Oggetto del Consiglio n. 1930 del 4 aprile 2001 - Resoconto
OGGETTO N. 1930/XI Verifiche in ordine al consumo di mangimi di origine animale in allevamenti valdostani. (Interpellanze)
Interpellanza Richiamato il contenuto dell'interpellanza in data 23.11.2000 (prot. n. 215/00) discussa in Consiglio regionale a fine anno, e la successiva rassicurante risposta dell’Assessore competente;
Appreso che a seguito di accertamenti da parte degli organi preposti, in alcuni allevamenti valdostani sono stati trovati mangimi contenenti farine animali, che sono stati posti sotto sequestro dall’Autorità giudiziaria;
Ricordato che l’utilizzo di tali farine è assolutamente vietato, atteso che il consumo di mangimi di origine animale sembra essere la causa del cosiddetto morbo della "mucca pazza";
Ritenuto necessario avere chiarimenti sulla vicenda e sulla sicurezza presente nei nostri allevamenti;
i sottoscritti Consiglieri regionali
Interpellano
l’Assessore competente per sapere:
1) quali tipi di mangimi sono stati trovati negli allevamenti valdostani di bovine interessati dai controlli, da chi sono stati prodotti e da chi sono stati venduti;
2) cosa si intende fare per aumentare il numero e la qualità dei controlli alla luce di quanto verificatosi;
3) se non si ritiene preoccupante, per l’immagine della nostra zootecnia e per la qualità dei nostri prodotti, l’uso dei mangimi vietati e comunque non compatibili con i sistemi tradizionali di allevamento del nostro bestiame.
F.to: Curtaz - Beneforti
Interpellanza Premesso:
- che i controlli effettuati lo scorso anno, estesi alla totalità degli allevamenti valdostani, avevano permesso di verificare che il tipo di mangime somministrato agli animali non contenesse farine di carne o altre sostanze vietate, e altresì di riscontrare la totale assenza di patologie neurologiche tali da rappresentare un dubbio eventuale di BSE;
- che le autorità sanitarie hanno recentemente rinvenuto mangimi di origine animale presso alcune stalle valdostane e hanno posto sotto sequestro i rispettivi allevamenti;
- che tali mangimi sarebbero stati acquistati da un’azienda zootecnica piemontese;
- che ultimamente, attraverso dichiarazioni stampa e una massiccia campagna pubblicitaria, è stata diffusa la notizia che i bovini valdostani sono alimentati esclusivamente con prodotti vegetali;
- che la carne consumata in Valle d’Aosta proviene, nella maggior parte dei casi, da capi allevati in Piemonte e nella nostra regione;
tutto ciò premesso i sottoscritti Consiglieri regionali
Interpellano
l’Assessore regionale competente per sapere:
1) se i bovini nutriti con mangimi animali negli allevamenti di cui in premessa risultano infetti o hanno comunque una certa probabilità di contrarre il morbo della BSE;
2) quali sono attualmente i livelli dei controlli praticati sui mangimi distribuiti negli allevamenti valdostani nonché sulla qualità e sulla salubrità delle carni autoctone e di quelle "importate" (in particolare dal Piemonte), poi immesse nel circuito del consumo locale;
3) quali considerazioni esprime sulla promozione pubblicitaria ingannevole e sulle comunicazioni fasulle di cui in premessa.
F.to: Tibaldi - Frassy
PresidenteLa parola al Consigliere Curtaz.
Curtaz (PVA-cU)Nelle settimane scorse non nego di essere stato un po' sorpreso nel constatare che a seguito di alcune indagini, gruppi operativi del NAS o qualche organismo analogo avevano riscontrato in alcuni allevamenti valdostani la presenza per il consumo di farine animali. Come è noto le farine animali sono grandemente indiziate per essere la causa del cosiddetto "morbo della mucca pazza".
Perché mi sono sorpreso? Perché non più di cinque mesi fa avevo presentato in questa sede un'interpellanza all’Assessore alla sanità, il quale mi aveva rassicurato attraverso una risposta che era obiettivamente rassicurante: l’Assessore mi aveva detto che in Valle d’Aosta si svolgevano controlli, che un caso di vendita di farine animali era stato accertato se non ricordo male un paio di anni fa, che la ditta che vendeva queste farine animali era stata tempestivamente individuata e che quindi non c’erano pericoli per la zootecnia locale. Una risposta rassicurate, ripeto, perché mi ero detto fra me e me: "Qui si fanno i controlli, questi controlli sono efficaci tant’è vero che è stato scoperto un caso, i responsabili puniti o comunque sottoposti ai provvedimenti di legge relativi e quindi gli allevatori valdostani e i consumatori valdostani possono evitare di farsi prendere dal panico che c’era qualche settimana fa, adesso è un po' passato, panico in gran parte ingiustificato rispetto al mordo della mucca pazza, e possiamo ricominciare tutti assieme a mangiare tranquillamente la carne". Questo era stato il mio ragionamento.
Appena il tempo di maturare questo ragionamento, e fra l’altro di difenderlo personalmente con degli interlocutori che mi rappresentavano dei sospetti, delle situazioni non proprio chiare, che scopro che la situazione così rassicurante non è.
Non lo è perché, ripeto, sono stati trovati dei mangimi contenenti farine animali e sarebbe interessante sapere, ed è questo lo scopo della nostra interpellanza, da chi sono stati prodotti e da chi sono stati venduti; pare da notizie di stampa che gli allevatori fossero inconsapevoli di detenere del mangime in maniera illecita e ritengo positivo il fatto che non l’utilizzassero consapevolmente, altrimenti la situazione sarebbe più grave.
E poi chiediamo: "cosa si intende fare per aumentare il numero e la qualità dei controlli alla luce di quanto verificatosi"; ultima domanda che forse andrebbe più rivolta all’Assessore all’agricoltura rispetto che all’Assessore alla sanità: "se non si ritiene preoccupante, per l’immagine della nostra zootecnia e per la qualità dei nostri prodotti, l’uso di mangimi vietati e comunque non compatibili con i sistemi tradizionali di allevamento del nostro bestiame".
Com’è noto questo è un argomento che ho trattato altre volte, noi abbiamo un prodotto estremamente valido che è la fontina, abbiamo altri prodotti caseari di buon livello, è chiaro che queste notizie non fanno bene all'immagine del nostro prodotto che sulla sua qualità, salubrità, tradizionalità deve giocare tutte le sue carte.
Ho sempre pensato che, a differenza di quello che avviene nella pubblicità, le mucche in alpeggio o al piano mangiassero anche qualche mangime oltre che l’erba con i fiorellini dei prati, però se mangiano mangimi vietati, la cosa diventa anche a livello di immagine estremamente negativa.
Si dà atto che, dalle ore 12,12, riassume la presidenza il Vicepresidente Lattanzi.
PresidenteLa parola al Consigliere Tibaldi.
Tibaldi (FI)Il dato di partenza è l’affermazione che ha rilasciato l’Assessore alla sanità rispondendo a un'interpellanza del gruppo di Forza Italia nel novembre scorso, affermazione che era la seguente:
"? I controlli effettuati, estesi alla totalità degli allevamenti valdostani, hanno permesso di verificare che il tipo di mangime somministrato agli animali non contiene farine di carne o altre sostanze vietate e altresì di riscontrare la totale assenza di patologie neurologiche tali da rappresentare un dubbio eventuale di BSE?".
Da questo dato di partenza si sono verificati dei fatti nuovi nel corso delle ultime settimane, vediamo quali sono.
Il primo fatto nuovo è che cinque stalle valdostane sono state poste sotto vincolo sanitario. Le stalle si trovano ad Aosta, Gressan, Verrayes e La Salle per un totale di 58 vitelli a rischio di morbo mucca pazza.
Questo è il primo fatto tangibile di cui è stata data ampia cronaca sugli organi di informazione locale e di cui tutti quanto abbiamo potuto prendere conoscenza e fare le riflessioni del caso.
Il secondo fatto si riferisce a un aspetto pubblicitario sul quale mi soffermerò più tardi.
Ora fermiamoci alla prima considerazione. L’Assessore diceva che i controlli sono stati effettuati in tutte le stalle valdostane: ciò non ci risulta, Assessore. Più volte lei, in quest’aula, ha dato rassicurazioni sugli intensi controlli a tappeto compiuti in tutte le stalle valdostane. A noi risulta che non tutte le stalle valdostane siano state sottoposte a questi controlli, di conseguenza la sua informazione era non veritiera o fasulla perlomeno nelle risposte che ha fornito alle nostre interpellanze.
Le sue rassicurazioni sono state smentite poco dopo in quanto sono stati rinvenuti frammenti di origine animale nei prodotti somministrati ai vitelli delle stalle poste sotto vincolo sanitario. Vogliamo allora sapere qual è la veridicità delle informazioni che ci ha dato a suo tempo, veridicità che è stata smentita da questi eventi. Anche sotto il profilo della comunicazione ci sembra che da parte di certe associazioni non ci sia estrema correttezza. Mi riferisco a quelle che vogliono promuovere, e da un punto di vista istituzionale lo fanno anche bene, le carni bovine di razza valdostana, dove si fa cenno che i bovini di razza valdostana sono alimentati esclusivamente con prodotti vegetali. Mi sono fatto la fotocopia di una pagina pubblicitaria pubblicata su un organo locale: ci sembra assolutamente contraddittorio e stridente con la realtà dei fatti che è poi stata verificata.
Sappiamo che sulla salute umana non si può scherzare, sappiamo che in Italia i casi ufficiali di BSE stanno aumentando di momento in momento e che il fenomeno mucca pazza non solo mette a dura prova il settore zootecnico e il mercato della carne, ma crea anche una certa psicosi nel consumatore.
Alla luce di queste considerazioni gradiremmo avere, a distanza di 5-6 mesi rispetto alle prime interpellanze, delle risposte dall’Assessore, risposte certe con riferimento a quella che è la realtà delle azioni che sta ponendo in essere l’Assessorato attraverso gli organismi di polizia sanitaria di cui dispone o attraverso gli organismi di polizia sanitaria ai quali è collegato.
Vorremmo sapere se ci sono rischi effettivi per questi vitelli che sono stati individuati in quanto alimentati con prodotti di origine animale; quali sono attualmente i livelli dei controlli praticati sui mangimi che sono distribuiti negli allevamenti valdostani nonché sulla qualità e sulla salubrità delle carni che vengono consumate in Valle d’Aosta.
L’Assessore, sempre rispondendo a quelle interpellanze di Forza Italia, disse che buona parte delle carni consumate dai Valdostani viene importata dal vicino Piemonte. Ebbene abbiamo appreso dai giornali che l’azienda che ha fornito questi mangimi cosiddetti "fuorilegge" è proprio piemontese, di conseguenza qual è il controllo che viene effettuato su queste carni che vengono importate e immesse nel circolo del consumo locale?
Chiediamo infine quali considerazioni l'Assessore si sente di esprimere in merito all'iniziativa pubblicitaria, assolutamente ingannevole, che vuole promuovere la carne valdostana quando clamorosamente veniamo a sapere che anche i bovini valdostani sono alimentati con mangimi. Ci sembra una clamorosa truffa nei confronti dei consumatori oltre a un tentato palese danno alla loro salute.
Attendiamo le risposte e ci riserviamo una replica.
PresidenteLa parola all’Assessore alla sanità, salute e politiche sociali, Vicquéry.
Vicquéry (UV)Cercherò di rispondere alle singole domande che sono state poste dalle due interpellanze.
La prima, presentata dai Consiglieri Curtaz e Beneforti, chiede: "quali tipi di mangimi sono stati trovati negli allevamenti valdostani di bovine interessati dai controlli, da chi sono stati prodotti e da chi sono stati venduti".
Dei 45 tipi di mangimi sottoposti a campionamento solo per quello denominato Zoomix vitelli svezzamento V2, prodotto dalla ditta Zoomix di Mottura Mario & C. di Villanova d’Asti, l’esito analitico ha evidenziato la presenza di frammenti ossei microscopici.
Rispetto alla seconda domanda: "cosa si intende fare per aumentare il numero e la qualità dei controlli alla luce di quanto verificatosi"; la circolare del Ministero della sanità del 23 marzo 2001, avente come oggetto la razionalizzazione dell’attività di vigilanza e controllo, ai sensi dell'ordinanza ministeriale 28 luglio 1994 e successive modificazioni, nel settore dell’alimentazione animale in materia di encefalopatie spongiformi bovine trasmissibili, prevede per il 2001 l’effettuazione di 3 campioni negli allevamenti della Valle d’Aosta.
Questi sono calcoli fatti sulla base del patrimonio zootecnico di ogni regione, per la Valle d’Aosta risulterebbero 3 campioni da fare.
Si fa presente che i mangimi provenienti dalla Regione Piemonte sono stati già testati presso, e rispondo anche all’ultima domanda fatta dal Consigliere Tibaldi, gli stabilimenti di produzione dai servizi veterinari delle aziende sanitarie locali competenti per territorio e dagli altri organi come il NAS, la guardia di finanzia, eccetera.
Per verificare la loro assoluta idoneità a garanzia degli allevatori e dei consumatori è stato predisposto un piano di campionamenti in collaborazione con i Carabinieri del NAS di Aosta che comprendesse le rivendite di mangimi e gli allevamenti per un numero di almeno 50 campioni rispetto ai 7 del 2000 e ai 3 del 2001 tenendo anche conto del fatto che l’attività di controllo dell’etichettatura era già stata effettuata senza evidenziare irregolarità in esecuzione del piano nazionale di sorveglianza per la BSE del 2000, quindi non c’è nessuna contraddizione rispetto a quanto ho detto la volta scorsa, e ne parleremo dopo, perché sono due cose diverse.
Sulla base di questi campionamenti, inviati al laboratorio di analisi della sezione zooprofilattica di Aosta, è risultato che in un campione prelevato in allevamento era presente un frammento osseo microscopico di mammifero. Sono state pertanto predisposte tutte le misure necessarie, segnatamente il sequestro a norma del decreto ministeriale 7 gennaio 2000 dei mangimi, dei capi che avevano avuto accesso al mangime denominato Zoomix vitelli svezzamento V2.
Successivamente è stata riscontrata la presenza di un frammento osseo anche in un altro allevamento che aveva fatto uso dello stesso lotto di mangime.
In totale sono stati posti sotto vincolo sanitario 68 vitelli presenti in cinque allevamenti di cui 2 sono quelli in cui è stata riscontrata la presenza di mangime con proteine ossee e 3 perché hanno utilizzato lo stesso tipo di mangime, questo a titolo precauzionale.
Il produttore del mangime, interpellato a tale proposito, avrebbe asserito che, poiché la sua tipologia produttiva era rivolta a diverse specie di animali, a fronte di un unico impianto di produzione, una qualche piccola contaminazione può essersi verificata. Si tratterebbe quindi, a dire del produttore, di quantità infinitesimali di proteine ossee.
Finora sono stati esaminati 21 dei 45 campioni inoltrati di cui 19 risultati negativi. Si resta in attesa dell’esito dei restanti 24 campioni per definire il quadro completo della situazione ed adottare eventuali altri provvedimenti.
Rispetto alla terza domanda del Consigliere Curtaz: "se non si ritiene preoccupante, per l’immagine della nostra zootecnia e per la qualità dei nostri prodotti, l’uso dei mangimi vietati e comunque non compatibili con i sistemi tradizionali di allevamento del nostro bestiame", da un lato si può dire che la situazione non è assolutamente allarmante.
Se fosse allarmante la nostra, immaginiamo cosa dovrebbero dire la Regione Piemonte e altre, dove campionamenti di questo genere sono stati fatti con risultati ben diversi!
Comunque sia il ragionamento da farsi è di tipo diverso. Usciamo dal campo strettamente tecnico e scientifico per andare in un campo di immagine, di pubblicità e di commercializzazione.
Voglio rispondere, prima di fare considerazioni di tipo generale, anche alla prima domanda del Consigliere Tibaldi: "se i bovini nutriti con mangimi animali negli allevamenti di cui in premessa risultano infetti o hanno comunque una certa probabilità di contrarre il morbo della BSE". I veterinari dicono testualmente che la presenza di frammenti ossei microscopici nel mangime destinato all'alimentazione dei vitelli fa sì che le probabilità che questi ultimi possano contrarre la BSE siano pressoché nulle. Ricordo che non vi è nessuna prova accertata scientificamente del rapporto fra consumo di mangime e BSE, non vi è nessun sinallagma di questo tipo, è solo un'ipotesi che scientificamente ha delle basi, ma che non è assolutamente provata.
Di certo vorrei che non si confondesse l’aspetto etico del problema con l’aspetto scientifico perché eticamente mi pare siamo tutti concordi nel dire che i mangimi a base animale non vanno prodotti e non vanno consumati. Da lì a dire che questi sono la causa principale della BSE, ripeto, il mondo scientifico non lo ha detto.
Terzo quesito del Consigliere Tibaldi: "quali considerazioni esprime sulla promozione pubblicitaria ingannevole e sulle comunicazioni fasulle di cui in premessa". A questo quesito risponderò dopo perché vorrei ripetere ora alcune cose essenziali.
I controlli non vanno confusi, all'interpellanza di novembre ho risposto che durante le campagne di risanamento del bestiame vengono effettuati da parte del servizio veterinario i controlli sulle etichettature dei mangimi che è un qualcosa che lo si fa parallelamente al risanamento del bestiame a maggior garanzia del consumatore e del produttore, ma si parla di controlli su etichette.
È di tutta evidenza che se l’etichetta contiene dei dati sbagliati, il controllo si limita a quella fase di tipo amministrativo; qui siamo di fronte a un reato di frode commerciale di tutta evidenza e confermo i dati che ho illustrato le volte scorse, cioè sui controlli sulle etichette non si era verificato nulla se non il caso del 1997 che è stato citato. Altra cosa sono i controlli sui campioni di cui parliamo oggi; ben diverso è controllare le etichette rispetto a prelevare il mangime, portarlo all’Istituto zooprofilattico, analizzarlo con metodi analitici difficili che presuppongono una grossa capacità dell’operatore perché il metodo si basa su elementi ancora empirici, su una verifica al microscopio. Non sono metodi di analisi chimico-clinica o biologica, questo è quanto passa oggi la scienza e la tecnica, altra cosa, ripeto, è il campionamento sul mangime.
Altra cosa ancora è il controllo sul tronco encefalico che è stato fatto, come ho detto la volta scorsa, su 40 casi, su 50 rispetto ai 7 che prevedeva l’ordinanza ministeriale e tutti sono risultati negativi in Valle d’Aosta. In Valle d’Aosta la BSE non esiste. In Italia la BSE non esiste. Diciamolo chiaro e forte.
Se da qui si vuole dire che la campagna pubblicitaria è ingannevole e le comunicazioni fasulle, ripeto, a me pare un passaggio forzato perché, se così fosse, io inviterei tutti a guardare la pubblicità della vicina Svizzera dove negli ultimi mesi è stato fatto un investimento enorme sulle televisioni non solo svizzere, ma internazionali per pubblicizzare la loro zootecnia, la loro carne e il loro latte, mentre parrebbe - uso il condizionale per evitare di scatenare guerre diplomatiche - che la situazione svizzera non fosse così trasparente tant’è che abbiamo deciso come Giunta di rafforzare i controlli di tipo sanitario e fiscale su prodotti provenienti dalla Svizzera.
La campagna è stata fatta autonomamente dall’AREV, è stata anche sollecitata dall’Amministrazione regionale perché è vero che si consuma poca carne valdostana, ma è anche vero che l’aver ritrovato alcuni grammi di frammenti ossei non giustificherebbe comunque un allarmismo perché, se così fosse, la carne piemontese, la carne italiana in generale non sarebbe tutta più commercializzabile, non solo la carne con l’osso.
Sotto questo punto di vista sarei un po' cauto per cui invito tutti ad avere le idee ben chiare rispetto alla differenza che passa fra un controllo sull'etichettatura, un controllo sul mangime e un controllo del tronco encefalico perché sono tre aspetti di un problema che si è diffuso purtroppo in maniera un po' allarmistica, per non dire altro, e che speriamo che si concluda con il prossimo 19 maggio. A livello di istituzioni regionali siamo convinti che la linea cautelativa adottata anche ultimamente da parte del Ministero della sanità su un altro fenomeno, quello dell’AFTA, sia giusta da un certo punto di vista, ma anche che l’Italia sotto questo aspetto abbia dato per ora dimostrazione che i servizi veterinari funzionano, d’altro canto dobbiamo tenere conto della necessità di mantenere in vita la zootecnia perché, se così non fosse, gli obiettivi sarebbero diversi.
Noi lavoriamo in primo luogo per mantenere in vita la zootecnia, in secondo luogo per sottolineare che la carne valdostana è una carne che - frodi in commercio permettendo perché se affrontiamo il campo del reato, non potremmo pubblicizzare nessun prodotto commerciale in quanto non è l’Assessore, non è la Giunta regionale, non è l’istituzione che può ragionare con l’arrière-pensée, ma può ragionare solo con i dati di fatto, se poi qualcuno commette dei reati, se ne assume la responsabilità su tutti i versanti - si può tranquillamente consumare.
Noi siamo convinti, ripeto, che si debba fare una campagna per il consumo della carne valdostana perché, come ha già ribadito il collega Perrin in altre occasioni, la filiera della carne è la migliore al mondo in quanto si riesce a capire al commercio al minuto qual è la provenienza della carne e si può testare che la carne è buona ed è consumabile, pertanto non ripeto concetti che sono già stati illustrati altre volte.
Invito tutti a tenere un profilo basso, nel senso letterale del termine perché non è materia di scontro politico questa, anzi dovremmo trovarci tutti sullo stesso fronte a tutela della zootecnia e della produzione valdostana.
PresidenteLa parola al Consigliere Curtaz.
Curtaz (PVA-cU)Forse l’Assessore più che invitarci a tenere un profilo basso, che non mi sembra una cosa augurabile a nessuno, voleva invitarci a tenere basso il tono della polemica, se interpreto bene, perché invitarci ad essere peggio di quanto siamo, non è piacevole sentirselo dire.
Per quanto ci concerne, Assessore, la tranquillizzo subito perché non è nostra intenzione su un tema come questo fare polemiche, né speculazioni. Si tratta soltanto di avere delle informazioni che a mio giudizio un giustificato allarme dell’opinione pubblica avevano reso necessarie anche perché poi c’era stata sempre, magari lo capisco anche dal suo punto di vista, questa corsa al minimizzare; mi ricordava prima la collega Squarzino che il giorno prima dei sequestri in III Commissione si discusse della cosa, l’Assessore non c’era, ma c’erano gli esperti del settore che garantivano che in Valle d’Aosta andava tutto bene?
(interruzione dell’Assessore Vicquéry, fuori microfono)
? è un dato storico: fino al giorno prima andava tutto bene, il giorno dopo c’erano i sequestri dei mangimi e degli allevamenti.
Condivido anche che l’impatto psicologico della vicenda può essere superiore, anzi lo è senz’altro a quello che è poi il rischio effettivo in questo caso in particolare, però non posso condividere una sua premessa: quella di sostenere che non c’era prova del sinallagma, come lo ha definito lei, fra consumo di farina animale e BSE.
Si potrebbe obiettare che non c’è prova del contrario, che è già un dato piuttosto preoccupante, però non mi sembra che la comunità scientifica si muova secondo il suo assunto, anzi mi pare che da più parti autorevoli scienziati dicano, probabilmente non riuscendo ancora a dimostrarlo solo perché la scienza non è ancora riuscita a documentare questa ipotesi, ma mi sembra che la comunità scientifica internazionale si vada sempre più orientando nel dire che la causa del morbo della mucca pazza è la farina animale e, se così non fosse, non si capirebbe tutto quello che si sta facendo in Europa e in Italia per bloccare, vietare, penalizzare coloro che producono le farine animali.
Quindi mi sembra che questo aspetto vada poi affrontato alla luce del cosiddetto "principio di precauzione" che è un principio in materia sanitaria pubblica da seguire a mio avviso in maniera rigida perché la domanda da porsi non è: "Si è certi che fa male?" quanto piuttosto: "Possiamo dire tranquillamente che non fa male?"
Noi non possiamo dire con sicurezza che non fa male, quindi un principio di precauzione, anche questo ormai condiviso dalla comunità scientifica internazionale, ci deve far prendere dei provvedimenti, che in questo caso sono stati presi, per vietare il consumo delle farine animali. Dopodiché, senza enfatizzare gli episodi, chiedo all’Assessore e alla Giunta di aumentare i controlli a campione. Ho capito molto bene la distinzione fra i vari tipi di controlli, ho capito che i controlli sulle etichette se non sono fatti con buon senso, finiscono per essere inutili perché se il contenuto del sacco non corrisponde all'etichettatura, è chiaro che il controllo delle etichette significa pestare dell’acqua.
Quindi i controlli a mio giudizio vanno fatti sui campioni, non bisogna aver paura in questo settore di impiegare qualche risorsa in più per fare controlli a tappeto, reiterati, continui, eccetera perché è in gioco la tranquillità dei cittadini, è in gioco soprattutto la tranquillità di un sistema agricolo che è vero che per certi versi è più avanti di quanto non sia altrove.
E qui condivido quanto ha detto l’Assessore che la filiera della produzione della carne in Valle d’Aosta è più sicura che altrove, questo è nelle cose perché in Valle d’Aosta, salvo frodi o truffe, si è in grado di risalire sempre alla mucca, all’allevatore, ricostruendo i vari passaggi e questa è una cosa positiva, ma è anche vero che non dobbiamo cullarci per essere nel settore dell’anagrafe bovina più avanti che altrove perché ritengo che l’attenzione verso il sistema alimentare in generale vada sempre tenuta alta.
PresidenteLa parola al Consigliere Tibaldi.
Tibaldi (FI)Direi che le certezze che ostentava qualche mese fa l’Assessore si stanno perdendo per strada alla luce di quello che ci ha detto poc’anzi.
Qualche mese fa elogiava, e posso dire anche con una certa ragione, l’anagrafe bovina locale, la tracciabilità e tutti i passi avanti che ha fatto il settore agricolo e zootecnico in Valle d’Aosta congiuntamente a quello sanitario.
Elementi che possono essere considerati un fiore all’occhiello della nostra Regione rispetto ad altre realtà regionali che sono in difetto o comunque sono indietro rispetto a noi, però i quesiti posti puntualmente dagli interpellanti evidenziamo delle contraddizioni che sono ancora più macroscopiche rispetto a quelle rilevate in sede di illustrazione.
Innanzitutto lungi da noi calarci nelle teorie scientifiche in materia di BSE o morbo della BSE, però oggi abbiamo appreso una nuova teoria scientifica coniata dall’Assessore che ci sembra, sotto un certo profilo, più pazza della stessa mucca: non esiste sinallagma fra il consumo di farine animali e il rischio di contrazione del morbo della BSE.
Mi pare di aver letto, o aver sentito, visto che i media ci stanno inondando di informazioni in merito, che la probabilità di un rapporto di causalità diretta fra il consumo di mangimi animali e la contrazione del morbo sia estremamente elevata?
(interruzione dell’Assessore Vicquéry, fuori microfono)
? Assessore, lo abbiamo appreso dalle sue parole, oggi, però quello che leggiamo sui giornali, su riviste scientifiche specialistiche, o sentiamo in televisione, non sembra assolutamente coincidente con le sue affermazioni. Ci sono fondati sospetti che il consumo di mangimi animali possa causare il morbo della BSE, allora questa teoria appresa oggi e che abbiamo definito un po' folle, non ci sembra sia rassicurante se ci consiglia di non volare troppo alto.
Noi non vogliamo volare alto o fare concorrenza agli scienziati e agli analisti che stanno approfondendo bene la materia, però ci sembra superficiale venire oggi in quest’aula e proporci una teoria completamente diversa.
Estremamente forzato ci sembra poi il passaggio che ha fatto sui controlli. Cinque mesi fa lei diceva che i controlli erano stati effettuati a tappeto in tutte le stalle valdostane e da essi non erano stati rilevati consumi sospetti o illeciti, tantomeno mucche infette. Oggi ci dice che i controlli vengono fatti, per quanto concerne i mangimi, sulla base dell'etichetta. Ma è notorio che spesso le ditte che producono quei determinati prodotti o per gli animali o per il consumo umano, sulle etichette non rispettano la descrizione puntuale degli alimenti o degli ingredienti utilizzati.
Allora, se lei dice che i controlli che sono stati fatti a tappeto erano fondati sulle etichette, la cosa ci sbalordisce e ancor più ci sbalordisce sapere che Associazioni di categoria come l’AREV e l’ANABORAVA, sovvenzionate dalla Regione possono permettersi di fare una pubblicità che dice che i bovini valdostani consumano esclusivamente vegetali e che questo slogan pubblicitario è fondato sul presupposto che le etichette attestavano che non c’erano frammenti di origine animale in quei mangimi.
Mi sembra paradossale Assessore. Come possiamo accettare questo suo assunto come qualcosa di giustificato e giustificabile da parte di un Assessorato che ha compiti di verifica e di controllo di un certo peso, specie in questo momento che il morbo della mucca pazza forse crea più un effetto di psicosi, ma lascia sul campo dei problemi a livello sanitario per i bovini e, naturalmente, dei rischi non indifferenti per l’uomo?
Abbiamo appreso anche che i controlli sono partiti in estremo ritardo. Prima ci ha detto che sono stati controllati 45 mangimi, poi, in un secondo passaggio, ci ha detto che dei 45 solamente 21 sono stati analizzati, quindi grosso modo la metà sono stati oggetti di controllo.
Alla luce delle cose che ci ha detto, Assessore, la prima cosa che si dovrebbe fare è quella di sospendere la pubblicità, per non ingannare l’utenza, per non perdere di credibilità come immagine, e come Regione, ma soprattutto per non togliere credibilità agli allevatori che vogliono commercializzare un prodotto che non è a rischio di contaminazione. Altrimenti mi smentisca il contrario, Assessore, e mi dica che questa pubblicità non è ingannevole e che queste comunicazioni non sono assolutamente fasulle?
(interruzione dell’Assessore Vicquéry, fuori microfono)
? mi smentisca il contrario, Assessore. Iniziamo adesso a campionare i mangimi come si sarebbe dovuto fare qualche mese fa, come perlomeno lei presumeva si facesse o voleva farci intendere che si facesse in quel senso quando diede risposta alla nostra interpellanza. Forse era il caso di intervenire non in maniera tardiva, ma in maniera preventiva qualche anno fa. Lo so che anche a livello di Stato italiano non c’è stata una misura protettiva efficace e si è intervenuti quando la porta della stalla era ormai stata lasciata aperta, per usare una metafora, e i buoi erano scappati.
Nel 1994 guarda caso, con un'ordinanza dell’allora Ministro Raffaele Costa, venivano introdotte misure di protezione per quanto riguarda l’encefalopatia spongiforme bovina e la somministrazione di proteine derivate dai mammiferi.
In quell'ordinanza del Ministro Costa, ed era il "Governo Berlusconi" come ricorderà bene l’Assessore Vicquéry, si vietava la somministrazione ai ruminanti di mangimi contenenti proteine derivanti da tessuti di mammiferi; anche questo in un certo senso, oltre che anticipare i tempi, smentisce quello che poc’anzi ha detto l’Assessore. Vede che c’è questo sinallagma? È inutile che oggi lei lo voglia cancellare con una teoria del tutto nuovo e un po' folle.
Non possiamo essere soddisfatti di questa risposta; saremo più soddisfatti quando quelle rassicurazioni che lei ha fornito qualche mese fa troveranno conferma nei fatti, ovvero se non avremo altri vitelli a rischio nelle stalle e soprattutto se sapremo con certezza a termine delle analisi che lei ha annunciato quali sono gli alimenti, i foraggi o i mangimi che vengono forniti ai bovini presenti nelle nostre stalle.
PresidenteSono le 12,52, propongo una sospensione del Consiglio, che si riunirà alle ore 16,00.
La seduta è tolta.
La seduta termina alle ore 12,52.