Resoconto integrale del dibattito dell'aula

Oggetto del Consiglio n. 2336 del 4 dicembre 2001 - Resoconto

OBJET N° 2336/XI Loi de finance et loi de budget pour l’année 2002. (Début de la discussion générale)

Président Nous sommes en train de discuter les objets n° 8 bis et n° 8 ter à l’ordre du jour, à savoir le budget annuel et pluriannuel et la loi de finance.

La parole au Conseiller Curtaz.

Curtaz (PVA-cU)Nell’avviare questo dibattito sul bilancio e sulla legge finanziaria, che immagino relativamente lungo, mi assale un certo senso di frustrazione perché, come peraltro è accaduto anche negli anni scorsi, oggi il Consiglio discute dei documenti preconfezionati, dei documenti vincolanti su cui ogni singolo Consigliere esprimerà il proprio dissenso o il proprio apprezzamento, ma senza poter contribuire alla realizzazione dell’atto politico amministrativo più importante dell’anno.

Ciò non ci impedisce tuttavia, soprattutto come consiglieri di opposizione, di esprimere la nostra opinione su questi atti così importanti, anche perché è per noi l’unica sede in cui poter esprimere il nostro diritto di tribuna, quindi poter esprimere il nostro pensiero sul bilancio.

Mi limiterò ad un'introduzione, ad una disamina soprattutto delle cifre per fare alcuni ragionamenti che peraltro non saranno troppo originali perché questo bilancio ricalca sostanzialmente i bilanci che lo hanno preceduto, tanto che la Giunta nel proporlo ha dovuto utilizzare uno slogan, quale quello del ritorno alla normalità, uno slogan che per certi versi può essere condivisibile, ma che racchiude anche una difficoltà di progettualità, una mancanza di idee forti, un'assenza di suggestioni, di cose nuove e caratterizzanti, in sostanza un bilancio che ci appare di ordinaria amministrazione. Come già feci negli anni scorsi ritengo che alcune osservazioni debbano essere riprese, a partire dalle cifre perché, quando si parla di bilanci e di conti, ritengo che si debbano rispettare più le cifre che le opinioni personali, che le varie osservazioni di carattere politico sugli obiettivi, sulle scelte, eccetera perché le cifre sono un dato certo che possono essere oggetto di interpretazione, ma che contengono una loro oggettività.

Abbiamo, e questo è normale per la Valle d’Aosta degli ultimi lustri, un bilancio con delle entrate molto consistenti, entrate complessive che sono al netto delle partite di giro, dei mutui e prestiti, di circa 1.150 milioni di euro, circa 2.250 miliardi di lire e come per gli altri anni alcuni dati sono particolarmente significativi. Intanto, la voce più alta, 270 milioni di euro, circa 520-530 miliardi di lire, è costituita dalla quota sostitutiva dell’IVA da importazione ed è curioso che sulla voce più alta delle entrate non ci sia stata una parola né da parte del relatore né da parte dell’Assessore alle finanze che in 45-46 pagine di relazione non ha trovato neppure uno spunto per dire qualcosa su questo regalo. Sono 270 milioni di euro che ci troviamo sul bilancio senza aver prodotto ricchezza e che furono sostitutivi dell’IVA da importazione sulla quale, come per questa quota sostitutiva, non avevamo evidentemente meriti, ma che acquisivamo perché i TIR sdoganavano in questa regione.

Sono in aumento, ed è anche un segnale positivo, i cosiddetti "nove decimi", che ammonteranno nel 2002 a 409 milioni di euro. Il dato è positivo, anche se ho qualche perplessità sulla stima di questo dato, che rischia a mio avviso di essere un po' sovrastimato, perché? Perché questo dato è in contraddizione con la premessa che è stata fatta di una contrazione dell'economia mondiale molto forte. Alcuni Stati sono già in recessione, le previsioni economiche per l’Europa, per l’Italia in particolare, sono molto inferiori a quelle che erano le previsioni non dico di anni fa, ma di alcuni mesi fa, quindi un aumento dei nove decimi quantificato nella misura risultante dal bilancio di previsione potrebbe essere sovrastimato.

Anche se ritengo che l’aumento sia determinato essenzialmente dalla cosiddetta "operazione ENEL" che da quanto emerge dai dati - ed è una cosa di cui do personalmente e volentieri atto - sta dando i frutti sperati. Non è che 409 milioni di euro relativi ai nove decimi nel complesso della cifra complessiva delle entrate siano qualcosa di straordinario, fanno sempre circa un terzo. Quella che viene contrabbandata come l’autonomia finanziaria della nostra Regione, che si finanzia attraverso il pagamento delle tasse pagate in Valle d’Aosta, si dimostra alla luce delle cifre come una falsa prospettazione della realtà. I nove decimi hanno sempre fatto circa un terzo del bilancio regionale, anche per il prossimo anno i nove decimi in aumento fanno circa un terzo, un po' di più di un terzo del bilancio regionale ed è un dato che fa riflettere soprattutto se lo andiamo a confrontare con le spese, in particolar modo con le spese correnti che ammonteranno a circa 860 milioni di euro, quindi le spese correnti per mandare avanti l’Amministrazione, beninteso con tutti gli enti collegati, sono più del doppio dei nove decimi.

Con i nove decimi ci paghiamo un po' meno della metà della spesa corrente. Questo è un dato che deve far riflettere. È vero che quest’anno l’Assessore al bilancio si è premurato - con una formulazione che ho trovato curiosa - di dividere le spese correnti fra spese correnti in generale, e sono queste per 859 milioni di euro, da quelle strettamente regionali - questa è una formulazione che non abbiamo mai visto in nessun documento contabile o relazione al bilancio - per dire che ci sarebbero delle spese che spettano alla Regione in via primaria e spese che spetterebbero perché delegate. È uno strano concetto, riesco con difficoltà ad afferrarlo. Qui parliamo spesso di sussidiarietà, di federalismo, allora mettiamo che ci sono delle spese nostre e altre "poco nostre", come se ci fossero delle competenze di serie A e altre di serie B, competenze originarie e derivate, non lo so come inquadrarle.

La cosa è talmente curiosa che mi sarei immaginato una cosa analoga sulle entrate perché se ci sono delle spese strettamente regionali e altre che non sono strettamente regionali, sulla voce di entrata avremmo dovuto trovare le entrate strettamente regionali e quelle invece non strettamente regionali. Ma non c’è. Non c’è per le ragioni che ho evidenziato. Anzi, ci sono dei dati che vengono appositamente celati perché bisogna dare all'opinione pubblica l’idea di una Valle d’Aosta che dal punto di vista finanziario sta in piedi da sola, quando sappiamo benissimo che dal punto di vista finanziario la nostra Regione non sta in piedi da sola. Trovo questo dal punto di vista politico e culturale un atteggiamento sbagliato.

Ricordo recentemente una trasmissione su RAI3 in cui venivano intervistati i Presidenti delle Regioni a Statuto speciale, fu intervistato anche il Presidente della Provincia autonoma di Bolzano che di fronte ad una specifica domanda: "Dal punto di vista finanziario siete privilegiati?", ha risposto di sì e ha chiarito le ragioni storiche e culturali che permettevano alla sua Provincia di avere un regime di fiscalità privilegiato. Un'analoga domanda rivolta a un esponente di Governo della nostra Regione, in cui la situazione di privilegio è più grande in proporzione di quella della Provincia di Bolzano, avrebbe trovato una risposta diversa. Ci si sarebbe come al solito "arrampicati sui vetri" per dire che no?, che anzi abbiamo tante competenze che spettano allo Stato, che quindi non siamo in una situazione privilegiata, ma siamo in una situazione di normale amministrazione finanziaria. E questo fa parte di questo atteggiamento vittimista, a mio giudizio poco onesto, poco chiaro, poco dignitoso che i Governi della Valle d’Aosta, che si sono succeduti in questi anni, hanno presentato all'opinione pubblica.

Di questo atteggiamento vittimista abbiamo avuto esempio anche gli anni scorsi quando, a seguito della chiusura del tunnel e successivamente dell'alluvione, in questa sala c’erano state più che delle preoccupazioni degli atteggiamenti appunto vittimistici che facevano prevedere dei pesanti impatti negativi sui bilanci regionali da questi eventi. Il tunnel purtroppo è ancora chiuso, l’alluvione paradossalmente ha messo in piedi un volano economico facendo lavorare le imprese, soprattutto quelle del settore edile, fatto sta che non abbiamo traccia economico-finanziaria di difficoltà significative e quindi quelle previsioni, che per certi versi apparivano catastrofiche, si sono rivelate assolutamente errate.

In definitiva io credo che il bilancio di quest’anno sia sì un ritorno alla normalità, dopo i bilanci condizionati del 2000 e del 2001, nei quali però le situazioni contingenti, gli eventi gravi che si erano verificati avevano comunque invogliato tutti a un dibattito su alcune idee forti, ad esempio l’anno scorso il dibattito fu caratterizzato dall'operazione ENEL, fu anche uno stimolo per riflettere, per prestare il proprio assenso o il proprio dissenso a un'operazione importante, a un'operazione anche coraggiosa, a un'operazione che aveva un senso e un’anima. Io credo che quest’anno non possiamo dire altrettanto di questo bilancio. Se devo paragonare questo bilancio, lo paragono a quello che discutemmo alla fine del 1998 in riferimento al bilancio di previsione del 1999: era un bilancio di inizio legislatura in cui non si vedevano grosse cose e anche le scelte e gli obiettivi che la Giunta nel presentare il proprio bilancio ha posto non sembrano di grande lungimiranza. Si cerca di far fronte, certo, a dei problemi impellenti, ma senza che ci sia quell’idea, quello scatto, quella tensione da cui emergono scelte importanti.

Anche l’esigenza che viene messa in primo piano nelle dichiarazioni di far fronte ai problemi finanziari in materia di sanità secondo me esige un chiarimento perché è un punto questo che rischia di essere un alibi. È vero che la Regione si trova a pagare dei costi che non vengono decisi dalla Regione stessa, ci sono stati aumenti contrattuali in ordine ai quali la Regione non ha potuto dire niente, tutta la politica farmaceutica è in mano allo Stato e quindi il punto viene trattato in maniera formalmente corretta quando si dice che le difficoltà della Regione nascono dalla necessità di far fronte a spese che vengono decise altrove. Ripeto, dal punto di vista formale è un dato ineccepibile. Ma perché rischia di essere un alibi? Perché se ciò è vero, dobbiamo porci la domanda se la situazione sarebbe diversa nell'ipotesi in cui fosse la Regione a decidere la politica farmaceutica e la politica contrattuale?

(interruzione dell’Assessore Vicquéry, fuori microfono)

? non interrompa, Assessore, per favore, anche perché mi fa sorridere dicendo queste cose. Io non ho fatto domande, ho svolto un'osservazione, poi lei, se vorrà, mi risponderà. Bisogna farsi questa domanda: se la spesa farmaceutica fosse decisa in Valle d’Aosta cosa succederebbe? Pagheremmo forse di meno le medicine? Saremmo in grado, come mi suggerisce l’Assessore, di imporre dei ticket maggiori di quelli che vengono imposti o che vengono aboliti nelle altre regioni? Crediamo che questo sia possibile? L’Assessore lo farebbe? Gli stipendi del personale sarebbero forse inferiori ad altrove? Questa è una bella domanda perché vedo che, quando in un settore pubblico amministrativo ci sono regionali e statali, mi risulta che i penalizzati siano sempre gli statali.

Già sono in fuga medici, primari bravi, non si trovano infermieri: qui li pagheremmo ancora di meno? Questo mi sembra un modo di ragionare paradossale. Quando diciamo che le spese vengono decise altrove e non è giusto, dobbiamo essere anche onesti nel dire che se le spese venissero decise a livello locale, ben che vada, ma proprio ben che vada la situazione sarebbe analoga, mal che vada la situazione sarebbe peggio perché penso che, soprattutto a livello sindacale, una contrattazione locale sarebbe più difficilmente sostenibile da parte del Governo rispetto a una contrattazione a livello nazionale, ma questa è solo una mia impressione.

Credo che anche un altro obiettivo importante, che è quello del riconoscimento del ruolo delle collettività locali attraverso un trasferimento più ampio di fondi e senza vincolo di destinazione, meriterà un approfondimento, voglio solo accennarlo perché anche i miei colleghi si soffermeranno su questo punto.

Ieri l’Assessore Agnesod ad un certo punto della relazione diceva più o meno che in Valle d’Aosta sono difficilmente ottenibili economie di scala, ed è un'osservazione vera, perché per una nostra conformazione territoriale qui è più difficile rispetto ad altri luoghi, però evidenzio una contraddizione perché, nel momento in cui, in ottemperanza al principio di sussidiarietà concediamo più fondi ai comuni senza vincolo di destinazione, poniamo le basi, io temo, per una parcellizzazione dell’attività amministrativa, per delle politiche a livello locale contraddittorie. Il rischio è che una mancanza di intenti comuni a livello locale impedisca la realizzazione di progetti intercomunali, a livello comunitario eccetera, di più ampio respiro e quindi su questo è necessario fare una riflessione. Probabilmente saranno i prossimi anni che ci diranno se questa scelta porta oppure no i problemi che io temo possa comportare. E anche gli altri obiettivi, io credo che siano obiettivi per certi versi condivisibili ma, ripeto, talmente generici nella loro indicazione da non consentire un giudizio favorevole.

Dicevo, e concludo questo mio intervento introduttivo, che questo bilancio di ritorno alla normalità mi ricorda il bilancio di previsione del 1999, e riprendo una frase del mio intervento di quel dibattito che si adatta totalmente al bilancio che andiamo a commentare. Ho anche avuto un’idea ieri che poi non ho avuto il coraggio di portare avanti: l’idea era quella di prendere l’intervento che ho fatto il 1° dicembre 1998 e di leggerlo, i dati li avrei omessi oppure li avrei sostituiti con i dati di quest’anno per vedere se qualcuno si sarebbe accorto che erano passati tre anni e si trattava di un bilancio diverso.

Può darsi che abbia ragione l'Assessore Agnesod quando dice che sono troppi anni che diciamo le stesse cose, però se le carte ci consentono tutti gli anni di dire le stesse cose, significa che in queste carte grandi progetti, grandi idee non ne troviamo. Il 1° dicembre 1998 dicevo: "? Ci troviamo di fronte a un bilancio di ordinaria amministrazione che ci appare piatto e mediocre, un bilancio privo di dinamismo, di idee nuove, di idee caratterizzanti e suggestive. Da una Giunta nuova ci saremmo aspettati francamente di più: iniziative originali, impegni di spesa coraggiosi. Non vi abbiamo trovato invece nulla di accattivante?".

Ecco, la Giunta non è più "nuova", la Giunta è un po' più "vecchia", ma di un bilancio più dinamico, nuovo, con idee caratterizzanti e suggestive non abbiamo traccia neppure nel bilancio che stiamo discutendo.

PrésidentLa parole au Conseiller Praduroux.

Praduroux (UV)Il bilancio regionale non può ridursi ad un'arida serie di cifre, ma è anche uno strumento grazie al quale si individuano le priorità e si selezionano le iniziative. Con il bilancio regionale si traducono in fatti concreti gli obiettivi fissati nel programma di legislatura. Insieme al bilancio di previsione 2002 ci accingiamo ad esaminare e a votare il bilancio pluriennale 2002-2004 che ci consente di allargare le prospettive delle linee di indirizzo definite nel programma politico di questa maggioranza per porre i fondamenti sui quali si basano lo sviluppo e l’avvenire della nostra comunità. Questo secondo strumento consente una programmazione formulata in un quadro di coerenza fra azioni da porre in essere e risorse finanziarie previste. Un anno fa, dopo poche settimane dall’alluvione che ha colpito la nostra Regione, ci accingevamo a varare un bilancio che ormai in corso d’opera era stato modificato per affrontare quell’evento catastrofico che mise in ginocchio molti settori dell’economia locale. Era quello un bilancio per affrontare la delicata fase dell’emergenza e dei primi passi della ricostruzione. Oggi abbiamo sotto gli occhi un bilancio che stabilizza la prima fase di intervento e che porta l’attenzione al consolidamento del tessuto produttivo, logistico ed ambientale, per andare così in soli due anni a "ricucire" quegli "strappi" verificatisi a metà ottobre 2000.

Scorrendo la posta in bilancio risulta con costanza l’impegno forte e determinato a predisporre strumenti efficaci per voltare pagina rapidamente e per programmare interventi che in futuro sappiano tener conto dei danni del passato. L’attenzione al recupero delle infrastrutture danneggiate e all’assetto del territorio è sottolineata a più riprese nelle varie disposizioni:

- l’istituzione di un fondo per la ricostruzione, che rappresenta la continuazione del primo fondo per interventi conseguenti agli eventi alluvionali, con uno stanziamento di 130 milioni di euro nel 2002;

- il rifinanziamento per gli anni 2002 e 2003 della legge regionale n. 54/1989.

È fortemente significativo che la legge finanziaria consacri la priorità principale, quella della ricostruzione, fin dal suo primo articolo con l’autorizzazione alla Giunta regionale a contrarre prestiti per un ammontare massimo di 130 milioni di euro da destinare al finanziamento di interventi di ripristino delle infrastrutture danneggiate.

Sul versante delle entrate si segnala positivamente un incremento del 15 percento rispetto al 2001, con ulteriori indicatori positivi come l’atteso incremento di gettito IRPEG, con effetti positivi dovuti sia all'imminente riapertura del Tunnel del Monte Bianco, sia per una capacità produttiva ed imprenditoriale che troppo spesso viene tinteggiata a tinte fosche da frequenti "profeti di sventura". Il balzo previsto per l’IRPEG di 33,78 percento e dell’IVA al 40 percento sono indicatori anche di un tessuto produttivo che segue una tendenza confortante, accompagnata anche da un calo della disoccupazione. Le ricadute positive per l’operazione ENEL si fanno già sentire per quanto riguarda ad esempio l’impennata del 40 percento prevista sulla voce di compartecipazione dei nove decimi dell’IVA.

Sul versante della spesa emerge con evidenza la volontà di rafforzare il livello di investimenti che si coniuga con la volontà di accelerare il cammino per tornare in tempi brevi alla normalità dopo i danni causati dall’alluvione. L’assetto del territorio, la salvaguardia dell’ambiente, grazie a robuste dotazioni finanziarie, si coniugano in modo efficace con lo sviluppo delle attività produttive industriali e artigianali, con lo sviluppo rurale e agricolo, con il consolidamento della rete viaria e di trasporto e con la qualificazione dell’offerta turistica che trova nella garanzia di un ambiente montano ben conservato uno degli atouts vincenti. Porre fra gli obiettivi principali la valorizzazione e la salvaguardia del patrimonio ambientale significa inoltre praticare politiche di prevenzione del dissesto idrogeologico, di tutela del paesaggio e di contenimento dell’inquinamento per garantire una piena disponibilità delle preziose risorse ambientali. Per quanto riguarda la bassa Valle, oltre alla disponibilità finanziaria a copertura dei lavori di ripristino infrastrutturale post alluvione, sono da segnalare:

- il completamento degli interventi di recupero e valorizzazione del forte e del borgo medioevale di Bard;

- la progettazione e attuazione degli interventi per la realizzazione del microsistema Pont-Saint-Martin/Bard/Donnas.

A ciò si accompagna, per quanto riguarda la finanza locale, una tendenza costante in aumento per le risorse rese disponibili per gli enti locali, un fatto importante che consolida il processo di decentramento e di rafforzamento dell’autonomia degli enti locali.

PrésidentLa parole au Conseiller Tibaldi.

Tibaldi (FI)Il bilancio regionale, come di consueto, si caratterizza per i suoi numeri, numeri importanti per una Regione come la Valle d’Aosta; un bilancio da 1.500 milioni di euro, in rapporto a 120.000 abitanti, che contraddistingue anche la Valle d’Aosta speciale, particolare, sotto il profilo finanziario e sotto il profilo della disponibilità delle risorse. Sono numeri questi che vengono ancora più in evidenza quando ci si confronta con colleghi di altre regioni o di altre realtà regionali, come mi è recentemente capitato, partecipando ad un convegno in Val di Susa sulle autonomie.

Lì, quando ho enunciato alcuni dati delle disponibilità finanziarie della nostra Regione, sono rimasti esterrefatti. A raffronto posso citare quelli della Regione Rhône-Alpes con un milione di abitanti per un miliardo di euro in bilancio nel 2002. Noi abbiamo un miliardo e mezzo di euro di disponibilità per centoventimila abitanti e questo possiamo dirlo con una nota di orgoglio: la Valle d’Aosta ha i soldi per poter fare qualcosa, quindi la specialità valdostana, prima che essere normativa o amministrativa, è anzitutto finanziaria. Particolarità questa che ci distingue non solo in rapporto alle altre regioni a statuto ordinario e speciale, ma anche in rapporto ad altre realtà regionali ed europee che sono di gran lunga indietro rispetto a noi. Nonostante l'immensa disponibilità finanziaria, noi da tempo continuiamo a sottolinearlo, c’è una dissipazione di risorse che ha dell’incredibile visto che qui, in Valle, non si è promosso quello sviluppo tanto auspicato.

In Valle si è solamente promosso il consolidamento di un'oligarchia politica che ha rafforzato sé stessa e determinati legami clientelari con una parte della popolazione valdostana. Non possiamo certamente dire che i dati e le affermazioni fatte ieri dall'Assessore Agnesod abbiano una totale corrispondenza nella realtà dei fatti. A noi è sembrata più una relazione da cicala che canta proprio perché ha queste disponibilità, ma è una relazione da cicala che non trova veridicità negli eventi, che è smentita dai fatti. Gli stessi indicatori economici che sono qui elencati non ci pare che abbiano grande corrispondenza con quelle che sono le situazioni dei singoli settori economici.

L’Assessore parla di Valle d’Aosta moderna, dinamica e competitiva, a pagina 43, ma di quale Valle d’Aosta sta parlando, Assessore? Di questa o di un’altra Valle d’Aosta immaginaria, virtuale che lei magari ha concepito utilizzando i moderni computer di cui l’Amministrazione dispone? Prendiamo ad esempio alcuni settori. L’industria segnala diversi episodi che non possono essere disconosciuti: Akerlund, Viasystems, Tecdis, Verrès S.p.A., cioè tutto un bacino produttivo della zona della bassa Valle sta soffrendo profondamente di crisi settoriali o congiunturali, producendo di conseguenza diminuzione di valore aggiunto e soprattutto crisi occupazionale.

E questa è l’industria. Per non parlare dell’agricoltura e della zootecnia, dove più volte abbiamo sottolineato, ma l’Assessore ne è consapevole, che c’è stata una diminuzione di presenze di addetti nel settore che ha dell’incredibile, nonostante le risorse impegnate dalla Regione in questi anni, nonostante leggi tipo la legge n. 30/1984 che ha cessato i suoi effetti da quando sono entrate in vigore le norme comunitarie, leggi che hanno sovralimentato un settore come quello agricolo.

Sappiamo che l’agricoltura e la zootecnia di montagna hanno bisogno di aiuti perché a fare l’agricoltore o l’allevatore in montagna si hanno dei problemi e poche disponibilità in termini di terreni, quindi di materie prime o di capitali intesi anche come bestiame. Che lo sviluppo non può avvenire secondo modelli da pianura padana, per prendere un esempio a noi vicino, ma sappiamo anche che, nonostante queste immense risorse, gli addetti nel settore primario sono dimezzati nell’arco di pochi anni e oggi ne contiamo poco meno di 3.000. Lo stesso possiamo dire del turismo. L’ottimismo che profonde con estrema regolarità l’Assessore Lavoyer ogni qualvolta si solleva una problematica o una situazione afferente a questo comparto, non trova corrispondenza negli operatori del settore locale perché comunque il turismo stenta a collocarsi in situazione di competitività con distretti turistici di altre realtà regionali o provinciali e i dati ancora diffusi recentemente dal rapporto ACI-CENSIS, di cui abbiamo fatto cenno ieri, ne sono una triste testimonianza.

L’Assessore ieri, nella sua relazione, ha detto che dobbiamo essere in grado di governare la sanità per passare dal settore economico al sociale. Certo è un proclama al quale crediamo anche noi, o meglio, speriamo anche noi che si trasformi da parole in fatti perché i deficit di bilancio della sanità valdostana, che magari si allineeranno a quelli che sono i deficit di bilancio di altre regioni, hanno del clamoroso.

Assistiamo infatti nonostante ai deficit di bilancio, a fenomeni paradossali tipo il premio riconosciuto alla triade dell’USL valdostana per aver conseguito il 90 percento degli obiettivi. E così i tre manager della sanità valdostana si portano a casa, nel rispettivo portafoglio, dei compensi aggiuntivi per aver gestito bene la sanità valdostana.

In realtà hanno fatto un buco di bilancio di 24 miliardi lo scorso anno e quest’anno vedremo quale sarà la sorpresa che ci riservano. Questi sono dei fenomeni che le opposizioni di questo Consiglio, e non solo, più volte hanno portato alla vostra attenzione. Sembra però che in questa relazione di bilancio non se ne voglia tenere assolutamente conto, anzi si enunciano altri dati, altri parametri, per dare una visione addomesticata di quella che è una realtà regionale che non è così tutta rose e fiori come ci viene regolarmente proposta.

D’altronde lo vediamo anche a livello di Stato italiano. Il Governo italiano deve fare i conti con una situazione difficile, deve cercare di riportare ordine in un sistema politico-economico che è stato fortemente modificato in peggio in questi ultimi anni, con sprechi di risorse notevoli e la finanziaria del 2002 deve intervenire con manovre correttive pur senza apportare un aggravio fiscale alle tasche dei cittadini. La stessa Europa si profila come un ente istituzionale che rischia di diventare una gabbia nei confronti delle istituzioni gerarchicamente e territorialmente inferiori, tipo lo Stato e le stesse regioni.

L’Europa poi si contraddistingue per proliferazione normativa e burocratica e gli stessi agricoltori e allevatori valdostani sono i primi a patirne le conseguenze.

Lo stesso piano di sviluppo rurale, nonostante stanzi 1.200 miliardi in 7 anni, prevede dei vincoli non indifferenti nelle erogazioni e, per una categoria produttiva come quella degli agricoltori e allevatori valdostani che è stata abituata - lo dicevo prima - ad essere sovralimentata, le tensioni si fanno sentire e anche questo l’Assessore Perrin lo sa e lo sta verificando.

Peraltro potreste apprendere una lezione di democrazia da Roma, perché la finanziaria 2002, ma anche le altre finanziarie, senza nulla togliere ai predecessori, hanno delle modalità procedurali che sono comunque l’esempio della partecipazione democratica di tutti alla composizione di questo importante documento contabile che stabilisce la destinazione delle risorse. Vediamo tranquillamente che nelle varie tappe di esame di approvazione di questa finanziaria partecipano parlamentari della maggioranza e dell'opposizione indistintamente. Mi piacerebbe sapere quanti, anche solo consiglieri di maggioranza, non dico quelli di opposizione, vengono coinvolti nella stesura del documento contabile regionale.

A noi il documento contabile regionale viene regolarmente proposto con il classico atto di imperio calato dall’alto, confezionato magari fra poche persone, forse nemmeno tutta la Giunta, e poi proposto prima alla stampa perché naturalmente la stampa ha una dignità superiore a quella di questa Assemblea, e può darne comunicazione preventiva e anticipata; poi l’esame blindato, come si suol dire in gergo, in quest’aula.

Questa è una differenza non di poco conto che si può verificare da parte di tutti fra la vituperata Roma, che comunque prepara un documento finanziario e poi lo esamina con un lungo iter, difficoltoso, è vero, però partecipato, e la nostra realtà dove la partecipazione è zero o meno di zero. Qui si partecipa facendo un intervento critico se si è in opposizione, alzando il ditino se si è in maggioranza o facendo al più qualche intervento di plauso perché il documento promana dall’Ufficio della Presidenza o di qualche assessore.

Ecco quindi che queste modalità procedurali profondamente differenti, non possono essere sottaciute o disconosciute, in quanto rappresentano il sintomo di una democrazia che in Valle d’Aosta sta perdendo terreno e sta lasciando spazio a questa oligarchia politica che si ingrassa e ingrassa le sue clientele, grazie alle enormi disponibilità finanziarie di cui dispone. Purtroppo noi più volte abbiamo detto, Presidente, che avremmo bisogno che questi soldi fossero distribuiti più equamente, secondo criteri diversi, a favore di quella che è la comunità valdostana, non solo di nicchie della comunità valdostana.

Allora ci siamo posti questa domanda leggendo questo ennesimo bilancio: ma quello valdostano è un modello da seguire? È veramente un modello che deve essere preso ad esempio?

Secondo noi, a parte l’indubbio privilegio, che comunque difendiamo, di avere tante risorse disponibili (ovvero un miliardo e mezzo di euro), il modello valdostano si caratterizza essenzialmente per avere sostituito lo Stato con la Regione, cioè ad un ente pubblico, quale lo Stato, che di volta in volta ha perso importanza e invadenza nell’ambito dei confini regionali, si è sostituita con prepotenza e altrettanta invadenza la Regione. Allora qual è il vantaggio concreto che ne hanno conseguito i Valdostani? Che sono sotto la cappa di un ente pubblico che è ancora più vicino a loro, che li controlla e rischia di opprimerli di più, e questo lo sanno i Valdostani, e non ne traggono come comunità quei benefici che potrebbero invece aspettarsi viste le potenzialità finanziarie di cui la Regione dispone.

Che modello ne è scaturito? Un modello federalista, autonomista? Noi diremmo un modello localista, dove praticamente il localismo di stampo feudale o post feudale la fa da padrone, dove agli Assessori potrebbero corrispondere dei moderni vassalli e al Presidente un moderno sovrano; moderno solo per quanto riguarda l’aggiornamento dei tempi (sono passati sette o otto secoli da quel periodo di oscurantismo che veniva chiamato Medioevo).

Cosa è successo in questi dieci anni di "Giunta Viérin", di Viérin I° e Viérin bis? La forte proliferazione amministrativa e legislativa ha dimostrato che la Presidenza Viérin ha cancellato o sta cancellando ogni traccia di libero mercato nella nostra Regione. La Regione, ripeto, si è sostituita allo Stato, appropriandosi di vaste nicchie o sacche dell'economia locale che tradizionalmente in altre regioni vengono lasciate agli imprenditori privati. Nel 2001 abbiamo assistito alla regionalizzazione del comparto elettrico, nel 2002 assisteremo alla regionalizzazione del comparto ludico, ovvero il Casinò di Saint-Vincent.

Paradossalmente abbiamo un Presidente, come dicevamo a metà novembre in occasione della discussione sull'istituenda "Casino de la Vallée S.p.A.", che deterrà nominativamente il 99 percento di queste azioni e, cumulando oltre alla funzione presidenziale anche quella prefettizia, sarà il gestore dei tavoli verdi, delle macchinette o, se preferite, in gergo, il biscazziere della Casa da gioco.

È un paradosso: colui che è il vertice della tutela dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza diventerà il numero uno della gestione del gioco d'azzardo, gioco d'azzardo che è deroga al Codice penale, gioco d'azzardo che purtroppo, spesso e volentieri, (i casinò ne sono una testimonianza), si intreccia casualmente con attività che sono o ai margini del lecito o addirittura illeciti: riciclaggio, usura, e fenomeni "extra legem" di questo tipo.

Si tratta di un’altra contraddizione della Valle d’Aosta, dove tutto viene concentrato nelle mani di un Esecutivo o ancor peggio di un Presidente. Qui stiamo già vivendo un presidenzialismo di fatto, un presidenzialismo che ha fatto sì che la figura del Presidente della Regione - non perché è Dino Viérin, potrebbe essere anche qualcun altro - è diventata quella di un monarca assoluto, una sorta di Re Sole della petite patrie. Se un domani paradossalmente venissero legalizzate le case chiuse, il nostro timore è che in Valle d’Aosta il fenomeno della prostituzione sarebbe gestito dall’Esecutivo, dallo stesso Presidente?

(interruzione da parte del Presidente della Regione, Viérin Dino, fuori microfono)

? perché qui siamo arrivati al punto che tutto è nelle mani del Primo cittadino regionale. È una provocazione, Presidente, però noi ci troviamo di fronte ad una concentrazione di potere e di funzioni che ha dell’incredibile, che non trova riscontro in alcuna altra provincia o regione italiana e penso neppure europea. In Italia d’altronde stiamo assistendo ad una denazionalizzazione di molti settori, lo Stato lascia spazio ai privati; privatizzazione che può essere accolta oppure confutata a seconda delle diverse ideologie politiche.

In Valle d’Aosta è il privato che sta lasciando clamorosamente spazio all’ente pubblico, a una Regione che, ripeto, è oppressiva e soprattutto non sta più mettendo le basi per creare quello sviluppo di cui essa stessa avrebbe bisogno, sviluppo che servirebbe a rilanciare l’economia, ma soprattutto ad incrementare quei presupposti finanziari che consentono l'autosufficienza economica che la Valle d’Aosta sta inseguendo invano da tempo. La Regione è l’ente dove non solo si polarizzano interessi politici e istituzionali, ma è anche l'ente dove si polarizzano soprattutto interessi economici.

La Regione istituzionalmente non dovrebbe avere un ruolo di questo tipo, non dovrebbe gestire attività, come per esempio il gioco di azzardo che citavo prima, che tradizionalmente o normalmente sono lasciate ai privati. Pensate che addirittura il Ministro Matteoli ha previsto, per quanto concerne l’acqua, bene essenziale per eccellenza, che la gestione sia affidata attraverso gare per individuare il miglior gestore privato. Noi siamo agli antipodi di questi ragionamenti; non dico di arrivare a ragionamenti estremi forse tipo quello che ha fatto il Ministro Matteoli, ma almeno troviamo una via di mezzo; invece no, qui siamo agli antipodi, a testimonianza che la Valle d’Aosta è l’ultima enclave comunista che risiede nel mondo occidentale.

Sui dati si soffermerà il mio collega Lattanzi, pertanto concludo richiamando la definizione che avete dato di questo bilancio e cioè un bilancio di ritorno alla normalità. Per noi questo è un bilancio che consolida un'anormalità; un'anormalità che non ha più il diritto di continuare ad esistere stante queste condizioni, un'anormalità che rifiutiamo profondamente e che avverseremo. Non è un modello autonomista e federalista autenticamente definibile quello valdostano, bensì un modello localista, un modello di una lobby politica, di un'oligarchia politico-affaristica che si è insediata in Valle e si è appropriata di finanze e di economia. Sarà mica anormale, a nostro avviso, stante queste condizioni, una Regione come la Valle d’Aosta, no?

PrésidentLa parole au Conseiller Nicco.

Nicco (GV-DS-PSE)È un bilancio, quello che ci accingiamo a votare, quello del 2000, come è stato ricordato ieri dall’Assessore alle finanze, ancora pesantemente condizionato dagli eventi dell'ottobre 2000. "Achever les travaux entrepris?" diceva il collega Agnesod e dunque con un conseguente e consistente incremento delle risorse indirizzate verso il settore "Assetto del territorio". Eventi che hanno allora sconvolto materialmente e psicologicamente la Valle d’Aosta, ma una Valle che oggi, a poco più di un anno da quei tragici giorni, si presenta con un aspetto dal quale già largamente quelle ferite sono state cancellate.

Colgo perciò l’occasione per riaffermare un giudizio positivo sull’azione messa in essere dal Governo regionale sia nella fase dell’emergenza sia in quella della ricostruzione, giudizio positivo per la rapidità, l’incisività, l’estensione degli interventi su tutto il territorio regionale ed anche per l’efficace azione di direzione e di coordinamento complessivo delle iniziative degli enti locali, enti che pure hanno dato in genere buona prova di sé, così come numerosi consorzi che già hanno ripristinato gran parte del territorio agricolo e che in certi casi hanno anche saputo cogliere questa situazione eccezionale per proporre e realizzare significative iniziative di ricomposizione fondiaria, tutta la zona fra Bard e Arnad, nonché di messa a coltura di aree incolte utilizzando proprio i detriti alluvionali.

Si tratta ora di proseguire e di completare quell’opera e di effettuare nel contempo un'approfondita riflessione complessiva su quegli avvenimenti da cui trarre tutte quelle indicazioni che ci consentano una gestione più efficace del territorio, effettuando anche, laddove necessario, un mutamento di rotta nelle politiche seguite nella seconda metà del secolo scorso.

La discussione di bilancio è poi sempre occasione importante per qualche riflessione sui differenti settori ed è su agricoltura e trasporti che mi voglio soffermare.

A fianco dei temi connessi alla ricostruzione in questi ultimi mesi il dibattito politico si è largamente incentrato sulla questione dell’agricoltura in senso lato e, più specificamente, sulla zootecnia che dell’agricoltura è sicuramente in Valle parte essenziale. Agricoltura e zootecnia che, lo ricordava anche ieri il relatore Cerise, nelle politiche di bilancio hanno un peso certamente rilevante: 92 milioni di euro l’agricoltura, di cui quasi 19 per la zootecnia. Un’agricoltura la nostra con caratteristiche proprie, specifiche, un'agricoltura di montagna, le cui peculiarità almeno in questa sede è superfluo sottolineare ulteriormente, ma la cui consapevolezza pare stia finalmente acquistando qualche spazio anche in altre sedi ed in ciò, è giusto riconoscerlo, un ruolo ha avuto anche l’iniziativa condotta da tempo sia dal Governo regionale, sia dai rappresentanti della Valle d’Aosta al Parlamento italiano e a quello europeo.

Possiamo ricordare alcuni di questi passaggi importanti: dalla Carta europea delle regioni di montagna del Consiglio d’Europa, al protocollo attuativo agricoltura di montagna della Convenzione delle Alpi, a qualche passaggio del secondo "Rapport de cohésion dell’Unione europea", alla stessa decisione delle Nazioni Unite di dichiarare il 2002 "Anno internazionale della montagna". Di particolare rilievo credo che sia soprattutto la recente risoluzione del Parlamento europeo: "25 ans d’application de la réglementation communautaire en faveur de l’agriculture de montagne", in cui si prospetta la necessità di definire una strategia globale dell’Unione europea per le regioni di montagna in cui un peso importante abbiano "la sauvegarde de l’agriculture et - cosa che ci interessa direttamente - la tutelle des races bovines typiques de montagne".

Un'agricoltura quella valdostana che è stata nel passato alquanto routinière, nella definizione che ne dava il Canonico Orsières verso la metà dell’800, e che lo è tuttora in parte, ma occorre dire che i segnali positivi di rinnovamento non mancano: il trend positivo del settore vitivinicolo anche se con situazioni differenziate, così come nel settore della zootecnia l’importante azione svolta in questi anni dall’Associazione allevatori di bovini di razza valdostana per il miglioramento della razza con la fecondazione artificiale, ora largamente diffusa, 70 percento del totale, alla ricerca di quell’equilibrio ottimale fra, da un lato, incremento della produzione del latte, terreno sul quale si sono ottenuti risultati importanti e significativi, 3.500 litri anno per la pezzata rossa, e, dall’altro, mantenimento di quelle caratteristiche che sono essenziali per un bovino che possa fruire dei nostri alpeggi.

Altri segnali ancora si potrebbero ricordare: una certa ripresa della castanicoltura nella bassa Valle, eccetera. Certamente è sulla zootecnica che il dibattito è stato più vivo, dibattito a tratti aspro, fatto anche di contrapposizioni preconcette, condizionato da aspettative che, già in sé forse poco motivate, sono state ulteriormente alimentate. Mi pare che, complessivamente, la direzione che abbiamo imboccato sia quella corretta. Il settore agricolo nel suo complesso, e notoriamente quello zootecnico, è stato soggetto in passato a distorsioni anche rilevanti, divenute, alla luce soprattutto delle direttive comunitarie, insostenibili. Parlo degli anni in cui la zootecnia ruotava largamente attorno al risanamento, decennio 1980-1990, di cui ricordiamo tutti una serie di vicende non propriamente edificanti ed in cui il 70 percento delle somme disponibili finiva sui conti bancari di un limitato numero di allevatori, un centinaio forse.

Parlo degli anni delle stalle indenni e di qualche animale con una spalla indenne ed una positiva e parlo degli anni in cui la zootecnica faceva perno sulla legge n. 15/91, ovvero sui capi improduttivi, cosiddetti di "fine carriera", 5 percento del patrimonio presente in stalla all’inizio, poi fino al 15 percento, con tutti i problemi a cui anche tale meccanismo ha dato luogo sia nella fase di autocertificazione, e sarebbe interessante una casistica tratta dai relativi moduli, sia nella fase affidata al controllo dei veterinari, con situazioni anomale da zona a zona e percentuali di attestazioni veterinarie di abbattimento che variavano da 5 ad oltre il 20 percento. Sono anni sui quali ognuno di noi ha potuto raccogliere, direttamente o indirettamente testimonianze sui generis ed anche aneddoti "curiosi".

Penso che all’interesse generale della comunità valdostana, che qui rappresentiamo, non siano servite le grandi stalle, dimensionate senza un rapporto diretto con il territorio, come purtroppo è stato per lungo tempo, perché più erano i capi in stalla, più era elevata la somma dei contributi percepiti, in particolare maggiore era il numero dei capi da poter classificare, a seconda delle convenienze del momento, come ammalati, completamente sani o improduttivi.

Quantità, invece che qualità. Che poi il fieno per mantenere tale quantità provenisse largamente da fuori Valle, quando non dall’estero, e che, nel contempo, le aree foraggiere della Valle d’Aosta si riducessero, era questione che pareva allora irrilevante. Con il risultato che oggi ci troviamo con un patrimonio bovino di 42.000 capi che è largamente superiore a quello ottimale stimato invece in 37.000.

E dunque occorreva un mutamento di rotta, occorreva maggiore trasparenza, occorreva maggiore legalità, occorreva tracciare un quadro in cui chi volesse operare onestamente potesse farlo, senza trovarsi di fronte o in mezzo ad ingranaggi dai quali era poi difficile sottrarsi e mi pare che, anche se lentamente e faticosamente, noi questa strada la stiamo seguendo e stiamo voltando pagina.

Credo che con coraggio e con determinazione occorra proseguire su questa strada, una strada che è stata imboccata con le normative che hanno introdotto i requisiti di razionalità per alpeggi e fabbricati rurali, i requisiti di buona pratica agricola, di benessere animale e che hanno definito un corretto rapporto unità bovina adulta/ettaro, aspetto fondamentale quest’ultimo e che è stato opportunamente richiamato anche nella relazione al disegno di legge che stiamo discutendo, laddove si indica fra le finalità del settore agricolo "la ricerca della qualità globale all’interno delle filiere produttive, con particolare riguardo all’equilibrio inalterabile e fondamentale che deve esistere fra azienda e territorio".

Ora inalterabile forse è eccessivo, ma il resto dell’affermazione è certamente condivisibile ed è una strada ampiamente ed organicamente delineata nel Piano di sviluppo rurale sulla base di "Agenda 2000", una strada che ha consentito fra l’altro di incrementare l’indennità compensativa, un'indennità più controllata oggi, giustamente, ma più consistente, che dai cinque miliardi annui circa di anni non troppo lontani è passata ai 19,7 miliardi del 2000 e che, per quanto concerne la zootecnia, la legge n. 21/2001 e le successive deliberazioni di Giunta degli ultimi mesi stanno cercando di tradurre operativamente. Tutto questo, tuttavia, in un quadro in cui non mancano nuove pressioni per ritornare all’ancien régime.

Io credo che occorrerà quindi impedire che normative in sé positive, quali quella dell’acquisto di bestiame di accertata qualità, possano essere utilizzate in modo improprio o che si cerchi di reintrodurre surrettiziamente meccanismi non troppo dissimili dal fine carriera, come forse qualcuno pensa nell’applicazione della tutela assicurativa: lotto due. È vero, occorre riportare il patrimonio bovino in equilibrio con il territorio, ma questo si fa una tantum e comunque non è pensabile che in un quadro di tutela assicurativa ci si possa esimere dagli interventi veterinari prima di sancire l’abbattimento.

Dunque occorre voltare completamente quella pagina del passato che ha fatto, come dicevo, la fortuna di taluni, ma ha fatto anche non pochi danni all'agricoltura valdostana nel suo complesso, danni nella mentalità dell’agricoltore valdostano, coltivatore ed allevatore, al suo modo di intendere la propria funzione e soprattutto il suo rapportarsi con l’Amministrazione regionale.

Abbiamo bisogno di formare un ceto di imprenditori agricoli che non considerino come referente unico l’Amministrazione regionale, ma le cui aziende abbiano un proprio bilancio economico in cui l’intervento regionale costituisca la necessaria integrazione, ma non il fine dell’azienda stessa.

Questo obiettivo va perseguito responsabilmente, tutti assieme; non vi può essere chi, inseguendo un qualche particolare tornaconto elettorale immediato, prema in direzione diversa: è troppo grande la posta in gioco. Occorre in particolare prestare grande attenzione a quelle medie e piccole aziende, in genere a conduzione familiare, che costituiscono la vera e insostituibile struttura portante della zootecnia valdostana, aziende la cui attività va sostenuta non solo sul piano economico, ma anche con una sostanziale azione di sburocratizzazione.

Ancora trop de papier, fastidiosi sempre in tutti i settori, ma forse ancora di più in questo mondo immerso, per il tipo di lavoro quotidiano, in una dimensione differente, troppo stridente lì è il contrasto. Un conduttore di alpeggio che, in piena stagione estiva, magari in un alpeggio a 2000 metri non servito da pista, riceve comunicazione di qualche adempimento urgente e per il quale deve scendere a valle, non può che inveire e sentire come estranea la struttura amministrativa della Regione.

Così come rischia di cedere allo sconforto e di maturare propositi di abbandono quel giovane allevatore - si potrebbero fare nomi e cognomi - che, svolgendo con passione e dedizione la propria attività, vorrebbe ammodernare la propria azienda, costruire una nuova e più razionale struttura rispondente a quei criteri igienico-sanitari che le normative comunitarie impongono, ma si trova di fronte un groviglio tale di norme che di fatto glielo impediscono. L’Assessore conosce anche questi casi. Un groviglio di norme e, aggiungo, talvolta, qualche funzionario che, incapace di vedere molto oltre la soglia del proprio ufficio, invece di contribuire alla ricerca di una soluzione, si limita burocraticamente a richiamare norme e codicilli ostativi.

Sono casi isolati, per fortuna, questi, e va dato atto che in genere la struttura amministrativa, anche a livello apicale, si è rinnovata positivamente e si caratterizza per impegno, serietà e competenza. Lo ricordava giustamente ieri il relatore Cerise quando diceva che esiste un buon livello di efficienza degli apparati e su questo, complessivamente, concordo anch'io.

Occorre poi proseguire nelle politiche agroambientali. La relazione illustrativa del Piano territoriale paesistico, nel tracciare le linee generali di uno "sviluppo sostenibile", pone in rilievo "l’insostituibile ruolo ambientale dell’agricoltura" e sottolinea ulteriormente "l’importanza cruciale delle attività e delle risorse agricole forestali ai fini della tutela e della valorizzazione del patrimonio regionale in tutte le sue implicazioni, paesistiche, ambientali e culturali". Dal canto suo, il Piano di sviluppo rurale afferma in termini perentori, e giustamente, che "gli attuali allevamenti rappresentano avamposti difensivi nella difesa del suolo". Politiche agroambientali, dunque, che in una Regione come la Valle d’Aosta diventano per molti aspetti decisive, pensiamo all’alpicoltura, e politiche che nel 2000 hanno fatto affluire anch’esse tramite AGEA, consistenti risorse, oltre 9 miliardi, alle aziende interessate.

Ed è proprio in questo intreccio fra agricoltura ed ambiente che si collocano anche alcune specifiche iniziative e situazioni che voglio richiamare brevemente.

A partire dal Piano di sviluppo rurale del Vallone di San Grato, recentemente approvato dal Comune di Issime. Già in occasione di un’altra discussione di bilancio sono state ricordate le peculiarità di tale area, caratterizzata dall’intreccio inscindibile fra aspetti storico-culturali Walser e caratteristiche paesaggistiche e naturalistiche, che ne fanno un patrimonio di assoluto interesse su di un piano che non è sicuramente solo quello locale. Il Piano di sviluppo rurale - lo ricordo - è stato redatto con il contributo scientifico della Scuola di specializzazione in storia, analisi e valutazione dei beni architettonici del Politecnico di Torino.

Questo piano ha cercato di individuare il difficile punto di equilibrio fra le esigenze, inderogabili, di adeguamento delle strutture e infrastrutture agricole, pena l’abbandono dell’attività stessa che ora si svolge, come sanno molti colleghi, in condizioni talvolta non dissimili da quelle del Medioevo, e la salvaguardia di quelle peculiarità a cui ho fatto cenno.

È un piano a cui si è giunti dopo un lungo percorso, dopo che sono state in passato vagliate anche altre strade, e sul quale vi è oggi il sostanziale consenso di tutta l’amministrazione comunale che lo ha votato all'unanimità, vi è il consenso dei cittadini che ne hanno discusso in pubblica assemblea e vi è il consenso dei conduttori di alpeggio, senza la cui convinta partecipazione ogni iniziativa rischierebbe di rimanere, qui come altrove, una pura esercitazione retorica. Proprio per queste ragioni ritengo che quel piano possa e debba trovare il convinto appoggio dell’Amministrazione regionale in tutte le sedi, amministrative e finanziarie, quale tassello di quel quadro generale di cui si è detto.

Nel corso dell’estate il dibattito si è sviluppato anche attorno ad un’altra area di particolare interesse: la Valle dell'Alleigne. È un dibattito che, purtroppo, alimentato subito da quello che definisco il palco massmediatico, invece di imboccare la strada di un confronto pacato fra tutti i soggetti interessati, ha visto subito radicalizzarsi le posizioni in contrapposizioni di principio assai poco produttive. Una valle, quella dell'Alleigne che sarà un ulteriore banco di prova della nostra capacità o meno di realizzare politiche di sviluppo sostenibile e durevole.

Io penso, e il ragionamento non vale solo per quella valle, che il nostro obiettivo primario sia di mantenere e per quanto possibile sviluppare in tali siti l’alpicoltura, questa è la "conditio sine qua non" per ogni progetto di salvaguardia del territorio.

La valle dell'Alleigne, così come il Vallone di San Grato, così come infinite altre località della Valle d’Aosta, senza quel tipo di attività economica muterebbe irreversibilmente le proprie caratteristiche, proprio quelle caratteristiche, quell’intreccio fra uomo e natura che è la sostanza della loro attrattiva e dell’interesse che proviamo per quei territori. Ma allora, se così è, e lo dico anche agli amici Verdi, dovrebbe essere obiettivo comune, ed a maggior ragione di chi dichiara con più forza di volere la salvaguardia di quella valle, quello di favorire quegli interventi senza i quali l’abbandono dell’alpicoltura diventa una realtà certa, irreversibile e prossima, il che non significa necessariamente costruire ovunque strade.

Ciò che certamente occorre è abbandonare la linea degli interventi a spizzichi e bocconi e passare a quella di interventi organici per aree, interventi che devono prendere in considerazione le differenti opzioni, anche le strade, che non devono essere né demonizzate, né considerate l’unica chiave per contrastare l’abbandono.

Fra l’altro credo che gli stessi arpians di Peroisa - si tratta di uno degli alpeggi situati oltre i 2000 metri - più che ad una strada, che giungerebbe comunque lassù quando ormai l’alpeggio sarebbe abbandonato da non so quanto tempo, sono oggi interessati ad un rapido ed efficace ripristino, restauro, dei fabbricati rurali e magari ad un servizio di trasporto con elicottero che offra maggiori opportunità e garanzia di continuità di quello attuale. Certo è comunque che il giorno in cui quegli arpians non dovessero più salire nella valle dell'Alleigne a sparire sarebbe anche una parte significativa proprio di quel patrimonio naturalistico che giustamente viene citato tra i tratti distintivi di quella valle.

In questa ottica di specifiche iniziative di intervento organico su determinate aree di interesse ad un tempo agricolo ed ambientale, in cui può innestarsi proficuamente quel turismo che viene comunemente definito "dolce", rientra certo a pieno titolo anche l’azione da tempo intrapresa dal Comune di Fontainemore e dalla Regione attorno alla riserva naturale del Mont Mars in una prospettiva che può fornire alla comunità locale una nuova ragion d’essere. Abbiamo oggi un accogliente centro visita che funge da struttura anche per altre iniziative del comune.

E' un tassello visibile e concreto di un progetto che comporta la realizzazione di una pista di fondo, la sistemazione della rete viaria e sentieristica, la ristrutturazione e il riutilizzo di alpeggi, la costruzione di un rifugio in quota, altre iniziative ancora. Il piano di gestione della riserva costituirà un nuovo passo in tale direzione ed aprirà presumibilmente anche prospettive occupazionali per una già istituita cooperativa di giovani di Fontainemore. Si tratta ora, e mi rivolgo direttamente all’Assessore, di coordinare e definire organicamente tutto ciò con uno strumento che potrebbe opportunamente essere un disegno di legge ad hoc.

Vallone di San Grato, Valle dell'Alleigne, Mont Mars. Sono tre situazioni nelle quali sperimentare concretamente le nostre politiche per uno sviluppo sostenibile e durevole. Tre fra i tanti siti di cui la Valle d’Aosta è ancora fortunatamente ricca, Cheneil per esempio, su cui pure la discussione e il dibattito non sono certo mancati. Politiche che devono ovviamente trovare i necessari riscontri di bilancio e dunque, in riferimento a questi casi citati, non posso che esprimere pieno e forte apprezzamento per l’inserimento nei fondi globali per gli anni 2002-2003-2004 di risorse importanti per il Mont Mars e per Cheneil. Sono queste risorse che contribuiscono a dare credibilità alla politica di questa Amministrazione e di questa maggioranza in tale fondamentale direzione.

Per concludere sull’agricoltura voglio fare ancora un breve cenno ad uno specifico settore dell’allevamento, quello degli ovicaprini, un settore che a lungo ha caratterizzato la vita delle comunità rurali della Valle d’Aosta: 82.000 capi nel censimento del 1782, quando le capre erano considerate "une des ressources essentielles des habitants du Val d’Aoste". Ebbene, dopo una fase di pressoché totale marginalizzazione, in questi ultimi anni, in alcune zone perlomeno, si sta manifestando un rinnovato interesse per questo tipo di attività. Mi pare una positiva tendenza che debba essere seguita ed incoraggiata. Oggi, parti sempre più ampie del territorio specie della bassa Valle, la cui morfologia, ben nota, è largamente caratterizzata da versanti dirupati, sono pressoché interamente abbandonate, ricoperte da boscaglia e sempre più luogo ideale per il proliferare dei cinghiali.

Certamente positivo sarebbe riuscire a riutilizzare parte di questi territori per l’allevamento di ovini, in particolare di caprini, attività che già trova in occasione delle "batailles des chèvres" un ampio e crescente consenso, e che potrebbe consentire un'importante diversificazione nella produzione casearia valdostana. Credo che si tratti anche qui di seguire il percorso già positivamente sperimentato con l’allevamento bovino, ovvero non di sostituire la specie autoctona, come qualcuno forse pensa, con capi che consentono un rendimento maggiore, ma unicamente sul piano quantitativo, quanto piuttosto di operare per un suo miglioramento che porti ad un incremento di produzione lattifera sì, ma mantenendone nel contempo le caratteristiche essenziali. L’Assessore è a conoscenza di qualche iniziativa nel settore assunta da alcune amministrazioni comunali che più si sentono vocate per storia e territorio ad operare in tale direzione e credo che anche in questo campo non mancherà il nostro sostegno.

Passando ad altro, tra i punti critici continua a rimanere in tutta evidenza la situazione del trasporto ferroviario. Abbiamo letto ultimamente ed accolto positivamente le notizie sul futuro dell'Aosta/Pré-Saint-Didier, sulla sua trasformazione in un servizio ferroviario di tipo metropolitano con l’aumento del numero di fermate e con un consistente investimento per il rinnovo dell’armamento.

Un più moderno ed efficace uso dell'Aosta/Pré-Saint-Didier è un obiettivo che ci siamo posti da tempo. Di un "piano per la valorizzazione" della linea si cominciò a parlare nell’ormai lontano 1992. Vennero poi le indicazioni dei piani di bacino di traffico, quelle del PTP, forse perfino troppe indicazioni e talvolta contrastanti. Dunque, se oggi, infine, si passa dalla fase delle elaborazioni progettuali alla fase di realizzazione, non possiamo che esprimere la nostra soddisfazione, in attesa sempre di quel conferimento di funzioni in materia di trasporto pubblico locale, nonché trasferimento dei relativi beni e risorse, che dovrà essere attuato in applicazione del già altre volte richiamato articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 19 novembre 1997 n. 422, in cui credo l’Aosta/Pré-Saint-Didier dovrebbe rientrare pienamente.

Altra è, purtroppo, la situazione dell'Aosta-Chivasso. Non voglio qui ripetere quanto già detto altre volte sul ruolo che attribuiamo a questo collegamento ferroviario fra la Valle d’Aosta e la rete nazionale ed internazionale. Nel programma di legislatura abbiamo scritto: "potenziamento e riqualificazione della linea", nel piano di bacino di traffico si è insistito sulla "velocizzazione". Sono termini che si sono via via sostanziati in indicazioni precise, operative: raddoppio di alcuni tratti di binario finalizzato agli incroci dinamici, rettifiche di tracciato per consentire una velocità di almeno 95 chilometri orari su tutta la linea, adeguamento dell’armamento, sottopassi a Châtillon, Verrès, Pont-Saint-Martin. Una linea questa che, voglio ricordarlo, l’azione coordinata di differenti soggetti ha consentito infine di fare inserire a pieno titolo nel Sistema nazionale integrato dei trasporti, del Nuovo piano generale dei trasporti e della logistica, DPR 14 marzo 2001, il che non era affatto scontato come ben sa il Presidente, anzi.

Le vicende dell’ottobre 2000 hanno poi fatto porre in primo piano la necessità del ripristino della linea, i cui tempi, per le note vicende giudiziarie, si stanno dilatando oltre ogni ragionevole misura. Ora, è una vicenda quest’ultima che si presterebbe a più di una considerazione sulle relazioni fra l’interesse generale di tutta una comunità e le pur dovute e necessarie iniziative giudiziarie, sull’effetto obiettivamente perverso che si è determinato e sulla necessità in tali casi, specie in una situazione eccezionale quale il post alluvione, di un efficace coordinamento fra i differenti poteri dello Stato.

Sono temi questi certo di grande rilevanza e delicatezza, ma temi che se non affrontati, rischiano di produrre ciò a cui stiamo da troppo tempo assistendo, ovvero a gravi e prolungati disagi per i cittadini e per gli utenti.

Sull'Aosta-Chivasso il Consiglio a maggioranza si era pronunciato con una risoluzione nella seduta del 3 novembre 2000, risoluzione in cui, su proposta del gruppo di Forza Italia, era stato inserito l’impegno ad operare per "predisporre in tempi brevissimi, con provvedimenti d’urgenza di intesa con l’Azienda Ferrovie dello Stato, uno studio preliminare di massima comparativo dei tempi e dei costi fra il ripristino del vecchio tracciato e l’ammodernamento di tale tratta prevedendone la rettificazione, l’elettrificazione e il raddoppio dei binari".

Questa iniziativa si era tradotta in un emendamento al decreto legge 12 ottobre 2000 n. 279, diventato articolo 4 ter: "Studio preliminare agli interventi sul collegamento ferroviario Aosta-Chivasso", della legge di conversione, la n. 365/2000, legge che stabiliva in 30 giorni dalla data di entrata in vigore della stessa, ovvero il 12 dicembre 2000, il tempo limite entro il quale tale studio doveva essere redatto a cura del Ministero dei trasporti.

Ora, a quasi un anno di distanza sarebbe interessante sapere dal Ministero o dalla Rete ferroviaria italiana a che punto è l’elaborazione di quello studio, ovvero se quei 30 giorni sono già passati o non ancora.

Quella stessa risoluzione approvata dal Consiglio poneva poi l’obiettivo della compatibilità, questo il termine allora usato, fra gli interventi sull'Aosta-Chivasso e la nuova direttrice transalpina Santhià-Aosta-Martigny, compatibilità su cui ho espresso allora tutto il mio scetticismo. Invero il tema è stato poi sviluppato nel convegno di Saint-Vincent del gennaio 2001 nella relazione dell’Ing. Challis: "Le linee ferroviarie interessate dal progetto ferroviario del Gran San Bernardo", in cui si ipotizza un intervento di potenziamento in occasione del ripristino, comprensivo "della ricostruzione parziale in galleria, fra le stazioni di Chambave e la galleria di Montjovet e della tratta fra Pont-Saint-Martin e Arnad che deve in ogni caso essere spostata sulla destra orografica del fiume Dora Baltea per essere messa in sicurezza".

Tutto questo per giungere ad "un sistema a tre binari con interconnessioni fra la vecchia e la nuova linea".

Non sono in grado di valutare l’attendibilità tecnico-scientifica di queste indicazioni, ma ciò che mi pare comunque di tutta evidenza e su cui voglio richiamare l’attenzione dei colleghi è il fatto che, quand’anche fosse dimostrata su questo piano, ovvero sul piano tecnico-scientifico, una compatibilità fra Chivasso-Aosta e direttrice internazionale su un'unica struttura o comunque in un unico sistema interconnesso, i tempi di realizzazione in quella ottica si prospettano comunque lunghi, lunghissimi, se non biblici. Le difficoltà e gli ostacoli esistenti sulla via della Santhià-Aosta-Martigny sono ben noti a tutti e non mi pare che di grande aiuto siano a noi le indicazioni contenute nel recente Libro bianco della Commissione europea: "La politique européenne des transports à l’horizon 2010, l’heure des choix", così come le proposte che vi sono enunciate di integrazione delle decisioni del Consiglio di Essen in materia di progetti prioritari per il trasporto europeo. E allora, se così è, mi pare che legare il destino dell'Aosta-Chivasso a quello della direttrice transalpina possa diventare esiziale nel breve e medio periodo per l’attuale linea ferroviaria.

Noi dobbiamo invece fornire risposte adeguate anche, non solo, ma anche alle aspettative del tempo presente. A chi oggi, studente o lavoratore pendolare, tutti i giorni ha bisogno di una rete ferroviaria che gli fornisca un servizio adeguato in termini di rapidità, puntualità ed efficienza. Continuiamo giustamente ad operare in ogni sede per la promozione della nuova direttrice transalpina, come è stato opportunamente fatto ed anche con qualche risultato, quale il riferimento diretto a tale linea contenuto anch’esso nel citato nuovo Piano generale dei trasporti e della logistica.

Anche il Ministro Lunardi pochi giorni fa, il 29 novembre, al Senato, rispondendo ad interrogazioni a risposta immediata, ha definito quella linea "un’opera ferroviaria importante per gli anni futuri". Un'opera per i cui studi sono stati inseriti a bilancio sia nella finanziaria dello Stato, sia nel bilancio che stiamo per approvare, importanti risorse.

Ma, e questo è il punto fondamentale sul quale vorrei richiamare l’attenzione dell’Esecutivo, nel contempo poniamoci come obiettivo, poniamo come uno dei punti focali della iniziativa del Governo regionale nel 2002, della parte conclusiva della legislatura, la trasformazione dell'Aosta-Chivasso in una moderna ed efficiente linea di collegamento fra la Valle d’Aosta e la rete ferroviaria nazionale ed internazionale e facciamolo, se necessario, con uno specifico accordo di programma tra le Regioni Valle d’Aosta e Piemonte, lo Stato e la Rete ferroviaria italiana, che definisca in modo organico e con tempi certi l’azione complessiva in questa direzione.

PrésidentLa parole au Conseiller Beneforti.

Beneforti (PVA-cU)Un anno è trascorso da quando fu approvato in questa sede il bilancio di previsione per l’anno in corso, ma niente è cambiato – almeno, io non me non sono accorto - rispetto al passato: anche per il 2002 si sta ripetendo la stessa litania di sempre. Ormai i contenuti di questo bilancio sono noti. La Giunta nel suo insieme, nelle conferenze stampa organizzate, ha già detto ciò che riteneva di dire per dimostrare la validità del suo modo di essere e di governare e quindi di spendere le risorse della comunità valdostana ma, nonostante gli sforzi e tutto l’appoggio ricevuto dagli organi di informazione più vicini alla Giunta, non ci ha convinto.

Non ci hanno convinto neppure le relazioni e le spiegazioni che abbiamo ascoltato a livello di II Commissione, anche se sono state utili per comprendere più da vicino i presupposti su cui si basa questo bilancio di previsione, presupposti che, purtroppo, non sono cambiati rispetto al passato. Qualche diversivo è avvenuto a seguito di qualche calamità che disgraziatamente ha colpito la Valle d’Aosta, come la tragedia del Monte Bianco e l’alluvione di un anno fa. E siamo costretti a dire che anche con questo bilancio la Giunta ha dimostrato di voler seguire la politica di sempre, di voler seguire il proprio programma di legislatura, facendosi anche forte del rafforzamento della maggioranza che la sostiene, con l’ingresso degli "Autonomisti" nella "Stella Alpina" (che vedo assenti in questa sede, e non è certo la prima volta: non so con quale spirito politico seguono la vita politica e anche la vita del Consiglio regionale).

Se sbaglio, se c’è qualcosa di cambiato nell’indirizzo politico dato al provvedimento, alla luce anche della puntualizzazione avvenuta a febbraio, ce lo diranno gli attori che parleranno in questa sede e che hanno sottoscritto l’accordo di maggioranza. Non c’è stata nemmeno una modifica al metodo di elaborazione e di presentazione e tanto meno nel rapporto con le forze sociali, enti ed istituzioni su cui le scelte di bilancio possono ricadere. Del resto non poteva essere diversamente, dal momento che il 2002 è l’anno precedente alle elezioni regionali del 2003; questo infatti è l’anno di preparazione agli esami finali, per cui, per non sbagliare, è meglio lasciare le cose come stanno e quindi non fare scelte per non togliere niente a nessuno. Forse noi siamo stati degli ingenui a pensare che, visto che sono previste maggiori entrate, la Giunta, la maggioranza, si ponesse nell’ottica di una riconsiderazione del bilancio per quanto riguarda l’impostazione almeno della spesa, ma così non è stato.

Non si è tenuto conto di una e più richieste, avanzate anche da noi da tempo, non si è tenuto conto neppure del progetto che una forza politica che sostiene la maggioranza ha presentato alla comunità valdostana proprio in questi ultimi tempi, al suo primo congresso. Del resto, per riempire di contenuti un progetto politico, quale migliore occasione poteva esserci se non quella di un bilancio di previsione? Ma così non è stato. Non si è compreso che per realizzare certi obiettivi occorre cambiare, occorre uscire da quella politica assistenziale che alla lunga non pagherà più, nemmeno sul piano clientelare ed elettorale.

Non si è compreso che occorre rilanciare la nostra autonomia su presupposti diversi, se vogliamo il federalismo nella sussidiarietà e solidarietà; se vogliamo contribuire a realizzare quella Europa delle regioni e dei popoli, che le minoranze, come la nostra, auspicano e sostengono da tempo; se vogliamo essere liberi e contare di più; se vogliamo essere ascoltati anche quando rivendichiamo a tutti i livelli che si tenga conto del disagio e dei bisogni delle popolazioni di montagna; se vogliamo essere ascoltati quando si parla di riapertura del Traforo, di trasporti su ferrovia e su gomma, di transito dei TIR, perché fino ad oggi è stato dimostrato tutto il contrario.

Se vogliamo impedire che gli altri prendano le decisioni sulla nostra testa, come sta avvenendo negli ultimi tempi, dobbiamo tenere presente che siamo una piccola "cosa", sia a livello europeo che a livello di Parlamento italiano, e dobbiamo tenere presente che con il nostro voto in quelle sedi non condizioniamo più nessuno, se non ci caratterizziamo come Regione e non ci facciamo forti della nostra autonomia.

L’amore verso le Regioni a Statuto speciale del Centro Destra non è lo stesso di quello dimostrato dal Centro Sinistra! Ricordiamocelo, e soprattutto ricordatevelo voi della maggioranza! In commissione consiliare, come nella conferenza stampa, il Presidente della Regione ha evidenziato, anche con molta enfasi, gli obiettivi che secondo la maggioranza hanno ispirato il bilancio.

Essi sono:

- la volontà di accelerare il processo di ritorno alla normalità dopo l’alluvione;

- il potenziamento del ruolo delle autonomie locali;

- la salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza sanitaria sia sul piano qualitativo che quantitativo;

- il mantenimento del livello degli investimenti per quanto riguarda i settori produttivi, con particolare riferimento all'industria, e quindi il sostegno alla ricerca;

- l’attuazione del Piano di sviluppo rurale, anche come strumento per il mantenimento dell’ambiente;

- il sostegno al turismo quale settore trainante dell’economia della Regione.

Giusto, Presidente, sono obiettivi e scelte importanti che devono essere realizzate ma, affinché non rimangano delle pure e semplici indicazioni, occorre anche determinare come si giunge alla loro realizzazione: si deve darne notizia, se volete essere credibili, come occorre la partecipazione di coloro che le scelte le devono sostenere e nello stesso tempo subire. Il mio discorso è più politico che contabile, anche se le risorse economiche sono indispensabili per realizzare certi obiettivi.

Non si può comunque disgiungere il rapporto che sussiste fra l'impostazione politica del bilancio e quella data alle entrate e soprattutto alla spesa. Mi si permetta quindi una premessa: oggi stiamo assistendo ad una conduzione della gestione politica della Regione che è tutta di parte e personale del Presidente della Regione, nonché condizionata dalle elezioni regionali del 2003, ne è prova la considerazione che viene riservata ai tradizionali punti di riferimento. Sono evidenti:

- l’invasione e quindi la mortificazione e lo svuotamento del Consiglio regionale da parte della Giunta;

- l’occupazione spregiudicata di ogni spazio di potere e l’indifferenza assoluta verso qualsiasi processo di partecipazione, specialmente delle minoranze che sono in questo Consiglio;

- la debolezza politica di alcuni assessorati, come quello delle finanze - ridotto ad un semplice ufficio di contabilità, che non ha più alcun ruolo politico -, come quello dell’industria e dell’artigianato che, con la legge di riordino dei servizi camerali, sarà ulteriormente svuotato per quanto concerne i compiti previsti dallo Statuto;

- la valorizzazione della Finaosta, che è diventata lo strumento di fiducia a disposizione della Giunta e del Presidente per tutte le operazioni ordinarie e straordinarie, di studio, di ricerca, di gestione. C’ero anch'io quando la Finaosta fu istituita, tanti anni fa, ma nessuno di noi allora avrebbe immaginato che avrebbe assunto potenza e che sarebbe arrivata ad amministrare tanti miliardi, mentre l’invenzione dell’Istituto di credito valdostano è sempre lì, ferma, in attesa di decollare e di svolgere il ruolo che le compete anche per conto della Regione: eppure l’Assessore parla sempre di questo istituto con molta enfasi!

Voi avete dichiarato di voler mantenere fede a ciò che avete promesso con il vostro programma elettorale, ed è umano che sia così: ma come, a che prezzo, i vostri impegni vengono mantenuti! Riteniamo che sia venuto il tempo per una verifica dei fatti e il bilancio di previsione è l’occasione da non perdere per farla. Questo vale per noi dell'opposizione, ma anche per voi della maggioranza. Oggi si possono avere maggiori entrate e quindi si può far fronte alle maggiori spese ma, se approfondite i dati di bilancio, il nostro ormai è un bilancio blindato, per cui è necessario che vi poniate il problema di una riconsiderazione dello stesso! Presidente mi rivolgo a lei perché è il capo della Regione -, non può essere tutto dovuto anche quando è superfluo o sprecato.

Certo, è bello poter offrire l’aperitivo in musica, ma poi non si devono andare ad accendere i mutui come quello della sanità! Non si può ospitare l’Inter, la Juve, il Torino per far divertire gli sportivi, fare gemellaggi e manifestazioni, e poi non far fronte alle richieste di coloro che hanno bisogno e che vivono nella povertà!

Non si possono erogare tante altre elargizioni e poi non coprire le spese più importanti! Per questo doveva - e deve - essere fatto un ripensamento per quanto riguarda il bilancio in questione, le scelte, anche in relazione agli obiettivi principali che, secondo voi, sono stati individuati con questo bilancio di previsione. Per quanto riguarda gli stanziamenti per la riparazione dei danni causati dall'alluvione, devo dire che sono opportuni, perché è necessario tornare alla normalità.

Non sarebbe giusto far aspettare gli interessati in attesa che il Governo centrale mantenga fede alle promesse fatte, a noi come alle altre regioni. Le attività economiche e produttive, i privati cittadini, l’agricoltura, secondo le priorità stabilite, devono ricevere l’ammontare dei danni subiti, come è necessario che sia completata l’opera per quanto riguarda la difesa del territorio e del suolo, l’assetto idrogeologico e la difesa dell’ambiente, per rendere la Valle d’Aosta più sicura e vivibile, per prevenire, per quanto possibile, certe calamità che hanno causato tanti danni, per potenziare i servizi della Protezione civile e del Corpo forestale.

Anche per quanto riguarda la sanità, vista la controriforma che il Governo si prefigge di mettere in atto, che cambia le intese a suo tempo raggiunte per quanto riguarda i finanziamenti, concordiamo che si apra un tavolo diretto Governo-Valle d’Aosta per poter godere degli stessi diritti delle altre regioni. Ma, a parte questo rapporto, che riveste anche carattere politico e che investe anche la Conferenza Stato-Regioni, ciò che auspichiamo in particolare è:

- che si dia il via al Piano sociosanitario regionale, affinché questo piano non rimanga il libro dei sogni;

- che la spesa messa a bilancio non venga più sottostimata;

- che si eviti di creare certe situazioni più volte denunciate in questa sede.

In più occasioni, infatti, abbiamo evidenziato ciò che accade in un servizio importante come quello sanitario, ma a tutto è sempre stata trovata una giustificazione. Noi abbiamo sempre sostenuto che non si può risparmiare sulla pelle sugli assistiti, come tenta di fare l’USL. Si continua a dare all’esterno servizi senza una giustificazione e senza tener conto che si tratta di curare degli ammalati.

Posso capire, anche se non lo condivido, l’appalto della lavanderia, l’appalto del servizio pulizie, l’appalto della mensa, anche se tutto o in parte lascia a desiderare, ma ci fa inorridire che si giunga - almeno così si dice - ad appaltare il servizio di trasporto ammalati all’interno dell’Ospedale.

Noi consideriamo inaudito che si sostituisca il personale amministrativo dell’USL con il personale dell'IN.VA., mettendo in atto un tipo di caporalato con lo sfruttamento di disoccupati in cerca di lavoro, che si concedano poi tutte le possibilità per l’esercizio della libera professione a pagamento all’interno dell’Ospedale, in certi casi rasenta la vergogna, come è accaduto nel Reparto di Radiologia.

L’obiettivo da raggiungere era giusto, quello di ridurre le liste di attesa, ma come si è raggiunto quell’obiettivo? È altrettanto vergognoso che si elargiscano, per meriti politici e non professionali, come è avvenuto e sta avvenendo, nomine che comportano dei costi non indifferenti, a persone non in possesso dei requisiti e dei titoli richiesti; che si deliberino convenzioni e consulenze più a carattere politico che professionale; inoltre che si permetta l’arroganza che oggi alberga nell’ambiente ospedaliero è dannoso: non per niente tanti operatori lasciano Aosta e vanno a lavorare altrove, e quelli che se ne vanno sono sempre i migliori.

Cari amici, in un Ospedale come si fa a far circolare personale di società esterne per il trasporto degli ammalati nei reparti ospedalieri, senza sapere chi sono, chi li controlla, da dove provengono? Per di più un personale che cambia continuamente, che è privo di un minimo di preparazione sanitaria per stare vicino all’ammalato, e tutto questo per non assumere e addestrare del personale che già da tempo è in forza a tempo determinato.

Questo personale, dopo anni di servizio, rischia di essere lasciato a casa senza un minimo di considerazione e di riconoscenza perché oggi è su queste persone che l’USL cerca di risparmiare, non eliminando gli sprechi e gli abusi che ci sono. Il personale dell’IN.VA., comandato a sostituire il personale amministrativo dell’USL, ci ha dichiarato di percepire un milione o poco più di lire al mese!

È chiaro che costa molto meno di un impiegato dell’USL. Addirittura viene loro applicato un contratto di lavoro che non rientra nell’attività ospedaliera, ma nelle attività produttive, come per i metalmeccanici, secondo l’attività istituzionale dell’IN.VA.! Bisogna risparmiare, ma non è pensabile far ricadere le conseguenze sugli assistiti e su chi è costretto ad accettare certe condizioni di lavoro per non restare disoccupato, sperando o illudendosi di passare un giorno nel comparto ospedaliero.

La Dirigenza dell’USL a chi è più forte concede tutto, mentre nei confronti dei più deboli "mostra i muscoli", ricatta e minaccia se cercano di opporsi: una dirigenza così non è all’altezza dei compiti che le sono stati affidati! Io a volte mi metto a riflettere e mi sembra quasi impossibile che succedano certi fatti all’interno dell’USL.

Ho - almeno mi nasce - il dubbio che ci sia una forza superiore che impone a certi dirigenti di agire in un certo modo - non penso certamente all’Assessore, perché non lo giudico in quella maniera -, mi auguro però che non ci sia e che si tratti solo di debolezza nei confronti del più forte, ma sarebbe grave se si verificasse che esiste una "forza superiore", che non sto qui a nominare, che serpeggia all’interno dell’Ospedale e all’interno dell’USL.

Alla sanità si accompagnano altri problemi sociali, a sostegno dei quali occorre operare delle scelte onde affrontare e risolvere i problemi che assillano le famiglie, gli anziani, i giovani, le vecchie e nuove povertà. Sono dieci anni che si sente parlare di RSA, senza che ancora siano aperte - mi auguro che abbia maggior successo quella di Antey -, che si sente parlare di centri per malati di mente che non sono ancora operativi, della politica della casa che non viene affrontata nel modo in cui l’emergenza richiede. La situazione sociale impone delle scelte precise in occasione dell’approvazione del bilancio, queste scelte non sono rinviabili perché gli anni passano e i problemi restano. Occorre colmare certi ritardi perché ce lo impone la realtà che abbiamo di fronte. Per questo chiedo alla Giunta, come alle forze di maggioranza, se ritengono oggi più urgente investire nel sociale o in altri settori meno importanti. Oggi che aumentano le entrate vogliamo porci questo problema sociale che tocca la gente più debole, i meno abbienti, coloro che hanno più bisogno? Vogliamo farla questa scelta?

Un altro punto che la Giunta ha detto di sostenere è il mantenimento degli investimenti nel settore dell'industria, e chi può non essere d’accordo con questa volontà politica? Ma non si può non tenere presente che gli investimenti previsti non sono altro che la continuità di quell’assistenzialismo che non crea ricchezza, che non fa crescere l'imprenditoria locale di cui abbiamo bisogno agli effetti produttivi, sociali ed occupazionali. Investimenti che, invece, dovrebbero essere collegati al Patto per lo sviluppo, che non decolla perché:

- non c’è concertazione a nessun livello, tanto meno con le organizzazioni sindacali,

- mancano le linee guida;

- così com’è non è affidabile e non ci crede nessuno, serve solo come copertura alle vostre iniziative, al vostro modo di essere e di operare.

Fino a ieri c’era il CREL a coprire e ad avallare le vostre iniziative, oggi il confronto non avviene nemmeno più a quel livello, anche se era inconsistente e aleatorio. Con il vostro modo di sentire le parti, vi assumete tutta la responsabilità delle decisioni prese unilateralmente, su questo non ci sono dubbi. Riteniamo indispensabili - abbiamo dato il nostro consenso all’ultimo momento - le iniziative prese a favore degli artigiani e delle piccole imprese perché dobbiamo favorire la crescita di ciò che è nostro, di ciò che rimarrà in Valle che quindi può dare il contributo all'economia e all'occupazione di cui abbiamo bisogno. L’importante è creare le condizioni perché questo obiettivo si realizzi e le condizioni sono rappresentate:

- dalle aree attrezzate, dove gli artigiani possano inserirsi, operare e ingrandirsi;

- dal potenziamento dei finanziamenti, tramite anche la Confidi;

- dalle agevolazioni che devono essere concesse nel consumo delle energie. "L'operazione metano" all’inizio aveva questo scopo, come dovrà averlo anche quella dell’ENEL, oltre a quello di aumentare gli introiti per la nostra Regione.

Detto questo, devo precisare che non condividiamo certe prese di posizione nei confronti dell’area Cogne. Non abbiamo dubbi, non condividiamo che si rimetta in discussione ciò che è stato deciso. Si può migliorare, certo, ma tenendo presente che i ritardi sono sempre controproducenti, per cui noi chiediamo che si debbano accelerare i tempi della realizzazione.

Si deve tenere presente che Aosta ha bisogno di attività industriali, ne ha bisogno la nostra economia perché ancora non si vive di solo turismo e uffici. Chi ci crede è un illuso. Mi dispiace che nella relazione del Consigliere Cerise non ci sia alcun riferimento all’area Cogne, mi auguro solo che sia stata una dimenticanza.

Per quanto riguarda il turismo, auspichiamo che si realizzino quei grossi risultati annunciati in più occasioni dall’Assessore competente e che quanto previsto dal bilancio serva a questo obiettivo, serva a superare la crisi che il settore attraversa, anche per cause indipendenti dalla nostra volontà. Però, come ho detto nel precedente Consiglio, occorre uscire dallo stato confusionale esistente, dal coro di lamentele che siamo costretti ad ascoltare, anche per le risposte che non vengono date. I presupposti essenziali su cui si basa la riforma attuata con la legge n. 13, che sono la promozione, la commercializzazione e l’accoglienza, devono essere messi in pratica.

Occorre stabilire e chiarire chi ha questo compito; occorre mettere le AIAT in condizioni di svolgere il compito che assegna loro la legge, non vivere alla giornata e rinnovarsi nel modo di essere e di operare; occorre definire i confini delle AIAT, come è avvenuto del resto ultimamente per La Thuile. Le leggi di finanziamento, per le quali la Valle d’Aosta non è seconda a nessuno, devono essere:

- accompagnate da iniziative che facciano funzionare una macchina importante come quella del turismo;

- applicate da persone capaci che abbiano volontà di fare e di lavorare, in possesso della professionalità che il settore richiede.

Il turismo per funzionare esige risorse economiche, organizzazione e professionalità. Il resto, per via della nostra collocazione geografica, lo abbiamo, non ci manca niente. Come dicevo, sia per l’artigianato, sia per l’industria, sia per il commercio, sia per il turismo occorre personale preparato. È richiesta una professionalità di cui le aziende non possono fare a meno e che per quanto possibile devono trovare nella nostra regione, non portarla da fuori.

In tal senso occorre che da parte delle imprese, come delle forze sociali, enti ed istituzioni, si programmino e si sviluppino quelle iniziative capaci di creare professionalità. Certamente la preparazione non deve essere fine a sé stessa, occorre che sia sviluppata secondo le esigenze e le richieste esistenti, che sia collegata a progetti ben definiti. In tal senso occorre convincere i giovani e le loro famiglie che l’apprendimento di un mestiere può costare sacrificio, ma che una volta appreso non si resta disoccupati perché favorisce l’inserimento in Valle di aziende industriali ad alta professionalità, con produzioni ad alto valore aggiunto e attente all’ambiente in cui operano.

Per quanto riguarda ciò che è previsto per gli enti locali, concordiamo che si rafforzi la loro autonomia, che avvenga il decentramento delle funzioni e quindi l’erogazione dei finanziamenti loro necessari. Per quanto riguarda i finanziamenti, occorre mantenere il principio della sussidiarietà verso i piccoli comuni, che non devono essere sacrificati. Con ciò si realizza anche quel federalismo che assegna ai comuni il ruolo che loro compete e che è previsto dalla riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione, almeno da questa parte politica voluta e sostenuta.

Per quanto riguarda l’agricoltura, occorre un impegno forte al fine di proseguire nell’opera di ricostruzione dopo i danni causati dall'alluvione. Inoltre in questo settore, a cui è legato l’ambiente e il turismo, occorre portare avanti l’attuazione del Piano di sviluppo rurale e gli obiettivi che lo stesso contiene:

- per il riordino fondiario, cercare di colmare i ritardi che in questo campo si possono registrare;

- occorre potenziare l’attività lattiero-casearia, migliorando la qualità dei prodotti e la presentazione dei prodotti alla vendita, razionalizzando sul piano organizzativo il mercato del settore;

- occorre potenziare il settore dell’agriturismo, realizzare i programmi di irrigazione e dell’agricoltura biologica, affinché questo campo si possa sviluppare occorre informare e anche formare chi deve sostenere questo tipo di agricoltura;

- vigilare se, nonostante quanto viene fatto e speso, ci siano terreni che rimangono incolti o alpeggi abbandonati.

Infine è necessario risolvere il problema della zootecnia, che si trova in difficoltà sia per la tragedia della "mucca pazza", sia perché fino a ieri aveva ricevuto in misura superiore ad ogni aspettativa, anche dei diretti interessati. Le due leggi regionali, relative al risanamento e all’indennizzo previsto per i bovini a fine carriera, sono state un punto di riferimento economico non indifferente per il settore per oltre dieci anni, settore che oggi si trova a fare i conti con una realtà diversa e anche con l’Europa, ma che non deve sentirsi abbandonato. Pertanto dobbiamo fare quanto è possibile per affrontare certi problemi che qui non riprendo perché condivido l’analisi fatta dal collega Nicco a questo proposito.

Il Presidente della Regione e gli Assessori hanno dichiarato che l’obiettivo è quello di tornare alla normalità. Siamo d’accordo, ma noi aggiungiamo non solo riparando i danni causati dall’alluvione o con la riapertura del Traforo del Monte Bianco, che è l’aspirazione di tutti - almeno per quanto riguarda il passaggio delle auto e dei pullman -! Riteniamo che si debba tornare alla normalità anche per cose più semplici e di natura diversa. Occorre tornare a quella etica politica che ha contraddistinto la nostra Regione rispetto al resto del Paese sul piano della vita politica e sul modo di governare.

Una volta eravamo indicati come una Regione modello, oggi non lo siamo più e le cause le conosciamo tutti. Per quanto concerne i rapporti fra le parti interessate, ritengo che la concertazione non debba essere eliminata e non possa essere sostituita dal cosiddetto "dialogo sociale" o dal verbo "sentire", perché oggi si dice "si è sentito" quando deve essere presa una decisione che riguarda problemi importanti, grandi o piccoli che siano. La concertazione deve essere ripresa, deve essere una ricerca seria di convergenze con l’obiettivo di trovare un accordo e non una formalità che copra decisioni unilaterali prese da enti ed istituzioni come la Giunta.

Le parti sociali oggi rivendicano questo confronto, vogliono dire la loro su tutto ciò che riguarda i loro rappresentati. Per tornare poi alla "normalità" occorre almeno colmare i ritardi che si registrano in Regione nell’applicazione delle leggi e delle delibere di Giunta, si deve tener conto delle lamentele che si ricevono nei confronti della "burocrazia" regionale.

Non si comprende perché occorra oltre un anno per percepire il mutuo per la prima casa, perché venga corrisposto non regolarmente il sussidio concernente il fondo sociale costituito per venire incontro a chi non può pagare l’affitto di casa, non si capisce il motivo per il quale si debbano anche in questo campo registrare enormi ritardi. In alcune occasioni i capitoli di bilancio saranno stati vuoti, non voglio pensare che si tratti di negligenza da parte di chi si occupa di queste problematiche.

Del resto non mi meraviglio più di nulla, visto che abbiamo alcuni dirigenti che per non compromettersi o perché non vogliono essere loro a decidere o perché non sono capaci di giudicare chi sono i più meritevoli fra i loro collaboratori, sorteggiano le persone alle quali deve essere erogato il premio legato a certi elementi obiettivi: così facendo snaturano il principio per il quale il provvedimento è stato preso perché i migliori possono essere fregati dai peggiori! È una spesa per l’Amministrazione regionale: o si premia chi merita o non si premia! Abbiamo una dirigenza che tira a sorte per non decidere o perché non sa decidere, come ritengo io.

Ieri sera, dopo la seduta consiliare, ho riletto la relazione del Consigliere Cerise e quella dell’Assessore Agnesod. Lette con gli "occhi della maggioranza" non fanno una grinza: sono ben scritte e presentate con il "vestito della festa". La prima relazione però si limita a riprendere e ad illustrare gli articoli del disegno di legge senza dare alcuna valutazione o poche valutazioni; la seconda, con grande enfasi, espone, alla luce dell'esperienza vissuta quest’anno, ciò che si vuole realizzare in futuro tenendo sempre conto delle elezioni regionali del 2003. Entrambe le relazioni non hanno messo in evidenza le difficoltà incontrate, gli ostacoli superati e da superare, anche se ci sono; non hanno fatto trasparire nessuna differenza di valutazione sul bilancio da parte delle forze che compongono la maggioranza o all'interno delle singole forze. Io non so se questa unità sia reale, se tutti condividano i contenuti del bilancio, se politicamente tutti concordino sugli obiettivi da raggiungere.

In questi giorni mi auguro di non ascoltare da parte della maggioranza solo interventi così appiattiti. Secondo l’Assessore Agnesod va tutto bene, ma voglio ricordare, a me stesso come a tutti voi, che molte cose dette e scritte nella relazione dell’Assessore sono anni che vengono ripetute.

Ieri sera sono andato a rivedermi, per quanto concerne i capitoli di bilancio, cosa è stato detto lo scorso anno e più o meno sulle varie tematiche anche quest’anno si ripetono le stesse argomentazioni. Assessore, il bilancio di previsione non può essere fatto di slogan, ma di obiettivi che devono essere realizzati nel corso dell’anno, tenendo anche conto dei cambiamenti che avvengono durante il cammino nei 365 giorni che ci stanno di fronte.

Mi auguro che sia il Presidente della Regione, sia i colleghi della maggioranza, esprimano il loro parere e dicano cosa pensano della gestione della politica sanitaria portata avanti dall’USL, delle liste di attesa, della privatizzazione della salute; se condividono quello che avviene, e oggi lo abbiamo ribadito con qualche esempio, in questa sede, per quanto riguarda una parte del personale. Nella sanità, oltre a certe rivendicazioni del Governo centrale, c’è anche il problema dei servizi resi alla collettività valdostana. Pertanto chiedo ai colleghi della maggioranza di esprimersi: non vivono a Torino o a Milano, vivono in Valle d’Aosta e conoscono l’andamento della situazione sanitaria in Valle, per cui vorrei sapere da loro se ritengono opportuno fare qualche autocritica.

Non penso che, nell’ambito della politica della casa, della famiglia, dell’assistenza agli anziani, delle donne, dei giovani, dei malati di mente, vada tutto bene. Vorrei sapere se ritengono soddisfacente, se sia di loro gradimento, la vigilanza sui luoghi di lavoro da parte dell’USL, dell’ARPA, dato che sono servizi che pesano sul bilancio; se ritengono di dover uscire dall’appiattimento in cui siamo precipitati e se sono soddisfatti, considerato che per realizzare alcune iniziative occorrono decine di anni, come è accaduto per il centro handicappati di Ollignan, per l’installazione dell’apparecchiatura della risonanza magnetica in Ospedale o per la realizzazione delle RSA.

Vorrei sapere dal Presidente della Regione, Viérin, quali sono i rapporti con l’attuale Governo centrale, viste le prese di posizione in materia di trasporti avvenute negli ultimi mesi. La domanda mi sorge in quanto non mi accorgo che sussista la stessa conflittualità permanente che c’era nei confronti dei Governi precedenti. Sono domande che mi auguro abbiano una risposta dal momento che abbiamo sul "tappeto" problemi alquanto importanti come:

- quello del finanziamento della politica sanitaria;

- quello dei trasporti su gomma delle merci attraverso il Traforo del Monte Bianco;

- la riapertura della ferrovia Chivasso-Aosta e il suo potenziamento;

- la finanziaria per quanto riguarda il rimborso per l’alluvione, la certezza delle entrate a bilancio;

- l’attuazione della riforma costituzionale sul federalismo.

Cari amici, nel concludere, devo dire che, per tutti i motivi che ho richiamato, ma anche per quelli che ha ricordato il collega Curtaz e che presenterà la collega Squarzino, non voteremo questo bilancio, come del resto non abbiamo votato quelli degli anni precedenti. Avete anche i giornalisti dalla vostra parte, magari qualcuno sta anche alla vostra greppia?.

(proteste vivaci dalla tribuna)

? non ho detto chi?

Président? Monsieur le Conseiller, adressez-vous à cette Assemblée?

Beneforti (PVA-cU)? la stampa non si deve permettere certe esclamazioni, Presidente. Se non vuole delle reazioni, deve anche richiamare i giornalisti e chiedere loro di fare fuori da questa sede certe esclamazioni, altrimenti sono costretto a dire quello che penso.

Tornando al bilancio, non c’è stato nessun cambiamento rispetto al passato. Ho cercato di dimostrarlo, discutendo di parte dei problemi esistenti; ritengo che per noi sia sempre emergenza in un settore o nell’altro.

È un bilancio ancora una volta clientelare ed elettoralistico, preparato per non scontentare nessuno e, come ripeto per l'ennesima volta, in vista e in preparazione delle elezioni regionali che si terranno nel 2003, ma questa è anche la dimostrazione che volete mantenere il vostro dominio politico-amministrativo, il vostro modo di far politica che guarda più al potere che alla partecipazione della nostra gente alle scelte che vengono operate sul piano economico, sociale, amministrativo ed istituzionale.

E tutto questo, a nostro avviso, senza tener conto che, così facendo, Presidente, con il potere a senso unico, chi resta battuta è la politica, è la democrazia, è la nostra autonomia, è il federalismo, che non deve essere gerarchia o egemonia o subordinazione, ma relazione, confronto, solidarietà e sussidiarietà. Da anni continuate ad imporre il vostro progetto politico senza pensare che occorre:

- rilanciare i punti cardine della nostra autonomia;

- rinvigorire quell’ispirazione regionalista che deve rimanere il punto di riferimento di tutti i Valdostani;

- avere una concezione organica della società valdostana e del riformismo coraggioso, inteso come cammino per giungere ad una democrazia matura;

- riaprire con tutte le forze politiche quella "dialettica democratica" che non può non essere propria di una Regione come la nostra;

- infine, permettetemi di dirvelo: saper scegliere fra Centro Destra e Centro Sinistra: oggi non si può essere equidistanti, occorre saper scegliere.

Non voglio insegnare a nessuno, non mi sento depositario della verità, ma per me è la strada da seguire nell’interesse della Valle d’Aosta.

PrésidentLa parole à l’Assesseur au budget, aux finances et à la programmation, Agnesod pour présentation d’amendements.

Agnesod (UV)Volevo annunciare la presentazione di cinque emendamenti al disegno di legge n. 145.

Il primo, dopo l’articolo 10 è inserito l’articolo 10 bis, poi c’è l’articolo 10 ter e l’articolo 10 quater. Concernono la legge n. 54, ci sono due proroghe di termini, indennità ai componenti delle commissioni e proroga dei termini per l’approvazione dei bilanci degli enti locali. Entreremo nel merito successivamente in sede di discussione e di votazione.

Secondo emendamento: all’articolo 31, dopo il comma 1, è inserito un nuovo comma che prevede la possibilità di utilizzare la dotazione del fondo regionale per l’abitazione per finanziare le domande presentate sul fondo nazionale, quindi consente l’utilizzo delle risorse dei due fondi in modo reciproco, a seconda delle necessità.

Il terzo emendamento: dopo l’articolo 37 è inserito l’articolo 37 bis che è riferito agli interventi regionali per lo sviluppo di impianti a fune, prevede la proroga di un anno dai termini di scadenza delle revisioni tecniche e delle revisioni dei livelli di sicurezza degli impianti a fune.

Il quarto e il quinto sono due emendamenti tecnici, rispettivamente: viene sostituito il titolo II con la seguente dicitura: "Disposizioni in materia di spesa e modificazioni di leggi regionali"; le tabelle dell’allegato B vengono sostituite perché ci sono stati degli errori di battitura.

PrésidentLa parole au Conseiller Martin.

Martin (SA)Fin dalla sua presentazione, sia nelle commissioni consiliari prima che in quest’aula poi, questo bilancio è stato indicato come "il bilancio del ritorno alla normalità", ritorno alla normalità dopo i tragici eventi del Tunnel del Monte Bianco e ritorno alla normalità dopo i tragici eventi dell’alluvione dell’ottobre 2000, ritorno alla normalità per una comunità che ha saputo reagire molto bene, anche grazie alla solidarietà esterna, ad un momento particolarmente doloroso della propria esistenza, che, dopo aver pianto e ricordato le vittime di quei tristi avvenimenti, si è impegnata nell’opera di ricostruzione.

Il Tunnel del Monte Bianco dovrebbe, o avrebbe dovuto, finalmente riaprire entro Natale. Uso questi due tempi perché alcune notizie di stampa, non so se confermate o meno, danno delle notizie contraddittorie, ma io penso che a questo punto il problema non sia più tecnico, ma esclusivamente politico e di rapporto fra i Governi italiano e francese.

Le ferite dell’alluvione sul territorio valdostano in parte sono state rimarginate ed in parte si stanno rimarginando.

Penso di poter dire che ognuno ha fatto la sua parte; anche questa Assemblea ha fatto e sta ancora facendo, con il bilancio che si appresta ad approvare, la sua parte, una parte importante, destinando cospicue risorse alla ricostruzione per un reale ritorno alla normalità. In questo contesto noi abbiamo apprezzato l’impostazione generale del documento finanziario che ha cercato, nel limite del possibile, di contenere il superfluo e, per far fronte alle esigenze finanziarie della ricostruzione, non sapendo ancora se e per quanto coperte da interventi statali, ha preferito ricorrere all’indebitamento con l’emissione di BOR, piuttosto che far leva sulla pressione fiscale con l’introduzione di nuove tasse.

Non sarebbe certamente stato quest’ultimo un intervento positivo né verso i cittadini né verso il settore economico, che viceversa hanno bisogno di sostegno dopo i danni dell’alluvione e dopo i segni di recessione mondiale accentuatisi con l’attacco terroristico dell’11 settembre a New York.

La nostra Regione registra un aumento del PIL regionale superiore a quello nazionale e ha saputo reagire positivamente anche nel mercato del lavoro attestandosi, come risulta dal rapporto sul mercato del lavoro in Valle d’Aosta nel 2000-2001, su un tasso di disoccupazione del 5,3 percento, indice allineato al valore medio delle regioni nord-occidentali e pari alla metà di quello nazionale. Ebbene, per mantenere questi importanti risultati, che sono messi in forse da una recessione mondiale attivata dagli ultimi tragici eventi americani - basti pensare alla crescente domanda di cassa integrazione guadagni nell’ultimo periodo di fabbriche della bassa Valle -, bisogna continuare a sostenere il settore economico e produttivo, così come previsto nel bilancio per il 2002.

Particolare attenzione va però indirizzata anche agli aspetti qualitativi del mercato del lavoro valdostano. È questa una giusta considerazione che il Presidente della Regione ha evidenziato nella sua presentazione riguardante il rapporto sul mercato del lavoro in Valle d’Aosta nel 2000-2001, e che condivido, ed è una considerazione che hanno fatto anche gli imprenditori ed i sindacati in sede di audizione in commissione consiliare, trovandosi entrambi d’accordo nel riconoscere la debolezza qualitativa, salvo alcune eccezioni, dell’industria valdostana che da un lato la rende più facilmente vulnerabile di fronte alle crisi di mercato e dall’altra costringe le aziende a ricercare fuori Valle le professionalità più qualificate.

È quindi del tutto evidente che è necessario da un lato una sempre maggiore sinergia con il mondo della scuola e dall’altro l’esigenza di promuovere un qualcosa che ritorni a fare quello che una volta faceva molto bene la scuola di fabbrica della Cogne, ossia la preparazione di tornitori, fresatori, saldatori, elettricisti, meccanici, eccetera, di cui si sente sempre più l’esigenza e che i corsi di formazione professionale non sono stati in grado di produrre.

Per rimanere nel settore industriale abbiamo appreso con soddisfazione, in sede di audizione, che i primi effetti positivi dell’operazione ENEL si sono già fatti sentire. Oltre un cospicuo aumento delle entrate regionali per effetto dei ritorni fiscali e delle plusvalenze, abbiamo preso atto con piacere che tramite il Consorzio Idroenergia le imprese valdostane ed alcune società di impianti a fune hanno avuto la possibilità di usufruire di sconti nella fornitura di energia elettrica di circa il 15 percento. Evidentemente confidiamo molto nella politica di privatizzazione dell'ENEL che questo Governo nazionale dovrebbe favorire per poter nel giro di qualche anno raggiungere altre categorie economiche e le famiglie valdostane. Questo primo passo è comunque significativo e dovrebbe indurre coloro, che erano piuttosto scettici sull’intera operazione ENEL, ad una rivalutazione dell’intera problematica.

Un confronto continuo - ce lo ha comunicato il Presidente della Regione - si è tenuto tra i rappresentanti degli enti locali e la Giunta regionale per l’attuazione della legge n. 54 e per esaminare le possibili modifiche derivanti dall’esperienza maturata in questa prima fase di applicazione della legge. In questo contesto è stata rivendicata la valorizzazione, la responsabilizzazione e l’attuazione dei principi federalisti delle autonomie locali. È stata anche formalizzata una proposta che la Giunta regionale ha accolto, tendente a limitare il più possibile i trasferimenti finanziari con vincolo di destinazione.

È una proposta che in linea di principio ci vede favorevoli perché va a rendere autonoma una gestione, quella degli enti locali, che autonoma deve essere. La preoccupazione, o meglio la perplessità, che peraltro abbiamo già avuto modo di esprimere in commissione, è dovuta al fatto che alcune importanti leggi di settore non verranno più finanziate e il nostro timore è che a farne le spese saranno i comuni più piccoli, i più deboli finanziariamente, che potrebbero non essere sufficientemente compensati da una ridefinizione dei parametri di ripartizione dei fondi tra i comuni, attualmente all’esame del CELVA. Mi rendo comunque conto che è una proposta nata in sede di Consiglio permanente degli enti locali e che pertanto andava accolta; auguriamoci che siano state fatte tutte le dovute riflessioni e che la nostra perplessità non abbia motivo di esserci. Una riflessione che invece mi pare corretta e che si sta sviluppando tra enti locali e Regione riguarda il ruolo della Comunità montana nel nuovo contesto politico-amministrativo.

Mi pare corretto affermare che la Comunità montana è ente di servizio dei comuni e quindi il rapporto non può essere Regione-Comunità montana, bensì Comune-Comunità montana. Questo nuovo rapporto, a mio avviso, comporterà una maggiore responsabilizzazione dell’ente Comunità montana che sulla base della sua funzionalità si vedrà riconoscere o meno dai comuni una serie di servizi e di conseguenza una serie di trasferimenti finanziari.

Uno dei settori più impegnativi dal punto di vista finanziario è certamente quello della sanità. È un settore che anche nelle altre regioni assorbe una parte consistente delle risorse. È un comparto nel quale periodicamente si fanno accordi nazionali e si fissano obiettivi che non vengono quasi mai raggiunti. In Valle d’Aosta da qualche anno vige un sistema anomalo, ossia la Regione paga interamente la spesa sanitaria in cambio di una partecipazione sulle imposte - da ultimo avrebbe dovuto far fronte alla spesa sanitaria con i proventi dell’IRAP -, gode di una gestione autonoma, ma è sottoposta ad alcuni vincoli stabiliti dallo Stato centrale per quanto riguarda la spesa farmaceutica ed i contratti di lavoro.

Così, mentre l’IRAP non ha dato i risultati preventivati, la spesa sanitaria, specie per volontà manifestatesi altrove, è cresciuta oltremodo e la Regione ha dovuto fare fronte alla forte differenza tra entrate ed uscite con fondi del proprio bilancio. Sembrava finalmente che con il nuovo Governo si addivenisse ad un accordo serio e duraturo che stabilisse una spesa definita da cui partire e poi giustamente ogni regione interveniva se sforava quella spesa: il famoso concetto del "chi rompe, paga". Tutto ciò al momento non è ancora avvenuto e pertanto anche nel bilancio del 2002 troviamo una sostanziale differenza tra le entrate (IRAP per l’appunto) e le uscite.

Ci auguriamo che quanto prima riprenda la trattativa con lo Stato e si arrivi finalmente ad un accordo serio per tutte quante le regioni e soprattutto ci auguriamo che la "partita sanità" non sia soltanto governata dal Ministro dell’economia, ma anche da quello della sanità. Troppo importante è questo settore nella società italiana per ridurlo solo e semplicemente ad un puro confronto economico.

Venendo alla problematica della nostra Regione, vorrei esprimere tre riflessioni di carattere generale.

La prima riflessione che mi sento di fare è che condivido l’impostazione generale del bilancio della sanità per quanto riguarda i trasferimenti all’azienda USL. Intendo dire che mi sembra corretto, come ha detto l’Assessore alla sanità, aver dato maggiore copertura iniziale, ben sapendo che altrimenti si sarebbe dovuto intervenire successivamente non per ripianare dei disavanzi, come impropriamente sono sempre stati chiamati, ma per correggere delle stime che erano sottovalutate. Certo, si tratta ancora di stime e con molte incognite, specie quella farmaceutica, ma se sono stime più attendibili, sarà anche più facile capire se la gestione dell’azienda USL risponde a dei sani criteri di efficienza.

Il secondo punto riguarda il rapporto costi/servizi. In commissione l’Assessore Vicquéry ha fatto una buona analisi su questo argomento; ci ha detto che la Giunta regionale dovrà prendere delle decisioni, dei provvedimenti per contenere i costi, probabilmente però a scapito dei servizi.

Ci ha chiesto di riflettere su questo argomento perché non è una questione di poco conto. La suggestione che mi sento di dare, non solo all’Assessore ma all’intera Giunta, è che, pur condividendo la necessità di razionalizzare il più possibile i servizi, di contenere il più possibile le spese, di evitare tutti gli sprechi possibili - ma queste sono tutte cose ovvie che le persone di buon senso e la Giunta in questo caso sanno fare benissimo -, io porrei molta attenzione alla riduzione dei servizi. Non dimentichiamo che se vogliamo, ed in questo senso ci siamo sempre espressi, mantenere la gente sul territorio, se non vogliamo abbandonare i paesi di montagna, se ci teniamo che nei piccoli centri si debbano avere servizi di prima necessità, se vogliamo dare accoglienza e sicurezza ai turisti, ebbene non possiamo ridurre taluni servizi.

Saremo obbligati, per la conformazione del territorio, per l’attenzione al sociale che la nostra Regione ha sempre dimostrato, per l’economia turistica e così via, a fare scelte che comporteranno delle spese, ma ritengo che, nel caso si dovesse veramente arrivare a scelte drastiche tra il mantenimento del sociale e altre iniziative di carattere sportivo o folcloristico, dovrebbero essere queste ultime a segnare il passo.

La terza considerazione che volevo fare riguarda la realizzazione della terza fase del Presidio ospedaliero. Ritengo interessante l’iniziativa che state promuovendo e che dovrebbe permettere di costruire l’ala nuova dell’Ospedale di via Ginevra tramite il "project financing".

Mi pare che i tempi siano maturi per percorrere questa strada del finanziamento pubblico/privato, soprattutto alla luce delle intenzioni dell’Amministrazione che lei, Assessore, ci ha esternato e che prevedono la gestione da parte del privato di tutti i servizi di carattere generale, del parcheggio, delle pulizie, eccetera, ossia di quei servizi che notoriamente al pubblico costano molto e che il pubblico non riesce a far funzionare a dovere.

Interessante mi pare anche l’idea di affidare al privato la gestione del Beauregard inteso come struttura per la riabilitazione e la lunga degenza. Mi pare che si tratti di uno dei primi casi di "project financing" ospedaliero in Italia, auguriamoci di vederlo realizzato e funzionante al più presto.

Non risponderò al Consigliere Beneforti per le accuse del tutto gratuite al vertice dell’USL. La risposta al vertice dell’USL la stanno dando i fatti e i fatti ci dicono che importanti iniziative sono state messe in atto e hanno già dato importanti frutti, come la riduzione dei tempi di attesa, l’aumento del numero di interventi, l’attivazione della guardia chirurgica e della guardia tecnica nel laboratorio di analisi. Sono dati incoraggianti e che andrebbero valutati seriamente e non visti sempre e soltanto in un'ottica personale di contrarietà prevenuta nei confronti della Dirigenza dell’USL.

Il 2002 è stato proclamato dall’Assemblea generale delle Nazioni unite "Anno internazionale della montagna". Si tratta certamente di un evento importante per affrontare problemi, che se sono particolari della montagna, sono però di interesse generale del pianeta per le ripercussioni che possono avere nella vita stessa del pianeta. Basti pensare a quello che di più prezioso posseggono e che nel mondo sta diventando sempre più raro: l’acqua. Si può dire che il 2002 è l’anno della Valle d’Aosta in quanto regione di montagna.

La cosa non è così paradossale come potrebbe sembrare in un primo momento, anzi noi dovremmo approfittare dell’attenzione che a tutti i livelli verrà data alla montagna per cercare di far capire a tutti, ed in particolare all’Unione europea, che in questo momento è il nostro interlocutore più difficile, la differenza tra la montagna e quindi la Valle d’Aosta e le altre regioni. I problemi con l’Unione europea riguardano tutti i settori economici, dagli interventi per l’industria a quelli del turismo, a quelli del territorio e dell’agricoltura.

In questo momento i punti caldi sono soprattutto nel settore agricolo. Io non voglio qui rifare dibattiti che abbiamo già fatto e che ancora faremo su interventi specifici, mi pare però di poter dire che il problema è di carattere generale ossia, fino a quando non saremo riusciti tutti quanti, quindi tutte le zone di montagna dell’Unione europea, a far capire che è necessario un approccio diverso ai problemi delle zone di montagna rispetto alle zone di pianura, la battaglia sarà una battaglia persa e questo vale per l’agricoltura, per l’artigianato, per l’industria e per il turismo. Produrre in montagna, produrre in Valle d’Aosta costa di più che altrove, per cui viene meno la competitività se non ci sono dei correttivi.

L’Eurodeputato Caveri ha ragione quando sostiene che bisogna "ribadire al Parlamento europeo la necessità che la politica della concorrenza con i limiti agli aiuti pubblici nell’economia deve essere "tarata" in montagna alle particolari esigenze che si manifestano e non solo nel settore agricolo, ma anche nel settore turistico, artigianale e industriale".

Alcuni primi timidi passi si stanno facendo. Abbiamo appreso con soddisfazione che il Ministro La Loggia tre giorni fa, a Saint-Vincent, ha affermato che presenterà all’Unione europea una piattaforma programmatica per mettere nell’agenda dell’Unione una specialissima e particolarissima attenzione ai problemi della montagna e lo stesso farà nei confronti del Governo italiano per rilanciare il "sistema montagna".

Un’altra iniziativa è stata presa - la ricordava poc’anzi il collega Nicco - nel mese di settembre dal Parlamento europeo che ha approvato una risoluzione su "25 anni di applicazione del regime comunitario a favore dell’agricoltura nelle regioni montane", nella quale si afferma che è assolutamente necessario controbilanciare gli svantaggi naturali permanenti con pagamenti compensativi in quanto l’agricoltura svolge una funzione di conservazione dell’ambiente e del paesaggio.

Sono cose che sosteniamo da sempre in Valle d’Aosta e che, finché è stato possibile, sono state attuate. Ecco perché ritengo che approfittare di questo evento, quello del 2002 quale "Anno internazionale della montagna", possa servire per sostenere con forza quelle problematiche che interessano la Valle d’Aosta e che a Bruxelles stanno affrontando timidamente. Non conosco i progetti della Giunta in questo senso, ma ritengo che alcune iniziative, se già non programmate, andrebbero probabilmente valutate e programmate tenendo presente le altre numerose iniziative che l’Assessorato del turismo ogni anno mette in cantiere per promuovere un settore che si dimostra sempre più importante per l’economia valdostana, un settore che, salvo imprevisti climatologici - mancanza di neve e temperature alte come in questi giorni - preannuncia una buona stagione invernale.

La riapertura del Tunnel del Monte Bianco, speriamo al più presto, il ritorno completo alla normalità post alluvione, soprattutto i fatti di New York, dovrebbero indirizzare verso le nostre stazioni invernali quei turisti che negli anni scorsi preferivano una vacanza ai Tropici.

Ci pare opportuno ripetere la giornata della Festa dell’inverno che lo scorso anno si rivelò un'iniziativa molto valida anche se fatta in un contesto un po' diverso. Ecco, il recupero di una clientela, che probabilmente già frequentava in passato la montagna o che potrebbe frequentarla quest’anno per la prima volta, deve, a mio avviso, rappresentare il punto di forza del principale settore economico della Regione.

La riforma dell’organizzazione turistica con l’individuazione precisa di chi fa la promozione, di chi fa la vendita del "prodotto Valle d’Aosta", di chi si occupa dell’accoglienza del turista, dovrebbe fin da quest’anno dare i suoi frutti. Poi ci pare importante che anche gli operatori abbiano capito che non si può più fare turismo solo con la neve in inverno e con l’ambiente e il territorio in estate.

Le possibilità che la Valle d’Aosta offre e che finalmente gli operatori, anche su stimolo della Regione, stanno attuando, fanno sì che il turismo culturale, quello gastronomico, e speriamo presto anche quello termale, si stiano affermando, andando a completare l’offerta turistica tradizionale dell’estate e dell’inverno.

Ci paiono interessanti a questo proposito le iniziative promozionali previste in Italia ed all’estero per far conoscere il "prodotto Valle d’Aosta", un prodotto proposto nella sua interezza con la valorizzazione di tutte le sue componenti: ambientali, artistiche, architettoniche, culturali, folcloristiche, gastronomiche.

Nel 2002, la recente legge n. 19, inerente gli interventi regionali a sostegno delle attività turistico-ricettive e commerciali, sarà pienamente operativa sia per quanto riguarda la concessione di contributi in conto capitale, sia per quanto riguarda la concessione di mutui a tasso agevolato a valere sui fondi di rotazione regionale.

È una legge che ha giustamente creato grandi aspettative nel mondo imprenditoriale turistico-alberghiero ed extra alberghiero e nel settore del commercio. La grande richiesta di informazioni e di chiarimenti, a cui si trovano sottoposti giornalmente gli uffici competenti, costituisce un buon segnale del fatto che il provvedimento era atteso fra gli operatori turistici e commerciali, e potrà dare una risposta concreta all'intero settore.

Così come andranno ad arricchire l’offerta turistica altri tre importanti provvedimenti:

- il primo riguarda gli investimenti nel settore degli impianti a fune, non solo nelle infrastrutture, ma anche nel settore del servizio di soccorso sulle piste di sci;

- il secondo si riferisce al piano di interventi per la realizzazione di infrastrutture ricreativo-sportive a livello regionale;

- il terzo intervento tende a valorizzare l’importante patrimonio alpinistico costituito dai sentieri di montagna, dai rifugi e dai bivacchi, beni indispensabili per un turismo di montagna in continua crescita.

Colleghi consiglieri, come altre volte durante la discussione del bilancio di previsione non ho citato cifre, non ho analizzato percentuali, non mi sono posto il problema del rapporto spese correnti/spese di investimento, che fra l’altro - permettetemi di dirlo - è un falso problema, e forse non l’ho fatto perché per diversi anni, nella mia qualità di Assessore alle finanze, ho dovuto cimentarmi con quelle cifre; forse non l’ho fatto perché altri (il relatore, il Consigliere Cerise, l’Assessore Agnesod) lo hanno fatto e lo hanno fatto molto bene; sicuramente non l’ho fatto perché penso che l’impostazione di un bilancio di previsione della Regione può essere molto chiara al di là delle cifre contenute.

In questo bilancio mi interessava trovare la volontà della maggioranza e quindi della Giunta di:

- intervenire per risolvere i problemi dell’alluvione e degli alluvionati;

- sostenere il mondo produttivo per continuare a creare ricchezza e lavoro per la comunità valdostana;

- favorire il sociale in tutte le sue forme;

- portare a termine le varie opere in cantiere nei diversi settori dell’Amministrazione;

- non utilizzare la pressione fiscale per realizzare tutto questo.

Queste sono le "cose" che, al di là delle cifre, io cercavo in questo bilancio e, poiché le ho trovate, il mio giudizio su questo bilancio è positivo.

Depuis 12 heures 8, c'est M. le Vice-président Lattanzi qui remplit les fonctions de Président de la séance.

PresidenteLa parola al Consigliere Aloisi.

Aloisi (GM1)Non essendo stato Assessore alle finanze anch'io non tratterò di cifre, anche perché ritengo che l’impostazione, le riflessioni e gli interventi debbano andare per forza verso quella che è una direzione politica. Credo che sia l’Assessore Agnesod che il relatore Cerise siano stati molto esaustivi nelle loro relazioni.

La pausa di riflessione è servita anche al mio gruppo per fare alcune considerazioni, ognuno voleva intervenire tirandomi la giacca più a destra che a sinistra, alla fine sono dovuto intervenire io in qualità di gruppo misto!

Stamani per certi aspetti in discussione generale mi è sembrato di assistere al Truman Show, alcuni Consiglieri hanno dato al loro intervento un taglio forte e a "tinte fosche" prefigurando un contesto per nostra fortuna virtuale e non reale.

Partirò dal titolo: "ritorno alla normalità" per dire che questo bilancio non rappresenta solo un ritorno alla normalità, ma lo possiamo considerare un documento contabile onesto, realistico, sobrio e in armonia con le esigenze della nostra comunità e, se lo rapportiamo soprattutto alle difficoltà che abbiamo dovuto incontrare, in particolare all'incertezza di alcune "cose" che davamo scontate in passato per quanto riguarda le entrate dello Stato - su questo abbiamo dovuto aprire un'altra riflessione -, le iniziative che sono state previste quanto meno ci mettono nelle condizioni di poter affrontare con serenità il futuro.

Questo bilancio rappresenta anche con semplicità il lavoro svolto in équipe dalla Giunta nel rispetto degli accordi di programma e delinea in modo chiaro gli interventi prioritari per la ricostruzione, e nel contempo mantiene i livelli di investimento con segnali fortemente positivi per una ripresa economica che può delineare un futuro significativo per la nostra economia, quindi non solo un bilancio di consolidamento, ma l’inizio di una nuova fase di sviluppo che dovrà portare benefici a tutti, in particolare al mondo del lavoro.

Credo che il tanto vituperato Assessorato dell'industria e dell’artigianato, che spesso, secondo alcune considerazioni sentite anche stamani in quest’aula, avrebbe poco peso politico, sia stato uno degli elementi trainanti per gli introiti, basti pensare solamente al dato IRPEG che ci permette di "portare" a termine una serie di investimenti proprio per l’aumento delle entrate e allora questo Assessorato, che per certi aspetti, insieme a tutta l’impostazione filosofica del bilancio, ha dato dimostrazione di efficienza, anche in prospettiva di quello che può essere tutto lo sviluppo di una ripresa economica, necessita di alcune raccomandazioni o di alcune riflessioni.

La prima è che bisogna cercare di coniugare al meglio la formazione professionale con la programmazione, questo è un elemento che si rende indispensabile, utile e prioritario perché in questo modo possiamo garantire quella manodopera, quelle maestranze e quelle professionalità che il mercato richiede e che a volte non siamo stati in grado di reperire in loco, si è dovuti ricorrere spesso ad un mercato del lavoro fuori dai confini della nostra Regione.

La seconda considerazione è che, sempre nell’ottica dell'industrializzazione, la bassa Valle per tutti questi anni è stata oggetto di attenzione, e giustamente perché non ci dobbiamo dimenticare la crisi che è venuta fuori a seguito dell'Olivetti, a seguito di tutta una serie di certezze che sono venute a mancare, ed è arrivata quasi ad un livello di saturazione, pertanto credo che la stessa attenzione, che è stata riservata a questa parte della regione, oggi debba essere riservata alla città di Aosta sia per creare nuove occasioni di lavoro, anche perché qui i tassi di disoccupazione sono decisamente più elevati rispetto al contesto regionale, sia perché con questa attenzione nell'ambito del Capoluogo regionale possiamo ritornare ad un equilibrio fra i vari settori produttivi.

Questo significa utilizzare al meglio le potenzialità e le opportunità che ci vengono dall’area Cogne, questo significa che in questo tipo di filosofia di nuovi insediamenti anche industriali non solo garantiamo l’occupazione, ma aumentiamo decisamente il gettito finanziario.

Aosta merita di più anche come città che va rilanciata sotto l’aspetto turistico, se è vero che la maggior parte dei beni culturali significativi sono situati nel Capoluogo.

Qui proporrò una mia riflessione senza con questo andare a scompigliare programmi, iniziative e prospettive: perché Aosta non può essere dotata di una dipendenza della Casa da gioco? Questo non significa bloccare la costruzione di una nuova Casa da gioco in Saint-Vincent, però questa soluzione, alla luce di quanto è successo a Venezia, può metterci nelle condizioni di poter costruire o utilizzare o comunque andare alla ricerca di una dipendenza della Casa da gioco nella città.

Quello che è stato fatto altrove potrebbe essere fatto anche da noi e significherebbe molto per la città, per l'iniziativa turistica, per il rilancio di questa città che per certi aspetti è spenta o si sta lentamente spegnendo, significherebbe andare a completare tutti gli sforzi che sono stati fatti per Aosta Capoluogo.

Ho iniziato il mio intervento dicendo che avrebbe avuto un taglio politico, anche perché credo che questo sia un bilancio onesto, sereno, tranquillo che ci mette nelle condizioni di poter affrontare il futuro. Come lo immagino questo futuro? Mi richiamo in parte alle mie origini marinare ed immagino la Valle d’Aosta come un veliero che, dopo aver superato i mari tempestosi della natura, può, con qualche vela sgualcita, ma con tutti gli alberi maestri intatti, affrontare con tranquillità il mare aperto; di solito si dice "buon vento", quando si affronta il mare aperto ed io dirò "buon vento" a questo bilancio dichiarando il voto favorevole del gruppo misto.

PresidenteLa parola all’Assessore al bilancio, finanze e programmazione, Agnesod per la presentazione di un emendamento.

Agnesod (UV)Voglio annunciare la presentazione di un altro emendamento all’articolo 7 sempre del disegno di legge n. 145, dopo il comma 3 è inserito un comma 3 bis che consiste nel regolamentare la determinazione dei trasferimenti in base alla legge n. 48 spettanti al Comune di Aosta.

L’articolo in questione prevede una delibera della Giunta regionale, sentito il CELVA in accordo con il comune stesso, anziché l’applicazione della formula per la determinazione dei trasferimenti contenuta nell’allegato A della legge regionale n. 48.

PresidenteLa parola al Consigliere Borre.

Borre (UV)La Regione con la sua presenza nell'imprenditoria valdostana, tramite Finaosta, svolge un ruolo di rilancio, di sostegno, incentivante e di garanzia. La critica, che si sente fare non solo in quest’aula, ma anche all’esterno, è che la Regione con la sua presenza soffoca l’iniziativa privata: troppi i settori che direttamente o indirettamente hanno il "cordone ombelicale" legato alla Regione. Può darsi che tanta presenza pubblica non favorisca il settore privato, ma se non ci fosse stata e se non ci fosse questa ingerenza, quante di queste aziende sarebbero sopravvissute o sarebbero rimaste in mano ad imprenditori valdostani? Quale sarebbe l’indotto economico e sociale per la nostra Regione se non si fosse intrapresa questa strada? Quale il livello di autonomia, quale il ruolo dell’uomo se tutto il potere economico fosse in mano alla nuova imprenditoria del globale?

È vero che si dovrà lavorare per arrivare all'obiettivo risultante dal seguente schema:

- Regione: momento programmatorio, di indirizzo, sostegno e controllo dell'economia regionale;

- Imprenditori: momento di produzione; quindi autonomia, capacità professionale e ampi spazi di concorrenzialità.

Questi due momenti devono trovare concertazione e collaborazione, non solo per produrre ricchezza, ma anche e soprattutto per mettere al centro di tutte le operazioni l’uomo, la sua dignità, le sue esigenze. Oggi la Regione con la sua azione permette entrate che troviamo nel bilancio, domani le basi ci sono, la volontà anche, ma "à chaque jour sa peine", la frase non è mia, ma il pensiero è anche il mio. La DEVAL, la GEVAL, il Casino sono società compartecipate, che sono già momento di risposta per le entrate sia per la Regione che per consorzi e società, ma sono anche e soprattutto garanzia per una qualificata occupazione e di una gestione valdostana di una ricchezza valdostana. Detto questo, che ritengo uno dei punti qualificanti di questa Giunta e di questa maggioranza, voglio fare alcune riflessioni sul bilancio.

È un bilancio fortemente caratterizzato da due punti: il dopo alluvione e la volontà politica per un decentramento amministrativo. Questi due momenti, che sono dimostrazione di impegno e coerenza, non hanno però distratto l’attenzione dai problemi contingenti o dai programmi in itinere.

La sanità che, malgrado debba far fronte esclusivamente con risorse della Regione alle spese e seguire invece gli indirizzi dettati dal Governo, sta veramente lavorando per dare una risposta a misura d’uomo. Questo bilancio continua a dare strumenti di supporto ai diversi settori economici, mantiene e rafforza le scelte nel quadro dei servizi sociali.

Non vi sono riduzioni né di soldi, né di attenzione nel settore universitario, nel sostegno allo studio, viene rafforzata l’autonomia scolastica.

Un capitolo su cui porre forte attenzione non solo per l’impegno economico, ma per una svolta culturale, è la delocalizzazione degli edifici esposti a rischio idrogeologico. Nel settore dell’abitazione alcuni articoli prevedono modifiche al sistema di erogazione di mutui prima casa e di fondi per finanziare l’edilizia agevolata. Forse questo è un settore che dovrà essere approfondito affrontando il tema della politica dell’abitazione.

Questo è un bilancio quindi che non ha come solo obiettivo la previsione di far quadrare i conti, è un bilancio che articola la strategia finanziaria al fine di attuare interventi che abbiano un ritorno nel medio termine e che non si riducano a semplici correttivi per una condizione contingente.

È utile dire che non si aumenta la pressione fiscale, è doveroso dire che questo bilancio, tenendo ben presente i punti fermi: Traforo Monte Bianco, alluvione, sanità, quadro di riferimento economico non solo statale dopo l’11 settembre, è un buon indicatore del lavoro della Giunta. Penso che in questa fase di applicazione della legge regionale n. 54 "Sistema delle autonomie in Valle d’Aosta" e della legge n. 45/1995 "Riforma dell’Amministrazione regionale" sia necessaria una riflessione:

- da una parte vi è la necessità di interventi di carattere regionale per le infrastrutture e per migliorare la qualità di vita e dare servizi sempre più necessari al cittadino (scuola, sanità, trasporti, abitazione);

- dall’altra vi è il rischio che il continuo aumento delle spese obbligatorie e incomprimibili (personale, costi di gestione delle infrastrutture pubbliche) possa provocare drastiche riduzioni ai programmi degli interventi di cui dicevo prima.

È necessario fare un attento esame insieme al CELVA e verificare quali possibili correttivi possono essere attuati affinché l’attuazione degli articoli legati ai trasferimenti di competenze e finanziamenti non costituisca un problema per i bilanci del futuro, non solo regionali, ma anche comunali, ben consci che il federalismo ha i suoi costi.

Voglio dedicare alcune mie riflessioni a due settori: agricoltura e turismo.

L’agricoltura è un settore che sta subendo un cambiamento non solo dovuto alla politica comunitaria, ma anche alle esigenze della nostra politica economica agricola, del nostro territorio. In questa direzione va il Piano rurale 2000-2006, una pianificazione che rivoluziona in positivo tutto il mondo agricolo e che imposta in maniera non più teorica il principio che agricoltura, commercio e turismo sono gli elementi trainanti dell’economia valdostana nel rispetto di tradizioni, cultura e ambiente.

Vi sono infatti nel piano concrete possibilità di sostegni alla rivitalizzazione di siti rurali, di villaggi; sostegni all’economia rurale con agriturismo; sostegni alla produzione di prodotti tipici sia alimentari che artigianali; sostegni all'agricoltura biologica che non è poi altro che il nostro vecchio sistema di produrre; sostegni alla zootecnia al fine di avere non solo stalle indenni, ma allevamenti autoctoni sempre più di qualità.

Con questo piano si va verso un'agricoltura giustamente sostenuta vista la nostra realtà, si va verso una formazione e informazione nel mondo agricolo che porta alla consapevolezza di essere imprenditori.

I sostegni in agricoltura non possono essere semplicemente contributi assistenziali, devono al contrario essere sostegno ad un lavoro mirato alla redditività, tenendo ben presente quali sono le incombenze che gravano sull’agricoltore per operare bene nell’azienda, contribuendo al mantenimento se non al miglioramento dell’ambiente. Va di pari passo combattuta una battaglia con l’Unione europea per un giusto riconoscimento della diversità e delle difficoltà dell’agricoltura di montagna. Per quanto riguarda l’alluvione, chi gira sul territorio può rendersi conto della felice scelta fatta dall’Assessorato di avvalersi del contributo dei consorzi di miglioramento fondiario.

Il settore del turismo è un settore oggi più che mai vitale. In questo settore si è fatto tanto e per fare tanto si è dovuto anche lavorare tanto, credo però che si debba andare oltre: c’è bisogno di una fotografia sincera, coraggiosa dei settori strettamente legati fra loro: agricoltura, turismo, commercio, artigianato. Una volontà non solo politica, ma anche dei responsabili dei vari settori di lavorare insieme, lavorare senza "orti" e senza "steccati" da difendere.

Si deve lavorare su un piano simile al Piano di sviluppo rurale con i vari programmi di intervento capaci di integrare le varie iniziative e capaci di interpretare le varie realtà nelle diverse località. Attenzione al modello di turismo solamente al servizio del turista, alla ricerca della massa, cerchiamo di abbandonare un modello imposto dalla domanda che vede come elemento unico le bellezze e le ricchezze ambientali e ha come "offerta" la nostra cultura, le nostre tradizioni semplicemente come folclore.

La nostra Regione deve e può offrire un ambiente familiare, buona cucina, un mondo agricolo sano e custode di un patrimonio eccezionale: il territorio; offre un mondo artigianale ricco di proposte, un mondo industriale dimensionato alla nostra realtà e rispettoso dell’ambiente, comuni e villaggi dimensionati ai villeggianti in cerca di serenità e tranquillità, un domaine sciistico invidiabile. Non sciupiamo tutto questo con un turismo del "mordi e fuggi".

Concludo con un appello agli Assessori e alla Giunta: è questo uno strumento che dal punto di vista politico deve trovare momenti di partecipazione assai diversi dagli attuali. È vero che la troppa democrazia frena e non giova forse all'esigenza del fare, è vero che associazioni, cooperative, consorzi hanno a volte una visione egoistica dei problemi, è vero che i consiglieri potrebbero, forse, avere più conoscenza della materia, ma è altrettanto vero che la partecipazione a volte porta alla condivisione e che dieci, cento, mille teste possono vedere, pensare qualcosa che magari può sfuggire a un ristretto comité o groupe de travail.

Sono necessarie misure di partecipazione non solo a questo atto, ma ad altri atti altrettanto importanti per la vita economica e sociale della nostra Regione, misure che non siano formali prese d’atto dell’ultimo momento, ma siano espressione di confronto e scontro avendo ben presente ognuno il proprio ruolo.

È necessario un ruolo diverso del Consiglio regionale, una legge elettorale che modifichi e separi il ruolo della Giunta da quello del Consiglio. Nessuna ingerenza nella guida dell’autobus, ma che almeno il passeggero a bordo sappia dove va e cosa va a fare, forse non ha potuto chiederlo prima di salire, altrettanto vale per coloro che vogliono salire visto che è il mezzo di trasporto dei Valdostani che vogliono partecipare alla vita pubblica del loro Paese.

PrésidentC’était la dernière intervention de la matinée, la séance est levée et reprendra en début d’après-midi, à 16 heures.