Objet du Conseil n. 2131 du 21 décembre 2011 - Resoconto
OGGETTO N. 2131/XIII - Continuazione della discussione generale congiunta sulla P.L. cost. n. 6: "Disposizioni in materia di riduzione del numero dei Consiglieri regionali. Modificazione all'articolo 16 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta)" e sulla P.L. n. 158: "Disposizioni in materia di riduzione del numero degli Assessorati regionali. Modificazioni alla legge regionale 7 agosto 2007, n. 21".
Presidente - Riprendiamo i lavori interrotti stamattina, siamo in discussione generale sui punti n. 17 e n. 20.
La parola al Consigliere Caveri.
Caveri (UV) - Grazie Presidente.
Sono lieto di intervenire in questa tranche di discussione su un tema che complessivamente è molto delicato: i costi della politica, i costi della democrazia, o come li si voglia chiamare; si tratta di un tema delicato da affrontare per chiunque abbia fatto della politica la propria professione per molti anni, perché si è su un crinale estremamente delicato. Da una parte vorrei vedere chi ha il coraggio di difendere la cosiddetta "casta" a cui apparteniamo, perché chiunque spezzasse delle lance di qualunque genere si troverebbe magari da parte di altre caste al pubblico ludibrio; dall'altra, spiace di non poterlo fare, perché io nella mia lunga carriera politica ho conosciuto fior di galantuomini che hanno interpretato in maniera molto nobile quell'arte nobile che era l'arte della politica, sapendo che comunque in generale la politica porta con sé invidie, gelosie, incomprensioni da parte dell'opinione pubblica, che mai si convincerà che la democrazia rappresentativa non ha alternative, perché solo nel ciclismo c'è un uomo solo al comando...e forse neanche nel ciclismo, perché ci sono i gregari che da dietro portano le borracce, senza di loro neanche il campionissimo riuscirebbe a passare il traguardo per vincere.
Mi limiterò a qualche osservazione sulle proposte che sono state qui formulate, partendo dalla proposta di legge costituzionale che è stata avanzata dal PD e che abbiamo discusso anche in una variante presentata in commissione dal collega Tibaldi. Le cose che dico le dico con estremo rispetto per i presentatori, scevro da ogni vis polemica, ma cercando, nel limite del possibile, di seguire un filo logico di ragionamento, che in parte "raggiungerà" anche alcune cose dette dal collega Louvin, con il quale dissento per un'interpretazione che viene fatta sugli aspetti più propriamente statutari. La materia statutaria non è soggetta a capricciosità, soprattutto quando a gonfiare la vela di certe modifiche non è un vento che scende dalle nostre montagne, ma è un vento che arriva da Roma. Ci siamo trovati di fronte ad un diktat palesemente incostituzionale, calato dall'alto nell'ultima manovra finanziaria del "Governo Berlusconi". È stato un diktat grezzo, molto artigianale, nel quale si faceva un ragionamento di taglio con una specie di falce indeterminata, che avrebbe portato a riduzione di tutti i Consigli regionali, facendo carne di porco di quel principio di autolegislazione, di interna corporis, che dovrebbe essere caratteristico delle Assemblee parlamentari quali noi siamo. C'è forse un altro aspetto da tenere in considerazione: da una parte, quello che ho appena affermato, ossia alla fine non dobbiamo pedissequamente seguire delle linee che ci vengono ingiustamente indicate dall'esterno; dall'altra, però riconosco che non ci devono essere dei tabù. Rispetto ai numeri, quindi, è una materia abbastanza curiosa che dubito dovrebbe essere sottoposta a referendum, perché, se usassimo la legge statutaria - cosa che, secondo me, non si può fare -, finiremmo in un meccanismo depravato di referendum e forse scopriremmo che il pueblo unido ritiene che un Amministratore unico o cinque Consiglieri di amministrazione, tipo condominio, sarebbero sufficienti. Se noi chiedessimo al pueblo quanti devono essere i Parlamentari, se 630 Deputati o 315 Senatori, probabilmente la risposta sarebbe: "ma che ci stanno a fare quelli li!". Io trovo che non sia un caso che i costituenti scrivano delle cifre...che non sono cifre astratte, ma sono frutto di un certo ragionamento. Non trovo convincente oggi lasciare - in questo "raggiungo" il pensiero del collega Louvin - al mare tempestoso della politica italiana una proposta di legge costituzionale per una ragione che mi sento di condividere con voi. La questione dell'intesa, che nella riforma costituzionale in vigore dal 2001 sembrava essere raggiunta...e in aula ho già raccontato come si deve ai capricci del Verde Marco Boato il fatto di non essere riusciti ad ottenere il principio dell'intesa, che era contenuto nella riforma costituzionale dell'articolo 116 del centro-destra, ma nell'ambito di una riforma della parte sul regionalismo talmente strampalata che, quando venne deciso il referendum e si votò sul referendum, anche in Valle d'Aosta ci fu un voto negativo per quanto ci fosse l'aspetto positivo dell'intesa. Oggi lasciare tale questione dei numeri in mano ad un Parlamento bizzoso, rissoso, irascibile, che oggi addirittura si trova ai banchi del Governo...altro che Assessore tecnico, colleghi del PD...oggi abbiamo una situazione rispetto alla democrazia parlamentare che almeno fino a quando stavano zitti era anche simpatica, adesso che i Ministri cominciano a rompere il veto del silenzio sta diventando qualcosa di abbastanza imbarazzante, perché se già sproloquiavano i Ministri precedenti di qualunque Governo essi fossero, questi adesso cominciano a parlare di temi delicatissimi dimostrando talvolta di essere impolitici, ossia di non avere quella sensibilità che peraltro noi politici non dimostravamo più, quindi rischia di essere una partita zero a zero. Oggi come oggi, credo che il nostro impegno sia ancora quello sul principio dell'intesa e lo dice chi ha creduto in una sorta di costituente, di convenzione che portasse alla modifica dello Statuto, ma la conditio sine qua non era che a quella logica pattizia, in cui noi crediamo politicamente, corrispondesse una logica pattizia giuridica, altrimenti noi domani decidiamo di dare in Parlamento una proposta di legge costituzionale con 29 Consiglieri, con 31, con 15, o quanti ne vogliamo, ma non abbiamo la garanzia che poi quella cifra si cristallizzi in una maniera condivisibile. Ripeto: per me tabù non ce ne sono, ma oggi rischiamo che sia peggio il "tacon del buso" (traduzione letterale dell'intervento svolto in dialetto veneto: "il taccone del buco"), come dicono i veneti, ossia lanciamo una proposta costituzionale che ci torna indietro come un boomerang. Brevemente sulla questione della riduzione degli Assessori...che non è solo una questione di legge: è una questione di buon senso in una logica di risparmio della spesa pubblica...peraltro, invece non sono affatto d'accordo sulla questione dell'Assessore tecnico, perché, quando sui testi di diritto costituzionale o di diritto regionale viene studiato lo Statuto di autonomia della Valle d'Aosta nella sua genesi, si dice che la questione della possibilità usata in maniera molto ragionata nel tempo e con il contagocce dell'Assessore tecnico è stata per molti decenni una peculiarità del nostro Statuto. Come è capitato nell'ultimo caso dell'Assessore tecnico dell'Union Valdôtaine, sull'uso e sull'opportunità poi si è aperta una discussione, perché ci sono stati nel tempo degli utilizzi di questa figura molto differenziati. Oggi sono state ricordate autorevoli personalità, che hanno illustrato la politica valdostana anche nel campo che oggi è quello del PD. Credo che la questione dell'Assessorato, o del numero degli Assessori quindi sia una cosa di buon senso, io mi sento di mantenere questa peculiarità del nostro Statuto; peraltro, se oggi andiamo a vedere gli statuti delle altre Regioni, ce n'è di tutti i colori: quelli che obbligano gli eletti, nel caso in cui diventino Assessori, a diventare Assessori che non siedono più nei rispettivi Consigli regionali; ci sono delle situazioni di Assessori tecnici tout court...insomma siamo di fronte ad una situazione molto differenziata e io mi sento di dire, così come voi contestate questa logica dell'Assessore tecnico, che essa appartiene ad un flusso storico del quale, a mio avviso, non si è mai abusato.
Vorrei in conclusione invece contestare - lo abbiamo già fatto in commissione - l'idea che sul numero si possa usare la legge statutaria. Naturalmente rispetto al collega Louvin, che è professore di diritto costituzionale...sono un praticone del diritto costituzionale, però devo dire che, avendo seguito quella riforma, nel senso che all'epoca ero membro della I Commissione "Affari Costituzionali", non sono convinto del ragionamento che il collega Louvin fa, in particolare su una lettura di quell'articolo 15 che consente alla Regione di determinare la forma di governo della Regione...soprattutto leggiamo in maniera probabilmente difforme l'avverbio "specificatamente". Se il ragionamento di Louvin fosse fondato, ossia noi potessimo liberamente determinare il numero dei Consiglieri regionali sulla base dell'utilizzo di una legge statutaria, il legislatore nazionale avrebbe dovuto modificare l'articolo 16, in cui si dice che "il Consiglio della Valle è composto di trentacinque Consiglieri, eletti a suffragio universale, uguale, diretto e segreto". All'articolo 16 non vi è una fisarmonica, non si dice: "da qui a lì, o da lì a qui", ma si precisa: "trentacinque Consiglieri". Per carità, probabilmente è giusto che questa logica dello statuto interno, che si contrappone alla logica dello statuto esterno, possa portarci - o potrà portare chi lo farà - alla riscrittura di uno statuto nel quale si dia a tale Assemblea anche il potere di determinare il cambiamento del numero dei Consiglieri regionali. Oggi ritengo che, per quanto l'articolo 15, possa essere tirato come un elastico da una parte o dall'altra, come spesso è possibile fare con le norme giuridiche, non si possa, essendo l'articolo 16 norma di rango costituzionale, oggettivamente modificarlo e quindi si torna all'eventualità di utilizzo di uno strumento come quello della legge costituzionale, che in questo momento reputo essere questione estremamente delicata nel suo utilizzo. È vero che in passato - io ne sono stato testimone e autore nel 1989, nel 1993 e nel 2001 - vi sono state modifiche statutarie anche importanti, che erano corrispondenti comunque ai desiderata di modifiche che erano state espressione votata pure dai Consigli regionali dell'epoca, ma la mia impressione è che la temperie fosse diversa e le modifiche sono avvenute con dei Governi diversi. Il clima però era quello di considerare...sembra un paradosso che questo sia avvenuto a cavallo fra quella che è stata chiamata la prima e poi la seconda Repubblica...però all'epoca la questione del pattizio come elemento immanente non giuridico, ma morale, per così dire, esisteva. Oggi il mio timore è che se mandiamo una proposta di legge costituzionale in Parlamento, si sa come entra, ma non si sa come esce, specie di fronte a Parlamentari che oggi vivono...vivevano già una situazione di frustrazione precedente, perché il ruolo del Parlamentare in questa fase di storia repubblicana non è particolarmente vivace, figurarsi oggi che in Parlamento siedono anche alcune delle migliori intelligenze che prima erano al Governo! Oggi il rischio quindi è che il Parlamento diventi un luogo di apprendisti stregoni in cui non si sa cosa alla fine dal pentolone possa uscire fuori.
Vorrei limitarmi a queste osservazioni, che ritengo siano state garbate e che si rifanno ad un mio pensiero: credo davvero che la questione del raggiungimento e della modifica dell'articolo 116 con il principio dell'intesa sia basilare. Ogni anno che passa il nostro Statuto di autonomia è come il volto di una persona che invecchia profondamente con il passare degli anni e, malgrado uno possa fare dei restyling, malgrado le norme di attuazione siano state impiegate in una logica di autonomia dinamica che ha consentito un miglioramento progressivo in alcuni settori della nostra autonomia speciale, il fondamento è uno Statuto di autonomia che nella lettura dei suoi articoli fondamentali dà la fotografia di una Valle d'Aosta che è quella della fine degli anni '40. È la fotografia, anche dal punto di vista dei rapporti giuridici, di un rapporto bilaterale Aosta-Roma, oggi trilaterale Aosta-Roma-Bruxelles - e forse non solo perché alcune regole vengono addirittura dettate a livello internazionale -, per cui, al di là delle discussioni che possiamo fare - sempre utili e stimolanti, perché l'arte della politica è anche confronto su temi delicati come questo -, credo che un lavoro che bisognerà sicuramente in prospettiva fare sia quello di ottenere questa benedetta/maledetta intesa, per poter mettere mano finalmente al complesso dello Statuto di autonomia.
Presidente - La parola al Consigliere Zucchi.
Zucchi (PdL) - Grazie Presidente.
Come annunciato e in un certo senso promesso, siamo riuniti nell'ultima adunanza dell'anno nel Consiglio regionale per dare gambe al tema del momento: quello dei costi della politica. A ben guardare però, la parte che in questo momento è in discussione avvalora di fatto la tesi che ho cercato in commissione di far valere con tutte le mie forze per convincere i colleghi proponenti a scorporare il tema di cui in questo momento stiamo dibattendo, ossia le due proposte di legge costituzionale, dai temi che sono più propriamente legati ai cosiddetti "costi della politica". È quindi una contraddizione in termini il fatto che, di fronte alla proposta di questa mattina, i colleghi abbiano deciso di scorporare la materia avvalorando tale tesi. Se è vero che la riduzione dei Consiglieri regionali, con le implicazioni che sono state approfondite dai colleghi che mi hanno preceduto, investe un risparmio...qui concordo pienamente con il collega Louvin che anche in commissione si è speso sotto questo aspetto...per cercare di scorporare le due materie: una legata solo apparentemente ai costi della politica, ma che in realtà investe una questione di ben altra rilevanza, come anche il collega Caveri ha sottolineato nel suo intervento.
Non ho la competenza dei due colleghi che mi hanno preceduto - uno per status e l'altro per competenze parlamentari - per addentrarmi in disquisizioni tecniche, però ho una sensazione riguardo alle leggi costituzionali. Innanzitutto questo è un momento veramente pericoloso, non entro nel merito di chi ha ragione e chi ha torto sulla questione della legge costituzionale, sulla questione legata al principio dell'intesa, o se sarebbe stato meglio fare una legge statutaria; vedo peraltro che si è deciso di accorpare questa materia per portarla in evidenza sul tema generale dei costi della politica, rischiando di fare confusione. Ritengo che il tema sia di particolare importanza, per questo in commissione mi sono sentito, in qualità di Presidente super parte, pur facendo parte della maggioranza attuale, di cercare di convincere i colleghi non ad insabbiare, ma a posticipare ad una fase successiva questo argomento, perché le implicazioni sono tali e tante che meritano un approfondimento, rischia di essere invece riduttivo se discusso in tale contesto. Dicevo che ho una sensazione...e non entro nel merito delle disquisizioni ma, di fronte a un Parlamento che in questo momento si trova davanti un Governo completamente tecnico, in una situazione a dir poco confusa, con dei provvedimenti che sono stati presi dietro la spinta dell'emergenza, ritengo anch'io oltremodo pericoloso...e qui lo voglio dire: il nostro gruppo politicamente aveva anche sull'onda nazionale espresso delle posizioni, perché vorrei essere coerente con le posizioni espresse dal gruppo PdL, che in sede politica aveva ipotizzato una riduzione dei Consiglieri regionali...ma, facendo parte di una maggioranza e in quella sede approfondendo i pro e i contro, e con le evoluzioni successive che hanno portato ad un Governo tecnico, noi abbiamo trovato - nella logica della maggioranza, del rispetto del vincolo di un patto che si stringe fra partiti che vogliono stare insieme - una sintesi nel ritenere che in questo particolare quadro politico sarebbe stato più saggio nell'interesse dei valdostani soprassedere nel portare avanti una legge costituzionale, che avrebbe avuto delle conseguenze pericolose. In questo mi sento di appoggiare pienamente il ragionamento del collega Caveri. Aggiungo che, dal punto di vista politico - lo dico da rappresentante del gruppo PdL, pur facendo parte della maggioranza -, la riduzione...non parliamo di una riduzione estrema...dei Consiglieri regionali proposta anche a livello nazionale...perché non c'è da vergognarsi: la mia parte politica a livello nazionale ha fatto delle proposte - che sono state citate anche dal collega Louvin - in una determinata fase e devo prendere atto che non sempre le proposte, anche se provengono dalla parte politica a cui si appartiene - e alla quale sono fiero di appartenere -, si possono condividere, soprattutto rendendosi conto che si fa parte di un Consiglio regionale e, in qualità di Consigliere di quella Regione, bisogna valutare i meccanismi in cui questi principi vengono introdotti. Voi potete immaginare che la riduzione drastica proposta...sia a livello del Governo precedente...dei Consiglieri regionali nella nostra realtà sarebbe ed è particolarmente fuori tempo, fuori luogo e assolutamente non in linea con le esigenze anche soltanto della rappresentatività democratica di un consesso della massima istituzione qual è la nostra. Si rischia veramente di andare a giocare per il Re di Prussia, ossia, dal punto di vista partitico, nella riduzione dei Consiglieri si va verso quella che è oggi la tendenza, ovvero favorire dei meccanismi di accentramento in capo all'organo amministrativo, mentre noi riteniamo che sia la politica, la quale sicuramente ha commesso degli sbagli, a dover riconquistare la fiducia dei cittadini, sia valdostani che italiani, sapendo fare tesoro degli errori commessi, perché sono le azioni concrete che devono riqualificare l'agire della politica. Politica che deve rientrare anche in questa massima istituzione a svolgere il proprio ruolo nella pienezza delle proprie funzioni. Ecco perché il nostro gruppo sia per un vincolo di maggioranza, ma che si è fatto via via sempre più convinto con il maturare degli eventi, sia per convinzione politica - come ho cercato di esporvi - non ritiene che la riduzione dei Consiglieri regionali sia in questa fase assolutamente opportuna nella forma e nella sostanza. Non lo reputiamo un argomento tabù da accantonare, ma deve essere sviluppato, anche perché non sono stati chiariti gli aspetti collaterali della rappresentatività in caso di una riduzione, ci sono tante variabili che devono essere analizzate al di là dei pericoli istituzionali. Quando si affronta una legge costituzionale in questa fase, si rischia di cavalcare la demagogia, io ne sono persuaso - non se ne abbiano i colleghi proponenti -, ma mi sembra di mischiare capre e cavoli, perché si sa benissimo che forzare la mano e voler mettere a tutti i costi questo argomento, importantissimo, nel novero dei costi della politica è un falso problema. È vero che si riducono gli emolumenti in senso numerico, ma, come ho detto, ci sono talmente tante variabili importanti che riguardano lo stesso status della nostra Regione, che su questi punti è molto chiaro agli articoli 15 e 16 del nostro Statuto speciale. Ecco perché il nostro gruppo convintamente ritiene che questi progetti di legge costituzionale non dovessero essere posti in evidenza ora; si sono voluti porre all'attenzione e al voto e noi non siamo d'accordo con tale impostazione della riduzione.
Sui costi della politica mi intratterrò dopo, collega Caveri, perché non credo vi sia nessuno in quest'aula che non debba anche prendere le difese della classe politica, lo dice uno che è nella massima istituzione da tre anni (è la mia prima legislatura). Io non nasco politico, non credo di morire politico, ma nella mia breve esperienza ho imparato ad apprezzare le peculiarità e le persone che hanno svolto questa attività, a cui va il mio personale rispetto; rispetto che non vorrei venisse annacquato in questa fase che stiamo vivendo, che, secondo me, non è assolutamente degna di tale nome.
Presidente - La parola al Consigliere Segretario Rigo.
Rigo (PD) - Grazie Presidente.
Non so se il Consiglio oggi approverà queste proposte, credo di no, ma sarebbe comunque un risultato se tali temi fossero ripresi con un confronto forse più mirato, tranquillo e più libero, nel senso più laico del termine; dagli interventi finora fatti mi sembra che le condizioni ci siano. Perché abbiamo presentato le proposte di legge all'attenzione del Consiglio regionale? Qual è l'obiettivo che ci ha spinti a formulare diverse iniziative consiliari? Qual è il filo logico del ragionamento che abbiamo fatto? La ragione è una sola: le istituzioni combattono l'antipolitica, molte volte qui evocata, se sanno autoriformarsi. Ci vuole uno scatto, su questo non c'è dubbio, perché la posta in gioco è alta. Da una parte c'è il crescente distacco dei cittadini dalla politica con la conseguente diffusa indignazione; dall'altra il bisogno di ridisegnare la fisionomia della "macchina Italia" - e non solo - rendendola al tempo stesso più efficiente e meno costosa. Il Partito Democratico nella nostra regione si sta confrontando da tempo su come riformare la "macchina istituzionale valdostana", consapevole del fatto che la via è stretta: la crisi che corre globalmente rischia di imporre, come è stato detto qui dai colleghi Louvin e Caveri, riforme che invece sarebbe meglio gestire, piuttosto che ritrovarsi a subire e porta con sé anche sentimenti irrazionali che spingono a scelte improvvide. A Roma sono obbligati a discutere sui tagli agli emolumenti e al numero dei Parlamentari, dei Consiglieri regionali, delle Giunte e così via. Noi dobbiamo avere il coraggio, la volontà e le idee per ribattere alla logica dei tagli da mannaia, utili a fare cassa e per sedare anche la rabbia dei cittadini, con la proposta di una riforma complessiva del nostro sistema di autogoverno. Lo so, non è una partita semplice. Cominciamo da un ragionamento generale: tutto il dibattito che in questo momento viene sintetizzato nell'espressione "costi della politica" contiene in sé anche la necessità di rendere più efficienti le strutture dello Stato, comprese le Regioni e le autonomie speciali. L'obiettivo è duplice: semplificare i processi decisionali, snellire gli apparati politico-istituzionali e diminuire i costi. In pratica, una riforma che fosse presa sotto gamba, o per meglio dire, per cercare di dare un segnale per tacitare, una risposta insufficiente all'antipolitica, qual è secondo noi il piccolo taglio ai nostri emolumenti proposto nel disegno delle forze della maggioranza, rischia di non centrare nessuno di questi obiettivi, contribuendo invece ad allargare ancora di più il distacco dei cittadini dalla politica. Il pericolo che intravediamo nella vostra timida proposta è quello di venire interpretata dalla gente - passatemi il termine, ma è per capirci - come una presa in giro. Noi invece avvertiamo la necessità, l'urgenza di scomporre l'attuale sistema con cui si confronta la politica per ridisegnare un sistema in sintonia con le nuove regole, i nuovi strumenti, le nuove sfide venute prepotentemente alla ribalta. Ecco perché abbiamo presentato come Partito Democratico alcune proposte di segno diverso, con l'obiettivo di favorire un confronto per la definizione di una riforma profonda, che per essere tale non deve partire dall'antipolitica e dalla demagogia, ma da dati di fatto concreti, quale ad esempio il ruolo che oggi deve assumere il Consiglio regionale e quindi anche il numero dei Consiglieri, la composizione della Giunta e una forte presenza femminile. Il momento è difficile per il Paese e le sue istituzioni (tutte), mentre il rapporto fra cittadini e politica conosce una nuova acuta criticità. Non sfugge quanto la democrazia rappresentativa sia sottoposta oggi, non solo in Italia, a tensioni e passaggi critici. La globalizzazione muta anche il tempo e lo spazio dell'agire politico. Si riduce l'esclusività delle sovranità nazionali a vantaggio di istituzioni sovranazionali e globali - mi sembra in questo la preoccupazione espressa anche da Caveri. E nella società del tempo reale e della comunicazione in presa diretta, si è accelerata enormemente la domanda di decisioni rapide e tempestive, rispetto alle quali i tempi e le procedure istituzionali appaiono spesso lente e inutili. Talché accade di pensare che se per avventura e per assurdo i Consigli regionali - riprendo quello che ha detto il collega Caveri in questo senso - cessassero di esistere, una parte di opinione pubblica forse non ne avvertirebbe la mancanza.
Anch'io, come molti, vivo con fastidio e sofferenza la campagna antipolitica che spesso rappresenta, in modo offensivo e caricaturale, il Consiglio regionale e l'attività dei Consiglieri. Un'immagine che suona offensiva anche per molti amministratori locali, dirigenti politici, tanti cittadini che senza nulla chiedere dedicano ogni loro migliore energia al bene comune. Chi, come me, ha fatto della politica una scelta di vita, ispirata unicamente alla passione civile e democratica, sa quanto lontana dal vero sia una rappresentazione della politica come affare, intrigo, interesse personale (faccio mie le considerazioni del collega Caveri). Sostenere che ogni costo della politica sia infondato, illecito, dannoso per i cittadini è con tutta evidenza demagogia, perché al pari di qualsiasi attività umana anche la politica ha dei costi. Ma proprio per questo la politica ha il dovere della sobrietà, dell'equità, del rigore, della trasparenza; valori che troppo spesso, in questi anni, sono stati negati da comportamenti e modi di governo, che sempre più spesso hanno mortificato l'interesse generale, la coesione sociale, il rispetto della legalità, dell'uguaglianza dei cittadini. I partiti oggi non sono più quelli di una volta, la politica oggi non è più quella di una volta. Già alla fine degli anni '80 si sono buttati i partiti sull'occupazione dello Stato, e oggi i costi vanno ridotti chirurgicamente proprio per rilanciare i partiti e la loro funzione. Enormi sono stati i meriti che hanno avuto i partiti e i movimenti politici nel "fare l'Italia" e anche "la Valle d'Aosta". Come scrive uno storico, i partiti di massa hanno incluso le masse allo Stato e hanno in un certo senso creato identità condivisa, pur nelle grandi divisioni ideologiche e hanno contribuito ad includere nelle istituzioni i ceti subalterni; lo stesso storico usa il verbo "soggettivare". Senza partiti, senza movimenti quindi non c'è democrazia partecipativa ma il mondo oggi è fatto anche dal Web, dai nuovi strumenti di informazione e formazione e, in parte, anche da nuove forme di partecipazione. Lo abbiamo visto alla televisione, dall'Africa a Wall Street: è infatti di questi giorni il manifestante ignoto, icona della prima pagina della rivista Time, che lo ha eletto "persona dell'anno". Secondo Time, il manifestante ignoto ha cambiato per sempre i rapporti di forza con il potere e ora nulla sarà più come prima. Partecipazione vuol dire anche referendum, petizioni, proposte di legge di iniziativa popolare. Vogliamo capire e approfondire perché in questi anni sono aumentati di numero nella nostra regione queste espressioni della partecipazione popolare? Dalla IX legislatura, 1988-1993, le petizioni, ben 21, diventano una modalità quasi costante per ottenere ascolto dal Consiglio regionale. In questa legislatura mi pare siano non meno di 15; lo stesso si può dire per le proposte di legge di iniziativa popolare, che dal 2005 sono state un'espressione popolare sempre più affinata e stesso discorso si può fare per l'attivazione degli istituti referendari. Sono segnali inequivocabili e a mio giudizio positivi ma che impongono anche alla politica di domandarsi come mai non è più il collante di queste espressioni popolari.
Ci sono inoltre due grandi questioni venute alla ribalta in questi anni, che ha già citato il collega Louvin. La prima: avete presente la lampo? Due strisce di tessuto diverse munite di dentini per chiudere rapidamente una borsa o un vestito. È un'immagine cara alle promotrici delle pari opportunità nella politica, lo chiamano zipper system: un uomo e una donna si alternano in liste plurinominali in modo da formare un'offerta politica in cui nessun sesso predomini sull'altro. Se ne discute in tutti i Paesi dell'Unione europea e in molti si applica, o per legge, oppure perché è previsto dagli statuti interni dei partiti. Se non ora quando è un movimento che chiede di ricostruire il nostro Paese partendo proprio dalla questione femminile, quella che in questo Paese non si vuole affrontare. Il tema della valorizzazione di genere, della parità di diritti, della corretta rappresentazione nei media delle donne e della loro presenza nelle istituzioni e nei vertici rappresenta il futuro di questo Paese, di tutto il Paese, Valle d'Aosta compresa. Su questa importante questione nazionale chiedo al Presidente del Consiglio e ai Capigruppo di voler fare proprio il documento prodotto dal Forum delle elette, riunitosi a Roma a metà novembre, sugli indirizzi contro le discriminazioni e a cogliere l'invito formulato a "convocare un Consiglio straordinario nel quale affrontare - cito - l'emergenza della presenza femminile nelle istituzioni". Proprio in questa direzione, con l'obiettivo di aprire un dibattito politico sul tema della presenza femminile nelle istituzioni, sapendo bene che non sono le quote di genere che possono modificare atteggiamenti culturali consolidati, abbiamo presentato nella proposta di legge regionale n. 158, quella sulla riduzione del numero degli Assessorati, la disposizione che nella composizione della Giunta deve essere garantita la presenza di entrambi i generi.
La seconda questione riguarda i giovani. Se fra i giovani da una parte soffia il vento dell'antipolitica, del "sono tutti uguali" e del "tanto nulla cambierà mai", dall'altra c'è chi è convinto che le cose si possano cambiare anche senza prendere a sprangate una vetrina. In questo senso la rete può essere un canale da utilizzare: MTV networks international, è fra i promotori della campagna Io voto, iniziativa promossa per aiutare e spingere i giovani alla partecipazione politica. Aiutarli, come in parte stiamo facendo da anni in questo Consiglio, e spingerli, facendo comprendere loro che solo un impegno diretto e concreto può ridare speranze per un futuro migliore, che deve necessariamente passare per il tanto auspicato ricambio nella classe dirigente.
Tutto ciò detto, le proposte di legge che abbiamo presentato come Partito Democratico, sapendo bene che, purtroppo, non avevano grandi possibilità di essere fatte proprie da tutto il Consiglio regionale, hanno essenzialmente l'obiettivo di aprire un dibattito su questi temi. La riduzione del numero dei Consiglieri non è una provocazione demagogica, ma una risposta, ancora parziale, alla necessità di innovare il modo di essere della nostra Assemblea, diminuendone anche i costi. La società è profondamente cambiata, ma noi siamo fermi al 1979, alla legge n. 66, che regola le "Attribuzioni e competenze del Consiglio regionale, del Presidente del Consiglio, della Giunta regionale e del Presidente della Giunta". È una legge di 30 anni fa. Sono crollati i muri e le barriere doganali, siamo entrati nell'euro e nel nuovo secolo e il "regolatore" dell'attività del Parlamento valdostano è rimasto fermo al 1979! È ora di ripensare alle attribuzioni e alle competenze, di individuare oggi i compiti e le funzioni che devono vedere il Consiglio regionale perno del sistema politico-istituzionale della Valle d'Aosta. Ripensare al numero dei Consiglieri vuol dire innovare un'Assemblea che non è al passo con i tempi. Discutere, confrontarsi sul ruolo del Consiglio vuol dire definire nuove regole della politica. Le lotte, a volte più personali che politiche, di questi ultimi anni hanno prodotto un indebolimento evidente del Consiglio regionale privando l'Assemblea del suo centrale potere legislativo, tramutandola in uno strumento di ratifica di decisioni, programmi e interventi decisi dall'Esecutivo. Noi vogliamo un'Assemblea non solo di controllo attraverso le giuste e opportune iniziative consiliari e di verifica della correttezza della gestione politico-amministrativa e finanziaria, ma capace anche di conoscenza strategica. Un Consiglio regionale dotato degli strumenti e delle professionalità in grado di supportare i Consiglieri nel loro ruolo di disegnare il futuro della nostra regione. Capacità di pianificare e quindi di anticipare quei processi di cambiamento che molto velocemente il mondo globalizzato ci impone. Vogliamo un'Assemblea che abbia anche maggiore e più qualificata capacità di verificare, attraverso dati, sistemi, analisi, raffronti l'efficacia, la ricaduta, l'efficienza, l'economicità della gestione delle risorse collettive impiegate dalla Regione. La nostra proposta di legge sulla riduzione del numero dei Consiglieri e degli Assessori vuole essere occasione per iniziare un confronto sui temi sopra ricordati: costi della politica, ma anche efficienza della istituzione, collegamento con il territorio e la comunità. Sono convinto che la forza di un Consiglio regionale non sia data dal solo numero di Consiglieri, ma dalla capacità di guardare al futuro; sono convinto che un Consiglio debole, al di là dei numeri, sia sinonimo di democrazia debole e che questo non sia un bene per nessuno.
Presidente - La parola al Consigliere Tibaldi.
Tibaldi (PdL) - Grazie Presidente.
L'argomento istituzionale è talmente vasto e importante che credo susciti delle sensibilità differenti e variegate non solo in questo Consesso, ma anche nelle singole forze politiche. Se vogliamo riconsiderare l'argomento istituzionale come una provocazione demagogica, io non ci sto, nel senso che se demagogica viene considerata una riduzione più drastica o meno drastica del numero dei Consiglieri di questa Assemblea, altrettanto si può considerare demagogica la riduzione degli emolumenti che viene proposta dalla maggioranza regionale. Senza voler svilire né l'una, né l'altra o le altre proposte, credo che tutte quante abbiano diritto di cittadinanza in tale Assemblea. Quando mi sono dilettato nello scrivere una proposta di legge, che poi ho ritirato nei giorni scorsi, ho avuto la prova che l'argomento della riduzione dei Consiglieri non doveva essere affrontato. Ne ho preso atto alla luce del voto che è scaturito dalla I Commissione, anche se la commissione non lavora in sede deliberante, ma in sede consultiva, e ho deciso di ritirarla comunicandolo al Presidente del Consiglio, che ne ha fatto menzione stamani ad inizio di seduta, ma questo non mi esime dal fare alcune considerazioni sulla proposta di legge che approda oggi in Consiglio a firma dei Consiglieri del Partito Democratico. La riduzione del numero dei componenti di un'assemblea, a mio avviso, attiene a pieno titolo ai costi della democrazia, perché la questione è logica: se, anziché 35, i componenti sono 21, o 29, c'è un'automatica riduzione degli emolumenti della spesa pubblica che il Consiglio deve affrontare per pagargli i compensi, ma non è solo una questione economica: è una questione di rappresentatività e di funzionalità, che sono gli altri due argomenti che vanno affrontati.
Comincio con la questione economica. Questa è senz'altro sulla punta delle dita di una mano di tutti quanti, non solo di noi direttamente interessati in quanto facenti parte della cosiddetta "casta", ma anche dei cittadini che fuori ci ascoltano e apprezzano o disprezzano il nostro operato. La questione numerica è importante perché, se ci vogliamo riferire alle statistiche più impietose, la Valle d'Aosta è quella che ha una spesa di quasi 125 euro pro capite - per ogni cittadino residente in Valle - per il mantenimento del Consiglio regionale contro gli otto euro di Regioni più virtuose come l'Emilia Romagna o la Lombardia...
(interruzione di un consigliere, fuori microfono)
...cosa c'entra lo spiego se mi lasci parlare, poi puoi replicare.
Il Presidente del Consiglio dell'Emilia Romagna, di area PD, Matteo Richetti, ha proposto provocatoriamente di utilizzare lo schema otto euro, ossia di spendere otto euro per ogni abitante per ogni regione. Se venisse applicato anche alla Valle d'Aosta questo sistema, avemmo a disposizione come Consiglio regionale qualcosa come 1.000.000 di euro, quindi avremmo la possibilità di tenere in piedi un Consiglio regionale al massimo fatto di una persona, una monocrazia, anziché una democrazia. Queste sono ipotesi che possono sembrare radicali, drastiche, ma che in momenti di crisi stanno facendo perlomeno filosofeggiare qualcuno e forse un domani verranno prese in maggiore considerazione. La questione economica però non può essere ignorata, una riduzione numerica equivale anche ad una riduzione di spesa pubblica. Il fatto che il "Governo Berlusconi" la scorsa estate in maniera anche un po' impacciata e scoordinata, come ha detto Caveri, abbia fatto una proposta di riduzione tout court a 20 Consiglieri sta a dimostrare la non conoscenza della materia costituzionale e in particolare di quella statutaria, ma ciò non ci impedisce di osare di toccare il tema statutario, perché qui ogni volta che si tocca il tema statutario ci si infila in un ginepraio di critiche, di considerazioni che sono contro corrente. Eppure l'esimio collega Louvin vent'anni fa e l'Onorevole Nicco dieci anni fa hanno tentato di stilare delle modifiche allo Statuto della Valle d'Aosta, purtroppo i loro tentativi non sono andati a buon fine, ma non per colpa loro, ma perché si creò una tenaglia politica contraria che impedì un aggiornamento di quello Statuto, che giustamente oggi Caveri sottolinea essere ormai vecchio, perché datato 1948, che anno dopo anno segna sul suo volto sempre più rughe e sempre più fatica; allora prima o poi questo Statuto bisognerà avere il coraggio di guardarlo con occhi più realistici! Quando ho presentato la proposta di legge, non mi illudevo di convincere le altre 34 persone a pensarla come me, ossia di ridurre il Consiglio a 21 membri, non sono riuscito neppure a convincere i componenti del mio gruppo, figuriamoci se riesco a convincere i componenti degli altri gruppi! È un principio però nel quale credo, ritengo che sia plausibile, non sia anacronistico, ma di stretta attualità, che saremo costretti ad affrontare o autonomamente con iniziativa propria, oppure per conto terzi, ossia su iniziativa di altri organismi (penso a quelli parlamentari). D'altronde le modifiche allo Statuto - penso all'articolo 15 più volte citato - che sono intervenute con la riforma del 2001 sono state gestite dall'esterno, sono arrivate dal Parlamento nazionale, non è che la Valle d'Aosta sia stata attrice e protagonista in quella fase, ma le ha vissute come un qualcosa che accadeva all'esterno e investiva anche la nostra regione.
Purtroppo ogni iniziativa che nasce qua dentro, anche singolarmente...e questo è uno schiaffo all'articolo 27 dello Statuto, in cui si dice che l'iniziativa delle leggi regionali spetta alla Giunta e ai membri del Consiglio Valle...questa seconda parte si potrebbe cancellare, perché se un membro del Consiglio Valle osa presentare una legge a sé stante, se ha una sensibilità differente, viene messo subito all'indice...ogni iniziativa dicevo, che sta a dimostrare che le iniziative autonome si autodistruggono per la grande capacità di questo Consiglio di frenarle, boicottarle e farle decadere. Non ci sono riusciti né Louvin prima, né Nicco poi, figuriamoci se ci riuscivo io con un'iniziativa solitaria, o forse voi del PD oggi con un'iniziativa di gruppo! Ma il problema rimane e io resto della convinzione che qualcuno da fuori prima o poi ci penserà e se ci penserà secondo le situazioni del momento, che sono tutt'altro che felici e se ascoltiamo i telegiornali, quello che sta proponendo il "Governo Monti", le restrizioni, i tagli che ci aspetteranno nel 2012 e in futuro chissà che cosa...credo che prima o poi avremo qualche sorpresa poco gradita.
La questione di rappresentatività può piacere o no, ma ognuno di noi oggi rappresenta circa 3.500-3.600 persone, poche o tante che siano, siamo grosso modo quanto un Consiglio comunale di Monza (che ha un popolazione di 120-125.000 abitanti). Il discorso numerico di rappresentatività è anche politico; qualcuno mi ha obiettato: "ridurre drasticamente il numero dei Consiglieri inevitabilmente riduce la rappresentatività dei singoli gruppi". Questo è naturale, se i seggi da suddividere anziché 35 sono di meno, è ovvio che sia i partiti di maggioranza, sia i partiti di minoranza avranno una quota di eletti differente. È altrettanto naturale che se uno si cimenta a voler effettuare una modifica statutaria, deve pensare che a valle ci sono una serie di leggi da rivedere - a partire da quella elettorale -, che devono riarmonizzare il meccanismo di conteggio dei voti e di distribuzione dei seggi. Io dico che è altrettanto naturale che un'iniziativa del genere si riverbera poi sull'ordinamento degli Enti locali, Comunità montane, Comuni, senza dimenticare gli Enti partecipati dalla Regione.
Il terzo argomento è quello della funzionalità di un Consiglio che nel corso degli anni - posso parlare per i 18 anni che ho vissuto qua dentro - ha vissuto un'involuzione, perché il ruolo del Consigliere nel 1993 e negli anni '90 era più attivo e più partecipe della vita e delle scelte politiche della Regione. Oggi, non per colpa di nessuno, con il passare di questi anni e con la colpa del legislatore, si è verticalizzato il potere nelle mani soprattutto del Presidente della Regione. Questo ci fa pensare: se il Consiglio demanda sempre più poteri e competenze all'Esecutivo, si spoglia in continuazione delle sue funzioni e sembra quasi che abdichi al suo ruolo naturale, il ruolo per cui è stato ideato. Ha ancora senso allora avere un numero così elevato di Consiglieri in una Regione la cui Assemblea, per sua stessa deliberazione, rinuncia progressivamente ai suoi poteri? È una domanda che pongo sul tavolo, perché il problema della funzionalità è stato toccato anche da Rigo in commissione e forse anche in aula, è un problema grave. In conferenza stampa il Presidente del Consiglio ha detto che siamo un'assemblea che produce, che ha fatto tot atti ispettivi, tot atti legislativi, siamo bravi, però siamo sempre più un organo di ratifica di decisioni che vengono elaborate in sede esecutiva e qui semplicemente approvate (o non approvate).
Suggestiva e originale è l'idea del Consigliere Louvin mutuata dall'articolo 15 dello Statuto, che tratta della forma di governo e che lui vorrebbe estendere anche alla regolamentazione del numero dei componenti l'Assemblea. Suggestiva e originale, ma credo sia di fatto un'estensione analogica piuttosto spinta da un punto di vista giuridico, che non possa essere interpretata fino a tale punto. Questa potrebbe al limite costituire uno stimolo per ragionarci un domani, ma oggi l'unico percorso possibile è quello della legge costituzionale, piaccia o non piaccia, con i rischi che si possono correre a livello nazionale con un Parlamento in queste condizioni. Non dimentichiamo che il Parlamento è composto da due forze: il PdL e il PD, sulle quali perlomeno noi, che siamo rappresentanti di forze nazionali, dovremmo rivolgere un minimo di credibilità e sappiamo che una legge di natura costituzionale parte da qui, approda a Roma ai due rami del Parlamento, lì ha un iter aggravato e anche con dei tempi un po' lunghi nei passaggi fra le due Camere, ma poi viene accolta ed è suscettibile di modifiche. Ripeto: credo che la proposta di Louvin sia suggestiva, ma oggi estemporanea. Rimane il fatto che modificare lo Statuto non deve essere considerato un tabù, deve essere considerato invece un atto nei confronti del quale prima o poi dovranno avere il coraggio quelli che comporranno l'Assemblea di affrontarlo, altrimenti sarà modificato d'ufficio da qualcun altro.
La previa intesa: è un bell'argomento, un'occasione sfumata nel 2006, perché sul referendum del 2006 ci fu un'operazione di chiusura totale. All'epoca c'era la possibilità di approvare un articolo modificativo della Costituzione, ma sia il partito di maggioranza relativa, sia la sinistra si misero contro la proposta del "Governo Berlusconi"; di conseguenza, c'è la tendenza di arroccarsi nei rispettivi ambiti senza rinunciare ai propri pregiudizi.
Nel concludere io cerco di rinunciare ad un pregiudizio - in questo caso senza neppure un grosso sforzo, perché ho proposto una legge che poi ho ritirato e di cui ribadisco sono convinto -: esprimerò un voto favorevole nei confronti della legge che propongono i colleghi del PD, perché rientra nell'ambito di un mio pensiero a prescindere dal numero: il numero 29 non mi piaceva e non mi piace, ma è un indirizzo che apre una breccia che quanto prima qualcuno oserà varcare. Come dice Einstein, è più facile spezzare un atomo che spezzare certi pregiudizi, non mi avrebbe fatto dispiacere che anche il vostro rappresentante in seno alla I Commissione avesse avuto il coraggio di ragionare in questi termini evitando di bocciare tout court la proposta che anch'io ho fatto.
Presidente - La parola al Consigliere La Torre.
La Torre (FA) - Grazie Presidente.
Questo è un argomento molto dibattuto e anche con molte sfumature, allora cercherò di avere una posizione chiara sin dall'inizio. Dico da subito che sono contro la proposta del PD, non condivido il concetto della riduzione del numero dei Consiglieri, non condivido chi sostiene che devono essere ridotti i Comuni, certamente mi limito a fare questo ragionamento per quanto riguarda la nostra Regione, senza alcuna presunzione di parlare per altre Regioni, motivando questi concetti attraverso i costi e quelle che possono essere le funzionalità di tali organi e cercherò anche di spiegare il perché, oltre che essere chiaro nel dire che sono contro. Innanzitutto i partiti e i movimenti rappresentano la collettività e, se questo è vero, come io credo, non possiamo pensare che i partiti e i movimenti siano un costo per la collettività e non possiamo neanche permetterlo, perché se facciamo passare questi concetti, cominciamo a demolire la democrazia di questo Paese. Al limite, se si vuole riportare il ragionamento su un terreno più serio, possiamo al limite parlare del ruolo e l'efficacia dei partiti, ma se parliamo del ruolo e dell'efficacia, siccome i partiti si muovono sulle gambe delle persone, dobbiamo parlare dell'efficacia e della capacità delle persone che fanno politica. Mi piace raccogliere la provocazione di Donzel quando parlava dei travestiti della politica; caro Donzel, se lei ci ragiona bene, il vero travestimento è quello a cui assistiamo in questi giorni di soggetti politici che si travestono da professori, perché non sono professori che fanno politica, sono soggetti politici che si travestono da professori e diventano soggetti politici, senza passare per il vaglio elettorale, sostituendo la politica in un modo che non segue i canoni della democrazia! È questo l'elemento sul quale dobbiamo concentrarci, è su questo che dobbiamo ragionare ed è l'opposto di smontare i Consigli regionali o i veri presidi della democrazia, ossia i Comuni. Oggi se ragioniamo su quello che sta accadendo, un voto che sia veramente autonomista non può che essere che contro questa manovra, questa Regione deve votare contro tale manovra, perché non è una manovra che rispetta il principio della democrazia e della politica! Certo dobbiamo anche dire, se parliamo delle persone che poi traducono la politica, che molte volte nei travestimenti ci sono anche persone che non hanno alcuna affinità con il ruolo della politica e molte volte si travestono da Parlamentari, da Consiglieri regionali. Sì, ci sono perché non basta portare il panettone a Natale e la colomba a Pasqua per essere un politico, ma il vero ragionamento è che tante persone che riscoprono il ruolo della politica, oggi si dovrebbero domandare quello che fanno nella e per la politica, perché anche 1.000 euro - questa è la demagogia - dati a chi non produce niente sono 1.000 euro buttati! Il vero problema del costo della politica quindi non è quanto si dà a chi fa politica, ma è quello che produce chi fa politica, perché se a uno gli dai anche 100 euro, ma non fa niente, sono 100 euro buttati! Qui entra il principio della demagogia, del cavalcare le onde e questa è una proposta che va in quella direzione, collega Donzel, una proposta demagogica che non attinge neppure alle radici del suo partito, un partito che una volta si costruiva sul territorio e che ne aveva un grande rispetto! Un partito che oggi al contrario non solo non ne tiene conto, ma non tiene neanche conto della realtà della Valle d'Aosta, dove abbiamo un'Assemblea che è profondamente diversa dalle altre assemblee regionali, perché qui abbiamo un potere legislativo e da nessun'altra parte come in questa regione c'è bisogno di una rappresentanza diffusa e qui che ce l'abbiamo dovremmo andare ad inficiarla? In base a quale principio?
Qualcuno ha fatto delle citazioni; le citazioni sono sempre importanti, c'era un personaggio importante che diceva che in genere la politica è lo specchio della società e forse la società in questo momento si merita anche questa politica, perché, per cambiare la politica, bisogna che cambino le persone, che si cominci a ragionare in un modo diverso nella società, identificando i soggetti politici per i valori di cui sono portatori. È evidente che la politica è un orecchio attento delle problematiche della società, ma non può essere solo un ufficio di collocamento, quindi la gente deve cominciare a guardare agli uomini politici come a dei punti di riferimento di una collettività per il bene di quella collettività e non solo per i propri interessi personali. Questo vuol dire tradurre un nuovo modo di fare politica: vuol dire reintrodurre in politica i valori, l'etica, la determinazione, la capacità di misurarsi su degli obiettivi. Questa non è demagogia: demagogia è parlare di numeri, parlare di stipendi, di numero dei Consiglieri, di numero di Comuni, come se i Comuni non avessero un'identità storica, culturale, territoriale; invece no, sono solo numeri: 500 abitanti, 300 abitanti, allora bisogna farne 2, 3, 7, 8, 12...dimenticandosi quella che è la storia! Ma questo è l'atteggiamento di quelli che si travestono, facendo i professori, da politici e pensano che si taglia un'economia di un Paese tagliando la storia e la cultura di quel Paese e noi dobbiamo essere contro questo tipo di atteggiamento: ecco perché dobbiamo votare contro tale manovra così come ci viene presentata. Questa non è demagogia, io ho il coraggio di dire quello che penso. Io ritengo che i costi siano quelli del fare o, meglio, del non fare, di quello che non viene fatto. C'era stato uno studio recentemente che misurava i costi dell'incapacità, quelli sono i costi, è lì che si tagliano gli sprechi; quindi il vero ragionamento è quello di cosa possiamo fare noi per migliorare la nostra funzionalità. Io cito esattamente al contrario i dati che citava al negativo il collega Tibaldi, perché la capacità operativa diventa fondamentale, diventa il metro della misurazione di quello che dobbiamo essere capaci di fare. Dobbiamo uscire quindi dalle rendite di posizione, da chi crede che la politica sia semplicemente sedersi, dopodiché essere arrivati a toccare il soffitto...peccato che il soffitto di qualcuno è il pavimento di qualcun altro, perché in questo Paese manca anche l'ambizione! Non si spiega ai ragazzi che non è sufficiente prendere un titolo di studio, ci vuole l'eccellenza e come dobbiamo spiegare queste cose ai giovani, dobbiamo parlare anche per noi stessi, dobbiamo cercare un'eccellenza, che è nel confronto, ma che non passa dalla demagogia, né dalle facili proposte populiste. Ci vuole il coraggio di affrontare questi argomenti per come sono, quindi il valore della democrazia non può essere gestito all'interno di una proposta di tale genere, collega Donzel. Ecco perché io sono contro, ma non sono contro di maniera, o perché devo intervenire...non volevo neanche intervenire: sono contro perché lo credo fermamente e nel fare questo intervento sto facendo il mio dovere; poi sarà giusto o sbagliato, lei potrà aggiungere altre cose, trovarci anche delle sfumature negative...io sono pronto ad espormi, ma io sono contro, così come sono contro a quei travestimenti che lei citava, che in questo momento in Italia stanno sostituendo la politica e lo stanno facendo travestiti da professori, ma come soggetti politici legati a forti interessi e di sicuro questo non fa bene all'Italia. E una Regione che vuole essere autonomista deve essere non solo contro alla proposta che ha fatto lei, ma deve essere contro questo Governo e - lo dico pubblicamente - deve votare anche contro tale manovra!
Presidente - La parola al Consigliere Donzel.
Donzel (PD) - Grazie Presidente.
Cari colleghi, intanto come ha precisato il collega Rigo e condividendo una parte dell'intervento di La Torre, vorrei precisare che le nostre proposte di legge non hanno niente a che vedere con le posizioni espresse da Stella e Rizzo sul Corriere della Sera, o con l'antipolitica. Noi abbiamo fermamente voluto discutere di questi temi in Consiglio regionale, perché questa è la sede dove si discute di tali problemi; la gente non può pensare che i politici non ne parlino; allora chi ne parla: i giornali, Stella e Rizzo? Chi è che deve parlarne? Dobbiamo dire se siamo favorevoli o contrari e dove lo dobbiamo dire? Se c'è un Consiglio regionale, questa è la sede ideale. Qualcuno ha teorizzato: "è fuori tema il PD, parla di riduzione dei Consiglieri regionali", "è fuori tema Tibaldi, cosa c'entra la riduzione del numero dei Consiglieri con i costi della politica?", scusate, probabilmente sono l'unico che qualche volta scorre i giornali delle altre regioni, va su internet, perché in quasi tutte le regioni si parla di riduzione dei costi della politica e si legge a caratteri cubitali: "riduzione dei costi della politica, taglio dei Consiglieri regionali", poi che lo facciano o non lo facciano, quanto lo facciano, ne taglino di più o di meno...ma questo sta nel tema. La Valle d'Aosta non ne vuol parlare? Ritiene non corretta l'impostazione, ritiene non corretta la procedura giuridica? Tutto un altro discorso, ma questo è un argomento in tema, quindi c'è tutta la ragione di parlarne in tale sede, tanto per precisare. Non è quindi che questo è un argomento fuori tema, si è scelto per dare un certo ordine alla discussione di discutere della riduzione dei Consiglieri e degli Assessori in modo disgiunto da quello delle indennità, ma per la natura diversa dei provvedimenti, per le implicazioni diverse che hanno, ma il tema è quello dappertutto. Altrimenti non si spiegherebbe perché la Sardegna parla di una riduzione dei Consiglieri regionali da 80 a 60, collegandola anche al taglio dei vitalizi, ossia non è che i Consiglieri della Sardegna sono impazziti, ma mettono insieme le due cose e ne parlano assieme. Le faranno, non le faranno è da verificare, ma il tema c'è. Tanto per dire all'amico La Torre che parla di demagogia, la proposta del PdL in Puglia è di passare da 70 a 50 Consiglieri regionali, quindi tutti stanno affrontando secondo la loro Regione, cercando di interpretare delle situazioni, e così altre Regioni. Rispetto alla questione "se bisogna parlarne, quante proposte di legge": pensate che il Friuli Venezia Giulia ha messo all'ordine del giorno l'istituzione di un ufficio che si occupa di questo: un ufficio trasversale fra tutte le forze politiche. Io mi sono lamentato di una carenza di dibattito in Valle d'Aosta, ho anche rimproverato che non c'era una volontà di mettersi attorno ad un tavolo a discuterne anche fuori dai canali istituzionali; pensate, il Friuli ha istituzionalizzato un tavolo nel gennaio 2010, ci sono 14 proposte di legge in campo! Tutti ne parlano, qui in Valle d'Aosta bisogna non parlarne, mettere la testa sotto la sabbia e fare finta di niente! Dà fastidio che se ne discuta, io non ho mai visto un argomento di cui si è discusso di meno in commissione: ogni volta c'era un rinvio, un problema tecnico, "ma si potrà parlare di questo", "ma sarà il caso?" e si rinviava la discussione ad altra commissione, alla fine eravamo alla fine dell'anno bisognava arrivare finalmente in aula con questo tema. Non abbiamo mai avuto la presunzione di avere noi la chiave della lettura del sistema politico valdostano, della soluzione migliore di tutte. Intanto, siamo convinti che non esiste la legge perfetta, lo abbiamo visto stamani su delle leggi ordinarie, dove lo stesso Assessore diceva queste leggi le ricorreggeremo perché il mondo cambia, ma vale così anche per la politica! Non è che adesso ci siamo innamorati di una legge che fissa a 35 i Consiglieri regionali, dove per gli Assessori non è fissato il numero in legge. Noi abbiamo una legge regionale che non fissa il numero degli Assessori, il Presidente della Giunta è libero di metterne 8, 9, 10, chi lo dice? Perché non 10 o 15? Lo può fare, non c'è una legge che mette un limite. Noi intanto diciamo: mettiamo un limite, è un'idea; 6 non va bene, facciamo 7, 8 il limite? Ditemelo voi di maggioranza, ma vi sembra normale che non ci sia un limite? A me no e lo dico. Non esiste quindi la legge perfetta da custodire, intoccabile, tant'è che, come ha detto bene il collega Tibaldi, tanti sono stati i tentativi autorevoli di correggere lo Statuto. Non esiste quindi la legge intoccabile: esistono proposte di legge che mirano a modificare lo scenario esistente e qui si può andare a ragionare nel merito e dire: "noi non siamo d'accordo sull'entità numerica...", eccetera.
Per fare chiarezza, intanto bisognerebbe essere a conoscenza di quello che succede altrove; la Basilicata ha 589.000 abitanti e 30 Consiglieri regionali, l'Emilia Romagna che fa la battuta degli 8 euro...guardate che gli 8 euro non vogliono dire 4 Consiglieri regionali, teoricamente possono dire 35-40 Consiglieri regionali che quasi gratuitamente vengono fa a fare il loro lavoro, non ne consegue che al costo si determina un numero. Noi possiamo giocare su due fronti: sull'indennità del Consigliere o sul numero dei Consiglieri; per esempio, l'UdC è un partito di maggioranza regionale, fa una proposta e dice: "tutti a casa i Consiglieri regionali, ne mettiamo 17, 19 - non ricordo cosa ha detto - e gli aumentiamo l'indennità". È una proposta, personalmente non la condivido, ma dalla maggioranza provengono anche queste proposte; insomma, tanto per parlare di demagogia, la maggioranza regionale di demagogia ne fa! Noi non pensiamo di essere demagogici nel sostenere che il Molise con 320.000 abitanti ha 30 Consiglieri regionali, l'Umbria con 900.000 abitanti ha 31 Consiglieri regionali, Bolzano 500.000 abitanti 35 Consiglieri regionali, Trento 520.000 abitanti 35 Consiglieri regionali. Questi numeri non li ho io, sono in Parlamento, non è che le forze politiche nazionali non li vedono, non si accorgono che c'è una Regione con 35 Consiglieri regionali, per cui sia che noi...tanto per "restituire" il discorso di qualcuno che diceva: "miseria, se questa legge del PD va in Parlamento, qui scoppia la fine del mondo!", anche se tale legge non va in Parlamento, in Parlamento ne parlano dei 35 Consiglieri regionale della Valle d'Aosta! Tanto per parlare chiaro, visto che un Governo ha fatto una legge in cui si dice: "20 a voi bastano e avanzano". Il ragionamento allora è che se la legge costituzionale del PD...qui sono d'accordo con quanto dice Caveri: manca una parte sicuramente che ci impedisce di bloccare una modifica fatta ad una legge mandata da noi in Parlamento, quindi se esso prende questa legge e dice: "cambio il numero: 29", un deputato del PD scrive 22, invece dovrebbe esserci su temi così delicati quella unione fra tutte le forze politiche, che di concerto decidono che su certi meccanismi si fa anche una battaglia di fronte comune, duro. Io non sarei mai disponibile in un caso del genere ad accettare un'imposizione, così come ho trovato scandaloso che 20 l'abbia scritto il PdL, troverei scandaloso che 20 lo scrivesse Bersani e glielo direi senza alcuna remora. Il Parlamento certi numeri li scriverà indipendentemente dalla legge costituzionale del PD, perché queste leggi stanno arrivando in Parlamento da altre Regioni e il dibattito c'è. Se in tutte le regioni si discute di ridurre il numero dei Consiglieri regionali, qualcuna dice "sì" e qualcun'altra dice "no"...comunque il tema è all'ordine del giorno del dibattito politico nazionale.
Noi siamo fra quelli che non abbiamo perso una sensibilità politica forte, crediamo nel ruolo dei partiti, nel ruolo della politica, però pensiamo che sia arrivato il momento di dare delle risposte ai cittadini, che non sono tutti dei Grillini, che non sono tutti imbambolati dalle affermazioni del Corriere della Sera, che non sono tutti nell'antipolitica, ma che sono dei cittadini moderati che dicono: "in questo momento di forti sacrifici imposti ai cittadini, anche la politica deve dare qualche segnale".
Il PD ha disegnato uno schema di varie proposte di legge, che non sono né radicali nel prevedere il dimezzamento dello stipendio, né radicali nel prevedere 20 Consiglieri a casa, ma cercano di disegnare uno scenario del Consiglio regionale in cui ci sono delle decurtazioni sul piano indennitario e anche delle riduzioni nel numero dei Consiglieri e - ripeto -, cosa che mi sta molto a cuore, pure degli Assessorati. Anche questo tema è stato volutamente eluso, si è discusso molto sulla questione tecnico sì/tecnico no, si è girato intorno, ma alla domanda: "la Regione Valle d'Aosta sarebbe in grado di funzionare con sei Assessori?" nessuno ha risposto in modo chiaro dicendo...
(interruzione del Consigliere Louvin, fuori microfono)
...sì, chiedo scusa al collega Louvin, è stato chiarissimo, ha detto: sei, infatti ha risposto alla domanda, ma gli altri non hanno detto: "no, guardate che non funziona perché i trasporti sarebbero abbandonati a sé stessi, non riusciamo a costruire la ferrovia efficiente", oppure "se togliamo gli Assessorati, l'agricoltura giù piatta, invece di perdere 100 aziende all'anno, ne perdiamo 2-300". Non mi avete risposto in questi termini, ma si è detto: "no, l'Assessore tecnico, non tecnico...demagogia PD...". No, è assolutamente possibile che la Valle d'Aosta funzioni con sei Assessori e un Presidente della Giunta e funzioni anche bene, si tratta di fare una scelta politica; non la vogliamo fare? È una questione di scelta politica, ma non è che la Valle d'Aosta non funzioni, per capirci. In questo senso il fatto anche di aver posto dei temi importanti come quello dell'introduzione della parità di genere in Giunta...non può essere un atto di bontà del Presidente della Giunta o della maggioranza quello di dire: "ma sì, ci mettiamo anche una figura di genere diverso", deve essere un atto di responsabilità istituzionale, in tutte le democrazie del mondo il quadro normativo non è fissato al momento della Costituzione, ma evolve nel corso del tempo. Ci sono delle esigenze che magari prima erano meno manifeste, come quella del ruolo della donna, invece oggi sono più manifeste e quindi si sente un'esigenza maggiore di affrontare questi temi. In questo senso allora il dibattito su tali temi è molto importante e non è irrisorio rispetto alla questione dei costi della politica, perché, per quanto sforzo facciamo, sappiamo che l'entità che riusciamo a tagliare sul fronte dei costi della politica non è così notevole come si può immaginare.
Ho seguito con interesse un dibattito su La7, dove alla domanda del giornalista ad alcuni politici - non mi interessa nominarli qui - e giornalisti: "ma alla fine quanto risparmiate con questi costi della politica", veniva fuori che i costi della politica da soli costituivano ben poca cosa rispetto alla manovra del "Governo Monti". Il ragionamento vale anche per la Valle d'Aosta, però - ripeto -, siccome dovremo affrontare nuovi tagli in un bilancio che andremo a correggere, ci sarà una cifra significativa a rappresentare lo sforzo della classe dirigente di questa Regione, oppure no? Noi pensiamo che senza scelte significative anche sul fronte della riduzione degli Assessori e dei Consiglieri non si arrivi ad un'entità significativa della riduzione dei costi della politica. Noi abbiamo fatto dei calcoli, forse ci siamo sbagliati, ma senza la riduzione dei Consiglieri regionali, senza la riduzione degli Assessorati, siamo lontani e credo che la proposta della maggioranza non arrivi a 1.000.000 di euro, è ben lontana da lì! Allora di cosa andate a parlare ai cittadini, di quali riduzioni parlate? Questo era un passaggio perché l'incidenza della riduzione dei costi della politica fosse immediatamente percepibile.
Bene ha fatto il collega Tibaldi a ricordare che il fatto di ridurre il numero dei Consiglieri regionali - io dico anche degli Assessori - non avrebbe limitato la rappresentatività delle forze politiche, perché a riforme di questo tipo segue contestualmente una riflessione sulle leggi elettorali. Riflessione automatica, tant'è che abbiamo dichiarato in conferenza stampa che, se fosse stata accolta la nostra proposta di riduzione del numero dei Consiglieri regionali a 29, avremmo avanzato una proposta di riforma di legge elettorale, perché sicuramente il meccanismo costruito per i 35 non è detto che funzioni per 29, o per la proposta di 20 Consiglieri. Una piccola precisazione rispetto al fatto che il PD non ha votato a favore della proposta dei 20, ma si è astenuto in commissione: è una prassi abbastanza consolidata da parte del nostro gruppo che su questioni di grande importanza vi sia l'astensione in commissione per avere un confronto nel gruppo e nel partito sulla proposta in questione. Noi abbiamo l'autonomia di Consiglieri regionali e la rispettiamo in modo assoluto, ciascuno di noi può votare come vuole, ma abbiamo anche costruito una prassi di confronto nel gruppo e nel partito, che è una cosa di cui anche ci vantiamo. Questo per dire che l'astensione non era offensiva, mi pare che altri abbiamo votato direttamente contro.
Il tema di cui stiamo parlando accalora, perché è un tema che è stato in modo sbagliato da parte della politica lasciato in mano a cittadini arrabbiati, che fanno parte dell'antipolitica; è stato lasciato in mano alla carta stampata che si è riempita di titoli. Noi non volevamo questo, volevamo un dibattito serio in Consiglio regionale, per dimostrare che si possono fare degli sforzi anche su tale fronte e non crolla il mondo. Bene, Louvin ha sostenuto che questa Regione è riuscita ad essere amministrata anche in momento in cui erano 25 i Consiglieri regionali; personalmente ho sempre visto in maniera progressiva la democrazia, ho sempre guardato al modello della città di Atene come ad un modello di democrazia irripetibile, ma consentitemi di dire che man mano che aumentava lo spazio di partecipazione, diminuiva l'entità del compenso anche nell'antica Grecia. C'è un nesso fra le due cose: se sono tanti a partecipare, costano meno, se ce ne sono di meno, percepiscono qualcosa in più, questo è un nesso che capiscono tutti. Noi quindi proponiamo una prospettiva di visione equilibrata, di riduzione un po' delle indennità e un po' dei Consiglieri regionali.
Infine, una cosa che non ho condiviso, collega Caveri, "se noi dessimo in mano al pueblo le decisioni, butterebbero tutti fuori...", francamente non ho questa percezione del popolo valdostano ridotto a pueblo, ma di cittadini che sono consapevoli del valore delle istituzioni. Non è tutto pueblo quello che è fuori di qui, probabilmente abbiamo anche delle responsabilità e magari non siamo neanche così formativi nelle riunioni di partito e attrattivi per formare una cultura politica nella gente, ma non mi pare vi sia nessuno che abbia chiesto di abrogare la democrazia, credo che la maggioranza chieda una riforma di questa democrazia, una riforma che è macroscopica per quanto riguarda il livello del Parlamento che non sono certo io a difendere, quindi una richiesta macroscopica di modifica, ma che concerne anche la nostra realtà. La gente ci chiede di riformare tale sistema, magari le nostre proposte non sono gradite, ma fatecene qualcuna voi che non sia semplicemente limarsi le unghie, che non è una proposta di modifica dell'assetto e del funzionamento delle istituzioni volta ad un serio risparmio dei costi della politica...questo vi chiediamo. Ribadisco quindi la dignità del lavoro fatto dal nostro partito, del ragionamento che abbiamo fatto in quest'aula rispetto a tali proposte, esse sono legittimate e ognuno si prende la responsabilità di votarle o non votarle.
Presidente - La parola al Consigliere Salzone.
Salzone (SA-UdC-VdA) - Grazie Presidente.
Innanzitutto devo dire che non avevo previsto un intervento su tale specifico argomento, ma questo mi fa anche pensare che la proposta che avevamo fatto ai Capigruppo, di fare una discussione unica sul tema dei costi della politica, forse era la cosa migliore, perché se in una prima parte del dibattito siamo entrati nella pertinenza delle proposte di legge in oggetto, con gli ultimi interventi siamo andati più nel dettaglio relativamente ai costi della politica. Intanto, parlando di tali costi, accennerò solo qualcosa, perché poi ci penserà il collega Comé nella presentazione del nostro disegno di legge ad esplicitare meglio, ma voglio sgombrare il campo dagli equivoci. Anche noi siamo consci che non si può difendere l'indifendibile, peraltro nessuno può nascondere che si sono raggiunti limiti di abuso ovviamente inaccettabili. Questo lo apprendiamo leggendo i giornali, leggendo i rapporti che in questi giorni sono entrati nel dettaglio e hanno fatto comprendere cose che io stesso non conoscevo, ossia una serie di abusi di cui adesso non starò a fare l'elenco, triple, quadruple pensioni, indennità stratosferiche, abusi di auto blu, proposte le più diverse che vanno a toccare il costo della politica; tutto ciò quindi va condannato con forza e va modificato. Ciò che, a mio avviso, è insopportabile è vedere cavalcare giornalmente la protesta, questa è una cosa che mi infastidisce. Per entrare meglio nel tema che a noi di Stella Alpina sta più a cuore, la questione del numero dei Consiglieri presenti in questo Consesso, devo dire che ho notato dagli interventi dell'opposizione un desiderio di - cito una frase di Rigo - "placare la rabbia dei cittadini". Mi rendo conto benissimo che in questo momento siamo attaccati da tutte le parti, primi fra tutti dai media, che pare trovino quasi il gusto a denigrare le istituzioni, anche le migliori, perché credo di poter dire che in tali istituzioni vi sono anche galantuomini, gente che lavora ore ed ore per il bene della comunità. Io non mi aggrego a questo cavalcare giornalmente la protesta, anzi ritengo sia indispensabile che noi troviamo la capacità di difendere il nostro ruolo fino in fondo, perché non si può fare di tutta un'erba un fascio, paragonandoci a coloro che abusano continuamente ma non nella nostra regione. Consentitemi di dirlo, qui non siamo a Roma, o a Palermo, o a Napoli, con tutto il rispetto per i galantuomini che vivono anche in quei Consessi e operano bene. Quello che non riesco a capire è come non si faccia una differenziazione chiara sul ruolo del Consiglio regionale della Valle d'Aosta, che, intanto è un Consiglio che legifera, diversamente dagli altri; la nostra è una Regione che non ha i Consigli provinciali. Io credo che il nostro Consesso sia il luogo più alto della democrazia rappresentativa e la riduzione anche solo di un posto rappresenta una voce in meno nel confronto politico. La proposta dell'opposizione è inaccettabile, perché le forze politiche più piccole, quelle che stanno nascendo o che ci sono già, non avranno mai voce, perché tutti sanno quali sono le regole della nostra legge: noi abbiamo una legge che prevede l'elezione di almeno due Consiglieri, quindi non possiamo dimenticarci di questo. Ci vogliono 5.000 voti, non so se il PD è così sicuro, noi non lo siamo per il futuro...qualora si volesse ridurre il numero dei Consiglieri. Credo che mai come questa volta, relativamente all'abbinamento fra il numero dei Consiglieri e il Consiglio stesso, sia indispensabile valutare quanto la rappresentatività in tale Consesso sia fondamentale in questa regione, perché, come dicevo prima, credo sia il luogo più importante. Avrei capito se qualcuno avesse proposto il mantenimento del numero dei Consiglieri magari facendo il saldo dei costi, perché questa è una delle cose che al nostro interno come movimento abbiamo dibattuto. Il problema quindi non è tanto la riduzione dei costi in sé, altrimenti sarebbe troppo semplice, ho detto qualche volta: "facciamo un amministratore unico", ma se il concetto è questo, viene a mancare tutto quel discorso democratico che credo sia assolutamente indispensabile, pertanto su questo vi pregherei di riflettere ulteriormente.
Ho anche l'impressione che alcune proposte siano state fatte perché tanto si sa bene che la proposta che passerà sarà quella della maggioranza, a volte il ruolo dell'opposizione qui diventa anche semplice. Mi rendo conto che mi tirerò addosso delle critiche, ma qualche chiacchiera nei corridoi l'ho fatta, quindi so anche di alcune sensibilità diverse.
Attenzione, io ho la sensazione che sul discorso dei costi della politica ci siano lobbies che vogliono spostare il problema sui costi della politica, perché il vero costo dello Stato sono i 140.000.000.000 di evasione fiscale che abbiamo all'anno, ecco quindi tutte le categorie di cui si dovrebbe parlare: lì è il vero costo per lo Stato! Dopodiché, e concludo, credo che il mantenimento del ruolo che questo Consesso ha, come democrazia rappresentativa rimanga per noi il luogo più saldo, per poter avere un dialogo e un confronto nella democrazia più moderna.
Presidente - Se non vi sono altri interventi, dichiaro chiusa la discussione generale.
La parola al Presidente della Regione, Rollandin.
Rollandin (UV) - Grazie Presidente.
Non ho seguito le relazioni perché non ero presente, chiedo scusa, ma mi hanno riferito; dell'intervento del collega Caveri ho seguito la parte finale, per tutti gli altri credo di aver preso nota del dibattito che si è tenuto in aula. Il tema verte su due aspetti: da una parte, si è voluto sottolineare, come è stato fatto anche nel dibattito fra le Regioni a statuto ordinario e a statuto speciale, che c'è una differenza sostanziale riferita alla norma statutaria, quindi la nostra procedura è molto diversa rispetto alle altre, questo crea un aspetto non indifferente come è stato sottolineato. Parlando di norma statutaria, c'è il discorso che è stato richiamato dell'intesa, si è detto: "non abbiamo voluto con il referendum confermativo accettare quella proposta, che era il risultato della proposta di cambiamento della Costituzione a suo tempo prevista". Noi sull'intesa avevamo lavorato molto, era migliorativo, ma non era l'intesa in senso bilaterale come noi chiedevamo.
L'intesa voleva dire che, se la proposta era dello Stato, noi potevamo esprimerci per raggiungerla, invece non è stato così, perché se la proposta era nostra e non si raggiungeva un accordo, entro otto giorni si doveva arrivare comunque ad una conclusione. Per dire che invece l'intesa vera è quella che è collegata ad un dibattito, che può portare ad un accordo; vi possono essere opzioni diverse, ma poi si raggiunge un accordo come in questo caso sul numero dei Consiglieri. L'intesa dunque è un aspetto molto importante, la preoccupazione che c'è sempre stata...sono state evocate le proposte di modifica dello Statuto, anche esse hanno fatto la fine delle bicamerali a livello nazionale: un grande sforzo anche importante e una serie di considerazioni che sono stati utili per riflettere sull'attualità dello Statuto. Sicuramente qualche parte è datata, basterebbe l'articolo 14 e la sua applicazione, di questo da quanto se ne parla? Tutte le volte ci torniamo: zona franca sì/zona franca no, come...ecco per dire che ogni tanto ci ricordiamo che ci sono delle parti di Statuto non attuate. Questa però è una parte del tema, l'altra parte è legata ad una scelta più politica: perché mantenere 35 Consiglieri o invece modificare andando a 29, 21 Consiglieri, o quello che è? Questa scelta è frutto di una considerazione elaborata dal gruppo PD, credo con ragionamenti che sono legati alla possibilità di fare lo stesso lavoro con meno persone di quello che stiamo facendo tutti assieme.
Abbiamo fatto una considerazione con le altre Regioni a statuto speciale del nord, in particolare con le Province di Trento e Bolzano, che sono chiamate a fare lo stesso ragionamento; per quanto riguarda questa realtà, sappiamo che la posizione sarà la stessa, ovvero non sarà modificato il numero di Consiglieri. Le valutazioni sono legate alla presenza di minoranze etnico-linguistiche presenti in tutte e tre le regioni e a considerazioni che sono legate ad una rappresentatività che proprio il discorso delle valli alpine può essere un punto di riferimento.
Sul fatto che si possa poi attivare un meccanismo per bloccare il numero degli Assessori, ovvero "bastano sei", "bastano sette", nella storia di questa autonomia abbiamo avuto punti di vista diversi in epoche diverse, un po' come quando parleremo di Assessori tecnici o non tecnici, a parte che adesso abbiamo tutto il Governo tecnico, meglio di così non poteva capitare, qui abbiamo rivoluzionato tutto e il discorso è aperto...
(interruzione di un consigliere, fuori microfono)
...mi permetto di dire che è un Parlamentare atipico, diciamocela tutta: nominato proprio un'ora prima che assumesse l'incarico! Non volevo entrare in tali dettagli, ma questo mi permette di dire che molte volte certi passaggi sono confezionati in itinere per raggiungere uno scopo, in questo caso virtuoso di reggere una situazione difficile. Qui stiamo parlando a regime di un discorso che può cambiare. Credo che anche lì il discorso di fissarne sei o sette sia un tema che può essere utile, ma che non è così indispensabile, perché oggi può essere sufficiente sei, domani potrà essere troppo, come anche da cambiare in sette... Può farsi la considerazione che viene fatta in tanti Comuni a parità di spesa, quanti Comuni hanno aggiunto un Assessore rimanendo nello stesso budget? Credo quindi che su questo ci sia molto da dire.
Riteniamo sia giusto, collega Donzel, che questo dibattito sia fatto in aula, però, quando si è passati da 25 a 35 Consiglieri in tempi non sospetti, ossia quando una serie di funzioni non erano ancora quelle che sono oggi...eppure si è passati da 25 a 35 Consiglieri, voi ricordate anche il dibattito che si è fatto sulla volontà di dividere la Valle in dipartimenti, perché tutti fossero rappresentati, come si è fatto per i walser, con un risultato che non sempre è stato proporzionale alle attese; la legge quindi lo prevede, ma ci sono difficoltà. Non credo che su questo quindi vi sia da dimostrare che l'unico scopo è la riduzione del costo della politica, ossia avere sei in meno così abbiamo ridotto il costo della politica. Concordo con i colleghi che hanno ben spiegato che i costi della politica sono altri: ogni giorno vediamo i ritardi nell'esecuzione di una serie di procedure, i ritardi nel completamento dei lavori - quante volte venite qui a sollecitare che siano finiti dei lavori - e queste sono milionate di euro ai professionisti, che continuano a presentare aggiornamenti di lavori, di riserve su lavori, cause, ogni volta che si fa un appalto c'è il secondo che fa ricorso, ormai è diventato un rito, questi sono i costi! E non troviamo il modo, malgrado il tentativo che si sta facendo, per semplificare le procedure, per evitare che si spendano tutti questi soldi! Ma quanto spendiamo ogni anno in spese legali? Manteniamo non 35, ma 350 Consiglieri! Questo è il discorso che va visto, non è tanto il punto di dire: "torniamo alla riduzione di sei o di dieci". Ogni gruppo si è posto tale tema, bisogna essere onesti, perché sembrava che questo andasse di moda, poi tutti hanno ragionato e hanno detto: "ma quando riduciamo a sei, anche nel lavoro delle commissioni non è che facciamo un grosso passo avanti nella rappresentatività che il Consigliere deve portare qui della popolazione, perché gli eletti dovrebbero avere questo ruolo! Diciamo: la democrazia partecipata, ma noi dovremmo rappresentare indegnamente quelli che sono residenti in Valle, che votano in Valle e che hanno il diritto di esprimersi, diversamente andiamo ad un discorso di ridurre tutto e di cambiare metodo!". Il legare queste riforme al risparmio, al costo della politica quindi è riduttivo. Se si vuole modificare il costo della politica - ne parleremo ancora dopo -, ci sono tanti strumenti più efficaci di questo...che, a nostro avviso, può essere mantenuto con il senso di rispetto dell'aumento che è stato fatto e che ha dato delle considerazioni di base ancora valide.
Il collega Donzel portava degli esempi di riduzione dei Consiglieri, ha fatto l'esempio della Puglia, ma tale Regione ha avuto il numero dei Consiglieri fissato dalla Corte, non lo ha deciso; c'è stato un ricorso rispetto alla legge regionale che portava a 78, dopodiché la Corte ha detto: "no, il massimo è 70". Questo per dire che molte volte i dibattiti sono un po' falsati: adesso la Puglia porta da 70 a 60, il PdL dice: "no, 50 devono essere...". Io su questo non entro nel merito e non credo vi sia molto da dibattere, si possono avere opzioni diverse, l'unica cosa che voglio dire è che se il significato è collegare, ripeto, il numero alla spesa, è un discorso debole, non dico che non abbia il suo riflesso, ma è debole. Se invece ci sono motivazioni di altra natura, le rispetto, ma non le condivido. Rimaniamo quindi dell'idea che su questo sia più opportuno mantenere il numero attuale.
Presidente - La parola al Consigliere Giuseppe Cerise, per dichiarazione di voto.
Cerise G. (ALPE) - Grazie Presidente.
Premetto che condivido la sostanza, mi riferisco a questa proposta di legge tendente a ridurre il numero dei Consiglieri regionali da 35 a 29, credo sia un numero corretto che non comprometta l'esercizio della democrazia di tale Assemblea, cosa che, come è stato detto da altri colleghi, un numero esageratamente esiguo potrebbe fare. Ritengo che 29 Consiglieri possano adeguatamente interpretare le varie sensibilità della nostra comunità, preferirei però raggiungere questo obiettivo con un percorso diverso. Il gruppo PD, al quale va riconosciuto il merito di aver messo nero su bianco una proposta di legge al riguardo, individua per il raggiungimento di tale obiettivo il percorso di modifica dell'articolo 16 della legge costituzionale, Statuto speciale per la Valle d'Aosta. Essendo modifica di legge costituzionale, necessita di doppia lettura: doppio passaggio Camera e Senato, con le conseguenti tempistiche difficilmente ipotizzabili. Un altro aspetto che mi preoccupa è che nel percorso nei due rami del Parlamento possa essere modificato questo numero che viene proposto e che personalmente ritengo congruo; dunque sarei per non stuzzicare il can che dorme. Il percorso che preferirei per ragioni di principio è che fosse questa Assemblea, in applicazione dell'articolo 15 dello Statuto, a modificare la composizione numerica dei suoi componenti. Come è stato dimostrato nel corso della discussione, ci sono interpretazioni diverse riguardo alla potestà attribuita alla Regione in questa materia, ma ci sono anche pareri autorevoli a sostegno di questa tesi che sono confortanti. Ci potrebbe essere un'impugnativa da parte dello Stato, ma lo ritengo improbabile in quanto, essendo la proposta in diminuzione del numero, è in linea con i principi generali. Pur condividendo la sostanza della proposta, come sempre quando è in ballo l'esercizio delle prerogative di questa Assemblea, dunque la mia concezione dell'autonomia fa pendere la bilancia dalla parte del principio. Mi asterrò pertanto su tale proposta, come farà tutto il gruppo ALPE, mi impegnerò comunque affinché gli stessi contenuti della proposta in oggetto vengano riproposti per quella via ordinaria: che sia tale Assemblea ad intervenire sulla modifica.