Compte rendu complet du débat du Conseil régional. Les documents ci-joints sont disponibles sur le lien "iter atto".

Objet du Conseil n. 583 du 17 avril 2019 - Resoconto

OBJET N° 583/XV - Communications du Président du Conseil régional.

Rini (Presidente) ? Alla presenza di 34 colleghi possiamo iniziare i lavori di questa seduta del Consiglio regionale. Punto n. 1 all'ordine del giorno.

En ouverture de cette séance, collègues, je désire attirer votre attention sur l'incendie qui a ravagé la Cathédrale Notre-Dame de Paris, pour adresser au nom de toute notre Assemblée législative l'expression de notre soutien et de notre solidarité aux institutions et au peuple français. C'est accablant que de voir un patrimoine de cette portée s'effondrer sous les flammes, car il s'agit d'un monument historique qui n'est pas seulement la représentation de la culture catholique et de la civilisation française, mais qui touche le cœur de l'humanité toute entière.

Da giovedì 11 a sabato 13 aprile, a Cracovia e al Memoriale di Auschwitz e Birkenau, una delegazione del Consiglio Valle, composta dai Consiglieri Chiara Minelli, Patrizia Morelli, Luciano Mossa, Manuela Nasso e Luigi Vesan, ha preso parte al "Viaggio della memoria 2019" dei 38 studenti valdostani della scuola secondaria di secondo grado vincitori del concorso "L'Europa di domani-Oltre i confini".

La Conférence des Chefs de groupe réunie hier, mardi 16 avril, a décidé de discuter conjointement les points n° 20 et n° 33.

Je vous informe enfin qu'à partir du 3 avril 2019 les réunions suivantes ont eu lieu:

Bureau de la Présidence: une fois

Conférence des Chefs du groupe: une fois

Ie Commission: une fois

IVe Commission: une fois

Ve Commission: une fois

Commission pour le Règlement: une fois

IIIe Commission: trois fois.

Ci sono richieste di intervento? Ha chiesto la parola il collega Bertin.

Bertin (RC-AC) - Venerdì scorso abbiamo letto dai giornali della fondazione, da parte del Presidente del Consiglio, di un suo partito. Qui non voglio entrare nel merito politico della costituzione di questo nuovo soggetto politico, probabilmente ci saranno altre occasioni. Vorrei però sottolineare un aspetto che avevo già evidenziato in passato, in modo critico, quando l'allora Presidente del Consiglio Fosson era intervenuto a nome del suo partito al Congresso dell'Union Valdôtaine; era un fatto eccezionale, perché di solito, proprio in ragione del ruolo che rivestono i Presidenti dell'Assemblea, non è una cosa usuale. Non si era mai visto intervenire a nome di un partito e, in questo caso, andiamo anche oltre.

Ripeto: i Presidenti delle Assemblee elettive, in ragione del ruolo super partes, pur partecipando al dibattito politico, non svolgono un'attività partitica significativa. Spesso succedeva in passato che addirittura restituivano la tessera del proprio partito di appartenenza - in molte Assemblee parlamentari succedeva -, proprio per essere estranei alla vita interna dei partiti, che non sono compatibili con altre attività di tipo istituzionale di quel genere.

L'unica eccezione, a livello parlamentare, è stata quella di Gianfranco Fini, che durante il suo mandato si è costituito un partito, esempio tra l'altro non particolarmente fortunato. Le analogie sono poi anche altre, perché Fini, come Rini, si autocolloca temporaneamente nel centrodestra. Non voglio però entrare in questi aspetti.

Voglio solo sottolineare questa anomalia, questo ennesimo problema che si viene a creare in questo Consiglio, di un Presidente del Consiglio che è anche un capo partito.

Dalle ore 9:10 assume la presidenza il Vicepresidente Distort.

Distort (Presidente) - Ha chiesto la parola il collega Vesan.

Vesan (M5S) - Vorrei solo spendere due parole per quanto riguarda il "Viaggio della memoria", a cui ho partecipato come rappresentante dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio. È stata un'esperienza importante; non posso dire che sia stata bella, perché non solo noi rappresentanti del Consiglio, ma i ragazzi e gli accompagnatori tutti sono usciti segnati e colpiti da questa esperienza.

Vorrei approfittare per evidenziare il fatto che spesso e volentieri si ricorda l'Olocausto come un qualcosa di lontano da noi, come se non fosse altro che la memoria della barbarie nazista e l'operazione di sterminio della popolazione ebraica e di altre popolazioni invise. Mi piacerebbe però ricordare che quanto è successo nel campo di Auschwitz è legato comunque anche a noi, sia come italiani che come valdostani. È inutile ricordare che Primo Levi è finito lì essendo stato arrestato sulla collina di Saint-Vincent, come il fatto che ad Auschwitz sono finiti comunque 7.500 italiani di origine ebraica ma cittadini italiani. Questi cittadini sono stati, sì, sterminati dai nazisti presenti ad Auschwitz, ma a Birkenau, dove si entra direttamente con il treno nel campo, i treni su cui sono stati caricati sono stati riempiti di gente, qui da noi, in Italia, e sono stati caricati da altri italiani. Le stesse leggi razziali, votate in Italia nel 1938, sono state votate da un Parlamento italiano e quello è stato il triste seme della soluzione finale, poi applicata in Germania.

Vorrei ricordare che il Parlamento italiano, che ha votato le leggi razziali nel 1938, è stato quello delle ultime elezioni fatte in Italia prima del secondo conflitto mondiale, quelle del 1934. Sono state elezioni democratiche, nel senso che, pur con un ridotto bacino di elettori - in tutta Italia votavano solo 10 milioni di persone -, prevedevano la possibilità di scegliere il Parlamento. Il problema grosso era che una democrazia non è tale solo se esiste la possibilità di votare, ma è una democrazia se il voto è veramente libero e non controllato. Quelle elezioni potrebbero essere ricordate come un grande successo della democrazia, perché è stata la volta in cui, in assoluto, in Italia c'è stata la massima partecipazione percentuale degli aventi diritto: ha votato ben il 96 percento degli italiani che ne avevano diritto; però, per il fatto che le schede erano state appositamente studiate in modo da garantire una certa qual riconoscibilità del voto - e qui veniamo al discorso sul controllo del voto -, hanno fatto sì che il risultato fosse anche stato il più plebiscitario in assoluto della storia italiana. In quelle elezioni ha votato a favore dei 400 Parlamentari proposti dal Partito fascista ben il 99,85 percento degli italiani e solo 15.000 italiani si sono permessi di utilizzare la scheda a parte dicendo che avrebbero preferito un Parlamento diverso. Nella nostra circoscrizione - che allora comprendeva Piemonte e Valle d'Aosta - votava un milione di persone; di questo milione di persone, 1.500 persone hanno votato contro il blocco dei 400 Parlamentari proposti dal Partito fascista. Ebbene, figlie di queste elezioni con un controllo rigoroso del voto sono state le leggi razziali e triste figlia delle leggi razziali è stata l'operazione di sterminio che noi Consiglieri, assieme ai ragazzi, abbiamo avuto occasione di vedere a Birkenau.

Vorrei pertanto dare una sollecitazione a quest'Aula proprio sul tema del controllo del voto: una democrazia è vera democrazia non solo se tutti vanno a votare, ma lo è se tutti possono serenamente esprimere il proprio voto, senza che nessuno possa andare a vedere che voto è stato, altrimenti offriremmo di nuovo il fianco a cose terribili che sono successe negli anni fra il 1942 e il 1945. Scusate se mi sono dilungato.

Presidente - Ha chiesto la parola l'Assessore Baccega.

Baccega (UV) - Nella trasferta per il "Viaggio della Memoria" della Giunta regionale erano presenti anche la collega Certan e il sottoscritto, una visita che ci ha visti attraversare il ghetto della città di Cracovia, il campo di concentramento di Auschwitz e il campo di sterminio di massa di Birkenau. Che cosa può restare di un viaggio così? Restano i silenzi, i silenzi dei ragazzi che erano con noi. Resta la voce di un commentatore fortemente provato, come se avesse vissuto - o i suoi predecessori avessero vissuto - quei momenti terribili. Restano gli sguardi sbigottiti dei ragazzi e degli insegnanti nel vedere i blocchi, nel vedere quei pigiami a righe, unico abito, anche in situazioni di -20 gradi. Restano le immagini video dell'orrenda pratica del saluto romano. Restano le fotografie della disperazione delle popolazioni ingannate e poi portate nelle camere a gas. Restano le enormi teche, colme di oggetti di donne, bambini e uomini: scarpe, valigie, occhiali, pettini.

Colleghi, è stata una visita che riempie di rabbia e che sicuramente è servita a prendere coscienza di quanto è stato in grado di fare il maligno, ovvero il nazismo; una visita per la memoria che serve a prendere consapevolezza che a quelle pratiche non si deve più tornare, che quelle pratiche sono iniziate con l'esclusione di persone considerate diverse, segregate in un'area che poteva contenere 3.000 persone ma in cui ne erano state inserite oltre 6.000, ovvero il ghetto di Cracovia.

Concludo leggendo quello che è rimasto di una lapide a Birkenau, che dice: "Grido di disperazione ed ammonimento all'umanità sia per sempre questo luogo dove i nazisti uccisero circa un milione e mezzo di uomini, donne e bambini, principalmente ebrei, da vari Paesi d'Europa".

Presidente - Ha chiesto la parola l'Assessore Certan.

Certan (AV) - Comme le collègue Baccega l'a rappelé, nous faisions partie de la délégation valdôtaine qui a participé au Voyage d'étude et de la mémoire avec les élèves qui ont soutenu le concours organisé par l'Institut de la Résistance en collaboration avec l'Assessorat à l'éducation et la Présidence de la Région; voyage qui, je tiens à dire - et je veux le réaffirmer - est très important. Cette initiative depuis quelques années est soutenue par l'Administration régionale, comme l'initiative à Trieste, soutenue par la Présidence du Conseil. Je voudrais les associer, parce que ce sont des témoignages, pour les élèves et pour les jeunes à mon avis ce sont sûrement des voyages très importants. Je remercie les collègues qui m'ont précédée pour avoir déjà parcouru un petit peu les sentiments et les émotions qu'on a pu vivre dans ces deux journées.

Quello che sicuramente è rimasto impresso a tutti, oltre al silenzio con il quale si è visitato il luogo, questo cimitero a cielo aperto che è Oswiecim - perché è questo il nome del paese che attualmente si sta ripopolando, Auschwitz era il nome affibbiato dai tedeschi, ma il vero nome è Oswiecim, in polacco -, è che l'80 percento dei deportati che entrava a Oswiecim, ma anche a Birkenau e negli altri campi di concentramento e di sterminio, fu ucciso entro 50 minuti dall'arrivo nel campo. Credo che la consapevolezza di questa percezione lasci profonde riflessioni e anche profonde ferite, perché noi abbiamo nella nostra mente i racconti e le immagini ricostruite con le quali si è cercato in qualche modo di documentare, le poche immagini e i pochi documentari che sono presenti, quelli ricostruiti, anche di campi di lavoro forzato, immagini in cui chiaramente veniva messa a dura prova la persona e il gruppo. Questo era "solo" - e uso questo avverbio "solo" - il 20 percento, perché l'80 percento della popolazione, lasciate le valigie e divisi a destra o a sinistra, a seconda della decisione presa dal decisore di turno - non oso neanche definirla "persona" - aveva più o meno 50 minuti per percorrere la strada che li portava direttamente ai forni crematori. Penso che questo sia uno degli aspetti che hanno colpito di più e credo che - come hanno ricordato i colleghi - i segnali precursori di questo sterminio ci fossero stati, ma non erano stati capiti o non si pensava potessero portare a una cosa del genere. Ritengo che dobbiamo ricordarci questo: l'indifferenza, l'intolleranza, l'individualismo, l'incapacità di lavorare per la comunità sono stati fra i precursori. Anche oggi dobbiamo essere capaci di leggere i segnali per il futuro.

Presidente - Ha chiesto la parola il collega Mossa.

Mossa (M5S) - Siamo tornati da questo viaggio con qualcosa in più. Non vorrei dover raccontare quello a cui abbiamo assistito, ma consiglio a tutti di fare questa esperienza, perché ci aiuta a crescere umanamente.

A questo Consiglio però vorrei portare il messaggio di un preside di un liceo americano, che aveva l'abitudine di scrivere, ad ogni inizio di anno scolastico, una lettera agli insegnanti, soprattutto ai nuovi insegnanti. Scriveva: "Caro professore, sono un sopravvissuto di un campo di concentramento, i miei occhi hanno visto ciò che nessun essere umano dovrebbe mai vedere: camere a gas costruite da ingegneri istruiti; bambini uccisi con veleno da medici ben formati; lattanti uccisi da infermiere provette; donne e bambini uccisi e bruciati da diplomati di scuole superiori e di università. Diffido, quindi, dall'educazione. La mia richiesta è: aiutate i vostri allievi a diventare esseri umani, i vostri sforzi non devono mai produrre dei mostri educati, degli psicopatici qualificati, degli Eichmann istruiti. La lettura, la scrittura, l'aritmetica, non sono importanti se non servono a rendere i nostri figli più umani".

Ora io dico: fate tesoro di queste parole, pronunciate da chi ha visto atrocità che nessun altro essere umano dovrebbe mai vedere. L'istruzione non è nulla, se in noi, dentro il nostro cuore, non c'è umanità. Fate tesoro di queste parole, perché questi atroci atti sono di un passato non così remoto quanto ci viene dato di pensare. Ogni giorno, ogni singolo giorno, su questo pianeta rischiamo di rivivere queste atrocità rivolte verso uomini, donne e bambini innocenti, la cui unica colpa è quella di essere nati di un altro colore, di un'altra religione o di un'altra etnia.

Presidente - Ha chiesto la parola la collega Minelli.

Minelli (RC-AC) - "Quando saremo grandi faremo riaprire Auschwitz e vi ficcheremo tutti nei forni": questa è la frase che hanno pronunciato alcuni ragazzi l'altro ieri, nei confronti di un loro compagno ebreo, in una scuola di Ferrara. È riportato su "Il Resto del Carlino". Credo che queste parole si commentino da sé, non c'è bisogno di dire molto altro, se non che da adulti - per me dico da insegnanti, ma anche da Amministratori, così come sta facendo questa Regione - è importante conservare e salvare la memoria. Abbiamo questo dovere: mantenere viva la memoria. Io credo che il monito lasciatoci da Primo Levi con la sua poesia "Se questo è un uomo" è qualcosa che ognuno di noi deve conservare dentro di sé.

Sono grata all'Amministrazione regionale per il fatto che ormai da anni promuova e sostenga queste visite organizzate dall'Istituto Storico della Resistenza. L'auspicio è che anche in futuro si continui in questo senso e che ognuno di noi, per quello che può, nel suo ruolo, sia portatore di questa testimonianza, perché il tempo passa e, purtroppo, siamo un popolo che ha memoria troppo corta. Io credo sia molto importante che ognuno di noi faccia suo questo dovere della memoria.

Presidente - Ci sono altre richieste di intervento? Ha chiesto la parola la Presidente Rini.

Rini (GM) - Scendo nei panni di Consigliere regionale per fare alcune doverose precisazioni in merito alla prima delle comunicazioni. Mi spiace intervenire dopo queste riflessioni importanti fatte da chi ha partecipato alla delegazione, sia da parte del Consiglio che da parte del Governo. Ovviamente mi unisco ai ringraziamenti per aver accompagnato i ragazzi. È un'esperienza che io stessa ho fatto in passato e che ricordo come una delle esperienze più emozionanti di questi anni. Proprio perché fatta al fianco dei ragazzi, assume un sapore, un'importanza e lascia un ricordo indelebile in chi la vive, quindi vi ringrazio.

Torno però alle prime comunicazioni fatte dal collega Bertin, e vi torno con grande stupore, collega Bertin, perché proprio da lei - che ormai da anni siede in quest'Aula, che partecipa ai lavori e che segue attivamente la vita politica - mi stupisco fortemente che venga messo in discussione un diritto costituzionalmente garantito.

Tutti noi, tutti e 35, in quest'Aula, siamo stati eletti dai cittadini per svolgere le nostre funzioni di Consiglieri regionali, per portare in quest'Aula le istanze, le esigenze del nostro territorio, degli elettori che ci hanno dato fiducia e che hanno creduto in noi, ma anche di tutti i valdostani. Quotidianamente noi abbiamo non il diritto di svolgere il nostro ruolo politico, ma il "dovere" di portare avanti l'incarico per cui siamo stati votati. Nessuno in quest'Aula è stato votato per fare il Presidente del Consiglio, nessuno è stato eletto dagli elettori per fare il Presidente della Regione, l'Assessore o per ricoprire altri incarichi; quello è un passo successivo che si fa in quest'Aula, giustamente, come ricopriamo anche altri incarichi.

Il Presidente del Consiglio, dal canto suo, una volta che viene chiamato in quest'Aula a ricoprire quell'incarico, deve garantire un'imparzialità durante lo svolgimento delle proprie mansioni. Io chiedo a lei, collega, ma lo chiedo con molta umiltà a tutti i colleghi in quest'Aula: in questi mesi, dal 10 dicembre in poi, io credo di aver sempre posto in essere una condotta equidistante e mai squilibrata nei confronti di tutte le forze presenti in quest'Aula. Sfido veramente chiunque a dire il contrario, non per supponenza, ma perché ci siamo dati questa linea. Ringrazio anche i colleghi che con me fanno parte dell'Ufficio di Presidenza, perché ci siamo dati proprio questa linea di indirizzo, questa linea di lavoro. Durante lo svolgimento delle mansioni della Presidenza del Consiglio, come in questo momento le svolge il collega Distort o le può svolgere il collega Farcoz, dobbiamo mantenere una condotta super partes ed equidistante. Rivendico pertanto fortemente e chiaramente il diritto di portare avanti il mandato che gli elettori hanno dato a tutti noi - a lei, ma anche a me - e di poter serenamente portare avanti tutta la parte politica che si fa in sedi non istituzionali. Le ripeto: questo, oltre a essere un dovere, è un diritto costituzionalmente garantito.

Se posso dirle, mi fa poi un po' sorridere la ricostruzione dei casi che lei ha fatto. Lei, che è sempre molto preciso, questa volta non lo è stato, perché ha ricordato che "mai" sono stati fatti passaggi politici. Le ricordo invece che, da quando siamo qui, i Presidenti dei Consigli hanno sempre fatto parte di maggioranze politiche e, giustamente - sottolineo "giustamente" - nelle sedi politiche, non istituzionali, hanno portato avanti le loro idee, le loro battaglie, che sono politiche e non istituzionali. Io spero che non ci sia malafede nella ricostruzione e negli esempi che lei ha fatto, perché lei ha detto: "L'unico che lo fece, fu Fini", dimenticandosi - spero non volutamente -, per esempio a livello nazionale, della Boldrini e di Grasso. Ha ragione, la Boldrini non ha fondato un partito, ne ha fondati più di uno, forse è per quello che lei si è dimenticato di ricordarlo.

Possiamo andare avanti: gli attuali Presidenti sono entrambi espressioni di movimenti politici e giustamente - parlo a livello nazionale - durante lo svolgimento delle loro mansioni tengono una condotta super partes; durante lo svolgimento delle mansioni, doverose, politiche, fanno la loro strada e il loro percorso politico.

Se invece lei desidera un Presidente del Consiglio - se lo desideriamo, e lo metto come riflessione per questo Consiglio - realmente super partes, cambiamo le regole del gioco e facciamo sì che il Presidente venga nominato dalla società civile o, comunque, preso fuori dai 35 eletti, e quindi tenuti - perché siamo pagati per fare questo - a portare avanti anche degli ideali politici. Anche quando non si condividono questi ideali, collega Bertin, bisogna avere l'onestà intellettuale di riconoscere questo diritto-dovere e di riprendere giustamente il Presidente del Consiglio qualora, nello svolgimento delle sue mansioni, faccia venir meno questa equidistanza che è tenuto a tenere, ma non, in una sede politica, rimproverare il diritto di poter portare avanti anche delle opinioni politiche, anche quando, ahimè, divergono dalle proprie.

Concludo, collega: mi ha definito addirittura e in maniera molto erronea "capo partito". Innanzitutto abbiamo fondato un'area di pensiero insieme a tante altre persone, lo ha potuto vedere. Quando poi ci risponderà alla mail, vedrà invece che come gruppo politico abbiamo chiesto un incontro a tutti i gruppi presenti in quest'Aula: verrà una delegazione a parlare con voi e vedrà che ci sono altre persone che, ovviamente, costituiscono quest'area di pensiero. Non siamo un partito.

Concludendo, la ringrazio e le dico che davvero non c'è nessun capo: è una parola che, solo a sentirla, ci fa rabbrividire. In maniera molto serena e molto tranquilla si è costituita un'area di pensiero che si presenterà alle forze politiche presenti in quest'Aula e a coloro che condividono degli ideali. Non c'è niente di diverso rispetto a quello che si faceva prima.

Presidente - Ha chiesto la parola, per il secondo intervento, il collega Bertin.

Bertin (RC-AC) - Collega Rini, non faccia confusione. Una cosa è il ruolo dell'attività politica che tutti abbiamo il dovere di fare, di partecipare al dibattito pubblico, politico, interno ai partiti, ma cosa diversa è essere il capo di un partito Presidente dell'Assemblea. Le ripeto: è un'anomalia. L'unico precedente è quello di Fini, perché i casi da lei citati sono casi nei quali alcuni si sono ricandidati in altre liste a fine legislatura.

È ovvio che tutti i rappresentanti hanno un'origine politica e appartengono a dei partiti, perché generalmente hanno tutti la tessera. Le portavo l'esempio che in passato, in Parlamento, addirittura alcuni Presidenti dell'Assemblea avevano restituito la propria tessera; diciamo che lì è "usanza" di tutti non fare un'attività partitica di rappresentanza di partito: non si può rappresentare contemporaneamente il proprio partito e l'Assemblea. Questa è un'anomalia, e non è l'unica; è una piccola anomalia, ma è un'anomalia, un caso più unico che raro, come quello di Gianfranco Fini che le esponevo in precedenza.

Non se la prenda più di tanto, è una piccola anomalia, ma è un'anomalia che creerà dei problemi, perché figure istituzionali come quella del Presidente del Consiglio non devono essere confuse con le attività di rappresentanza partitica, che sono ben diverse.

Presidente - Ha chiesto la parola in replica, per secondo intervento, la Presidente Rini.

Rini (GM) - Sarò brevissima, perché la risposta del collega Bertin - non me ne voglia, glielo dico con la solita educazione - si commenta da sola. Se lo fanno la Boldrini e Grasso - che tra l'altro non erano a fine legislatura, la correggo - va bene, mentre qui invece mi paragona al caso di Fini. Guardi, glielo ripeto: non è un'anomalia, è un diritto che non va messo assolutamente in discussione.

Me lo consenta: sulla sua replica così pretestuosa saranno le persone a giudicare dove sia il buonsenso di questo commento.