Oggetto del Consiglio n. 1398 del 21 giugno 2000 - Resoconto
OGGETTO N. 1398/XI Inquinamento radioattivo delle masse nevose e glaciali della Regione. (Interrogazione)
Interrogazione Premesso:
- che secondo recenti studi scientifici i nevai e i ghiacciai sarebbero "collettori" di inquinamento radioattivo;
- che la Valle d’Aosta ha una cospicua estensione di masse nevose e glaciali;
- che, attraverso una legge del 1987, la Regione ha previsto l’istituzione di una rete di rilevamento della radioattività ambientale, dell’inquinamento atmosferico e la raccolta di dati climatologici al fine di salvaguardare l’incolumità delle persone e la preservazione dei beni dai pericoli derivanti dai fenomeni di alterazione dell’ambiente;
i sottoscritti Consiglieri regionali
Interrogano
l’Assessore competente per sapere:
1) se è a conoscenza di valori riferibili alla radioattività presente presso le masse nevose e glaciali della Valle d’Aosta;
2) in caso affermativo, se i valori registrati rientrano in una "soglia di tolleranza" oppure se possono destare qualche preoccupazione; in caso negativo, se sono previste analisi o studi in materia;
3) se attraverso la rete di rilevamento regionale si sia mai provveduto ad analisi di questo tipo.
F.to: Tibaldi - Frassy - Lattanzi
PresidenteLa parola all'Assessore al territorio, ambiente e opere pubbliche, Vallet.
Vallet (UV)Devo preliminarmente ricordare alcuni elementi circa l'organizzazione in Valle d'Aosta del monitoraggio radiometrico ambientale, con i quali di fatto anticipo la risposta al terzo quesito, precisando quali sono le attività svolte con il supporto della rete di rilevamento regionale, distinguendole dalle attività dei rilievi radiometrici sui ghiacciai e sulle masse nevose.
In Valle d'Aosta è operativo dal 1991 il centro di riferimento per il controllo della radioattività ambientale, facente parte della rete nazionale dei centri di riferimento.
Il centro è parte integrante dell'ARPA della Valle d'Aosta.
Le attività del centro di riferimento, che è in coordinamento operativo con gli altri centri regionali presenti sul territorio nazionale, coprono diversi aspetti del monitoraggio radiometrico ambientale.
Contemporaneamente all'avvio dell'attività del centro è stata costituita in Valle d'Aosta, come è ricordato nella premessa dell'interrogazione, la rete regionale di monitoraggio della qualità dell'aria, la quale comprende anche una parte riguardante la radioattività ambientale.
Questa parte, per quanto più limitata rispetto al cospicuo spiegamento di attrezzature per il monitoraggio dell'inquinamento atmosferico e dei parametri meteoclimatici, è tuttavia di grande importanza perché in grado di rilevare in continuo e in tempo reale la intensità di dose di radiazioni ionizzanti in esterno in sei località del territorio regionale: piazza Plouves ad Aosta, Donnas, Ayas, Etroubles, Cogne e La Thuile. In questo modo costituisce un utilissimo presidio di primo e immediato avvertimento nei confronti di ogni variazione anomala dei livelli ambientali di radiazione ionizzante.
Attualmente anche la rete di monitoraggio della qualità dell'aria, comprendente l'aspetto radiometrico, costituisce parte integrante dell'Agenzia regionale per l'ambiente.
Le misure radiometriche automatiche di intensità di dose, effettuate nell'ambito della rete regionale, hanno tuttavia altro fine rispetto alla valutazione della contaminazione radioattiva di nevai e ghiacciai.
Il centro di riferimento per il controllo della radioattività ambientale di Aosta, accanto alle attività di base proprie di ogni sistema di monitoraggio della radioattività ambientale, ha sempre cercato di esprimere originalità operativa in relazione agli aspetti specifici del territorio regionale, tra questi un ruolo importante spetta sicuramente al glacialismo e alle precipitazioni nevose.
La funzione di collettore di ricadute radioattive artificiali potenzialmente esercitata dai ghiacciai è un'acquisizione scientifica ben nota e del tutto coerente con la caratteristica dei ghiacciai di essere veri e propri archivi naturali degli eventi e delle condizioni ambientali che si sono succeduti nel corso della loro storia passata.
Le ricadute radioattive artificiali più cospicue, che hanno interessato tutto il pianeta e sicuramente anche l'arco alpino, sono quelle conseguenti agli esperimenti nucleari in atmosfera degli anni '60. Importante, ma limitata nel tempo, è stata poi nella prima settimana del maggio 1986 la ricaduta radioattiva conseguente l'incidente al reattore nucleare di Chernobyl.
I problemi a questo punto consistono nel valutare la radioattività complessiva contenuta nelle masse glaciali, dovuta alle ricadute radioattive, e l'entità del rilascio di questa attività nel corso degli anni nelle acque di scioglimento glaciale.
Veniamo ai rilevamenti. Nell'estate del 1999 è stata svolta una campagna di rilievi radiometrici sulla superficie di ghiacciai al Plateau Rosa, Colle del Gigante e sul massiccio del Monte Bianco. I rilievi hanno mostrato la totale assenza di irraggiamento da Cesio 137 alla superficie dei ghiacciai, nelle zone di bacino e di raccolta.
Questo risultato è di per sé molto significativo. La radioattività contenuta all'interno della massa glaciale per effetto delle contaminazioni radioattive artificiali da deposizioni in tempi passati, ricoperta da strati successivi di ghiaccio da trasformazione delle masse nevose di accumulo più recenti, è da queste ultime completamente schermata. Pertanto un escursionista, a qualunque titolo percorra un ghiacciaio, nella regione del bacino di accumulo si trova in una situazione di minimo irraggiamento da radioattività artificiale depositata al suolo, inferiore a quanto accade su qualsiasi superficie erbosa o scoperta.
Il silenzio radioattivo alla superficie dei ghiacciai non significa assenza di contaminazione interna di strati della massa di ghiaccio formatasi in corrispondenza a più o meno antichi eventi di deposizione radioattiva. Per indagare l'entità del rilascio di radioattività nelle acque superficiali, è stata effettuata, sempre nell'estate 1999, nei mesi di agosto e settembre, una campagna di misure di radioattività sul detrito trasportato in sospensione dal torrente di fusione glaciale.
Il luogo prescelto è stato il torrente del Gran Ghiacciaio di Verra in Val d'Ayas, a 2400 metri circa, e nel sottostante vasto piano alluvionale, a 2300 metri di quota. I valori rilevati sono molto lontani dai livelli inferiori considerati significativi dal punto di vista del rischio radiologico, a conferma comunque che il ghiaccio rilascia radioattività attraverso la sua fusione, anche se in quantità al momento non comportanti alcun impatto significativo.
Per quanto riguarda la prosecuzione delle indagini, rispondo alla seconda parte della seconda domanda, il monitoraggio di qualsiasi fattore potenziale di rischio ambientale, deve essere condotto in modo regolare e continuativo, a prescindere dal sussistere contingente di livelli di contaminazione ambientale più o meno elevati.
Questo principio generale vale anche per il monitoraggio radiometrico ambientale, a maggior ragione tenendo conto della grande scala spaziale e temporale caratteristica delle dinamiche di diffusione in ambiente dei radionuclidi.
L'attività di monitoraggio radiometrico sui ghiacciai proseguirà dunque nel 2000 e negli anni successivi, in modo particolare sul sedimento glaciale dei torrenti di fusione, per evidenziare eventuali variazioni nel corso del tempo, con il monitoraggio stratigrafico di masse glaciali, anche sfruttando le stratificazioni esposte in crepacci, provvedendo alla mappatura radiometrica superficiale del bacino ablatore di ghiacciai, dove gli strati corrispondenti ad annate di accumulo successivo vengono in superficie in sequenze temporali ordinate.
PresidenteLa parola al Consigliere Tibaldi.
Tibaldi (FI)La risposta dell'Assessore è indubbiamente articolata e ha dato soddisfazione alle tre domande che avevamo formulato in questa interrogazione; tuttavia ci sentiamo di fare alcune osservazioni che fanno riferimento ad articoli che sono stati pubblicati nel 1998 e nel 1999, e che si riferiscono a questo fenomeno della radioattività presente sulle nostre masse nevose e glaciali.
L'Assessore ha dato delle risposte che in un certo senso sono tranquillizzanti, perché ha parlato di totale assenza di Cesio in seguito a un monitoraggio radiometrico fatto nel 1999 su alcuni massicci montuosi, fra cui il Monte Bianco, poi ha spiegato la differenza del rilevamento a livello superficiale e in profondità essendo i ghiacciai stratificati e quindi degli archivi veri e propri nel tempo dei fenomeni meteorologici e simili nel passato. Quindi ha tranquillizzato, dicevo, segnalando che non c'è alcun impatto significativo di radioattività secondo le normali soglie di tolleranza.
Differente è la rassegna stampa che mi sono procurato e che si riferisce alle nostre montagne, in particolare nel 1998 si faceva riferimento a tracce di radioattività sul Cervino, un gruppo di ricercatori aderenti alla commissione di ricerca e di informazione sulla radioattività, che non penso corrisponda al centro di riferimento a cui ha fatto cenno l'Assessore, ha ultimato uno studio sulla contaminazione da Cesio oltre i 1500 metri di altitudine, effettuando prelievi in territorio italiano, francese, svizzero e austriaco.
Diversi i valori registrati ma tutti i livelli di radioattività sono considerati globalmente molto elevati; 29 prelievi su 40 infatti hanno superato il livello dei 10.000 becherel per kg, soglia questa di considerazione di oggetto radioattivo da parte della Commissione europea.
Adesso non so se il centro di riferimento a cui faceva cenno l'Assessore abbia lo stesso metro di paragone; 10.000 becherel per kg è una soglia di tolleranza oltre la quale scatta l'allarme. Però di questi 29 prelievi, dicevo, fra gli 8 campioni più contaminati insieme a quelli di Cortina e del Mecantu c'è quello del Monte Cervino, si dice. Come dire, che oltre i 1500 metri del Cervino di quella che fu definita eruzione radioattiva, a cui faceva cenno anche l'Assessore, cioè l'esplosione della centrale di Chernobyl, c'è un triste ricordo al Cesio.
Inevitabile allarmismo, qualcuno ha affermato che la nube di Chernobyl non abbia propagato i suoi effetti fino alle nostre masse montuose. Tuttavia sembra che questo gruppo di scienziati abbia rilevato tracce di radioattività che sono tutt'altro che irrilevanti e quindi differiscono nella sostanza dalla risposta che ci ha fornito oggi l'Assessore.
La stessa cosa un anno dopo, e anche questa è rassegna stampa, a Varallo Sesia; tredici anni dopo l'effetto Chernobyl è ancora ben presente nel ghiacciaio del Monte Rosa, che è stato il primo italiano ad essere studiato nell'ambito di un progetto europeo, denominato Alpiclim. Questo è emerso in un convegno che si è tenuto nel marzo 1999, dove le analisi hanno rilevato un elevato livello di trizio a 55 metri di profondità, che può essere attribuito a test nucleari in atmosfera all'inizio degli anni '60 e in buona parte più in superficie, a 25 metri, imputabile alla catastrofe di Chernobyl.
È vero, sono dati scientifici che probabilmente lei, Assessore, ha ricavato grazie all'ausilio prezioso dei funzionari a sua disposizione; mi sono limitato ad una rassegna stampa, però sono dati che differiscono.
Direi che il fenomeno radioattività ambientale non deve essere sottovalutato. Lei ha detto che dal 1991 questo centro di riferimento è operativo, anche in ossequio a quella legge del 1987 che ho citato in premessa nell'interrogazione. Mi pare però di aver capito che sono solamente 6 i punti di monitoraggio radiometrico e ambientale, e sono casualmente tutti localizzati nel fondo valle, quando però sono i ghiacciai i primi collettori di radioattività, e visto che dai ghiacciai per effetto della fusione si ricava anche l'acqua, che diventa poi potabile e viene utilizzata dalla popolazione locale, inviterei l'Assessore innanzitutto a fare un confronto con questi dati che possediamo e che sono di diverso avviso, e poi ad intensificare i controlli su questo fenomeno della radioattività, che è tutt'altro che trascurabile.
PresidenteLa parola all'Assessore al territorio, ambiente e opere pubbliche, Vallet.
Vallet (UV)Per puntualizzare rapidamente che la fonte dei miei dati è l'ARPA regionale.