Objet du Conseil n. 3047 du 20 décembre 2023 - Resoconto
OBJET N° 3047/XVI - Communications du Président du Conseil.
Bertin (Presidente) - Alla presenza di 31 Consiglieri, iniziamo i lavori del Consiglio regionale di oggi. Punto n. 1 all'ordine del giorno.
In apertura di questo Consiglio, voglio ricordare che ieri, martedì 19 dicembre, ricorreva l'80° anniversario della Dichiarazione dei rappresentanti delle popolazioni alpine, firmata a Chivasso.
La Carta di Chivasso, nella sua brevità e chiarezza espositiva, 80 anni fa indicava la strada da percorrere per uscire dall'oppressione politica, dalla rovina economica, dalla distruzione della cultura locale causata dallo Stato fascista, dal regime fascista e la identificava nel federalismo e nell'Europa.
I firmatari della dichiarazione, uomini legati alla Resistenza, avevano individuato nel federalismo, nell'autonomia e nell'Europa la forma politico-istituzionale che meglio coniugava la salvaguardia dei diritti fondamentali con lo sviluppo socio-economico delle comunità alpine, all'epoca a rischio di marginalizzazione.
Un testo che conserva tuttora la sua grande attualità, fautore ante litteram, tra l'altro, di uno sviluppo autenticamente sostenibile che guarda alle generazioni future, un approccio che dobbiamo fare nostro.
Il 19 dicembre, la Giunta ha presentato un disegno di legge in materia di centralizzazione delle funzioni di committenza e altre disposizioni in materia di contratti pubblici.
La Conferenza dei Capigruppo, nella riunione di ieri, ha stabilito l'abbinamento dei punti all'ordine del giorno 5.01 e 5.02 (question time), 11 e 31 (Isiltp Verrès), 13 e 36 (distributori metano). I punti 41 e 47 sono stati ritirati.
Vi comunico che la Consigliera del Comune di Donnas, Anna Jacquemet, è stata nominata nella Consulta regionale per le pari opportunità in rappresentanza degli enti locali, a seguito delle dimissioni di Francesca Farinella, Consigliera del Comune di Ayas.
Infine vi segnalo che è stata pubblicata su Apple Store l'App ConsiglioValle.tv che permetterà una fruizione delle dirette del Consiglio dai dispositivi Apple.
Lucianaz (RV) - Grazie, Presidente, per quest'introduzione, in ricordo della carta di Chivasso.
Devo dire che abbiamo avuto una vera "Abbuffata" di conferenze in questo periodo, alcune interessanti, alcune meno, personalmente ho molto apprezzato quella di Valsavarenche, sia per i contenuti sia per la dinamica di quell'incontro.
Proprio per ricordare i principi che sono alla base della dichiarazione di Chivasso, oggi - visto che ci avviciniamo al Natale e tutti quanti andremo a mangiare al caldo il panettone nella nostra casa e con i nostri familiari - voglio ricordare il genocidio che è in atto in questo periodo in un'altra parte del mondo in quanto stiamo assistendo direttamente, con il servizio di telecamere e di giornalisti, allo sterminio di una popolazione.
Io non so se la volontà sia quella di eliminarli dalla terra o di disperderli nel mondo e non ho gli elementi per condannare o giustificare un certo atteggiamento militaresco, però quello che è certo è che abbiamo decine di giornalisti uccisi e medici - mentre stanno curando bambini distrutti, menomati - anche loro uccisi da bombe che vengono gettate in una città abitata, con tutti i civili che sono all'interno.
Tutto questo lo dico perché in questo Consiglio comunque si ricordi almeno che siamo cittadini del mondo e che questi fatti non dovrebbero accadere.
Mi fermo qui e grazie ancora per il ricordo della dichiarazione delle popolazioni alpine.
Presidente - Consigliere Lavy, a lei la parola.
Lavy (LEGA VDA) - Grazie per il ricordo di questa dichiarazione che è una pietra miliare nella storia dal dopoguerra- allora si era ancora in guerra - fino a oggi, proprio perché è stata una carta concepita in un momento in cui non era ancora chiaro quale fosse il futuro dello Stato italiano, tanto meno dell'Europa, proprio perché la guerra era ancora in corso, c'era già stato un cambiamento con la battaglia di Kursk e l'entrata degli Americani, quindi qualcuno poteva già capire in quale direzione si poteva andare, però era un'opera coraggiosa di unirsi, in quanto rappresentanti delle popolazioni alpine, per parlare del futuro, dei propri enti che poi dopo sarebbero diventati anche delle Regioni, dello Stato italiano e dell'Europa tutta.
Abbiamo una grande fortuna, perché questa carta è stata commentata da uno dei principali protagonisti...
Presidente - Sospendiamo un attimo.
La seduta è sospesa dalle ore 09:14 alle ore 09:37.
Bertin (Presidente) - Possiamo riprendere. Abbiamo sospeso brevemente per un malore di un dipendente del Consiglio che fortunatamente si è ripreso.
Consigliere Lavy, a lei la parola.
Lavy (LEGA VDA) - Faccio solo un augurio a Ermes.
Stavo parlando della dichiarazione di Chivasso, un'opera centrale per la Valle d'Aosta e per tutti i popoli alpini e stavo dicendo che abbiamo la fortuna di avere un commento alla stessa dichiarazione di Chivasso, fatto da una persona che ha partecipato ai lavori della stessa: Émile Chanoux, che tornò da Chivasso a quanto pare non così contento, però nel suo "Federalismo e autonomie" traccia un po' una linea del perché si sia arrivati a questa dichiarazione di Chivasso ed è interessante capire come nello scritto di Chanoux si valuti come il Fascismo fosse solamente l'ultimo stadio di una degenerazione di quello che poi cominciò con lo Stato italiano, per cui un annullamento delle varie identità nella penisola, in questo caso maggiormente in Valle d'Aosta, l'attacco dal punto di vista linguistico, la colonizzazione dello Stato italiano tramite l'industrializzazione, tramite l'invio delle cosiddette "Maestrine" nei nostri villaggi, nelle scuole di villaggio, per italianizzare e colonizzare i Valdostani.
Ci sono alcuni passaggi di quello che scrive Chanoux che sono molto interessanti in merito a questa dichiarazione di Chivasso, per esempio: l'Alpe si spopola perché gli uomini dell'Alpe si lasciano sedurre dal miraggio della città, attraverso gli esempi degli insegnanti e dei villeggianti e perché nessuno ormai insegna loro a migliorare le proprie condizioni di vita senza rinnegare il passato della loro gente e la terra degli avi.
Riflessioni del tutto attuali, che fanno capire come comunque ci sia un problema anche oggi, perché, sempre riprendendo un altro passaggio, le varie montagne sono svuotate dalla loro identità culturale e linguistica.
Oggi vediamo che le valli valdostane, non solo montane, sono svuotate e basta, per cui si deve fare anche una riflessione di quello che si è portato avanti di questa dichiarazione di Chivasso, che garantiva tutta una serie di libertà anche prettamente linguistiche ai territori montani, libertà che purtroppo nel tempo si sono perse, basti pensare alle lingue minoritarie.
Chanoux descrive questo passaggio in maniera molto bella: "La lingua di un individuo, quella che parla dell'intimità della famiglia, quella che impara nelle braccia materne, quella con la quale dice le cose più dolce e più intime, quella è veramente la sua lingua; quell'altra, quella che serve nei rapporti con gli estranei, non è la sua lingua. Un uomo ha quindi la sua lingua, ne parla un'altra, ne può parlare diverse".
Tutte riflessioni che devono far capire come, in realtà, degli aspetti presenti in questa carta ormai purtroppo rimanga ben poco, o meglio, sia stato attuato ben poco, perché lo vediamo nei nostri villaggi e nei nostri Comuni: le famiglie che magari sanno il francoprovenzale, il titsch e il töitschu, parlano in italiano ai loro figli.
C'è una questione per cui questi principi sono rimasti molto spesso, troppo spesso, solamente sulla carta, e poi nella realtà tutto è il contrario.
Per quanto riguarda anche l'Unione Europea, Chanoux analizza alcuni aspetti di questa Carta, che va veramente al di là della Valle d'Aosta e delle popolazioni alpine, Chanoux diceva: "Un regime federale sul tipo svizzero è garanzia di questo reciproco rispetto nell'interno degli Stati e nell'interno del Continente europeo, così i piccoli popoli delle Alpi, così simili alla Svizzera, sentono questa loro missione più alta, di richiamare popoli maggiori a queste verità di pace e tolleranza".
Oggi l'Unione Europea tutto è fuorché la realizzazione di queste parole, e lo vediamo dall'atteggiamento che l'Unione Europea ha avuto verso la Catalogna e su tutti gli altri piccoli popoli che comunque reclamano una libertà.
Una Carta che deve far riflettere sulla sua nascita, sulla sua attuazione o parziale attuazione - in gran parte non lo è stata - che deve essere veramente una linea e una speranza verso il futuro per garantire non solo alla Valle d'Aosta e alle popolazioni alpine, ma pure allo Stato italiano ma soprattutto nell'ambito europeo, veramente una maggiore equità, dignità e attenzione verso i piccoli popoli che sono, in realtà, la ricchezza del nostro continente.
Presidente - Consigliera Minelli, ne ha facoltà.
Minelli (PCP) - L'incontro di Chivasso e la dichiarazione dei rappresentanti delle Vallate alpine che ne è scaturita sono stati effettivamente un momento d'estrema importanza nella storia politica e istituzionale valdostana.
Credo sia giusto ricordare che l'incontro avvenne fra due nuclei di due vallate alpine che avevano in comune la ricerca di un nuovo assetto dello Stato che doveva nascere dopo vent'anni di dittatura e centralizzazione fascista. Da una parte la Val Pellice, soprattutto con il nucleo dei valdesi di Torre Pellice, dall'altra la Valle d'Aosta.
Non a caso l'incontro si tenne a casa di un Valdese che abitava a Chivasso, il geometra Pons.
Fu un incontro ben preparato, con delle bozze di documento esaminate preventivamente, su cui a Chivasso si fecero le ultime correzioni e l'approvazione, non si trattò di un'iniziativa estemporanea.
Un ruolo molto importante lo ebbe il Partito d'Azione, che proprio a Torre Pellice aveva insediato il suo esecutivo nazionale e che da due anni aveva posto al centro della sua azione la prospettiva di un nuovo Stato e di una nuova Europa, come delineato fin dal 1941 dal Manifesto di Ventotene "Per un'Europa libera e unita" di Altiero Spinelli.
La Carta di Chivasso fu il frutto di un lavoro di elaborazione che si stava facendo all'interno di vari gruppi antifascisti e che trovò un valido interlocutore in Valle d'Aosta proprio in Émile Chanoux.
Non è difficile immaginare con quale entusiasmo e con quali speranze Chanoux abbia partecipato all'incontro di Chivasso, certo è che il suo giudizio fu complessivamente positivo, tanto che proprio per commentare la dichiarazione, scrisse il suo più importante e ampio testo politico: "Federalismo e autonomie", pubblicato dopo la sua morte nei quaderni dell'Italia Libera a cura del Partito d'Azione.
C'era un nuovo mondo da costruire, un'indipendenza di tipo cantonale da conquistare, un'economia alpina da rilanciare e Chanoux s'impegnò convintamente in tale azione.
Giusto quindi valorizzare e ricordare quel momento storico, come è stato fatto in questi giorni.
Permettetemi però di fare anche una riflessione d'attualità: se provassimo a guardare con gli occhi di Chanoux la Valle d'Aosta di 80 anni dopo quel 19 dicembre 1943, cosa si potrebbe dire? Che va tutto bene o si potrebbe fare di meglio?
Non mi riferisco particolarmente all'attuale situazione politica, ma ai 75 anni di autonomia, di possibilità di autogoverno. L'abbiamo utilizzata nel migliore dei modi?
In "Federalismo e autonomie" c'è un accenno, a pag. 42, alla grossa speculazione di Cervinia, eppure si era soltanto agli inizi.
Se Chanoux vedesse oggi l'urbanizzazione selvaggia che c'è stata a Cervinia, cosa direbbe? Scriverebbe un elogio del buon governo del territorio valdostano?
In "Federalismo e autonomie" c'è grande attenzione alla questione delle concessioni idroelettriche, ma, se Chanoux sapesse che dopo 75 anni di Statuto la Valle d'Aosta non ha ancora una norma d'attuazione dello Statuto per disciplinare autonomamente le concessioni idroelettriche, cosa dovrebbe pensare?
E potrebbe concordare sulla scelta della Valle d'Aosta di lasciarsi inondare dai TIR fino ad arrivare a situazioni parossistiche?
Chanoux, che era figlio di un guardiacaccia di Valsavarenche, che cosa potrebbe mai pensare di progetti come quello del Vallone di Cime Bianche, cioè la devastazione di un vallone di alto valore naturalistico per incrementare un carosello d'impianti a fune a mo' di luna park.
Campeggia sulla parete di quest'aula la frase di Chanoux: "Il y a des peuples qui sont comme des flambeaux", riferito originariamente alla Svizzera da lui considerata un esempio di democrazia e partecipazione, dove è il popolo che decide, e principalmente lo fa attraverso il referendum.
Come si concilia questa visione con un Consiglio regionale che nega la possibilità di un referendum consultivo?
Ci sarebbero altre cose da dire, ci sono delle domande che, secondo me, bisogna porsi, ma i tempi sono limitati.
Credo comunque di aver espresso l'importanza di sottolineare l'80esimo anniversario della dichiarazione di Chivasso ma anche il dovere che abbiamo di fare una riflessione sullo stato dell'autonomia valdostana oggi e sulle scelte che sono state compiute, che si compiono e che si compiranno.
Presidente - Il Presidente della Regione ne ha facoltà.
Testolin (UV) - Je pensais intervenir mois aussi sur la Déclaration de Chivasso dans mes communications, mais j'ai le plaisir de le faire avec les communications du Président du Conseil. Le 19 décembre 1943 dans la maison d'Edoardo Pons à Chivasso, un groupe d'antifascistes - d'origines diverses : Vallée d'Aoste, Valais, Vallée Vaudoise, et d'horizons politiques et religieux différents - se réunit pour définir un projet d'autonomie pour les communautés alpines dans le cadre d'une Italie fédérale et républicaine sur une base régionale et cantonale : Émile Chanoux, Ernesto Page, représentants de la Résistance valdôtaine, et Giorgio Peyronel, Osvaldo Coïsson, Gustavo Malan et Mario Alberto Rollier, représentants des Vallées Vaudoises. Ils étaient absents pendant la réunion Lino Binel, arrêté par les fascistes, et Federico Chabod, qui avait pourtant envoyé son texte préliminaire aux participants. Quatre-vingt ans plus tard, nous avons consacré trois jours d'études - et l'ont bien rappelé les Conseillers qui m'ont précédé - et des réflexions à la Charte de Chivasso non seulement pour célébrer sa centralité dans la pensée fédéraliste du XXème siècle, mais surtout pour réaffirmer sa modernité. La charte - rédigée au moment le plus sombre de l'histoire italienne et européenne, au lendemain de l'Armistice et au début de la résistance et de la lutte pour la libération du nazi-fascisme - relève encore son regard propositif, le sens de l'identité et la confiance dans l'avenir qui animaient les représentants des populations alpines, alors comme aujourd'hui. Dans une période historique encore une fois complexe pour l'Italie et pour l'Europe, la pensée idéale de la Charte de Chivasso nous relève toute sa pertinence et nous invite à redécouvrir ses principes et ses valeurs développés par les peuples alpins qui, comme dit Chanoux, "portent en eux la vérité et l'avenir" et qui, lu sous une perspective moderne, nous montre encore le chemin à suivre pour combiner la protection des droits fondamentaux de l'individu et le développement économique et social des peuples et des communautés qui forment l'Europe. Pour souligner l'importance et l'actualité de cette déclaration et des principes qui la caractérisent, pendant la journée d'hier, 80 ans plus tard, lors de la séance plénière du Sommet Grand Continent, en cours en ces jours à Saint-Vincent et à Courmayeur, nous avons eu le grand plaisir de remettre une copie de la Charte à tous les participants au Sommet, aux représentants du monde politique, académique et des entreprises. L'esprit valdôtain et l'identité d'un peuple qui empreignent la déclaration deviennent ainsi un élément d'actualité dans le contexte politique à niveau européen.
Presidente - Consigliere Aggravi ne ha facoltà.
Aggravi (RV) - Anche io per dare un piccolo contributo, come hanno fatto i colleghi, come ha fatto il Presidente, rispetto a un anniversario importante.
Io penso che ognuno di noi abbia modi differenti di ricordare eventi passati, importanti, e anche di rileggere delle dichiarazioni, o comunque dei documenti e dei contenuti, che sicuramente sono in parte figli di quel tempo - nella Carta di Chivasso era presente quello che era il momento, c'era una volontà di farsi riconoscere, di superare l'atteggiamento del "Roma doma", come gli stessi dichiaranti lo rappresentano, quindi la volontà omologatrice e soprattutto centralizzatrice di quel momento.
Tra l'altro ricordiamo anche che il '43 è un anno in cui non erano ancora finite le cose, c'era ancora tanto sangue da scorrere e tanti passaggi da fare.
Ognuno poi può anche, ricordando questi anniversari, interpretare quello che può essere il pensiero di alcuni importanti personaggi del passato, scritti del passato, sicuramente chiedersi che cosa avrebbe detto oggi Émile Chanoux di tante cose ovviamente è un esercizio che lascio ad altri colleghi, come lascio ad esempio agli storici il giudizio negativo di alcuni rispetto a certe assenze; cito l'assenza di Federico Chabod: qualcuno ci mette un po' la fleur de la canaille, qualcun altro dice che non poteva esserci. Io questo non lo posso sapere ed è giusto che siano gli storici a fare il loro mestiere.
Non andrò quindi ad interpretare o a pensare quello che afferma qualcuno, che oggi non è qui, che non ci può dare la sua interpretazione autentica di quello che pensa; sicuramente un conto è scrivere e dire certe cose, un altro è farle, perché tra il dire e il fare c'è di mezzo tanta complicazione o, meglio, è un poco più complicato.
Sicuramente nella carta di Chivasso ci sono degli elementi che ci accomunano, come altri che ci differenziano; quello che secondo me può rimanere - e io penso debba rimanere - è proprio questa volontà di quei rappresentanti e, soprattutto, un certo modo di pensare, di non subire delle forzate integrazioni, di non subire delle forzate omologazioni, di non subire la volontà di altri, anche con espressione violenta come fu all'epoca quella dei regimi totalitari.
Ringrazio anche il Presidente di aver fatto un passaggio che mi ha ricordato un pezzo della locution che ha fatto l'ami et chevalier de l'autonomie Michel Barnier nel suo intervento, almeno fino a quando ho potuto ascoltare, che ben rappresenta un passaggio comune, tra l'altro di un rappresentante di una nazione, quella francese, che è tutt'altro che federalista o comunque aperta alle autonomie.
Barnier in un passaggio ha citato il Generale De Gaulle che diceva: "Il futuro dell'integrazione europea dei popoli europei non deve essere quello di intégrer des marrons dans la purée de marrons", quindi non bisogna fare dell'integrazione una purée; io adesso lo dico in maniera brutale ma è così. Non è nell'omologazione delle varie differenze che è il futuro dell'integrazione ma nel rispetto delle varie identità e delle varie realtà. Da qui bisogna partire.
Uno degli spiriti che c'erano nella dichiarazione di Chivasso e che ci dovrebbe anche essere oggi nel futuro non soltanto dell'Italia ma anche dell'Europa è quello di non voler creare qualcosa di nuovo omologando o comunque ripetendo l'errore, magari anche non in maniera violenta, come fu per i regimi totalitari, ma in maniera più subdola nel livellare tutto quello che è diverso.
Invece io penso che nelle differenze ci possa essere un'integrazione molto più forte, perché ovviamente la natura di ognuno viene rispettata e può contribuire al futuro non soltanto, ripeto, dell'Italia, ma anche dell'Europa, perché comunque oggi ci muoviamo in un mondo molto più complesso ma non così diverso da quello passato.
Presidente - Al punto n. 2 all'ordine del giorno non ci sono comunicazioni da parte del Presidente della Regione.