Oggetto del Consiglio n. 1192 del 22 febbraio 1995 - Resoconto
SEDUTA POMERIDIANA DEL 22 FEBBRAIO 1995
OGGETTO N. 1192/X Petizione per la salvaguardia e la corretta gestione delle risorse idriche della Regione.
Petizione In relazione alla lettera n. 3361 del 17 novembre 1994, pari oggetto, si invia in allegato copia dello studio del prof. Boffa relativo a "Linee guida per la redazione del piano energetico regionale". I risultati di tale studio individuano con sufficiente precisione le risorse energetiche residue di cui all'ultima domanda della petizione, mentre i rimanenti quesiti sono relativi a problematiche di competenza di altri assessorati. In particolare proprio in merito agli aspetti di minimo deflusso vitale era stato costituito con delibera della Giunta regionale della Valle d'Aosta n. 1264 del 21 febbraio 1994, un gruppo di lavoro relativamente a tali proposte; recentemente il gruppo di lavoro ha formulato una proposta relativa ai criteri provvisori per l'istruttoria sia delle domande giacenti che per le nuove richieste relativamente al rilascio di subconcessioni di derivazioni d'acqua, approvata con delibera di Giunta n. 8210 del 13 ottobre 1994, che attualmente si trova all'esame delle competenti commissioni consiliari.
Distinti saluti.
L'Assessore
F.to: Demetrio Mafrica
Allegati: Linee guida per la redazione del Piano Energetico regionale.
Presidente Al punto 23 bis viene abbinato il punto 15 all'ordine del giorno. Nel contempo comunico che in allegato al punto 23 bis è stato presentato alla presidenza un ordine del giorno a firma dei consiglieri Parisi, Borre, Lanièce, Florio, Perrin Carlo e Chiarello.
Ha chiesto la parola l'Assessore ai lavori pubblici, Lavoyer.
Lavoyer (ADP-PRI-Ind) Viste le numerose riunioni e audizioni fatte nelle competenti commissioni consiliari, più che l'illustrazione dal punto di vista tecnico dell'elaborato, cosa peraltro già approfondita in quelle sedi, vorrei sottolineare e soffermarmi sulla filosofia che sta alla base del provvedimento stesso, anche in riferimento alla petizione in discussione, congiuntamente al punto 23.
La questione delle acque è di estrema rilevanza in Valle d'Aosta, territorio sicuramente ricco di risorse idriche, come testimonia anche storicamente l'attenzione che è sempre stata destinata alla loro gestione e alla loro proprietà.
Si ricordano a tale proposito le imponenti opere di canalizzazione realizzate nei secoli passati per scopo irriguo, gli usi e consuetudini sull'utilizzo delle acque codificati in ciascuna comunità, fino a giungere all'acquisto delle acque dai signori feudali nel VIII sec. da parte dei comuni valdostani e il pagamento di 800mila franchi d'oro per l'affrancamento andato, oltre che ai proprietari, anche alla tesoreria regia innanzi alla quale si proclamava non il semplice uso gratuito, ma anche la proprietà per diritto regolare e legale di acquisto.
Si giunge infine allo statuto speciale della regione, dove vengono fissati i principi fondamentali in tale settore rispetto ai poteri regionali nell'utilizzo delle acque stesse. Ai sensi dell'articolo 5, sono trasferite al demanio della regione le acque pubbliche in uso di irrigazione e potabile; ai sensi dell'articolo 7, le acque che non fanno parte del demanio regionale sono date in concessione gratuita per 99 anni alla regione e possono essere subconcesse purché la loro utilizzazione avvenga nel territorio dello stato, in modo conforme ai voti del comitato misto le pratiche di subconcessione vengono istruite secondo le procedure e le norme tecniche per le concessioni rilasciate dallo stato, contenute nel T.U. sulle acque e sugli impianti elettrici; ai sensi dell'articolo 8, la regione ha competenza legislativa primaria in materia di acque pubbliche destinate e ad irrigazione ad uso domestico.
Con queste premesse di ordine giuridico e nonostante le interpretazioni limitanti delle competenze regionali da parte dello stato degli anni '50 e '60, i poteri della regione in questa materia sono notevoli. La relativa ampiezza delle risorse idriche rispetto ai fabbisogni ha consentito di regolare, settore per settore, le richieste di uso per via amministrativa, man mano che venivano presentate senza bisogno di complessi bilanci globali.
I problemi di sistemazione dei corsi d'acqua di natura quantitativa venivano trattati separatamente dai problemi di uso, seguendo sostanzialmente ritmi secolari di modifica dell'utilizzazione agro-silvo-pastorale del suolo.
Non erano rilevanti su larga scala i problemi di inquinamento, senza incidere quindi sulla disponibilità complessiva, limitandone gli usi possibili. Ma negli ultimi anni, e dopo le trasformazioni massicce introdotte in particolare dalle grandi derivazioni per uso idroelettrico, la sensibilità verso i problemi di gestione delle risorse idriche è mutata. Lo sviluppo antropico ha fatto emergere nuove necessità spesso contrastanti fra loro, con la conseguenza che le risorse non sembrano più essere sufficienti per i fabbisogni. Tutti gli usi delle acque appaiono collegati ed interdipendenti. L'inquinamento li condiziona e ne è a sua volta condizionato. La difesa del territorio e delle acque significa regolazione delle portate, nonché miglioramento delle capacità di autodepurazione dei corsi d'acqua e del loro equilibrio ecologico.
Viene quindi riconosciuto al bene acqua un ruolo fondamentale e strategico sia come fonte energetica, sia come elemento fondamentale del paesaggio e quindi del settore turistico. Le risorse idriche non sono sempre disponibili dove e quando occorrono e si tratta quindi di conseguire la corrispondenza fra offerta e domanda, le condizioni naturali, i limiti tecnici e le convenienze economiche di utilizzo delle acque possono rendere in diverse situazioni il bene acqua scarso.
Parallelamente è aumentata la sensibilità collettiva verso il bene acqua e i suoi utilizzi, che hanno portato all'approvazione a livello statale di due leggi fondamentali per il settore idrico. Con la legge 18 maggio 1989 n. 183 "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo", è stata introdotta la necessità della pianificazione generale delle acque nell'ambito dei bacini idrografici, con la legge 5 gennaio 1994, n. 36, "Disposizioni in materia di risorse idriche", sono stati fissati i principi per l'organizzazione dei servizi idrici.
Viene riconosciuto a livello normativo che l'utilizzo ottimale delle risorse idriche dipende in larga misura dalla loro conoscenza acquisita in termini globali, superando l'orizzonte della pianificazione del semplice consumo per passare invece ad un approccio globale del problema idrico, in cui l'utilizzo è solo delle variabili nell'insieme dei fenomeni idrici.
Si rende quindi necessario elaborare un'organica ed efficace politica dell'acqua in grado di razionalizzare l'uso della stessa, al fine di garantire una equilibrata e costante fruibilità di tale risorsa nei diversi settori di utilizzazione: potabile e civile, industriale, agricolo, idroelettrico. Anche e soprattutto il superamento della frammentazione e della settorializzazione delle norme e delle competenze in relazione alle diverse modalità e destinazioni d'uso della risorsa mirano a conseguire una visione sistematica di tutto il ciclo dell'acqua.
Questo processo richiede innanzitutto il rafforzamento da parte dell'amministrazione pubblica della capacità di governo delle risorse idriche.
Si tratta quindi di fissare, attraverso precise regole in materia di uso e di tutela delle acque, l'insieme delle azioni pubbliche per il razionale e solidale utilizzo e per la tutela e la salvaguardia delle risorse idriche stesse. Queste politiche vanno esplicitate nei piani di settore: il piano regionale di risanamento delle acque e il piano regionale degli acquedotti, che trovano nel piano di utilizzo delle acque lo strumento attraverso il quale disciplinare e coordinare i diversi usi, e nel piano di bacino previsto dalla legge 183/89 l'integrazione e il coordinamento più avanzato con le politiche di difesa dell'assetto del territorio. Il compito quindi fondamentale della pubblica amministrazione è quello di fissare le regole, dare gli indirizzi, in altre parole svolgere quelle funzioni di governo della risorsa idrica che fino ad ora è stata sottovalutata. Ecco quindi il valore dell'atto deliberativo sottoposto all'esame del Consiglio, che non conclude né esaurisce le funzioni della Regione, ma avvia un procedimento che vede nel piano di utilizzo delle acque l'obiettivo finale, ma che passa anche soprattutto attraverso la riaffermazione delle competenze fondamentali della regione in materia di demanio idrico.
Gli atteggiamenti statali sono in continua evoluzione, il decentramento reale delle competenze è ormai un fenomeno irreversibile, gli spazi di manovra per adeguare alla realtà locale i provvedimenti nazionali sono sempre maggiori e prima la legge 183 e poi la 36 del '94 ne sono anche l'espressione più evidente.
Infatti dal 1989 si è sviluppata ed ha acquisito sempre più autonomia decisionale una struttura quale l'Autorità del bacino del Po, una delle autorità di bacino nazionale creata dalla legge 183 e quella più sviluppata, della quale la regione Valle d'Aosta fa parte, con la legge 36/94 viene prevista la revisione del Prg degli acquedotti risalente agli anni 60, secondo i principi di ampia autonomia locale. Gli ultimi provvedimenti legati alla normativa sugli inquinamenti idrici riconoscono la prevalenza delle normative locali su quelle generalizzanti dello stato.
Finalmente quindi è possibile pensare ad un piano regionale di utilizzo delle acque, che sia realmente espressione delle esigenze locali e non applicazione formale ed automatica di norme dello stato non rispondenti alle realtà locali.
Il piano regionale di utilizzo delle acque deve prendere atto del fatto che risorse idriche, ambiente e fabbisogni, costituiscono parti interdipendenti di un unico, complesso sistema, la cui ottimazione si può realizzare cercando la migliore combinazione di tutte le sue componenti con modalità adeguatamente flessibili per potersi adattare alle modifiche di carattere socio-economico, territoriale e ambientale e alle nuove conoscenze tecnico-scientifiche per un'efficace difesa dell'ambiente ed il miglioramento delle condizioni economiche della regione.
Il piano regionale di utilizzo delle acque costituisce anche la cornice per gli altri piani settoriali, in cui vengono discussi in modo più approfondito i singoli problemi, vengono fatte scelte più precise e previste specifiche misure attuative di carattere giuridico amministrativo ed economico finanziario. Esso costituisce l'anello di collegamento fra la pianificazione territoriale paesistica e i tradizionali piani speciali in materia di acque, consentendo di valutare nel loro insieme gli effetti interconnessi delle possibili modifiche di carattere socio-economico e territoriale ambientale.
L'importante è avviare l'attività, avere ben chiari gli obiettivi cui tendere e procedere nel transitorio per provvedimenti stralcio provvisori, con i quali regolamentare specifiche attività o usi.
Ecco quindi il significato più profondo del provvedimento in via di approvazione: fissare in via provvisoria le regole per le derivazioni di acqua, non penalizzando in modo irreversibile il mercato stesso, ma salvaguardando comunque l'ambiente. Nel frattempo vanno approfondite le valutazioni tecniche, vanno avviate attività specifiche di studio, vanno definite meglio le competenze regionali.
Finalmente, come ricordato prima, esistono oggi gli indirizzi generali fissati da organi importanti ed autorevoli quali l'autorità di bacino del fiume Po; sono perciò consistenti le possibilità che i risultati delle ingenti risorse da impegnare nella definizione del Prg delle acque non saranno vanificate da norme o da rivendicazioni statali particolari. Ormai da più di un anno a questa parte alcune attività sono state avviate: nel settore delle risorse idropotabili, qual è la fase conoscitiva indispensabile per la successiva fase propositiva; nel settore della difesa del suolo, a seguito degli eventi alluvionali del settembre '93 per la definizione, fra l'altro, di fasce di pertinenza fluviale e dei livelli di rischio connessi con il pericolo di esondazione dei corsi d'acqua regionali; nel settore del demanio idrico con la definizione degli aspetti giuridici connessi con l'affermazione di specifiche competenze regionali, e, in relazione ad essi, nel settore delle subconcessioni, per la semplificazione amministrativa dei procedimenti istruttori per le domande di derivazione.
Il primo progetto che viene quindi portato all'approvazione del Consiglio è quello relativo ai criteri provvisori tecnici ed ambientali per il rilascio delle concessioni e subconcessioni di derivazione d'acqua, in attesa di alcuni risultati provenienti da studi idrologici in atto per apportare modifiche alla definizione dei deflussi idrici nei bacini idrografici, così come individuati dalla figura 1 allegata al provvedimento.
Quindi l'atto in oggetto, che si sottopone al Consiglio per l'approvazione, è la punta emergente di tutta una serie di studi specifici in corso nel settore idrico, attualmente prima fase necessaria di raccolta e sistematizzazione di dati indispensabili per la definizione delle scelte operative e degli obiettivi nei prossimi mesi; questo anche in sintonia con le indicazioni dell'ordine del giorno presentato dalla III commissione.
Presidente É aperta la discussione generale. Ha chiesto la parola il Consigliere Tibaldi.
Tibaldi (LN) Non mi soffermo sull'importanza che ha la ricchezza idrica per la nostra regione, in quanto è stato già ampiamente illustrato dall'Assessore, anche perché penso che tutti siano consapevoli che una razionale utilizzazione delle acque sia fonte di benessere per la collettività valdostana.
Ritengo invece opportuno soffermarmi su alcune scelte, o meglio sulla scelta che intende fare questa amministrazione in materia di rilancio, utilizzo delle acque a fini idroelettrici. Alcune scelte che sono state fatte nel passato rivestono un'importanza notevole per la trattazione dell'argomento, quindi mi sembra opportuno fare alcuni riferimenti al passato.
Sono tre le ragioni che ci lasciano perplessi dinanzi a questo documento, e sono: l'assenza di pianificazione a monte; l'assenza di strategie di fondo, perché qui non c'è una strategia politica di fondo; la illegittimità di buona parte delle norme che sono contenute in questo atto. Cercherò di trattarle una ad uno, in modo da dare la spiegazione delle ragioni che sostengono quello che sto dicendo.
Cominciando dall'assenza di pianificazione, il punto di partenza per analizzare compiutamente la materia è una delibera di giunta del 1989, ove la giunta impegnava gli uffici regionali competenti a soprassedere al rilascio di subconcessioni, o rinnovi di subconcessioni di acque relative a piccole derivazioni idroelettriche, fino alla predisposizione e all'approvazione da parte degli organi competenti del piano regionale di sfruttamento delle acque. Questo era sei anni fa, allora il Presidente della Giunta era Rollandin, probabilmente si ricorderà del provvedimento anche Dino Viérin, che allora era Assessore, al quale anche lui diede il suo assenso.
L'anno successivo, 1990, venne nominata una commissione di studio che si sarebbe dovuta occupare della formulazione di una proposta concreta per la disciplina e l'utilizzazione delle acque ad uso idroelettrico nel rispetto delle competenze assegnate alla regione dalla legislazione vigente e nell'ambito di una convenzione quadro stipulata con l'Enel. Ma la commissione cessò ben presto le sue funzioni e l'anno successivo, 1991, venne sbloccata la procedura, ammettendo un rilascio di un primo pacchetto di subconcessioni, alcune di derivazioni d'acqua ad uso idroelettrico con una potenza inferiore a 220 kWh, 26 richieste di cui 18 per uso idrico, e qui ci sono già le prime avvisaglie di una linea di sanatoria e di deroga che è assolutamente fuori dalla norma. Due società, una a Cogne e una a Rhêmes-Saint-George, ottengono delle concessioni in sanatoria dopo che le centrali sono già state costruite. Sempre nel 1991 la procedura viene sbloccata anche per altre piccole derivazioni, però per uso diverso da quello idroelettrico.
Nel 1992 viene approvato dalla Giunta uno studio del prof. Boffa, di cui oggi tutti abbiamo copia perché è allegato alla petizione la cui discussione è collegata a questo argomento, studio denominato "Linee guida per la redazione del piano energetico regionale della Valle d'Aosta", con una relativa appendice integrativa. Nella medesima delibera viene conferito mandato all'Assessore dei lavori pubblici a proseguire l'istruttoria delle domande pervenute sulla base delle linee guida citate. Purtroppo, in primo luogo, il Consiglio regionale, unico vero organo di programmazione ed indirizzo, non è mai stato chiamato in causa sull'argomento, essendosi arrogata la Giunta la potestà di adottare uno studio, quello del Boffa, che peraltro non ha nulla a che vedere con il piano energetico regionale, ma che costituiva lo strumento per consentirne una redazione adeguata. In poche parole potremmo dire che il Boffa ha tracciato quello che era l'indice di un libro che non è mai stato scritto. In secondo luogo non è mai esistito di conseguenza un documento di indirizzo, un quadro di riferimento dal quale amministratori pubblici, funzionari, concessionari e utenti potessero attingere nozioni guida sui poteri e sui limiti in materia. In terzo luogo, le linee guida indicate nello studio del Boffa sono state utilizzate arbitrariamente dalla Giunta regionale in questi anni per rilasciare subconcessioni sulla base di una valutazione di strategicità, mero criterio politico, che ha permesso di promuovere alcune richieste a scapito di altre.
Nel 1993 c'è il secondo sblocco di subconcessioni: sono autorizzate le istruttorie relative ad altre 33 domande, di cui ben 28 ad uso idroelettrico. In quarto luogo, del piano di utilizzazione delle acque, invocato dalla delibera di Giunta Rollandin del 1989, non si sa nulla, e parimenti del piano energetico regionale, del quale lo studio Boffa doveva costituire il primo atto di impulso. Anzi, si può dire che le linee del Boffa sono state furbescamente additate agli ignari come nostro strumento di pianificazione e la Valle, sempre agli ignari, è stata additata come una regione pilota in materia, cosa che non è assolutamente. Tant'è che mi sono letto un documento, relativo ad un convegno sulla energia solare termica che si è tenuto a Cogne, in cui lo stesso assessore regionale all'industria, nella primavera scorsa, 16 aprile 1994, ha avuto il coraggio di affermare che (leggo testualmente) "la regione Valle d'Aosta si è dotata, conformemente a quanto previsto dal legislatore nazionale, di uno strumento di pianificazione energetica coerente con la politica energetica dello stato e della C.E.". Questo probabilmente risulta solo all'Assessore, ma a nessun altro qui in regione.
Dopo questo doveroso riassunto su quanto accaduto in questi ultimi anni, oggi siamo da capo, anzi con qualche elemento in meno rispetto a sei anni fa, rispetto a quel 1989 in cui venne bloccata tutta la procedura di rilascio delle subconcessioni. Sì, perché le linee guida del Boffa sono state parzialmente superate dagli eventi. Dal maggio 1992 ad oggi è anzitutto cambiato il corpus legislativo in materia energetica, la privatizzazione dell'Enel è un altro fatto che non possiamo disconoscere in quanto modifica tutti i parametri di priorità e l'Enel non può essere più considerato esclusivista. Lo studio del Boffa, malgrado costituisse uno spunto interessante ben articolato e che ora è parzialmente superato, è servito a ben poco a causa della inerzia dei governi che si sono succeduti e che non sono riusciti soprattutto a modellare in tempo utile quello strumento di pianificazione di cui dicevo. Le giustificazioni addotte dalla Giunta relativamente alla difficoltà di elaborazione di un piano di utilizzo delle acque, per l'assenza di un contesto generale di riferimento delle politiche di governo delle risorse idriche, mi sembrano inaccettabile, e sono indicate nella premessa della delibera che oggi siamo chiamati a votare.
Questo completa la prima ragione che dicevo, assenza di pianificazione, cioè manca il quadro di riferimento.
Abbiamo poi i limiti di legge, la illegittimità di questo documento. Inaccettabili sono infatti i criteri che sono stati individuati dalla Giunta o dai funzionari, o da chi per essi, per assentire il rilascio delle subconcessioni di derivazioni d'acqua, inaccettabili perché sono anzitutto contro la legge, cozzando contro principi generali sanciti dalla legislazione vigente. Provvisorietà a nostro avviso non significa stravolgere le norme esistenti o ignorare completamente i limiti di garanzia che la disciplina nazionale e quella regionale hanno posto o pongono in materia.
Il primo capoverso della delibera ricorda l'ambito e i limiti che sono previsti dall'articolo 8 dello statuto speciale, in particolare la regione può subconcedere le acque avute in concessione dallo stato solo se vengono rispettate tre condizioni: la loro utilizzazione deve avvenire nel territorio nazionale, la loro utilizzazione deve essere conforme a quanto stabilito da un piano generale da stabilirsi da un comitato misto, composto da rappresentanti del ministero dei lavori pubblici e dalla giunta regionale, le domande di subconcessione devono essere istruite secondo la procedura e le norme tecniche per le concessioni fatte dallo stato, ed è questo il punto più importante.
Il richiamo a questa disposizione statutaria è illuminante, specie quando si rammentano le condizioni relative alla procedura e alle norme tecniche. Anche l'unica fonte normativa regionale in materia, che è una legge 4 del 1956, stabilisce che le concessioni e le subconcessioni che la regione può rilasciare per la utilizzazione di dette acque sono disciplinate dalle norme legislative della repubblica, integrate dalle norme della presente legge regionale e dalle eventuali successive. La stessa legge prevede che l'utilizzazione industriale delle acque sia fatta in armonia al piano generale di utilizzazione disposto dal comitato misto, di cui al terzo comma dell'articolo 8 dello statuto regionale.
Le norme procedurali sono indicate dettagliatamente in quello che potremmo chiamare il "Vangelo sulle acque", che è il T.U. del 1933, che è già stato in parte aggiornato da un decreto legislativo, il d.l. n. 275 del 1993, e che fissa dei criteri che sono esclusivamente oggettivi, a differenza della nostra delibera. Nella nostra delibera infatti i criteri di preferenza che sono stati stabiliti sono prevalentemente soggettivi, cioè fanno riferimento a determinati soggetti e a determinati requisiti che devono avere questi soggetti, ma non fanno riferimento all'utilizzo dell'acqua, al beneficio che può trarne la collettività, al corpo idrico e così via. Mi riferisco soprattutto all'impianto dei criteri amministrativi ed economici, che sono allegati nel documento 1B, sui quali ora mi soffermo.
Quanto a questi, si prevede una serie di priorità relative, secondo una gerarchia decrescente, che va dagli enti locali ai privati, e una priorità assoluta, dove le domande presentate da soggetti che hanno la residenza e la sede in Valle sono comunque preferite. Qui si liquida la faccenda in poche righe, i cui punti fermi sono l'affidabilità economica e le possibili ricadute di rilevanza economica sulla collettività valdostana, nulla di più. Ben diverse e di gran lunga più obiettive sono le priorità stabilite dalle leggi nazionali in vigore, al cui rispetto comunque siamo tenuti, e sono: il T.U. del 1933, che all'articolo 2 stabilisce in modo molto esplicito che possono derivare ed utilizzare acqua pubblica coloro che ottengono regolare concessione a norma della presente legge.
Questa norma mi sembra molto esplicita, nel caso di concorrenza di domande non valgono i criteri che vogliamo stabilire in questa delibera ma bisogna far riferimento: alla migliore utilizzazione dal punto di vista idraulico ed economico, o al soddisfacimento di altri prevalenti interessi pubblici; in subordine, alle maggiori ed accertate garanzie tecnico finanziarie di sfruttamento ed economiche di immediata esecuzione ed utilizzazione, non riferendosi a mere eventualità future ed incerte, come sono sempre indicate nella nostra delibera; ed ancora in subordine, alla priorità nella presentazione della domanda e la migliore o più vasta utilizzazione, che qui è completamente ignorata.
Il T.U. prescinde completamente dalla qualifica dei soggetti richiedenti, siano essi enti pubblici, privati o misti, essendo i suoi criteri finalizzati alla individuazione di quello che viene chiamato il melius. Chi assicura che un impianto gestito da un ente locale sia migliore rispetto a quello gestito da un privato, o anche viceversa? Come possiamo noi, sulla base di questi criteri soggettivi, stabilire che il miglior utilizzo, le maggiori garanzie tecnico finanziarie, il soddisfacimento del pubblico interesse, la compatibilità ambientale, tema caro un po' a tutti, sia garantito meglio da un soggetto privato o pubblico che sia, o da una persona giuridica rispetto ad una persona fisica? Il T.U., come diceva prima l'Assessore, è stato modificato da quel decreto legislativo che è il 275/93, e che ora è parzialmente ripreso anche nella nostra delibera.
L'articolo 4 ha innovato la materia delle priorità completamente, infatti fra più domande concorrenti, completata l'istruttoria sempre ai sensi del T.U., è preferita quella che da sola o in connessione con altre utenze concesse o richieste presenti la più razionale utilizzazione delle risorse idriche, in relazione ad una serie di criteri che sono: l'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei concorrenti, anche da parte di servizi pubblici, di acquedotto o di irrigazione, evitando ogni spreco e destinando preferenzialmente le risorse qualificate all'uso potabile; le effettive possibilità di miglior utilizzo delle fonti in relazione all'uso (dizione che riprende sostanzialmente l'articolo preesistente); le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico, criterio comunque importante per mantenere un certo equilibrio nell'ecosistema fluviale.
In altre parole, se per il legislatore del 1933 erano prioritari l'uso irriguo e la produzione di forma motrice, il legislatore del 1993 ha posto come principio guida la preferenza dell'uso potabile per le acque prelevate da sorgente o da falda, ma si è ben guardato da distinguere fra soggetti produttori, che possono essere pubblici o privati, e non ha affatto privilegiato enti locali o enti pubblici, di qualsivoglia genere, rafforzando unicamente e oggettivamente quello che è un bisogno primario della collettività e cioè l'approvvigionamento idrico.
Alcune parole conviene anche spenderle sul d.m.v. (deflusso minimo vitale), di cui si parla nell'allegato 1A, il cui titolo è "Criteri tecnico ambientali". Questi criteri tecnico ambientali dovrebbero conciliare lo sfruttamento energetico con la tutela paesaggistica, però sembra che siano fondati più su criteri empirici che non su criteri logici. Essi attingono innanzitutto dalle conclusioni che sono state ottenute dal c.d. rapporto Crest del 1989 - così ha confermato il funzionario durante le audizioni in commissione - che è stato realizzato in Piemonte e non è mai stato applicato da questa regione, in quanto assolutamente inadeguato.
Il Piemonte ne ha fatto un altro pochi anni dopo e lo sta già rivedendo, tant'è che ha introdotto un nuovo concetto di d.m.v., che non è solo quello base ma addirittura quello modulato, e che tiene in considerazione anche la quantità del deflusso secondo le stagioni; concetti che a noi, che siamo alla preistoria, sembrano concetti già troppo avanzati. I valori di deflusso minimo vitale che ne conseguono non sono suffragati da un ragionamento tecnico plausibile, sono fissati semplicemente dei numeri, essendo pressoché identici per tutte le aste torrentizie e superiori in alcuni mesi dell'anno alle loro singole portate.
Quanto dico è stato anche confermato da uno dei tecnici che sono stati chiamati in commissione, il quale ha detto che questi coefficienti rischiano di essere addirittura un ostacolo ad un concreto sviluppo energetico, perché non tengono conto né della climatologia delle zone - e i microclimi sono differenti da vallata a vallata, ci saranno vallate che sono affini ma vallate che sono profondamente diverse -, della morfologia del territorio, delle dinamiche idriche, delle specie animali e vegetali che popolano l'ecosistema fluviale. Elementi questi che sono indispensabili per avviare il cosiddetto sviluppo compatibile, senza pregiudicare la produzione da una parte e l'ambiente dall'altra: elementi questi che sono stati utilizzati in quello studio successivo a quello del CREST, di cui dicevo, che ha avviato la regione Piemonte.
Il concetto del flusso minimo vitale è stato introdotto da questo d.l. del 1993 ed è stato oltretutto approfondito da una circolare del ministero del lavori pubblici che è molto recente (aprile 1994), che costituisce una risposta alle numerose richieste di chiarimenti che sono pervenute un po' da tutte le parti, da tutte le regioni, perché la Valle d'Aosta non è l'unica regione che ha il problema di compatibilizzare la sua funzione amministrativa con la farraginosa legislazione che c'è in materia energetica.
In particolare, in questa circolare si stabilisce che nel provvedimento di concessione si deve tener conto del minimo deflusso costante vitale, considerato che la definizione di tale parametro non spetta in via esclusiva alla autorità concedente sia essa statale o regionale (cioè la definizione del d.m.v. non spetta né allo stato né alla regione), ma che si tratta di elemento che dovrà essere regolamentato nei piani di bacino, ai sensi di quella legge che citava prima l'Assessore, la 183/89. In attesa che questi piani - dice la circolare - o stralci funzionali degli stessi vengano approvati, si ritiene sufficiente inserire nei disciplinari di concessione, nella parte concernente le condizioni particolari cui dovrà soddisfare la derivazione, una specifica clausola. Clausola che poi qui è indicata. Quindi, è inutile stare ad arrovellarsi il cervello di come deve essere il d.m.v., se di un certo tipo o di un altro, se il rilascio dell'acqua deve essere maggiore o minore, se deve essere inserito il concetto di stagionalità o meno, sulla base di quel d.m.v. modulato che citavo prima, perché tanto la competenza non spetta né allo stato né alla regione.
Il concessionario, dice la clausola che deve essere inserita nel disciplinare, è tenuto a lasciare defluire, senza indennizzo alcuno, la portata che l'autorità competente eventualmente riterrà necessaria per garantire il minimo deflusso costante vitale, ai sensi dell'articolo eccetera di questa legge. Questo ha un significato preciso, perché: che l'autorità competente in materia di d.m.v. non è la regione, né la giunta, né il consiglio, bensì la c.d. autorità di bacino citata nella legge 183/89, che non è ancora stata istituita, che il bacino considerato di definizione del d.m.v. è quello del fiume Po, di cui la Valle d'Aosta è parte integrante (e questo è citato nella legge 183), che qualunque (e questo è il dato più drammatico) concessionario potenziale può porsi innanzi alla richiesta dell'amministrazione di certificare e di rispettare il d.m.v. ed ha comunque ragione, facendo venir meno qualunque effetto programmatico ed esecutorio di questo provvedimento, vuol dire che se un domani un concessionario va davanti al TAR e dice che la legge dice questo, la regione non può fare assolutamente niente, perché comunque ai sensi della legge 183 il d.m.v. non può essere stabilito in questa maniera.
Concludo con l'ultima parte, che ho lasciato in sospeso, l'assenza di una strategia di fondo, che è anche il dato più drammatico. Mi pare che ci sia una sorta di incompetenza abbastanza diffusa in materia, che ha portato a redigere una delibera di questo tipo, ed è una delibera che, a parte questi aspetti di illegittimità, non ha nessuna base solida per quanto riguarda questo quadro di riferimento di cui dicevo prima, e non ha nessuno sbocco, nessun obiettivo. Insomma, com'è che vogliamo sfruttare le acque che abbiamo in Valle d'Aosta?
Non si capisce, non si è capito né nella delibera né dall'intervento dell'Assessore; non sappiamo se vogliamo costituire un ente energetico regionale per uno sfruttamento adeguato delle nostre potenzialità idroelettriche, non sappiamo quanto spazio (e quali priorità) debba essere lasciato all'uso potabile come qui è indicato nei testi di legge che ho citato, non si sa neppure qual è lo spazio di potestà amministrativa che abbiamo, perché lo stato in tutti questi anni, con grande assenza dei nostri parlamentari, ha rosicchiato alle regioni spazi di intervento e, una legge dietro l'altra, ha creato una giungla, un insieme di liane normative che hanno paralizzato (o quasi) l'attività amministrativa, decisionale, e quindi politica da parte della nostra regione.
Temo piuttosto che questa delibera, molto curiosa, abbia un unico scopo, quello di liberalizzare immediatamente l'istruttoria per 130 domande che sono lì in attesa e che, se assentite senza un piano, possono costituire più un danno che non un vantaggio; temo che alla fine si rischi con questa insolenza amministrativa di danneggiare dal 1989 ad arrivare ad oggi, passando attraverso il 1991, il 1993 e il 1995, quelle che sono le nostre potenzialità energetiche e di perdere delle occasioni. E voi sapete che la materia energetica potrebbe darci grosse soddisfazioni, e sotto il profilo della pubblica utilità e sotto il profilo della compatibilità ambientale, perché significherebbe aver riscoperto e utilizzare in maniera congrua una nostra risorsa, e sotto il profilo economico, perché comunque si tratterebbe di trovare nuove risorse finanziarie e soprattutto dare nuova occupazione.
Questa totale assenza di strategia viene confermata ancora oggi, più che rammaricarmi non posso; mi sembra che qualcuno avesse indicato, ed io condivido con quel qualcuno, la costituzione di un ente di indirizzo e di coordinamento regionale, perché non è possibile che abbiamo Finaosta, per fare una ipotesi, che partecipa in tutte le società degli impianti di risalita che sono in costante perdita, e non abbiamo una regione che inviti una Finaosta a costituire un ente energetico, che possa farsi promotore di un razionale sviluppo e sfruttamento delle nostre risorse energetiche.
Sentirò le repliche e soprattutto gli altri interventi in materia, mi riservo di fare ulteriori considerazioni in sede di dichiarazione di voto.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Parisi.
Parisi (VAP) Prima di entrare nel merito della delibera, vorrei fare una considerazione di carattere generale.
Il dibattito sul tema dell'utilizzo delle acque, in particolare per scopi idroelettrici, è ormai aperto da molti anni e come tanti altri crediamo che non è più possibile rinviare la soluzione di tale problematica.
Siamo fortemente convinti che è indispensabile avere a breve scadenza un piano energetico regionale, capace di indicare le linee guida nonché il ruolo che dovrà svolgere la Regione in un settore strategico per lo sviluppo economico della intera comunità valdostana. Questa immensa risorsa, che da molti non a caso viene considerata il petrolio bianco della nostra Valle, deve essere posta al centro del dibattito politico. Oggi più che mai è il momento di assumere delle iniziative politiche, capaci di modificare profondamente lo stato delle cose, ottenendo, così come hanno ottenuto altre regioni a statuto speciale - mi riferisco in particolare in questo caso alla provincia autonoma di Trento -, particolari competenze sulle acque, in modo tale che la regione abbia in futuro la possibilità di sfruttare al meglio questa risorsa.
É necessario, per dare concretezza e spessore alle scelte sulla utilizzazione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico, svolgere una azione incisiva riguardante la produzione e la distribuzione della energia elettrica.
Si parla sovente di autonomia e di federalismo; ebbene, ritengo che questo sia un argomento per dimostrare la reale volontà politica per la sua concreta attuazione.
Come già anticipato all'inizio del mio intervento, ritengo che a distanza di molti anni si siano ormai acquisiti tramite vari studi tutti gli elementi per poter presentare una proposta di piano energetico regionale. In quest'aula più volte si è discusso sul problema energetico, però mai fino adesso si è giunti ad una proposta operativa. Credo che oggi sia importante, avendo individuato le sorgenti che possono essere sfruttate, stabilire chi deve sfruttarle. La mancanza a monte di un piano delle acque ha sollevato una enorme polemica in merito alla approvazione della delibera che oggi è in discussione, in quanto si è ritenuto che l'approvazione di questo atto vanifichi quella che sarà l'azione politica futura della regione. La preoccupazione credo sia legittima e credo che il confronto che è avvenuto con tutti i vari soggetti interessati sia stato utilissimo; a questo proposito apro una parentesi per ringraziare i componenti della III commissione, i quali hanno dato il loro contributo per cercare non di stravolgere quello che era l'atto deliberativo che viene oggi portato in approvazione, ma per chiarire meglio alcuni aspetti che forse apparivano nell'atto deliberativo un po' vaghi. Come dicevo prima, credo che il confronto con quei soggetti che abbiamo incontrato anche nel momento in cui vi è stata una audizione congiuntamente alla IV commissione, siano serviti a quello scopo; molto spesso (permettetemi di aprire una breve polemica) le commissioni vengono accusate di far perdere tempo, io credo che questo sia uno di quei casi in cui si è dimostrato che ancora una volta, se vi era il caso di dimostrare, l'impegno è quello di cercare di migliorare le cose. Anche perché in passato è avvenuto questo e avremo modo poi di vedere anche fra qualche giorno su altri argomenti quello che è avvenuto magari approvando degli atti con un po' di fretta, non dandogli quella che era l'attenzione dovuta. E avremo modo, come dicevo prima, di entrare nel merito di quegli atti, anche perché per alcuni versi alcuni buoni intendimenti e alcuni oggetti che dovevano servire per snellire alcuni iter burocratici, invece pare che li abbiano bloccati o ritardati.
Per ritornare all'atto deliberativo, per quanto riguarda la questione fondamentale, che era quella di non vanificare il ruolo della regione, credo che lo sforzo che è stato fatto sia importante in quanto ha inserito nell'atto deliberativo il criterio della parte amministrativa ed economica dell'atto stesso. Nell'allegato B è stata chiarita quella che è una priorità per quanto riguarda i soggetti richiedenti e l'aspetto economico di quello che dovrà essere l'eventuale impianto che dovrà essere poi autorizzato.
Dico questo perché, parlando di criteri amministrativi, emerge in maniera chiara quella che sarà l'azione che intenderanno svolgere la Giunta e la maggioranza in futuro per quanto riguarda lo sfruttamento delle acque. L'accusa che molto spesso è emersa, che io condivido, era quella che lo sfruttamento delle acque non dovesse servire solo per apportare dei vantaggi economici a poche persone, ma che dovesse dare a tutta la comunità valdostana la possibilità di usufruire dei vantaggi di questo sfruttamento.
Non rifaccio il percorso che ha fatto il Consigliere Tibaldi, il quale ha citato tutti i vari passaggi per giungere a questo atto deliberativo; credo che i due aspetti siano diversi: uno è il piano energetico, che va a coinvolgere un discorso non solo riferito alle acque ma ad altre fonti energetiche, l'altro è il significato di questa delibera. Credo che con quei paletti che si è cercato di mettere non si vada ad inficiare un discorso che riteniamo debba essere portato entro brevissimo tempo in quest'aula da parte dell'Assessore, e che è quello del piano energetico regionale, però quest'atto serve a dare la possibilità agli uffici di andare ad istruire quelle pratiche che sono giacenti presso l'Assessorato ai lavori pubblici, tenendo conto di quelli che sono sia i criteri di salvaguardia dell'aspetto ambientale, sia quella che è la salvaguardia degli aspetti amministrativi.
A questo proposito, per andare a ribadire ulteriormente ed a rafforzare il discorso che riguarda l'aspetto dello sfruttamento delle acque, abbiamo voluto presentare un ordine del giorno con il quale impegnamo la Giunta regionale ad individuare in una unica struttura l'organismo che dovrà poi andare a gestire tutto il discorso che riguarda non solo lo sfruttamento delle acque ma anche l'energia regionale.
Non sto a dilungarmi oltre. Senza ripetere quanto ho detto, credo che questo atto non vada ad inficiare quel discorso, anche se devo ribadire, e in questo sono d'accordo con coloro che così si sono espressi, che ormai a distanza di tanto tempo non si può più rinviare l'argomento fondamentale di questo tipo di problematica, che è quello del piano energetico regionale. Quindi ritengo che sia giunto il momento, e a questo proposito invito l'Assessore e la Giunta a presentare entro brevissimo tempo questo piano energetico, con le linee guida che ormai sono state stabilite anche dai vari impegni assunti in questo Consiglio. Così facendo si riuscirà finalmente a non portare più dei provvedimenti tampone, ma si darà effettivamente una risposta globale a quello che è un discorso fondamentale per l'economia valdostana.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Borre.
Borre (UV) La discussione su questa delibera, forse se tutti i consiglieri volessero intervenire, ci porterebbe alla fine ad ammettere che l'esigenza della Regione di avere un piano energetico e quindi arrivare in maniera autonoma ad essere autosufficiente di energia è la scelta migliore. Per arrivare a queste riflessioni penso sia sufficiente che si vadano a prendere alcuni atti, come già ha fatto il Consigliere Tibaldi, a partire non dal 1933, ma dal 1980, quando la regione affidava al prof. Masoli uno studio che evidenziava la parte energetica idroelettrica, e quindi un forte interesse della regione in questo settore.
Lo studio riportava già allora due carte riassuntive regionali, carte che indicavano la localizzazione sul territorio per 197 possibili nuovi impianti, la scheda tipo per ciascuna di queste localizzazioni contiene alcuni parametri, come il salto utile, la portata, la potenza massima ottenibile, fino alla definizione del tipo di turbina ritenuta più idonea; la carta B della potenzialità annua della produzione di energia di fonte idroelettrica, la classificazione delle 197 centrali effettuata sulla base della loro potenza, che tende anche a fornire un quadro della distribuzione territoriale della produttività potenziale; l'energia ottenibile è stimata in circa 760 milioni kWh, quindi la produzione che sarebbe necessaria per la regione. Già qui abbiamo un documento che non è indifferente, uno studio commissionato, come dicevo, nel 1980, consegnato nel 1981 e discusso in questa sala nel 1982.
La Giunta regionale nel 1989, con delibera del 4 settembre, "rilevato che l'amministrazione regionale sta predisponendo il piano regionale di sfruttamento delle acque, ritiene che il rilascio casuale non programmato delle concessioni potrebbe vanificare l'utilità del piano stesso, di conseguenza impegna..." e segue quanto ha prima citato il Consigliere Tibaldi. Questo viene fatto per mettere un punto fermo ed iniziare la discussione. Da allora, nel 1988 si affida un incarico ad uno studio tecnico industriale per la realizzazione di un piano di interventi per la costruzione, riattivazione e potenziamento di centrali idroelettriche, che veniva consegnato nel 1989, ed anche in questo piano viene ben definito come possono essere sfruttate le aste e quante centrali possono essere fatte in Valle d'Aosta.
Nel 1990 la Giunta delibera la formazione di una commissione di studio per la redazione di una proposta di disciplina ed utilizzazione delle acque ad uso idroelettrico, ed è la I commissione che in seguito però viene rivista.
Nel 1991 viene respinta una proposta di legge presentata dai consiglieri dell'Union Valdôtaine: "Concessione di incentivi per l'utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia e la costruzione, riattivazione e ristrutturazione degli impianti elettrici".
Il 27 gennaio 1992 la Giunta affida un altro incarico al prof. Boffa per l'esecuzione di uno studio contenente le linee del piano energetico regionale.
Nel novembre 1992 la Giunta approva le linee guida per la redazione del piano energetico regionale presentato dal prof. Boffa.
Nel 1991 e nel 1993 la Giunta impegna gli uffici regionali a parziali modifiche di alcune pratiche di subconcessione e derivazione d'acqua.
Il Consiglio regionale nella seduta del 6 aprile approva l'atto, che è poi la legge n. 62 del 20 agosto '93 "Norme in materia di uso razionale di energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili"; questa legge regionale bene esprime l'intenzione dell'amministrazione regionale e dà precise indicazioni per costituire un osservatorio (articolo 17) e possibilità di collaborazione con convenzioni (articolo 16), che se applicate oggi avrebbero permesso di ragionare in maniera più documentata sul problema energetico.
Il 21 febbraio 1994 la Giunta regionale istituisce un gruppo tecnico di lavoro per la redazione di una proposta di criteri provvisori tecnico economici di salvaguardia ambientale e amministrativi, e per il rilascio di subconcessioni di derivazione d'acqua. Oggi siamo finalmente ad esaminare quella proposta. Proposta la cui approvazione ritengo indiscutibile, non solo perché ha un griglia che salvaguarda l'interesse sia ambientale sia amministrativo, ma perché viene dopo sei anni. Quindi oggi, dopo tutta questa documentazione, ritengo impossibile non dare una risposta a tutte quelle domande che giacciono presso gli uffici.
Mi rimangono comunque alcune perplessità sulla risposta che questa delibera darà al problema energetico. Ritengo che la griglia che si è posta nei criteri ambientali sia troppo stretta per permettere un razionale utilizzo, e mi riferisco ai bacini residui, capoverso 3.2.A, al valore minimo del deflusso, capoverso 3.2.E, che viene sì ridotto della metà con l'istituzione però di distanze irrisorie.
Pericoloso è inoltre penalizzare le captazioni che ricadono nelle aree naturali protette, poiché questa presa di posizione non serve a migliorare il sito, ma contribuirà ad ostacolare l'incentivazione delle aree protette.
Mentre la parte dei criteri e dei vincoli economici non può che essere condivisa, poiché è evidente che la regione deve tendere ad una produzione che le permetta il raggiungimento dell'autonomia energetica, va ricordato che oggi la regione con le centrali ICE, ISSIME, COFARGO, produce all'incirca 250 milioni di Kwh, mentre il consumo regionale è di circa 700. Qui emerge l'esigenza del piano energetico regionale, un piano che non deve evidentemente soffermarsi sulla sola attività idroelettrica, ma deve prestare attenzione alla metanizzazione, al teleriscaldamento, quindi alla cogenerazione e al risparmio energetico, migliorando gli incentivi peraltro già previsti dalla legge regionale. 62/93.
Può forse apparire fuori tema parlare dell'Enel nella discussione oggi in atto, ritengo invece doveroso esaminare quale influenza ha oggi l'Enel allo stato attuale e quale nel prossimo futuro.
Il Consiglio regionale, nella seduta del 24 gennaio '90, approvava la convenzione quadro per i piccoli impianti idroelettrici consortili, da stipularsi tra regione Valle d'Aosta e l'Ente nazionale, che promuove l'autoproduzione permettendo la consegna dell'energia prodotta attraverso reti Enel. Il decreto del 25 settembre '92, approvazione della convenzione tipo prevista dall'articolo 22 della legge 9 gennaio '91, n. 9 precisa meglio chi si intende come produttore, favorendo così il raggiungimento degli obiettivi di produzione della concorrenza, orientando la privatizzazione dell'Enel S.p.a. verso una progressiva liberalizzazione dei mercati. Evidentemente nello spirito monopolistico che la contraddistingue, l'Enel non ha firmato tale convenzione e dà interpretazioni unilaterali della convenzione firmata come regione.
Ecco quindi perché dico che è importante parlare anche oggi in questa occasione dell'Enel; parlare soprattutto dei rapporti che la regione deve far rispettare con l'Enel, dei rapporti nuovi che deve instaurare. É indispensabile e urgente che si decida quale politica energetica si intende avviare, privato, pubblico o società miste; la regione ha il dovere di rispondere in tempi brevi, vista la situazione nazionale Enel, a questo quesito. Si deve intervenire nel panorama nazionale per sottoporre con forza all'attenzione dei cittadini italiani e valdostani quali sono i rapporti fra il dare valdostano alla comunità italiana e il ritorno italiano alla comunità valdostana.
Autonomia e autogestione dipendono anche dalla possibilità di indipendenza economica; e la indipendenza economica dipende dalla possibilità di utilizzo delle proprie risorse.
Ecco allora che se la risorsa energetica pari a circa 2 miliardi di kWh varca i confini della Valle d'Aosta senza grandi benefici per la gente valdostana, diventa obbligatorio chiedere di intervenire. Va ricordato che l'utilizzo delle acque fu affidato in concessione all'Enel il 6 dicembre 1962 con legge 1643; questa scelta espropriò la nostra regione di una delle più importanti fonti economiche e ciò fu possibile perché fu dichiarata l'Enel servizio di pubblica utilità. Oggi con la privatizzazione ciò viene a cadere, anche se la concessione per l'esercizio dell'attività elettrica rimane all'Enel, in virtù del decreto 333/92, articolo 14, che conferiva all'Enel tale concessione e solo successivamente all'articolo 15 la trasformava in società per azioni.
Come ho già accennato in precedenza, vi è l'urgenza di affrontare il piano energetico regionale, vi è soprattutto la necessità di creare una struttura a cui devono fare riferimento tutte le problematiche energetiche, tecniche e giuridiche. Alla luce della nuova situazione creatasi con la privatizzazione dell'Enel, vanno riviste e concordate con lo stato nuove possibilità di riservare alla regione Valle d'Aosta particolari competenze nel campo della energia elettrica. Questo mio intento mi ha spinto a firmare l'ordine del giorno con cui la III commissione accompagna questa delibera. Quell'ordine del giorno io almeno lo intendo come un invito alla Giunta a formare una struttura, che si occupi del settore energia senza avere uffici sparsi in vari assessorati.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Mostacchi.
Mostacchi (UV) Penso che tutti qua dentro siamo consci dell'importanza che ha l'acqua come fonte energetica (e non solo) per lo sviluppo economico della Valle d'Aosta. Pertanto non farò un discorso di carattere generale, condividendo ampiamente, se non tutto quello che è stato detto da coloro che mi hanno preceduto.
In IV commissione abbiamo ampiamente discusso questo problema ed abbiamo approvato i criteri della delibera di giunta che erano esposti su questo argomento.
La III commissione ha sviscerato il problema ed ha posto degli emendamenti in parte di carattere formale e in parte di carattere sostanziale; alcuni sono condivisibili, altri meno, pertanto per non venire meno a quello che è stato il nostro operato, visto che c'è un emendamento di carattere sostanziale che non mi sento di condividere, vorrei presentare un emendamento in merito, che riporta l'inserimento del punto 3.2.E, che c'era sul testo originale.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Chiarello.
Chiarello (RC) É vero che siamo in tanti a parlare, ma credo che questo argomento meriti un ampio dibattito, perché stiamo parlando della parte restante di energia che c'è ancora a disposizione in Valle.
Si è parlato tanto di autonomia energetica, adesso siamo arrivati ad uno di quei punti nodali della discussione. Non vorrei far polemica con Mostacchi, però vorrei solo ricordare che la IV commissione ha approvato questa delibera di Giunta prima ancora di aver sentito gli ultimi che dovevano spiegare i loro punti di vista su quella delibera, cioè a metà mattinata è stato già espresso il parere; mi sembra che sia stato espresso un po' leggermente.
Ho l'impressione, dopo quanto ho sentito dire da Tibaldi, che stiamo iniziando a costruire una casa dal tetto, mentre c'era l'invito a partire dalle fondamenta. Nel 1989, quando è stata approvata quella delibera di Giunta in prima persona dall'Union Valdôtaine, non essendo stata approvata né dai comunisti né da Rifondazione comunista, si era detto di iniziare a far la casa dalle fondamenta, cioè di fare il piano regionale delle acque, dopo di che si sarebbe potuto e dovuto dare le concessioni a seconda delle possibilità delle varie aste torrentizie.
Questo non è stato fatto, si sono instaurate delle commissioni che poi hanno lasciato il tempo che hanno trovato, c'è uno studio del prof. Boffa che andava verso quello che pensavo questa regione nella sua autonomia in questi anni potesse elaborare e proporre, cioè il piano energetico regionale.
Ho sentito con piacere che Borre, pur girando attorno, è su queste posizioni, cioè mai come adesso abbiamo sentito il bisogno in questa regione di un piano energetico regionale: l'Enel viene privatizzata, non si sa bene come, se cioè le concessioni le rimangono, se le regioni autonome possono fare pressioni, comunque è un momento in cui c'è anche la possibilità di fare breccia per riappropriarsi almeno di una parte delle competenze nelle acque che passano in questa regione. Qui secondo me si dimostravano le capacità e la volontà di una regione di essere autonoma; non riesco a capire perché non penso che ci siano anche interessi che ostino l'approvazione di un piano regionale energetico. Mi ricordo che in III commissione, dove spesso quando si discute di una legge si allargano anche i discorsi, si parlava, Borre per primo, di teleriscaldamento, di altre cose; in questa regione ci sono più possibilità energetiche, tutte messe insieme dovrebbero effettivamente formare un piano energetico che vada a beneficio di tutti i valdostani.
E ancora, una delibera di approvazione di criteri provvisori: perché non definitivi? Perché c'è quella delibera, perché non si sa bene come darli? Il minimo di flusso vitale meno il 50 percento se non si superano certe lunghezze, certi tratti di torrente... Io vi dico una cosa; ieri mi sono fermato sul ponte del Lys a Pont-Saint-Martin, vi inviterei ad andare a vedere cos'è il minimo di flusso vitale: se lì esiste il minimo di flusso vitale il fiume è morto, ed è questo che mi fa paura. Non so cosa ne pensate; tante volte si parla di essere valdostani, ma cosa vogliamo? Che i fiumi in Valle d'Aosta muoiano? Vogliamo fare un piano delle acque che ci dia la possibilità di dire che qui si può fare lasciando vivo anche il torrente, in modo che il turismo possa vivere, che i pescatori possano pescare, che la flora e la fauna dei torrenti possa continuare a vivere, o vogliamo solo sfruttare le nostre risorse?
Voglio solo ricordare che in questa regione si produce tantissima corrente elettrica in più di quella che è necessaria per tutti i bisogni regionali, anche se venisse usata come riscaldamento e per tutti gli usi a cui si può destinare la corrente elettrica, quindi non c'è la necessità impellente di utilizzare l'acqua per centrali idroelettriche supplementari. Non voglio dare più adito a qualcuno, che vada in televisione a dire che quelli che parlano contro questa delibera non vogliono neanche che i comuni abbiano l'acqua per gli acquedotti, o che vogliono assetare la gente; non è vero. Se si tratta di acquedotti per la gente, siamo disponibili, però arriviamo sempre al punto che ci viene detto qui in questo consiglio che non si può fare a meno di questa delibera perché ormai siamo in ritardo di anni; però il piano delle acque, se partivamo sei mesi fa, oggi sarebbe arrivato al traguardo. Se rincorriamo sempre le cose, poi arriviamo in ritardo: è stato così per la legge elettorale, è così per questa legge.
Ho votato in commissione quell'ordine del giorno, e prima qualcuno ha fatto un giro di parole per dire che l'ha votato con un certo spirito, ma in quell'ordine del giorno c'è scritto di non rilasciare concessioni senza l'approvazione di un piano delle acque; io l'ho votato proprio per quello, perché dice fra le righe le stesse cose che dice questa delibera. Veramente però continuo a dire che non c'è la volontà in questa regione di fare un piano energetico. Tutti ne parlano, continuiamo a parlarne e non si capisce quali forze ostano alla sua approvazione. Gli altri discorsi sul deflusso minimo vitale, secondo me, quando si dice deflusso minimo vitale e poi si dice però ridotto del 50 percento, mi sembrano un po' come quei truschini di cui parlava il mio capo in fabbrica, insomma è la squadra rotonda per cercare di far arrivare l'angolo al momento giusto. Se è un deflusso minimo vitale, deve essere un deflusso minimo vitale.
Poi non vedo l'approvazione di questa delibera senza un piano delle acque e un piano energetico.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Piccolo.
Piccolo (ADP-PRI-Ind) Alcune considerazioni doverose in merito all'argomento. Questo atto amministrativo è importante, perché è il primo passo verso il piano regionale generale energetico, che ci auguriamo possa essere sottoposto a questo Consiglio al più presto.
Una considerazione sulla risorsa naturale come quella dell'acqua: questo bene prezioso della nostra regione non può andare sprecato, anzi va valorizzato. Un atto, quello sottoposto oggi al Consiglio, che fra l'altro risponde proprio alle sollecitazioni avanzate dai consiglieri in questa assise, invitando la Giunta a stabilire modalità e criteri perché si potesse rispondere alle domande di enti, consorzi e cittadini, che da anni aspettano una risposta. Qualcuno accennava ad oltre 129 domande.
La IV commissione, qui ringrazio anche il collega commissario della IV commissione, Mostacchi, che lo ricordava, ha preso atto dell'atto amministrativo ed ha dato il proprio parere favorevole proprio per le motivazioni che dicevo prima.
Approfitto anche in questa occasione per ringraziare i componenti della III commissione, con la quale abbiamo operato per arrivare a determinare e fare le nostre considerazioni sull'atto amministrativo posto alla nostra attenzione.
Un ringraziamento doveroso anche alla Giunta: intanto per la sollecitudine con cui ha presentato l'atto, senza dimenticare che ha dato molto tempo alle due commissioni, III e IV, proprio per valutare con tranquillità l'efficacia dell'atto amministrativo.
Abbiamo ascoltato in una audizione congiunta tutte le componenti interessate agli atti amministrativi, e da queste all'unanimità è emersa la volontà che l'amministrazione regionale sollecitasse l'atto amministrativo con la sua approvazione e ci auguriamo quindi che nella seduta consiliare di oggi ci sia questo consenso.
Concludo con i ringraziamenti doverosi alla Giunta ed esprimo con soddisfazione il parere favorevole dalla Federazione autonomista.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Florio.
Florio (VA) Che si tratti di un atto deliberativo importante è fuori discussione, lo hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto, e lo ha dimostrato anche il tipo di discussione che c'è stata in III e in IV commissione ed anche in maggioranza.
É un atto amministrativo questo che sin dalla sua origine ci ha visto estremamente diffidenti; è un atto amministrativo che già altri, tutti, hanno detto viene in un momento in cui la pressione dell'utenza è molto forte e viene senza che questa amministrazione sia stata in grado di dotarsi di quegli strumenti che sarebbero stati indispensabili per considerare l'acqua come una vera risorsa collettiva.
Questa amministrazione non è stata in grado, anche nella successione delle maggioranze che l'hanno caratterizzata, ciò che pure si era con chiarezza preordinata di fare con la delibera di giunta che più volte è stata citata. Alla fine è evidente che è diventata impossibile a trattenere la pressione del problema, pressione derivante dall'esigenza comunque di utilizzare questa risorsa. E da questo è scaturito probabilmente questo atto amministrativo. É un atto amministrativo - lo voglio sottolineare anche se è già stato detto, ma ci tengo a farlo per marcare la sua sostanziale negatività - che viene senza che ci sia una preordinata analisi del problema, una valutazione dello stato di fatto e soprattutto una reale decisione su cosa fare di questa energia, e su come decidere di utilizzare la risorsa acqua ad es. in termini energetici piuttosto che in termini ambientali, o in termini energetici piuttosto che in termini idropotabili, eccetera eccetera.
É cioè una scelta che avrebbe dovuto essere fatta solo dopo aver deciso cosa fare di queste acque attraverso un piano di utilizzo delle stesse, accettando anche un ragionamento più stringato relativo alla risorsa acqua distinto dal piano energetico più ampio, regionale, che pure - concordo con Borre - è indispensabile.
Fra l'altro, nel corso dei diversi incontri che abbiamo avuto con i tecnici dell'Assessorato ai lavori pubblici, con i singoli Assessori, si è constatato che il numero e il tipo di documentazione tecnica ormai agli atti è tale da consentire la redazione di un piano di utilizzo delle acque anche in breve tempo. Un piano di utilizzo delle acque che, se da una parte dovrebbe rinunciare a costituire un elemento complessivo assolutamente esaustivo, potrebbe però dare quanto meno a questa amministrazione alcuni criteri indispensabili per capire se dotarsi di una riserva di acqua, da utilizzare in quanto tale come amministrazione o come utilizzo pubblico più diretto, o se definire tutto come cedibile, come concessionabile a diverse categorie di società o di utenti.
Questo non si è voluto fare, non si è fatto; a questo punto dovevamo evidentemente confrontarci comunque con un atto amministrativo che veniva prodotto ed il tentativo che abbiamo portato avanti - lo ripeto, l'ho portato avanti con durezza - è stato quello di modificare questo atto amministrativo cercando di inserirvi tutti quei miglioramenti utili sia dal punto di vista ambientale, che dal punto della gestione amministrativa del problema. Ed è quello che ho fatto, sia in commissione che in maggioranza, e che sono disposto a rifare qui oggi.
Nel complesso dalla III commissione è uscito un atto amministrativo che ci pare ragionevole, che ci pare da una parte venire incontro ad esigenze di ordine più propriamente naturalistico, del rispetto della naturalità dei corsi d'acqua (vedi l'allegato 1A, e tornerò dopo sul problema del punto 3.2.E.), e che d'altra parte decide con accortezza di modificare in misura considerevole l'allegato 1B, che dei due allegati era quello più scarno, quando poi trattasi dell'allegato che più propriamente concerne quei criteri amministrativi e quei criteri economici che devono costituire il riferimento per assegnare le concessioni. Anche in questo allegato 1B vi sono state delle modifiche, frutto fra l'altro di ragionamenti seri, concreti, positivi, che tendono sicuramente a migliorare il testo originale.
Ad esempio, l'ordine di priorità riconosciuto al punto 1 dell'allegato 1B ci vede assolutamente consenzienti per tutti i ragionamenti che sono stati fatti in ordine all'utilizzo diretto dell'energia prodotta e ai problemi connessi con il vettoriamento attraverso l'Enel e il rifiuto di questa di realizzarlo. Così come riteniamo positivo l'ampliamento dei criteri economici di cui al punto 2 nelle cinque lettere che li contraddistinguono, ampliamento che cerca di comprendere aspetti della vita economica regionale più complessivi, senza fare riferimento semplicemente a criteri usuali di primo impatto, ma andando a ragionamenti tali da consentire, anzi da provocare l'inserimento di finanziamenti propri, di utilizzo di risorse proprie da parte dei richiedenti. Così come d'altra parte anche inserendo un rapporto diretto fra il vantaggio economico dell'investitore nei confronti di utilizzi di energia da parte di settori produttivi ad alto consumo energetico; penso ad es. agli impianti di risalita, che potrebbero connettersi in una o in società a maggioranza di capitale pubblico, per rientrare al punto 1 dei criteri amministrativi.
Evidentemente il giudizio finale positivo che diamo, è un giudizio sull'atto amministrativo uscito dalla III commissione; se questo atto amministrativo cambiasse tipologia, se rientrassero in gioco in un qualche modo, attraverso lettura di questioni di regolamento, gli emendamenti approvati in modo - molto serio secondo me - dalla III commissione alla unanimità o quasi, allora ci vedremmo nelle condizioni di non votare questo atto.
In III commissione avevo proposto, e la commissione lo ha approvato alla unanimità, il testo di questo ordine del giorno, testo che non è mio ma è un testo che era a conoscenza di tutti i membri della maggioranza. Perché ho tenuto a presentare questo ordine del giorno? Perché mi sembra che in esso sia contenuta la prima traccia in nuce, che può essere utilizzata da questa struttura unitaria (condivido la richiesta fatta con forza da Borre) per avviare quel discorso connesso con il piano di utilizzo delle acque regionali, fissando per la prima volta in un atto amministrativo alcuni paletti che mi è parso di capire nelle discussioni sia in maggioranza che in commissione siano condivisi da tutte le forze politiche: quello ad esempio del raggiungimento della autonomia energetica regionale attraverso lo sfruttamento di questa acqua residua.
Ecco perché avevo tenuto a far sì che questo diventasse un ordine del giorno della commissione, e che lo stesso nei suoi contenuti diventasse patrimonio del Consiglio e prima indicazione per l'Assessore o il settore che dovrà interessarsi di questo problema. E qui credo che il richiamo all'esigenza di spicciarsi, affinché ci si avvii con urgenza almeno a redigere il piano regionale di utilizzo delle acque, sia assolutamente da sottolineare.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Lanièce.
Lanièce (GA) Sarò breve anche perché i colleghi che mi hanno preceduto hanno già esposto le cose più importanti di questo atto amministrativo. Volevo solo far notare che all'interno dello stesso vi sono delle leggerezze dal punto di vista legale. Nel 1991 è stata presentata una legge statale, la n. 9, la quale prevede all'articolo 24 il diritto di prelazione sulle concessioni idroelettriche; questo articolo enuncia che le imprese non assoggettate a trasferimenti all'Enel possono esercitare il diritto di prelazione sulle concessioni di piccole derivazioni d'acqua per impianti idroelettrici di cui al T.U. delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impiantii elettrici.
Questo caso riguarda in modo particolare ad esempio la cooperativa Forza Luce; quindii sarebbe opportuno inserire all'interno di questo atto amministrativo, onde evitare una possibile bocciatura da parte della commissione di coordinamento, una dicitura che faccia riferimento a questo diritto di prelazione.
A tal proposito presenterò un emendamento, che si riferisce all'allegato B, criteri amministrativi, in particolare alla frase "le subconcessioni, le concessioni per derivazioni da uso industriale e idroelettrico sono assentite secondo il seguente ordine di priorità eccetera", dove dopo le parole "industriale e idroelettrico" propongo un inciso, per inserire le parole "fatto salvi i diritti di prelazione previsti da leggi statali".
É un emendamento che non stravolge niente dato che i funzionari dell'Assessorato ai lavori pubblici, con i quali ho parlato, hanno affermato che questo diritto di prelazione esiste, e quindi sarebbe più opportuno richiamarlo, onde evitare un arresto dell'iter della legge.
Nell'ultimo comma dell'allegato 1B, dove si parla della possibilità per potenze superiori a 2000 kWh, si parla di subconcedere le acque ad enti pubblici, non chiarendo se sono enti valdostani; sarebbe anche qui da aggiungere dopo le parole "enti pubblici", la parola "valdostani", in modo da meglio tutelare la nostra regione.
Nella relazione conclusiva del gruppo di lavoro costituito con la deliberazione 1264 si afferma che occorre aggiungere per completezza che il criterio adottato non tiene in conto il fatto che, là dove non esistono domande in concorrenza o interferenti, esiste pur sempre la possibilità che consentire la realizzazione di un impianto ad un soggetto possa pregiudicare la possibilità di iniziative future da parte di soggetti che nella scala gerarchica sono preferiti. Qui siamo di fronte a un fatto un po' particolare, perché è come se, applicando lo stesso concetto ad esempio ai mutui per la casa, non potessimo più concedere un mutuo per la casa perché non sappiamo se c'è qualcuno che ha un diritto superiore.
É una cosa particolare da verificare; in pratica, non mettendo niente, si rischia che ci sia una domanda, ma che questa giaccia in attesa che ci sia qualcun altro che presenti un'ulteriore domanda. Mi è stato detto che questo problema si può superare, quindi penso che spetti all'Assessore verificare se conviene o meno inserire una dicitura che vada in questa direzione.
Presento quindi questi due emendamenti; per il resto posso dire che siamo di fronte ad un atto amministrativo che riguarda una materia molto importante, che deve essere al più presto tutelata, tenendo conto però che se da una parte bisogna cercare di utilizzare al meglio questa risorsa importante sia dal punto di vista energetico che economico, dall'altra non dobbiamo portare dei danni all'ambiente perché viviamo nell'ambiente, quindi è giusto cercare di ottemperare ai due bisogni: il bisogno economico ed energetico e il bisogno ambientale.
Presidente Altri che intendono intervenire? Se nessuno intende intervenire, dichiaro chiusa la discussione generale. Ha chiesto la parola l'Assessore ai lavori pubblici, Lavoyer.
Lavoyer (ADP-PRI-Ind) Sugli emendamenti mi riservo di esprimere la posizione della Giunta in fase di votazione.
A me pare che ci siano poche cose da dire in conclusione della discussione, che peraltro è stata approfondita. Ci sono alcuni spunti, sottolineati un po' da tutti, che nella sostanza vengono ribaditi nell'ordine del giorno proposto dalla III commissione, che vanno nella direzione di creare un coordinamento per affrontare in modo definitivo il piano energetico più generale.
Debbo sottolineare che vi è anche una grande confusione tra quello che è il piano energetico generale, e qui lascerò al collega Mafrica relazionare sul problema, e quello che è un provvedimento che va a fissare dei criteri per il rilascio di concessione e subconcessione che già rilasciavamo prima senza criteri.
Quindi a me pare, e lo sottolineavo nel mio intervento introduttivo, che il provvedimento che andiamo ad approvare sia sufficientemente conservativo, in modo da garantire comunque i risultati futuri di uno studio più complessivo, ma nello stesso tempo va nella direzione di non bloccare qualsiasi attività o iniziativa nel settore.
Riservandomi di prendere delle posizioni più precise sugli eventuali emendamenti in sede di dichiarazione di voto, mi limiterò a sottolineare che il provvedimento oggi in discussione è già il risultato di una lunghissima ed estenuante mediazione nelle singole commissioni (tenete conto che questo provvedimento è stato presentato alla fine del mese di settembre), di conseguenza questo risultato è il risultato di un provvedimento sufficientemente cautelativo, quindi invito il Consiglio a votarlo.
Presidente Ha chiesto la parola l'Assessore all'industria, commercio e artigianato, Mafrica.
Mafrica (GV-PDS-SV) Questo provvedimento è innanzitutto il rispetto di una deliberazione del Consiglio regionale, il quale aveva impegnato la Giunta a presentare dei criteri provvisori che consentissero rispetto alle subconcessioni di valutare ai fini ambientali, ai fini amministrativi e ai fini economici. Quindi credo di dover sottolineare che la deliberazione è un atto che rispetta un impegno votato dal Consiglio regionale.
É un impegno che, come ricordava l'Assessore Lavoyer, consente di avere dei criteri là dove prima i criteri non erano formulati e quindi mi sembra un importante passo in avanti nella direzione di definire meglio le procedure.
Credo che si possa dire che con la stesura originale e con le successive variazioni si sia chiarito anche in modo abbastanza efficace qual è la strategia della regione nei confronti di questo problema. Se si richiede, come viene ricordato da più parti, la predisposizione di un piano delle acque, di un piano energetico o di un piano di utilizzo delle acque a fini idroelettrici, bisogna avere chiaro che un piano stabilisce delle priorità per ciò che riguarda i beneficiari e per i criteri che vengono utilizzati dal punto di vista economico.
Ora, l'ordine di priorità che era stato fissato nel testo proposto dalla Giunta e che è stato ulteriormente approfondito nel testo predisposto dalla III commissione, è estremamente chiaro: stabilisce che le precedenze riguardano concessionari pubblici. Questa scelta mi pare coerente con la storia di questa regione (veniva ricordato prima che i comuni erano proprietari delle acque), con le necessità di questa regione; pertanto questa scelta non è assolutamente mascherata, l'ordine di priorità privilegia le società o i consorzi a maggioranza pubblica, i comuni e le comunità montane, gli utilizzatori consorziati, le cooperative di utilizzatori, e lascia da ultimi i privati. É una priorità che risponde ad una concezione autonomistica largamente condivisa dalle forze politiche di questo Consiglio.
Il secondo indirizzo che emerge dai criteri economici così come formulati e così come rivisti nella III commissione è estremamente chiaro, cioè stabilisce che queste acque vanno innanzitutto utilizzate per scopi idropotabili, in secondo luogo per scopi irrigui, poi per scopi industriali, facendo sì però che l'utilizzazione si rifletta sulla collettività, sulle attività produttive, su fini di carattere sociale.
É questo un indirizzo che permette di proseguire ulteriormente nella redazione degli strumenti che ancora devono essere completati, perché non è possibile arrivare ad un piano chiaro, se non sono individuati nettamente sia i concessionari e l'ordine con cui le concessioni devono essere attribuite, sia le modalità di utilizzazione. Quindi questa deliberazione rappresenta un importante passo in avanti nella esplicitazione delle scelte regionali e consentirà in tempi abbastanza brevi di soddisfare la richiesta dell'ordine del giorno di un piano di utilizzo delle acque a scopo idroelettrico, consentirà anche di procedere in tempi un po' più lunghi al piano energetico regionale ed anche, con i tempi necessari, al piano complessivo di sfruttamento delle acque.
Mi pare che in questi anni alcune iniziative significative siano state prese in materia energetica; le linee guida approvate dalla Giunta regionale hanno tracciato un quadro, e questo provvedimento si inserisce in quel quadro; nel frattempo è stata acquistato dalla regione Ilva Centrali Elettriche, che può essere uno strumento di governo dell'energia e di utilizzazione dell'energia a fini produttivi e a fini sociali; ulteriori passi in avanti potranno essere fatti con l'approvazione di questo atto e con le indicazioni che questo atto fornisce in merito agli utilizzatori e al modo di utilizzare l'energia.
Credo quindi che il Consiglio possa approvare la deliberazione e possa anche approvare l'ordine del giorno che ulteriormente chiarisce la direzione di marcia.
Presidente Prima di arrivare alla votazione dell'atto deliberativo, il Consiglio è chiamato a prendere atto della petizione che è stata presentata:
Il Consiglio
prende atto della petizione e della documentazione ad essa relativa.