Resoconto integrale del dibattito dell'aula

Oggetto del Consiglio n. 2014 del 23 maggio 2001 - Resoconto

OGGETTO N. 2014/XI Problemi concernenti il personale delle strutture territoriali dell’Azienda ospedaliera. (Interpellanza)

Interpellanza Preso atto delle notizie apparse sugli organi di informazione circa la scarsità di personale che lavora presso le strutture territoriali dell’azienda ospedaliera;

Appreso che la carenza di personale potrebbe portare alla chiusura o alla limitazione di alcuni servizi territoriali e questo in contrasto con le reiterate dichiarazione dell’Assessore di potenziare il servizio sociosanitario sul territorio e con le stesse indicazioni del Piano sociosanitario;

Preoccupati perché la eventuale chiusura di servizi territoriali inciderebbe negativamente proprio sulla politica di prevenzione, che è fondamentale per garantire la salute dei cittadini, e rischierebbe di vanificare gli stessi progetti di assistenza domiciliare che si stanno rivelando uno strumento utile per sostenere la permanenza di anziani o disabili nel proprio contesto abitativo;

A fronte del ripetersi ricorrente di criticità in alcuni settori importanti dell’assistenza sociosanitaria;

i sottoscritti Consiglieri regionali

Interpellano

l’Assessore competente per sapere:

1) quale tipologia di personale manca e quali sono i motivi della carenza di tale personale;

2) se si intende chiudere dei servizi ed eventualmente quali, quando e per quanto tempo;

3) come, e se, si intenda operare nel breve e nel lungo periodo per rimediare a tali carenze;

4) quante le risorse previste nell’anno 2001 per i servizi territoriali e a chi è affidata la responsabilità del budget.

F.to: Squarzino Secondina - Beneforti

Président La parole à la Conseillère Squarzino Secondina.

Squarzino (PVA-cU)La nostra interpellanza prende avvio da un'informazione dell’ANSA, poi pubblicata su tutti i giornali, che riporta una dichiarazione del responsabile del territorio della sanità del 9 maggio, che dice testualmente "l’organico previsto sul territorio è di 308 unità, ma attualmente sono disponibili 263 operatori fra medici e infermieri". "Grazie alla razionalizzazione?", aggiunge, "? siamo riusciti finora a incrementare l’attività territoriale, ma è comunque possibile che nei prossimi mesi si arrivi alla sospensione o alla riduzione di alcuni servizi".

Di fronte a questa ipotesi, che noi speriamo non si realizzi, vogliamo sapere dall’Assessore quali sono le tipologie di personale che mancano, quali sono i motivi della carenza di questo personale, se la mancanza di personale suggerirà la chiusura di alcuni servizi, eventualmente quali, quando, per quanto tempo e in che luogo, e come si intende operare nel breve e nel lungo periodo per ovviare a questi inconvenienti.

Sarebbe interessante capire quante sono le risorse previste per il 2001 per i servizi territoriali e chi ne ha la responsabilità, in modo che possa lavorare razionalizzando tutte le iniziative.

PrésidentLa parole à l’Assesseur à la santé, au bien-être et aux politiques sociales, Vicquéry.

Vicquéry (UV) È difficile fare le interpretazioni autentiche di terze persone, in questo caso del dott. Ferrero; questo è un motivo per il quale ritengo che il ruolo del Consiglio regionale non sia quello di dare delle interpretazioni autentiche di espressioni di altri ma, piuttosto, di esaminare nel merito problemi vari e di proporre soluzioni alternative.

Anch’io ho letto le dichiarazioni del responsabile dell’area territoriale, che, a dire il vero, durante la conferenza stampa settimanale dell’USL, aveva ampiamente illustrato l’attività territoriale, oltre che rimarcato la difficoltà di sopravvivenza, se posso usare un termine, legata alla nota carenza di alcune figure professionali. Ma il tutto era incentrato sulla grossa mole di attività del territorio, che è aumentata e sta aumentando rispetto agli anni scorsi.

Di certo è che, e rispondo subito alla prima domanda: "qual è il personale che manca", mancano fondamentalmente assistenti sanitari, fisioterapisti e infermieri professionali.

Siamo un po' ripetitivi ma diciamo sempre le stesse cose, nulla di nuovo. Perché mancano assistenti sanitarie? Perché addirittura a livello nazionale non esistono più. Non si formano più assistenti sanitarie, figura storica che va sparendo dal circuito dei profili professionali, sostituita dalle infermiere professionali, che registrano una grossissima carenza a livello nazionale di iscrizione rispetto ai posti disponibili, carenza che non è registrata a quel livello di iscrizione perché rispetto ai posti messi a disposizione dalla scuola per ottenere il diploma universitario, da quest’anno laurea in scienze infermieristiche, non vi sono per il momento dei posti vuoti in scuola.

In prospettiva riteniamo, come ho avuto modo di dire in altre occasioni, che questa situazione di sopravvivenza molto delicata, che spinge a una grossa mobilità interna, venga a superarsi con la fine dell’anno in corso, con l’inserimento dei neodiplomati.

Le difficoltà intrinseche di carenza del personale riguardano anche i fisioterapisti che, come sapete, pur essendo presenti nel sistema pubblico, preferiscono spesso svolgere attività libero-professionale e spesso chiedono il part-time. Il part-time, secondo la normativa in vigore, - che non condivido - deve essere dato al personale, può essere rifiutato solo per una volta e dilazionato per non più di sei mesi, dopo di che deve essere dato nell’ambito di una percentuale globale, e fra le figure professionali che hanno più usufruito del part-time le fisioterapiste sono fra le prime.

Molte - e dico molte al femminile, perché in genere è personale femminile - preferiscono, come dicevo, l’attività libero-professionale, partecipano ai concorsi e anche se provengono da altre regioni, non appena si libera il posto nella regione di provenienza, ritornano nella regione di provenienza. Sto ripetendo cose già dette.

A questa si aggiunge un’altra normativa molto specifica, che riguarda i carichi di lavoro in senso materiale, che obbliga spesso il medico competente ad escludere dall’attività assistenziale gli infermieri e il personale di assistenza. Se guardiamo le piante organiche abbiamo un certo numero di infermieri in servizio: di fatto, percentualmente, molti di questi non possono svolgere la loro mansione, ovvero assistere la persona, perché non possono sollevare oltre i 30 chili. Sono normative che, dal punto di vista del diritto del lavoro e del "progresso sociale", se così possiamo definirlo, sono assolutamente condivisibili, ma dal punto di vista della funzionalità del servizio, portano alla chiusura dei servizi.

Questa è la drammatica verità, perché nel momento in cui il medico del lavoro dichiara che il dipendente fisioterapista o assistente sanitario o infermiere professionale o ADEST o OTA o quant’altro, non è in grado di sollevare oltre i 30 chili, questo deve essere adibito ad altra mansione e non può più svolgere la sua attività. Questi sono i motivi fondamentali, che valgono sia per il territorio sia per l’Ospedale. È una situazione molto delicata.

Rispetto alla seconda domanda, "se si intende chiudere i servizi", assolutamente no! L’intendimento non è di chiudere i servizi, ma al contrario in questi ultimi mesi sono stati avviati e potenziati settori sul territorio, come la cardiologia, altre specialità a Morgex, e ancora si prevede di lavorare per l’apertura dell’ambulatorio di radiologia a Châtillon, sta per essere aperto l’ambulatorio di anoressia ad Aosta. Questo con il personale in servizio, perché una delle strategie da adottare sarebbe quella di non aprire nuovi servizi. In questo caso si tratta di servizi che già vengono svolti in altre sedi e che vengono opportunamente portati sul territorio, coinvolgendo personale già in forza, perché per esempio riguardo all’ambulatorio di anoressia, bulimia e malattie collegate, si tratta di riorganizzare il sistema senza potenziarlo in termini di personale.

Cosa si è detto in questa conferenza stampa? Che è a rischio la capillarità del servizio sul territorio della Valle d’Aosta, questo sì. L’assistenza infermieristica continua ad essere data, le ore aumentano nel sistema infermieristico, ma con una grossa mobilità del personale a scavalco molte volte fra un distretto e l’altro.

Il rischio è di ridurre alcune prestazioni soprattutto nelle parti più periferiche e questo assolutamente noi vorremmo evitare, perché sono popolazioni che hanno meno servizi rispetto al bacino di utenza di Aosta e dei centri poliambulatoriali. Pertanto in questo momento non c’è intenzione di chiudere nulla, ma si sta lavorando su un’attentissima valutazione delle professionalità esistenti e delle necessità assistenziali, settore per settore. Colgo l’occasione per ringraziare il Servizio infermieristico territoriale, che sta facendo un servizio capillare di verifica dei singoli bisogni assistenziali.

Rispetto al terzo punto, "come si intende procedere", rispondo che non intendiamo fare nulla di più di quanto si sta facendo. Anzi, invito tutti coloro che abbiano suggerimenti a farli presente, ma noi stiamo dando borse di studio le più alte d’Italia, stiamo convenzionandoci con le università e siamo i soli a farlo, stiamo finanziando i ragazzi perché si iscrivano a queste scuole, stiamo facendo campagne di orientamento nelle scuole, che pare abbiano dei piccoli timidi risultati, stiamo bandendo concorsi e selezioni per sostituire almeno il personale assente, stiamo incentivando economicamente mediante il salario di risultati professionalità, stiamo organizzando nuovi corsi tramite il Fondo sociale europeo, quale il corso per operatore sociosanitario per venti posti, di cui aspettiamo la risposta da parte della Commissione europea, stiamo organizzando il corso di OTA, stiamo facendo tutto quanto è materialmente possibile.

È inutile dire in Consiglio regionale che stiamo ipotizzando altre cose, perché altro non è possibile assolutamente fare per il breve e medio periodo.

Sul lungo periodo sono ottimista, se non lo fossi mi deprimerei un po' di più. Sono ottimista perché questo problema della carenza del personale non medico, non parliamo del personale medico, è finalmente diventato patrimonio comune di tutte le regioni, alcune delle quali, fino a qualche anno fa, nicchiavano su questi temi, ed è diventato patrimonio comune anche del Ministero della sanità, che ha recepito le istanze degli assessorati e ha seguito alcune nostre iniziative. Le borse di studio sono state previste da altre regioni solo quest’anno, seguendo esperienze che abbiamo già fatto, e soprattutto a livello di contrattazione è stato recepito il messaggio che sostanzialmente consiste nel fatto che non è appetibile il lavoro di infermiere, la professione paramedica come veniva definita, sia per il livello retributivo sia per la qualità della vita all’interno dell’ambiente di lavoro. Il nuovo contratto ha preso atto di questa situazione, aumentando considerevolmente lo stipendio di queste figure professionali, dando delle possibilità di carriera ulteriori rispetto a quelle che avevano finora.

Per quanto riguarda la quarta domanda, "quante sono le risorse previste nel 2001 per il servizio territoriale?", con delibera di Giunta n. 244/2001 si prevede su un totale di 305,705 miliardi un volume di spesa per l’assistenza territoriale pari al 41 percento, ossia di lire 125 miliardi e rotti.

Questo per dire che rispetto alla spesa storica, che veniva assorbita quasi completamente dall’Ospedale, ultimamente c’è stato un grosso trasferimento di risorse sul territorio, tant’è che il territorio ormai incide per il 41 percento. Ovviamente la responsabilità della gestione del budget spetta al Direttore dell’area territoriale.

Président La parole à la Conseillère Squarzino Secondina.

Squarzino (PVA-cU)Capisco che l’Assessore a volte ha delle difficoltà a rispondere ad alcune domande e cerca in qualche modo di indicare altri come interlocutori. Ma, Assessore, se ci sono delle carenze nell’ambito sanitario, credo che questo sia un problema di tipo politico, nel senso che è il suo Assessorato, la Giunta, questo Consiglio che decidono quante risorse dare all’USL, quali obiettivi indicare. Lei stesso, a conclusione del suo intervento, ha ricordato la delibera di Giunta n. 244/2001, in cui la Regione dà disposizione alle aziende USL della Valle d’Aosta ai fini della definizione del contratto di programma.

È chiaro che i problemi che riguardano la sanità, chiaramente non le minuzie, ma i problemi generali che denotano uno stato di disagio, una situazione di difficoltà, anche individuata con molta precisione in alcuni ambiti professionali, questo insieme di problemi – dicevo – credo abbiano una valenza politica e debbano trovare una risposta nei programmi che la Regione si dà e nelle indicazioni che contratta poi con l’USL.

La ringrazio intanto delle informazioni puntuali che ha fornito, su cui se ho tempo cercherò di fare alcune osservazioni, ma io mi aspettavo da lei una risposta più globale perché qui stiamo parlando del territorio. Stiamo parlando di tutta quell'azione di prevenzione che è importantissima - e lei questo lo sa, perché nei documenti ufficiali è ripetuto e ribadito più volte - talmente importante che lei dice che il 41 percento delle risorse va al territorio.

Ora, se il territorio non riesce ad esercitare questa azione di prevenzione, credo che si tratta almeno di porsi il problema se non è il caso di rivedere le indicazioni programmatiche, di rivedere il piano complessivo, di capire dove collocare la prevenzione, Assessore, le ricordo che tutto il programma della sanità è impostato su questo assunto: bisogna deospedalizzare e bisogna potenziare il territorio.

Allora l’ospedale comincia a deospedalizzare, cioè a dimettere il più possibile i pazienti, a tenere solo i pazienti nello stadio acuto, poi li dimette e vanno sul territorio.

Ma chi si prende cura di questi pazienti? Come è possibile attuare l’assistenza domiciliare integrata? Come e dove è possibile attuare la prevenzione della salute con tutte quelle attività di cura del benessere?

Tutte queste cose non sono possibili. Da una parte c’è un programma di Governo regionale che dice che bisogna diminuire i posti letto, bisogna ridurre le degenze ospedaliere, bisogna potenziare il territorio. C’è anche, mi sembra almeno dai dati forniti, un equilibrio fra le risorse: 60 percento all’Ospedale, 40 percento al territorio, però risorse umane professionali per portare avanti questa attività di prevenzione e di deospedalizzazione non ci sono! Secondo me bisogna ripensare il tutto.

Certo, c’è il problema delle figure professionali; dice l’Assessore: "non ci sono gli infermieri"; fra l’altro adesso il nuovo decreto sull’immigrazione dovrebbe consentire l’afflusso di queste famose trenta infermiere rumene da tempo contattate, di questo lei non ha parlato, non so se questo progetto è caduto o è ancora un punto interrogativo. Probabilmente è un grosso punto interrogativo anche questo.

Lei chiede suggerimenti sul problema delle infermiere; io credo che per alcuni anni, due o tre anni, per un corso intero si può ancora ipotizzare di aumentare il numero dei posti per la scuola e per gli infermieri professionali.

Se è vero che abbiamo questa carenza enorme, che esce fuori ogni volta qualunque sia l’argomento che trattiamo, che sia l’Ospedale, che sia il territorio, perché non ci attrezziamo e nei tre-quattro anni riusciamo a dotarci di un numero sufficiente di personale? Non credo che bisogna perennemente avere due classi con cinquanta allieve, perché il mercato non consentirebbe neanche di assorbire questo personale, ma almeno per alcuni anni aumentare il numero delle allieve infermiere, forse questo è possibile, Assessore! È un suggerimento. Lei ci chiede suggerimenti, gliene do uno, ma provi a ripensarci un momento.

Mi stupisce, Assessore, che lei, pur con le dovute cautele, veda nei contratti di lavoro e nelle difese dei lavoratori uno dei limiti della carenza di personale, un ostacolo per reperire il personale o per utilizzarlo in modo adeguato. Dice addirittura che, se adottiamo queste normative - penso alla "626" o anche ad altre - saremo costretti a chiudere i servizi. Io credo però che non si possono tenere aperti dei servizi pubblici giocando sulla capacità di resistere delle donne, perché il discorso è proprio questo! Lei dice che molte infermiere non possono sollevare pesi, la normativa non lo consente più, e se tenessimo conto delle normative, dovremmo chiudere i servizi.

Bravo Assessore! Noi allora fondiamo i nostri servizi sul mal di schiena delle donne! Non credo che sia un buon esempio di sanità pubblica, o che lei aspiri a questo, Assessore.

Un’ultima annotazione. Lei dice che, nonostante la mancanza di personale, si è riusciti ad aumentare i servizi, razionalizzando. Forse c’era prima un uso non sufficientemente razionale del personale e l’organizzazione non era così efficiente ed efficace, quindi è giusto che ad un certo punto ci sia un'organizzazione "efficiente ed efficace".

Spiace che si giunga ad una razionalizzazione perché manca personale. Se così fosse, significherebbe che c'è assenza di organizzazione nell'azienda e questo sarebbe proprio molto grave!