Oggetto del Consiglio n. 1361 del 7 giugno 2000 - Resoconto
OGGETTO N. 1361/XI Assegnazione delle quote latte ai produttori valdostani. (Interpellanza)
Interpellanza Preso atto che sono pervenuti all’Assessorato regionale all’Agricoltura centinaia di ricorsi da parte di produttori valdostani che contestano le quote latte loro assegnate;
Constatato che si tratta di un numero notevole di ricorsi in rapporto sia al quantitativo di produttori locali sia al numero dei ricorsi presentati a livello nazionale;
Considerando che si è di fronte ad una situazione che può a buon diritto essere definita "anomala";
Tenuto conto delle competenze che in materia svolge, e ha svolto, se pur con modalità e livelli diversi di responsabilità, l’Amministrazione regionale;
I sottoscritti Consiglieri regionali
Interpellano
l’Assessore competente per sapere:
1) il numero dei ricorsi pervenuti all’Assessorato, di quelli esaminati e di quelli accolti;
2) come valuta questa situazione, quali sono, a suo avviso, le disfunzioni che ne sono all’origine e quali le responsabilità dei diversi soggetti interessati;
3) come intende procedere per fare chiarezza sull’intera questione in modo che non si ripetano situazioni analoghe.
F.to: Squarzino Secondina - Beneforti
Presidente La parola alla Consigliera Squarzino Secondina.
Squarzino (PVA-cU) Tutti noi abbiamo avuto modo in questi giorni di vedere, sugli organi di informazione, che sono molte volte la fonte più diretta e celere di notizie anche per i Consiglieri oltre che per la popolazione, come ci siano alcuni dati sui ricorsi per le quote latte, che potremmo definire perlomeno preoccupanti.
L'AIMA - dice l'articolo sulla Stampa del 19 maggio 2000 - ha notificato a 1200 produttori valdostani su 1400 una serie di dati a riscontro di annate produttive.
Si tratta di anomalie, segnalate dall'AIMA e comunicate ai produttori che riguardano la differenza fra il latte effettivamente prodotto dal singolo produttore, così come è documentato mensilmente dai dati che vengono trasmessi dagli acquirenti, i dati a suo tempo dichiarati dallo stesso produttore, quello che si chiama il "dato storico" (che, come l'Assessore spiegherà meglio, non nasce come un fungo dalla storia, ma recepisce semplicemente le quantità di latte segnalate e dichiarate a suo tempo dai produttori della Valle d'Aosta).
La differenza fra queste due tipologie di dati ha fatto sì che molti produttori abbiano fatto ricorso, contestando i dati forniti dall'AIMA e chiedendo il rispetto dei dati a suo tempo forniti da loro stessi.
In commissione si è proceduto ad una serie di audizioni, ma su questo tema di così estremo interesse credo che bisognerebbe fare ancora più chiarezza, forse non c'è stato tempo in commissione di approfondire i vari aspetti.
L'interpellanza si propone tre obiettivi: conoscere i dati innanzitutto, quindi il numero dei ricorsi pervenuti all'Assessorato, il numero di quelli esaminati e di quelli accolti. Ci interessa poi una valutazione da parte dell'Assessore circa le disfunzioni che sono all'origine di questo fenomeno; a me pare strano infatti che un fenomeno così macroscopico sia passato inosservato in tutti questi anni, che nessuno se ne sia accorto, che nessuno lo abbia segnalato. Mi pare strano anche che vicende poco chiare, che hanno coinvolto in passato l'Associazione dei produttori, non abbiano fatto sorgere perlomeno qualche dubbio circa la gestione dei dati e circa le modalità con cui le informazioni venivano fornite ai produttori.
Mi pare strano che la stessa Amministrazione regionale, che in base alla legge n. 468/92 è chiamata a svolgere il controllo nei confronti dei produttori e degli acquirenti circa la corretta applicazione della normativa, non abbia rilevato qualche incongruità e non abbia provveduto a sanare le situazioni.
La terza questione a cui siamo interessati è capire quali sono le intenzioni dell'Assessore sul futuro: che cosa può fare perché ritorni la chiarezza sull'intera vicenda e perché i produttori siano informati correttamente su tutta la situazione, solo se informati correttamente possono avere gli elementi per poter decidere e fare delle scelte. Nessuno di noi vuole che la nostra regione compaia nelle graduatorie con indici così negativi, proprio in un settore, come quello lattiero-caseario, che è un po' il nostro vanto, una delle componenti della nostra carta di identità.
Queste sono le domande, per le quali chiedo una risposta da parte dell'Assessore.
PresidenteLa parola all'Assessore all'agricoltura e risorse naturali, Perrin.
Perrin (UV)Prima di rispondere ai quesiti puntuali contenuti nell'interpellanza e illustrati dalla Consigliera Squarzino, ritengo indispensabile fare alcune precisazioni in relazione alle competenze istituzionali svolte dai diversi organismi interessati.
Le operazioni di censimento delle produzioni e di prima attribuzione delle quote nel 1993 sono state effettuate da Coopagrival, cioè l'Associazione produttori di latte. Nel 1994, Coopagrival in accordo con l'Assessorato richiede quote aggiuntive per coloro che nei periodi di riferimento avevano avuto grossi problemi di produzione, collegati ai capi abbattuti per risanamento. Quindi l'ulteriore assegnazione che ne era conseguita da parte dell'AIMA ha riguardato indistintamente tutti i produttori che avevano avuto degli abbattimenti.
L'Associazione produttori ha successivamente gestito la compensazione delle quote tra produttori, a livello regionale, fino alla campagna 1994-1995, nonché tutti i trasferimenti di quota, quindi cessioni e affitti, per conto dei produttori, fatto che gestisce ancora attualmente. Le regioni, da parte loro, hanno avuto il trasferimento delle funzioni amministrative in materia di quote solo nel 1997 insieme ai compiti di revisione delle posizioni individuali dei titolari di quote e di decisione sui ricorsi. I ricorsi sono stati presentati in due tornate dai produttori e riguardano i dati relativi alla propria posizione individuale quali comunicati dall'AIMA e ritenuti anormali.
Più precisamente, nel 1997 erano state rilevate dall'AIMA 1400 situazioni anomale relative alle campagne 1995-1996 e 1996-1997. Queste erano essenzialmente incentrate sulla difformità fra potenzialità produttiva e produzione consegnata. Problematiche che hanno potuto essere risolte soprattutto grazie allo strumento dell'anagrafe regionale del bestiame, che da noi è puntuale, che ha permesso di confrontare automaticamente il numero dei capi in lattazione per ogni allevamento e la relativa quantità prodotta.
Per gli attuali ricorsi invece, relativi alle campagne 1997-1998 e 1998-1999, la situazione si presenta più complessa. In termini numerici i ricorsi sono circa 1200, ne sono stati esaminati circa 1000 sinora; l'ultimo termine utile concesso per l'esame degli stessi è fine giugno e solo dopo tale data si sarà in grado di fornire tutti i dati sugli accoglimenti parziali o totali. Al momento comunque 35 sono i casi di produttori che risulterebbero senza quota o a quota zero, e sarebbero pertanto assoggettabili al superprelievo, cioè a una multa per ogni litro di latte prodotto in esubero. Di queste situazioni, che sono chiaramente più delicate, 33 sono state risolte favorevolmente attraverso l'acquisizione di idonea documentazione, mentre altre due necessitano di ulteriori approfondimenti.
Entrando nel merito, la complessità è dovuta al fatto che ai ricorsi collegati alle anomalie della fase precedente si aggiungono situazioni che si configurano come una resa dei conti, se vogliamo.
Mi spiego meglio. Da una stima approssimativa già ora attendibile, possono essere circa 400 su 1200 i produttori ai quali è stata applicata la disposizione dell'articolo 3 del DPR n. 569/93, che ha avuto solo quest'anno la sua applicazione effettiva in quanto il periodo di riferimento andava dalla campagna 1994-1995 a quella 1998-1999 e quindi questa è la prima fase di verifica.
La disposizione prevede che se per 5 anni consecutivi un produttore commercializza una quota inferiore al 75 percento rispetto a quella assegnata, la sua quota deve essere ridotta alla media del prodotto commercializzato nei 5 anni di riferimento.
È evidente che si tratta di una disposizione che comporta un'applicazione automatica, basata su dati obiettivi, che non ammette deroghe o eccezioni, come d'altra parte riconfermato anche dal ministero che è stato appositamente interpellato, cioè un'applicazione che a rigore non avrebbe dovuto nemmeno essere oggetto di ricorso.
In realtà, si tratta di 400 produttori che nell'ambito dell'operazione di assegnazione e trasferimento di quote si sono ritrovati con l'attribuzione di una quota eccessivamente elevata rispetto alle loro reali esigenze produttive. Infatti, in un solo anno sui 5 presi in esame, hanno raggiunto questo famoso 76 percento della quota attribuita, quello che sarebbe bastato per non incorrere nella riduzione e mantenere per intero la propria quota.
Così quell'abbondanza, che poteva sembrare una situazione favorevole, si è ritorta contro i produttori che hanno ricevuto la comunicazione di riduzione della quota alla media di quanto hanno prodotto nei 5 anni, cosa che non sarebbe successa con un'attribuzione pur sempre ottimistica, ma attentamente mirata in funzione di questo limite che era già conosciuto nel 1993.
Il terzo punto dell'interpellanza mi offre l'opportunità di fare chiarezza sulla questione. Come Assessore, sono più che mai convinto della necessità di una gestione a livello regionale del regime delle quote, e non per il solito spirito di localismo, ma perché solo in sede locale si può tener conto di tutte le problematiche connesse alla particolarità del sistema produttivo valdostano, caratterizzato da continui adattamenti produttivi, stagionali e gestionali, funzionali anche alla specificità della tipologia di allevamento e alle caratteristiche della razza bovina autoctona.
La richiesta della gestione regionale è stata a suo tempo istituzionalizzata nella relativa proposta di norma di attuazione e si spera che presto il suo iter giunga a conclusione nella formulazione avanzata da quest'Amministrazione regionale e fatta propria da questo Consiglio.
Con questo non chiediamo particolari privilegi né respingiamo il concetto di quote di produzione; considerati già i vincoli ambientali e gestionali della Regione, siamo infatti convinti che i nostri allevatori sono i primi garanti dei principi restrittivi che sono alla base del regime europeo delle quote latte.
La regionalizzazione ci permetterà così di riconsiderare in modo complessivo le diverse esigenze dei produttori; nel frattempo, come Assessorato, possiamo già parzialmente farvi fronte con le riassegnazioni attualmente in corso di quote della riserva nazionale, che ci sono state attribuite.
Parallelamente, l'Assessorato sta cogliendo l'opportunità di avere finalmente tutta la situazione sotto controllo e sta provvedendo a rivedere e a ricostruire tutte le singole posizioni. Entro il mese di luglio si provvederà ad elaborare per ognuno i quantitativi di riferimento, che saranno comunicati ufficialmente, al fine di permettere all'allevatore di disporre di dati certi e di procedere così ad una più chiara e realistica programmazione della propria attività produttiva.
PresidenteLa parola alla Consigliera Squarzino Secondina.
Squarzino (PVA-cU) Ringrazio l'Assessore per la chiarezza e la linearità con cui ha presentato i dati, anche con molta onestà intellettuale; di questo gliene do atto.
Credo che avrebbe potuto esplicitare meglio in alcuni passaggi alcuni elementi che ha dato come impliciti. Pertanto se l'Assessore me lo consente, proverò io a farlo, in particolare rispetto al secondo punto dell'interpellanza, che riguarda le responsabilità, il ruolo diverso che è stato giocato dai vari soggetti. L'Assessore ha ricordato che nel 1993 era la cooperativa Coopagrival responsabile della registrazione di queste quote latte; nel 1994 era ancora Coopagrival insieme all'Assessorato ad avere tale responsabilità; Coopagrival inoltre ha gestito e gestisce tuttora l'intera operazione di trasferimento e affitto di quote, quasi volendo mettere in chiaro di chi sono le responsabilità: l'Assessorato solo dopo il 1997 ha avuto competenze in materia di quote latte per il periodo precedente; la responsabilità è di qualcun altro, in questo caso della Cooperativa dei produttori. Credo che questo sia giusto, Assessore.
Quello che mi lascia perplessa è il fatto che l'Assessorato aveva già fin dal 1993 dei compiti di verifica e di controllo sull'attività della Coopagrival, e aveva, ed ha tuttora, la responsabilità di certificare la cessione e il trasferimento delle quote, tant'è vero che le centrali, a cui viene venduto il latte, fanno riferimento alle quote latte dei produttori, e non basta che questi dicano di aver affittato delle quote a questo o di averne trasferite a quell'altro, ma devono avere un documento rilasciato dagli uffici dell'Assessorato che attesti le loro affermazioni. Non certamente l'Assessore in persona, ma sono gli uffici dell'Assessorato a certificare il passaggio di quote, quindi c'è una grossa responsabilità da parte della Regione.
C'è poi una responsabilità di tipo "politico" che vorrei qui ricordare, nel senso che lei dice che c'è stata una resa dei conti rispetto anche a quello che chiedeva la legge del 1993, ovvero chi non raggiungeva il 75 percento della produzione avrebbe visto ridurre la propria quota.
Rispetto a questo tema, c'era stata qui in Valle un'attenzione particolare, c'erano state voci precise che avevano sottolineato questa difficoltà, voci che o non hanno trovato ascolto da parte dell'Assessore, oppure non so cosa sia successo! Faccio riferimento ad una relazione già del 1993 in cui si dice: "La quota regionale determinata per l'88-89 dall'Associazione produttori Coopagrival e provvisoriamente accettata dall'AIMA è di 89 milioni di litri, come dichiarato dal Presidente Beneyton agli associati nell'assemblea per l'approvazione del bilancio del 1992. Questa indicazione è sicuramente in eccesso di oltre 20 milioni di litri, come è facile desumere dal numero di lattifere presenti in Valle d'Aosta, vale a dire meno di 20.000 capi, che tenendo conto della razza, del latte destinato all'allevamento e dei capi che non partoriscono, non può superare nel modo più assoluto i 60-65 milioni di litri. Sono state assegnate dall'Associazione produttori Coopagrival quote indebite ad aziende nuove, o mantenute ad aziende cessate, con il risultato di avere un'indicazione globale falsa. L'associazione non ha avvertito i produttori, né lo hanno fatto del resto altri organismi fra cui la Regione e le organizzazioni professionali, delle posizioni irregolari che si andavano determinando, con la conseguenza che molti sono convinti che la propria situazione produttiva sia definita e non soggetta a prelievi sulla sovrapproduzione, falsando così le prospettive di sviluppo della propria attività economica".
Le stesse cose, con parole diverse, le ha dette nel 1995 un'associazione di cui lei, Assessore, è stato per anni Presidente, l'AREV, la quale dice: "Riteniamo che la quota di 750.000 quintali sia decisamente superiore alla produzione. Dall'altro ci preoccupa il fatto di come si potrà in futuro - quindi già si sapeva - dimostrare di mantenere una produzione, che in effetti non abbiamo. Sull'efficacia della possibilità di dimostrare le produzioni con l'autocertificazione, si è pronunciato favorevolmente il Parlamento. È certo che tale operazione deve essere vista al fine di regolarizzare le posizioni stravolte da errori precedenti, e non certo azione attraverso la quale fabbricare nuove quote. Anche qui ci si deve per forza chiedere quale sia l'incongruenza che porti molti produttori a non avere una quota sufficiente, quando il quantitativo regionale totale lo è abbondantemente".
Voglio dire che c'era questo problema, tant'è vero che era stata nominata appositamente una commissione per chiarire tutta la situazione, però dai dati che lei ha fornito e, soprattutto, da tutta questa serie di ricorsi, appare che questa commissione che doveva fare chiarezza, non l'abbia fatta, perché il problema è tornato alla ribalta: siamo alla resa dei conti!
Quindi credo che ci siano, e ci siano state, effettivamente delle grosse responsabilità in questo senso da parte della Regione, che è stata chiamata a più riprese ad intervenire e non lo ha fatto.
C'è una perplessità che riguarda anche questa Cooperativa produttori, Coopagrival, che fa parte integrante della Certidop, che è quell'organismo che deve poi stabilire la qualità della fontina, ma questo è un altro problema su cui torneremo un'altra volta.
Rispetto alla terza questione, che riguarda le prospettive, condivido il fatto che la gestione delle quote venga fatta a livello regionale, che questo problema sia stato messo nell'agenda delle norme di attuazione. Ma questo non risolve la situazione perché non incide sul numero di bovine che ci sono nella nostra regione, numero che storicamente si è determinato e che non è in grado di produrre quei 750.000 quintali di latte.
Allora, anche se noi "regionalizziamo", non è che possiamo inventare o moltiplicare le bovine, per cui comunque si pone il problema di come gestiamo le quote latte, non solo, ma all'interno delle quote latte a livello nazionale è importante che non utilizziamo quote che magari altri possono utilizzare!