12, che è preoccupante: dal 1999 al 2002 meno 6,5% di occupati in agricoltura, mentre in Italia il "trend" di calo del settore è il 3% e al nord circa il 2%; sono dati che ci devono far riflettere.

Infine sulle prospettive, alcuni punti sono condivisibili, ma dobbiamo essere coscienti che, da dati che ci vengono forniti, come quello che 900 delle 2.000 domande di lavoro hanno dovuto essere soddisfatte con lavoratori da fuori Valle, vanifica il fatto che in 5 anni si sono registrati 1.600 posti di lavoro in più, anche perché in questi ultimi 60 giorni li abbiamo bruciati quasi tutti; questo è il problema che stiamo vivendo. Faccio queste affermazioni non con senso critico, ma per porre il problema, perché dobbiamo essere coscienti che deve essere affrontato.

L'unico obiettivo sul quale abbiamo qualche dubbio è il sesto: sostenere l'inclusione sociale mediante lavoro soprattutto con il settore privato. Per tanti anni abbiamo adottato il sistema di trovare occupazione per questi soggetti nel privato, ma queste persone hanno trovato occupazioni quasi sempre solo momentanee lavorando solo per alcuni periodi, situazione che alla fine ha creato più problemi alle stesse persone rispetto ai benefici; quindi un ragionamento più compiuto sotto questo aspetto andrebbe fatto.

Con queste preoccupazioni e con queste considerazioni, riteniamo sia un piano abbastanza ben strutturato, ma che abbia delle lacune che debbano essere definite, soprattutto portate all'esame di questo Consiglio in maniera concreta. Il gruppo della "Stella Alpina" pertanto si asterrà nel voto di questo piano.

Presidente - Pongo in votazione il testo predisposto dalla commissione con i relativi allegati:

Consiglieri presenti: 29

Votanti e favorevoli: 24

Astenuti: 5 (Comé, Frassy, Stacchetti, Tibaldi, Viérin Marco)

Il Consiglio approva.

Presidente - Su questa votazione concludiamo la seduta pomeridiana, i lavori riprenderanno domani mattina alle 9.

La seduta è tolta.

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La séance se termine à 20 heures 31.