Objet du Conseil n. 40 du 11 juin 1968 - Verbale

OGGETTO N. 40/68 - (Varia) - Commemorazione di Robert Kennedy, Senatore degli Stati Uniti d'America.

Presidente - Ha la parola il Consigliere Ramera.

Ramera (D.C.) - Signor Presidente, Signori Consiglieri, ho chiesto di parlare a nome del Gruppo democratico-cristiano perché ritengo sia doveroso che anche questa Assemblea, così come lo ha fatto ogni parte del mondo, esprima la propria solidarietà, il proprio sincero e commosso cordoglio per la morte di Robert Kennedy e la unanime esecrazione di questo Consiglio, in nome del Popolo valdostano, per questo crimine senza senso e brutale che ha colpito l'intera umanità nei suoi più alti ideali.

La morte di Robert Kennedy, così come quella del suo grande fratello John e quella di Luther King, non priva soltanto gli Stati Uniti di uno dei suoi figli migliori, ma priva la causa della libertà e del progredire del mondo civile, che perde uno dei suoi più capaci, concreti e persuasivi protagonisti. Per questo, il gravissimo lutto dell'America è quindi irreparabile perdita per tutta l'umanità.

Robert Kennedy era un uomo della generazione che aveva vissuto gli anni della primissima giovinezza con negli occhi l'orribile visione di un mondo sconvolto dalla guerra e aveva quindi registrato nel suo animo quegli stessi sentimenti di pace, di fratellanza, di amore vero verso il prossimo, di progredire, che si erano radicati anche in noi nel periodo della resistenza e che erano per i Kennedy e costituiscono ancora per noi l'unica meta cui dovrebbero tendere tutti i popoli per evitare che altri spaventosi eventi bellici possano ancora sconvolgere il mondo.

Per questo, noi, della sua stessa generazione, siamo qui a ricordarlo con un senso di sgomento ancora maggiore di quello provato da tutti, perché non possiamo credere che l'odio e la violenza predicati da alcuni settori della società, al solo fine di tutelare certi privilegi o certi tipi di supremazia di classe o di razza, possano avere ragione di quei valori ideali ed eterni che hanno fatto la storia dell'umanità e che non possono essere mutati od annullati con l'eliminazione violenta di uno o più uomini. Non possiamo crederlo.

Ma, di fronte a simili eventi, si rimane sbigottiti ed indifesi e ci si chiede se veramente il destino degli uomini per andare avanti debba passare per forza attraverso queste prove angosciose, che lasciano un segno tanto profondo nel cuore e nella mente degli uomini, e ci chiediamo ancora se le sorti dell'umanità non potrebbero essere diverse e migliori se l'amore, la carità e la ragionevolezza prendessero il posto della violenza e dell'odio.

Purtroppo l'insegnamento evangelico, pur avendo fatto in duemila anni tanto cammino e tantissimi proseliti, non è ancora riuscito a fare breccia in tutti i cuori e si arresta, inesorabilmente respinto, davanti a coscienze chiuse o pervase dalla follia e dall'odio che affidano ad un'arma un solo solo mezzo di esprimersi.

Ed è proprio una coscienza chiusa e folle quella che ha guidato la mano omicida a Los Angeles su Robert Kennedy, cosicché il mondo si è fermato un attimo sbigottito a meditare una volta ancora sulle conseguenze di un atto di violenza, così come era accaduto per Dallas e così come era accaduto poco tempo fa ad Atlanta per l'assassinio del reverendo Luther King.

Bob Kennedy lo ricorda commosso il mondo, lo ricordiamo oggi noi, ma lo piangono soprattutto coloro i quali avevano confidato in lui le attese di maggiore dignità umana, di maggiore giustizia sociale e di maggiore progresso. La povera gente, i giovani ed i negri, soprattutto i negri per la cui promozione sociale, dopo l'uccisione di Luther King, Robert Kennedy aveva rotto gli indugi che ancora lo trattenevano a presentare la candidatura per le elezioni presidenziali di quest'anno e si era buttato con coraggio nella campagna delle primarie americane, convinto che fosse suo dovere riproporre alle elezioni di novembre la continuità di quella politica per la nuova frontiera che si era spenta a Dallas cinque anni or sono.

Possa dunque il suo sacrificio non essere vano, ma serva di monito ancora una volta a tutte le genti per indurle ad imboccare strade diverse e faccia sì che il seme dell'odio non trovi ancora terreni fertili; solo nel dolore e nel comune convincimento che tutti siamo uguali e tutti siamo fratelli per la salvezza del domani.

La lotta per migliorare, per progredire, per andare avanti deve essere fatta di idee, di parole, di sentimenti buoni, di esperienze, di saggezza; così pensava Bob Kennedy e per questo dobbiamo operare tutti insieme per onorarne la memoria nel modo più giusto e più umano.

Dolchi (P.C.I.) - Signor Presidente, Colleghi Consiglieri,

a nome del Gruppo Comunista, mi associo alle parole del Consigliere Ramera, perché pensiamo sia giusto che anche il Consiglio Regionale della Valle d'Aosta manifesti il suo cordoglio e il suo sdegno unendosi alle innumerevoli voci, dalle più qualificate alle più umili, che si sono levate in questi giorni a stigmatizzare il fatto sanguinoso, il delitto politico elevato a metodo.

Nel 1963 cadeva a Dallas il Presidente John Kennedy, due mesi fa veniva assassinato il mite apostolo dell'America negra, il pastore Martin Luther King - premio Nobel per la pace - come parimenti erano stati in precedenza assassinati il ribelle Malcom X e il leader integrazionista del Mississippi, Medgar Evers e infine, la scorsa settimana, l'uomo che rappresentava una grande speranza per i diseredati, i giovani, i negri, pagava con la vita la sua azione politica.

Perché - sono parole non mie né dell'Unità, ma di Tito de Stefano, su un quotidiano italiano - "Difendendo i negri Robert Kennedv si tirava addosso l'odio dei razzisti. Battendosi per il riscatto dei diseredati, disturbava la digestione dei beati possidenti. Chiedendo una pace di compromesso nel Vietnam mandava su tutte le furie gli ambienti patriottardi e feriva, sotto sotto, il nazionalismo della classe media americana. Mettendo il dito, più in generale, sulle piaghe dell'America di oggi e invocando una "politica nuova" per risanarle, feriva al cuore il mito degli Stati Uniti modello del mondo e l'ottimismo del Paese "dalle infinite possibilità" e rischiava di passare per un demagogo, scarsamente sollecito degli interessi nazionali".

Queste accuse erano moneta corrente nei giornali ed erano, soprattutto, nell'aria che la gente respirava. Kennedy era un guastafeste, un filocomunista, un "capitolardo" e un amico dei negri. Questo bastava per evocare i fantasmi del Mac'Carthismo vecchio e nuovo, per mettergli contro "l'establishment" del mondo economico e politico del Paese per mobilitare, dietro le quinte, il qualunquismo nazionale.

Se tutto questo, alla fine, ha trovato un sicario pronto a sparare, la cosa non può sorprendere, come non può sorprendere che l'ultimo fratello Kennedy, il Senatore Edward, punti il dito accusatore verso quelli che ha definito "gli uomini senza faccia".

Infatti un elemento balza agli occhi ed è chiaro per l'opinione pubblica non solamente americana. Tutte le vittime, cinque dirigenti di levatura nazionale ed internazionale, dalle vite e dalle origini così diverse, si trovavano però su una stessa barricata e, pur con posizioni politiche differenti, avevano sfidato il cosiddetto potere autentico, avevano coraggiosamente denunciato il fatto che la società americana, decantata come aperta, democratica e flessibile, si dimostra invece rigida, chiusa, conservatrice ed incapace di adattamenti dinanzi ai mutamenti della realtà.

Ciò ci dice che non possono essere fatti isolati: che c'è un nesso tra i bombardamenti nel Vietnam che continuano e gli assassinii a catena contro chi fa parte dell'"altra America" che vuole una politica diversa di pace e di comprensione.

E quando noi chiediamo che il Governo italiano modifichi il suo atteggiamento, quando invitiamo i lavoratori, i cittadini di ogni ceto, ad esprimere la loro solidarietà ai democratici americani, all'altra America, pensiamo di dover giustamente stimolare ogni energia al fine di contribuire ad eliminare le minacce che pesano sull'umanità.

Il 25 novembre del 1963, alla sua prima seduta, il passato Consiglio Regionale ebbe a ricordare l'assassinio del Presidente Kennedy, ucciso a Dallas tre giorni prima.

È una tragica coincidenza che anche questo Consiglio, nelle sue prime sedute, debba oggi nuovamente manifestare espressioni di cordoglio e di commozione per l'assassinio del fratello Robert.

Ma lo facciamo oggi in questo Consiglio Regionale con rinnovata speranza, perché il tempo non passa invano e proprio dalle prove più dure si trae forza ed incitamento perché, come già disse questo Consiglio nel 1963, questo crimine, che è delitto contro l'umanità, contro la civiltà, non potrà sopprimere l'anelito supremo dei popoli che è anelito di vita e di pace e che è quindi condanna aperta della violenza, della distruzione e della morte.

Milanesio (P.S.U.) - Signor Presidente, Signori Consiglieri, nell'associarmi alle parole di cordoglio che sono state espresse dai Consiglieri che mi hanno preceduto, mi sia consentito di fare un riferimento, un breve riferimento alla situazione che si verificò 44 anni or sono in Italia, il 10 giugno, esattamente, del 1924.

Allora veniva assassinato dai sicari fascisti, per ragioni politiche, Giacomo Matteotti e ieri sera, nel ricordare l'anniversario di questo assassinio, il sottoscritto, nella sua qualità di Segretario della Federazione Valdostana del Partito Socialista Unificato, ebbe a fare un parallelo con la situazione americana, con le ultime drammatiche uccisioni che sono avvenute negli Stati Uniti d'America.

Anche se il contesto sociale, storico, sociologico dell'Italia del 1924 e degli Stati Uniti d'America nel 1968 sono diversi, certamente noi dobbiamo notare un filo comune, un sottile filo di ferro nero che lega questa catena di omicidi, questa catena di delitti politici.

Da una parte gli uomini che lottano per la democrazia, per la libertà, per l'elevazione civile e sociale dei popoli; dall'altra parte le forze della reazione, le forze della conservazione che vogliono continuare a detenere dei privilegi economici, dei privilegi politici.

E quindi ieri sera, noi, nel celebrare l'assassinio di Giacomo Matteotti, abbiamo ricordato le grandi figure di John Fidgerald Kennedy, di Martin Luther King e di Bob Kennedy, caduti anch'essi in nome di idee, di progresso e di giustizia, quelle idee di progresso e di giustizia che tutte le forze migliori della Nazione Americana stanno cercando di portare avanti.

Noi ci auspichiamo che, così come accadde per l'antifascismo italiano, al momento dell'uccisione di Matteotti, noi ci auspichiamo che il sacrificio, voglio dire, che la morte di Bob Kennedy serva a coagulare attorno alle forze democratiche degli Stati Uniti d'America tutti quegli uomini ancora indecisi, per portare avanti con rinnovato vigore ed energia la loro battaglia per la costruzione di una società più giusta, per il raggiungimento di una nuova frontiera politica, sociale ed ideale.

Andrione (U.V.) - Au nom du Groupe de l'Union Valdôtaine, je m'associe aux paroles qui ont été prononcées à la mémoire de Kennedy, soit pour flétrir la violence brutale qui a mis fin à sa vie, soit pour déplorer la chute brutale et soudaine de tous les espoirs que sa politique avait suscités dans le monde.

Chamonin (R.V.) - Au nom du Rassemblement Valdôtain nous nous associons aux nobles paroles de ceux qui nous ont précédés dans cette commémoration du Sénateur Kennedy; nous nous associons particulièrement pour ce qui est de l'exécration de la violence, de quelconque part elle vienne et pour n'importe quelle raison.

Pedrini (P.L.I.) - Signori, evidentemente non ci si può non associare a quanto è stato detto dai precedenti oratori. Vorrei, però, due secondi solo per sfrondare su questo tema quanto di demagogico da qualche parte è stato scritto o è stato detto.

Noi Liberali - io penso che su questo non vi siano discussioni - dai nostri antenati, dal 1848 a venire ad oggi, a Gobetti, alla Resistenza, ad oggi, noi Liberali, ripeto, ci siamo sempre battuti per la Libertà di cui portiamo anche il nome.

È evidente che contro questo gesto insano, che contro questa perdita umana, i liberi pensatori di tutto il mondo non possono che unirsi per combattere, per esecrare, per andare avanti veramente nel progresso, un progresso che porti beneficio a tutta l'umanità, progresso che non sia a parole, ma a fatti.

Tonino (P.S.I.U.P.) - Mi associo ai vari Gruppi che sono intervenuti nel commemorare l'atroce morte del Senatore Robert Kennedy, a nome mio personale e a nome dei compagni del P.S.I.U.P..

Presidente - Propongo la sospensione della seduta per cinque minuti in memoria di Kennedy.

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Si dà atto che l'adunanza viene sospesa dalle ore 9,41 alle ore 9,47.

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Presidente - Propongo di inviare un telegramma all'Ambasciatore degli Stati Uniti d'America, a Roma, del tenore seguente:

"Signor Ambasciatore U.S.A. - Palazzo Margherita - ROMA.

OCCASIONE SUO INSEDIAMENTO CONSIGLIO REGIONALE VALLE D'AOSTA HABET COMMEMORATO ROBERT KENNEDY E SOSPESO SEDUTA PUNTO ESPRIME SIGNORIA VOSTRA SGOMENTO PER ESECRABILE ASSASSINIO ET PORGE SENTIMENTI DI PROFONDA COMMOZIONE ET DI SOLIDARIETA' FAMIGLIA KENNEDY ET POPOLO AMERICANO".

Si dà atto che il Consiglio concorda, unanime, sulla proposta di invio del telegramma soprariportato.