Oggetto del Consiglio n. 2576 del 21 maggio 1997 - Resoconto
SEDUTA POMERIDIANA DEL 21 MAGGIO 1997
OGGETTO N. 2576/X Riforma della Costituzione della Repubblica italiana in senso federale.
Président La parole au Conseiller Chenuil.
Chenuil (GV-PDS-SV) Per mozione d'ordine. In base all'articolo 54 del Regolamento, quando l'Assemblea viene riunita alle 16,00, non si può iniziare alle 16,35. Invito tutti i consiglieri ad essere presenti all'ora stabilita.
Président Conseiller Chenuil, au rez-de-chaussée il y a eu une conférence de presse pour lancer l'année contre le racisme. On s'excuse avec le Conseiller Chenuil, il a raison, malheureusement il y avait cet engagement.
On est en train de discuter sur une motion concernant la réforme de la Constitution de la République italienne en sens fédéral. La parole au Conseiller Piccolo.
Piccolo (ADP-PRI-Ind) Non voglio qui ripetere quanto è già stato sottolineato nella risoluzione e nell'esposizione del Presidente della I Commissione, ma intendo fare comunque alcune considerazioni.
Condividiamo totalmente il contenuto della risoluzione elaborata dalla I Commissione consiliare allargata ai Capigruppo, su mandato preciso del Consiglio regionale ad unanimità, in merito alla Commissione Bicamerale parlamentare incaricata di procedere a modificazioni della Costituzione italiana.
Il documento presentato all'esame del Consiglio da parte della I Commissione risponde pienamente al mandato datomi dal mio movimento, Movimento Autonomista e Federalista, precisando che una riforma dello Stato deve essere necessariamente una riforma in senso federale, secondo i criteri ispirati al principio di autodeterminazione di ogni popolo, mantenendo quindi i diritti acquisiti dalle Regioni a Statuto speciale in particolare quello della nostra Regione.
È pertanto necessario secondo noi adeguare anche gli strumenti finanziari, per dare la possibilità di gestire in modo più autonomo le funzioni amministrative, delegando il potere dal centro alla periferia, e cioè alle regioni, e dalle regioni agli enti locali, secondo il principio di sussidiarietà, anche se sottolineo che la questione non può essere definita su aspetti soltanto economici.
In questo senso ritengo indispensabile da parte di questo Consiglio, al di là di quanto contenuto nel documento, un atteggiamento attento senza abbassare la guardia, per non trovarci, noi Regioni a Statuto speciale, coinvolte in una riforma dello Stato che, anziché valorizzare le specialità, tenda ad un federalismo basato su criteri solo di tipo economico e che non tenga conto della storia, della cultura e della posizione geografica strategica come quella della nostra Regione.
L'autonomia speciale della Valle d'Aosta rischia infatti forse di più in questa fase, dove a parole tutti parlano di federalismo e si dichiarano favorevoli al decentramento, rispetto ad altri periodi dove la conflittualità con lo Stato italiano ha contribuito a tenere alta la tensione e l'attenzione della popolazione valdostana tutta. Vorremmo evitare infatti che dietro a tanta declamata riforma, la Valle d'Aosta ne esca penalizzata.
Su questi per noi importanti principi appartenenti ad una Regione speciale, noi come movimento politico autonomista, esprimiamo il nostro consenso al documento, augurandoci che quanto in esso contenuto possa essere recepito dal Governo nazionale. È in questo senso che auspichiamo un'azione incisiva da parte dei nostri Parlamentari.
Président La parole au Conseiller Linty.
Linty (LNPIAP) Preannuncio che voterò questa risoluzione per disperazione, ma la voterò. Auspico di tutto cuore che l'Italia possa diventare al più presto uno Stato federale, con i principi del federalismo, cosicché il progetto nel quale credo si avvererà esattamente 15 giorni dopo che l'Italia sarà diventata uno Stato federale.
Si citava stamani la falsa idea di federalismo, il Capogruppo dell'Union Valdôtaine l'ha citata nella sua relazione. E io credo che questa falsa idea del federalismo non giaccia solo nei saloni romani, ma anche in quest'aula, dove ho avuto modo di sentire, dagli interventi fin qui fatti in merito a questa risoluzione, che le idee sul federalismo sono poche e ben confuse.
Il Consigliere Dujany parlava di patto di libera associazione. Mi chiedo dove sta la libertà dal momento che dico: "Ci sono venti regioni, faccio venti Stati e dico che l'Italia è uno Stato federale fatto di venti Stati". Ma chi gliela dà a questi Stati la libertà di associarsi o non associarsi? Dove sta il federalismo? Non credo di essere fuori strada, se per federalismo intendiamo la libertà di associarsi.
Quindi parte dall'alto un input che dice che l'Italia, che fino adesso è stata uno Stato centralizzatore, da domani diventa federalista, ma attenzione perché mi pare di aver capito dalle dichiarazioni rese da alcuni membri della Commissione Bicamerale e da quello che ho sentito stamani che si confonda troppo spesso il federalismo con il decentramento. Sono due cose completamente diverse. Sono quasi sicuro che dalla Bicamerale non uscirà uno straccio di documento federalista, se uscirà qualcosa sarà una delega alle regioni di qualche competenza in più.
Ma dicevo che voterò questa risoluzione, anche se ci sono delle contraddizioni; mi riferisco al punto 5 del paragrafo b), dove si chiede che venga attribuita alle Regioni a Statuto speciale una particolare personalità di diritto internazionale, cosa che personalmente condivido, ma che non fa parte di una federazione. È invece uno dei principi cardine di una confederazione la possibilità per un'entità di trattare a livello internazionale.
Alla lettera e) si dice che le potestà amministrative siano ridistribuite dalle regioni agli enti locali; attenzione perché qui - e mi riferisco all'intervento del Consigliere Piccolo quando diceva dallo Stato alle regioni, ai comuni - partiamo da un punto di vista che con il federalismo non ha niente a che vedere. Si parte dai comuni, si va alle regioni per arrivare allo Stato: questo è il federalismo.
Nella risoluzione in cui il Consiglio regionale si pronuncia a favore della riforma della Costituzione della Repubblica italiana in senso federale diciamo che va bene che la Regione deleghi allo Stato, e questo in uno Stato federale nel rispetto del principio di sussidiarietà è giusto, e poi diciamo che quello che deve andare ai comuni lo decide la Regione. Questo non va bene, deve invece partire da comuni, andare alla Regione e poi andare allo Stato. Cerchiamo allora di seguire un processo coerente da questo punto di vista.
Ritengo che non ci sia nulla di eterno, non sono eterne le religioni perché abbiamo casi in cui popolazioni protestanti sono diventate prima cattoliche e poi induiste, non sono eterni gli Stati; e vorrei porre un argomento di riflessione in quest'aula perché negli ultimi 40 anni gli Stati nel mondo sono raddoppiati, questo a sottolineare una certa linea che si sta portando avanti a livello globale, che è quella delle grandi sovranità.
Quindi credo che il discorso di uno Stato federale così come auspicato da questo Consiglio - pur con disperazione da parte mia, ma sicuramente accelererebbe il processo di indipendenza - sta a sottolineare un'incapacità della classe politica che in questi 40 anni ha fatto sì le regioni, ma non ha consentito loro di operare come dovevano.
Un'altra considerazione sempre sulla risoluzione è la seguente. Nel momento in cui partiamo dal presupposto che ci sarà uno Stato federale, il discorso di attribuire - mi riferisco al comma 1 del paragrafo b) - forme e condizioni particolari di autonomia a entità dello Stato federale si scontra con le linee di principio con il federalismo perché quest'ultimo presuppone che, al di là di quelle quattro competenze gestite dallo Stato federale, tutto il resto deve essere trasferito alle regioni. Mi rendo però conto, ed è per questo che voto la risoluzione, che con i tempi che corrono c'è il serio rischio di vedere diminuite quelle che sono già le competenze della nostra Regione, che altre regioni non hanno. Quindi interpreto questa frase come una sorta di mettere le mani avanti per evitare che vengano diminuite le competenze alla nostra Regione.
Vi è poi un altro aspetto da considerare parlando di federalismo. Non credo che si possa essere federalisti senza essere indipendentisti, mentre si può essere indipendentisti senza essere federalisti. Questo credo sia alla base sempre di quel patto di libera associazione di cui parlava stamani il collega Dujany, altrimenti non ci capiamo; altrimenti c'è qualcuno che parla una lingua e qualcuno che ne parla un'altra. Auspico che lo Stato italiano diventi uno Stato federale ovviamente con gli equilibri e i sistemi anche economici tributari variati perché, se domani mattina ci alziamo felici di vivere in uno Stato federale, laddove esiste ancora una Cassa del Mezzogiorno o cose di questo genere, non abbiamo risolto nulla.
Non abbiamo risolto nulla, se non cambia il sistema previdenziale, se non riusciamo a scoprire come mai abbiamo più di 7 milioni di pensioni di invalidità regolarmente retribuite, neanche la Germania, la Francia, i Paesi Bassi e il Belgio ne hanno tante così, messe insieme. Se non riusciamo a capire queste cose, ha poca importanza quale forma di Stato avremo perché comunque i conti economici saranno sempre gli stessi.
Bisogna scardinare questo sistema e dubito che a Roma ci sia l'intenzione di invertire la rotta da questo punto di vista.
Il Consigliere Squarzino diceva che la Bicamerale deve affrontare i problemi della specificità delle Regioni a Statuto speciale, ma il Consigliere Squarzino deve sapere che sicuramente i Valdostani sono rappresentati, i Friulani sono rappresentati, gli Altoatesini sono rappresentati, ma i Sardi non lo sono.... neanche i Friulani... quindi mi chiedo come si possa portare avanti un'attenzione relativamente alle specificità quando mancano all'interno della Bicamerale rappresentanti di un'isola significativa com'è quella Sarda.
Concludo questo mio primo intervento ribadendo questo voto di disperazione e la speranza che il processo di federare le venti regioni avvenga immediatamente così che mi potrò godere gli sviluppi e le tensioni sociali che verranno fuori da un'approvazione di questo genere e vedere così realizzato finalmente il progetto per il quale mi sto battendo.
Si dà atto che, dalle ore 16,41, presiede il Vicepresidente Aloisi.
Presidente Mi auguro che dalla disperazione il Consigliere Linty non passi all'esasperazione. Ha chiesto la parola il Consigliere Ferraris.
Ferraris (GV-PDS-SV) Chiedo un po' di pazienza a tutti perché forse rischierò di essere un po' lungo.
Questo è l'inizio di un confronto. Non sono fra coloro che si augurano che la Bicamerale fallisca per diversi motivi anche perché penso che questo Paese si meriti una qualche riforma e soprattutto perché, se i lavori della Bicamerale andranno in porto, si aprirà comunque un lungo iter di confronto sia a livello parlamentare, sia a livello nazionale, regionale con infine il referendum popolare, iter che coinvolgerà non solo gli addetti ai lavori, ma anche l'insieme della popolazione, per cui penso che di queste questioni continueremo a parlare ancora in futuro.
Sono d'accordo anch'io con chi diceva prima che va mantenuto questo rapporto stretto con i Parlamentari, in particolare con il Senatore che è nella Commissione Bicamerale; credo anche che sia condiviso da tutti il fatto che è necessario procedere in tempi brevi alla realizzazione di riforme istituzionali.
Si è parlato di una crisi dello Stato centralista, si è parlato del fallimento di questo Stato, si dice ed è vero che è a rischio l'unità nazionale, per certi versi lo ha anche teorizzato poco prima di me Linty costruendo un'equazione fra secessione ed indipendentismo; direi che c'è comunque un'insofferenza almeno di una parte del Paese rispetto a una situazione che ci vede paralizzati da molte leggi poco utili, da vincoli burocratici che sono eccessivi ed inaccettabili per i cittadini, da conflitti istituzionali.
Le riforme istituzionali debbono cogliere un primo obiettivo che è quello di trovare le ragioni di uno stare insieme. Non mi convince l'ipotesi di una secessione o di quanto emergerà dai referendum di domenica prossima indetti dalla Lega. Ho sentito in quest'aula - a parte l'intervento di Linty, una preoccupazione per la rottura dell'unità di questo Paese. Un Paese diviso, checché ne dica Pagliarini con il quale ho avuto una discussione ieri sera, sicuramente non va in Europa, rischia di scivolare verso il sud del Mediterraneo e di perdere i contatti con l'Europa stessa.
Ci sono delle possibilità reali per arrivare a una soluzione condivisa e ad una riforma federale dello Stato; credo che questo, che è scritto nel documento, debba portare ad un massimo di autogoverno per tutte le regioni quindi, un'uguaglianza di opportunità e di diritti. Credo che ci debba essere una divisione netta fra potestà legislativa del centro federale e potestà legislativa delle regioni; che ci debba essere un principio di responsabilità soprattutto per quanto riguarda l'esercizio del potere politico e il reperimento e l'uso delle risorse, il cosiddetto federalismo fiscale.
C'è la necessità di delegificazione; si parla anche di sussidiarietà, sebbene nella sala delle manifestazioni di questa Regione qualcuno ci abbia ricordato qualche tempo fa che il principio di sussidiarietà contiene qualche elemento di ambiguità perché non è mai chiaro da quale parte debba partire la sussidiarietà, se dal basso o dall'alto. È chiaro che se parte dall'alto qualche elemento di autoritarismo può esserci.
C'è la necessità di porre fine ad una pratica che ha impedito l'autonomia delle regioni, penso alle leggi cornice, alle legislazioni di principio, a quelle che sono state indicate come norme di indirizzo e che di fatto hanno limitato la possibilità di legiferare delle regioni, incidendo molto nella loro possibilità di intervento.
Dicevo che però oggi c'è la possibilità di realizzare il federalismo, un federalismo che unisca e che non divida quindi, non mi unisco al pessimismo di coloro che pensano che ogni riforma sia impossibile; anzi mi stupisce che ci sia qualcuno che per certi versi, quasi con un certo compiacimento, pensi che alla fine non si riesca a fare niente in questo Paese.
È un fatto incontestabile, sicuramente è una novità che il federalismo sia all'ordine del giorno della Commissione Bicamerale e credo che questo vada valorizzato. È chiaro che questo non vuol dire certezza del risultato, ma comunque significa fare un passo avanti importante in questa direzione.
Va detto che realizzare il federalismo in questo Paese è una cosa non facile anche perché ci sono tutta una serie di questioni non risolte. Va detto anzitutto che parliamo della costituzione di uno Stato federale partendo da uno Stato centralistico quando la storia ci insegna che il processo federale semmai è un processo di federazione; qualcuno ci ricordava stamani che il termine federalismo viene da "foedus" che significa patto, pertanto il federalismo è anche un processo di unificazione fra entità statali diverse.
In Italia si tratta di fare un'operazione esattamente contraria, un percorso assolutamente inedito, passando da uno Stato centrale ad uno Stato federale. Da questo punto di vista ci vuole dell'inventiva e della capacità politica e non credo che sia una pervicace volontà di D'Alema quella di riproporre modelli di semplice decentramento, ma è la realtà delle cose che ci pone di fronte alla necessità di confrontarci con problemi inediti. Anche perché abbiamo qualche esperienza in Europa: in Cecoslovacchia hanno fatto uno Stato che doveva essere federale e alla fine si sono trovati con due Stati indipendenti, quindi queste operazioni non sono sicuramente facili e ci troviamo a dover affrontare un tema di non facile soluzione. È la forza delle cose che impone certe soluzioni, non tanto la volontà pervicace di una cosiddetta partitocrazia, ma su questo torneremo.
C'è un secondo problema ed è il ruolo della seconda Camera. Condivido che ci sia una seconda Camera formata su base regionale con rappresentanza paritaria, una Camera che deve governare il processo di transizione al federalismo, un processo di perequazione e di solidarietà fra le diverse regioni.
Esiste un problema di differenziazione chiara delle funzioni della prima e della seconda Camera, esiste anche un problema di garanzie particolarmente importante per regioni piccole come la nostra che possono essere vittime degli interessi di aggregazioni territoriali più grandi e con maggior peso.
Dal punto di vista delle garanzie ci troviamo a livello nazionale in un sistema che è andato verso un modello elettorale maggioritario; in un tale sistema siamo abituati in Italia ad avere maggioranze che si giocano su pochi voti, ma nessuno esclude, indipendentemente da quello che sarà la nuova legge elettorale, che ci si possa trovare nel nostro Paese con risultati elettorali - vuoi a favore della Destra, vuoi a favore della Sinistra - sul tipo delle elezioni che si sono tenute in Inghilterra. Allora, in un Paese a bipolarismo fragile come il nostro, il problema delle garanzie diventa fondamentale pertanto, quando a livello nazionale è aperto un discorso sul ruolo della seconda Camera, credo che questo vada affrontato con una certa capacità di riflessione, sapendo che il problema della nomina dei giudici della Corte costituzionale - se andiamo verso forme di autogoverno e di governo diviso - dovrà essere ripartito equamente fra regioni e Governo federale, ma sapendo che ci sono problemi anche di nomina di autorità indipendenti, problemi legati ai diritti di libertà - penso alle questioni legate alla revisione dei codici penali - e non solo questi.
Per cui la presenza di una Camera che si occupi non solo di regioni, ma affronti anche i problemi delle garanzie e delle libertà in termini più generali e venga eletta anche con meccanismi elettorali diversi da quelli con cui viene eletta la Camera federale, credo sia una questione che debba essere affrontata.
Esiste poi un altro aspetto che veniva evidenziato, che è quello del rapporto fra lo Stato federale, le regioni e i comuni. Oggi le regioni sono un po' l'anello debole del federalismo perché non hanno dato una buona prova di sé in tutti questi anni vuoi per i vincoli a cui sono state sottoposte, vuoi per limiti soggettivi; hanno indubbiamente operato meglio le Regioni a Statuto speciale, ma oggi non vediamo l'istituto regionale nell'immaginario collettivo di questo Paese come un istituto forte.
Abbiamo invece visto affermarsi sulla scena politica nazionale i sindaci; la gente sa chi è il Sindaco di Milano piuttosto che di Torino, piuttosto che di Venezia, se però dovessimo chiedere chi è il Presidente della Campania piuttosto che quello della Toscana piuttosto che quello del Veneto o della Lombardia, qualche difficoltà in più sorgerebbe. Questo sta a significare che nel Paese si è affermata una classe dirigente nazionale nei comuni, mentre stenta ad affermarsi nelle regioni. Anche qui non c'è una volontà pervicace di rivalutare i comuni rispetto alle regioni, sono d'accordo che le regioni debbano avere un ruolo preminente e che l'ordinamento degli Enti locali competa alle regioni sulla base del principio di sussidiarietà però, non possiamo fare finta di non riconoscere dei fenomeni politici che in questo Paese hanno un peso significativo.
Rimane poi la questione del reperimento delle risorse del federalismo fiscale. Il federalismo in sé è un meccanismo che vede comunque elementi di attrito, di conflitto e di competitività fra lo Stato federale e le entità regionali, quindi è aperta una negoziazione per quanto riguarda l'utilizzo delle risorse anzi, molti studiosi del federalismo denunciano il fatto che negli Stati federali negli ultimi tempi sia prevalso lo Stato federale sulle entità regionali.
Non si può quindi pensare da una parte che ci sia uno Stato federale che vive di finanza derivata, così come non possiamo neanche pensare l'inverso, cioè di entità regionali che vivono esclusivamente di finanza derivata. Si tratta anche qui di attuare un modello di negoziazione, di trovare dei meccanismi di perequazione e di solidarietà che riescano a trovare un equilibrio fra le esigenze di governo centrale e le esigenze di governo locale.
Ci sono poi degli elementi che vanno esaminati attentamente, come quello dello Stato sociale e accanto a questo va esaminata la difesa delle categorie più deboli. Abbiamo visto però che in alcuni sistemi federali - e non a caso le politiche di Reagan del new federalism ed erano sicuramente politiche liberiste, di smantellamento dello Stato sociale - quando si pone il cittadino di fronte alle scelta fra meno tasse e più aiuto ai deboli, prevale la posizione più egoistica ovvero quella di minori tasse. Allora anche qui ci sono alcune questioni che vanno attentamente valutate; questo non vuol dire che non si debba andare verso una soluzione federale, ma che qualche elemento di riflessione su quale direzione si vuole imboccare vada fatto, proprio perché non esiste alcun modello astratto in cui si delinei una sequenza predeterminata da seguire per costituire uno Stato federale.
Esiste quindi un carattere di processualità nel passaggio che dovrà esserci verso la costituzione di uno Stato federale, non si può imporre, come è scritto nella relazione della Bicamerale, la velocità del vagone più lento a tutte le regioni, quindi ci dovranno essere velocità diverse. Questo è uno dei motivi per cui ha senso mantenere le Regioni a Statuto speciale e l'articolo 116 della Costituzione: proprio perché le Regioni a Statuto speciale, per motivi legati a condizioni geografiche, storiche, etniche, culturali, linguistiche e via dicendo, hanno condizioni di capacità di autogoverno diverse da quelle delle Regioni a Statuto ordinario, pertanto possono arrivare all'obiettivo finale del massimo di autogoverno in tempi diversi e più rapidi.
Non vedo attentati alla possibilità di sviluppo delle Regioni a Statuto speciale, almeno non li vedo nei documenti che sono stati pubblicati e quanto meno nella relazione di D'Alema, anche perché D'Alema fa parte di un partito che ha una tradizione alle spalle di difesa delle autonomie delle Regioni a Statuto speciale. I nove decimi di questa Regione qualcuno si ricorda come sono arrivati qui...
(... voci di protesta dai banchi dell'opposizione...)
... per venire a cose più recenti, così vi tranquillizzate, c'è un preciso pronunciamento del Congresso del mio Partito - ed è l'unico partito nazionale almeno presente qui che non parli di secessione ovviamente - a sostegno e per il potenziamento delle Regioni a Statuto speciale.
Per serenità fra tutti noi possiamo anche smetterla con questi continui cenni alla partitocrazia, quando poi lezioni di politica non partitocratica non vanno impartiti da un alfiere di un rassemblement che mi sembra pluripartitocratico, per cui sgombriamo il terreno da queste cose.
Dicevo Regioni a Statuto speciale e articolo 116: questa è un'Assemblea politica e in quanto tale deve fare i conti con la realtà. È un'Assemblea che non è tanto un luogo di citazioni di buone letture, ma che deve cercare di risolvere dei problemi complessi, come cercavo di delineare prima.
Condivido l'impianto del documento per quanto riguarda le questioni relative alla modalità di adozione degli Statuti speciali, il fatto che venga verificata solo la legittimità costituzionale degli Statuti stessi. Condivido anche il fatto che ci sia con il federalismo un'impostazione che comporta per tutta una serie di questioni ad una parità, tra Regioni e Stato, di giudici eletti nella Corte costituzionale e quindi a che si determini quello che prima avevo definito un governo diviso, nel senso che ci sia un bilanciamento di poteri fra centro e potere regionale. C'è una cosa che però non condividiamo ed è il collegamento previsto nella risoluzione proposta fra la riforma dell'articolo 116 - che sono d'accordo non debba essere materia della Commissione Bicamerale perché questa non deve riscrivere gli Statuti regionali, non solo perché non sono rappresentate tutte le Regioni a Statuto speciale, ma proprio perché non è il suo compito - e il principio di autodeterminazione di ogni popolo. Ritengo che sarebbe meglio parlare di autogoverno, non di autodeterminazione perché autogoverno è semanticamente più appropriato e direi anche politicamente meno equivoco. Noi rivendichiamo particolari condizioni di autonomia e di autogoverno, questo è il senso dell'articolo 116, mentre l'autodeterminazione è un'altra cosa.
L'autodeterminazione, almeno per come viene codificata nei Trattati internazionali, è indubbiamente un principio che condividiamo, ma riguarda alcuni fatti specifici. Riguarda il diritto di popoli che sono vittime di violazioni intollerabili dei diritti umani e dei diritti fondamentali, quindi di libertà e di espressione, e soprattutto riguarda discriminazioni talmente pesanti e continuate da minacciare l'esistenza di un popolo stesso, tant'è che queste norme l'ONU le applica nei confronti della Namibia, del Sahara occidentale eccetera.
Credo sia una forzatura applicare questi principi alle Regioni a Statuto speciale, in particolare alla Valle d'Aosta, anche perché queste Regioni hanno delle proprie istituzioni, hanno un ordinamento che all'interno dello Stato è differenziato, è più ampio rispetto alle potestà delle altre Regioni. Se poi andiamo a vedere alcuni indicatori economici, nelle classifiche dell'Eurostat e di altri istituti di ricerca, queste Regioni risultano essere fra le regioni più ricche non solo a livello nazionale, ma anche a livello europeo. Per cui dicevo che da un punto di vista semantico mi pare sbagliato utilizzare questo termine.
Siamo convinti che alla Regione Valle d'Aosta e alle altre Regioni a Statuto speciale, e non solo a queste, competano maggiori potestà di autogoverno, ma credo anche che questo termine, autodeterminazione, abbia un significato politicamente ambiguo, come per certi versi chiariva lo stesso intervento di Linty. Infatti una particolare forza politica in Italia ha associato a questo termine uno stretto rapporto con la secessione e lo stesso Consigliere Perrin - che sicuramente non è per la secessione - diceva che all'interno del concetto di autodeterminazione non viene esclusa la possibilità della secessione.
È sulla base dell'autodeterminazione che qualcuno è andato a scalare il Campanile di San Marco; è sulla base del concetto di autodeterminazione che la Lega chiama il 25 maggio i cittadini italiani del Nord a votare per la secessione della Padania; è con questo stesso spirito che Linty vota la mozione nel momento in cui attribuisce questo significato al termine di autodeterminazione.
Credo di aver dimostrato che esiste un elemento di ambiguità politica in questo termine, quindi credo che sia importante fare attenzione ai termini perché le parole pesano. Anche perché con questo termine si ammicca all'indipendentismo sia della Lega, ma credo anche di altre organizzazioni che si sono affacciate in Valle e soprattutto si dà al di fuori di questa Regione un'immagine leghista che non corrisponde alla realtà della nostra Regione, ma chi vive fuori di qua l'autodeterminazione la vede come un essere partecipi di una determinata posizione politica fautrice della secessione.
La secessione è comunque pericolosa perché è un processo che difficilmente si governa, abbiamo visto che si è partiti dalla Padania e siamo arrivati alla Repubblica Serenissima, ci sono atti di violenza compiuti sulla base di una situazione di tensione che c'è nel Paese. La secessione è pericolosa soprattutto per le regioni più piccole come la nostra.
Il federalismo in Italia va realizzato, ma ci sono modi diversi per farlo. Non esistono quindi modelli astratti che possano essere calati nella realtà del Paese, ma prima di dare per scontato che ormai siamo in una situazione talmente fallimentare per cui la Bicamerale non troverà soluzioni, penso che valga la pena di aspettare e vedere quali saranno le proposte e gli articolati che verranno da questa Commissione. Anche perché il problema del federalismo sicuramente non si esaurisce con il 30 giugno e se la Bicamerale porterà a delle proposte ci sarà una discussione che continuerà nel Parlamento e nel Paese.
Credo che ci sia un'altra necessità, l'accennavo prima in riferimento alla questione dei sindaci: parlare di federalismo significa anche porre la necessità della nascita in questo Paese, a livello regionale, di una classe politica che si sappia confrontare con i problemi del Paese. Il federalismo non deve essere una fuga nel proprio localismo, vediamo che negli Stati federali le più forti le personalità politiche che hanno avuto responsabilità di governo a livello di entità statale o regionale, sono poi quelle che vanno al Governo del Paese; questa è una cosa che non succede da noi ed è uno dei limiti della situazione del nostro Paese, ma è un problema che comunque c'è e che va affrontato.
Siamo d'accordo per quanto riguarda l'impianto della risoluzione, dissentiamo però in modo molto preciso dal punto b) per quanto riguarda la parte relativa all'autodeterminazione dei popoli. Credo che su temi come questo sia necessario trovare, al di là di quelle che possono essere le posizioni per certi versi anche ideologiche di ciascuno, la più ampia possibilità di unità politica e di coesione politica, soprattutto questo è valido per regioni di limitate dimensioni come la Valle d'Aosta.
Presenteremo un emendamento in questa direzione; abbiamo sentito in alcuni interventi che è necessario usare dei termini che siano chiari e dei termini che uniscono piuttosto che dei termini che rischiano di avere dei significati equivoci e in ogni caso il nostro voto sulla risoluzione sarà legato all'esito che avrà l'emendamento che proponiamo.
Per quanto riguarda le questioni del federalismo e dell'autogoverno credo che la Sinistra debba avere un po' più di coraggio; non è la Bicamerale che deve scrivere gli Statuti di autonomia. Penso che sia un dato assodato in questa Regione che l'autonomia e l'autogoverno hanno portato migliori condizioni di benessere e di convivenza civile e quant'altro; credo che questo patrimonio comune vada valorizzato e che questo Consiglio abbia la capacità di affrontare nei termini più unitari possibili questa questione.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Chiarello.
Chiarello (RC) Non ho partecipato ai lavori della Commissione proprio perché dalle discussioni che si sono avute in precedenza su questi temi ho capito che le mie posizioni sono diverse dalle altre.
Diverse non nella difesa dell'autonomia della Valle d'Aosta, ma nella forma dello Stato.
Ricordo che, come ha detto Ferraris, l'istituzione delle regioni si è avuta nel ?72; per colpa della burocrazia di Stato - e questa è una parola che mi ha ricordato un giornalista oggi, riferendo le parole di un funzionario nazionale secondo il quale, per aggiustare i danni che ha fatto la burocrazia di questo Stato, dobbiamo fare una rivoluzione in Italia - stiamo rincorrendo qualcosa che ognuno di noi vede diversamente. Penso che il federalismo - ed è l'unica cosa sensata che dice Linty - sia appunto nel federalismo, si parte da Stati divisi che decidono di federarsi, ma per fare questo bisogna creare i presupposti. È vero, Perrin, bisogna parlare di indipendentismo per poi arrivare al federalismo e lì non ci troviamo perché sono per un forte decentramento dello Stato, come lo ero nel ?72.
Parlando di indipendentismo diamo adito a quello che è successo a Venezia. Quest'episodio non so se condannarlo o snobbarlo; preferisco condannarlo per non dover dire dopo che l'ho sottovalutato. Se dei giovani, della gente organizzata, oltre a fare quello che ha fatto, scrive nei manifesti che vuole rimettere il Doge e i patrizi, quando è stato proprio il Doge che ha portato alla rovina della Serenissima, vuol dire che qualsiasi cosa adesso uno dica è buona, dal momento che questo Stato si sta dividendo.
Proprio in questo spirito vorrei dire che questo Stato che stiamo condannando per 50 anni è stato governato da un partito unico, senza che mai si sia parlato di federalismo anzi, quelli che parlavano di federalismo - e devo dare atto all'Union Valdôtaine di parlarne da anni, lo stesso dicasi di Spinelli in Europa - venivano tacciati di essere fuori dalle norme. Adesso i Segni, i Formigoni, i Casini sono quelli che sostengono che in un anno questo Governo avrebbe dovuto fare chissà cosa.
Devo dire che Bassanini sabato ha presentato delle norme che nei comuni, nelle province e nelle regioni snelliscono tutte le procedure, cosa che non era stata fatta in 50 anni. Questo vuol dire che la volontà per cambiare qualcosa c'è, la volontà per sburocratizzare c'è.
La diversità è fra il federalismo che dice Linty e un forte decentramento e un forte regionalismo. Auspico che tutte le regioni abbiano i poteri che hanno la Regione Valle d'Aosta e tutte le altre a Statuto speciale, senza togliere niente alla nostra Regione, ma riconoscendo che lo Statuto speciale ha dato dei frutti buoni.
Bisogna anche parlare di risorse finanziarie perché sarebbe molto più facile parlare di federalismo o di decentramento se questo Stato non avesse i debiti che ha. In qualsiasi decentramento fiscale le risorse finanziarie devono essere divise in quattro settori: quelle sussidiarie, se parliamo di sussidiarietà altrimenti rimane una parola al vento, quelle per il debito pubblico che sono quelle più pesanti anche per questo Stato centralista, quelle per le normali spese dello Stato; il resto dovrà rimanere tutto alle regioni. Questa del debito pubblico sarà una di quelle cose che sarà frenante perché puoi dare tutti i poteri che vuoi alle regioni ma, se non dai anche le risorse per fare funzionare il sistema amministrativo, l'autonomia rimarrà sempre limitata.
Come diceva Ferraris c'è anche lo Stato sociale anzi, specialmente lo Stato sociale è legato a queste modifiche. C'è la diversità di visione dello Stato sociale, il famoso Welfare State di cui adesso parlano tutti. C'è chi ne parla male come Feltri, il quale però il giorno che ha avuto la possibilità di andare in pensione ha preso ed è scappato e cretini gli altri che devono stare lì. Lui lo ha fatto solo perché si poteva, gli altri non potevano, non se ne sono andati. Allora di nuovo si parla bene, ma si razzola male.
Certe volte quando si parla in quest'Assemblea sembra di essere contro questa Regione; invece penso che la nostra Regione sia uno degli esempi di Regione decentrata che dà più forza all'obiettivo di decentrare questo Stato. Ma noi lo avevamo in testa da tanti anni; a quelli che ora stanno spingendo di più - mi riferisco a Formigoni che ieri sera diceva che qui bisogna smuovere - mi viene da pensare a cosa facevano dieci anni fa. Adesso in un anno bisogna smuovere tutto.
A chi invece vuole dividere l'Italia, dico solo una cosa: i tedeschi, che spesso prendiamo ad esempio perché sono più furbi e più coerenti di noi, non hanno diviso lo Stato, ma lo hanno riunito, senza fare le due monete, come proponeva Pagliarini in televisione. Diceva che sarebbe una fortuna fare due monete perché la moneta del sud sarebbe una moneta svalutata e porterebbe qualche vantaggio. Invece in Germania non hanno pensato di fare la seconda moneta della Germania dell'Est per attrarre turismo; hanno fatto una moneta unica, hanno riunito lo Stato sostenendo un prezzo alto, ma valutando che dall'unificazione la Germania sarebbe diventata uno Stato più forte, con un peso diverso anche nei confronti di Francia e Italia.
Ritengo che dando la massima autonomia, un'autonomia vera alle regioni, questo Stato debba rimanere unito.
Si dà atto che, dalle ore 17,19, riassume la presidenza il Presidente Stévenin.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Tibaldi.
Tibaldi (Ind) Parto da un dato incontrovertibile, che è quello della differente velocità in cui sta viaggiando il nostro Paese. Una differente velocità che non è solo fra il nord e il sud del Paese, ma ormai si sta manifestando anche fra singole regioni o fra singole sommatorie di entità regionali.
Penso che questo sia un dato incontrovertibile che non sia assolutamente da trascurare; è l'indice della diversità non solo da un punto di vista culturale e linguistico, ma soprattutto da un punto di vista sociale ed economico, che si sta accentuando in maniera forte in questo momento.
Penso che gli episodi di Venezia non siano assolutamente da sottovalutare, ma non da criminalizzare, come ha tentato di fare il Ministro Napolitano, creando il cosiddetto terrorismo organizzato dallo Stato; non siano da sottovalutare perché sono indice di un malessere e di un malcontento che sul Campanile di Venezia si è manifestato in una forma ancora "goliardica", ma che un domani non troppo lontano potrebbe manifestarsi in maniera più preoccupante.
Partendo da questo dato incontrovertibile della differente velocità che esiste fra settori e fra zone geografiche del nostro Paese, è necessaria una risposta immediata da parte delle istituzioni. Una risposta che dovrebbe cominciare ad arrivare da quella sede naturale che è stata creata e che è la Bicamerale.
Personalmente non ho mai risposto una grande fiducia nella Bicamerale tant'è che, quando questo Consiglio votò un documento relativamente all'importanza che determinate istanze fossero rappresentate in quella sede, obiettai tutte le mie perplessità sul fatto che fosse stata creata la Bicamerale e sul fatto che da quella sede potesse scaturire una riforma seria dello Stato italiano.
D'altronde sappiamo benissimo che la possibilità di riformare la Costituzione italiana esiste a prescindere dalla Bicamerale o dall'Assemblea costituente; l'articolo 138 della Costituzione prevede infatti un sistema di procedura aggravata con la doppia lettura dei testi di riforma che vengono proposti alle Camere, con referendum costituzionale, con un tempo adeguato di riflessione fra una votazione e l'altra. Un sistema che avrebbe potuto permettere, se ci fosse stata la volontà politica in tal senso, di avanzare già da tempo una serie di riforme dell'impostazione del nostro sistema.
Ma ciò non è avvenuto, evidentemente questa volontà non c'era e lo abbiamo visto anche con le due sperimentazioni delle "Bicamerali" che ci sono state nelle precedenti legislature e adesso vedremo cosa sortirà da questa terza esperienza.
Il primo dato importante è sulla metodologia con la quale è stata costituita la Bicamerale, e come è già stato evidenziato da chi mi ha preceduto, nella Commissione fra i 70 componenti fra senatori e deputati ci sono paradossalmente regioni che non sono rappresentate.
Ripeto, qui si parla di riformare lo Stato in senso federale - mi soffermerò dopo su questo termine - e alcune entità territoriali anche significative come la Sardegna sono state del tutto escluse dal potere, anche se solo in sede referente. Qual è il compito della Bicamerale? Partecipare a questa prima fase di elaborazione delle riforme, ma io penso che non solo da un punto di vista metodologico ci siano delle grosse perplessità da parte del sottoscritto, ma anche da un punto di vista dei contenuti, della sostanza.
Qual è l'orientamento che si sta manifestando adesso in Italia per quanto concerne la stagione delle riforme? Non vedo un orientamento in senso progressista, ma vedo un orientamento fortemente conservatore. Paradossalmente la Sinistra sta cercando - e probabilmente vi riuscirà - di impedire quella trasformazione auspicata dello Stato italiano che possa armonizzare le nostre istituzioni, le istituzioni di uno Stato che si avvicina al terzo millennio, con le diversità di cui parlavo prima, quelle diversità che caratterizzano le differenti zone del nostro Paese.
D'altronde anche politicamente e storicamente abbiamo visto che la Sinistra per 50 anni è stata all'opposizione, quindi per 50 anni è stata al di fuori, dalla finestra ha guardato altre forze politiche gestire il sistema Italia, e sarebbe assurdo da parte loro - e si vede chiaramente manifestato nei loro atti amministrativi istituzionali e politici che quotidianamente ci propongono - mollare in questo momento le redini di un Governo che hanno praticamente nelle mani tutto loro.
E infatti così si stanno comportando: la Sinistra non molla e a mio avviso non mollerà assolutamente il controllo dello Stato italiano secondo quell'impalcatura hegeliana di Stato assoluto, che governa enti locali, enti intermedi, enti parastatali ed enti che in qualche maniera sono subordinati all'egemonia statale.
Quanto sto dicendo mi pare sia prima di tutto suffragato da quello che abbiamo letto nel rapporto di D'Alema, nel quale dice chiaramente: "Il federalismo che intendiamo costruire nel nostro Paese nasce come decentramento dei poteri di uno Stato centrale". È ancora una volta lo Stato all'origine di tutti quelli che saranno i poteri derivati, quindi l'origine del potere sta nello Stato, secondo una concezione tipicamente hegeliana, non è il risultato storico di un incontro fra Stato e regioni. Altro che natura pattizia dei rapporti fra Stato e regioni! Qui viene in maniera lampante disconosciuta qualsiasi natura pattizia nell'ambito dei rapporti fra due enti, quali sono lo Stato e le regioni.
In più parti viene ribadita quest'impalcatura di carattere centralistico che va verso il decentramento, in poche parole si vuole creare una Repubblica delle autonomie, non una Repubblica federale. Tant'è che le iniziative che vengono proposte sono: il rovesciamento dell'articolo 117, di quella legislazione di secondo grado a cui appartengono le cosiddette leggi-cornice, che vengono completamente rovesciate; l'ampio rafforzamento dell'autonomia statutaria delle regioni, e questo da un certo punto di vista va bene, tuttavia si vuole rafforzare l'autonomia delle regioni, ma sempre in quell'ottica di poteri derivati dalla natura tipicamente statale.
Quest'aspetto è stato ricordato anche dagli interventi dei Consiglieri che in quest'aula rappresentano la Sinistra, in particolare il Consigliere Squarzino, il Consigliere Ferraris, il Consigliere Chiarello, addirittura in contraddizione se vogliamo con quanto detto da D'Alema, il quale tende a rivalutare le regioni. Il Consigliere Ferraris considera il decentramento come un atto per rivalutare non le regioni, ma piuttosto i comuni; mi è parso di capire che la sua attenzione sia verso una Repubblica delle autonomie nei confronti di quegli enti locali di minore entità e questo proprio perché, essendo più piccoli, è più facile il controllo dominante ed imperativo dello Stato. E poi anche lo stesso disegno di legge Bassanini riproduce un modello di decentramento che non ha nulla a che vedere con le proposte di carattere federale.
Da un altro punto di vista invece mi ritengo più che mai soddisfatto da una sorta di ultimatum che è stato posto non più tardi di ieri dal Sen. D'Onofrio, che ha detto chiaramente che a livello di Bicamerale bisognerà sciogliere un equivoco: se la Bicamerale vuole una Repubblica autenticamente federale, e quindi una Repubblica che parta dagli enti più piccoli - dal basso come si suol dire - oppure se opta per una Repubblica delle autonomie e quindi caldeggia i principi del decentramento punto e basta. Il rapporto di D'Alema mi sembra che vada in questa seconda direzione, l'ultimatum posto da D'Onofrio, sul quale lo stesso Polo dovrà trovare dei punti di convergenza, ribalta completamente il problema. Mi sembra che nei mesi scorsi lo stesso Formigoni abbia lanciato..., congiuntamente ad altre regioni, alle quali si sono associate la Valle d'Aosta - questo ci onora - e la stessa Toscana che è guidata da una Giunta di Centro-Sinistra, da Vannino Chiti, che è stato recentemente a Saint-Vincent, il cui intervento mi sembra sia stato di segno fortemente divergente rispetto a quelli che ho sentito in quest'aula da parte del Consigliere Ferraris, dicevo che anche Formigoni, Presidente della Regione Lombardia, ha avanzato una serie di proposte che sono state paradossalmente cassate dalla Corte costituzionale, con il plauso di Prodi e con il silenzio di Scalfaro.
Allora qui si tratta di sciogliere l'equivoco innanzitutto a livello di Bicamerale: se si vuole il federalismo, oppure se si vuole il semplice regionalismo con un'accentuazione del decentramento. Ed è un equivoco che in un certo senso si riproduce anche nel documento che siamo chiamati oggi ad esaminare perché anche in questo documento si dipende da queste incertezze che esistono a livello romano nel dibattito politico e si fa un mix nella premessa fra assunti, più che mai condivisibili, che sono di carattere squisitamente federalista, per arrivare a pronunciamenti, impegnative o dispositivi che invece hanno connotati più squisitamente regionalisti, e dove chi mi ha preceduto ha evidenziato una serie di contraddizioni che sono riportate sia nel punto a) che nel punto b), e anche nel punto d).
Penso che quest'Assemblea debba chiarire qual è anzitutto la sua volontà di indirizzo da comunicare in sede Bicamerale perché non si può parlare di volere la riforma della Costituzione della Repubblica italiana in senso federale, se poi si continua a tenere questa differenziazione fra regioni di serie A e regioni di serie B.
Sappiamo che in un sistema federale a tutte le regioni vengono riconosciuti i più ampi poteri a livello legislativo, a livello amministrativo, a livello di autogoverno in genere, e così è giusto che sia. Ma così è giusto che sia per tutte le regioni e, riagganciandomi a quanto detto prima, bisogna anche tenere presente che in questo periodo le maggiori spinte autonomistiche, le maggiori spinte alla ricostituzione dell'Italia in senso federale vengono proprio da quelle regioni che in questi primi 50 anni di Repubblica non hanno potuto godere di forme di autonomia avanzata, che invece la Valle d'Aosta ha sperimentato.
Mi riferisco al Veneto, alla Lombardia, dove ci sono naturalmente i moti più accesi di richiesta di autonomia, di decentramento, ma soprattutto di potersi autogovernare e quindi anche autodeterminare. È proprio in queste Regioni, che sono il traino dell'Italia, che sta nascendo questo moto di carattere insurrezionale, che si è manifestato a Venezia in questa forma, ma che si manifesterà in forme decisamente più preoccupanti se il nostro Parlamento non sarà in grado di dare risposte concrete, ma anche autentiche di riforma dello Stato in senso federale.
Da parte della Sinistra penso che queste risposte non ci potranno mai essere per i motivi che ho detto e penso che di questa cosa siano consapevoli anche gli stessi nostri Parlamentari, che sono uno in Bicamerale e l'altro comunque a stretto aiuto a favore suo, e che devono essersi resi conto che questo è un federalismo equivoco e di facciata, è un finto federalismo che costituirà un palliativo, se approvato secondo quelle che sono le indicazioni formulate nel rapporto D'Alema, che avrà una durata a tempo determinato, ma che in ogni caso non permetterà di risolvere quei problemi gravi di cui il nostro Stato chiede da tempo soluzione, specie sotto il profilo sociale ed economico.
Si dà atto che, dalle ore 17,35, presiede il Vicepresidente Viérin Marco.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Ferraris.
Ferraris (GV-PDS-SV) Sono stati presentati degli emendamenti alla risoluzione, chiedo una pausa del Consiglio per vedere di trovare una risoluzione unitaria.
Perrin G.C. (fuori microfono) ... la discussion générale... on donne la parole selon l'argument à l'Assesseur ou....
Presidente Collega Perrin, non avevo ancora chiuso la discussione generale. Il collega Ferraris ha chiesto una sospensione prima della chiusura della discussione generale. Il Consiglio è sospeso per dieci minuti.
Si dà atto che la seduta è sospesa dalle ore 17,43 alle ore 18,16.
Si dà atto che assume la presidenza il Presidente Stévenin.
Presidente Riprendono i lavori. Qualcuno chiede la parola? Se nessuno chiede la parola, dichiaro chiusa la discussione generale. Ha chiesto la parola il relatore, Consigliere Joseph César Perrin.
Perrin G.C. (UV) J'ai demandé la parole pour une série de réponses qui sont personnelles et du mouvement, pas en tel que Président de la Commission, mais je crois interpréter aussi la pensée d'autres forces politiques. Nous nous trouvons face à une série d'affirmations qui méritent une réponse.
Lorsque l'on met l'accent sur la nécessité d'une forte décentralisation, on veut évidemment faire un pas de l'avant par rapport à aujourd'hui, mais je crois que ce n'est pas l'intention que ce Conseil avait lorsqu'il a donné mandat à la Ière Commission de se pencher sur le problème de la Commission Bicamérale. Que bien vienne une nouvelle forte décentralisation, mais ce ne serait qu'un tout petit pas; je crois que nous devons aller beaucoup plus en avant, nous devons avec toutes les forces essayer de parvenir à un vrai fédéralisme et cela - je commence par le dernier - sans équivoques.
Chaque document peut être lu de façon différente, mais d'après le débat de la Ière Commission élargie aux Chefs de groupe il n'y a pas cette volonté d'équivoques, même si nous nous trouvons dans une situation difficile parce que nous ne savons pas quel sera le résultat de cette Commission: probablement pas celui que nous souhaitons, même s'il ne faut jamais désespérer. En tout cas nous devons contribuer à pousser les 70 parlementaires à proposer un document final qui aille vers notre direction.
Ce n'est équivoque ce document, même si on fait référence à l'article 116 parce que la Bicamérale ne peut pas intervenir sur la modification des Statuts, mais peut intervenir sur les modifications de l'article 116. C'est pour cela que nous avons voulu en parler et que nous avons voulu maintenir une spécialité parce que nous nous souhaitons que toutes les régions italiennes puissent non seulement rejoindre, mais dépasser les compétences actuelles des Régions à Statut spécial, je dirais même de la Province de Bozen qui est celle qui a la plus forte autonomie.
Cela ne signifie pas que nous devions nous descendre, mais augmenter encore, et c'est dans certains aspects (culturels, linguistiques, scolaires) que nous devons nous différencier des autres Régions parce que nous avons des problèmes que les autres Régions n'ont pas. Le seul fait d'être des Régions bilingues, où deux voire trois langues sont officiellement reconnues, fait qu'il y a quelque chose différente que nous devons sauvegarder.
Pour ce qui concerne l'intervention de Monsieur Ferraris et son amendement, nous ne pouvons pas accepter sa thèse et donc sa proposition. C'est vrai qu'ici nous nous trouvons face à une inversion du processus fédéraliste parce que ce ne sont pas des Etats libres qui s'unissent, mais c'est un Etat centralisateur qui doit devenir fédéral. Mais il y a des exemples dans cela.
La Belgique a suivi ce processus tout récemment; un Etat centralisateur, tel qu'il était, est devenu un Etat fédéral où les différentes réalités linguistiques sont devenues des Etats fédérés, les Flamandes, la Wallonie, la partie germanophone de la Belgique et Bruxelles, qui est une réalité différente trilingue. Donc ce n'est pas impossible emprunter ce processus et aller jusqu'au fond. Ce n'est cela qui empêche d'arriver à un vrai fédéralisme, ce n'est pas cette inversion nécessaire du processus qui doit nous arrêter.
Pour ce qui concerne l'inspiration au principe de l'autodétermination je crois l'avoir expliqué ce matin. Quant à l'Union Valdôtaine, nous avons présenté un projet de loi qui s'inspire à cela, mais qui prévoit une République fédérale avec des Etats fédérés qui ont leur liberté à l'intérieur de cet Etat. Ce que nous souhaitons c'est l'exemple de la Suisse, où les cantons sont Républiques ou sont Etats à l'intérieur d'une fédération qui est en réalité une confédération, et qui, pour tous les domaines qui ne sont pas de compétence de la confédération, sont libres et autonomes.
C'est vrai qu'en Suisse aussi il y a la tentative d'augmenter les pouvoirs de la Confédération, mais là il y a le recours au peuple et aux Etats parce que n'importe quelle petite modification constitutionnelle doit passer à l'attention et des Cantons et de tout le peuple suisse à travers le référendum et s'il n'y a pas la majorité des électeurs qui ont dit oui et la majorité des Etats qui ont dit oui, la proposition est repoussée.
Nous ne pouvons pas accepter d'effacer ce principe, qui est un principe désormais reconnu, qui ne s'applique pas uniquement aux anciens peuples coloniaux; s'il est né pour eux, il a pris maintenant de l'ampleur et se réfère à tous les peuples. Et là, Monsieur Linty, ce n'est une invention de la Lega et donc nous n'avons pas crainte que l'on confonde autodétermination avec sécession. Le peuple valdôtain a demandé non après la naissance de la Lega, mais en ?45 de pouvoir s'autodéterminer, mais cela ne lui a pas été concédé. C'est quand même cela qui a permis de se voir octroyer un Statut spécial.
Le fait de substituer autodétermination par autogouvernement est certainement réductif parce que l'autogouvernement ne signifie qu'une partie de l'autodétermination, c'est la possibilité de s'autogérer. Et cela comment? Après que les autres nous ont dit quelles sont nos compétences? Après que les autres - comme Madame Squarzino voudrait - ont établi quel doit être notre Statut? Non, nous voulons maintenir les phases qui précèdent à cela, aussi parce qu'autrement il y aurait un danger, sur lequel ce Conseil s'est penché en disant non à une hypothèse, celle des macrorégions. S'il n'y a pas à travers le principe d'autodétermination le fait que ce soit chaque peuple qui dit quel est son territoire, de quelle façon il veut s'organiser à l'intérieur des compétences qu'il possède, nous avons des risques de nous trouver dans des découpages territoriaux artificiels.
Monsieur Linty parle de libre association; en toute amitié je dirais que si on fait comme il a fait, c'est-à-dire Italie, Padania, cela ne change pas. Autodétermination, libre association, c'est la liberté envers tous.
Pour ce qui concerne les amendements de Madame Squarzino, si nous les acceptions nous revendrions dans une position centralisatrice. Je crois que Madame Dina ici est le meilleur des Jacobins, c'est celle qui a poussé plus à fond dans cette direction parce qu'enlever toutes ces parties qui se trouvent dans les points indiqués signifie vouloir une fois encore primer l'Etat, maintenir l'Etat actuel. Ce serait donc parfaitement inutile que nous nous soyons penchés sur le problème de la Bicamérale, qui doit aller dans une autre direction.
Paraphrasant Jules César dans le De bello gallico, qui disait: "Gallia omnia divisa est in partes tres", Dina pourrait dire: "Italia ommia divisa est in partem unam", c'est-à-dire cette volonté de maintenir un Etat tel qu'il est. Donc pour ce qui concerne l'Union Valdôtaine nous repoussons les amendements et nous demandons que la motion soit votée telle quelle.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Marguerettaz per dichiarazione di voto.
Marguerettaz (PpVA) Volevo dare solo alcune motivazioni che portano quelle forze politiche che si richiamano a questo progetto degli Autonomisti a votare a favore della risoluzione e a non votare gli emendamenti presentati dal Gruppo dei Verdi e dal Gruppo del PDS.
Brevissimamente, qui si tratta di fare un'analisi di tipo politico e di tipo culturale. L'analisi di tipo politico è questa: stiamo assistendo tutti ai lavori, agli incontri, agli scontri, alle ambiguità, agli inciuci, non so cosa vogliamo metterci di più, che stanno avvenendo per quanto concerne i lavori della Bicamerale. La sensazione più o meno diffusa è che il risultato che si prospetta quale termine dei lavori della Bicamerale sia un risultato che tenda fortemente al ribasso rispetto alle aspettative di molti cittadini, rispetto alle problematiche dell'ordinamento dello Stato. Questa è la motivazione politica che ci fa essere favorevoli a sottolineare con forza la necessità che le modifiche che verranno apportate seguano il criterio dell'autodeterminazione dei popoli. Sono d'accordo nella parte testé illustrata dal Consigliere Perrin, dove sottolineava la differenza fra autodeterminazione ed autogoverno.
La motivazione di tipo culturale, che per quanto ci riguarda è ancora più forte di quella a carattere politico, è stata bene espressa nel corso della discussione generale dal collega Dujany questa mattina. Dobbiamo stare attenti in questa fase molto delicata della vita del Paese, della vita della Valle d'Aosta, a non fare sì che si sovrapponga all'idea di nazione, all'idea di popolo, l'idea dello Stato. Sono due concetti fortemente diversi e, per quanto concerne in particolare la nostra componente politica, guardiamo in questi tempi la discussione in atto intorno a questi temi con molta preoccupazione; ci sembra di vedere una tendenza che va nella direzione di una concezione dello Stato in forme assolute. Non voglio polemizzare, ma credo che, ad esempio per quanto concerne la riforma della scuola, la concezione del Ministro Berlinguer sia decisamente di un'impostazione assolutistica dello Stato; vi sono dei documenti di convegni del PDS, dove sono state fatte delle affermazioni di una pesantezza incredibile.
Dei membri autorevoli di questo Partito, parlando della riforma scolastica, hanno asserito la necessità di un controllo statale, puntuale, fino a raggiungere - così è stato detto e mai finora smentito - i livelli dell'epoca giacobina. Allora, a fronte di questa concezione dello Stato, è più che mai necessario non che lo Stato, fra virgolette, Valle d'Aosta, ma che in questo senso il popolo della Valle d'Aosta - e quando dico popolo della Valle d'Aosta intendo tutti coloro che abitano questa Terra e che hanno a cuore il bene di questa Terra - si batta per contrastare tale progetto.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Linty.
Linty (LNPIAP) Solo per due precisazioni. La prima è che non ho attribuito alla Lega - perché sarebbe un falso storico - la primogenitura del principio di autodeterminazione.
Per quanto riguarda la libertà di associazione, tirata peraltro in causa dal Consigliere Dujany stamani, ne conosco pochi di autori romani però ricordo un detto in latino che dice "Dividi et impera". Quindi, se continuiamo a portare avanti da soli una giusta lotta per l'indipendenza - ripeto, non è la lotta in sé per l'indipendenza che è sbagliata, è giusta - sono 40 anni che le ispirazioni indipendentiste in Valle d'Aosta si sono fatte sentire, ma i risultati li abbiamo davanti agli occhi.
Se è vero che il discorso della Padania può sembrare forzato per quanto riguarda la sua composizione, è anche vero che garantisce a chi ne fa parte di poter secedere dal complesso Padania.
Quindi il concetto che tenevo a specificare era proprio questo: il fatto di riuscire a staccarci definitivamente da Roma per proseguire la nostra battaglia, chiaramente quando avremo le capacità anche economiche per promuovere un'indipendenza della nostra Regione da qualunque altra entità. Era questa precisazione che mi sentivo di dire, ribadendo il mio voto favorevole.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Florio.
Florio (VA) Alcune considerazioni per dire che non voteremo la risoluzione che è all'ordine del giorno, come oggetto n. 15, sostenendo che non ci sentiamo per questo né centralizzatori né meno che mai anti-Autonomisti.
In momenti come quelli che sta passando il nostro Paese ci sono almeno due sistemi per far sì che nulla cambi, per far sì che le cosiddette benedette riforme non marcino. Dicevo ci sono due sistemi: il primo è quello più evidente, che tende a difendere lo status quo con argomenti ed è una posizione mantenuta in questo momento da una parte del mondo politico italiano; l'altro sistema è quello della fuga in avanti, quello del pretendere moltissimo perché ci sia una conseguente reazione, affinché ancora una volta non si modifichi nulla.
Un avvertimento di questo tipo è venuto alcuni giorni fa da un Deputato verde, Boato, che si è visto impallinare da tutte le parti, nei confronti di un'altra questione che riguarda la riforma dell'ordinamento dello Stato.
È mia impressione qui oggi che si scelga la seconda strada, quella del mirare molto alto perché non succeda nulla.
Credo che si dovrebbe partire da ciò che è stato in questi 50 anni. Sentirsi dire che ciò che è stato è stato insufficiente, credo sia storicamente non vero; la scelta fatta dai padri costituenti fu una scelta lungimirante che ha portato grandi frutti a questa Regione. Da questo credo si dovrebbe con onestà partire. Che poi quello che i nostri padri ci diedero non fosse quello che una parte di questa Regione voleva ottenere è anche vero, ma non l'intera popolazione di questa Regione voleva quello che una parte desiderava ottenere. Ma tengo a sottolineare il fatto che ciò che è stato è stata cosa buona. Diceva uno che l'albero si riconosce dai frutti: i frutti non possiamo che dire che non sono stati che buoni.
Detto questo, perché ho l'impressione che si chieda moltissimo per poi non fare nulla? A parte il fatto che mi viene da sorridere a sentir dire Marguerettaz che i risultati della Bicamerale tenderanno al basso: questo sta a significare che non ha neanche letto i titoli dei giornali di oggi, e non ha neanche letto la proposta di D'Onofrio che per certi versi va addirittura al di là...
(...interruzione del Consigliere Marguerettaz, fuori microfono...)
... di alcune delle cose che sono state dette qui dentro anche dal Consigliere Perrin.
Nel merito poi della risoluzione perché non possiamo accettare un documento di questo tipo? Ma perché si fa riferimento esplicitamente ad alcuni concetti che non possiamo accettare. Il concetto dell'autodeterminazione in sé teoricamente è un concetto condivisibile, è un concetto che nessuno di noi 35 può contestare. Ma allora perché non possiamo riconoscere ad alcune parti della Comunità valdostana che storicamente sono vissute separate dal resto della Regione, come la Valdigne o la Comunità di Cogne, il diritto all'autodeterminazione?
(... interruzione del Consigliere Voyat, fuori microfono...)
... ma questo, Voyat, lo devi lasciar dire alla Comunità della Valdigne e alla Comunità di Cogne, non lo deve dire un personaggio di Gressan.... scusa?
(... interruzione del Consigliere Voyat, fuori microfono...)
... ma questo lo dice sempre chi? Lo devi lasciar dire all'abitante della Valdigne, non all'abitante della Comunità di Cogne, per rifarmi al principio di Linty della partenza dal basso? Io queste cose non le sento dire.
L'impressione vera - è solo la mia personale e non del Gruppo - è che si scherzi con il fuoco, è che si rischi veramente di scherzare con concetti, entità, realizzazioni, fatti futuri possibili dei quali poi si finisce per non avere il controllo. Ricordo sempre un cartone animato, che è quello dell'apprendista stregone, personalmente non vorrei averci a che fare con i risultati possibili degli apprendisti stregoni.
Che poi si rivendichi il fatto che la scrittura degli Statuti sia competenza delle singole regioni è una cosa che mi può anche stare bene, ma deve essere sancito con estrema chiarezza all'interno di quale quadro complessivo questo deve avvenire e questo quadro complessivo non può essere determinato solo dalle competenze che in modo estremamente stringato sono qui riconosciute e ricondotte allo Stato. Ben diverse, ben più ampie dovranno essere comunque le competenze dello Stato rispetto a quelle qui indicate. E come si fa a sostenere che gli Statuti speciali di autonomia non sono da intendersi materia di discussione nella Bicamerale - e sono d'accordo - per poi chiedere nella lettera b) che sia prevista comunque la riformulazione dell'articolo 116? Mi sembra che ci sia una contraddizione in termini...
(... interruzione del Consigliere Perrin G.C., fuori microfono...)
... in sostanza, manteniamo gli emendamenti che abbiamo presentato, non voteremo la risoluzione e vorrei solo richiamare non alla moderazione, ma alla coscienza complessiva del fatto che ciò di cui discutiamo oggi ha ricadute e valenza sulla vita di tutti i giorni della gente valdostana sicuramente, ma anche degli altri cosiddetti popoli che comporrebbero questo Paese.
La cosa che stupisce di questo insieme di discussioni è che non si parla mai degli aspetti finanziari ed economici. In un momento in cui addirittura entità produttive della dimensione del nostro Paese non sono più in grado di reggere sul piano internazionale, in una fase nella quale tutto il settore della produzione della ricchezza e di conseguenza della sua successiva ridistribuzione sta andando incontro a stravolgimenti che non sono nelle possibilità di controllo di dimensioni nazionali del tipo oggi presenti, andiamo irrazionalmente ad uno spezzettamento di competenze e della gestione dello Stato che impedirà ulteriormente il controllo di quei fenomeni macroeconomici.
Vorrei che si rispondesse a questo problema che mi sembra un problema serio di quasi impossibile soluzione e che non sta purtroppo nelle mani della politica, ma sta nelle mani delle banche, dei grandi gruppi finanziari ed economici.
Allora tutta quest'ottima, splendida, formidabile meditazione, discussione in termini dicevo prima a Dina quasi romantici: del governo dei popoli, dell'autodeterminazione, del confronto fra opzioni politiche, fra tensioni ideali, deve comunque fare il conto con quell'aspetto. E mai ne sento parlare. Sento sempre parlare da una parte di idealità e dall'altra di redistribuzione, ma non sento mai parlare di costruzione della ricchezza, cioè di costituzione di quel capitale fatto di competenze umane, di competenze culturali, di ricchezza materiale, di momenti produttivi, che poi consenta nella sostanza dei fatti di poter essere ridistribuito e di poter vivere meglio. Ci si richiama invece all'autodeterminazione, ad elementi di questo genere, tutti validissimi, formidabili, addirittura emozionanti, ma che nella sostanza dei fatti non toccano quell'altro aspetto.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Voyat.
Voyat (UV) Quando qualcuno vuole giocare sulle parole o cercare di sminuire il valore di certe idee, credo che debba essere corretto. Qui si parla di autodeterminazione dei popoli; se uno non sa che i residenti di Cogne come quelli della Valdigne, come quelli della Bassa Valle, fanno parte del popolo valdostano, è inutile che parli di federalismo e autodeterminazione. Perché "popolo" vuol dire insieme di genti che hanno, stesse leggi, stessa lingua, usi e costumi, e che vivono su un determinato territorio. Quindi mi risulta che in Valle d'Aosta si parli la stessa lingua, si abbiano le stesse leggi, usi e costumi. Il popolo è il popolo valdostano, non è il popolo di Cogne o il popolo di Gressan. È inutile andare a disquisire su certe cose, cercando di confondere le idee.
Oggi ho sentito qui, a conferma di quanto è venuto emergendo in questi ultimi anni, che quando tutti parlano di una cosa, si finisce per svuotarla del suo valore, ognuno cerca di dare un valore a quella parola e a quelle idee a seconda di quella che è la sua idea o il suo interesse. Tutti parlano di federalismo, ma nessuno sa cos'è il federalismo, o vuole rispettare quello che è il federalismo, perché molti parlano di federalismo solo come "maggiore autonomia", molti parlano di federalismo per non parlare di "decentramento", molti parlano di federalismo senza sapere che il federalismo vuole autodeterminazione dei popoli, vuole che ogni popolo sia sovrano in casa sua e aderisca insieme ad altri a formare altri Stati sovrani, se vuole.
Per venire alla questione del federalismo fiscale, qui cade l'asino perché si parla di federalismo fiscale dicendo quello che sarebbe il "decentramento amministrativo", ovvero sarebbe il fatto di dire che ogni regione può introitare e poi dà la parte dovuta allo Stato. No, il federalismo fiscale, se vogliamo parlarne per quello che è veramente, è impositivo, non è solo il fatto di ritirare: ogni regione, ogni Stato decide quali sono le imposte da pagare. Faccio un esempio: in Valle d'Aosta paghiamo le imposte sul gasolio da riscaldamento, così come le pagano a Napoli, ma è una cosa sbagliatissima.
Sarebbe giusto che un domani in altri luoghi dove non è un qualcosa di fondamentale per poter vivere si possa mettere anche una certa imposta, alta o meno alta, ma dov'è indispensabile è chiaro che l'imposta non può essere alta. Almeno parlando da gente di sinistra, va bene? Questo è il valore impositivo del federalismo fiscale: io decido sul mio territorio le tasse che devo far pagare e quanto devo far pagare. Invece quello che dite voi qui è solo un decentramento amministrativo, Roma decide e noi riscuotiamo.
Bisognerebbe a mio avviso nemmeno giocare sul fatto di dire che la Valle d'Aosta allora potrebbe essere divisa in 74 repubbliche; sarebbero 74 comuni ognuno con competenze maggiori di quelle che hanno adesso....
Presidente ... collega Voyat, la discussione generale è chiusa.
Voyat (UV) ... chiedo scusa, Presidente. Comunque voto a favore.
(...ilarità dell'Assemblea...)
... ma quando ti provocano, ti provocano!
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Ferraris.
Ferraris (GV-PDS-SV) La discussione di oggi ci dimostra come sul tema del federalismo forse qualche approfondimento ulteriore lo dovremmo fare perché si ha la sensazione che se dovessimo esprimerci tutti e 35, verrebbero fuori 35 versioni diverse del federalismo. Di per sé la cosa non è un male, ma non sarebbe male se ci accordassimo su forme ampiamente condivise.
Per quanto riguarda la dichiarazione di voto, annuncio il voto contrario del Gruppo del PDS rispetto alla risoluzione proprio perché, riaffermando che il federalismo va realizzato, riteniamo però che questo vada realizzato cercando di evitare di mettere in campo dei meccanismi di non ritorno, e giocare con la secessione è una cosa di questo tipo, anche perché alcuni segnali preoccupanti in questo Paese si stanno vedendo. Anche una singola parola pesa all'interno di un documento qual è quello che abbiamo discusso e il valore e il peso dei termini che utilizziamo sono da tenere in considerazione rispetto alla situazione odierna, cioè dell'Italia del maggio '97 in una precisa situazione politica. Quindi non è il caso qui di fare delle dotte dissertazioni sui termini quali autodeterminazione, autogoverno o altro; l'autodeterminazione nell'Italia di oggi e anche in questa Valle d'Aosta ha degli elementi in sé di ambiguità politica.
Questo non vuol dire che l'autodeterminazione in sé contenga questi elementi, ma oggi nel dibattito politico rischiano di essere mandati questi messaggi poco chiari. L'ambiguità politica consiste nel fatto che il termine di autodeterminazione contiene anche un significato di secessione, questo l'ho detto nel precedente intervento e non sto a ripetere cose che ho già detto.
Siccome siamo sinceramente per il federalismo e siamo convinti invece che con la secessione non si faccia assolutamente il federalismo, ritenevamo che fosse possibile utilizzare un termine meno equivoco e più chiaro quale quello di autogoverno. Prendiamo atto del fatto che questo non è stato possibile e comunque riteniamo che sia importante ricondurre il dibattito sui contenuti del federalismo. Con rammarico constatiamo che il Consiglio perde un'occasione per esprimere un voto unitario più allargato.
Tuttavia la discussione non finisce qui, lo diceva prima il Consigliere Perrin, ci dovremo rivedere su queste cose, veniva citato il Progetto D'Onofrio, quindi la discussione continuerà. Si diceva che dovrà già continuare da lunedì, pertanto mi auguro che in questa discussione prevalgano i contenuti e non altro.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Tibaldi.
Tibaldi (Ind) Nel corso dell'intervento in sede di discussione generale ho rilevato l'equivocità del contenuto della risoluzione, equivocità che peraltro è di tipo derivato come ho avuto occasione di sostenere perché deriva da quell'ambiguità che si sta realizzando anche a livello nazionale e che vediamo nello scenario della Bicamerale, in quella confusione che comincerà a dipanarsi solo con la manifestazione del voto; cosa che verificheremo la prossima settimana.
La parte positiva di questo documento è che comunque si riconosce la Repubblica italiana, e questo è un passo avanti da parte di tutti coloro che lo votano: Repubblica italiana che viene però condivisa in un senso diverso, in senso federale.
Un federalismo non inteso in quel senso sbiadito che abbiamo potuto leggere nella terminologia del rapporto presentato da D'Alema il 14 maggio scorso, ma un federalismo che pur con elementi poco chiari si fonda su quello che è il principio dell'autogoverno e quindi dell'autodeterminazione delle singole entità territoriali che compongono uno Stato.
Penso che la nostra Regione abbia tratto enormi vantaggi ed enormi opportunità da uno Stato centralista e da uno Stato regionalista come è stato finora; non possiamo negare i risultati conseguiti dai nostri padri statutari e in occasione del cinquantenario del Consiglio Valle ho sottolineato la figura di un regionalista, quella di Federico Chabod, che ha permesso di guadagnare sul terreno dell'autonomia grossi spazi e di ritagliare una posizione meritevole alla nostra Regione.
Negli anni successivi sono stati guadagnati ulteriori spazi di autonomia finanziaria, in particolare sulla fine degli anni ?70, quindi la classe politica valdostana penso non abbia nulla da recriminare a quella che è stata l'esperienza statutaria nell'ambito dello Stato regionalista.
È ovvio che da questo documento si evince una certa paura per quello che potrà essere il futuro, a maggior ragione una paura che scaturisce proprio da quei concetti sbiaditi, equivoci ed ambigui che finora sono stati palesati in sede di Bicamerale. Sia la lettura di D'Alema, sia la proposta di decentramento avanzata da Bassanini, non sono assolutamente condivisibili. Personalmente non condivido nemmeno la ridefinizione arbitraria dello Stato secondo schemi geografici senza fondamento, mi riferisco in questo caso alla Padania perché anche quella è la sublimazione di uno Stato inventato tout court che non ha alcuna radice, ha solo una cornice che è completamente diversa da quella esistente.
Non ritengo che gli emendamenti presentati da alcune forze politiche siano migliorativi, anzi ribadiscono quella tendenza alla sublimazione dello Stato che è già stata portata avanti a livello romano, quindi senz'altro non li voterò.
Ho diverse perplessità anche su questo documento, però così come ho sostenuto in quest'aula progetti federalisti come quello Speroni, che non mi convincevano affatto per la loro zonizzazione, una zonizzazione stravagante e priva di fondamento, ritengo che anche in questo documento ci siano elementi essenziali di carattere federalista che devono essere condivisi e portati avanti a livello romano con una certa forza e una certa determinazione.
Questo a dimostrazione che nel Centro-Destra esiste il pensiero federalista, esiste intanto a livello nazionale, dove la proposta di D'Onofrio sarà risolutiva a livello di Bicamerale, ma deve e può maturare anche nel Centro-Destra valdostano una concezione di stampo federalista più marcata di quella che finora è emersa. Questo anche per dare una risposta alla Sinistra valdostana, che ha tacciato non più tardi del suo ultimo congresso il Centro-Destra di essere anti-Autonomista e di non avere una coscienza autenticamente federalista. Penso che il voto di oggi dimostri esattamente il contrario e ne trarremo quanto prima le dovute conclusioni anche in sede di valutazioni successive che il Consigliere Ferraris diceva appunto - in questo dico giustamente - di portare avanti. Voto quindi favorevolmente questo documento.
Presidente Si pone un problema per la votazione. Ritengono i Consiglieri del Gruppo Verde che sia possibile votare tutti insieme i loro emendamenti?
Do lettura degli emendamenti del Gruppo Verde:
Emendamenti 1) il paragrafo introdotto da SOTTOLINEATO è così riformulato:
"SOTTOLINEATO il permanere delle ragioni storico-politiche, culturali-linguistiche ed economico-territoriali che diedero vita, nella Costituzione, alle Regioni e Province a Statuto speciale e che pertanto il nuovo assetto istituzionale derivante dalla revisione della seconda parte della Costituzione non deve indebolire le Autonomie speciali".
2) Nella seconda parte della mozione, il paragrafo che inizia con la lettera a) è così riformulato:
"a) siano riconosciuti poteri legislativi generali all'organo legislativo delle Regioni e quindi ad esso vengano assegnati tutti i poteri non espressamente riservati al Parlamento federale, al quale sarà riservata competenza legislativa soltanto in un numero limitato di materie,".
3) Nella seconda parte della mozione, il paragrafo che inizia con la lettera b) è così riformulato:
"b) sia previsto il mantenimento di forme e condizioni particolari di autonomia per la Sicilia, la Sardegna, il Trentino-Alto-Adige, il Friuli Venezia Giulia e la Valle d'Aosta;".
4) Nella seconda parte della mozione, il paragrafo che inizia con la lettera d) è così riformulato:
"d) sia attuato il federalismo fiscale che inverta l'attuale flusso finanziario dal centro alla periferia, che attribuisca direttamente alle Regioni e agli Enti locali la potestà impositiva, che riduca drasticamente le tasse e i tributi imposti ed introitati dallo Stato, che preveda meccanismi di tipo perequativo;".
Pongo in votazione gli emendamenti testé letti:
Presenti: 35
Votanti: 28
Favorevoli: 3
Contrari: 25
Astenuti: 7 (Chenuil, Chiarello, Ferraris, Lavoyer, Mafrica, Piccolo e Stévenin)
Il Consiglio non approva
Presidente Do lettura dell'emendamento presentato dal Gruppo del PDS:
Emendamento Modifica del punto b) della risoluzione:
"b) sia prevista la riformulazione dell'articolo 116 della Costituzione secondo i seguenti criteri ispirati al principio di autogoverno:
1. alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino Alto Adige, al Friuli Venezia Giulia e alla Valle d'Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia secondo propri Statuti Speciali.
2. Gli Statuti Speciali sono adottati dai Consigli regionali con maggioranza qualificata dei 2/3 dei componenti e sono immediatamente comunicati alle Camere e al Governo.
3. Entro i successivi 120 giorni i Presidenti delle Camere, previa votazione in tal senso da parte di ognuna delle Camere o il Presidente del Consiglio dei Ministri potranno impugnare gli Statuti innanzi la Corte Costituzionale per soli vizi di legittimità costituzionale.
4. In mancanza di impugnazione nei termini di cui al capo precedente o qualora la Corte Costituzionale respinga l'eventuale impugnativa, lo Statuto assume valenza di legge costituzionale.
5. Sia attribuita alle Regioni a Statuto Speciale una particolare personalità di diritto internazionale in particolare per quanto riguarda i rapporti transfrontalieri con le istituzioni comunitarie."
Pongo in votazione l'emendamento testé letto:
Presenti: 34
Votanti: 17
Favorevoli: 3
Contrari: 14
Astenuti: 17 (Agnesod, Bavastro, Chiarello, Florio, Lavoyer, Louvin, Perrin C., Perrin G.C., Perron, Piccolo, Riccarand, Rini, Squarzino S., Stévenin, Vallet, Vicquéry e Viérin D.)
Il Consiglio non approva
Presidente Pongo in votazione la risoluzione:
Presenti e votanti: 35
Favorevoli: 28
Contrari: 7
Il Consiglio approva