Objet du Conseil n. 30 du 2 février 1968 - Verbale
OGGETTO N. 30/68 - Nomina di una Commissione consiliare per lo studio della situazione produttiva della "Cogne" e delle sue prospettive di sviluppo, nonché per un esame delle condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti dello stabilimento. (Mozione e ordini del giorno)
Mozione
Il Consiglio regionale della Valle d'Aosta
Premesso che la Società Nazionale Cogne, quale maggiore industria della Regione, riveste nel contesto economico e sociale della Valle d'Aosta la massima importanza;
Tenuto conto che dal tipo di scelte produttive, nonché delle condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti di questo complesso industriale di totale proprietà dello Stato non può essere estranea l'Amministrazione regionale;
Considerato che nel quadro della programmazione economica regionale la Cogne debba svolgere un determinante ruolo per lo sviluppo industriale della Valle d'Aosta attraverso orientamenti produttivi che tengano conto altresì dell'interesse della collettività, potenziando lo stabilimento SIDER di Aosta e facendo una politica tendente a favorire il sorgere di industrie collaterali idonee alla lavorazione successiva degli acciai speciali, determinando così il sorgere di nuovi posti di lavoro e modificando sostanzialmente la preoccupante costante riduzione dell'occupazione operaia nell'industria in Valle d'Aosta;
Constatato che gli attuali orientamenti produttivi della Direzione Cogne hanno per obiettivo dichiarato esclusivamente la ricerca della massima efficienza produttiva e competitiva: obiettivo che viene perseguito accentuando i ritmi di lavoro, intensificando lo sfruttamento operaio perseguendo il contenimento dell'occupazione;
Rilevato che le condizioni di vita e di lavoro nello stabilimento Sider di Aosta sono ulteriormente aggravate tanto da provocare un accentuarsi degli infortuni sul lavoro e delle assenze dal lavoro per malattia, e che preoccupante è inoltre il numero elevato di operai colpiti da silicosi tanto da dare alla Valle d'Aosta un triste primato di silicotici 15 volte superiore alla media italiana in rapporto agli occupati. Tutto ciò mentre nulla o poco è stato fatto dalla Direzione Cogne per costruire adeguati impianti di aspirazione e ventilazione per captare la polvere di silicio nei vari reparti dello stabilimento;
Ritenuto indispensabile promuovere un intervento del Consiglio regionale presso la società Nazionale Cogne al fine di conoscere gli orientamenti produttivi e le condizioni di lavoro dei propri dipendenti e di concerto definire il ruolo e le funzioni della Cogne in rapporto alla necessità di un suo sviluppo coordinato e programmato che tenga conto degli interessi più generali della Valle d'Aosta. Avendo altresì preoccupazione di assicurare un sostanziale miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro degli operai occupati alla nazionale Cogne;
Delibera
di nominare una Commissione consiliare per lo studio della situazione produttiva della Cogne e delle sue prospettive di sviluppo, nonché per un esame delle condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti dello stabilimento.
F.ti: Germano Pietro - S. Caveri - Manganoni - Celeste Chanoux - Gianna Bianco Siggia - Casetta Giuseppe
Savioz (P.C.I.) - I Consiglieri regionali del Partito Comunista e dell'Union Valdôtaine hanno voluto presentare questa mozione sulla Cogne per riproporre con forza, per l'ennesima volta, tutti i problemi connessi alla situazione produttiva e alle peggiorate condizioni di vita dei dipendenti della Società Nazionale Cogne. Il problema assume tale importanza che vogliamo credere che non sfuggirà a nessuno. Per parte nostra non mancheremo di affrontare l'argomento sul piano della denuncia degli attuali orientamenti produttivi della Cogne e del tipo di rapporti di vita e di lavoro esistenti nello stabilimento. Al tempo stesso non mancheremo di esporre le nostre opinioni e proposte specifiche affinché sia mutato l'attuale stato di cose nella Nazionale Cogne. Auspichiamo che analogamente altri Gruppi del Consiglio regionale diano il loro apporto con proposte e orientamenti che vadano nella direzione degli interessi dei lavoratori della Cogne e che, più in generale, il Consiglio regionale possa assolvere ai suoi compiti e funzioni per determinare un'inversione di tendenza nella situazione produttiva e nello sviluppo industriale della Cogne e della Valle d'Aosta. Fin d'ora ci impegniamo a informare i dipendenti della discussione e delle varie posizioni e decisioni che verranno prese al termine della seduta. I lavoratori della Cogne hanno diritto di sapere chi è concretamente e non solo a parole con loro e chi si batte per modificare la grave situazione della condizione operaia alla Nazionale Cogne.
La Nazionale Cogne, azienda di totale proprietà dello Stato, non ha mai assolto a un ruolo propulsivo pilota dello sviluppo industriale economico e sociale della città e della Valle d'Aosta. Quest'azienda di così grande importanza ha sempre condotto una politica produttiva che noi non abbiamo mai condiviso, politica tesa a sottrarsi a ogni controllo e agli orientamenti già manifestatisi in altre occasioni in Consiglio regionale.
La mozione trae origine dalla necessità che il Consiglio regionale sia direttamente investito dei problemi inerenti gli attuali orientamenti produttivi della Cogne e dei problemi che interessano le condizioni di vita e di lavoro di migliaia di lavoratori occupati presso l'azienda. L'attuale Direzione sembra essere orientata alla ricerca esclusivamente della massima produttività e competitività, la riconversione tecnica e gli investimenti avvengono al solo fine della massima efficienza produttiva aziendale. Si grida al successo poiché è aumentata la produzione, ma si tace sull'occupazione che viene contenuta, i ritmi di lavoro si accentuano, così gli infortuni e le malattie professionali e i salari non sono adeguati.
Quali sono però concretamente gli orientamenti produttivi della Cogne? Il Consiglio regionale non lo sa, così non si sa come intende, o se intende per il futuro concorrere allo sviluppo industriale della nostra Valle, favorendo il sorgere di industrie collaterali idonee alla lavorazione ulteriore degli acciai della Cogne. Così come non sa il Consiglio regionale se e come intenda la Cogne sfruttare per il futuro la magnetite delle miniere di Cogne. La Cogne deve essere indotta a esaminare con l'Amministrazione regionale il tipo di orientamenti produttivi, le scelte degli investimenti, i problemi dell'occupazione e dei rapporti di lavoro connessi ai ritmi di lavoro, agli investimenti necessari, atti a modificare le gravi condizioni di lavoro dei dipendenti della Nazionale Cogne. Si tratta di un'azienda a carattere pubblico che ha sempre elaborato i propri piani produttivi subordinandoli sovente all'iniziativa delle industrie a carattere privato e che ha sempre ignorato l'Ente pubblico della Regione Autonoma Valdostana, cioè il Consiglio regionale. Non c'è stato un agire di concerto tra Nazionale Cogne e Amministrazione regionale per operare delle scelte che tenessero conto degli interessi più generali della Valle; c'è stato invece un operare della Cogne in modo del tutto estraneo agli interessi generali, del progresso economico e sociale delle popolazioni valdostane. Da tutto ciò è derivata una grave menomazione alla nostra autonomia; infatti, non solo non si sono attuati i diritti della Valle d'Aosta stabiliti dallo Statuto, ma l'Amministrazione regionale non è mai stata nelle condizioni di determinare il tipo di sviluppo economico e sociale della Valle, perché sulla principale forza economica, cioè la Cogne, la Regione non ha mai avuto voce in capitolo. Le conseguenze di tutto ciò le stanno pagando tutti i lavoratori e gli abitanti della Valle d'Aosta, mentre il resto del Paese ha conosciuto fasi alterne secondo un processo ciclico nel suo sviluppo economico. La Valle d'Aosta ha solo e sempre conosciuto fasi di bassa congiuntura economica. Gli studi della programmazione regionale sono la più eloquente conferma di queste mie affermazioni. Ecco quindi venire fuori le pesanti responsabilità che in primo luogo ricadono sulla Cogne, che non ha saputo, ma soprattutto voluto assolvere al ruolo che le competeva quale azienda di totale proprietà dello Stato.
Non è più oltre pensabile che negli orientamenti produttivi della Cogne non avvengano quei mutamenti fondamentali per i quali essa non sia più come adesso fornitrice di comoda materia prima alle grandi industrie private, ma sia essa stessa attrice attiva sul mercato nazionale di prodotti finiti, allo scopo di un più razionale e prolungato sfruttamento dei suoi impianti e della miniera, così i suoi rapporti con le maestranze alle proprie dipendenze, che oggi sono sottoposte a ritmi di lavoro elevati, a delle condizioni di lavoro che provocano gravi conseguenze per la salute degli operai. Basti pensare alla silicosi, che colpisce la salute della quasi totalità delle maestranze e che porta gli operai della Cogne alla morte in media a 54 anni, e questo in base a una statistica abbastanza recente, così come deve essere assicurata ai lavoratori maggiore democrazia nella fabbrica. Di qui la proposta che facciamo nella mozione di nominare una commissione consiliare di studio sulla Cogne, commissione che dovrebbe lavorare in stretta collaborazione con la commissione regionale per la programmazione e che abbia come obiettivo lo studio diretto della realtà della Nazionale Cogne e che, nel quadro di una programmazione democratica regionale, indichi delle scelte da concordare poi con la Direzione della Cogne, modificando così l'attuale orientamento produttivo e degli investimenti teso unicamente a una politica di tipo produttivistico, che come prima conseguenza ha segnato in questi anni un contenimento dell'occupazione e un sostanziale peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita degli operai dei Sider di Aosta e delle miniere di Cogne. Questi sono i compiti che, secondo noi, stanno di fronte al Consiglio regionale, affinché sappia indurre la Cogne a concorrere in modo determinante a superare la preoccupante lentezza dello sviluppo industriale della Valle d'Aosta.
Il Consiglio regionale, se vuole rafforzare e dare maggiori contenuti alla nostra autonomia, ha il diritto e il dovere di coordinare e indicare le linee entro cui deve operare la Nazionale Cogne nell'interesse dello sviluppo industriale, economico e sociale della Valle d'Aosta.
Manganoni (P.C.I.) - Osservo che l'argomento in discussione non deve interessare eccessivamente i Consiglieri di maggioranza. Infatti, sembra - e se ho sbagliato il calcolo correggetemi - che di tutta la maggioranza solamente 11 siano presenti in aula. I Liberali hanno giudicato addirittura il caso di squagliarsela completamente, in fatto di sensibilità non è che questi Consiglieri brillino (parlo dei Consiglieri che sono assenti); vedete, per noi invece la Cogne riveste un'altra importanza. Il problema della Cogne riveste un'importanza tale per l'economia della Regione, per gli abitanti della Valle d'Aosta che trattarne tutti gli aspetti richiederebbe molto tempo, trattandoli seriamente. Io voglio limitarmi a trattare solo un aspetto, uno dei tanti aspetti del problema: la responsabilità della Cogne per il mancato sviluppo industriale della Valle d'Aosta. Cercherò anche di essere breve.
Negli ultimi 15 anni o 20 anni sono avvenute delle trasformazioni profonde nella Valle d'Aosta, particolarmente nella sia economia: l'agricoltura da attività primaria è diventata un'attività complementare, 15 o 20 anni fa molti nuclei familiari vivevano esclusivamente dell'agricoltura, oggi, invece, sono pochissimi i nuclei familiari che in Valle d'Aosta vivono esclusivamente di agricoltura. Oggi si è creato in Valle d'Aosta - come d'altronde nel resto dell'Italia, almeno dell'Italia del nord, non parliamo poi dell'estero, perché all'estero grosso modo le cose vanno dello stesso passo - il contadino operaio, cioè quella famiglia di contadini i cui figli prima seguivano l'esempio del padre che lavorava la campagna, oggi i giovani la campagna non la lavorano più, ma cercano altre attività.
Io potrei citarvi dei dati, delle statistiche, ma ognuno di voi li può consultare, è vero, e d'altronde io penso che più che le statistiche sulla cui attendibilità io nutro molti dubbi, servono i fatti: recatevi nei Comuni della Valle, osservate, parlate con la gente, e voi vedrete che le persone oggi adibite esclusivamente all'attività agricola, purtroppo, sono le persone anziane. I soli nuclei familiari che ancora interamente si dedicano all'agricoltura sono formati da persone anziane, che, superati i cinquant'anni, vi fanno questo ragionamento - l'hanno fatto a me, l'avranno fatto anche a voi -: non si vive solo di agricoltura, però a 50 anni posso cambiare mestiere e quindi fino a 50 anni ho lavorato la terra, per quegli anni che rimangono ancora da campare continuo a vivacchiare su questa terra. Ora, i giovani hanno disertato la campagna, quei pochi che lavorano ancora la terra, se parlate con loro, vi diranno: è perché non ho ancora trovato un'occupazione, ma appena riesco a trovarmela... e della terra ne ho abbastanza.
Ora, sbagliano questi giovani che vengono via dalle campagne? No, non possiamo dar loro torto, perché i problemi che affliggono l'agricoltura li conosciamo tutti. Qui in Valle d'Aosta in più vi è anche il fatto dell'impossibilità di una meccanizzazione su vasta scala; sappiamo che i nostri terreni non sono in pianura, salvo qualche piccolo tratto nel fondo Valle... e allora la meccanizzazione che sia con quei piccoli mezzi che non permettono, con l'impiego di pochi uomini, un grande reddito... tranne i grandi trattori, le grandi macchine, che sono possibili in pianura... e allora non hanno torto di andarsene, però queste forze espulse dall'agricoltura, che hanno abbandonato l'agricoltura, verso quale attività si sono dirette?
Vedete, per lo più si cerca un impiego pubblico, perché quello è più sicuro, però gli impieghi pubblici sono limitati. Vi sono altre attività secondarie: vi è il commercio, il turismo, l'artigianato, però anche qui i posti sono limitati e alcune di queste attività hanno un carattere strettamente stagionale, come il turismo, e, passati quei due o tre mesi, cosa si fa negli altri mesi? Si rimane di nuovo a casa seduti nella stalla? Allora la maggior parte di queste forze si sono trasferite nell'industria, ma è sufficiente l'industria per assorbire queste nuove forze? No, per assorbire non solo queste forze espulse dall'agricoltura, ma le nuove leve che si aggiungono a quelle non è stato sufficiente lo sviluppo dell'industria. Infatti quanti giovani in questi ultimi decenni, dopo la Liberazione, hanno dovuto emigrare in Francia e in Svizzera? Molte migliaia.
Nella Bassa Valle vi sono più di 500 che lavorano alla Olivetti, perché hanno dovuto emigrare migliaia di giovani e perché questi hanno dovuto andare a lavorare all'Olivetti? Perché non hanno trovato un posto di lavoro in Valle, perché l'industrializzazione della Valle non è stata sufficiente per assorbire queste forze nuove. Ora, si tratta di energie preziose, giovani, che ci vengono sottratte allo sviluppo della nostra Regione ed è un fatto che dovrebbe farci riflettere, perché, osservate, buona parte di quelli che hanno emigrato rimarranno all'estero, si formeranno una famiglia all'estero e verranno una volta ogni tanto a visitare il nostro Paese, quelli sono però dei cittadini nostri che abbiamo perso. Buona parte di quei 500 - ma oggi forse saranno anche di più - che lavorano a Ivrea, si trasferiranno lì, perché tutti i giorni farsi 10 o 12 ore fra lavoro e andata e ritorno... a un certo punto si formano una famiglia e si trasferiscono a Ivrea o nelle vicinanze; e sono altre forze di lavoro, altri cittadini che la Valle d'Aosta perde.
Ora, perché in Valle d'Aosta l'industrializzazione non ha seguito il passo che ha seguito invece nell'alta Italia: dico "nell'alta Italia" in genere, perché anche nell'arco alpino vi sono altre zone come la Valle d'Aosta. Le ragioni di questa mancata industrializzazione sono diverse, non voglio qui esaminarle tutte, voglio limitarmi all'argomento in discussione, cioè voglio esaminare le responsabilità della Cogne su questo mancato sviluppo industriale della Valle.
Voglio citarvi delle cifre; le idee sono discutibili, opinabili, le cifre no. Ebbene, nel 1948 la Cogne occupava 9.419 dipendenti e qui non sono delle grandi scoperte che ho fatto io, questi dati li ho tratti da questo volume, no? Da questo volume redatto dal ...(voce)... erano, nel 1948 9.419 dipendenti di cui - e qui c'è anche specificato - 1948 nelle miniere, 7.215 ai sider, 257 agli impianti elettrici. Parliamo dell'attività della Cogne in Valle d'Aosta, tralasciamo gli stabilimenti Cogne fuori Valle, cioè quelli di Castellamonte, perché noi parliamo della Valle d'Aosta.
Ebbene, nel 1964, cioè 16 anni dopo, queste maestranze erano ridotte a 5.830, di cui 818 nelle miniere, 4.782 ai sider, 230 agli impianti elettrici, ma le aggiungo di più: nel 1964 voi avete osservato, erano ancora 818 alle miniere, però erano ancora aperte, mi sembra, o in via di chiusura, ma non completamente chiuse le miniere di La Thuile, era ancora aperta... oggi quelle non ci sono più. Pertanto queste cifre, io immagino, non ho i dati, oggi forse saranno ancora inferiori, cioè noi abbiamo avuto dal 1948 al 1964 una riduzione del personale del 34%, esattamente di 3.600 dipendenti.
Ora, se la Cogne avesse mantenuto nel 1964 le maestranze che aveva nel 1948, questi 3.600, che corrispondono grosso modo al numero dei giovani che hanno dovuto emigrare dalla Valle - ma dubito che siano di più -; ebbene, invece di andarsene in Svizzera, in Francia o fuori Valle, a Ivrea, a Torino o altrove a cercare il pane, avrebbero trovato occupazione nel loro Paese, nella loro Valle, quindi ecco le responsabilità della Cogne. Si è smobilitato, perché, oltre a non incrementare, oltre a non sviluppare l'industria, la Cogne ha smobilitato; noi abbiamo visto che La Thuile e Morgex l'hanno chiusa: si è detto i combustibili liquidi e gassosi, petrolio e metano, hanno soppiantato il carbone; sarà vero, non mettiamo in dubbio quest'affermazione. Dopo la Liberazione però si era parlato della creazione di un cementificio in quel di Morgex, si doveva sfruttare il carbone di La Thuile, e come materia prima... lo sterile stesso della miniera, in più si sarebbero aperte le cave a levante di Pré Saint Didier, nella zona di Verrand, dove vi era la roccia che si prestava molto bene per la trasformazione del cemento. Ora, di questi studi lodevoli che erano stati iniziati allora alla Cogne, dopo 1a Liberazione non se ne è più parlato. Ora, perché non sono stati proseguiti gli studi e poi, ultimati gli studi, non si è creato questo stabilimento? Noi sappiamo che lo sviluppo dei cementifici in Italia dalla Liberazione ad oggi è stato enorme, si è sviluppato altrove, nelle altre Regioni d'Italia, e perché non poteva svilupparsi a Morgex dove avevamo sul posto e il carbone, e la materia prima per la fabbricazione del cemento? No, lì non se ne è più parlato. Si è chiuso Pompiod, si è detto: economicamente non è più conveniente. Ora, non mettiamo in dubbio, però la castina io credo che oggi la Cogne continui ad adoperarla, la comprerà probabilmente, ma quelli che producono la castina che venderanno alla Cogne dovranno pur estrarla dalle cave come si estraeva a Pompiod. Perché per quelli è redditizia l'estrazione della castina e per Pompiod no? È naturale che bisogna aggiornare gli impianti, i macchinari. Forse a Pompiod i macchinari erano superati, ma allora cosa si doveva fare? Sostituire i macchinari con macchinari moderni per rendere economica la produzione e invece no, si lasciano i macchinari invecchiare, non si sostituiscono, non si provvede all'ammodernamento e poi si dice: "economicamente non è più produttiva", quindi chiudiamo.
(voci in aula)
Montesano (P.S.D.I.) - Lasciate parlare!
Manganoni (P.C.I.) - Posso parlare?
Montesano (P.S.D.I.) - ... sì, può continuare...
Manganoni (P.C.I.) - Io penso che se Pedrini parlasse del 2 percento, sarebbe molto più competente che non parlare della Cogne...
Pedrini (P.L.I.) - ... sempre la tua lingua pestifera, malefica e biforcuta che lancia delle accuse che io ti pregherei di fare fuori di qua, perché con ampia facoltà di prova... ma, siccome sei un vigliacco in queste cose, perché le dici solo qua e non fuori, questo titolo ti spetta di diritto, pigliatelo e porta a casa.
Manganoni (P.C.I.) - Pedrini, sapendo da dove proviene la parola "vigliacco", non mi importa ...(urla del Consigliere Pedrini)... Mademoiselle le Président, posso proseguire?
Personnettaz Arlina (D.C.) - Continuez!
Manganoni (P.C.I.) - Dunque, dicevo si è smobilitato Pompiod, si è smobilitato l'impianto del magnesio, si vende la ghisa, anziché trasformarla in acciai speciali. Ora, quelle acciaierie che acquistano la ghisa di qualità - osservate, la ghisa ricavata dalla magnetite della Cogne - dicevo, quelle acciaierie private che acquistano l'ottima ghisa della Cogne per trasformarla in acciai speciali fanno i loro affari, perché un'azienda di Stato deve prestarsi al gioco di queste acciaierie private a danno delle proprie acciaierie? Questa è una domanda che io mi pongo.
Ora, è vero che molti anni fa faceva parte del Consiglio di amministrazione della Cogne addirittura il proprietario di una di queste acciaierie private. Allora noi non ci dobbiamo stupire se il Governo, che è il proprietario della Cogne, mette nel Consiglio di amministrazione della Cogne il proprietario di un'acciaieria concorrente alla stessa, noi non ci dobbiamo stupire se questo Consigliere della Società Cogne, proprietario di un'industria e di un'acciaieria concorrente, naturalmente della ghisa della Cogne se ne serve per fare l'acciaio nelle proprie acciaierie, ma chi ha nominato un simile Consigliere nel Consiglio di amministrazione della Cogne? Ora, anziché vendere la ghisa, si sarebbe dovuto trasformare tutta questa ghisa in acciaio e aumentava il lavoro, non solo, la Cogne avrebbe dovuto favorire, incrementare lo sviluppo di industrie collaterali per trasformare l'acciaio da grezzo, da semilavorato (come in buona parte oggi viene venduto) in acciaio finito, e allora si occupavano delle maestranze e si incrementava l'industrializzazione della Valle d'Aosta. Ora, si è addirittura smobilitato il treno lamiere; pare - ma si potrebbe anche non mettere "pare" - che questo treno lamiere nuovo, venduto a prezzo di rottame, oggi, 1968, sia ancora in funzione in Italia presso quell'industriale privato che l'ha acquistato a vile prezzo dalla Cogne.
Ora, se questo treno lamiere, venduto a un prezzo svilito, oggi è ancora in funzione, e quindi vuole dire che rende, perché lo si è venduto? Perché non lo si è fatto lavorare alla Cogne? Possono sorgere dei dubbi che non si sia cercato in questo modo di favorire quel privato a danno naturalmente di un'industria di Stato, cioè a danno della Cogne; io dico, sono dei dubbi che possono sorgere e d'altronde i fatti che io vi ho citato lo dimostrano. Vi era anche un treno a caldo che era quasi nuovo, per le lamiere naturalmente, lo si è venduto, un treno a freddo per le lamiere - serviva pertanto per le lamiere in acciai speciali, particolarmente per acciai inossidabili - in ottimo stato... quasi nuovi, si vendono e si continua a vendere la ghisa, anziché trasformarla in acciaio e poi in lamiere.
Noi sappiamo che la richiesta sul mercato sia di lamiere laminate a caldo che di quelle speciali laminate a freddo continua ad aumentare, non solo sul mercato italiano, ma sul mercato mondiale; noi sappiamo che l'Italia esporta navi complete cariche di lamiere speciali, però la Cogne le ha smobilitate. Ora, si sono chiusi anche gli altiforni elettrici, anche qui si è detto: "sono antieconomici". Sarà - io non posso smentire queste affermazioni - però è comodo, è tutto antieconomico, e allora smobilitiamo tutto; anche l'esempio che vi ho portato stamattina dei forni Rhur, che datavano dal 1915, li ha smobilitati la Cogne, però si è comprato un forno moderno che da solo produce quanto quattro vecchi forni Rhur. Come lo si è fatto per i forni - ed era giusto e normale farlo -, si poteva fare per gli altri impianti, anziché chiudere perché economicamente non sono convenienti, provvediamo ad aggiornare e ad ammodernare gli impianti e le macchine e allora saranno convenienti quelle lavorazioni. Vedete, in questi tempi, col vertiginoso progredire dei procedimenti tecnici, bisogna seguire il passo. I Dirigenti della Cogne invece avrebbero dovuto dedicare la loro attività e le loro energie allo studio di questi aggiornamenti, degli impianti, all'ampliamento, per seguire le moderne tecniche di produzione, lo hanno fatto? No. Vedete, gli scopi che detti Dirigenti si prefiggevano erano diretti in ben altra direzione: si volevano trasformare gli stabilimenti Cogne in penitenziari, in case di pena: ricatti, minacce, intimidazioni, declassamenti, licenziamenti politici. Io vi dico: si tratta di fare gli interessi dello stabilimento quando si prendono quattro impiegati di cui tre di seconda... mi pare, li si confina in un ufficio, lasciando quattro scrivanie e quattro sedie, non lasciando un pezzetto di carta così, non lasciando né un inchiostro, né un calamaio, li si lascia in quell'ufficio e, quando questi impiegati vanno dal Direttore e dicono: ma scusi Direttore, che cosa ci stiamo a fare noi? E il Direttore risponde: "questo è l'ordine che io ricevo da Torino". Quando uno di questi impiegati gli dice: "ma scusi, lei fa il Direttore della Cogne o fa il fattorino, cioè trasmette gli ordini da Torino ai suoi dipendenti e lei fa il Direttore della Cogne?" E questo Direttore - e sia chiaro, io qui non voglio partire lancia in resta contro questa persona - dice: "è così perché al di sopra di me ci sono altri che comandano". Questo vi denota quali criteri ispiravano quegli altri Dirigenti che davano questi ordini a un Direttore. Ora, io non penso che si facciano gli interessi dello stabilimento immobilizzando quattro impiegati per tre o quattro mesi in un ufficio a fare niente perché si erano tolti e calamai, e penne, e carta e tutto. Ad ogni modo questo vi può essere di esempio del come si amministrava la Cogne.
Vedete, il clima che si era instaurato alla Cogne era peggiore che ai tempi del famigerato "lavora e taci"; si era giunti a un tale clima di intimidazione, un vero esercito di guardiani girava per lo stabilimento, naturalmente armati, e forse qui devo dare atto alla Direzione della Cogne, che ha dato un certo incremento all'occupazione assumendo un esercito di guardiani. Lì forse è l'unico lato positivo come assunzione di dipendenti, intendiamoci, perché il numero dei guardiani è stato allora moltiplicato. I dipendenti della Cogne erano più sorvegliati degli ergastolani; un losco figuro, la cui arroganza e prepotenza era uguagliata solamente dalla sua ignoranza, era stato messo a dirigere questo apparato di repressione, però l'hanno un po' ridimensionato, avrebbero dovuto fargli alzare i tacchi, l'hanno ancora a dirigere, però effettivamente l'hanno ridimensionato. Persino i capireparto e i capiservizio tremavano di fronte agli atteggiamenti di simile sbirro. In alto loco i rapporti, le relazioni degli ingegneri, dei tecnici venivano ignorati, era invece tabù quanto diceva, quanto riferiva questo miserabile esemplare della sottospecie umana. Questo avveniva nel periodo della nefasta Direzione Anselmetti e in quel periodo io ho avuto occasione in diverse riprese di denunciare in Consiglio regionale questa situazione della Cogne. Se qualcuno di voi che allora non era presente in Consiglio vuole accertarsene, può sfogliarsi i verbali; perciò non è che io solo oggi mi svegli, oggi ripeto quanto ho affermato allora e in questa sede, cioè in sede di Consiglio. Ora mi chiedo: simili dirigenti che ricoprivano anche svariate altre cariche in organismi al di fuori della Cogne, esclusivamente affaccendati ad assecondare i disegni di un secondino analfabeta, potevano affrontare seriamente i problemi organizzativi, tecnici, economici, di sviluppo, di rinnovamento di una Società come la Cogne? Un carceriere può improvvisarsi dirigente di azienda? Ed è quanto era avvenuto laggiù.
Oggi noi purtroppo ne subiamo le conseguenze. È vero che si cerca di cambiare metodo, vi è un programma di rinnovamento degli impianti; il nuovo impianto ossigeno è entrato in funzione, il capannone della nuova acciaieria è in costruzione, ma quanti anni abbiamo perduto? Se questi rinnovamenti che si stanno oggi facendo li avessero fatti quei dirigenti che erano preoccupati solamente di fare della Cogne un penitenziario, se queste opere fossero state realizzate allora, noi non ci troveremmo ad aver perso l'autobus, come ci troviamo oggi.
Montesano (P.S.D.I.) - Consigliere Manganoni, guardi ha superato mezz'ora.
Manganoni (P.C.I.) - Ho quasi finito...
Montesano (P.S.D.I.) - ...guardi, ce ne sono altri tre...
Manganoni (P.C.I.) - Ho quasi finito, se mi permette di finire, è meglio, perché sennò poi dovrei chiedere la parola... Vedete le conseguenze sono state molte e gravi e non entro nell'esame di questo, voglio rimanere sull'argomento che ho trattato, cioè la responsabilità della Cogne del mancato sviluppo della Valle d'Aosta. La Cogne dispone di un ottimo minerale, di energia elettrica, di maestranze qualificate, di quanto cioè è indispensabile per un coordinato e progressivo sviluppo, però ha deluso le nostre aspettative, anziché sviluppare, perfezionare, ampliare la sua produzione e creare nuovi posti di lavoro per le forze, quelle forze cui accennavo che si trasferiscono dalla campagna nell'industria e per le nuove leve dei giovani, in vent'anni ha ridotto quasi a metà il numero dei dipendenti.
Dopo questo breve esame della situazione passata e presente della Cogne, penso che sia dovere degli Amministratori regionali di volgere uno sguardo anche al futuro: pare, almeno si dice, che fra 12-15 anni il minerale di Cogne sarà esaurito, così dicono, ma si renderà pertanto necessaria la riconversione degli impianti. Ora, vogliamo aspettare che l'ultima pennellata di minerale sia scesa da Cogne per esaminare il problema, vogliamo aspettare che ci si dica come a La Thuile: "economicamente non è più conveniente"! E allora chiudiamo. Vogliamo aspettare che ci si dica: "a Cogne non c'è più minerale". E allora chiudiamo... così, no? Ora, io penso di no... almeno noi, come Consiglieri regionali, dobbiamo preoccuparci di questo, e la Cogne è la vita della Valle d'Aosta. Dobbiamo quindi prevedere prima e qui noi dovremmo chiedere quali sono le intenzioni; io ho accennato a un piano di rinnovamento di cui si sente parlare e qualche cosa si è fatto, però dove si vuole arrivare con questo piano di rinnovamento, di nuovi impianti, che si sta attuando? Avremo un aumento o una diminuzione dell'occupazione? Primo. Secondo: quando questo minerale, questa magnetite sarà esaurita, cosa faremo della Cogne? Vogliamo prevederlo in tempo e provvedere in tempo alla riconversione degli impianti? Io penso che questo sia un problema serio, grave e che deve interessare gli Amministratori regionali, perché vi ho detto prima: la Cogne è una delle tante, non solo la principale... è più che la principale attività della Regione. Ecco pertanto la necessità della nomina di una Commissione consiliare affinché indaghi, si informi su questa situazione e riferisca in Consiglio.
Montesano (P.S.D.I.) - Sono iscritti a parlare i Consiglieri Germano, Caveri, Macheda, Colombo, Siggia, Fosson, Balestri, il Presidente della Giunta Bionaz, i Consiglieri Casetta, Dayné, Lustrissy, quindi 11 persone. Prego i Signori Consiglieri di tener conto di questo numero di interventi per limitare la durata dei loro interventi.
Germano (P.C.I.) - Vorrei esaminare nel mio intervento sulla mozione da noi presentata i problemi relativi alla situazione attuale della Nazionale Cogne, cioè quali sono i risultati... possiamo chiamarla per comodità della gestione Einaudi, che aveva come obiettivo il risanamento e la ristrutturazione della Nazionale Cogne, che voleva quindi aumentare la produzione e il grado di competitività dei prodotti della Nazionale Cogne nei confronti dei prodotti delle altre aziende siderurgiche italiane e straniere e quali sono le conseguenze di questa scelta. È vero, dal discorso tenuto da Einaudi il 1° maggio 1967 risulta che il fatturato nel 1966 è stato di 31 miliardi nei confronti dei 23,5 miliardi del 1965, che la produzione nel suo complesso è aumentata del 32% rispetto al 1965, che le esportazioni nel 1966 sono triplicate rispetto al 1965, dato questo che dovrebbe servire a dimostrare la competitività dei prodotti Cogne nei mercati esteri e dovrebbe dare garanzia allo sviluppo dell'azienda. Si è avuto dunque un aumento del prodotto, un aumento del fatturato, un aumento delle esportazioni: il tutto però, anche detto da Einaudi, solo in termini quantitativi, frutto cioè della cosiddetta "prima lavorazione", cioè ghisa e acciaio, acciaio non lavorato. Ci tengo a sottolineare questo aspetto anche ai fini del discorso che farò più avanti circa gli orientamenti produttivi della Nazionale Cogne, circa l'avvenire della Nazionale Cogne. Abbiamo avuto dunque un aumento del fatturato, della produzione, lo dice Einaudi ed è vero; d'altro canto, è stata approvata una legge dal Senato e dalla Camera che prevede lo stanziamento di 20 miliardi in cinque anni, legge che - e lo dico così tra parentesi al Presidente della Giunta - è stata approvata dai Comunisti, ma c'è stato il voto contrario e l'astensione dei Liberali, che lei tratta con così grande correttezza democratica e che sono assenti perché di queste cose non si interessano; la sua bonomia verso i Liberali denota la prospettiva futura: si pensa già adesso a un futuro Centro-Sinistra-Destra, e quindi naturalmente bisogna essere gentili...
(voce di un Consigliere) - Cosa c'entra la Cogne?
Germano (P.C.I.) - ... e c'entra anche la Cogne in questo.
C'è stato dunque questo aumento di 20 miliardi, però innanzitutto bisogna dire cos'è avvenuto poco prima: nell'ultimo Consiglio di amministrazione si è provveduto a ridurre il capitale azionario da 20 miliardi a 5 miliardi e questi 15 miliardi sono stati utilizzati per pagare i passivi degli anni precedenti; quindi il capitale azionario resta di cinque. Ora si aumenta a 25 con una legge che da 6 miliardi del 1967, 4 nel 1968, 4 nel 1969, 3 nel 1970, 3 nel 1971... la legge però prevede anche che questi soldi devono essere spesi una parte per le miniere, una parte per il trattamento del minerale, una parte per l'altoforno, una parte per l'acciaieria, una parte per i laminatoi, una parte per i trattamenti termici, e così via fino alla somma di 15 e 500 milioni in tutti questi anni; quindi il capitale azionario della Cogne semmai sarà aumentato di 4 miliardi e 5, e arriverà a 9,5; il problema cioè della liquidità di un'azienda che fa un fatturato di 31 miliardi resta ed è grosso ed è un problema grave, e questo non lo dico soltanto io, lo dice anche Zanatta, che è democristiano come voi, amico di Moro, come voi, anzi... e conta di più... anzi voglio leggervi alcuni passi del commento del Presidente, e perché soprattutto l'Avvocato Bionaz si renda conto che ha dei concorrenti. Cosa dice il Presidente dopo l'approvazione della legge? Dice: "avevo già avviato - il Presidente Zanatta ha proseguito, dopo quello che ha detto prima - trattative mediante le quali sarebbe stato possibile assicurare alla Cogne un finanziamento fino a 50 miliardi a 30 anni, il quale avrebbe consentito una radicale sostanziale trasformazione e potenziamento della Società. Purtroppo motivi anche politici e di priorità non ci hanno consentito di raggiungere questo traguardo". Adesso non capisco più bene se è Bionaz o Zanatta, perché Zanatta più avanti dice: "ho trattato questi problemi negli anni fra il 1964 e oggi, non solo con il Ministro delle partecipazioni statali Bo e con il Ministro del Tesoro Colombo, ma anche e soprattutto con il Presidente del Consiglio Moro, il quale è intervenuto e ha seguito lungamente e personalmente le necessità della Cogne dandomi e promettendomi ogni ulteriore appoggio e assicurandomi già da tempo che verrà quanto prima a rendersi personalmente conto della situazione non solo a Cogne e ad Aosta, dove vi sono importanti attività, ma anche a Torino", perché dice "molto importanti anche a Torino", dove vi è la Direzione.
Qui bisogna che vi mettiate d'accordo nel cercare di acquisire questi meriti, meriti che non hanno nessun senso comune, perché un'azienda dello Stato deve provvedere al suo ammodernamento; durante l'Amministrazione Marcoz c'è stato un aumento del capitale azionario, non abbiamo mai visto che il Presidente Marcoz si fosse vantato di aver fatto questo perché anche lui aveva scritto le sue lettere, aveva fatto le sue pressioni e non era un merito suo, ma era la situazione dell'azienda che lo meritava e così è avvenuto nel 1952, col Presidente Caveri, e quindi non vedo cosa sia tutta questa ricerca di acquisire un merito in materia. Ne deriva quindi che, quando il Centro-Sinistra e Bionaz in particolare dicono: abbiamo risolto il grosso problema della Cogne, nulla è più falso di questo, perché il problema della Cogne c'è, resta, è grave e serio anche con questa legge innanzitutto perché tutto quello che è avvenuto finora alla Cogne e l'aumento del fatturato, e l'aumento del prodotto pesano esclusivamente sulla classe operaia e, in secondo luogo, perché gli orientamenti produttivi attuali tendono a liquidare la Cogne nel giro di pochi anni, , perché come già accennava Manganoni, quando sarà esaurita la miniera... è evidente che non conviene la Cogne in montagna, conviene la Cogne al mare, perché si eliminano questi trasporti, ma vedremo più avanti questi aspetti.
Vediamo dunque come sono avvenuti questi aumenti di produzione e del fatturato. L'occupazione operaia è stata in questi anni pressappoco stazionaria; io vi do solo i dati dei sider, partiamo dal gennaio del 1953, da una data più recente: eravamo tra operai e impiegati 6.497; nel 1954 6.500; nel 1957 6.100; poi vi è stato il calo, il forte calo, siamo passati nel 1965 a 4.457; nel 1966, dove abbiamo avuto l'aumento del fatturato, 4.202, 200 in meno; nell'ottobre del 1967 siamo a 4.568. Un aumento irrisorio quindi di operai rispetto al 1965: 111 in più, dunque pressappoco l'occupazione si è contenuta; come si è avuto l'aumento della produzione e del fatturato? Facendo lavorare di più gli occupati, non concedendo ferie e cercando di monetizzare i riposi settimanali; mediamente, attualmente, in tutto il cantiere sono state concesse 12 giornate di ferie per il 1967 e c'è da notare però che per alcuni reparti, come i gruisti, il condizionamento acciai, i cabinisti, il numero delle giornate di ferie concesse è minimo e alcuni operai hanno ancora tutte le ferie del 1967 e parte di quelle del 1966 da fare. Per quanto riguarda i riposi settimanali, risulta un carico medio in accredito di 60 ore per ogni operaio, mentre per molti reparti come quelli citati per le ferie, vi è un carico altissimo di riposi settimanali. Ne deriva quindi questa prima considerazione: chi è il primo a pagare? Sono gli operai che lavorano di più e sono sfruttati di più ed è la salute degli operai che per prima paga un caro prezzo per queste cose sia per quanto riguarda l'alto numero di infortuni, sia per le condizioni di lavoro per le malattie professionali che hanno nell'azienda uno sviluppo terribile. Tenete conto che l'età media degli operai alla Cogne di 41 anni è sempre alta e che si è avuto questo sviluppo forte con lo stesso numero degli operai; tenete conto che, ferma l'occupazione, i salari hanno avuto aumenti irrisori, quindi tutto il peso degli aumenti della produzione e di fatturato pesano sul lavoro e sul salario non pagato agli operai.
Io vorrei fermarmi un momento su un aspetto che è particolarmente grave della situazione della Cogne e che riguarda le condizioni di lavoro, quella terribile malattia professionale che incombe su tutti i lavoratori della Nazionale Cogne, sia miniere che sider: la silicosi. Secondo gli specialisti - non voglio qui descrivere cause ed effetti - con la silicosi si muore dai 10 ai 15 anni prima della morte naturale; vuol dire che i nostri giovani che entrano oggi sani e robusti alla Cogne, oppure gli anziani che hanno dato gli anni della loro giovinezza al lavoro della Cogne sono condannati a morte 10 o 15 anni prima della loro morte naturale, eppure in Italia è stata abolita la condanna a morte, invece alla Nazionale Cogne c'è ed è in vigore per quasi tutti i dipendenti e nelle condizioni attuali di lavoro, con questo aumento della produzione, colpisce sempre un maggior numero di operai. Io non vorrei apparire macabro, ma la morte di silicosi è una morte terribile, peggiore, secondo me, della fucilazione o degli altri tipi di sentenze a morte che si eseguiscono. Ho avuto la triste incombenza di assistere all'agonia di un mio compagno ancora giovane, 48 anni, la mia età, che era arrivato al 100% della silicosi; un uomo integro, nel pieno delle sue facoltà mentali che non soffriva di nessun altro male, che richiedeva solo aria, l'unico male che lui sentiva era la mancanza di aria, e mi descriveva minutamente l'impressione che provava lui di una mano che lo stringeva al collo lentamente e continuamente. Io credo che non si può essere insensibili di fronte a queste cose e a queste situazioni; è dovere di tutti gli uomini raziocinanti, a qualsiasi gruppo politico appartengano, intervenire per fare qualcosa ed è per questo soprattutto che noi chiediamo questa Commissione, per vedere quello che è possibile fare, soprattutto su questo terreno. Guardate che alla Nazionale Cogne il numero dei silicotici è altissimo; la Valle d'Aosta, senza temere smentite, detiene un drammatico primato di lavoratori ammalati di silicosi. Ho qui a disposizione dei Consiglieri che lo vogliono una relazione sulla situazione infortunistica della Regione, nella prima Giornata regionale per la sicurezza del lavoro fatta il 18 maggio 1966 dal Direttore della sede di Torino dell'ENPI. Vi sono molti pezzi che bisognerebbe leggere e commentare, ma, per essere breve, la relazione io la tengo a disposizione di chi volesse leggerla, vi leggo solo due frasi: "per quanto riguarda invece la silicosi, sappiamo purtroppo di non rilevare nulla che non sia a conoscenza già di tutti evidenziando come preoccupante caratteristica della Valle d'Aosta l'ampia incidenza di questa malattia del lavoro, che rappresenta attualmente - lui parlava del 1965 - ben il 5% dei casi dell'intero territorio nazionale. Di fronte a un'occupazione di maestranze nel settore industriale, che è appena lo 0,32 di quella complessiva in Italia, la silicosi incide cioè in questa Regione con una frequenza di oltre 15 volte la frequenza media nazionale". Aggiunge: "d'altra parte la gravità del fenomeno non è che parzialmente spiegabile con la maggiore estensione che nella composizione del settore industriale della Valle d'Aosta hanno le lavorazioni a carattere silicotigeno". Solo parzialmente spiegabile, quindi 15 volte la percentuale che vi è nel resto d'Italia.
Se guardiamo poi le cifre della Cogne, le cifre della Valle d'Aosta, nel 1963 sono stati denunciati e riconosciuti 1.145 casi di silicosi; nel 1964 1.262; nel 1965 1.122; nel 1966 - ed ecco qui l'aumento - 1.437; nel 1967, primo semestre, 993. Aggiungiamo che in questi anni vi sono state denunce di aggravamento della silicosi: nel 1964 2.634, nel 1965 2.258, nel 1966 3.264, nel primo semestre del 1967 1.514 pratiche di aggravamento. Mi sono rivolto all'Assessore alla Sanità per avere i dati e non ho potuto averli, ho quindi dovuto ricorrere ad altre fonti, che sono però ufficiali, garantite.
La mortalità: è stato fatto uno studio; nell'anno 1963 su 388 cittadini deceduti in Aosta, di questi 67 erano dipendenti della Cogne, l'età media dei deceduti della Cogne era 54 anni, l'età media degli altri era 68 anni, questa è la situazione.
Vi è un aumento negli ultimi anni, e perché vi è questo aumento della silicosi? Per il modo in cui si è effettuato l'aumento della produzione, per com'è avvenuto questo. Prendiamo ad esempio l'acciaieria ad arco: uno dei reparti dove la totalità dei dipendenti è affetta da silicosi e dove più grave è il pericolo (anche all'acciaieria d'induzione, che vedremo dopo). In questo reparto è avvenuta la ristrutturazione, cioè nello stesso spazio, nello stesso capannone dove prima vi erano i quattro forni piccoli a cui accennava Manganoni, da 12 o 15 tonnellate, che producevano una colata ogni otto ore, pressappoco ogni turno, oggi vi sono due forni... da 70 tonnellate che colano circa ogni tre ore e mezza. E questo cosa significa? Significa che nello stesso spazio dove prima si riscaldavano e si colavano con forni ad arco ogni otto ore 60 tonnellate, ora si riscaldano e si colano circa 280 tonnellate, naturalmente con la rispettiva polvere di silicio quadruplicata. È da notarsi poi che i forni devono abitualmente essere rifatti e quindi nello stesso spazio vi sono mucchi di mattoni molto più di prima, da notarsi che alla Cogne, per ragioni speculative, si deve fare molto in fretta, quindi si è affidato il rifacimento dei forni ad aziende esterne alla Cogne, e quindi altri operai che lavorano in questo ambiente che devono lavorare sulle lingottiere ancora calde - ma vedremo dopo per quello che riguarda le aziende esterne alla Cogne -, praticamente si lavora in un inferno alle acciaierie ad arco. Vi sono fenomeni di operai che diventano sordi per la rumorosità che deriva dall'inizio della fusione e la sordità non è riconosciuta come malattia professionale. Vi sono operai che periodicamente hanno malattie agli occhi determinate dai raggi dei forni e dalle colate; si può dire: si potrebbero portare gli occhiali protettivi, ma come si lavora in questo polverone se non si vede nulla? E allora si tolgono gli occhiali. Vi sono in questo reparto bronchiti e pleuriti diffusissime determinate dal fatto di lavorare in zone caldissime davanti ai forni e in zone fredde, specie in inverno, quando si lavora lontano dai forni. Un mese e mezzo fa un Dirigente della Nazionale Cogne ha avvicinato un nostro membro di Commissione interna e gli ha chiesto se ha una spiegazione al fatto che all'Acciaieria ad arco ogni giorno è assente il 33% degli operai - cifra altissima, mai successo - e se, secondo lui, è necessaria una revisione dei salari per superare questa impasse che danneggia l'azienda. Il membro di Commissione interna ha risposto che i salari sono importantissimi, sono un dato molto importante per gli operai, che però la spiegazione di questo doveva non solo essere ricercata nei salari bassi, ma anche nell'ambiente di lavoro, nelle condizioni in cui questi operai sono costretti a lavorare e gli ha detto che il problema più grave oggi sono le condizioni di lavoro degli operai. Lo stesso si può dire per l'acciaieria d'induzione dove il rivestimento dei forni è di quarzo e, di conseguenza, la formazione di polvere di silicio e la diffusione della silicosi è ancora più ampia. In un Consiglio comunale - mi ricordo, ero presente - un Ingegnere in una sua dichiarazione disse: "il problema è risolto, alla Cogne ci saranno gli aspiratori e la polvere non ci sarà più. C'è un impianto... che risolverà tutti i problemi". Ma funzionano questi aspiratori? Bisogna dire che sì in parte funzionano anche e raccolgono tonnellate di polvere, ma, mentre prima vi erano i forni piccoli e vi erano meno soffiate di ossigeno e quindi meno polvere, ora con l'aumento della produzione, con forni più grossi, con tempi di fusione ridotti, e vi sono molte più soffiate di ossigeno, la polvere è triplicata e quadruplicata e per ogni tonnellata di polvere che si porta via restano tonnellate e tonnellate di polvere in quell'ambiente dove si lavora. Nonostante che gli aspiratori liberino l'ambiente di qualche tonnellata, vi è sempre, soprattutto quando si soffia l'ossigeno, una nebbia che non permette di vedere a un metro di distanza, con la differenza che la normale nebbia non contiene polvere di silicio, mentre questa invece contiene polvere di silicio e procura la silicosi.
Ora, negli ammodernamenti si parla già nella nuova acciaieria di forni che non produrranno più 70 tonnellate, ma centinaia di tonnellate e bisogna già prevedere adesso come sono gli impianti di aspirazione della polvere, non aspettare che siano impiantati, ma vedere già prima qual è la situazione che si creerà in questo reparto con forni della capienza di centinaia di tonnellate.
Ancora un altro aspetto grave e preoccupante per gli operai della Cogne, che non riguarda più la direzione dello stabilimento, ma l'INAIL, (l'Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro) è che esso tende a non assolvere a un suo impegno importantissimo: quello di risarcire almeno finanziariamente con una rendita i lavoratori colpiti da una malattia professionale. Io vorrei chiedere anche una spiegazione a questo proposito all'Assessore alla Sanità, cioè sapere come si dice in genere che l'INAIL è un Istituto dello Stato, o se l'INAIL è una società assicuratrice. Io ho letto su un giornale che l'INAIL è una società assicuratrice che riscuote le quote che gli industriali pagano e che rimborsa le rendite agli operai colpiti da silicosi, oppure se è un Istituto dello Stato, perché come si comporta l'INAIL è evidente: si comporta come la peggiore delle società assicuratrici.
La Nazionale Cogne, per esempio, paga il rischio silicotigeno per tutti i suoi dipendenti; quindi tutti i suoi dipendenti colpiti da silicosi dovrebbero essere riconosciuti dall'INAIL e fino a tempo fa è stato così, adesso non è più così, da qualche anno l'INAIL non riconosce più il rischio silicotigeno in alcuni reparti, con il pretesto che in essi - e hanno inviato per conto loro degli ispettori a fare delle ispezioni - non esiste polvere di silicio o, se esiste, è in misura inferiore a quella prescritta per legge, così abbiamo alcuni reparti dove uno diventa ammalato di silicosi, ma non gli viene riconosciuta la rendita. Così in un primo tempo i reparti non riconosciuti erano il servizio collaudi, l'officina meccanica ed elettromeccanica, l'officina laboratorio studio e controlli, il falegname, gli operai addetti fuori dei reparti e ora l'INAIL tende a restringere ancora il diritto alla rendita per la silicosi anche agli altri reparti, per cui sovente sorgono contestazioni: ai laminatoi... alla trafila e forse a qualche altro. Capite quindi in quale situazione si trovano questi lavoratori che da anni lavorano alla Cogne: sono diventati silicotici, questo risulta dalle lastre e non hanno diritto alla pensione.
Vi è un altro aspetto: la rendita di passaggio. Vi è un provvedimento che dà a un lavoratore che abbia un certo grado di silicosi e che non voglia restare in stabilimento fino al 100% la paga del 66% del salario per un anno (viene 1 milione e qualche cosa) e, quando si ha un determinato grado di silicosi, si ha diritto a chiedere, se si vuole, questa rendita di passaggio e non lavorare più alla Cogne (bisogna superare il 45%)...
Montesano (P.S.D.I.) - No, io le do una spiegazione su questo: qualsiasi silicotico, dal 21%, quando si allontana dal lavoro polveroso, ha diritto all'indennità di passaggio.
Consigliere Germano, io l'avverto solo che sono 32 minuti.
Germano (P.C.I.) - Mi scusi Signor Presidente, ho quasi terminato. Ora, cosa succede? Succede che, per avere la rendita di passaggio, diventa non più un diritto sancito dalla legge, ma una cosa difficilissima. A quelli che sono in quei reparti, silicotici che prendono la pensione, non si dà loro la rendita di passaggio.
Vorrei fare un esempio, per essere breve, di un operaio (avevo nome, cognome e dati) che lavora nel reparto rottami, che è un reparto che è di fianco all'acciaieria ad arco, neanche separato da un muro, comunicante, però sopra non ha il tetto. Ora, quest'operaio si è preso la silicosi, aveva il 45% perché portava il rottame da 2 metri di distanza ai forni, quindi era continuamente dentro a questo reparto e non gli si vuole dare la rendita di passaggio. Io quindi non vi cito i diversi casi, la Commissione interna reclama, l'INAIL non riconosce.
Un altro aspetto grave dell'atteggiamento dell'INAIL riguarda la trasferibilità della rendita in casi di morte perché, se diventa ammalato e muore dieci anni prima, possa trasferire alla moglie, come per le altre pensioni, una parte della rendita: questo è previsto dalla legge, questo è possibile. Cosa bisogna fare però? Bisogna che la dichiarazione di morte sia per silicosi (uno che abbia il 95, il 100% e che muore per un collasso cardiaco, che è conseguenza di quella situazione dello stato fisico, non ha la possibilità di trasferire la rendita, bisogna che la morte sia riconosciuta per silicosi). Bisogna poi che la vedova o i parenti autorizzino l'autopsia, naturalmente voi capite gli aspetti umani di questa situazione e molti non accettano di fare questo e poi non vi è neanche garanzia sull'autopsia, perché viene fatta da gente pagata dall'INAIL. Abbiamo pochi casi di trasferibilità della rendita della silicosi, ma abbiamo dei casi dove uno percepiva una rendita del 65% e gli è stata riconosciuta una rendita del 25%, del 30%.
Ora, credo che per queste ragioni nei confronti dell'INAIL si imponga la necessità di una Commissione consiliare che controlli, che faccia tutto quanto è possibile per modificare questa situazione tragica che a volte non è conosciuta, ma che travaglia tutti i lavoratori della Nazionale Cogne.
Alcuni brevi cenni sulla situazione dei ritmi e degli infortuni, vi do solo un dato, salto tutto: nei primi dieci mesi del 1967 su 4.000 operai 3.062 casi di infortuni, piccoli e grandi, sono quelli registrati, entrati in infermeria. In questi dieci mesi 6.282 lavoratori si sono recati in infermeria per visite, cure e medicinali, queste sono le condizioni di lavoro alla Cogne.
Altra conseguenza di questa scelta fatta dalla gestione Einaudi e altra conseguenza di un'impostazione produttiva basata solo sulla quantità della produzione sono gli innumerevoli lavori in appalto ad altre ditte. Bisogna anzitutto notare se si agisce contro la legge dello Stato e per un'azienda dello Stato agire contro una legge dello Stato mi pare un po' il colmo dei colmi. Vi è una legge dello Stato n. 1369 del 29 ottobre 1960 che potrei leggervi, che è chiarissima in materia e che dice che non bisogna dare in appalto lavori che vengono svolti normalmente dall'azienda; si può dare in appalto la costruzione di un capannone, si può dare in appalto l'insediamento di determinati materiali, non si può dare in appalto la manutenzione ordinaria che si fa alla Cogne. Ebbene, alla Cogne vi sono al lavoro 39 ditte esterne! Ho qui l'elenco a disposizione della Presidenza del Consiglio se vuole vederlo. Praticamente si dà tutto da fare agli altri. E perché si dà tutto da fare agli altri? Si dà tutto da fare agli altri affinché questi altri possono sfruttare di più i lavoratori, perché questi altri sono meno soggetti alle leggi del lavoro, perché questi altri hanno bisogno di fare profitti per conto loro. Le cose che non si fanno in tante aziende private vengono fatte invece all'Azienda dello Stato, alla Nazionale Cogne. Inoltre, sempre sulla strada di non fare prodotti finiti...
Montesano (P.S.D.I.) - Consigliere Germano, io la prego di concludere perché ci sono dieci iscritti a parlare.
Germano (P.C.I.) - ... sì, brevemente ho finito.
Al reparto trafila molte partite di materiale vengono inviate a Torino per rettificarle o... in quanto il materiale esistente non è sufficiente per smaltire il carico, e notate l'economia: questo materiale viene mandato a Torino... e poi viene di nuovo rimandato ad Aosta per il collaudo. Così avviene per la fucina, ove molti lingotti vengono inviati grezzi alla Falck per la lavorazione e nuovamente rispediti ad Aosta per il collaudo, così anche all'officina elettromeccanica, qui si dice che, a causa della mancanza di personale, molti motori vengono mandati a ditte esterne per fare le riparazioni, mentre tale lavoro si potrebbe fare sul posto e con personale proprio, così si mandano via i mandrini e i cilindri. Questo è l'orientamento generale della Direzione della Cogne.
In conclusione la scelta Einaudi è proprio una scelta buona? E perché diciamo la scelta Einaudi? Perché dal 1948-1949 ad oggi le scelte sono sempre state fatte dalla D.C., lo stesso Einaudi è stato scelto dalla Democrazia Cristiana e come si comportano questi uomini scelti dalla Democrazia Cristiana e mandati nel Consiglio di amministrazione? Abbiamo fatto questa bella scoperta: che alcuni anni fa questi uomini hanno preso una decisione, come Consiglio di amministrazione, una delibera, dove hanno affidato tutto all'Esecutivo e dove il Consiglio di amministrazione si limita ad approvare i bilanci o gli aumenti, o le riduzioni di capitale azionario, le cose prescritte per legge. La gestione della Cogne avviene al di fuori del Consiglio di amministrazione ed è solo l'Esecutivo che decide. E chi è l'Esecutivo? L'Esecutivo è composto da Zanatta, che non si vede mai, e ci sarebbe molto da dire - lo stipendio lo prende, prende anche qualcos'altro -, da un funzionario del Ministero che non si sa neanche bene chi sia, noi sappiamo il nome, ma fisicamente non sappiamo neanche bene chi sia e da Einaudi, che è qui sul posto ed è l'unico che fa, agisce, cambia, modifica, di testa sua come vuole, quando vuole e dove vuole. Questa è la Direzione della Cogne! Si sono poi messi i Ramera, i Palmas, i Bondaz nel Consiglio di amministrazione, mi ricordo i Compagni socialisti facevano di questo una questione di fondo... non contano niente, è come se non ci fossero, vanno una volta all'anno ad approvare il bilancio. Questa è la situazione di questi uomini che sono entrati a bandiere spiegate nel Consiglio di amministrazione della Cogne. La scelta Einaudi cosa dice? Quello che diceva il Consigliere Manganoni...
Montesano (P.S.D.I.) - Consigliere Germano, guardi, io la prego, sono quarantacinque minuti... tengo conto che ci sono ancora dieci persone a parlare.
Germano (P.C.I.) - Ho finito Presidente. La scelta Einaudi cosa vuol dire? Produrre in quantità ghisa e acciaio non lavorato, e lo dicono nei loro interventi. Da calcoli fatti si vuole passare da un'estrazione di 300 mila tonnellate dalla miniera, la quale miniera si esaurirebbe in 12 anni, come prevedono i nostri studi sulla programmazione... si vuol arrivare a un impegno di 450 mila tonnellate al mese, il che vuol dire ridurre di quattro anni la vita della miniera, vuol dire che la miniera basta per otto anni e, finito il minerale, è evidente che alla Cogne non conviene più in montagna... Di qui deriva la nostra impostazione, che verrà fuori anche da altri interventi. Noi non vogliamo la liquidazione rapida della miniera per appoggiare e per fornire del materiale alle ditte private, che se lo lavorino loro e si guadagnino loro i soldi, noi vogliamo in sostanza che la miniera duri il più a lungo possibile e che il materiale sia lavorato il più a lungo possibile da noi, in modo da dare occupazione ai lavoratori valdostani, in modo che i valdostani possano utilizzare più a lungo la lavorazione di questo acciaio. Questa è una parte che svolgeranno i miei compagni, io vorrei solo dire una cosa: ho letto anche una lettera di Mappelli, che era preoccupato di queste cose, ma ho letto con maggior timore quanto diceva... un nuovo Democristiano, alla Camera, nella discussione del disegno di legge... Diceva, sul problema del finora non realizzato inquadramento tanto del... quanto della Cogne in uno degli enti di gestione... rileva come tale situazione derivi dal fatto che non si vuole imporre a tali enti l'assorbimento di aziende finché la situazione economica di queste non sia risanata. Adesso dovrebbe essere risanata secondo... e cosa prevede subito Donat-Cattin? Per la Cogne dovrebbe essere prossima la sua fusione con la Breda Siderurgica. Allora stiamo attenti a queste cose, perché se dobbiamo fornire in fretta tanto materiale grezzo, ghisa e acciaio alla Breda Siderurgica perché lo lavori, allora bisogna discutere e allora bisogna vedere invece di lavorare di più qui, anche se si rendono necessari accordi con le altre aziende di Stato sul piano commerciale, sul piano dell'utilizzazione, ma non limitando la lavorazione che avviene ad Aosta a vantaggio di altre aziende. Scusate se ho occupato qualche minuto in più...
Caveri (U.V.) - Io cercherò di non ripetere in questa seduta del Consiglio quello che avevo detto in una vecchia seduta del Consiglio che risaliva al gennaio del 1967. Mi permetterò soltanto di accennare a quanto avevo già detto in quell'occasione e cioè avevo accennato fugacemente e fugacissimamente intendo accennare oggi a quello che era stato l'atto di nascita della vecchia Ansaldo, nata come industria di guerra e d'altra parte noi sappiamo che la Società Nazionale Cogne si è sviluppata più tardi proprio come industria di guerra. Infatti, nel 1942, se non erro, la Cogne aveva toccato la produzione di 380 mila tonnellate, quando si era proprio nell'acme della guerra 1939-1945. Io non vi accenno alle cose molto interessanti che dicono i fratelli Pio e Mario Perrone nel loro libro, laddove rivendicano all'Ansaldo di Genova e all'Ansaldo di Aosta il merito di un grande contributo alla guerra del 1915-1918. Non vi accenno a certe cose, che pure sarebbe, diciamo, curioso revocare, come, per esempio, l'accenno che fanno i fratelli Perrone al fatto che gli industriali Krupp nell'aprile e nel maggio del 1915 hanno fornito parecchie batterie da 149 all'artiglieria italiana, quando già questi Signori Krupp sapevano che l'Italia stava per entrare in guerra contro l'Austria e sarebbe entrata in guerra un giorno contro la Germania, il che dimostra che per i capitalisti e per gli industriali quello che interessa è di guadagnare dei quattrini, se poi queste armi devono servire contro i soldati della loro Nazione, del loro Stato, questo poco interessa. Noi avremmo delle cose molto interessanti da dire, ma non le diciamo su certe forniture di armi che in questo momento si fanno per dei fronti, altri Paesi, laddove queste armi servono poi per ammazzare i soldati di quello Stato o di quella Nazione.
C'è piuttosto un'altra cosa che interessa: i fratelli Pio e Mario Perrone per quale motivo avevano voluto localizzare la vecchia Ansaldo, diventata poi Società Nazionale Cogne, ad Aosta? E ce lo dicono nel loro libro: perché a Cogne c'era la magnetite e i fratelli Perrone pensavano di servirsi della magnetite di Cogne e dell'industria della produzione idroelettrica della Valle d'Aosta. Io non so se avrò il tempo di parlare di un problema che oggi interessa molti industriali di tutta Europa, cioè del problema della localizzazione delle industrie, comunque dico soltanto questo: che mentre 50-60 anni fa c'era stata una localizzazione delle industrie lungo l'arco alpino di qua e di là delle Alpi, oggi purtroppo vi è un'inversione di tendenza perché le Alpi oggi passano un momento di crisi sia di qua che di là delle Alpi per delle ragioni che non so se avrò il tempo di esporre più tardi, quando verrò in argomento.
Noi ci ricordiamo della Società Nazionale Cogne, in periodo più recente, cioè di questi venti anni, ci ricordiamo che c'è stata una crisi nel 1947, un'altra nel 1950, un'altra nel 1960 e poi c'è stata la più grave crisi che è cominciata nel 1963 e nel 1964 e che non è ancora terminata. In realtà, la Cogne era già ammalata prima e questo è dimostrato dal memoriale d'etica di quel Colonnello... che ha scritto un memoriale a niente meno che il Tribunale speciale fascista nel quale, tra l'altro, si dice che il 10 ottobre 1942, a Palazzo Venezia in Roma, alle ore 20 - si precisano persino le ore -, alla presenza del Ministro delle Finanze e del Generale... il Duce gli impartiva i seguenti ordini - e c'è da ridere a leggere quali erano gli ordini di Mussolini per restaurare la Cogne -: "a) risanare la Cogne - era una parola, come non si diceva... - b) la Cogne - diceva Mussolini - proprietà dello Stato, deve essere potenziata, il suo denaro è cosa sacra, sudore di popolo, sangue di soldato, pianto di vedove, deve essere difesa a qualunque costo, chi la manomette tradisce la Patria", e così, con un po' di retorica, si credeva di risolvere il problema della Cogne.
Accennerò fugacemente al pensiero di Luigi Einaudi, non parlo dell'attuale Amministratore delegato della Cogne, ma di Luigi Einaudi Senatore, Ministro delle Finanze e Presidente della Repubblica Italiana. Luigi Einaudi non credeva nella validità della Cogne, infatti nel suo libro "Lo scrittorio del Presidente" si esprimeva in questo modo poco tenero per la Cogne e ancora meno tenero per la Valle d'Aosta: "La Regione Valle d'Aosta, la quale si lamenta sempre di ciò che fa e non fa la Cogne, meriterebbe che lo Stato le sbolognasse pur di liberarsi quest'azienda, tale e quale gratuitamente, anzi con regalo di un 100 milioni, ma poiché la Valle d'Aosta rifiuterebbe certamente il regalo, così essendo gioco forza lo Stato si rassegna a tenersela, è ovvio che la Cogne passi a far parte del gruppo IRI". Questo era il pensiero sulla Cogne e sulla Valle d'Aosta di Luigi Einaudi e mi permetto di dire che non c'era molto affetto e non c'era tenerezza in questo apprezzamento di Luigi Einaudi. Il problema della situazione finanziaria e dei finanziamenti della Cogne: nel 1947 lo Stato ha aumentato il capitale da 1 miliardo a 2 miliardi, allora sembravano delle grandi cifre, forse anche perché si trattava di lire che valevano un po' di più delle lire attuali, questo nel 1947.
Nel 1950 c'è stata una grande crisi e sembrava che si volesse ridimensionare la Cogne come manodopera; erano i tempi del Professor Bordin, che pensava di risolvere il problema della Cogne con licenziamenti massicci, e questo lo diceva il Questore dell'epoca con un suo rapporto del 29 novembre 1950: "Informo che il 25 corrente l'Amministratore della Società Cogne, Professor Bordin, ha comunicato ai rappresentanti della Commissione interna dello stabilimento che, per ottemperare alle direttive di risanamento finanziario dell'azienda impartitagli dal Consiglio di amministrazione della stessa, dopo le sedute del 15 e 16 corrente, era suo intendimento procedere allo snellimento del personale dipendente dalla Società. Il Professor Bordin ha precisato che, a suo avviso, sarebbe necessario il licenziamento di 25 dirigenti, di 250 impiegati e di 1.200 operai, oltre la chiusura delle miniere di Morgex e di La Thuile...", eccetera. Tutti coloro che lavoravano allora nel 1950 alla Cogne non devono aver dimenticato tutte le lunghissime polemiche dell'epoca e quelle tali riunioni che si sono svolte ad Aosta e i lunghissimi dialoghi tra il Professor Bordin da una parte e le Commissioni interne dall'altra, Commissioni interne che, evidentemente, non potevano a cuor leggero accettare, tra l'altro, il licenziamento di 1.200 operai. Se noi leggiamo lo studio della SO.RIS. su questo argomento, noi vediamo che quegli studiosi sono ritornati sull'argomento e hanno sfoderato in quella loro monografia una tesi che equivale più o meno alle cifre elencate dal Professor Bordin. Queste sono asserzioni che forse sono già discutibili dal punto di vista economico, che, comunque, anche se fossero esatte dal punto di vista economico, non si possono accettare per ragioni di ordine sociale, cosa avrebbero fatto questi operai della Cogne se fossero l'oggetto di una decisione così grave e così draconiana? Ed è per questo che nel 1950... mi spiace che qui non ci sia il Signor Bionaz, che non conosce mica molto i precedenti della Cogne, anzi dimostra di conoscere poco i finanziamenti precedenti dello Stato alla Cogne negli anni precedenti. Quelle tali proposte del Professor Bordin di licenziare 1.200 operai e di gettarli sul lastrico comunque ci avevano vivamente preoccupati ed è per questo che avevamo svolto tutta un'attività, avevamo avuto dei colloqui anche col Presidente De Gasperi e gli avevamo scritto diverse lettere sia nel giugno che nel luglio del 1950, lettere alle quali ci si rispondeva dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri quanto segue: "Con lettera 1° luglio 1950, in relazione alla nostra sollecitata... si comunica che questa Presidenza del Consiglio ha interessato i competenti Ministeri dell'Industria e del Tesoro a esaminare le proposte formulate dal Consiglio di codesta Valle per il riassestamento della Società Anonima Nazionale Cogne. In pari data sono stati premurati i suddetti dicasteri...", eccetera.
Con successiva lettera del 17 luglio 1950 si diceva: "facendo seguito alla Presidenziale del 1° corrente, si comunica che il Ministero del Tesoro all'uopo interessato da questa Presidenza del Consiglio ha riferito che le provvidenze intese al riassestamento della Società Cogne formarono oggetto di apposito disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 17 giugno u.s., che sarà presentata al Parlamento a cura del Ministro delle Finanze".
Noi di queste lettere non abbiamo mai parlato e non le abbiamo mai neanche pubblicate sui nostri giornali, perché ci sembrava normale che il Presidente della Giunta regionale si occupasse di queste cose e, quando lo Stato, il Governo ha stanziato, dopo il miliardo del 1947... quando c'era la nostra Giunta regionale C.L.N. ha stanziato nuovamente nel 1950 altri due miliardi, noi non ce ne siamo affatto vantati, anche se ci eravamo occupati della questione e così nel 1960 vi è stata una spesa da parte del Governo, c'è stata una legge approvata dalla Camera e dal Senato che stanziava altri cinque miliardi per la Cogne, che li aggiungevano al miliardo del 1947, ai due miliardi del 1950.
Io voglio ricordare anche questo: che in data 5 agosto 1960 qualcuno della Camera dei Deputati diceva quello che forse non vorrei neanche leggere, si richiamava l'attenzione... ma non leggo quello che ho detto alla Camera dei Deputati, perché non voglio far perdere del tempo al Consiglio regionale, voglio cercare di essere breve il più possibile... ma illustravo il problema della Cogne alla Camera dei Deputati ed era la prima volta che un Deputato della Valle d'Aosta parlava alla Camera dei Deputati del problema della Cogne. Citerò soltanto quello che io dicevo a proposito della forza operaia, soltanto su questo punto io cito quello che dicevo: si preferisce invece far pesare la riduzione dei costi di produzione soltanto sulla classe operaia. Dal 1953 si è ridotto il numero degli operai, 1.300 dal 1953 e si sono ridotte le ore di lavoro, per cui senza tema di smentita si può affermare che oggi la maggior parte degli operai della Società Nazionale Cogne ha salari che sono inferiori in genere al cosiddetto "minimo vitale". L'Onorevole Fanfani, che era Presidente del Consiglio dei Ministri, mi rispondeva quanto segue: "L'Onorevole Caveri ha preso atto della mia dichiarazione circa la nuova legge elettorale e l'attuazione della zona franca in Valle d'Aosta (naturalmente anche allora), ha citato casi di provvedimenti presi dalle aziende di Stato della Valle d'Aosta, criticabili sotto il punto di vista economico-sociale, il Ministro delle partecipazioni statali, col mio incarico dato stamane, esaminerà i casi citati e il Governo interverrà, se necessario, come si conviene". Si era parlato allora di una Commissione di inchiesta, ma non se ne è fatto niente, perché non si voleva evidentemente disturbare i santoni e i tabù della Società Cogne. Io non mi contentavo di questo e nello stesso anno all'Onorevole Bo, Ministro per le partecipazioni statali, gli riferivo il mio discorso del 5 agosto e segnalavo la grave situazione di bilancio della Società Cogne: per l'esercizio 1959 516 milioni, diminuzione della riserva straordinaria per ammortamenti non possibili di esercizio 740 milioni, diminuzione del fondo conguaglio monetario per adeguare il fondo liquidazione operai 740 milioni, totale due miliardi. Dicevo, sono quindi circa due miliardi di passività di esercizio e dopo il bilancio... c'era una lunga esposizione sulla situazione del bilancio, io non ve la leggo tutta perché non voglio farvi perdere del tempo. A questa lettera mi rispondeva il Ministro Bo in data 23 febbraio 1961, ma vi è invece un documento più recente che io mi permetterò di leggere ed è - perché è un argomento di attualità questo - la relazione della Corte dei Conti sulla Cogne, documento molto grave, dove si dicono delle grandi verità che sono ancora oggi di attualità, anche dopo l'erogazione di quei fondi di 4 miliardi per cinque anni, e diceva la Corte dei Conti: "alla fine del 1965 le perdite accumulate sin dal 1963 ammontavano a circa otto miliardi e mezzo rispetto a un capitale di venti miliardi". A questo punto si presenta la situazione prevista dall'articolo 2446 del Codice civile, in base al quale, quando il capitale di una Società è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, l'esercizio successivo, se la perdita non risulta diminuita di almeno un terzo, si deve procedere alla riduzione del capitale ed è quanto ha fatto il Consiglio di amministrazione in una seduta di cui voi avete avuto certamente notizia, nella quale si è diminuito il capitale da venti miliardi a cinque miliardi. La Corte dei Conti continuava dicendo: "pertanto in questa occasione la Corte dei Conti ha anche ravvisato la necessità che lo Stato, come unico azionista della Cogne, in osservanza della suddetta norma del Codice civile, debba decidere alla fine del 1966 se ridurre il capitale della Cogne o se procedere al reintegro delle perdite".
Io attiro poi la vostra attenzione su un'altra affermazione contenuta nella relazione della Corte dei Conti su una circostanza che oggi è stata bellamente dimenticata, cioè si parla di un altro aumento del capitale che è avvenuto nel 1964 e che si aggiungeva alle altre erogazioni del Governo che ho citato prima, perché si diceva: l'ultimo aumento del capitale della Cogne a carico del bilancio dello Stato da 13 a 20 miliardi, quindi aumento di sette miliardi, risale a meno di due anni fa. Continuava il documento dicendo che la Società era ormai in stato di dissesto già allarmante fin dall'esercizio 1963 e rivelatore di situazioni abnormi, quale, ad esempio, quella di un aumento del fatturato cui corrisponde un aumento delle perdite. In altre parole - dice la Corte dei Conti - quanto più la Società lavora tanto più crescono le perdite e questo è un punto molto importante, perché io mi ricordo di aver partecipato a feroci polemiche nel passato, perché c'era qualcuno, in un passato anche lontano, che diceva: "per risolvere il problema della Cogne, è semplice, basta aumentare la produzione" e noi invece dicevamo: no, l'aumento della produzione può rappresentare una soluzione del problema solo se nello stesso tempo i costi di produzione diminuiscono, perché se i costi di produzione non diminuiscono, aumentando la produzione, aumentano le perdite. Quando dicevamo noi queste cose, sembrava che dicessimo delle eresie o delle castronerie, ma qui è la Corte dei Conti che lo dice e questo è un punto molto importante che io credo dobbiamo tenere presente quando andremo a esaminare altri punti importanti della Società Cogne e cioè la questione dei costi di produzione, di cui mai nessuno vuol parlare, perché, quando i super Dirigenti della Cogne - e non voglio far nomi, perché per carità, non vogliamo fare dei personalismi - parlano dell'aumento di produzione - e ne parlano spesso e volentieri -, non toccano mai l'argomento dei costi di produzione, che invece è un argomento fondamentale.
Sul punto della situazione finanziaria della Cogne e dei finanziamenti voglio dire un'altra cosa: c'è stato dunque un aumento del capitale di 1 miliardo nel 1947, di 2 miliardi nel 1950, di 5 miliardi nel 1960, di 7 miliardi nel 1964. Non voglio parlare di me stesso, perché chi parla di sé stesso fa schifo, ma io mi permetto di dire: il Presidente Marcoz non ha mai mandato ai nostri giornaletti la sua fotografia con la sua grinta dura e non ha mai detto che queste erogazioni di capitale dello Stato, del Governo alla Cogne fossero un suo merito personale. Evidentemente lo Stato è l'unico azionista quando assiste a delle situazioni, osserva, constata attraverso l'esame della Corte dei Conti qual è la situazione di questa Società, evidentemente lo Stato, se non vuole lasciare sparire la Cogne... è costretto a fallire e se il buco è di 5 miliardi, lo Stato eroga 5 miliardi e, quando il buco è più grosso, come lo era diventato perché eravamo arrivati a un deficit che si era "accomodato" in 3-4 anni di 15 miliardi, e adesso evidentemente lo Stato è costretto a dare l'erogazione di una dimensione corrispettiva al buco che esiste nel bilancio di questa Società.
Io non vorrei dimenticare però certi punti ai quali ho accennato, cioè al rapporto tra l'aumento della produzione e i costi di produzione, e questo lo ha capito anche il relatore, in quella legge dei 20 miliardi lo si dice, perché questo relatore dice una cosa giustissima in questo momento, non è convinto che basti dare dei soldi e che basti la produzione per risolvere il problema della Cogne e a un certo momento dice - io leggo soltanto un inciso -: "... allo scopo di eliminare gli equilibri esistenti che con l'aumento previsto della produzione, circa il doppio dell'attuale nel triennio 1966-1968, tenderebbero ulteriormente ad aggravarsi". Il relatore quindi si rende conto che l'aumento della produzione può risolvere il problema della Cogne solo se i costi di produzione diminuiscono, altrimenti è un cattivo affare, è una cosa negativa.
Consentitemi in questo rapidissimo esame, e penso che mi si vorrà, perlomeno da parte del Dottor Montesano, riconoscere il carattere sintetico di questa mia esposizione...
Montesano (P.S.D.I.) - ...si avvicina alla mezz'ora.
Caveri (U.V.) - ... no, glielo contesto sono le nove meno venti; d'altra parte, la mia non è un'esposizione prolissa, è un'esposizione sintetica, sto toccando molti punti della Cogne, ma non mi fermo a oziare su ogni singolo argomento.
Voglio solo rievocare la conferenza fatta dall'Onorevole Del Bo in data marzo 1966 quando c'era la nostra Giunta, un uomo di buona volontà e noi gli siamo riconoscenti perché è lui che, come Presidente della Comunità Carbone e Acciaio, è venuto ad Aosta ad assumere l'impegno che, se lo Stato garantiva una somma equivalente, la CECA avrebbe stanziato 4 miliardi e mezzo per la Cogne. L'Onorevole Del Bo mi ha chiesto di fare questa esposizione nel Palazzo regionale, senza preoccuparsi affatto che gli Amministratori regionali dell'epoca erano di un colore che era diverso dal suo; la sincerità però della mia esposizione non mi vieta di dire che alcune affermazioni sono strane in questa conferenza dell'Onorevole Bo, perché, come Presidente della CECA, parla della necessità di una rivalutazione, di una restaurazione, di una riconversione della Cogne, ma poi - diciamo evviva la sua sincerità - confessa di non sapere qual è la somma che è necessaria. Cade poi in una contraddizione, perché più oltre dice che con una somma di nove miliardi si risolve questo problema, invece i fatti recenti hanno dimostrato che questa somma di nove miliardi era assolutamente insufficiente, ma comunque questo noi lo diciamo senza nessuna polemica verso l'Onorevole Del Bo, perché è stato l'ultimo in questi ultimi tempi che ha dato l'avvio a un intervento a favore della Cogne.
Tutte queste cose la stampa nazionale non le dice, quando si occupa della questione Cogne, dice le più grandi bugie.
Io ho una collezione di giornali che si occupano della Cogne, ma più che panzane non dicono: per esempio, proprio quando la Corte dei Conti diceva che la situazione della Cogne era disastrosa, proprio nello stesso momento i grandi paladini della "Gazzetta del Popolo" in data... non è nel 1963, è prima, nel 1960, lo riconosco, però la "Gazzetta del Popolo" diceva: "Con la Cogne l'Italia si inserisce ai primi posti per la siderurgia europea", e questo l'hanno detto e ripetuto cinquantamila volte parlando dei discorsi di Zanatta, parlando più tardi dei discorsi di Einaudi, perché la verità è che certi giornalisti non hanno ancora smesso con lo stile laudativo fascista, devono dire che tutto va bene, anche quando queste aziende che loro esaltano come aziende all'avanguardia della siderurgia italiana sono delle vecchie barche che fanno acqua da tutte le parti.
Veniamo al problema dei costi di produzione...
Montesano (P.S.D.I.) - Mezz'ora, Avvocato Caveri.
Caveri (U.V.) - ... mi spiace, ma l'argomento richiede che io tratti questi problemi, se vogliamo parlarne seriamente, e allora io non leggo quello che dice la stampa francese del ferro della Lorena, ma io voglio soltanto fare un paragone tra la nostra stampa, che continua con lo stile delle fanfaronate fasciste, e lo stile del giornale "Le Monde", il quale confessa candidamente che il ferro della Lorena è condannato a morte, perché il costo di produzione del ferro della Lorena tanto esaltato prima - giustamente era considerato uno dei primi minerali di ferro d'Europa - è del 15% superiore all'altro ferro che si può importare dalla Svezia o dalla Mauritania. I nostri giornalisti non direbbero mai una cosa così, anzi non parlano dei costi di produzione, nessuno ne parla, perché questo è un argomento tabù del quale non bisogna parlare. Ora, io mi permetto di attirare l'attenzione del Consiglio regionale su certe cifre, cioè i servizi produttivi della Cogne rappresentano il 69% dei costi della Cogne; i servizi sussidiari il 17%; servizi controlli, laboratorio chimico, laboratorio ricerche, servizio personale rappresentano il 5%. La Direzione generale della Cogne rappresenta l'8% del costo della produzione e se noi al posto della Direzione generale dell'8% sommiamo la percentuale dell'1% dell'Ufficio personale, vediamo che il 9% del costo di produzione della Cogne è rappresentato dai servizi generali della Cogne, e questa certamente non è una cosa commendevole. Io qui ho le percentuali di stipendi, salari, materiale disperso, eccetera. Questo è uno studio, non so se la Commissione della programmazione ha terminato il suo studio sull'industria e soprattutto sulla Cogne, ma io potrei anche passare questi dati al Presidente della Commissione di programmazione, che ne potrebbe far tesoro, anche perché di questo problema dei costi di produzione ne ha parlato un po' poco lo studio della SO.RIS.. La SO.RIS. però ha già detto delle cose molto gravi, perché la SO.RIS. - e lasciamo stare l'interpretazione un po' borghignana sulle necessità di una riduzione, secondo la SO.RIS., degli operai e su questo punto evidentemente non siamo d'accordo - dice delle cose che fanno pensare: che la produzione di Bolzano è di due-tre volte per dipendente finora, perché vi sono cinque filiali e tre direzioni alla Cogne e c'è un'affermazione ancora più grave ed è che il costo di una tonnellata di materiale è, mi pare, di 300 mila lire e che questo stesso materiale viene venduto a 230 mila lire alla tonnellata; se fosse vera quest'affermazione, vorrebbe dire allora che la Cogne vende in perdita. Mi è stato detto che alcuni Dirigenti della Cogne hanno contestato il fondamento di quest'affermazione, ma questi sono tutti elementi che evidentemente sono meritevoli di uno studio.
Come hanno detto precedentemente alcuni oratori, io avrei una relazione tecnica e critica su quanto ha detto la SO.RIS., sul problema della Cogne, la dovrei leggere, ma io voglio almeno ascoltare un poco le esortazioni del Dottor Montesano. Se è vero questo dato: costo di produzione per tonnellata 300, prezzo di vendita 230, è una cosa che fa veramente pensare.
Noi siamo stati i primi, fin dal 1954, che abbiamo richiamato la necessità di studiare la questione dei costi di produzione. Ne abbiamo discusso a lungo e il Consigliere Dayné e il Consigliere Fosson facevano allora parte di quel Consiglio regionale e si ricorderanno che abbiamo parlato a lungo di questo aspetto della questione. Abbiamo chiesto all'allora Ingegner Pasquali di fornirci dei dati su questo problema, ma egli si è chiuso in un ermetico silenzio, mentre i giornali di altri Stati trattano pubblicamente sulle loro colonne di stampa del problema dei costi di produzione e dicono di quanto è superiore il costo di produzione del loro ferro, da noi è tutto un segreto militare, è tutto un segreto di Stato, di queste cose è proibito parlare. Io avevo avuto da un tecnico di valore della Cogne una relazione nella quale si dicevano delle cose molto gravi - quando io ho ricevuto questa relazione, ero Presidente della Giunta -, avevo promesso di non farne uso perché quel tecnico faceva parte della Cogne e quindi temeva di essere scoperto e naturalmente di potere essere passibile di sanzioni. Siccome quel tecnico non è più alla Cogne ed è in una grande Società italiana, in un posto molto superiore a quello che ricopriva questo tecnico alla Cogne, io non sono più tenuto a una specie di segreto, di riservatezza e io forse non ho il tempo di leggere queste cose: è un'analisi stringata e acutissima e, per quanto riguarda il servizio lamiere, io ho ritrovato quello che ha detto il Consigliere Manganoni, che hanno detto altri prima di me. D'altra parte io non me ne intendo di queste... io non faccio che un riassunto di quello che mi è stato detto e cerco di tirare fuori un filo logico da tutte queste cose. Si dice che nel servizio lamiere vi si producevano lamiere da profondo stampaggio per l'industria automobilistica, lamierini in acciaio al silicio per la costruzione di dinamo; per quest'ultima produzione è stato assunto un epurato della Terni, questa produzione è quella che ha permesso al servizio lamiere di agonizzare dal 1952 ad oggi, il servizio è entrato oggi in fase comatosa. Questa era una relazione fatta qualche anno fa, quindi può darsi che qualche cosa sia superato; ma ho sentito, da quanto hanno detto i precedenti oratori, da quello che mi hanno detto altre persone sulla Cogne, che queste cose affermate in questa relazione sono tuttora vere, questo per quanto riguarda il servizio lamiere. Ce n'è a non più finire, non so, bisognava quindi rivolgere la produzione verso le lamiere che non si possono almeno per ora fabbricare con i treni a... Tale produzione è la lamiera in acciaio inossidabile, lamiere in acciaio rapido, lamierini per dinamo; non bisogna dimenticare che la Cogne è una Società per la produzione di acciai speciali e i tipi di lamiere precisati dovrebbero essere di normalissima produzione, invece non si è mai voluto produrre lamiere di acciaio inossidabile, pur avendone gli impianti. Certamente era necessario un certo periodo di produzione sperimentale per mettere a punto i cicli di lavoro, e così via, per i singoli reparti della Cogne, fucina, è un servizio che passa fasi alterne, fasi di notevole lavoro e crisi tremende; in questo servizio vi erano installate due forgiatrici acquistate in America con il piano... venivano essenzialmente impiegate per produrre particolari per motoscooter. Per quanto il prodotto soddisfacente e desiderato dai clienti, le forgiatrici sono state cedute a un fucinatore canavesano perché i forgiati da noi prodotti avevano un costo troppo elevato. Pare che il fucinatore, dopo aver acquistato la prima forgiatrice, non riuscisse a pagare la seconda per cui la Società sospendeva la spedizione in attesa di pagamenti, pertanto la seconda forgiatrice è stata ferma in un piazzale per circa 4-5 mesi. Dopo tale data, probabilmente con i prodotti ricavati con la prima forgiatrice, il cliente manteneva i suoi impegni sia per una come anche per l'altra forgiatrice. Presso di noi tali impianti non rendevano, in mano di altri sono fortemente redditizi. Trafilatura: è un servizio che lavora quando vi sono campagne per la produzione di monete di acciaio inossidabile, per la Zecca italiana e quella turca. Quando tali lavorazioni rallentano, il servizio praticamente langue. Anche in questo settore c'è una forte crisi, mentre proprio industrie similari in Italia sono attivissime, e poi osservazioni sui trattamenti termici che non leggo, sul condizionamento acciai che non leggo, sui laminatoi, sul settore delle produzioni e così via, ma questi sono tutti dati sui quali evidentemente non possiamo approfondire il nostro esame in una seduta del Consiglio regionale; questi sono gli elementi che, all'infuori della polemica più o meno politica, dovrebbero essere esaminati in quella tale Commissione di cui noi chiediamo la nomina, perché noi diciamo che la questione della Cogne è tutt'altro che avviata alla sua soluzione.
Questione del fumo: sulla questione del fumo io avevo incaricato parecchi anni fa l'Ingegner di Torino specialista di queste questioni di farmi una perizia; la perizia è stata fatta ed è stata anche consegnata regolarmente alla Cogne. Questa perizia risale niente meno che al 1949, io penso di farne delle copie e di spedirle a tutti i Consiglieri regionali e a tutti i membri della Commissione di programmazione. Io penso che nell'Amministrazione regionale vi siano copie, ad ogni modo io non ho nessuna difficoltà se la Segreteria o la Presidenza della Giunta danno delle istruzioni a qualche dattilografa di fare delle copie e sono ben lieto di contribuire allo studio della questione del fumo con questa perizia molto precisa e molto dettagliata; perizia nella quale, per ogni reparto della Cogne, si diceva quello che doveva essere fatto e quanto avrebbe costato allora lo stabilire degli impianti contro il fumo nei singoli reparti.
Veniamo, dulcis in fundo, alla questione...
Montesano (P.S.D.I.) - ... di quanti minuti ha bisogno Avvocato Caveri?
Caveri (U.V.) - Pochissimi minuti. Ho ancora la questione dei rapporti umani e poi termino la mia esposizione.
Montesano (P.S.D.I.) - Perché qui bisogna mettersi d'accordo, vi sono otto interventi.
Caveri (U.V.) - Sì, ma io sono stato ultra succinto nella mia esposizione...
Montesano (P.S.D.I.) - ...sta parlando da quarantacinque minuti.
Caveri (U.V.) - ... se io avessi detto tutto quello che era nel mio animo di dire, sarei soltanto a metà della mia esposizione.
Rapporti umani: che cosa mi diceva quel tale tecnico che è volato ad altri più felici lidi industriali? Mi diceva questo: "i rapporti tra la Direzione, la super Direzione della Cogne e i Dirigenti della Cogne...", quindi immaginatevi con gli operai e con gli impiegati della Cogne. Si è arrivati a scontentare dal Dirigente al manovale, esiste un servizio inquirente che nulla ha da invidiare all'Inquisizione spagnola. La vita dei dipendenti viene vagliata ed esaminata senza pietà, le capacità tecniche passano in second'ordine rispetto alle notizie investigative; basta il sospetto che un dipendente non sia perfettamente allineato ai superiori dipendenti e a superiori intendimenti e questi diventa un reprobo da eliminare alla prima occasione. Questo stato di cose ha determinato le fughe dei tecnici di maggior valore che in pochi anni hanno dato le dimissioni. L'Ingegner Zorgno Luigi, attualmente alla F.I.A.T., giudicato alla Cogne per un incapace è risultato poi vincitore del concorso mondiale per l'impianto siderurgico venezuelano che produrrà 500.000 tonnellate di acciaio all'anno. A detto Ingegnere la F.I.A.T. ha affidato delicate mansioni in Jugoslavia e in Africa; sono stati licenziati, perché non completamente conformisti, i seguenti tecnici: Ingegner Berzieri, Ingegner Ferrante, Ingegner Gagliardi, Ingegner Parvis, Dottor Tomatis, Ingegner Ioppolo. Hanno invece dato le dimissioni i seguenti tecnici: Ingegner Zorgno, Ingegner Tommasi, Ingegner Grandi, Ingegner Magliano, Ingegner Fasciolo, Ingegnere Lanza, Ingegnere Ferrara, Ingegner Lombardi, Dottor Minardi, Ingegner Bruzzo, Ingegner Verrocchi... Ingegner Borello, Dottor Savazari, Ingegnere Henry. Si tratta di tecnici che lasciando la Cogne hanno sensibilmente migliorato la loro sistemazione finanziaria. Si tratta di tecnici che, dopo aver acquisito una notevole esperienza, sono andati a portare la loro conoscenza tecnica a ditte concorrenti. Questo naturalmente è un grave danno alla Società e ne è responsabile chi non ha saputo valorizzarli e per contro li ha scontentati. Se mancano i rapporti umani tra Direzione e tecnici di prima importanza, cui era stata affidata la responsabilità di interi settori della Società, quali possono essere i rapporti tra Direzione e personale subalterno operaio? D'altronde, quando in una comunità si instaura un regime poliziesco guidato da un semi-analfabeta che risponde al nome di Riggio, per cui il collega teme la delazione, e non solo i colleghi temevano la delazione alla Cogne, ma persino i Dirigenti della Cogne tremavano quando vedevano passare Riggio, perché Riggio aveva la potenza alla Cogne di presentare i rapporti contro i capi settore e contro i capi servizio, e questi rapporti qualche anno fa erano accettati a occhi chiusi come se si fosse trattato di oro colato. Il regime poliziesco inquisitore è proprio dei regimi autoritari e non certo dei sistemi democratici che si fondano sui rapporti umani e sul reciproco rispetto della personalità. Si sono adeguati alla mentalità dei dittatori industriali maggiori Dirigenti della società, che non ammettono all'inferiore di dissentire nemmeno sul piano tecnico dal loro punto di vista. La discussione sul piano tecnico, se proposta da inferiore, è considerata un grave reato di ribellione e di insubordinazione. Tale sistema è d'altronde molto comodo, perché non si permette all'inferiore di fare osservare errori di impostazione di problemi tecnici.
Montesano (P.S.D.I.) - Consigliere Caveri, lei sa qual è il Regolamento; io l'ho avvertito già due volte.
Caveri (U.V.) - Giunto a questo punto...
Montesano (P.S.D.I.) - ...perché gli altri protestano...
Caveri (U.V.) - ...ho terminato e dulcis in fundo voglio parlare di un'ultima cosa e chiedo per questo due minuti. Il fatto è questo, ed è che io voglio sperare che questo sistema sia stato abbandonato alla Cogne, ma solo qualche anno fa, c'era anche questo, cioè c'era un servizio di mutui agli operai, di mutui ad alto interesse, a interesse usuraio; si sa benissimo qual era il dirigente che maneggiava questo settore, si serviva di un certo Signore "C." - io so benissimo il cognome di questo Signore, ne pronuncio solo l'iniziale C. - e questi, pur essendo un piccolo impiegato, notoriamente senza mezzi, era l'operatore che faceva questi mutui usurari agli operai e agli impiegati, ai dipendenti in genere, questo tanto per completare il quadro dei rapporti umani alla Cogne.
Io voglio anche riconoscere che una parte di queste affermazioni contenute in queste relazioni si riferiscano a una situazione grave che c'era qualche anno fa, posso anche ammettere che in questi ultimi tempi vi siano stati dei miglioramenti, ma non penso però che la situazione dei rapporti umani sia già completamente normalizzata alla Cogne e credo che qualche cosa si debba fare per migliorare ulteriormente... in parte migliorata... la situazione dei rapporti umani alla Cogne.
Io quindi termino la mia esposizione, esposizione che è stata rapida, sintetica e fugace e di questa rapidità, di questa sinteticità e di questa brevità il Dottor Montesano, che è sempre lì col cronometro in mano, anche quando si tratta di problemi così delicati, me ne dovrebbe dare atto.
Io ho terminato e l'esposizione di quello che hanno detto con maggiore conoscenza di me, perché i precedenti oratori hanno maggiore conoscenza di me di quanto si svolge nello stabilimento della Cogne, ma questa semplice elencazione dei vari problemi della Cogne dimostra come sia necessario formare una Commissione di studio che seriamente, obiettivamente, all'infuori di ogni polemica, possa gettare le basi per una premessa, per una migliore politica economica e per dei migliori rapporti umani dell'interno della Società Nazionale Cogne.
Macheda (P.C.I.) - Come tutti voi ben sapete, io sono un minatore e lavoro nella miniera di Cogne da 27 anni, perciò credo di conoscere sufficientemente, per la mia lunga esperienza, la vita dei minatori della miniera, le condizioni dell'ambiente di lavoro, i metodi di estrazione e lavorazione della magnetite della Cogne, quindi credo di dover esporre la mia opinione sui problemi che interessano la classe operaia delle miniere e, più che in generale, ciò che io penso a riguardo del modo di come oggi si procede allo sfruttamento della miniera. Lascio a voi immaginare cosa significhi lavorare in una miniera a quota da 2.000 a 2.500 metri di altezza, dove l'aria si fa sempre più rarefatta e diviene difficile la respirazione, anche per uno che fa solo una gita in montagna e con un fisico sano. Noi siamo nelle condizioni di dover lavorare per otto ore consecutive nel fronte di avanzamento della miniera, dove, oltre allo sforzo fisico in cui è sottoposto il minatore, va detto che l'ambiente di lavoro è tale che colpisce gravemente la salute dei minatori, infatti lavoriamo in presenza di acqua che in molti casi raggiunge i 10 centimetri di altezza. Questo porta come conseguenza artrosi e reumatismi, ma ancora più grave è la presenza di polvere di silicio che noi minatori siamo costretti a respirare e che, nonostante la maschera, giunge a colpire i polmoni ugualmente. La conferma di ciò è che la quasi totalità dei lavoratori è colpita da silicosi, da reumatismi, artrosi e sordità; io stesso sono colpito da silicosi e artrosi aggravata da parecchi anni e mi è stato riconosciuto finora il 46% di silicosi. Altra conferma di quanto ho detto ci viene dal grado elevato di assenze al lavoro per malattia, che in media va dal 20% al 38% degli occupati. Io credo che la Società Nazionale Cogne non faccia ciò che sarebbe suo dovere fare affinché migliori gli ambienti e le condizioni di lavoro: per esempio, credo che con opportuni investimenti sarebbe possibile installare degli impianti di aspirazione della polvere di silicio e di fumo dovuta al brillamento delle mine. Mi rendo conto che, per costruire degli impianti di aspirazione della polvere di silicio, sono necessari parecchi capitali, ma forse la vita e la salute di centinaia e centinaia di operai che estraggono enorme ricchezza dalle viscere della terra non giustificano che siano spesi dei soldi per rendere meno nocivo l'ambiente di lavoro? La Cogne è un'azienda di totale proprietà dello Stato e quindi di proprietà di tutti di cittadini, quindi degli stessi minatori, ma in pratica la sua condotta non si differenzia affatto da quel genere di stabilimento a carattere privato. Il Consiglio regionale deve dire la sua parola, deve indurre la Cogne a fare i necessari investimenti per alleviare la fatica, garantire la sicurezza e la salute degli operai.
Vorrei sottolineare un altro problema che interessa direttamente tutti i dipendenti delle miniere: mi riferisco al modo in cui oggi viene accettata la nocività dell'ambiente di lavoro e come vengono riconosciute la silicosi e le altre malattie professionali come l'angioneurosi. Oggi noi minatori siamo sottoposti a visita medica con relative lastre che ci vengono fatte per accertare il grado di malattia, ma questo avviene tramite il medico di fabbrica, che è egli stesso un dipendente della Cogne e, purtroppo, pur essendo definita la professione del medico una professione nobile avviene che anche egli non si sottrae dal fare gli interessi della Cogne, non riconoscendo determinate malattie e gradi di invalidità. Credo indispensabile che gli operai delle miniere siano sottoposti a visita medica per accertamento delle malattie professionali non dal medico di fabbrica, ma da altri enti. Io credo che tale compito dovrebbe essere rimandato al medico regionale perché egli lo effettui mediante gli uffici e i mezzi regionali che ritiene più idonei. Avremo così maggiore garanzia di obiettività per gli accertamenti, e la salute degli operai non potrà che essere maggiormente salvaguardata.
Vorrei anche, come ho già detto, esprimere la mia opinione largamente condivisa dai minatori sugli attuali metodi di estrazione della miniera di Cogne. Da sei o sette mesi si sta sfruttando la miniera con metodi che hanno come obiettivo la massima produttività sulla base della linea voluta nell'attuale Direzione della Cogne. Quali sono questi criteri introdotti da un ingegnere svedese? Prima l'estrazione della magnetite avveniva con determinati criteri, tendenti a sfruttare razionalmente la miniera, oggi, con l'intento di produrre di più che in passato, avviene che è un saccheggio della miniera stessa, perché i metodi nuovi provocano una perdita di minerali che si aggira all'incirca dal 40 al 45%, perdite che avvengono in quanto il minerale rimane insaccato nella montagna, e crescendo anche il grado di pericolosità per il minatore nella... in ritirata.
Un'altra conseguenza è che la produzione, nonostante gli sforzi, diminuisce tanto che prima in tre turni di lavoro si produceva in media 1.700 tonnellate, mentre oggi si producono 1.100-1.300 tonnellate di minerale. Ora, io mi chiedo, e con me tutti i minatori, com'è possibile andare avanti con questo metodo di coltivazione, che, oltre a provocare gravi danni alle miniere, e quindi alla Cogne, porta come conseguenza che i cottimi degli operai hanno subito una riduzione di circa il 20% per effetto della riduzione della produzione, il che significa in media dalle 15.000 alle 25.000 lire in meno mensili nel salario degli operai. Se gli studi della programmazione regionale indicano che le riserve di magnetite sono sufficienti ancora per 15 anni, è facile capire che, seguendo la strada imboccata in questo periodo, si riduce della metà, è inconcepibile pertanto che si debba continuare di questo passo.
Il Consiglio regionale deve intervenire per modificare al più presto questo metodo di sfruttamento della miniera, il futuro della Cogne e della Valle d'Aosta vengono così seriamente compromessi, il minerale di Cogne, che è di alta qualità, ha permesso e permette la produzione di acciai speciali e la Direzione della Cogne se intende operare nell'interesse dell'azienda e della Valle, deve sfruttare le miniere in modo adeguato e puntare nella propria produzione non prevalentemente sulla quantità, ma sulla qualità. La Cogne può avere un proprio mercato di qualità, soprattutto se si orienta (cosa che non ha fatto finora) a lavorare gli acciai al prodotto finito.
Vorrei concludere sollevando un altro problema che riguarda le ricerche di minerale nel settore del sottosuolo a Cogne, e più in generale in Valle d'Aosta. Se non sbaglio, a me risulta che da anni la Cogne non conduce delle ricerche, che sono invece più che mai necessarie, la prova è che il bilancio della Cogne, risulta, stanzia per le ricerche solo un milione di lire, ciò che è assolutamente insufficiente per delle vere ricerche. Io credo che la Cogne debba condurre delle vere ricerche minerarie stanziando tutti i fondi necessari a questo fine. Sono questi i problemi che ho sollevato di estrema importanza per il futuro della Cogne e dell'industrializzazione della nostra Valle. Sono d'accordo perciò con la mozione che chiede una Commissione di studi per affrontare con la Direzione della Nazionale Cogne tutti gli aspetti e gli orientamenti produttivi per il futuro, così pure i problemi che interessano la vita e la salute degli operai dello stabilimento e delle miniere di Cogne.
Colombo (P.S.I.) - Io concordo con la maggior parte degli interventi che sono stati fatti dai Consiglieri, soprattutto quando hanno rimarcato quali sono le condizioni di lavoro e di democrazia che abbiamo nell'interno della fabbrica, quando hanno rilevato il problema delle scorze di magnetite, quindi della necessità dello studio di una sua riconversione. Concordo con quanto ha detto il Consigliere Germano per quanto concerne il quadro della sconvolgente, impressionante situazione che abbiamo in relazione alle malattie professionali e soprattutto concordo anche con l'ultimo intervento dell'Onorevole Caveri, quando ha messo il dito sulla piaga, e cioè su un serio studio sui costi di produzione.
Voglio solo rilevare - prima appunto di addentrarmi nel mio intervento - che soprattutto per le speculazioni che circolano in questo periodo nei confronti del Partito al quale appartengo... voglio rilevare che nella lunga battaglia politica condotta in Valle d'Aosta dal 1945 ad oggi i Socialisti si sono sempre resi conto della funzione determinante che la grande industria di Stato aveva, ha e continuerà ancora ad avere per un lungo ordine di anni nell'economia della Valle e nell'occupazione dei suoi abitanti.
Personalmente ho una lunga esperienza dei problemi dei lavoratori della Nazionale Cogne e posso tranquillamente affermare che i Socialisti non sono mai stati secondi a nessuno nel portare avanti, spesso con coraggio e sacrificio, le istanze degli operai della Nazionale Cogne per una maggiore efficienza della loro azienda, per l'eliminazione di ogni discriminazione nel governo della fabbrica, discriminazione per cui per primi siamo stati le vittime. La battaglia non ha mai avuto soste, anche se non coronata sempre da successo.
Nel Sindacato, negli organismi di Partito, nel Consiglio comunale di Aosta, nel Consiglio regionale mai è mancata la denuncia dei Socialisti per l'andamento preoccupante della vita economica dell'azienda e per il clima imposto dagli uomini che per lunghissimi anni erano stati preposti alla sua guida. A tali uomini deve essere attribuita, a nostro parere, tutta la responsabilità della situazione morale ed economica della Cogne. Non è giusto o perlomeno è troppo facile attribuire ogni colpa allo Stato, in quanto Ente indeterminato e imprecisato, la responsabilità è degli uomini a cui lo Stato ha affidato la gestione di un'impresa che appartiene a tutti gli Italiani e dalla quale dipende il destino di oltre cinquemila operai e delle loro famiglie.
L'esame comunque della situazione economica della Cogne nel 1965 era certamente, com'è stato anche descritto dai Consiglieri, assai preoccupante; l'occupazione operaia era in continua diminuzione: dagli 8.490 dipendenti del 1953 si era giunti a 4.550 alla fine del 1965. Le risultanze dei bilanci pubblicati non lasciavano alcuna speranza. Una decisione della Corte dei Conti, e l'Onorevole Caveri l'ha sottolineato... che denunciava gravi fattori di squilibrio nella gestione della Società aveva fatto correre brividi di freddo a tutti i Dirigenti politici responsabili.
Oggi fortunatamente non è il caso neanche di soffermarsi su tali orientamenti, perché... sono ormai superati. Il Presidente del Consiglio regionale, della Giunta e la Giunta tutta si sono messi all'opera e, sostenuti lealmente dai Partiti di Centro-Sinistra, hanno ottenuto finalmente dal Governo gli indispensabili finanziamenti. Ai nuovi programmi di sviluppo è stato così assicurato il necessario sostegno finanziario; la produzione è aumentata e naturalmente è aumentata sulle spalle dei lavoratori anche l'occupazione, però bisogna riconoscere che ha ripreso sia pure molto lentamente ad avere una certa espansione, il che lascia prevedere in un prossimo futuro un'inversione di tendenza nei confronti del passato. Sarebbe fuori luogo non prendere atto di questa nuova situazione, merito essenziale dell'azione politica. Tutto questo però - e lo diciamo ad alta voce - non trova assolutamente soddisfatti i Socialisti che hanno sempre sostenuto e sostengono tuttora ben altri obiettivi.
Nel prendere atto della nuova situazione è perciò doveroso riconoscere che nessun mutamento è avvenuto nel clima dei rapporti umani con le maestranze, nell'adeguamento delle retribuzioni all'aumentata produttività aziendale, nell'aggiornamento degli organici in relazione alle nuove tecniche e alla nuova organizzazione del lavoro, e soprattutto nell'adozione di adeguati provvedimenti capaci di proteggere i lavoratori dalla silicosi. Se su questi problemi di fondo non sono stati fatti passi in avanti, è del tutto inutile nasconderlo, purtroppo la mentalità e il metodo antidemocratico in atto da oltre 20 anni hanno resistito a ogni iniziativa e azione tendente a capovolgere tale insostenibile situazione. Quest'amara constatazione ha indotto i Socialisti a denunciare pubblicamente, senza tentennamenti di sorta, con lo solo scopo di difendere gli interessi sostanziali dei lavoratori, le intollerabili condizioni di vita e di lavoro in atto nella fabbrica. Ho qui l'articolo con l'intervista del Compagno Froio, apparso su "Avanti" del giorno di San Giuseppe dello scorso anno, in cui, senza mezzi termini, veniva responsabilmente descritta la situazione. In seguito, il periodico del Partito dava inizio, con una relazione introduttiva pubblicata il 5 giugno, a un dibattito sull'argomento.
Gli ambienti reazionari, quelli che vogliono che tutto rimanga come prima, reagiscono e cercano di colpire proprio i Socialisti che hanno avuto il coraggio di volersi opporre ai metodi discriminatori e intimidatori praticati nell'azienda. Ciò che poi è avvenuto è ormai noto: il Presidente della Nazionale Cogne, Zanatta, questo illustre personaggio che gli operai non hanno mai potuto avvicinare, questo Presidente che di problemi della Cogne non se ne è mai interessato, ha querelato il Direttore di "Avanti", il giornalista Santerini e il Compagno Froio. Forse pensa e spera di poter dimostrare che alla Cogne va tutto bene, che la politica di discriminazione del clima antidemocratico tuttora imperante sono cose del passato. Certamente si sbaglia, perché nessuno potrà contrabbandare la preoccupante realtà esistente nella fabbrica. C'è, è vero, anche chi vorrebbe farlo puntando decisamente sulla denigrazione dei Socialisti, sperando così di sciogliere i lavoratori dai loro reali problemi per fini che, alla vigilia di due competizioni elettorali, sono facilmente individuabili,
purtroppo, gli speculatori politici, i... di professione ci sono sempre stati e pensano di poter sfruttare anche questa volta questa occasione.
Dispiace - e lo dico veramente con coscienza - di constatare che quest'azione di rottura dell'unità dei lavoratori, gli appoggi in ultima analisi a Zanatta, venga questa volta dall'Union Valdôtaine, con l'articolo pubblicato sull'ultimo numero del "Le Drapeau rouge et noir". È un gioco pericoloso, Onorevole Caveri, che potrebbe anche risolversi sul suo movimento... sappia che i Socialisti non hanno nulla da imparare soprattutto da quel mistificatore della verità che ha scritto quell'articolo sul da farsi quando sono in gioco i diritti e gli interessi dei lavoratori.
Abbiamo alle nostre spalle un passato ricco di lotte operaie, abbiamo una storia che è strettamente legata e connessa con le conquiste della classe lavoratrice, per cui non sono certamente le vostre falsità, non sono i vostri meschini e vergognosi attacchi personali contenuti in quell'articolo che possono scalfire o intaccare la coerente e decisa azione dei Socialisti impegnata nella lotta per la democratizzazione della Nazionale Cogne.
Fatte queste necessarie precisazioni, è doveroso da parte nostra esprimerci sulla mozione in discussione. Il merito delle premesse non può non trovarci consenzienti in quanto siamo già stati proponenti convinti della mozione presentata e discussa dal Consiglio regionale nella seduta del 30 giugno 1964. Occorre però, per rimanere nel quadro della realtà, tenere presente che ormai è accertato che il Consiglio regionale non può disporre l'istituzione di una Commissione del genere di quella proposta. La Commissione di Coordinamento ha già negato la legittimità di una simile decisione; gli strumenti attuali ci consentono tuttavia di affrontare, non solo ai fini di un semplice studio, come viene ora proposto, ma ai fini pratici, i problemi sollevati dalla mozione in sede di Comitato regionale per la programmazione economica, in cui siedono i rappresentanti della Cogne e delle Organizzazioni sindacali. In quella sede, direi naturale, al riparo di qualsiasi disquisizione di competenza, possono e debbono essere perseguiti gli scopi vuoi di indagini, vuoi operativi che la mozione si propone; comunque se i presentatori della mozione insistono per la nomina della Commissione consiliare, non abbiamo posizioni preconcette in merito.
Il Consiglio deve però, a mio parere, fare sentire la sua voce con un'adeguata solenne dichiarazione perché esso non può e non deve estraniarsi dalla vita della Regione che per molti palpiti gira intorno alle vicende della Nazionale Cogne: ecco perché propongo all'approvazione del Consiglio il seguente ordine del giorno - con il paragrafo relativo alla nomina della Commissione e se i presentatori della mozione, come ho detto prima, ritengono di inserire anche il contenuto della loro delibera -:
Ordine del giorno
Il Consiglio regionale
legittimo interprete degli interessi della Valle d'Aosta e partecipe della vigile attenzione della sua popolazione nei riguardi dell'efficienza della "Naz. Cogne", da cui dipende il lavoro e l'avvenire di tante famiglie,
prende atto
- che nella "Cogne" alla fase involutiva dell'occupazione operaia e della mancanza di prospettive per l'avvenire è negli ultimi due anni subentrata una fase di moderni e razionali programmi di sviluppo e di conseguente maggiore progressiva occupazione;
- che il nuovo corso politico di centro-sinistra, che presiede al governo del Paese e all'Amministrazione della Regione, ha consentito nel breve arco di pochi mesi di porre a disposizione della "Cogne" una prima e già consistente quota dei mezzi finanziari necessari per la realizzazione dei suoi programmi;
auspica
- che tali interventi finanziari dello Stato, in conformità al programma quinquennale di sviluppo economico, siano adeguatamente e progressivamente mantenuti fino a liberare completamente la "Cogne" da ogni onere passivo dovuto alla precedente fase depressiva ed estraneo all'attuale fase di razionali rapporti fra investimenti, spese di esercizio, produttività e utile industriale-commerciale;
constata con rammarico
- che nonostante i risultati positivi dell'azione politica svolta in favore della "Cogne" permangono nell'azienda metodi interni di governo delle maestranze incompatibili con una moderna e civile concezione della direzione e organizzazione industriale;
- che ogni sforzo legittimamente fatto dalle istanze politiche più qualificate per migliorare tale situazione è risultato vano;
- che alla sincera e aperta denunzia e alla democratica critica costruttiva ha fatto seguito, anziché un nuovo colloquio con le maestranze e un cambiamento di clima, una querela per diffamazione nei confronti dell'organo di stampa ufficiale di uno dei partiti di governo, da parte del Presidente della "Cogne" ed un irrigidimento della precedente situazione;
ritenuto
- che l'aspetto umano nei rapporti di lavoro costituisce insostituibile fine di ogni azione politica e sociale, fine al quale non può essere indifferente quale depositario del maggior potere locale e vicino quindi, più di ogni altro, ai sentimenti dei cittadini;
mentre esprime la propria soddisfazione
al Governo Nazionale per l'intervento fatto in favore della "Cogne" promuovendo i necessari provvedimenti legislativi per i relativi finanziamenti;
chiede
che tale sforzo - in cui si manifesta peraltro la solidarietà nazionale per gli operai della "Cogne" - sia accompagnato da un radicale rinnovamento dei rapporti nell'interno dell'azienda, eliminando ogni mentalità antidemocratica autoritaria, irrispettosa delle esigenze umane e della personalità del lavoratore;
auspica
che l'attività della "Naz. Cogne" nei suoi programmi e sviluppi sia inserita in modo organico nel programma economico regionale, promuovendo, quale industria siderurgica, iniziative per la creazione di piccole e medie industrie meccaniche e manifatturiere che utilizzino direttamente in Valle d'Aosta, almeno in parte, la sua produzione di acciai;
delibera
di nominare una Commissione consiliare per lo studio della situazione produttiva della "Cogne" e delle sue prospettive di sviluppo, nonché per un esame delle condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti dello stabilimento;
dà mandato
al Presidente del Consiglio regionale di portare a conoscenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica e del Ministro delle Partecipazioni Statali il presente ordine del giorno.
F.to: Colombo
(brusìo in aula)
Montesano (P.S.D.I.) - Consigliere Fosson, 21.30...
Fosson (U.V.) - Ore 21.30. Tranquillizzo subito il Professor Montesano che non userò tutto il tempo della mezz'ora, alle volte si hanno questi proponimenti, poi si fa tutto il contrario.
Siccome sono il settimo a prendere la parola su questo argomento e quelli che mi hanno preceduto hanno già sviscerato il problema a fondo sia nella questione dei rapporti delle condizioni di lavoro, condizioni igieniche, sia sul piano dei rapporti stessi di lavoro, sia su alcuni altri punti, io cercherò di non ripetere le diverse cose che sono già state dette, invece verrei un po' così, à bâton rompu, sulle cose che ho potuto afferrare un po' alla svelta, dette da Colombo, e non parlo dell'ordine del giorno, in quanto per la questione dell'ordine del giorno, siccome è molto lungo, pregheremmo di darcelo in visione per vedere come lo possiamo coordinare, ma vorrei subito parlare di un argomento. L'Assessore Colombo dice che i rapporti umani all'interno della fabbrica sono ancora quelli che sono, che praticamente quelli del passato erano dovuti esclusivamente a degli uomini e queste responsabilità non sono da attribuire ad altri. Io qui devo fare un rilievo e mi dispiace che sia un rilievo anche polemico, ma siccome è su una parte vissuta... quando noi parliamo oggi di nominare una Commissione per esaminare questi problemi, e sono prima di tutto quei problemi eventualmente tecnici che si rapportano all'orientamento della Società nella sua produzione rispetto anche al piano di sviluppo regionale... Devo dire però che, per quanto concerne i rapporti umani nel passato, questi uomini che hanno praticato una certa politica alla Cogne... sono stati a incoraggiare questa data politica da un appoggio di altri politici che, tanto per non andare molto lontano, facevano parte della Democrazia Cristiana.
Se certi uomini di quel Partito che hanno imperato alla Cogne hanno preso a un certo momento certe posizioni e sono passati a fare delle intimidazioni, è perché essi sono stati incoraggiati da organi responsabili, o almeno da uomini responsabili della Democrazia Cristiana valdostana. Mi sia concesso dire questo perché, quando il sottoscritto è stato mandato per un anno a Bologna, l'intervento presso questi "papaveri" della Cogne è stato fatto da parte di alcuni membri della Direzione dalla D.C. della Valle d'Aosta: questo sia detto per la verità. Ho avuto una piccola soddisfazione a un certo momento perché proprio quel tale che ha preso questo provvedimento dalla sera alla mattina, pensando di mettere il sottoscritto con le spalle al muro e che il sottoscritto si sarebbe dimesso dalla Cogne, vedendo che le minacce, che le intimidazioni non servivano a niente, a un certo momento, quando era Sindaco del Comune di Torino, mi ha fatto una volta una mezza confessione e io ho avuto in quel momento una grande soddisfazione che mi ha pagato di tante cose che avevo sopportato. Il clima di intimidazione che veniva così richiesto dai Dirigenti della D.C. Valdostana noi l'abbiamo sentito quando ci sono state le elezioni comunali del 1956 e, quando qualcuno ha mandato a chiamare Tizio, Caio, Sempronio che appartenevano ad altri Movimenti politici, a altri Partiti e gli hanno detto: "tu continuerai a stare alla Cogne se non ti presenti candidato con quella lista"... molta gente, si capisce, ha messo giù la testa e ha dovuto subire, qualcun altro non ha subito e chi non piega la testa dinanzi a queste intimidazioni a un certo momento finisce che è più rispettato di chi la mette giù. Questo quindi volevo solo dire a Colombo per il fatto che uomini da una parte e uomini dall'altra.
Il mio intervento non voleva venire su questo punto, ho detto che non volevo toccare diversi altri argomenti, ma volevo parlare solo della necessità di arrivare a una Commissione.
Anche nelle conclusioni dello studio della SO.RIS. - e parto dalla fine - si dice ad un certo momento: "La Regione può collaborare alla completa attuazione del programma della Cogne: a) appoggiando gli opportuni interventi affinché la Società possa procurarsi finanziamenti necessari per l'esecuzione del piano di ammodernamento e di incremento della produzione... una maggiore collaborazione tra il Consiglio regionale e il Consiglio di amministrazione della Cogne sembra a tal fine opportuna; b) affrontando il problema di una maggiore integrazione dell'azienda nel territorio, a livello di formazione professionale; c) promuovendo le opportune iniziative per accertare la convenienza e la fattibilità di integrare a valle i cicli lavorativi della Cogne avendo come obiettivo - se la creazione di nuovi reparti all'interno dell'azienda stessa non è possibile o conveniente - la costituzione di nuove unità produttive che integrino i processi di lavorazione della Società ". Si dice poi che, da quest'ultimo punto di vista, sarebbero necessarie particolari indagini e approfondire delle indagini.
Ora, noi abbiamo sostenuto questo principio della collaborazione tra il Consiglio regionale, fra l'Amministrazione regionale e la Cogne non da oggi, ma dal momento che la SO.RIS. ha scritto queste parole, ma noi avevamo sostenuto questa collaborazione e la necessità che il Consiglio regionale fosse informato di quello che avveniva nella Cogne sin dal 1949, e nel 1949 il Consiglio regionale si era pronunciato all'unanimità per chiedere la partecipazione di due persone, due membri nel Consiglio di Amministrazione della Cogne designati dal Consiglio regionale. Siamo stati beffati allora perché l'Amministrazione della Cogne ha accettato in un primo tempo uno dei designati dal Consiglio regionale, ha dato assicurazione che avrebbe accettato anche il secondo designato dall'Amministrazione regionale, ma questo non si è mai verificato. Scusate se parlo di questo problema, ma ritengo che sia utile e mi dispiace che uno di quei tali designati dal Consiglio regionale fosse proprio il sottoscritto perché, dovendo parlare di questo, parlo anche in prima persona, ma ne parlo a distanza di tempo e solo per fare una piccola cronistoria e per vedere come si sono svolti i fatti allora. Nel 1950, appunto, il Consiglio regionale deliberava e designava questi due rappresentanti: uno era l'Ingegner Pasquali, l'altro era il sottoscritto e io ho qui la lettera del 26 maggio 1950 in cui mi si comunica che il Consiglio regionale mi aveva nominato come rappresentante in seno al Consiglio di amministrazione della Cogne. L'Amministrazione regionale ha scritto al Presidente e all'Amministratore delegato della Cogne e, in data 28 ottobre 1950, il Professor Bordin rispondeva al Presidente della Giunta e diceva: "Riscontro la di Lei del 17 corrente e anche a nome del Presidente, Senatore Guglielmone, a cui è pervenuta lettera di uguale tenore circa la nomina di un secondo rappresentante della Valle in seno al Consiglio "Cogne", Le comunico di aver preso atto del suggerimento che potrà trovare realizzazione non appena se ne presenti la possibilità ". Come dico, le possibilità si sono presentate, ma di rappresentanti dell'Amministrazione nominati dall'Amministrazione regionale non si è più parlato. Perché ho sollevato questo problema? Ho sollevato questo problema per dire che noi ritenevamo allora che... a parte che potevamo anche essere contrari che fossero nominati dei Consiglieri regionali in seno al Consiglio di amministrazione della Cogne, ma che due rappresentanti del Consiglio regionale fossero nel Consiglio di Amministrazione della Cogne... e questo per creare quel legame che avrebbe dovuto esistere tra una Società che rappresentava il fulcro di tutta l'attività industriale in Valle d'Aosta e il Consiglio regionale.
In un secondo tempo si è pensato di risolvere il problema in modo diverso: si sono inseriti non più dei rappresentanti del Consiglio regionale, ma dei rappresentanti di Partito, tant'è vero che si è messo in un primo tempo l'Avvocato Bondaz. Recentemente si sono messi altri due rappresentanti, tanto per accontentare i due Partiti che sono al Governo, però questi non sono rappresentanti del Consiglio regionale e noi dobbiamo su questo punto dire che, siccome ci eravamo sempre battuti in passato e ritenevamo ancora adesso che fossero due rappresentanti nominati dal Consiglio regionale, avreste potuto benissimo approfittare della vostra maggioranza, nominare dei vostri rappresentanti, ma che fossero nominati dal Consiglio regionale. Perché è necessario che l'Amministrazione regionale sia rappresentata nel Consiglio di Amministrazione e possa avere questo legame? A parte che lo dice la SO.RIS. stessa che è necessaria una collaborazione fra la Società e l'Ente Regione, ma è perché noi vedevamo fin d'allora che era necessario poter instaurare questa collaborazione anche per i piani futuri dell'industria della Cogne in Valle d'Aosta.
L'altro giorno con il Consigliere Lustrissy abbiamo avuto un malinteso perché lui non ha capito quello che volevo dire e io forse non ho capito la sua interruzione e abbiamo fatto una brevissima polemica sulla questione della Commissione consultiva della programmazione, ma io non volevo fare nessuna polemica in quel momento. Oggi però voglio ripetere alcune cose che ho già detto nella Commissione consultiva della programmazione e a questi interrogativi che io ho posto in quella sede - e certamente non era il Signor Lustrissy, Presidente della Commissione, che doveva rispondermi - io delle risposte non ne ho avute perché, da una parte, c'è stata una mezza risposta di rappresentanti della Cogne che praticamente difendevano una certa posizione, ma io avrei voluto e avevo posto delle domande per avere una risposta dai tecnici che avevano sviluppato questi studi perché ritenevo che fossero fondamentali per i lavori che noi dovevamo proseguire.
Le domande erano molto semplici perché sono attinenti e sono fondamentali per sapere quello che si dovrà fare domani, perché è inutile che noi parliamo di programmazione se non sappiamo e non partiamo da basi solide. Ora, proprio gli altri vi hanno parlato dei motivi che hanno portato alla creazione in Valle d'Aosta di un'industria siderurgica, motivi di localizzazione che erano giustificati allora con la miniera di Cogne, con la possibilità di avere un'energia elettrica a basso costo e allora, praticamente, si era indirizzati a una trasformazione puramente elettro-siderurgica, quindi con questa trasformazione elettro-siderurgica anche nella strategia di guerra del passato la localizzazione in Valle d'Aosta era giustificata. Questa localizzazione oggi potrebbe dimostrarsi meno giustificata e la preoccupazione è già stata sollevata da altri, ma io la voglio approfondire un attimo perché a un certo momento, attraverso lo studio della SO.RIS., si dice che la miniera di Cogne può avere ancora una durata di 12 o 16 anni. Si parlava in un primo studio di passare dalle 300 mila tonnellate all'anno di produzione del 1966 alle 320 del 1969 e, con questa produzione, si diceva che la durata della miniera doveva aggirarsi sui 12-16 anni.
Noi però abbiamo visto nel secondo studio, nell'aggiornamento dello studio, che la produzione prevista in 320 mila tonnellate annue del 1969 con i nuovi criteri dovrebbe passare a 450 mila. Passando a 450 mila, quindi, viene un'equazione ed era logico chiedere se con una produzione da 300-320 mila, quindi stabilizzata a 320 mila nel 1969, si prevede una durata di 12-16 anni della miniera, se la produzione viene portata in quello stesso termine a 450 mila tonnellate annue... è una diminuzione della durata della miniera che... invece di 12 anni o 16 anni si ridurrà più o meno di 1/3, che è corrispondente all'aumento di produzione previsto e quindi una durata da sette a nove anni.
Ora, rispetto a questa obiezione, qualcuno ha detto: "noi non dobbiamo preoccuparci tanto, oggi costa meno a noi il minerale che arriva dalla Mauritania, anche se lo dobbiamo sbarcare a Genova e trasportarlo in ferrovia fino ad Aosta, finisce ad un certo momento che costa meno che il minerale che noi estraiamo a Cogne".
Gli altri tecnici, sia anche per la mancanza di tempo in quel giorno e dopo non abbiamo più potuto trovare quelli che dovevano rispondere a questo, quelli invece che avevano approfondito questo studio della SO.RIS. su questo punto non hanno dato... almeno io non ho avuto una risposta che potesse tranquillizzarmi, e non mi può tranquillizzare neanche quell'altra risposta che il minerale della Mauritania finisce con l'arrivare ad Aosta a un costo inferiore, perché abbiamo sentito da un minatore quali sono i sistemi di sfruttamento in questo momento in miniera, cioè uno sfruttamento di rapina, uno sfruttamento che lascia una parte del minerale ancora... cioè si cerca di diminuire il costo di produzione, di prendere la parte che è più ricca di minerale, si lascia quello che è più povero in modo da far diminuire il costo di quel minerale che si estrae ma, adottando questo sistema di lavorazione in miniera, noi diminuiamo ancora il periodo utile di sfruttamento della miniera.
Ora, se si dovesse esaminare la cosa puramente dal punto di vista economico, può darsi che questa sarebbe la via da seguire, però noi parliamo di questo problema, ma non come economisti, ma in quanto rappresentanti della popolazione valdostana, in quanto Amministratori regionali, in quanto ci preoccupiamo di quello che può essere l'avvenire della nostra Regione e, preoccupandoci dell'avvenire della nostra Regione, ci preoccupiamo appunto delle fonti di lavoro che possono esistere nella nostra Regione e qui viene a un certo momento l'altro interrogativo a cui io non ho avuto risposta perché a un certo momento, finché c'è minerale a Cogne, può essere giustificato anche l'ammodernamento degli impianti attuali con la lavorazione solo del grezzo, che è puramente aumento quantitativo. Noi sappiamo che prima, per l'ammortizzamento degli impianti, ci volevano 15-20 anni, si rinnovavano gli impianti dopo 15-20 anni, con il progresso della tecnica e della tecnologia oggi gli impianti si rinnovano prima, quindi se nel passato si rinnovavano in 15-20 anni, oggi bisognerebbe rinnovarli in 8-10-12 anni, quindi bisogna pensare di ammortizzarli in quel dato periodo.
Io non vorrei essere cattivo profeta in questo e non vorrei che i miei eccessivi timori si verificassero un giorno come veri, ma l'impressione è un po' questa: che oggi si possono spendere tutti questi miliardi per il rinnovo degli impianti e per accrescere la produzione ad Aosta in relazione alla disponibilità di materiale accertata a Cogne, e quindi se noi abbiamo una durata che, aumentando la produzione a 450, può andare dagli 8 ai 10 anni, è giustificato ugualmente un investimento di parecchi miliardi per aumentare la produzione, ma, quando arriverà il momento in cui bisognerà rinnovare questi impianti perché saranno ormai alla loro fine e quindi in quel periodo ristretto che noi abbiamo detto rispetto al passato... e allora se la miniera sarà esaurita e si ragionerà puramente da un punto di vista economico, si potrà fare una semplice constatazione e dire: ma noi fino adesso abbiamo rinnovato gli impianti ad Aosta perché avevamo ancora il minerale di Cogne da sfruttare, adesso minerale di Cogne non ce n'è più, lo portiamo dalla Mauritania, quindi viene per via mare, ci costava meno quello che veniva dalla Mauritania ad Aosta che quello che veniva da Cogne, ma perché, dovendo rinnovare gli impianti, non facciamo un passo avanti e diciamo perché li rinnoviamo ad Aosta, rinnoviamoli come si prevede e com'è stato previsto giustamente a suo tempo dal piano Sinigaglia che ha previsto l'acciaieria di Taranto, che ha previsto Conigliano e che sono le previsioni e l'orientamento di tutta la siderurgia, dico mondiale che oggi si sposta effettivamente verso il mare perché con la diminuzione dei noli attraverso un aumento della portata delle navi attraverso la possibilità di sfruttamento a cielo aperto in certi altri continenti, si finisce ad avere questo minerale a un costo inferiore a quello che si è sfruttato fino adesso.
Noi in quella sede della Commissione di programmazione dovevamo preoccuparci di quelle cose perché programmare vuol dire pensare per il futuro, ma il discorso che si teneva nella Commissione della programmazione mi sembra che sia lo stesso discorso che dobbiamo tenere qui, perché a un certo momento le nostre preoccupazioni sono le stesse e dobbiamo dire, dobbiamo prospettarci quello che dovrebbe arrivare ad allora. Qualcuno quindi può anche dire come ci hanno detto: è da tempo che si dice che la miniera è quasi esaurita, ma si è sempre andati avanti, però fino adesso c'è una parte che è certa e si sa che ha quella durata, per l'altra parte siamo sull'incerto e fin quando non si faranno quelle ricerche, non si potrà dir niente; d'altra parte, le previsioni almeno dei geologi che hanno preso in esame la miniera di Cogne non sono certamente rosee su questo punto, sono pessimiste e noi ci auguriamo che questo pessimismo sia smentito dai fatti, però noi dobbiamo basarci su quello che noi conosciamo adesso e non su quello che non conosciamo ancora.
Vi è quindi preoccupazione in quel senso e questo è un punto che noi, come Amministrazione regionale, avevamo presente 20 anni fa, è un punto che è stato sottolineato diverse volte, ma che siccome non potevamo portare la nostra voce in seno agli organi responsabili della società, di questo fatto non si è mai tenuto conto, perché io ritengo - e con me diversi altri - che la Cogne avrebbe dovuto orientare sempre la sua produzione sulla qualità e si era fatta un nome sulla sua produzione di qualità ma non solo doveva lei arrivare a incrementare la lavorazione non solo dei semilavorati ma del finito, in maniera di avere una massima occupazione di manodopera per un minimo dispendio di materie prime, oppure se non lo voleva fare lei, che alle volte ci sono degli inconvenienti per un'industria siderurgica di mettersi a fare diversi prodotti finiti, poteva fare una politica che non è mai stata fatta in Valle d'Aosta, cioè la politica di favorire il sorgere di diverse piccole industrie che avrebbero potuto lavorare in Valle i prodotti primi, i prodotti principali della Cogne e allora probabilmente si avrebbe avuto una diminuzione di manodopera degli stabilimenti siderurgici compensata però da un'occupazione in diverse altre piccole industrie che invece non sono mai sorte. Qui noi non possiamo dare la colpa a Tizio, Caio, Sempronio di questa politica, dobbiamo puramente prendere atto che questa politica è stata sbagliata fin dall'inizio, perché anche quelle piccole industrie che avevano cercato di orientarsi in questo senso a un certo momento non sono state favorite e molte piccole industrie in questo senso hanno potuto... e si sono fatte dei soldoni e si sono ingrandite fuori della Regione dove praticamente hanno applicato questi metodi e hanno lavorato i prodotti primi che venivano dalla Cogne. Qui la ricerca della responsabilità in questo senso è una ricerca difficile e dobbiamo prendere atto di quello che è stato.
Ora, la Cogne sta rinnovando i suoi impianti, sta ampliando come ho detto, sta orientandosi in un aumento di produzione, qui sarà compito di approfondire molto il problema, non approfondire solamente così... com'è stato accennato nella Commissione consultiva della programmazione, il problema va dibattuto, va discusso e va approfondito avendo tutti i dati del problema perché altrimenti non si può certamente risolverlo.
Io però faccio una constatazione anche in questo senso, noi dovremo, anche il Comitato, la Commissione, la Programmazione... il Consiglio regionale, quando dovrà esaminare questo problema, lo esaminerà in un momento in cui sarà troppo tardi per intervenire efficacemente in certe cose perché certi piani di sviluppo che potranno essere buoni e non buoni oramai sono avviati e non si potranno fermare. Su questo dobbiamo essere realisti, però ...(voce)... guardi che non ha l'orologio a posto... Ci deve essere una possibilità di inserimento in questi programmi che svolge la società, perché altrimenti tutto il discorso... particolarmente se l'Amministrazione regionale non può rendersi conto... e in questo momento parlo della parte del programma di sviluppo della società. Se l'Amministrazione regionale non può dire la sua parola, sentendo dall'altra parte quello che si deve fare, è perfettamente inutile che noi parliamo di programmazione almeno nel settore industriale, perché, siccome la Cogne costituisce il nervo nel settore industriale della Valle d'Aosta, è partendo da questo punto che noi possiamo eventualmente svolgere tutta l'altra parte, quindi in questo momento io ritengo che la questione di questa Commissione sia una cosa buona sia per quelle ragioni che ho detto della programmazione, sia anche per quelle altre ragioni che sono già state ampliamente sottolineate da altri e che io non voglio toccare. Il clima delle relazioni umane effettivamente oggi è leggermente cambiato, dobbiamo prenderne atto, non siamo più al punto in cui eravamo alcuni anni fa, però il problema invece della difficoltà di lavoro dei vari operai è quello che è stato chiarito da altri, malattie professionali e via di seguito e quindi io non voglio allungarmi e con questo lascio dicendo che non ho usufruito dei 30 minuti...
Balestri (P.S.I.) - Solo un punto che è già stato trattato, ma lo reputo abbastanza importante per insistere. Noi cioè vediamo che la Cogne nei momenti critici si rivolge all'Amministrazione regionale per chiedere finanziamenti e crediamo che l'Amministrazione regionale in varie occasioni l'abbia aiutata in maniera determinante. Effettivamente si pensa e ne abbiamo quasi la certezza dell'insensibilità dei Dirigenti della Cogne, specialmente nel passato per quelli che sono stati i problemi regionali e che rientrano anche proprio nella competenza di certe attività regionali, ne voglio accennare qualcuno: hanno sempre trovato la scusa dei prezzi, ci sono dei precedenti in cui erano stati promossi anche dei convegni ad alto livello con personalità qualificate in materia per studiare questi problemi del fumo o che. Mi ricordo che ci fu un'insensibilità da parte dei Dirigenti della Cogne che o non aderivano, o anche se aderivano, era in maniera completamente passiva. Ora, voglio ancora insistere su questo lato. Abbiamo un lato turistico, non è ammissibile che nel 1968 ancora ci sia una situazione del genere. Noi abbiamo fatto delle leggi sulle protezioni delle bellezze naturali, e via del genere. Spendiamo molti soldi, anche queste attività... e vediamo che il fumo della Cogne, in determinati momenti, raggiunge una tale elevatezza d'intensità che è inammissibile per una Regione come la nostra. Sul lato umano e sociale è un dovere della Cogne risolvere il problema degli impianti di depurazione del fumo perché, ad un certo momento, è inutile parlare di prezzi, che questi impianti costano molto, se noi consideriamo le attività che sono partite dalla Regione, è stato inutile aver promosso delle iniziative o leggi per venire incontro ai silicotici se non si cercano di togliere o almeno di diminuire le cause che determinano tali malattie professionali.
È vero che anche la tecnologia, avendo fatto tanti progressi, non è arrivata all'eliminazione completa, ma mentre loro si sono rifiutati di avere una collaborazione qualche anno fa con quelli che erano anche tecnici dell'Amministrazione regionale che avevano fatto degli studi e che a un certo momento potevano anche dare un contributo, il risultato ottenuto da loro mi sembra che sia stato molto, ma molto relativo. Secondo me, quindi nelle varie richieste delle varie prospettive ha molta importanza anche tutta la programmazione per il potenziamento degli impianti, per l'ammodernamento o che, questo, secondo me, è un problema da calcare e da tenere presente perché veramente è un problema vitale per la Cogne.
Non solo, ma il costo umano e sociale è decisamente maggiore degli impianti necessari. Se professionalmente ho avuto occasione di avere dei contatti con gli operai... io mi sono accorto - purtroppo non sono dentro la Cogne e quindi c'è chi avrà un'esperienza maggiore - che ci sono degli operai con una tale percentuale di silicosi che sono tenuti a dei servizi e sfruttati in una maniera tale che oggi non è concepibile e quindi ad un certo momento ecco che se fossero state previste delle industrie collaterali, potevano essere di sfogo, oltre al riassorbimento della manodopera che oggi può diventare carente con il perfezionamento di certi impianti... ma proprio per impiegare questi operai che hanno un tale tasso di silicosi e che non è né onesto, né umano tenerli in determinati posti. Il problema del fumo quindi per me è uno di quelli più vitali da mettere in evidenza, e non venga a dire la Cogne che i prezzi sono elevati, è questione di serietà che lo facciano studiare. Oggi si raggiungono delle percentuali ottime, in questa maniera si potranno impiegare questi operai, ma si potranno eliminare tante altre spese sociali che costano di più di quello che è fare gli impianti di refrigerazione e di perfezionamento per assorbire le quantità maggiori di sostanze nocive. Io quindi ci terrei che anche il Consiglio mettesse in evidenza questo lato fra le priorità della Cogne.
Casetta (P.C.I.) - Mi segno l'ora...
(voce di un Consigliere) - Bravo.
Casetta (P.C.I.) - ... "Signor Presidente, Signori Consiglieri, un esempio tipico di Azienda di Stato che, anziché assolvere a un'azione propulsiva nell'ambito di una politica di piano di sviluppo economico democratico, svolge invece un ruolo ausiliario della politica dei monopoli è rappresentato, a nostro giudizio, dalla conduzione della Nazionale Cogne. La Cogne, anche perché è la più grande industria della Valle d'Aosta, deve rappresentare l'elemento decisivo della propulsione di una politica di programmazione, di progresso e di democrazia nella nostra Regione. Essa deve essere cioè un punto di riferimento e il principale strumento per una politica di piano democratica diretta dagli organismi elettivi, dal Parlamento alla Regione, al Comune, ai Sindacati, ai lavoratori attraverso i loro organismi di fabbrica", così si esprimeva l'Onorevole Egidio Sulotto alla Camera dei Deputati il 4 di ottobre del 1963 in un suo intervento sui problemi della Nazionale Cogne. Oggi, a distanza di oltre quattro anni, siamo qui riuniti a riproporci gli stessi problemi con gli stessi precisi termini. Oltre ai fatti, ai dati citati da chi mi ha preceduto, io credo occorra qui ribadire le pesanti responsabilità che alla Cogne vanno addebitate per quanto riguarda il notevole calo degli addetti all'industria nella nostra regione. È a tutti noto infatti che, mentre nel nostro Paese l'occupazione industriale, specie nelle aziende di Stato, è nel suo insieme aumentata, in Valle d'Aosta la tendenza caratterizzante è stata di una forte contrazione negli occupati e principalmente alla Nazionale Cogne. Il processo di rallentamento nello sviluppo industriale della nostra Regione è preoccupante e la maggiore responsabilità di ciò è dovuta alla mancata funzione cui avrebbe dovuto assolvere questa industria. La diminuita occupazione nel settore minerario La Thuile e Morgex; le riduzioni avvenute ai sider di Aosta; l'assenza di una qualunque iniziativa per tanti lunghi anni, se non iniziative di supporto all'industria privata di fuori Valle, sono i "vicoli" per i quali si è mossa la Cogne. Evidentemente i Dirigenti di questa vitale - ma forse vitale lo è solo per noi - Azienda di Stato hanno perso il treno e lo dimostra il fatto che gli indispensabili ammodernamenti tecnologici sono stati iniziati da questo stabilimento con oltre 10 anni di ritardo nei confronti dì altre similari industrie che operano nel settore siderurgico. Vi è da dire che l'ammodernamento - che si sta effettuando inoltre - viene inteso in senso sbagliato poiché, anziché tendere a creare gli strumenti utili a una produzione finita, converge verso un ciclo ridotto di prodotti semilavorati che non danno per il futuro nessuna garanzia di maggiore occupazione non solo ai sider di Aosta, ma creano profonda preoccupazione anche per la sorte della miniera di Cogne e i suoi occupati... per la politica di rapina che qui abbiamo sentito descrivere, politica che certamente, se non sarà cambiata, ridurrà di molto la vita di quella miniera.
Questa fondamentale carenza ha provocato quella recessione nell'occupazione, dell'ordine di oltre 2500 occupati ai soli sider di Aosta nei confronti del censimento 1951, ha causato notevoli perdite all'azienda tanto da costringere la Società a quella riduzione del capitale sociale che ormai è a tutti nota, ma in più ha impedito che nella nostra Regione la Cogne assolvesse al compito di essere l'elemento propulsore ad altre attività industriali ad essa collegate, unica e decisiva via di sbocco all'incremento dell'occupazione nella nostra Valle. Questa è d'altronde la constatazione primaria che noi possiamo e dobbiamo fare se pensiamo che la Cogne è infatti di intera proprietà dello Stato e quindi può e deve essere nell'interesse pubblico e con chiaro intento antimonopolistico. D'altronde, operando la Cogne in un settore base come quello siderurgico, è la sola azienda, regionalmente parlando, che può stimolare e promuovere un ulteriore sviluppo industriale della nostra Valle. A questo compito la Cogne ha mancato perché il Governo ha sempre ritenuto questa fabbrica come un feudo di potere della Democrazia Cristiana. Un Consiglio di amministrazione a circuito chiuso che si riunisce una volta all'anno per approvare il bilancio e per delegare prima un Esecutivo, poi all'uomo di fiducia della Democrazia Cristiana i pieni poteri di Amministratore delegato e di Direttore generale, uomini come Guglielmone prima, Anselmetti poi e Einaudi oggi, con la copertura di un assente come Zanatta, chiusi nel loro rango di padroni delle ferriere, perché questo è il modo di amministrare di questi Dirigenti, hanno solo e sempre avuto dinanzi a sé l'obiettivo di super sfruttare gli operai, accantonando ogni problema fastidioso, anzi quando gli si poneva della salvaguardia della salute, della personalità umana dei lavoratori... e ritenendo addirittura assurdo che l'Amministrazione regionale potesse essere partecipe ai programmi di sviluppo e ai programmi produttivi dell'azienda.
La prova del nove di questo atteggiamento antidemocratico dannoso agli interessi, non solo di chi vive nella fabbrica, ma dell'intera collettività regionale è data dal fatto che si sono accolti i rappresentanti della Regione nel Consiglio di amministrazione della Società, quando questi erano uomini di paglia che mai avrebbero sollevato problemi di sorta, dato fastidio cioè al supremo delegato rappresentante del Governo del Ministero delle partecipazioni statali che dir si voglia, poi questi delegati non si sono più voluti, erano uomini di altro tempo e allora si chiudono le porte agli eletti della Regione e si pesca all'esterno un avvocato di nome Bondaz e lo si mette in quel Consiglio ove certamente non darà fastidio. Ancora attualmente la Democrazia Cristiana ha pensato di affrontare e di risolvere il problema all'esterno di questo consesso. Noi vogliamo ricordare ai Compagni del Partito Socialista unificato quanto già allora scrivemmo e a loro dicevamo, la battaglia vera e di fondo può solo essere condotta in modo unitario all'interno e all'esterno della fabbrica, non sono degli semplici uomini che contano, quando si finisce poi col fare parte di un Consiglio di Amministrazione fantasma che si riunisce solo per approvare o registrare il bilancio, oppure per ridurre il capitale sociale, mentre tutto il resto viene demandato a un solo uomo che la Democrazia Cristiana si è scelto.
D'altra parte, sono certo di affermare il vero poiché il giornale "Le Progrès" dell'aprile dello scorso anno scriveva: "Democrazia e subito alla Cogne" mentre oggi deve tornare a battere questo chiodo con alla fine un solo risultato: la querela di Zanatta all'"Avanti", perché alla Cogne non solo non si ammettono intrusi in quel feudo, ma addirittura si pretenderebbe che non fiacchino, che non parlino, salvo che non siano perfettamente allineati con la Direzione, ed è questa posizione assurda della Cogne guidata da sempre da uomini di quel Partito che ha provocato una mancata industrializzazione nella nostra Regione. Occorre quindi modificare radicalmente tale orientamento se vogliamo che quest'azienda assolva la sua funzione pilota nella Valle.
Nazionalmente, nel campo delle attività industriali che oggi fanno capo a ben cinque Enti di gestione distinti: E.N.I., I.R.I., E.F.I.M., A.M.M.I. e Cogne, vi è senza dubbio almeno la necessità di eliminare i doppioni e di studiare un assetto più razionale. È ormai una constatazione su cui esiste largo accordo, che alcune attività industriali si vanno sempre più caratterizzando come servizi industriali di base assimilabili alle pubbliche utilità, tale caratterizzazione appare evidente oggi non solo nel settore delle fonti di energia: elettricità, elettrocarburi, ma anche nella siderurgia e nel cemento. Per alcune di tali attività dovrebbe essere evidente l'opportunità di una conduzione attraverso un'unificazione degli Enti di gestione, evitando la formula privatistica e i "diaframmi"... che in questo senso vengono posti dalle varie finanziarie... In particolare, per quanto riguarda la siderurgia, sarebbe forse utile esaminare di poter riunire in un unico gruppo omogeneo, oltre che la Finsider, anche la Cogne, l'A.M.M.I., le quali operano anch'esse nella metallurgia o in attività minerarie a questa strettamente legate o perlomeno poter discutere e concordare i programmi, non fosse altro che per le attività produttive similari.
Oggi che si affaccia il discorso di fusione con la Breda pare a noi che sia tempo di esaminare concretamente anche questi problemi prima che altri, all'infuori di noi, decidano scelte che sono poi irreversibili e che potrebbero anche essere dannose. Naturalmente il problema di un'effettiva direzione democratica delle partecipazioni statali o delle Aziende di Stato non si risolve soltanto modificando la struttura organizzativa delle aziende pubbliche, ma precisando i poteri di direzione e controllo degli organi della programmazione nazionale e regionale e quel che più conta delle assemblee elettive regionali. Con ciò non si pretende certamente di far delegare all'Assemblea regionale quelli che sono i poteri e gli strumenti autonomi di contrattazione dei lavoratori, i quali giustamente sono partecipi e dirigenti loro stessi del processo di rinnovamento democratico all'interno della fabbrica e ciò perché noi siamo fermamente convinti che questo processo democratico, per non essere monco, deve partire dalla base, dalle fabbriche per essere vero e per essere veramente concreto. In Italia, infatti, c'è l'assurda situazione secondo cui, per la costruzione di una casa privata, vengono stabilite dal potere pubblico determinate regole, mentre per un fatto sociale qual è la fabbrica anche le poche arcaiche leggi vigenti vengono ignorate e violate. Emerge quindi per i lavoratori la necessità di una politica che veda la fabbrica come un fatto pubblico in cui le strutture, la tecnologia, l'organizzazione del lavoro siano concepite a misura dell'uomo e non più del profitto privato. Qui risalta subito il collegamento tra la lotta per fare dei lavoratori i protagonisti della fabbrica e l'azione per le riforme strutturali che avviano a una linea di controllo degli investimenti che pianifichino l'assetto del territorio e che valorizzino la Regione e questa prerogativa spetta alla classe operaia e non può essere delegata a nessuno, mentre invece è certo che l'azione di quest'Assemblea politica, della nostra Assemblea politica può e deve saldarsi alla costruzione di un vero potere operaio nella fabbrica. Comunque, come già più volte abbiamo sottolineato, questo discorso rimarrà sospeso e privo di un concreto quadro di riferimento fino a quando con la programmazione nazionale e regionale non si redigeranno i piani settoriali e territoriali di investimento, nei quali siano chiaramente definiti i settori in cui intervenire e le industrie da creare, gli obiettivi di occupazione e di reddito, le fonti di finanziamento e i mercati di sbocco, perché di questo in realtà si tratta ed è questo il discorso che manca per l'Azienda Cogne e che mutila le prospettive di sviluppo economico della nostra Valle.
Il finanziamento attuale in cinque anni di 20 miliardi ha implicito in sé una scelta politica: quella di promuovere il ciclo produttivo teso ancora una volta a servire l'industria privata, un ciclo produttivo monco di prodotti semilavorati che, acquistati a prezzi di favore dalle imprese private, saranno da queste utilizzate per lavorazioni terminali e per più lauti profitti nell'interesse di quei privati speculatori. Questa scelta traspare anche dall'intervista di Zanatta ove si parla della necessità per la Cogne di ben 50 miliardi, tale cifra maggiore forse sarebbe servita non solo a coprire quegli investimenti per il potenziamento delle attrezzature, come oggi avviene, ma anche per la creazione di nuove appendici, di un nuovo ciclo produttivo. L'esempio dell'I.M.A. che opera in Sardegna, in stretta collaborazione con l'Ente Regione e con gli Uffici della programmazione regionale credo possa essere utile a un confronto. L'I.M.A. infatti, pur essendo un quarto delle dimensioni della Nazionale Cogne, ha ottenuto un finanziamento di 35 miliardi dallo Stato e pari cifra con mutui bancari, altri 35 miliardi. Evidentemente la visione è stata quella non solo del potenziamento degli impianti ma di un nuovo ciclo produttivo più completo. Per noi significa in parole povere stimolare la Cogne e terminare in Valle la lavorazione della propria produzione attraverso un piano di investimenti nazionali... lo Stato, cioè il Ministero delle Partecipazioni statali, se volete... il che servirà quanto meno a stimolare private industrie e similari a insediarsi, terminare cioè o stimolare altre industrie all'ultimazione del ciclo produttivo, dall'acciaio al prodotto finito e ciò è possibile perché non è affatto ostacolato dalla posizione geografica della nostra Regione o da problemi di fatti o per l'insediamento di nuove industrie. Credo che occorra fare ciò per ottenere rapporti economici con le Regioni che ci sono limitrofe e che siano rapporti più fruttuosi di non quelli che sono stati nel passato. È stabilito infatti che l'attuale situazione non si è solo creata alla Cogne per inefficienze tecniche nella sua gestione quale la burocrazia e lo slegamento con i piani nazionali. È assicurato altresì che la politica della Cogne è stata svolta principalmente, se non unicamente, a fungere da supporto all'industria privata. Credo a questo proposito che dobbiamo domandarci a quali esigenze sia dovuto e quali contraddizioni abbia fatto sorgere il crescente intervento imprenditoriale pubblico nell'economia e quale carattere debba conseguentemente avere un'azione di riforma. A questi effetti non è certo sufficiente osservare che le imprese pubbliche hanno svolto e svolgono un'attività di sostegno e in definitiva a favore del sistema a economia privata, per larga parte, la pubblicizzazione, come oggi, si usa dire ha tratto proprio origine da un'opera di salvataggio di imprese private, come la nascita e lo sviluppo dell'I.R.I. e la Cogne medesima possono facilmente illustrare che la produzione dell'impresa in questione è concentrata soprattutto in servizi e beni intermedi, acciaio, energia elettrica, benzina, metano, che vengono ceduti agli utilizzatori finali, generalmente privati, a prezzi immediatamente inferiori ai costi pieni come risulta palese dalla incapacità delle imprese in questione nel loro complesso a fare profitti e a rimunerare il capitale di dotazione che copre una parte dei loro immobilizzi e che è fornita dal Pubblico Tesoro. Anche le iniziative pubbliche di maggior rilievo o meglio riuscite si sono risolte in definitiva in un vantaggio per l'economia privata e infatti lo sviluppo e la razionalizzazione della siderurgia ha portato a un acciaio a miglior mercato per i privati utilizzatori finali quali l'industria automobilistica e altri, ovvia che dir si voglia. Il Pubblico Tesoro non ha tratto almeno direttamente alcun profitto da queste iniziative il cui finanziamento ha contribuito ad aumentare in varie forme l'indebitamento pubblico verso il settore privato, per cui, in definitiva, l'intervento pubblico può essere anche visto come una forma imprenditoriale di servizio che sempre si risolve a vantaggio dei suoi finanziatori come classe dai quali non riesce mai a riscattarsi. Queste secche... frutto del carattere contradditorio dello stesso intervento pubblico diretto a soddisfare esigenze di carattere sociale e politico, sostenendo in pari tempo il sistema a economia privata, possono trovare soluzione solo mediante una riforma atta a combinare i due settori, pubblico e privato, in un maggior insieme diretto a perseguire coscientemente e con la prevalenza del primo con la pianificazione, cioè obiettivi che siano validi per tutti, in quanto frutto di una volontà comune democraticamente espressa. Ecco, dove occorre operare delle svolte, la nostra autonomia non può essere ridotta nelle possibilità di decidere realmente a causa del fatto che le decisioni fondamentali sono assunte al di fuori di essa e per interessi che stanno al di fuori di essa. Se ciò fosse, null'altro potremmo fare che agire in questi limiti, ma allora che senso avrebbe costituire e far funzionare una società finanziaria regionale o interregionale come prevista dal piano della nostra programmazione se le fondamentali decisioni al livello industriale sono prese altrove. Oggi che i trafori e le autostrade hanno rotto l'isolamento della nostra Regione sarebbe assurdo pensare che tali vie di comunicazione possano solo servire ad allontanare dalla nostra Valle quella manodopera specializzata, frutto dei sacrifici della nostra Regione i cui costi sociali, giustamente, noi abbiamo pagato e paghiamo, ma non perché vada a produrre per la F.I.A.T. o per l'Olivetti, ma perché resti in Valle d'Aosta e contribuisca all'elevamento del tenore di vita della nostra popolazione. Se allora la Cogne ha quella funzione che abbiamo visto, deve orientare la propria politica produttiva in funzione degli... anche indotti, non immediati ma che essa può produrre nella nostra Valle.
A questo proposito, occorre spendere qui alcune parole sui salari e sulle condizioni di vita in questo stabilimento e ciò perché noi dobbiamo ancora combattere quell'immagine falsa e bugiarda secondo cui la classe operaia vive in condizioni di alti salari e di benessere. I dati citati dal Consigliere Germano e da altri oratori hanno confermato quanto invece siano bassi i salari della Cogne e l'insopportabilità della condizione operaia è resa più acuta dalla coscienza che i lavoratori hanno ormai del fatto che in tutti questi anni la produzione industriale è fortemente aumentata, ma che soprattutto è aumentata la produttività,
aumento che in gran parte è dovuto all'incremento dello sfruttamento e dei ritmi di lavoro e che in nessun modo si è trasformato in un vantaggio economico apprezzabile per i lavoratori. A volte anche quel poco che i lavoratori sono riusciti a strappare grazie alle loro organizzazioni, alle loro lotte sindacali è spesso rimangiato o dalle inadempienze padronali o dal crescente costo della vita. Possiamo quindi constatare che la politica governativa in materia di lavoro è caratterizzata dal non voler organizzare una tutela pubblica, un intervento pubblico a difesa della condizione operaia dei lavoratori, ciò è dimostrato ancora meglio proprio dalla Cogne che ricordiamo è dello Stato. Si è visto infatti nel momento delle lotte salariali del rinnovo dei contratti come il Governo sia venuto in appoggio alla linea delle intransigenze della resistenza padronale privata, mentre questo diceva di no ai metallurgici, i Dirigenti dell'I.R.I. dicevano di no ai dipendenti delle aziende pubbliche. In realtà, l'atteggiamento del Governo nei confronti dei problemi del lavoro e della politica del lavoro è un momento di una scelta politica generale, quella scelta cioè che ha affidato lo sviluppo del Paese alle scelte dei grandi gruppi monopolistici. La classe operaia paga questo tipo di sviluppo anche nei salari, oltre che nelle condizioni di lavoro, paga la politica ventennale della Democrazia Cristiana, di rinuncia a quelle riforme delle strutture economiche in senso antimonopolistico che erano previste dalla Costituzione e le cui conseguenze già abbiamo visto. Normale è quindi che i costi e i benefici della Cogne devono essere calcolati anche in funzione della nostra Regione e non solo in rapporto a una politica produttiva nazionale che finisce per essere subordinata alle scelte produttive di monopolio. A nostro giudizio pertanto le proposte soluzioni tecniche contenute nello studio e nelle analisi fatte dalla SO.RIS. sulla Cogne non sono di per sé sufficienti se quest'industria non viene ancorata ad altre attività produttive della Valle. Se ciò non sarà, la stessa perderà così il suo significato e rischierebbe a breve o lungo periodo di diventare solo più un peso per lo Stato e per la Regione.
Per concludere, è evidente che la modesta cifra di 1200 occupati in più nel settore industriale previsti nel primo quinquennio di applicazione nel piano regionale non potrà nemmeno essere raggiunta se la Cogne non ottempererà a una sterzata sul terreno delle lavorazioni finite delle industrie collaterali, se non sarà cioè l'elemento propulsore per nuovi insediamenti industriali su aree attrezzate. Un mercato di sbocco lo si può e lo si deve trovare limitatamente, è vero, a quello che sarà possibile se almeno però l'intenzione ci sarà, coordinata anche con l'Amministrazione regionale... e l'unico coordinamento potrà venire se nel Consiglio di Amministrazione di quella società, Consiglio non più dotato come ora dei suoi poteri, siederanno anche i veri rappresentanti di questo Consiglio. È questa la strada maestra, quella che può dare garanzie di lavoro, di condizione di vita migliore ai lavoratori della Cogne e di tutta la nostra Regione. Imboccarla uniti, io penso in questo Consiglio, oggi alla vigilia delle scelte che la programmazione regionale sin dal suo avvio ci costringerà a fare vuol dire aver fatto quanto sta in nostro potere ed è nostro dovere di fare per quest'azienda vista non come fabbrica, ma come elemento ove vivono, operano migliaia di valdostani, e questo nostro lavoro servirà, io penso, anche in futuro a chi attende già o si prepara a trovare un'occupazione, occupazione che sta a noi di garantire in Valle d'Aosta e non altrove, utilizzando tutti quegli strumenti che la presenza di un'industria di Stato e l'autonomia ci offrono.
Per questo, abbiamo presentato questa mozione, abbiamo discusso coi lavoratori, coi tecnici di questo problema che può ancora evidentemente avere dei limiti; era doveroso però farsi portavoce di questa situazione, di rendere pubblica la questione e di trovare il modo per affrontarla. Noi speriamo che quanti negli ultimi tempi hanno riflettuto sui problemi gravi della condizione operaia, dagli operai socialisti a quelli cattolici, che soffrono per l'attuale condizione ai Dirigenti, ai militanti dei lavoratori tutti che nei loro convegni hanno lanciato denunce roventi sulle condizioni degli operai, oggi comprendono la nostra proposta. Noi ribadiamo pertanto la nostra richiesta della Commissione come primo passo per far sì che il discorso non si fermi soltanto alla denuncia ma per far giungere alle sue conseguenze politiche. Se ciò non fosse, questa denuncia rischierebbe di essere qualcosa di vano a ridursi addirittura a un modo sia pure involontario di coprire le responsabilità dei Dirigenti della Cogne, siamo convinti che ciò qui non sarà nell'interesse della nostra Regione, è nell'interesse di quello che più conta dei dipendenti della Cogne.
Dayné (U.V.) - Vu les retardives et aussi étant donné que plusieurs collègues ont déjà dit et répété ce que j'entendais souligner, je renonce à prendre la parole.
Lustrissy (D.C.) - Analogamente a quanto ha dichiarato il Consigliere Dayné, rinuncio a prendere la parola; visto che ormai abbiamo deciso la nomina della Commissione, è inutile che dibattiamo tutto il problema oggi, con la speranza di risolverlo.
(voce di un Consigliere) - Ci affidiamo alla Commissione...
Mappelli (D.C.) - Io spero di essere molto breve, ci sono alcune cose che mi pare che aveva sollevato il Consigliere Germano in merito al problema della silicosi, certo è un problema molto grave e potrò dirle che ho seguito molto da vicino questa questione. Mi risulta, in base alle mie informazioni, che per quanto riguarda i reparti silicotigeni della Cogne, con contratto che hanno firmato il 3 marzo del 1967, mi pare dalla C.I.S.L. e I.N.A.I.L.... è stato stipulato che tutto il problema della Cogne, tutto il settore siderurgico di Aosta è riconosciuto silicotigeno. Purtroppo, anche se l'I.N.A.M. in quella sede si era impegnata anche per quanto riguardava le rendite di passaggio, mi risulta che in quel senso l'I.N.A.I.L. non ha ancora fatto niente, tant'è vero che mi pare che il Segretario della C.I.S.L. avesse di nuovo sollecitato questo problema alla Direzione generale a Roma, mentre tutti i Direttori dei Patronati, cioè dell'I.N.C.A., dell'I.N.A. e dell'I.T.A.L., aspettano che l'I.N.A.I.L. definisca i posti silicotigeni per poter definire tutte quelle pratiche che oggi sono ancora sospese.
Vi è poi ancora un altro problema, vi è anche l'ILSSA-VIOLA naturalmente che bisognerà vedere di definire il problema per il riconoscimento in quel senso del reparto silicotigeno. Io desideravo portare a vostra conoscenza... ho preso atto con piacere che a diversi, mi pare un po' a tutti rimane a cuore la questione Cogne in sé, però particolarmente hanno sottolineato questa preoccupazione sia il Signor Fosson, mi pare il Signor Macheda e qualcun altro. Io da alcuni mesi, e non andrò oltre, avevo scritto una lettera al Direttore generale, così ve la porto a conoscenza e mi pare il giorno di Santa Barbara ebbi l'occasione di vedere a Cogne in quella manifestazione il Direttore generale il quale mi ha detto: "risponderò", ma anche se l'ho mandata via da diversi mesi, sin dall'ottobre-novembre scorso, aspetto ancora a tutt'oggi una risposta. Ve la leggo molto velocemente, affinché anche il Consiglio sappia, ah... l'ha letta lei? Se tutti l'hanno letta, faccio a meno di rileggere. Io avevo tirato fuori questa piccola relazione, con la collaborazione di amici, con dati abbastanza precisi e purtroppo la verità è questa, la realtà è quella che è e dovremmo preoccuparci e naturalmente batterci, se sarà necessario, per una soluzione al più presto di questo grande problema che è poi un po' la source della Cogne in Valle d'Aosta.
Bionaz (D.C.) - Certamente non parlerò mezz'ora, anche perché il richiamo dell'orologio è abbastanza eloquente. Oggi abbiamo avuto qui una fotografia panoramica e direi anche molto profonda della situazione alla Cogne, una vera fotografia che ha sviscerato tutto quello che si poteva sviscerare in questa importante azienda che tanta parte è della nostra economia: Savioz, Manganoni, Germano, Caveri, Macheda hanno tutti detto quello che loro sanno, effettivamente molto meglio di noi, della situazione interna della Cogne: condizioni di lavoro, fumo, rumore, condizione di salute, silicosi, condizioni di umane relazioni. Non abbiamo nulla da dire perché non siamo dipendenti della Cogne, non viviamo, evidentemente, in quell'ambiente e quello che qui è stato detto può anche essere vero, noi non abbiamo niente da dire su tutte queste osservazioni che sono state fatte e su questa descrizione, diremo, dell'ambiente interno della Cogne.
Io mi limiterò a poche considerazioni. Il Consigliere Germano è sceso a esaminare la validità dell'attuale Dirigente della Cogne, ma guardate che l'Avvocato Einaudi è lì, mi sembra, da tre anni, per la verità io non so cosa ha trovato quando è entrato alla Cogne, certo a sentirlo non ha certamente trovato una situazione rosea, ma una situazione di recessione: impianti vecchi, necessità di ricorrere all'approvvigionamento di capitali presso i privati, pagamento di interessi elevatissimi, insomma una situazione veramente preoccupante. Mi risulta anche che abbia iniziato con un atto di buona volontà, almeno per quanto riguarda la strutturazione della sua azienda, mi dicono che ha licenziato subito 12 dirigenti e che si è preparato a vedere cosa poteva realizzare all'interno dell'azienda. Ha capito subito, a mio avviso, che la Cogne si trovava in situazione di potersi difendere, cioè in situazione di non essere considerata un'azienda fallimentare. Io so soltanto che quando da pochi giorni eravamo entrati a ricoprire le cariche della Giunta, è venuto da me e mi ha fatto una descrizione preoccupante di quest'azienda, un quadro che non esiterei a definire fosco, ha detto: "guardi, voi siete gli attuali Amministratori della Regione, io debbo onestamente mettervi al corrente che l'azienda è in cattive acque e non escludo che, se non succede nulla di nuovo, io sia costretto alla fine dell'anno a licenziare forse mille operai, mille dipendenti". Lascio pensare a voi cosa sarebbe venuto in mente in quel momento a chi era investito da pochi giorni delle responsabilità maggiori del Governo regionale e la soluzione era una sola: vedere se si poteva ottenere immediatamente una specie di soccorso, di pronto soccorso per la Cogne, mi aveva anche detto l'Avvocato Einaudi che la C.E.C.A. aveva messo a disposizione della Cogne quattro miliardi e settecento milioni da utilizzarsi con un credito che sarebbe stato aperto presso una Banca italiana o un Consorzio di banche italiane, però ci voleva per questo la garanzia del Ministro del Tesoro, il quale doveva garantire da parte dello Stato che il credito fosse coperto dallo Stato italiano.
Mi è sembrato che quello fosse il primo passo da compiere per poter utilizzare almeno subito questi quattro miliardi e settecento milioni di cui la società aveva urgente bisogno perché addirittura c'erano delle difficoltà per poter trovare ancora i fondi necessari per mandare avanti quel programma che era stato iniziato di nuove costruzioni, di nuove attrezzature e i miei amici di Giunta, il Presidente del Consiglio e io stesso ci siamo veramente buttati a capo fitto per vedere di risolvere immediatamente questo problema e il 27 di luglio del 1966 io ricevevo già un telegramma di convocazione a Roma per definire insieme, coi rappresentanti della Giunta e con il Direttore generale della Cogne e con i Ministri competenti il programma da mettere immediatamente in esecuzione. Intanto, dopo questa prima presa di contatto, ottenemmo subito una lettera del Ministro che garantiva per lo Stato italiano il prestito della C.E.C.A., di modo che la Banca Commerciale di Milano poteva aprire immediatamente un Credito a favore della Cogne di quattro miliardi e settecento milioni. Questo fu il primo passo. Evidentemente il Ministro del Tesoro che ha l'aria, e non solo l'aria, ma anche la sostanza di un parsimonioso tutore delle Finanze dello Stato, esigeva che si potesse dimostrare quello che poi si è dimostrato: che la Cogne si trovava in condizione di poter migliorare e di poter ridiventare un'azienda sana e vi assicuro che ogni mese, io ho mandato al Ministro del Tesoro o glieli portavo direttamente, la situazione generale dell'azienda, finché, a un certo punto, convinto che le cose si mettevano su un buon binario, si decide finalmente a presentare al Consiglio del Ministri la proposta per l'aumento di capitale.
Guardate, io sono riconoscente ai dipendenti della Cogne non per quello che noi possiamo dire che hanno fatto, sono riconoscente perché mi hanno consentito di non essere smentito nelle mie speranze e nella fiducia che si è avuto circa la Cogne, perché a un anno di distanza, da quando ci siamo presentati al Ministro del Tesoro abbiamo potuto dimostrare... e io so a prezzo di quali sacrifici perché anche se non siamo lì dentro, sappiamo che cosa hanno dovuto fare questi dipendenti per aumentare la produzione nelle condizioni in cui si trovavano. Io sono riconoscente, lo ripeto, a questa gente perché ci hanno veramente dato la possibilità di non essere smentiti e di poter arrivare a un risultato che è poi stato quello che si è ottenuto qualche mese dopo. Oggi io ritengo di affermare, da parte nostra, dei nostri avversari, che non abbiamo fatto per la Cogne né più, né meno che quello che hanno fatto altri sia almeno ingeneroso, perché vi assicuro che è stata una preoccupazione costante e della Giunta e del sottoscritto di fare tutto quello che si poteva, di non tralasciare un'occasione, anche in quelle poche occasioni che abbiamo avuto di incontrarci con il Presidente della Repubblica. Abbiamo trovato modo d'inserire qualche cosa che potesse servire in qualche modo a convincere il Ministro del Tesoro insomma a prendere questo provvedimento e oggi possiamo essere soddisfatti per aver ottenuto questo aumento di capitale. Noi sappiamo che questo non è il toccasana e non potrà naturalmente risolvere tutti i problemi della Cogne. È stato anche qui accennato che manca ancora una certa dilatazione nei finanziamenti e ci siamo dati da fare anche per questo, cioè richiedendo al Ministro del Tesoro una possibilità, che è quella, per esempio, di emettere delle obbligazioni, di poter avere dei finanziamenti, come ottengono tutte le altre aziende, le aziende I.R.I.. Finanziamenti che vanno dal 3% al 6,50% in modo da dare a questa società il vero aspetto di un'azienda che è statale, ma che non è solo statale di nome, ma che è statale sotto ogni profilo, cioè sotto lo stesso profilo sotto il quale sono trattate le altre Aziende di Stato che hanno la possibilità di attingere ai finanziamenti speciali che consentono evidentemente di risparmiare e di non sottrarre al capitale utile all'azienda il denaro per pagare degli interessi passivi che, quando si deve ricorrere al credito privato, indubbiamente sono sempre esosi.
Ora, in queste condizioni mi sembra che un grosso passo avanti c'è stato, un grosso passo avanti, ed è quel passo, amici, che consentirà, io penso, di affrontare tutti quei problemi ai quali voi giustamente avete accennato, avete anche illustrato che, io spero, si renderanno sempre meno difficili, in quanto il problema della Cogne... il primo problema che interessa a tutti è quello di poter mandare avanti l'azienda, di poter riconvertire le sue attrezzature, di rifare gli impianti nuovi, sarà quello che consentirà, a un certo punto di fissare l'attenzione e di risolvere anche quei problemi che voi avete illustrato: quelli dei rapporti umani, quelli delle condizioni di salute di chi lavora nello stabilimento e tutte le altre cose che voi giustamente avete illustrato.
Ora, mi sembra che, per concludere questa lunga... però una lunga e interessante discussione come mai si è fatta in questo Consiglio in termini molto..., a parte qualche accenno alla Democrazia Cristiana, questo è naturale, siamo alla vigilia delle elezioni, comprendiamo tutto insomma, tutto quello che succede di male alla Cogne, evidentemente bisogna ben gettare la croce sulla Democrazia Cristiana, ma non è questo che ci preoccupa, di croci ne abbiamo tante, una più, una meno, cosa vuole...
Io dico che in questa situazione, il Consiglio elaborando, diciamo, una così perfetta, veramente perfetta discussione, portando alla ribalta dei problemi che potevano essere conosciuti però soltanto da quelli che hanno dimestichezza con gli stessi, ha fatto un ottimo lavoro perché ha illustrato e ha messo a fuoco una situazione che io spero che sarà risolta, e lo spero, non solo nell'interesse di quelli che sono i più direttamente interessati, che sono i dipendenti Cogne, ma di tutta la Valle d'Aosta, forse perché è inutile che ce lo nascondiamo: la Cogne e il polmone della nostra Valle.
Certo, bisognerà entrare in profondità nell'esaminare anche il problema produttivo, quali saranno le soluzioni che dovranno essere adottate, quando il minerale, non si sa poi, mi sembra che si dice che ce ne sia ancora per 15 anni, mi ricordo di aver sentito da mio fratello, che era Direttore delle miniere di Cogne a suo tempo, che questa prospettiva dei 15 anni forse è un po' inferiore alla realtà, ma comunque è un problema da esaminare, perché se tra 15 anni non ci sarà più il minerale, bisognerà che i dipendenti della Cogne non abbiano poi da essere messi sul lastrico. Io penso però che nulla sia impossibile quando in una situazione come questa dove finalmente abbiamo trovato il modo insomma di attirare l'attenzione su un'azienda che è vitale e che può vivere bene, può anche vivere in modo... si trovano le soluzioni, ma mi dicono che oggi la Cogne lavora del minerale che non è soltanto quello di Cogne, ma che viene dal di fuori, me l'avete ripetuto anche voi, dunque bisognerà semplicemente ricercare, secondo me, la possibilità a mantenere almeno quella che è oggi l'attuale situazione dell'azienda e se possibile svilupparla con delle attività che siano introdotte e stabilite in Valle d'Aosta. Voi sapete che a questo scopo è stata a suo tempo costituita sotto il Comitato della C.E.C.A. una Commissione nella quale la Valle partecipa, dov'è addirittura stata versata una somma, non mi ricordo se di due milioni e mezzo, per poter studiare il modo di sviluppare tutte le attività che possono avere una certa attinenza con quelle svolte dalla Cogne in Valle d'Aosta. Questa Commissione dove ci sono dei tecnici e anche dei tecnici non solo siderurgici, ma anche dei tecnici delle ricerche economiche, è da un po' di tempo che è al lavoro, io penso che questo studio che in altro tempo sarà poi messo a disposizione del nostro programma, all'interno dei nostri lavori, può essere utilissimo ai fini che ci riproponiamo, giusti, di inserire delle nuove attività in Valle d'Aosta, attività che abbiano un aggancio con l'attività che attualmente la Cogne svolge.
Detto questo e ringraziando anche, io vi ringrazio sinceramente, sono molto affranto per il tono con il quale si è tenuta questa discussione in cui si sono dette molte cose interessanti, che ha rivelato degli aspetti che potevano anche essere per noi ignorati, però dateci atto almeno che è la prima volta che il Governo ha preso in considerazione e non a parole, ma con fatti l'urgente problema di aumentare il capitale della Cogne. Venti miliardi, cari amici, non sono venti milioni, venti miliardi sono quelli che permetteranno alla Cogne di risolvere il problema temporaneamente, per il momento, con dei finanziamenti il problema dei suoi nuovi impianti e quando il Ministro Colombo il 12 agosto dell'anno scorso mi scriveva anche fissando l'erogazione dei capitali che vanno fino al 1971, praticamente rivelava che la Valle d'Aosta non era stata dimenticata neanche sotto questo profilo, rivelava la possibilità che questi impianti possono fiorire in modo che siano messi a disposizione della nostra popolazione, in senso di diventare competitivi nei confronti degli altri impianti che resistono in Italia e direi anche sotto il profilo dell'affermazione che la Cogne ha una specializzazione, cioè quella degli acciai speciali e oggi mi sembra di aver sentito non so da chi, ma da qualcuno... che riferiva le parole dell'Onorevole Donat Cattin, Sottosegretario delle Partecipazioni, che faceva un accenno alla fusione con la Breda.
Mi sono fatto spiegare a suo tempo dal Direttore generale cosa sarebbe stata questa fusione, mi sembra che non ci sia nulla da temere perché la Breda è l'unica che compete e che diremo fa un po' la concorrenza agli acciai della Cogne. Ora se ci fosse da parte della Cogne e della Breda una fusione evidentemente nelle proporzioni, nelle quali la Cogne rappresenta, credo, il 70-80% nei confronti della Breda, ci sarebbe una specie di trust come oggi sappiamo che succede dappertutto e che diciamo è un orientamento industriale, il trust degli acciai speciali, nel quale certamente la Cogne avrebbe il sopravvento e potrebbe un po' essere determinante almeno sotto il profilo del mercato nazionale degli acciai speciali.
La spiegazione che mi è stata data su questo provvedimento è questa, non ritengo che sia un'impostazione alla quale non si può credere perché è logico che sia le altre aziende che producono anche gli acciai speciali cerchino la concorrenza... quando noi sappiamo che la Cogne ha potuto affermarsi anche all'estero, che ha fatto qualche cosa anche sul mercato russo, sul mercato cecoslovacco, insomma si è affermata con questa specializzazione, abbiamo delle buone ragioni per ritenere che i giorni brutti siano passati non solo sotto il profilo della continuità dell'azienda, ma, ho fiducia in questo, anche sotto il profilo del miglioramento di condizioni di tutti i suoi dipendenti.
Non vi illustrerò altre questioni che avrei voluto dirvi, però un'impressione che non vorrei lasciare prima di abbandonare questa sala è questa: non vogliamo nel modo più assoluto vestirci delle penne del pavone, non è vero, però almeno siate convinti e siano convinti i dipendenti della Cogne che abbiamo fatto per loro tutto quello che era umanamente possibile fare. Il risultato c'è e ritengo che non sarà il primo risultato. In base a questo risultato, abbiamo ben la speranza e fiducia che la nostra voce sarà ancora ascoltata e che la Cogne riprenderà certamente il luminoso cammino che ha dato tanto lustro alla Valle anche grazie a queste sue condizioni speciali.
Germano (P.C.I.) - Non sarà una risposta lunga perché l'accettazione della Commissione permetterà poi di approfondire questi argomenti. A me la cronistoria di quello che ha fatto la Giunta interessa relativamente e del resto chi si loda ci pensi poi lui, faccio solo rilevare così una piccola cosa che all'azienda sarda, e contemporaneamente a noi che abbiamo avuto il finanziamento, è stato dato il doppio quasi, ed è un quarto della Cogne, allora a quel Presidente della Giunta sarda bisognerebbe fare un monumento. Ad ogni modo questo a noi non interessa molto, quello che m'interessa di più è questa visione idilliaca della situazione della Cogne e delle soluzioni e gli auspici avremo agio in Commissione di vedere, intanto però incominciamo a renderci conto di una cosa: che noi da soli, Consiglio regionale, Giunta, Presidente del Consiglio, potremo fare, ma quella che sarà la lotta decisiva quella che conterà, quella che sarà il fulcro indispensabile di tutto sarà la lotta degli operai della Cogne.
Noi potremo facilitare, accompagnare com'è giusto che sia fatto, ma quello che conterà sarà la lotta degli operai della Cogne, quindi io non accetto la visione idilliaca, la situazione è difficile perché prima in modo disordinato e anche prepotente in certi casi la Direzione si comportava in un determinato modo, oggi in modo più razionale e più intelligente si comporta in un altro ma l'obiettivo è lo stesso. Le Aziende di Stato in Italia sono quelle che fanno da pilastro, da supporto, da stampella per l'industria privata e quello avveniva prima in un modo disordinato, in un modo disorganizzato con prepotenze, oggi avviene in un modo più razionale e più intelligente, ma la realtà che resta è quella: i costi non si possono conoscere perché sono nell'interesse dei privati, gli esperimenti che fa la Cogne li fa, costano, e poi quello che si deve fare lo fanno i privati, l'utilizzazione della miniera, l'utilizzazione del nostro materiale pregiato è tratto dalla Cogne, ma poi l'utilizzazione viene fatta dai privati.
Le condizioni di lavoro sono peggiori che nelle altre aziende, ma per forza, perché gli operai della Cogne devono pagare di più. Sono sfruttati due volte, questa è la realtà e su questa realtà io credo che, come Consiglio regionale, noi dobbiamo lavorare, portare il nostro contributo, perché in una Regione autonoma, con quello che rappresenta la Cogne è una nostra responsabilità, quindi ci deve essere questo contributo. Allora non dimentichiamo mai che la situazione non è facile, il superamento di questo è duro, e che ci vorrà tutto il nostro appoggio, e che decisiva sarà la lotta che gli operai condurranno.
Bionaz (D.C.) - Noi proponiamo un ordine del giorno che è quello che ha già letto mi pare l'Assessore Colombo e nel quale mi pare che... non so se, Assessore Colombo, tu hai già inserito la questione, comunque lo rileggo così almeno i Consiglieri possono...
Montesano (P.S.D.I.) - ... è al penultimo capoverso, mi pare...
Bionaz (D.C.) - ... sì, al penultimo capoverso, dunque: "auspica che l'attività della "Naz. Cogne" nei suoi programmi e sviluppi sia inserita in modo organico nel programma economico regionale, promuovendo, quale industria siderurgica, iniziative per la creazione di piccole e medie industrie meccaniche e manifatturiere che utilizzino direttamente in Valle d'Aosta, almeno in parte, la sua produzione di acciai, delibera di nominare una Commissione consiliare per lo studio della situazione produttiva della "Cogne" e delle sue prospettive di sviluppo, nonché per un esame delle condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti dello stabilimento; dà mandato al Presidente del Consiglio regionale di portare a conoscenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica e del Ministro delle Partecipazioni statali...". Io penso anche che bisognerà aggiungere "dell'Industria" al presente ordine del giorno.
Non ho letto la prima parte perché l'aveva già letta l'Assessore Colombo. Noi proponiamo che si voti quest'ordine del giorno.
(voce di un Consigliere) - ... siccome io non ho sentito dare lettura della prima parte cioè che l'aspetto umano... dovremo sapere...
Bionaz (D.C.) - Allora lo leggo tutto.
Il testo dell'ordine del giorno è già stato soprariportato.
Germano (P.C.I.) - Solo se si poteva votare per paragrafi, in questo caso noi saremmo d'accordo di votare alcuni paragrafi, se non si può votare per paragrafi, noi presentiamo un nostro ordine del giorno, che contiene quattro paragrafi.
Montesano (P.S.D.I.) - Consigliere Germano, io credo che non si possa votare per paragrafi, perché non ci sono gli articoli. È la prima volta che capita una cosa del genere, io credo che l'ordine del giorno debba essere votato per intero facendo tutte le riserve e tutte le dichiarazioni, ecco... allora presentate.
Germano (P.C.I.) - In questo caso presentiamo il nostro ordine del giorno di cui do rapidamente lettura e che contiene quattro paragrafi:
Il Consiglio regionale
Ritenuto che l'aspetto umano nei rapporti di lavoro costituisce insostituibile fine di ogni azione politica e sociale, fine al quale non può essere indifferente quale depositario del maggior potere locale e vicino quindi, più di ogni altro, ai sentimenti dei cittadini;
auspica che l'attività della "Naz. Cogne" nei suoi programmi e sviluppi sia inserita in modo organico nel programma economico regionale, promuovendo, quale industria siderurgica, iniziative per la creazione di piccole e medie industrie meccaniche e manifatturiere che utilizzino direttamente in Valle d'Aosta, almeno in parte, la sua produzione di acciai;
delibera
di delibera di delegare il Presidente del Consiglio a nominare una Commissione consiliare, sentiti i Capigruppo, per lo studio della situazione produttiva della Cogne e delle sue prospettive di sviluppo, nonché per un esame delle condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti dello stabilimento;
dà mandato al Presidente del Consiglio regionale di portare a conoscenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica e del Ministro delle Partecipazioni Statali, il presente ordine del giorno.
F.to: Germano Pietro
Come per il vostro, sono quattro punti che sono contenuti nel nostro.
Montesano (P.S.D.I.) - Va bene.
Caveri (U.V.) - Siccome mi pare che un punto sul quale si è d'accordo da parte di tutti i Consiglieri di tutti i Gruppi sia la questione della nomina di una Commissione di studio, chiederei chiarimenti sulla composizione di questa Commissione.
(voce)
Montesano (P.S.D.I.) - ...questo lo vedremo poi... Io non so se date a me il mandato, io chiederò a tutti i Gruppi una loro rappresentanza, oppure... siccome qui c'è una delibera di nominare, non sono io che devo nominare...
(voce di un Consigliere) - Lei chiede ai Gruppi, noi diamo delega a lei...
Montesano (P.S.D.I.) - ... va bene, allora bisogna dirlo, perché mi sono spiegato, qui c'è una delibera in cui si dice che il Consiglio nomina..."delibera il Presidente del Consiglio a nominare una Commissione consiliare". Ci sono dichiarazioni di astensioni? Dichiarazioni di voto? Il Gruppo dell'Union Valdôtaine si astiene; altri Gruppi? Allora mettiamo in votazione l'ordine del giorno presentato dal Consigliere Colombo con l'emendamento del Presidente Bionaz e la correzione formale citata dal Presidente Montesano. Chi approva alzi la mano.
Esito della votazione:
Presenti: 32
Votanti e favorevoli: 18
Astenuti: 14 (Andrione, Artaz-Dotto, Casetta, Caveri, Crétier, Dayné, Fosson, Germano, Macheda, Manganoni, Perruchon, Savioz, Siggia, Vallino)
Il Consiglio approva il sottoriportato ordine del giorno nel testo emendato.
Ordine del giorno
Il Consiglio regionale
legittimo interprete degli interessi della Valle d'Aosta e partecipe della vigile attenzione della sua popolazione nei riguardi della efficienza della "Naz. Cogne", da cui dipende il lavoro e l'avvenire di tante famiglie,
prende atto
- che nella "Cogne" alla fase involutiva della occupazione operaia e della mancanza di prospettive per l'avvenire è negli ultimi due anni subentrata una fase di moderni e razionali programmi di sviluppo e di conseguente maggiore progressiva occupazione;
- che il nuovo corso politico di centro-sinistra, che presiede al governo del Paese ed alla amministrazione della Regione, ha consentito nel breve arco di pochi mesi di porre a disposizione della "Cogne" una prima e già consistente quota dei mezzi finanziari necessari per la realizzazione dei suoi programmi;
auspica
- che tali interventi finanziari dello Stato, in conformità al programma quinquennale di sviluppo economico, siano adeguatamente e progressivamente mantenuti fino a liberare completamente la "Cogne" da ogni onere passivo dovuto alla precedente fase depressiva ed estraneo alla attuale fase di razionali rapporti fra investimenti, spese di esercizio, produttività e utile industriale?commerciale;
constata con rammarico
- che nonostante i risultati positivi dell'azione politica svolta in favore della "Cogne" permangono nell'azienda metodi interni di governo delle maestranze incompatibili con una moderna e civile concezione della direzione e organizzazione industriale;
- che ogni sforzo legittimamente fatto dalle istanze politiche più qualificate per migliorare tale situazione è risultato vano,
- che alla sincera e aperta denunzia e alla democratica critica costruttiva ha fatto seguito, anziché un nuovo colloquio con le maestranze e un cambiamento di clima, una querela per diffamazione nei confronti dell'organo di stampa ufficiale di uno dei partiti di governo, da parte del Presidente della "Cogne" ed un irrigidimento della precedente situazione;
ritenuto
- che l'aspetto umano nei rapporti di lavoro costituisce insostituibile fine di ogni azione politica e sociale, fine al quale non può essere indifferente quale depositario del maggiore potere locale e vicino quindi, più di ogni altro, ai sentimenti dei cittadini;
Mentre esprime la propria soddisfazione
al Governo Nazionale per l'intervento fatto in favore della "Cogne" promuovendo i necessari provvedimenti legislativi per i relativi finanziamenti;
chiede
che tale sforzo - in cui si manifesta peraltro la solidarietà nazionale per gli operai della "Cogne" - sia accompagnato da un radicale rinnovamento dei rapporti nell'interno dell'azienda, eliminando ogni mentalità antidemocratica autoritaria, irrispettosa delle esigenze umane e della personalità del lavoratore;
auspica
che l'attività della "Naz. Cogne" nei suoi programmi e sviluppi sia inserita in modo organico nel programma economico regionale, promuovendo, quale industria siderurgica, iniziative per la creazione di piccole e medie industrie meccaniche e manifatturiere che utilizzino direttamente in Valle d'Aosta, almeno in parte, la sua produzione di acciai;
delibera
di delegare il Presidente del Consiglio a nominare, sentiti i Capigruppo, una Commissione consiliare per lo studio della situazione produttiva della "Cogne" e delle sue prospettive di sviluppo, nonché per un esame delle condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti dell'azienda;
Dà mandato
al Presidente del Consiglio Regionale di portare a conoscenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, dei Ministri del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica e dei Ministri delle Partecipazioni Statali e dell'Industria, il presente ordine del giorno".
Montesano (P.S.D.I.) - Allora mettiamo ai voti l'ordine del giorno proposto dal Consigliere Germano con l'emendamento formulato dal Presidente Bionaz. Noi ci asteniamo.
Colombo (P.S.I.) - Volevo soltanto fare osservare che ieri, avendo già votato naturalmente l'intero contenuto del vostro ordine del giorno... noi sul vostro ordine del giorno ci asteniamo.
Montesano (P.S.D.I.) - Va bene. Gli altri Gruppi?
Chamonin (U.V.) - Noi concordiamo anche su quest'ordine del giorno perché in fondo l'importante era di ottenere la nomina di questa Commissione, quindi noi per conto nostro voteremo anche quest'ordine del giorno.
Montesano (P.S.D.I.) - Altre dichiarazioni? Allora, chi è favorevole all'ordine del giorno? Consigliere Germano, alzi la mano. Contrari nessuno, astenuti gli altri Consiglieri.
Esito della votazione:
Presenti: 32
Votanti e favorevoli: 16
Astenuti: 16 (Balestri, Barmaz, Benzo, Bionaz, Borbey, Bordon, Chabod, Colombo, Dujany, Lustrissy, Manganone, Mappelli, Maquignaz, Montesano, Personnettaz, Verthuy)
Il Consiglio approva l'ordine del giorno sottoriportato.
Ordine del giorno
Il Consiglio regionale
Ritenuto
che l'aspetto umano nei rapporti di lavoro costituisce insostituibile fine di ogni azione politica e sociale, fine al quale non può essere indifferente quale depositario del maggior potere locale e vicino quindi, più di ogni altro, ai sentimenti dei cittadini;
Auspica
che l'attività della "Naz. Cogne" nei suoi programmi e sviluppi sia inserita in modo organico nel programma economico regionale, promuovendo, quale industria siderurgica, iniziative per la creazione di piccole e medie industrie meccaniche e manifatturiere che utilizzino direttamente in Valle d'Aosta, almeno in parte, la sua produzione di acciai;
Delibera
di delegare il Presidente del Consiglio a nominare una Commissione consiliare, sentiti i Capigruppo, per lo studio della situazione produttiva della Cogne e delle sue prospettive di sviluppo, nonché per un esame delle condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti dello stabilimento;
dà mandato
al Presidente del Consiglio Regionale di portare a conoscenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, dei Ministri del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica e dei Ministri delle Partecipazioni Statali e dell'Industria il presente ordine del giorno.
Montesano (P.S.D.I.) - Allora qui siamo alle ore 23,16, ci sarebbero da votare in seduta segreta quelle due cosette e poi se il Consiglio ha voglia... Eh no, le due delibere bisogna farle.
Allora il pubblico è pregato di sgombrare la tribuna.