Oggetto del Consiglio n. 834 del 23 settembre 1999 - Resoconto
OGGETTO N. 834/XI Valutazioni in merito alla situazione dei tempi di attesa per gli interventi chirurgici all'Ospedale e allo stato della sanità in Valle d'Aosta. (Interpellanza)
Interpellanza Presa visione dei numerosi articoli pubblicati negli organi di informazione che denunciano lo stato di prostrazione in cui versa la sanità valdostana;
Venuti a conoscenza, oltre alle notizie di cui sopra, dei tempi di attesa per gli interventi chirurgici a cui devono sottostare i pazienti afflitti da alcune patologie quali ad esempio:
- colelitiasi (sette mesi),
- ernia inguinale (nove mesi),
- varici (un anno),
- meniscopatia (un anno),
- artrosi dell’anca (un anno);
Appreso inoltre che alcuni pazienti che dovevano essere ricoverati sono stati rimandati a casa perché, a causa delle urgenze, non erano disponibili dei posti letto;
Viste alcune soluzioni elaborate da altre Regioni;
Evidenziato che autorevoli esponenti delle forze di maggioranza hanno commentato questa situazione chi riproponendo la costruzione di un nuovo ospedale, chi denunciando l’eccessivo ottimismo dell’Assessore in carica;
i sottoscritti Consiglieri regionali
Interpellano
il Presidente della Giunta regionale per conoscere:
a) quali tempi d’attesa stimerebbe ottimali per i pazienti che necessitano di cure presso l’Ospedale regionale;
b) in che modo ed entro quali scadenze ritiene di poter migliorare la situazione dei tempi di attesa fino a raggiungere gli obiettivi di cui al punto a);
c) se ritiene di dover modificare, almeno parzialmente, il programma di legislatura, ridiscutendo eventualmente anche le deleghe assessorili.
F.to: Marguerettaz - Viérin M.
PresidenteLa parola al Consigliere Marguerettaz.
Marguerettaz (Aut)Pur ritenendo che la questione delle liste di attesa a cui sono sottoposti i Valdostani che necessitano di cure presso l'Ospedale regionale sarà oggetto ampio nella discussione che seguirà la relazione sulla situazione generale della sanità che nella giornata sentiremo dall'Assessore, vorrei brevemente illustrare i motivi che mi avevano condotto, prima di sapere che la Giunta riteneva utile affrontare il discorso globale della sanità in aula, a presentare quest'interpellanza.
Nel mese di giugno scorso il sottoscritto chiese formalmente nel corso di una riunione della V Commissione consiliare di avere i dati dei tempi di attesa per i pazienti che necessitavano di interventi chirurgici presso l'ospedale regionale.
Arrivati al mese di settembre, non essendo ancora giunti al sottoscritto questi dati, e avendo nello stesso tempo il sottoscritto rintracciato un po' empiricamente alcuni di questi dati, mi è sembrato opportuno portare la questione all'interno dell'aula consiliare. Nel periodo intercorso fra la presentazione di questa interpellanza e oggi, momento in cui ne discutiamo, mi sono pervenuti da parte dell'Assessore i dati da me richiesti, dati che sono evidentemente ben più completi di quelli di cui potevo essere in possesso io.
I dati di cui ero in possesso sono sotto gli occhi dei colleghi Consiglieri, sono scritti sull'interpellanza; ero venuto a conoscenza che per patologie quali la colelitiasi ci vogliono sette mesi di attesa per essere operati, per un'ernia inguinale i mesi salgono a nove, per le varici a un anno, per una meniscopatia siamo sempre intorno all'anno, così come per l'artrosi dell’anca. I dati che l'Assessore ci ha fornito, fra l'altro forniti all'Assessore a sua volta dal Direttore sanitario del presidio ospedaliero, sono evidentemente molto più estesi, non scendono in patologie diciamo così relativamente semplici quali quelle che ho scritto nell'interpellanza, ma fanno doppiamente preoccupare. Credo sia giusto darne una rapida lettura, in modo che anche i colleghi consiglieri che non sono in possesso di questi dati ne vengano a conoscenza.
Per il primo trimestre del 1999 - non sono ancora ovviamente disponibili i dati dei tempi di attesa del secondo semestre del 1999 - i tempi sono i seguenti: per un intervento di ostetricia o ginecologia i tempi di attesa variano dai 20 ai 30 giorni, così come l'urologia in caso di patologia neoplastica, invece per patologie non neoplastiche i tempi di attesa sono 4-5 mesi; per l'ortopedia andiamo dai 60 giorni di attesa per essere operati ad una mano, ai 300 giorni, circa 10 mesi, per avere una protesi, e all'anno per chirurgia ordinaria di elezione.
Per l'oculistica ci sono 3 mesi di attesa per essere operati, per la chirurgia vascolare gli interventi arteriosi richiedono 6 mesi di attesa, le angioplastiche 2 mesi, gli interventi venosi un anno e mezzo, per la odontostomatologia i mesi di attesa sono 2, per la chirurgia generale a marzo le prenotazioni andavano a settembre, quindi sono sei mesi se non vado errato, per la chirurgia toracica - cito il dato che mi ha maggiormente colpito - le neoplasie al polmone tendono ai 3 mesi di attesa.
Faccio un unico commento, riservandomi di ampliare il ragionamento quando si affronterà la discussione generale. Noi Autonomisti riteniamo questi dati espressione di una sanità da terzo mondo per una realtà come la nostra, piccola, misurata, per la quale secondo molti si è sempre offerto un servizio sanitario eccellente, quasi da prendere esempio in Italia.
Presidente La parola all'Assessore alla sanità, salute e politiche sociali, Vicquéry.
Vicquéry (UV)Innanzitutto mi scuso con il Consigliere Marguerettaz se c'è stato un ritardo nella consegna di questi dati, ma non ne ero a conoscenza, perché ci arrivano le rilevazioni trimestrali direttamente dall'azienda ospedaliera e i tempi di rilevazione non sono purtroppo in tempo reale. Vorrei anche estendere il contenuto dell'interpellanza, che mi pare incentrata più sugli aspetti dei tempi di attesa delle sedute operatorie, ai tempi di attesa anche delle prestazioni ambulatoriali, per avere il quadro più completo della situazione, premettendo che nel punto iscritto dalla Giunta regionale non ripeterò le stesse cose; presenteremo un documento che sia il più esaustivo possibile, che possa dare già per scontato che l'analisi dei mali della sanità è stata fatta, quali sono i mali stessi, come si tenta di risolverli.
Proprio per rispondere ad un primo punto dell'interpellanza, faccio riferimento ad una delibera di Giunta regionale del 24 agosto 1998, n. 2891, con la quale venivano determinati i criteri per la definizione dei tempi massimi che possono intercorrere fra la richiesta di prestazioni sanitarie e l'erogazione delle stesse da parte dell'USL, questo in applicazione del decreto legislativo n. 124/98, che dice che le regioni devono dare indicazioni sui tempi massimi e le singole aziende devono poi a loro volta indicarli, perché definito il tempo massimo scatta la possibilità da parte del cittadino, se non viene data una risposta in quella tempistica, di rivolgersi presso strutture private accreditate o addirittura presso strutture private tout court chiedendo poi il rimborso. E ci sono già sentenze di numerosi TAR in questo senso.
In questa delibera definivamo i tre livelli di classificazione delle prestazioni:
- il livello 1: prestazioni urgenti;
- il livello 2: prestazioni urgenti differibili;
- il livello 3: prestazioni programmabili.
Le prestazioni del livello 1 sono le prestazioni ambulatoriali specialistiche urgenti, per le quali non è necessario l'accesso al pronto soccorso, ma la cui effettuazione deve avvenire con carattere di urgenza nell'arco della giornata di presentazione del paziente o in un periodo immediatamente successivo.
Le prestazioni del livello 2 sono prestazioni ambulatoriali specialistiche urgenti, la cui effettuazione può essere differibile per qualche giorno, ma che necessitano comunque di una effettuazione in tempi brevi, entro 7 giorni.
Le prestazioni programmabili del livello 3 sono prestazioni che non rivestono carattere di urgenza, per le quali l'effettuazione tempestiva è requisito importante per assicurare la qualità e l'efficacia del processo assistenziale in atto.
Vorrei chiarire che quando parliamo di tempi di attesa che sono, ve lo confesso, il vero cruccio dell'Assessore regionale alla sanità, il problema dei problemi in tutti i sensi, dobbiamo fare riferimento al terzo livello perché su questo dobbiamo essere chiari: il livello 1, prestazioni urgenti, e il livello 2, prestazioni urgenti differibili, sono sempre e comunque assicurate dai presidi ospedalieri, secondo scienza e coscienza del medico prescrittore. Questo va detto con chiarezza, perché se il medico ritiene che sia una prestazione urgente, viene sicuramente esaudita. Mentre il problema enorme sta per il livello 3. Detto questo, e precisato che l'azienda USL con delibere successive, che vengono periodicamente aggiornate, ha definito i tempi massimi di attesa - faccio riferimento a quella del 1° ottobre 1998 e a un'altra ancora più recente?
(interruzione del Consigliere Marguerettaz, fuori microfono)
? sì, delibere dell'USL che, in applicazione dei criteri definiti dalla Giunta regionale, che fra l'altro dava delle indicazioni precise per andare a tentare di ridurre i tempi di attesa, li definiscono poi di volta in volta. Per cui facciamo riferimento alle prestazioni cosiddette "programmabili".
Qui dobbiamo cercare di capire quali sono le cause di questo, e sono state individuate essenzialmente in tre. Il primo è il noto problema in alcuni settori - ma non possiamo generalizzare - della carenza di medici specialisti, specificatamente per le sedute operatorie di anestesisti, l'eccessivo uso di visite strumentali, l'abnorme domanda rispetto all'offerta di prestazioni. Rimanendo al primo punto, il problema degli anestesisti, è un problema che gli stessi anestesisti riconoscono urgente e indifferibile. In questa settimana la Società italiana di anestesia e analgesia è riunita in congresso alla fiera di Roma e in un'agenzia di stampa di ieri dichiarano: "Sono gli stessi anestesisti rianimatori che reclamano un'attenzione maggiore verso una specializzazione, che negli anni è sempre più in crescendo, ma che i giovani neolaureati sembrano evitare, perché alla grande responsabilità della tutela della vita del paziente non è corrisposto un adeguato stipendio".
Siamo insufficienti, ha detto il prof. Gasparetto, Presidente del congresso e Direttore dell'Istituto di anestesia alla Sapienza di Roma, ma ci sono ore della giornata in cui gli ospedali si reggono grazie alla figura dell'anestesista. Al policlinico Umberto I di Roma gli anestesisti effettuano sette guardie al giorno e nonostante il Ministro della sanità abbia raddoppiato le borse di studio in questa specializzazione, gli specialisti non bastano. In Lombardia mancano 763 anestesisti, e i direttori generali, quantunque possano assumere senza concorso, non trovano specializzati. In Europa invece, grazie a compensi più alti, il problema è stato risolto. E così continua.
Leggevo stamani di un'indicazione della Regione Marche, che ha stabilito un tetto massimo di 700mila lire di tariffa per seduta operatoria per gli specialisti esterni, per bloccare la spesa sanitaria, rispetto ad esempio alle 200mila lire all'ora che paghiamo noi per gli esterni e alle 150mila lire d'incentivazione interna per i medici specialisti.
Il problema è difficilmente risolvibile, perché se è vero che l'anestesista è considerato nell'ambito universitario il fratello povero del chirurgo, con una visibilità assolutamente minore rispetto al chirurgo, è altrettanto vero che se mancano le forze lavoro evidentemente? e il problema diventerà sempre meno risolvibile.
Teniamo presente che è un problema anche a livello europeo in parte, ma che se andate a vedere la mobilità del personale medico a livello europeo, potete notare che sono proprio gli anestesisti quelli che più emigrano dai paesi di origine. In Francia ad esempio gli anestesisti puntano ai Paesi del nord, Scandinavia, Norvegia, e via dicendo, perché sono altamente retribuiti rispetto alla Francia.
Il problema sta assumendo delle dimensioni colossali e dovranno essere assunti dei provvedimenti forti per poterlo risolvere, anche perché la gamma dei servizi che sono stati messi a disposizione degli anestesisti ultimamente si è allargata di molto; si pensi a tutte le emergenze, ai "118", a servizi che prima non esistevano, all'istituzione dei dipartimenti di emergenza di I e II livello rispetto ai vecchi Pronto soccorso, eccetera.
La normativa che esce, grazie alle società scientifiche, diventa sempre più restrittiva e sempre più specialistica, ma nel momento in cui chiedo la presenza di un medico specialista là dove prima c'era un medico di medicina generale, evidentemente mi diminuiscono gli specialisti, al di là del problema generale.
Questo è il problema, noi cerchiamo di risolverlo come dicevo ieri e dal 3 ottobre dovremmo tornare al numero di sedute operatorie precedenti, però questo non ci conforta. Dovremo comunque insistere sulle borse di studio e insistere con gli accordi con l'università per formare degli specialisti in Valle d'Aosta.
Questa è la prima causa. La seconda è l'eccessivo numero di esami strumentali, che sta aumentando enormemente - io posso darvi lettura di alcuni dati - e questo è un problema di cultura generale, se vogliamo, perché dal medico di medicina generale al medico ospedaliero, si fa sempre più uso di strumentazioni per poter arrivare ad una diagnosi di tipo clinico, quando solo alcuni anni fa alla stessa diagnosi con livelli di approssimazione maggiore si arrivava, ma semplicemente con il vecchio metodo della visita clinica e non con la visita strumentale. La visita strumentale è tutto quanto riguarda le apparecchiature: dalla TAC all'ecografia, in breve chi utilizza strumenti per poter arrivare a una diagnosi clinica?
(interruzione del Consigliere Marguerettaz, fuori microfono)
? anche con gli interventi chirurgici ha poca rilevanza, perché se devi operare in genere devi fare una visita strumentale prima, però io sto parlando dei tempi di attesa in linea generale. Questo è un problema di cultura, su cui dibattono in tanti consessi, la stessa Federazione dei medici di medicina generale ultimamente si è interrogata sul loro ruolo di medici ed ha concluso dicendo che è venuto meno il ruolo di medico clinico nel senso stretto della parola, perché ognuno di loro sta diventando un passacarte con perdita da parte del medico di qualificazione e professionalità.
La terza causa è l'aumento della domanda rispetto all'offerta. Vi do solo tre dati: il numero dei ricoveri totali del 1998 rispetto al 1997 è di 23.622 con un aumento di 2,7 percento rispetto al 1997; i ricoveri brevi con pernottamento sono stati 2515 con un aumento di ben 51 percento rispetto al 1997; i ricoveri in day hospital sono stati 4597 con un aumento del 26 percento rispetto al 1997. Questi sono dati che ho preso per l'occasione, ma potremmo ricavarli nell'ultimo quinquennio e potremmo dimostrare che c'è un aumento enorme di domanda di prestazioni sanitarie di anno in anno rispetto alla possibilità dell'offerta.
Sull'area della degenza abbiamo avuto nel 1998 rispetto al 1997 un numero esorbitante di prestazioni in più; ho qui tutto l'elenco - che posso lasciare - per singola unità operativa, ma passiamo per esempio per la Cardiologia da 37mila prestazioni ambulatoriali nel 1997 a 39mila, 2mila in più; nella Chirurgia generale da 1760 a 2759, 1000 prestazioni in più in un anno.
Il totale di prestazioni ambulatoriali all'interno dell'Ospedale effettuate nel 1998 rispetto al 1997 è di più 36mila prestazioni, sono state fatte nel 1998 316mila prestazioni rispetto alle 280mila del 1997. Stiamo raggiungendo dei livelli folli ed è assolutamente documentato!
L'Ostetricia Ginecologia, l'ho visto nei giorni scorsi, è passata da 10000 del 1997 a 12200 del 1998; parlavamo la settimana scorsa di visite ecografiche, di tempi di attesa, e quant'altro. Fermo restando che alla donna gravida nelle visite di tappa l'ecografia viene fatta normalmente, ma la donna che vuol fare un'ecografia e che non sia in quella casistica, deve aspettare perché non è ammissibile che si continui a colpi di 2000 prestazioni in più ogni anno. Non è ammissibile, ma la colpa non è del cittadino; dobbiamo trovare metodi - che poi dirò - per definire dei regolatori del sistema, perché non mi stancherò mai di dirlo, abbiamo una macchina che ha una potenzialità di 100 a cui viene chiesto ogni anno di dare risposte per 120, 140, 160, 180. Questo sistema si è tenuto sotto controllo per qualche anno, ma sta scoppiando, per non dire che è scoppiato, e non posso non concordare con l'analisi che è stata fatta dal Consigliere Marguerettaz; mi dispiace che abbia usato il termine di sanità da terzo mondo, perché purtroppo la situazione è generalizzata per tutta la sanità pubblica, i tempi di attesa sono ovunque altissimi, salvo poi in alcune realtà hanno la possibilità di scegliere fra diversi ospedali pubblici, mentre da noi così non è per cui tutto si concentra in un ospedale pubblico.
Ma il tasso di produttività dell'Ospedale di Aosta è anche questo abnorme, in positivo, non si può contestare nulla a questi medici; gli si può contestare che prescrivono troppo, che richiamano troppe volte a visite di controllo, ma qui capite che si entra in una tematica difficilissima che non può gestire né il Consiglio regionale né l'Assessore regionale alla sanità e difficilmente può gestire il direttore sanitario perché ne va della responsabilità medico-legale, della scienza e coscienza del medico che prescrive una visita di controllo in più piuttosto che farne una in meno. Questi sono i dati che sono dati eclatanti.
Il laboratorio di analisi nel 1997 ha fatto 1.459.000 prestazioni, nel 1998 ne ha fatte 1.584.000; le presenze in Pronto soccorso hanno raggiunto livelli che toccano i 25-26mila accessi in un anno su una popolazione di 120mila abitanti.
Questo è un tentativo di dare una risposta al problema più generale dei tempi di attesa posto dall'interpellanza?
(interruzione del Consigliere Marguerettaz, fuori microfono)
?. i tickets stanno diminuendo in virtù del decreto Bindi, di uno dei tanti decreti del ministro. È stata una scelta politica quella di abolire alcuni tickets, non ho i dati, ma so che sono stati incassati qualcosa come 7 miliardi di tickets, è molto poco.
Una delle impostazioni culturali di alcuni anni fa consisteva nel dire che per frenare la domanda era sufficiente imporre dei tickets "modérateurs", alla francese; in Francia si paga un ticket per i ricoveri ospedalieri, il cui costo è inversamente proporzionale al grado di complessità del ricovero, cioè si paga di più per un ricovero per un appendicite rispetto ad un ricovero per un'operazione di neurochirurgia. Poi quale effetto abbia dato in Italia è facilmente dimostrabile: assolutamente nullo. C'è stata un po' di protesta i primi tempi quando si è istituito in Valle d'Aosta il ticket sui mancati ricoveri in Pronto soccorso, ma dopo una prima fase di contestazioni l'effetto è stato praticamente nullo. C'è stato invece un buon risultato rispetto alle visite dei medici ai turisti; avendo definito una quota di partecipazione da parte dei turisti, quest'anno si sono risparmiati centinaia di milioni perché l'accesso è diminuito. Questo dimostra che molte visite sicuramente non erano necessarie.
Queste tre sono le cause principali e su queste tre dobbiamo lavorare: numero dei medici in generale, lasciamo perdere il personale paramedico perché parliamo di fisioterapisti, se non ne abbiamo si allungano le liste di attesa anche per i fisioterapisti, neppure le strutture private riescono a recuperare personale fisioterapista; eccesso di visite strumentali e aumento della domanda. Sull'aumento della domanda torneremo nel documento che si sta preparando per la discussione del punto all'ordine del giorno.
Tutto s'incentra sulla necessità di definire un sistema regolatore, ma le politiche regionali in materia di regolatore del sistema possono essere solo di due tipi. Il primo è una politica d'impostazione di tariffazioni sulle prestazioni, che consiste nel far pagare le prestazioni per evitare che qualcuno si rivolga troppo alle strutture, ma tendenzialmente siamo contrari perché la logica della riforma sanitaria è quella di dare un servizio gratuito a tutti e poi perché questo metodo del ticket modérateur si è rivelato inefficace. Il secondo è il potenziamento dell'attività in day-surgery (e qui rispondo al secondo punto, le liste operatorie); su questo già la delibera di Giunta regionale, che penso il Consigliere abbia, altrimenti gliela faccio avere, diceva che l'USL deve potenziare il day-surgery, cioè operazioni in giornata. L'USL ha costituito un gruppo di lavoro tecnico, coordinato dal primario di Chirurgia, che sta definendo le tipologie di prestazioni che possono essere fatte in day-surgery e le modalità, perché per quanto si dica l'operazione in day-surgery comporta, per il medico che decide di ricoverare in giornata, responsabilità molto maggiori rispetto al ricovero a cui segue il pernottamento. Stiamo definendo questo; bisognerà assolutamente potenziare queste prestazioni.
Bisognerà poi andare a convenzionarsi con strutture private accreditate, perché uno dei principi base della riforma è che il cittadino possa rivolgersi ovunque a strutture pubbliche o a strutture private a costo zero. Questo principio ancora non è decollato e lo vorremmo far decollare in tempi sufficientemente brevi, pagando alla struttura privata accreditata esattamente quanto la Regione paga all'Ospedale. C'è un soggetto erogatore di prestazioni, che è l'ospedale, pubblico o privato?
(interruzione del Consigliere Marguerettaz, fuori microfono)
? in Lombardia, e c'è il soggetto che paga le prestazioni che è la Regione. L'Amministrazione regionale pagherà secondo le tariffazioni previste dal DRG, cioè i costi delle singole operazioni o prestazioni, per cui per me Regione è indifferente?
Marguerettaz (fuori microfono) ? sarà curioso vedere l'appoggio che troveranno i DS su questo?
Vicquéry (UV)? come è ben noto, siamo totalmente in linea come Giunta regionale su questi principi, anche perché la realtà della Regione Valle d'Aosta non è quella della Regione Lombardia, ma non voglio aprire il tema della Regione Lombardia, perché il disavanzo di quella regione sta diventando pauroso proprio perché non hanno definito bene il regolatore del sistema. Se do la possibilità al cittadino di accedere indifferentemente al pubblico o al privato, senza definire degli indicatori di qualità e dei regolatori dei sistemi, evidentemente anziché farmi tre ecografie all'anno ne faccio cinque e il sistema sanitario pubblico me ne paga cinque anziché tre. Ma chiudiamo questa parentesi. Per noi il problema non si pone perché uno dei problemi nostri è che non abbiamo concorrenze di strutture di cliniche private; abbiamo strutture ambulatoriali che già utilizziamo, le utilizziamo per la radiodiagnostica, per la medicina sportiva, e che dovremo utilizzare in misura maggiore perché l'alternativa è far andare il Valdostano in Francia o a Torino, cosa che vorremmo evitare perché il disagio per i pazienti non è indifferente, per cui dobbiamo basarci sulla nostra realtà.
Stavo dicendo di accreditarsi con le strutture private per poter abbattere le liste di attesa, pagando alle strutture private la stessa cifra che pagheremmo alla struttura pubblica.
La terza via che stiamo seguendo è quella di far decollare l'attività libero-professionale intramoenia. Questo è un aspetto molto delicato. Ho qui uno dei tanti articoli di stampa, questo riguarda l'Ospedale di Chivasso dove un'organizzazione sindacale denuncia le liste di attesa, così come le denuncia il Tribunale dei diritti del malato, che lamenta i tempi di attesa medi ancora troppo lunghi, in particolare per un ecocardiogramma l'attesa è di 4 mesi, da 3 a 6 mesi per la mammografia ed ecografia addominale o per la gravidanza.
All'Ospedale di Chivasso è successo che un cittadino si è rivolto per fare una visita, gli hanno dato un certo tempo di attesa, ma al tempo stesso gli hanno dato in alternativa la possibilità di farlo in attività libero-professionale. Anche qui è successo, a dei cittadini che sono venuti da me a lamentarsi per tempi di attesa vergognosi, ho risposto che il nuovo metodo dà questa possibilità, evidentemente a condizione che sia garantita la fascia del settore pubblico. Il sindacato dice: "Dovevamo prenotare un esame radiologico e una visita reumatologica, ci siamo sentiti rispondere che avremmo dovuto aspettare mesi per il nostro turno; cronaca di un paradosso annunciato, è qui il punto.
Il dilemma fra intra e extramoenia, cioè esercizio dell'attività libero-professionale dentro o fuori le mura dell'Ospedale, ha creato da subito proteste e riserve; gran parte del personale sanitario si è ribellato e non solo perché i medici si sono trovati d'improvviso a dover scegliere dove esercitare la libera professione terminato l'orario di lavoro nell'ente pubblico: in uno studio privato da allestire e attrezzare? O in ospedale?". Qui la riforma prevede che si possa, anche nel caso in cui si opti per l'intramoenia, lavorare presso una struttura esterna accreditata o addirittura nell'ambulatorio privato, ne parleremo.
Sulla vicenda denunciata su "Lo specchio dei tempi" la dott.ssa Laura, Direttore generale dell'USL spiega: "Le liste di attesa dipendono da numerosi fattori, non ultimo il maggiore o minore gradimento per un medico o per un ambulatorio rispetto a un altro. Nella zona di Chivasso per venire incontro all'utenza abbiamo già creato un centro di prenotazione unico per i tre distretti - anche da noi questo centro, la CUF, c'è ma fosse quella la soluzione avremmo già risolto tutto -, ma il problema di fondo è la carenza di specialisti. In Radiologia all'Ospedale di Chivasso, ad esempio, continuiamo a garantire il servizio con tre soli addetti".
La dott.ssa Serra aggiunge: "Il problema del dirottamento dei pazienti verso la libera professione in ospedale è una conseguenza della nuova normativa, non una vicenda di mala sanità della nostra USL; non possiamo impedire ai medici di farlo, né costringerli a moltiplicare il loro orario di lavoro nel pubblico".
Questo è un nodo fondamentale, anche noi stiamo lavorando per trovare gli spazi per l'attività libero-professionale intramoenia, prevista come obbligo dalla riforma, però in questo caso dev'essere chiaro che l'attività libero-professionale non potrà essere rimborsata dalla struttura.
C'è stato il caso di un Valdostano che si è rivolto ad un ospedale fuori Valle per un'operazione di neurochirurgia, è stato ricoverato, non era un'operazione urgentissima, l'operazione poteva avvenire nei 4-5 giorni seguenti; gli è stato detto che aveva la possibilità di scegliere l'équipe di neurochirurgia e che volendo poteva essere operato la mattina seguente. Gli hanno fatto firmare un documento di accettazione e lo hanno operato in neurochirurgia in attività libero-professionale, cosa delicatissima non dal punto di vista tecnico, ma dal punto di vista della procedura attuata, perché vi rendete conto che il povero cittadino è totalmente nelle mani del chirurgo.
Supponiamo che venga detto: sua moglie ha un'emorragia celebrale in corso, se vuole la opero domani mattina, altrimenti va fra 8-9 giorni in un'operazione di routine del sistema pubblico. La risposta è: operatemela pure immediatamente. Sono 40 milioni di parcella, tariffe dell'ordine professionale, tutto in regola. Questo intramoenia, perché la libera professione intramoenia si può fare per l'attività ambulatoriale, ma anche come lavoro di reparto di degenza con camere a pagamento.
Questa è una fase della sanità molto delicata. Alle regioni spetta di regolamentare il sistema e di evitare abusi che sono facilissimi a verificarsi. È per quello che io e molti miei colleghi sosteniamo che questa riforma, se è giusta in alcuni principi, è sbagliata nei tempi, perché si cala su realtà che non sono in grado di recepire questi principi. Le strutture ospedaliere non hanno gli spazi dedicati alla libera professione, le camere con televisore, aria condizionata, telefono e posto letto. Non hanno gli spazi da destinare all'attività ambulatoriale, non hanno regolamentato ancora qual è il sistema. Noi abbiamo deliberato dicendo quali sono i criteri per mettere in piedi l'attività libero-professionale, ma sulla carta è tutto facile, è poi la traduzione nel concreto che diventa difficile. Per cui, aver posto ai medici questa scadenza del 30 ottobre come scadenza ultima per poter optare per il rapporto esclusivo o meno, non è cosa da poco conto, perché se non opti per il rapporto esclusivo, hai una penalizzazione sul salario non indifferente, non potrai più fare carriera interna. Ha ragione il direttore di questa USL che dice: "I medici possono farlo, io non posso impedire di farlo, se lo fanno secondo le regole che ho prestabilito".
Non facciamola troppo lunga, perché avremo altre occasioni, sarà un tema che dovremo riprendere in commissione perché su certi aspetti tecnici non è il Consiglio che può dibattere, come ad esempio i commenti alla tabella 12, prego il Consigliere di risparmiarmi. Ieri mi ha chiesto informazioni sul commento alla tabella 12 del documento degli infermieri professionali, ho la risposta, ma gli chiedo di risparmiarmi di dare la risposta in Consiglio regionale, perché andiamo nel tecnico sul conteggio dei minuti, ma posso dargli la documentazione. Certi temi dovremo andare a discuterli in commissione proprio per snellezza di ragionamenti e non per sottrarmi al dibattito in Consiglio.
Ripeto, la risposta è questa: i tre strumenti per poter superare questa fase sono la convenzione con strutture private accreditate, il potenziamento dei day-surgery, e intramoenia.
La quarta possibilità è quella di ampliare il personale in servizio, ma qui caschiamo nel problema della carenza di medici specialisti.
La quinta possibilità che non vorremmo assolutamente utilizzare è quella di convenzionarsi con strutture private extraregione, perché al cittadino valdostano si può porre l'alternativa di sei mesi di attesa qui o di andare ad esempio alla Fornaca di Torino, con la quale ci possiamo convenzionare: la Regione porta il paziente in ambulanza a farsi operare, a costo di mobilità interregionale per cui a costo totale della Regione Valle d'Aosta. Questa è l'ultima delle possibilità che vogliamo mettere in piedi, questo dev'essere chiaro per tutta una serie di motivi, il primo dei quali è di capire se il disagio della lista di attesa è compensato con un disagio anche per la distanza della prestazione chirurgica.
Mi pare di aver affrontato il tema complesso delle liste di attesa; confermo che è un problema a cui dobbiamo tentare in tutti i modi di dare una risposta, anche se devo dire che salvo casi sporadici coloro che sono in lista di attesa non dico che ci stanno di buon grado, ma accettano di aspettare perché, malgrado la Consigliera Squarzino continui a commentare il mio intervento - e questo la dice lunga sulla sua educazione -, c'è un rapporto di fiducia che è alla base di tutto e che dovrebbe essere alla base del sistema sanitario.
Si dà atto che, dalle ore 12,07, presiede il Presidente Louvin.
PrésidentLa parole au Conseiller Marguerettaz.
Marguerettaz (Aut)Sarò brevissimo perché riprenderò molte delle cose dette dall'Assessore quando faremo la grossa discussione sulla sanità. Prendo spunto solo dall'ultima affermazione che ha fatto, perché mi è parso di vedere, come qualcuno ha scritto su qualche organo "indipendente" di partito, un eccessivo ottimismo da parte sua.
Al di là delle facili battute, devo dire che sull'ampia risposta data dall'Assessore sono solo parzialmente soddisfatto. Rimangono dei problemi aperti che riprenderemo non so a che ora durante la giornata, ma pongo una domanda per tutte sull'ampia risposta da lei data.
Lei, dal suo punto di vista, considera eccessiva l'espressione "da terzo mondo" anche perché la mette in relazione col fatto che i pazienti accettano di buon grado la situazione, ma da parte mia non può esserci questo atteggiamento: credo che un cittadino della Valle d'Aosta abbia diritto a delle prestazioni ben superiori rispetto a quelle che oggi vengono fornite dal nostro ospedale. Fra i rimedi che lei suggeriva, ce n'è uno sul quale sarà interessante approfondire il dibattito più tardi ed è quello che ha classificato al punto tre e che indica la necessità di trovare degli spazi per le attività libero-professionali. Quest'affermazione necessita poi di concretezza che vedremo di verificare più tardi.