Compte rendu complet du débat du Conseil régional. Les documents ci-joints sont disponibles sur le lien "iter atto".

Objet du Conseil n. 3399 du 20 mars 2008 - Resoconto

OGGETTO N. 3399/XII - Approvazione definitiva del Programma di sviluppo rurale della Valle d'Aosta per il periodo 2007-2013, in applicazione dei Regolamenti (CE) nn. 1698/2005 e 1974/2006.

Il Consiglio regionale

Richiamati:

- il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio del 20 settembre 2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), che detta fra l'altro norme generali per la programmazione e la revisione dei programmi di sviluppo rurale;

- il regolamento (CE) n. 1974/2006 della Commissione del 15 dicembre 2006 recante disposizioni di applicazione del regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del FEASR;

- la Decisione della Commissione Europea C(2006) 4024 che fissa una ripartizione indicativa per Stato membro del sostegno comunitario allo sviluppo rurale per il periodo 2007-2013;

Preso atto che il Programma di Sviluppo Rurale della Regione autonoma Valle d'Aosta per il periodo 2007/2013, adottato in via d'urgenza dalla Giunta regionale con deliberazione n. 675 in data 15 marzo 2007 per avviare la procedura di notifica e ratificato dal Consiglio regionale con deliberazione n. 2697/XII in data 9 maggio 2007, è stato approvato dalla Commissione Europea in data 23 gennaio 2008;

Preso atto che, nel corso del negoziato con i Servizi della Commissione europea sono state apportate numerose modificazioni, sia formali che sostanziali, al Programma notificato. In particolare, rispetto al testo precedente, è stata maggiormente approfondita l'analisi del contesto, sono stati fatti emergere con maggiore chiarezza i fabbisogni dei singoli settori produttivi, nonché i punti di forza e di debolezza e le minacce e le opportunità dei vari comparti; è stata ridisegnata la strategia regionale per lo sviluppo rurale e sono stati inseriti maggiori dettagli sull'integrazione fra le misure di sviluppo rurale e gli aiuti di stato. Le misure di sviluppo rurale oggetto di cofinanziamento sono state in buona parte riscritte e di conseguenza è stato modificato anche il piano finanziario;

Ravvisata la necessità di sottoporre al Consiglio regionale l'approvazione definitiva del Programma di Sviluppo Rurale della Valle d'Aosta per il periodo 2007-2013 (PSR 2007/2013) nella versione approvata dalla Commissione Europea in data 23 gennaio 2008.

Richiamata la deliberazione della Giunta regionale n. 3817 in data 29 dicembre 2007 concernente l'approvazione del bilancio di gestione per il triennio 2008/2010, con attribuzione alle strutture dirigenziali di quote di bilancio e degli obiettivi gestionali correlati, e di disposizioni applicative;

Visto il parere favorevole di legittimità rilasciato dal Capo Servizio del Servizio politiche comunitarie, dell'Assessorato agricoltura e risorse naturale ai sensi del combinato disposto degli articoli 13, comma 1, lettera e) e 59, comma 2, della legge regionale 23 ottobre 1995, n. 45, sulla legittimità della presente deliberazione;

Visto il parere della III Commissione consiliare permanente;

Delibera

l'approvazione definitiva dell'allegato Programma di Sviluppo Rurale della Valle d'Aosta per il periodo 2007/2013, elaborato in applicazione dei regolamenti (CE) nn. 1698/2005 e 1974/2006 e approvato dalla Commissione Europea in data 23 gennaio 2008.

Allegato

(omissis)

Presidente - La parola al Presidente della Regione, Caveri.

Caveri (UV) - Chiederei una sospensione di 5 minuti per una brevissima incombenza amministrativa della Giunta.

Presidente - Sospensione accordata.

Si dà atto che la seduta è sospesa dalle ore 18,06 alle ore 18,22 e che alla ripresa dei lavori assume la presidenza il Vicepresidente Lanièce.

Presidente - Riprendiamo i lavori.

La parola all'Assessore all'agricoltura e risorse naturali, Isabellon.

Isabellon (UV) - È questa la conclusione del percorso amministrativo del Programma di sviluppo rurale 2007-2013, che è in applicazione al regolamento comunitario n. 1698/2005 e del regolamento n. 1974/2006 della Commissione e della decisione della Commissione europea n. 4024/2006. Preso atto che il Programma di sviluppo rurale della Regione Valle d'Aosta per il periodo 2007-2013, adottato in via d'urgenza dalla Giunta regionale con deliberazione n. 675/2007, per avviare la procedura di notifica e ratificata dal Consiglio regionale con deliberazione n. 2697/2007, è stato approvato dalla Commissione europea in data 23 gennaio 2008. Preso atto che nel corso del negoziato con il servizio della Commissione europea sono state apportate numerose modifiche sia formali, sia sostanziali al programma notificato e ravvisata la necessità di sottoporre al Consiglio regionale l'approvazione definitiva del Programma di sviluppo rurale della Valle d'Aosta per il periodo 2007-2013, nella versione approvata dalla Commissione il 23 gennaio 2008, richiamata la deliberazione della Giunta regionale n. 3817/2007, che concerne l'approvazione del bilancio di gestione per il triennio 2008-2010, si propone al Consiglio l'approvazione definitiva dell'allegato Programma di sviluppo rurale della Valle d'Aosta per il periodo 2007-2013 elaborato in applicazione dei regolamenti suddetti. Visto che di questo si è dibattuto ampiamente anche nella III Commissione, che ringrazio per aver lavorato in maniera costruttiva, con un risultato finale di un'approvazione all'unanimità dei voti e con un parere favorevole, la proposta al Consiglio è di approvare tale Programma di sviluppo per la Regione Valle d'Aosta 2007-2013, cui faranno seguito tutte le deliberazioni applicative che sono in fase di predisposizione da parte dei nostri uffici e saranno vagliate dal Comitato di sorveglianza, che è stato appositamente costituito recentemente, quindi la fase successiva sarà quella di dare completa applicazione allo stesso nel più breve tempo possibile. La proposta al Consiglio è questa.

Presidente - Dichiaro aperta la discussione generale.

La parola al Consigliere Bortot.

Bortot (Arc-VA) - È vero che siamo sotto elezioni, ma il Piano di sviluppo rurale presupporrebbe una serie di approfondimenti anche alla luce delle richieste di modifica apportate dall'Unione europea. Permettetemi di fare una battuta prima: sarebbe strano che si aprisse la caccia alla marmotta e si chiudesse quella al galletto, riferendosi alla discussione di prima; le marmotte si addormentano, si riesce a farle fare abbastanza quello che si vuole, invece i galletti sono combattivi...

Parto da una considerazione di carattere culturale e politico: tutti ieri avete visto la lettera sulla pagina della Valle de "La Stampa", dove un genitore si lamentava che non ha potuto frequentare l'area "Bel Air" di Gressan perché c'era una rassegna di bovini e ha dovuto portare il bambino a giocare in Piazza Chanoux, giustificando il fatto che il rischio era anche di chissà quali malattie si possano prendere se si gioca nei prati dove è depositata qualche "busa" di mucca. Ho scritto due righe a questo Signore, non so se verranno pubblicate o meno, non le riassumo, ma sono nell'ambito del discorso. Perché facevo un riferimento culturale e politico? Perché la nostra Regione sta "cambiando pelle" dal punto di vista culturale e più approfondisco questo tema, ed è trasversale a tutti purtroppo, più noto una prevenzione nei confronti degli agricoltori, nei confronti degli allevatori, persone anche di livello culturale non indifferente che considerano gli animali domestici e i bovini un problema di tipo sanitario, lo abbiamo già affrontato. Credo che in questi decenni questo aspetto lo abbiamo anche alimentato noi con i famosi abbattimenti e risanamenti, che sia passato dal punto di vista psicologico nella testa della gente che i bovini sono portatori di malattie...

Marguerettaz (fuori microfono) - ... c'è stata la mucca pazza...

Bortot (Arc-VA) - ... sì, c'è stata la mucca pazza, ma la mucca pazza... se chi scrive o noi non riusciamo a distinguere fra allevamenti intensivi e il tipo di aziende che abbiamo noi, evidentemente il messaggio che passa è che... ma non erano le mucche che creavano problemi di tipo sanitario, era il mangiare dato agli animali e non le mucche di per sé, soprattutto si è lasciato passare e si è incrementato un meccanismo culturale, veicolato soprattutto dalla pubblicità, dove il contatto con gli animali, qualsiasi tipo di animale, di per sé diventa pericoloso. Ora capite che, se permettiamo innanzitutto dal punto di vista culturale che nella nostra Regione passi questo concetto e non si risponde in termini culturali e non moralistici, questo "cambio di pelle" che sta trasformando la nostra Regione e che avviene per fattori economici e non solo culturali... se noi lo permettiamo, poi ci troviamo anche l'Unione europea che attraverso non tanto il Piano di sviluppo rurale, quanto una serie di direttive che dobbiamo recepire tramite legge regionale, ce ne sarà una da discutere subito dopo... avremo il problema, qui ho un'ANSA dell'11 marzo che titola: "Stalle valdostane poco idonee per le norme UE sulla stabulazione...", eccetera. Il provvedimento fa proprio riferimento a questo concetto, ossia il concetto di benessere animale passa attraverso soprattutto dei parametri che faranno a pugni con il mantenimento delle nostre stalle, soprattutto le piccole stalle, che sono quelle, Assessore - parliamo fra di noi, ma stiamo sfondando una porta aperta -, che mantengono il territorio. Ci troviamo allora di fronte ad un'aggressione culturale nei confronti delle aziende agricole, soprattutto quelle che allevano bovini, caprini e ovini; d'altro canto ci troviamo di fronte una grossa pressione immobiliare sul territorio, che per questioni economiche tende ad espellere le piccole aziende dai centri abitati, ci troviamo di fronte da parte delle strutture amministrative regionali ad una serie di costrizioni - io le chiamo vessazioni - di tipo amministrativo-burocratico nei confronti delle aziende agricole, soprattutto quelle di allevamento. Se mettiamo assieme questi 4 fattori, nonostante il denaro che è stato acquisito dal Piano di sviluppo rurale per il 2007-2013 sia lo stesso del Piano di sviluppo rurale precedente, il rischio è che se noi, meglio, il prossimo Consiglio regionale non fa un esame approfondito su queste problematiche, ci troviamo a gestire tanti soldi, ma il numero delle aziende agricole, soprattutto legate all'allevamento andranno sempre più a ridursi e ci saranno sempre più concentrazioni di bovini allevati in stalle di medie dimensioni, dove il legame con il territorio e la manutenzione del territorio verrà sempre meno per questioni di parametri economici e poi, come vediamo in questo periodo che siamo alla fine dell'esaurimento delle scorte di fieno tagliato nella nostra regione, circolano tanti camion con tante balle di fieno che proviene dall'esterno della nostra regione. Noi quindi dovremo in qualche modo... e qui penso che il Consiglio regionale sia disattento, i sindacati di categoria degli agricoltori e dei contadini siano disattenti e anche il Governo sia disattento, fra virgolette rispetto a quello che sta succedendo in questo settore primario della nostra economia. Il rischio è che ci accontentiamo dei soldi che arrivano e non ci accorgiamo che i soldi che arrivano non sono sufficienti a tamponare la riduzione di un comparto produttivo storico e culturale portatore di civiltà nella nostra Regione.

Non sto dicendo niente di nuovo: sto solo cercando di attirare l'attenzione del Consiglio su questa problematica. Occorre una riflessione del nuovo Consiglio regionale su come, nonostante i capitoli, Assessore, utilizzando e indirizzando bene le risorse finanziarie noi interveniamo per tutelare questo comparto produttivo. Se entriamo nel merito dell'erosione del territorio, delle difficoltà amministrative e burocratiche delle aziende, della concentrazione delle aziende, dei parametri che l'Unione europea ci impone... e ne avevamo sottolineati alcuni nella legge che avevamo approvato l'ultimo Consiglio regionale riguardo agli indici di produttività delle aziende agricole, se di questi indici di produttività non specifichiamo che per produttività e per sostenibilità economica... non riguardano anche la gestione del territorio, avremo 1/3, se non di più, delle nostre aziende agricole, quelle più piccole che ci interessano di più, che chiuderanno, perché la sostenibilità economica dal punto di vista dei parametri che vuole l'Unione europea, se non addirittura lo Stato italiano, non la raggiungeranno mai! Se partendo da questo presupposto, non interpretando tale indicazione, non riusciamo a percepire le possibilità di intervenire aggiungendo a questi parametri di sostenibilità economica anche parametri di manutenzione e sostenibilità del territorio, ci troveremo come Consiglio regionale e Governo ad allargare le braccia. Diremo: "l'Unione europea", è da 10 anni che allarghiamo le braccia, siamo pieni di soldi in questo comparto, ma impotenti però, ad allagare le braccia che l'Unione europea ci impone chissà per quali motivi tutte tali vessazioni che noi meccanicamente recepiamo e poi riversiamo sui titolari delle aziende agricole.

Se non stoppiamo questo processo - ripeto: spetta a mio avviso al nuovo Consiglio regionale tornarci sopra -, il rischio è che vada avanti uno stillicidio di aziende dove anche i giovani che già sono titolari di aziende agricole e allevatori debbano chiudere. Mi riferisco alle modalità con cui noi andiamo al risanamento degli animali, perché poi il paradosso è che nel momento in cui recepiamo le direttive e diamo contributi finanziari per il benessere animale, poi siamo per abbattere gli animali non sono quelli infetti, ma anche quelli sani. È il paradosso che si crea se le politiche non vengono approfondite in riferimento ai cambiamenti che avvengono sul nostro territorio e su come sostenere queste attività sul nostro territorio. Faccio una parentesi: non dico che non bisogna fare niente, perché la possibilità di intervenire culturalmente, tecnologicamente e finanziariamente c'è, bisogna, da un lato, essere determinati e, dall'altro, essere più duri e qui occorre un'alleanza forse di tutte le aziende agricole dell'arco alpino per porre questa problematica con maggiore forza all'Unione europea che o con nuove direttive, o con modifiche alle attuali percepisca il livello culturale e le necessità, il tipo di aziende agricole che dobbiamo avere in territorio di montagna.

Dall'altra parte questo "cambio di pelle"... se vogliamo che nascano e crescano nuovi imprenditori nel settore agricolo, dobbiamo percepire con maggior forza le indicazioni che ci arrivano dalla legge sui riordini fondiari. È sempre più difficile... nessuno vuol coltivare o curare degli appezzamenti di terra distribuiti a macchia di leopardo nel territorio, occorre andare a questi accorpamenti, occorre capire che le vocazioni di tali riordini fondiari non possono essere solo la monocoltura, ma possono essere in funzione di colture miste dove le aziende agricole, soprattutto dei giovani che si insediano, possano avere un "mix" di attività e di colture agricole che abbinate magari con altri alla filiera... dove questi prodotti agricoli, queste molteplici colture vengano messe nella filiera e il prodotto finale sia l'agriturismo, piuttosto che tutta una serie di altri settori di nuove forme di gestire il territorio, uscendo dal concetto di monocoltura, che è solo l'allevamento o è solo le mele o è solo... Si può avere dalle galline al bovino, alle piante di frutta, però, per fare questo, se non si mette mano ai riordini fondiari e non si offre ai giovani che vogliono intraprendere l'attività dell'agricoltura queste nuove modalità di fare l'imprenditore agricolo, noi chiudiamo, sono convinto che nel giro di una generazione chiudiamo. Basta vedere il decremento delle aziende agricole sul nostro territorio, basta vedere il decremento del numero dei bovini, basta vedere i processi di concentrazione sul nostro territorio e, mettendo assieme questi parametri, si capisce molto bene che, se non invertiamo un "trend" - il "trend" è: i parametri tutti negativi -, nel giro di una generazione non avremo più aziende agricole legate al territorio, alla nostra cultura e alla nostra civiltà. Mi rendo conto di "parlare un po' al vento", però queste cose resteranno, potremo sempre sventolarle, perché insisto a dire che ci siamo accontentati su tutto l'assetto dell'agricoltura di portare a casa i finanziamenti. I finanziamenti ben vengano e credo siano state fatte delle battaglie per avere gli stessi finanziamenti del Piano di sviluppo rurale precedente, ma se ci addormentiamo sul fatto che abbiamo gli stessi finanziamenti e "non prendiamo in questo caso la mucca per le corna" nel vero senso della parola e non discutiamo che indirizzi dobbiamo darci, che orientamenti dobbiamo darci rispetto ad una regressione del comparto, ripeto: ci saranno strilli e urla, ci sarà di tutto di più, ma il comparto è indirizzato a scomparire.

Legato a questo, l'ho già sollevato in maniera un po' brutale nell'ultima adunanza consiliare, stiamo attenti che l'agricoltore nella nostra Regione, lo sapete anche voi perché tutti li incontriamo per strada, attraversa una crisi di identità, una crisi più grave di quella economica, perché, dal punto di vista economico, gli aiuti ci sono, non sono neanche indifferenti, ma si è creato un mostro burocratico-amministrativo che crea vessazioni a non finire di tipo burocratico nei confronti degli agricoltori e dei titolari di queste aziende. Non so se domani o nella prossima adunanza consiliare discuteremo del telelavoro o del lavoro decentrato, penso che dovremo riflettere su decentrare assieme al telelavoro anche i servizi; non è più possibile che un cittadino, un imprenditore, una qualsiasi persona, per accedere a tutta una serie di servizi, debba girare 2 o 3 diversi uffici. La categoria forse degli imprenditori e dei titolari di aziende agricole da questo punto di vista sono quelle più tartassate, basta vedere le file che si fanno per il verde agricolo, arriva o non arriva...

Caveri (fuori microfono) - ... chi sarebbero i tartassati, gli agricoltori?

Bortot (Arc-VA) - ... sì, tartassati dal punto di vista amministrativo e burocratico, non ho parlato dal punto di vista finanziario...

(interruzione dell'Assessore Cerise, fuori microfono)

... sto parlando di decentrare il servizio sul territorio, non che sia una pratica sbagliata e va bene lo stesso... insomma ripeto: o sono storie che mi invento io perché voglio farvi perdere tempo...

Caveri (fuori microfono) - ... le capre tubercolotiche...

Bortot (Arc-VA) - ... ma le capre tubercolotiche... approveremo, Presidente, dopo la legge sul benessere animale, mi spiega lei come tale questione del benessere animale si concilia con l'abbattimento di animali sani solo perché sono promiscui ad animali infetti? Qualcuno mi risponderà e comunque questo problema dobbiamo porcelo; ci sono possibilità di curare animali infetti? Ci sono opportunità di separare gli animali infetti dai non infetti? Ma fermare le aziende agricole, come è successo e succede ai fratelli Colliard di Pontboset, questo meccanismo infernale deve finire!

Caveri (fuori microfono) - ... casi di tubercolosi mai visti dai veterinari, di una gravità inaudita...

Bortot (Arc-VA) - ... non capisco perché vi arrabbiate!

(interruzione dell'Assessore Fosson, fuori microfono)

... Assessore, l'altra volta vi ho chiesto e lei mi ha dato i dati, sulle persone ammalate di tbc nella nostra Regione, divise per categoria e numero: vi è un allevatore ammalato di tbc, il resto sono operai, studenti, persone anziane, ma a contatto con animali che hanno la tbc ce n'è uno e credo che le mucche, le capre o le pecore ammalate di tbc siano molte più di una. L'Assessore poi mi ha detto che non c'è nessuna trasmissibilità della tbc animale agli esseri umani...

(nuova interruzione dell'Assessore Fosson, fuori microfono)

... ma non mi vergogno! Quelli che dovete vergognarvi siete voi, che interpretate per opportunità...

Presidente - ... non intervenite. Grazie.

Bortot (Arc-VA) - ... non c'è problema, disturbate pure, ho ancora un po' di tempo e vado avanti.

Avete messo in piedi un meccanismo infernale del quale siete schiavi, che passa per l'abbattimento di animali sani! Dovete avere il coraggio in base alle nuove tecnologie di fare un passo indietro, questi animali come gli umani si possono curare, solo che c'è dietro un apparato burocratico-amministrativo, veterinario e "chi più ne ha ne metta", che è una "lobby" impressionante! Allora poi, giustificando in base alla salute pubblica, si veicola culturalmente in mezzo alle persone questa paura dei bovini e degli animali come veicoli di problemi sanitari e voi vi troverete, siete voi i responsabili, a raccogliere quello che avete seminato: la paura dell'opinione pubblica nei confronti degli animali domestici quali portatori chissà di quali disastri!

(interruzione del Presidente della Regione e nuova interruzione dell'Assessore Fosson, fuori microfono)

... non so, Presidente, se sarò qui. Ne riparleremo, se non sarò qui, con altre iniziative, insisto: i pericoli per le persone e per la sanità pubblica non sono gli animali domestici e le mucche, sono l'inquinamento, sono altri fattori! La tubercolosi arriva... c'è scritto oggi, è inutile Assessore che faccia lo spiritoso, c'è un articolo che dice che ceppi di tubercolosi umana - qui ci sono 2 medici - molto resistenti alle medicine attuali arrivano soprattutto da persone dell'est... e tale tipo di tubercolosi non è la tubercolosi umana, perché, con tutti gli animali che abbiamo abbattuto in questi decenni, la popolazione della Valle d'Aosta fosse come dite voi, sarebbe decimata, sarebbe un unico sanatorio! Questo è il problema sul quale vi invito, detto dall'ultimo asino di questo mondo, a riflettere! Solo che siete talmente presuntuosi e arroganti che pensate di comprare la gente con i soldi, ossia pretendete che avendo abbattuto gli animali... perché vi salvate la coscienza, non volete approfondire scientificamente il problema e con quattro soldi ai contadini li tacitate. Quando qualcuno si ribella come i fratelli Colliard, allora minacce, blocco delle stalle da un anno, chiusura dell'azienda agricola, 3 persone a spasso: questa è la vostra agricoltura, come voi state gestendo l'agricoltura oggi in questo periodo, quando le cose cambiano in tutto il mondo e ci sono altre possibilità di intervenire, ma siete schiavi e complici di un meccanismo perverso che avete messo in piedi e non avete nessuna voglia di "metterci le mani" affinché vi sia un punto di ritorno: questa è la realtà! Perché non andate a dire che l'unica possibilità che c'è, quando i bovini o i caprini o gli ovini sono ammalati di tbc, è quella di abbattere tutti gli animali? Ditelo, non colpite uno per uno perché è incapace di difendersi rispetto al mastodontico apparato amministrativo-burocratico che parte dai veterinari, dalle analisi e dalle controanalisi che non si possono fare... perché non lasciate fare le controanalisi, quando queste sono positive, ai titolari delle aziende, che sono anche disposti a pagarsele? Peccato che l'Assessore alla sanità è andato a spasso, perché è talmente presuntuoso, ha la verità in tasca, quindi non ha bisogno...

(interruzione dell'Assessore Marguerettaz, fuori microfono)

... riferisco solo al microfono che l'Assessore Isabellon ha appena finito di dirmi fuori microfono che io parlando di queste cose sono fuori tema rispetto al Piano di sviluppo rurale. La invito a leggersi il sommario, la prima pagina del Piano di sviluppo rurale, che parla di benessere dei titolari delle aziende, benessere degli animali, recupero di villaggi abbandonati, incremento della possibilità di dare finanziamenti affinché si sviluppino le attività agricole. Ditemi come volete fare questo quando siete i primi responsabili della distruzione dell'agricoltura in Valle!

Presidente - La parola al Consigliere Sandri.

Sandri (PD) - Devo dire che all'inizio dell'intervento del collega Bortot avevo apprezzato alcune valutazioni, sulle capre non sono assolutamente d'accordo, mi dissocio, mi scuso se all'interno della Sinistra ci sono alcune contraddizioni, così come mi permetto di non condividere la questione burocratica. Credo invece che tali procedure siano anche un po' di esempio, anzi nel mio intervento volevo citarle, allora estrapolo dal mio intervento questa prima parte... siccome dovrebbe essere preso invece ad esempio da tutta l'Amministrazione regionale... in particolare penso che dovrebbe essere preso ad esempio dall'Assessorato della salute, sanità e assistenza sociale e spiego perché. È una cosa che ho scoperto recentemente: l'Agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura, che per adesso non è ancora funzionante in quanto non è stata riconosciuta ancora dal Ministero, ha impiantato da tempo un servizio - nel senso che ha recuperato un servizio preesistente nell'Amministrazione regionale, nell'Assessorato dell'agricoltura - per quanto riguarda i 2 tipi di premi che vengono riconosciuti agli agricoltori che ho trovato geniale: non c'è bisogno di fare domanda, la domanda ti arriva a casa, quindi ogni anno gli agricoltori si ritrovano un documento in cui loro possono segnare quelle inevitabili variazioni che ci sono - "avevo 20 mucche e 15 vitelli lo scorso anno, adesso ne ho 18 più 13"... -, gli uffici predispongono tutta la pratica e poi verranno previsti i premi e quant'altro. Ritengo che invece questo sia un sistema molto efficiente, in inglese credo si dica "customer friendly", ossia molto vicino all'utilizzatore, che dovrebbe essere utilizzato. Faccio un esempio molto banale, mi rivolgo anche alla collega Squarzino che so molto interessata a questo tipo di argomenti, se la legge n. 19 fosse tarata così - ne abbiamo parlato anche in Commissione se si ricorda -, ossia se uno ha più di 60 anni e quindi è difficile che cambino le sue condizioni di disagio sociale, se all'inizio dell'anno gli arriva a casa come succede in agricoltura una domanda e lui deve autocertificare le variazioni rispetto all'anno precedente... ritengo che questo sia un modo intelligente di operare, un modo collaborativo e spero che esso sia utilizzato anche in altri settori.

Tornando all'argomento in questione, credo sia una qualche soddisfazione arrivare alla fine di un lungo percorso, che è giunto con l'approvazione da parte dell'Unione europea e della Commissione del Piano rurale valdostano. Devo dire però che, da questo punto di vista, ho personalmente percepito, poi mi dirà l'Assessore se sbaglio, che a livello europeo forse qualche problema sta insorgendo più di quanto non ci sarebbe da aspettarsi e vorrei che lei mi smentisse o confermasse la notizia che da adesso in avanti, proprio in base a questo piano...

(interruzione del Presidente della Regione, fuori microfono)

... la notizia mi è arrivata da uno del suo partito, pensi lei... e anche abbastanza recentemente; devo dire che nel suo partito ci sono molte più persone interessate all'agricoltura di quanto non siano quelle rappresentate in questo Consiglio, visto che ho aspettato prima per prendere la parola, pensavo che l'"Union Valdôtaine" fosse piena di gente interessata a parlare di zootecnia, di allevatori e di contadini, soprattutto per contestare le "disgraziatissime cose" dette dal Consigliere Bortot, invece silenzio più assoluto. Dicevo che ho l'impressione che la Comunità europea richiederà prossimamente e sempre più diffusamente la notificazione della legge regionale in materia di agricoltura: è vero, non è vero? Questo è un tema importante perché rischia di cambiare le procedure che fin qui abbiamo percepito. Esprimiamo allora soddisfazione per tale piano che è stato approvato dalla Comunità europea, ma credo che questo sia il momento di valutazioni di altro genere, perché ricordo che la situazione che viene descritta all'inizio di questo piano è anche il risultato del Piano 2000-2006, perché è evidente, qui non siamo al primo piano, ma siamo al secondo, quindi i dati che voi ci avete fornito in tale analisi che è all'inizio di questo grosso tomo dimostrano quello che è il Piano 2000-2006.

Mi permetto solo di fare un'osservazione tecnica, non è l'unica, ma questa è la peggiore. A pagina 80 c'è una tabella che non si capisce perché è stata riprodotta molto male, in quanto tutta la parte in cui ci sono le indicazioni e le corrispondenti colonne e righe è stata completamente tagliata; se si potesse in futuro avere dei testi più corretti, non sarebbe male. "Tornado a bomba", noi cosa estrapoliamo da tale dato, e su questo non posso che concordare con quanto detto dal Consigliere Bortot? Che in poco più di 10 anni 1/3 delle aziende agricole valdostane è scomparso, non solo, ma che il numero delle aziende di piccole dimensioni, ossia inferiori a 5 ettari, quelle che in nessuna condizione possono essere considerate autosufficienti e competitive a garantire un reddito per l'agricoltore, rappresentano oltre i 3/4 del totale. Dobbiamo allora dire, essendo tutto questo avvenuto nel periodo corrispondente al primo Piano di sviluppo rurale, che quel piano non ha centrato gli obiettivi che si era posto, perché in quel piano ci sono gli stessi roboanti progetti che ci sono qui: migliorare la vita rurale, favorire il prepensionamento dei coltivatori più anziani per abbassare l'età media, favorire l'innesto di nuovi agricoltori che abbiano formazione specifica... tutte cose importanti che condividiamo, ma attenzione perché il primo giro non ha funzionato. Dirò di più: ci rendiamo conto che oggi l'agricoltura valdostana in termini di PIL è la metà di quella italiana e supera di poco l'1% del PIL valdostano. Bisogna tener conto che poi questa superficie media comporta un reddito basso, tant'è vero che il reddito medio, il valore aggiunto agricolo per unità lavorativa impiegata arriva a circa 14.000 euro, poco più di 1.000 euro al mese, contro i 25.000 euro in Italia; quindi veramente abbiamo un'agricoltura che offre poco ai nostri lavoratori che ancora si dedicano con passione a tale settore.

L'altro dato molto rilevante, e credo che anche da questo punto di vista dobbiamo dire che il Piano rurale precedente non ha centrato i suoi obiettivi, è che stiamo andando sempre più, pur essendo in difficoltà, verso una monocoltura, ossia una zootecnia, che rappresenta ancora oggi i 3/4 del prodotto agricolo. Abbiamo quindi una talmente alta rilevanza di questo settore che qualunque eventuale difficoltà possa emergere in quel settore è chiaro che poi colpisce tutto il sistema agricolo e questo rende più fragile. Ho visto che in questo Piano rurale c'è tutta una serie di interventi che consentono, per esempio, di valorizzare il frutteto, il vigneto, i piccoli frutti, perfino l'orto, le patate, le piante aromatiche, i fiori, le serre e i vivai: questo è importante e sono ben 800 euro per ettaro. Sino ad oggi però risultati nella diversificazione della produzione ancora significativi non ce ne sono stati, perché c'è una concentrazione soprattutto su questi... Se poi si va a fare un'analisi più dettagliata, è evidente che vengono fuori delle preoccupazioni sulle prospettive, su questo non ho i toni accalorati e sanguigni del collega Bortot, ma certo ne condivido la filosofia di fondo. Che prospettive ci possono essere per questa nostra amata agricoltura quando solo il 4% delle aziende agricole ha una superficie degna di un'azienda agricola, ossia 50 ettari? In Valle c'è solo il 4%, visto che sono circa 5.000 le aziende, si parla di meno di 200 aziende che hanno tali caratteristiche e, visto che saranno queste le uniche che probabilmente sopravvivranno ai prossimi decenni rispetto ad una serie di evoluzioni di cui poi andrò a parlare, è chiaro che dobbiamo attenderci una pesante riduzione della produzione e dell'attività agricola, quindi un pesante abbandono del territorio, con tutte le conseguenze che più volte abbiamo evidenziato. Ritengo che, da questo punto di vista, bisogna riconoscere all'Assessore e al suo "staff" anche una certa onestà intellettuale, laddove cita una cosa che credo che a tutti coloro che sono profondamente legati all'"esprit valdôtain" debba fare "drizzare le orecchie", si dice, pagina 10, che "accanto alla già citata contrazione del numero di aziende di piccole dimensioni, negli anni più recenti si è registrata la chiusura di alcuni alpeggi, fenomeno purtroppo irreversibile che determina la perdita dei pascoli di alta quota...", tutto questo nonostante gli interventi del Piano di sviluppo rurale 2000-2006. Noi, quindi, abbiamo un'evoluzione negativa, previsioni negative, di cui è anche cosciente l'Assessore che scrivendo queste cose ovviamente le condivide, per cui dobbiamo pensare ad interventi di grosso spessore.

Un altro dato preoccupante è quello che esiste, sì, una professionalizzazione delle aziende ma, come avete giustamente evidenziato voi - e questa è una percezione che abbiamo avuto anche noi per quelle poche informazioni che abbiamo raccolto direttamente in bassa Valle -, non viene dall'acquisizione dei fondi quanto dall'affitto dei fondi. È quindi una situazione meno stabile e anche di minore garanzia per il futuro, per questo ci saremmo aspettati come finanziamento per l'acquisizione di fondi una più rilevante quota e più rilevanti interventi, in modo da consentire agli agricoltori che hanno ancora voglia di misurarsi con questo tipo di attività di poter acquisire i fondi.

Faccio adesso un piccolo intermezzo su un tema specifico che accomuna il sottoscritto al collega Bortot, anzi lui è stato l'iniziatore, io mi sono accodato verso la fine. Manca una cosa, voglio dire... è chiaro che questo piano è partito da tempo, mentre quello di cui parlerò è una cosa recente, però forse c'era la possibilità di metterlo: il problema della delocalizzazione delle stalle. Nel momento in cui dobbiamo dare contributi per rafforzare queste aziende serie, che hanno delle prospettive, credo che dobbiamo prevedere anche dei contributi specifici per la delocalizzazione al di fuori dei centri abitati e dei villaggi delle stalle che attualmente sono lì, perché sono degli investimenti che non sono di così rilevante entità, che un contadino, un coltivatore diretto che già è sotto pressione dal punto di vista finanziario per la normale attività è chiaro che non può pensare di prendere in considerazione. Hanno difficoltà ad acquisire i fondi, perché li prendono in affitto, figuriamoci per quanto riguarda le stalle! Su tale tema penso che si dovrebbero fare degli interventi massicci, forse non sono sufficienti solo i fondi dell'agricoltura, forse dovrebbe essere una cosa più generalizzata e potrebbe essere coinvolto anche l'Assessorato del territorio, però questo è un tema che ha avuto un particolare eco, che rappresenta un grido di dolore un po' simbolico, ma che fa emergere una palese diffusa sensazione che c'è sul territorio dell'importanza e della necessità di fare dei ragionamenti su queste stalle all'interno dei villaggi per delocalizzarle all'esterno. Il risultato finale di quanto dicevo è che abbiamo un reddito per il 90% delle aziende agricole inferiore a 19.000 euro l'anno, inferiore a quello che è un minimo di dignità possibile; quindi il 90% delle aziende agricole non consente di potersi dedicare a tempo pieno a quel tipo di attività, questa è una questione di precarietà molto importante.

Passando ad un'analisi più precisa e anche qui dicendo, attenzione il Piano rurale 2000-2006 non ha centrato i suoi obiettivi, prendiamo atto dalle parole stesse dell'Assessore: le aziende agricole zootecniche sono diminuite - si ricorda, avevamo parlato anche in un'interrogazione di questo tema - e sono diminuiti i capi allevati. Alla fine del primo Piano di sviluppo rurale quindi abbiamo che forse è stato centrato l'obiettivo di ridurre la velocità di diminuzione, ossia forse è stato rallentato il fenomeno, ma di certo non solo non è stato invertito, ma non è stato neppure annullato, tant'è vero che oggi ci troviamo in una situazione per cui la media dei bovini per allevamento è 20, potete capire benissimo che con 20 bovini non ci vivi neppure se ti voti a qualche santo. Cosa tenere in considerazione? Teniamo in considerazione che tutto questo avviene non perché esistono fenomeni diversificati, ossia non teniamo più l'allevamento zootecnico, ma ci siamo messi ad allevare suini, piuttosto che ovini o caprini, perché è una situazione generalizzata. Mentre i bovini sono circa 35.000, gli ovini, che sono in aumento, sono arrivati a 2.500, quindi un numero non dico trascurabile, ma quasi e, per quanto riguarda suini, conigli ed avicoli, abbiamo una definizione che dice... la produzione è talmente bassa, trascurabile che praticamente è destinata all'autoconsumo familiare. Questo, fra l'altro, è un dato preoccupante perché, mentre da una parte noi abbiamo il "DOP", "jambon de Bosses"... chiaramente i suini vengono da fuori Valle e questo non dà un bel senso di filiera; non che voglia la produzione di suini, perché tale produzione è altamente inquinante, ma non è un segnale molto positivo.

Per fare una valutazione, devo dire... qui l'Assessore sa che sono particolarmente sensibile su questo punto: la melicoltura, la melicoltura è uno dei punti più drammatici, c'è una struttura produttiva polverizzata, una gestione è affidata ad imprenditori part-time, quindi non c'è una professionalità e un'industrializzazione. Vi sono poi produzioni relative ad alcuni impianti che sono molto vecchi e questa pratica ancora diffusa dei cosiddetti "prati arborati", con una scarsa qualità... da questo punto di vista, non si è trovata la capacità di andare a fondo del problema: il primo è quello che sulle varietà di mele c'è da parte dell'Assessorato un po' di confusione, nel senso che i tecnici dell'Assessorato continuano a spingere per una serie di nuove colture di vari tipi: dalla "golden" ad altre, che sono in parte giustificate anche dalle condizioni climatiche modificate, dal tipo di terreno... che però non rientrano nella tradizione della Valle, principalmente legata alla mela "renetta", su cui non c'è una difesa sufficientemente forte da parte dell'Assessorato e qui praticamente non se ne parla in questo Piano rurale, mentre la "renetta" è quasi un simbolo della nostra Regione. Da questo punto di vista, si potrebbe fare decisamente di più e qui mi dispiace di non aver visto all'interno del Piano di sviluppo rurale una riflessione ampia sulla gestione della catena: uno dei problemi più grossi, lo dico senza polemica, come un problema difficile da risolvere, su cui bisognerebbe riflettere tutti insieme cercando di trovare una soluzione è che qualche struttura, tipo, ad esempio, la "Cofruits" di Saint-Pierre, è un peso per i frutticoltori e non più un aiuto, perché è una struttura gestita in modo autarchico, sempre con la stessa maniera da molti anni, ma in questi anni il mondo è cambiato. Era una struttura prevista per 40mila quintali all'anno...

(interruzione del Consigliere Comé, fuori microfono)

... non so se il collega Comé voleva portare un contributo visto che vive in campagna, magari ha delle convenienze da poterci comunicare, si prenoti e dica qualcosa dopo se ha qualcosa da dire.

Dicevo, abbiamo una struttura che era stata prevista per 40.000 quintali, adesso se ne conferiscono 7-8.000, però i costi della struttura sono non solo uguali, ma sono aumentati, ma si suddividono su 7-8000 quintali e non più su 40.000. Qui allora c'è qualcosa che non funziona, perché queste strutture che erano nate per mettere insieme i frutticoltori, per dare loro una possibilità di reddito, per sviluppare il loro prodotto, per fare squadra, economie di scala, per fare una commercializzazione che fosse particolarmente favorevole all'agricoltore, oggi sono un peso tanto che molti ormai sono andati via dalla "Cofruits" e si mettono a vendere in proprio, perché al mercato di Aosta riescono a vendere mediamente intorno all'euro al chilogrammo quando dalla "Cofruits" ne prendono probabilmente neanche 1/3. Fra l'altro, una delle difficoltà, per quanto riguarda la "Cofruits", è anche quella di avere i dati, è un'altra delle aziende che "non collabora particolarmente nella definizione". Mi fa piacere che il riconoscimento del "DOP" per alcune varietà tipiche della Valle è avviato ormai da qualche anno, ma mi piacerebbe sapere quando poi questa "DOP" si può prevedere che sia realizzata.

Questione dei boschi e foreste: qui devo dire che sono stato contento di vedere quanto è stato scritto nel Piano di sviluppo rurale, il primo è un dato che non è né positivo, né negativo, ma è un dato interessante, ossia che i boschi avanzano, anche se con un valore molto più basso rispetto al dato nazionale. Abbiamo un aumento di circa 2 metri cubi per ettaro all'anno in più. I dati che sono stati evidenziati dicono che lo sfruttamento del bosco non è ancora a livelli ottimali, nel senso che la produttività del lavoro è di 1.920 euro per occupato, che è molto più basso della media nazionale. È quindi un settore in cui si può fare molto di più, però apprezzo molto un dato che emerge, che non è ovviamente un dato manipolato dall'Assessore: l'utilizzazione annua media dei boschi di proprietà pubblica raggiunge gli 11.650 metri cubi/anno contro i 6.250 dei privati; non solo, ma l'indice di utilizzazione è quasi il triplo nel caso pubblico rispetto a quello del privato: questa è una conseguenza del buon funzionamento delle squadre regionali di operai forestali, che hanno un'alta professionalità, che intervengono sulle proprietà pubbliche effettuando tagli silvicolturali al fine di perseguire gli obiettivi della silvicoltura naturalistica. Bisogna dire che noi questo lo pensavamo, ma il vedere "nero su bianco" che tale funzionalità è testimoniata da dati oggettivi ci ha fatto molto piacere. Dispiace invece dover constatare che i boschi privati, dal punto di vista della silvicoltura, sono caratterizzati da un minor accrescimento qualitativo del bosco, con sviluppo di boschi fitti, soffocati, con piante contorte, questa è una condizione di semiabbandono. Penso che anche con i privati in Valle bisognerebbe forse fare un discorso più ampio; mi sembra però dalle misure che sono state messe in atto che grosse prospettive per tale settore in questo Piano di sviluppo rurale non ne avremo, ci dovremo accontentare dei buoni risultati del pubblico.

Per arrivare a quello che viene definito nel Piano di sviluppo rurale il capitale umano, credo che molti possano essere interessati dal fatto che in 2 anni: dal 2002 al 2004, gli occupati in agricoltura si sono ridotti del 29%, che è una percentuale molto più alta di quella esistente a livello nazionale: dell'8%. Quello che è ancora più grave... e questa è un'analisi che invito i colleghi a leggere con attenzione perché è molto attenta e precisa, è stata fatta un'analisi per capire qual è la struttura dal punto di vista dell'età e del sesso degli addetti all'agricoltura: una stragrande maggioranza di persone che si occupano di agricoltura a tempo pieno o a tempo parziale ha più di 40 anni, per essere esatti, abbiamo 2.300 persone a tempo pieno e solo 800 a tempo parziale...

Bortot (fuori microfono) - ... la verifica del numero legale...

Sandri (PD) - ... fatemi concludere e poi facciamo una valutazione, ci penseranno i Valdostani a valutare... finisco solo questa frase e poi farò il secondo intervento. Mi scuso, 1.300 persone con più di 40 anni contro gli 800 con meno di 40 anni; quindi noi abbiamo delle prospettive di persone a tempo pieno che lavoreranno in agricoltura nei prossimi anni, che si ridurranno ancora notevolmente. Il dato è ancora peggiore quando si parla di tempo parziale perché, a fronte di 3.300 persone a tempo parziale con più di 40 anni, ce ne sono solo 1.100, 1/3, che hanno meno di 40 anni, diciamo che le prospettive per il futuro sono decisamente nere.

Presidente - La parola alla Consigliera Squarzino Secondina.

Squarzino (Arc-VA) - Cercherò di fare un intervento in cui non riprendo concetti già espressi dagli altri colleghi. Sono 2 i punti su cui vorrei soffermarmi e sono quelli per i quali anche quando facevo parte della III Commissione avevo un'attenzione particolare. Voglio sottolineare un dato che è la presenza femminile all'interno della aziende agricole, le imprese femminili sono in genere imprese che vengono attivate con prodotti e indirizzi diversificati... mi interessava l'attenzione dell'Assessore Isabellon...

Isabellon (fuori microfono) - ... ascolto... non posso puntare... mi viene il torcicollo...

Presidente - ... lasciate parlare la Consigliera Squarzino...

Bortot (fuori microfono) - ... fanno anche gli sbruffoni, l'unica cosa che interessa è portare a casa le leggi elettorali...

Squarzino (Arc-VA) - ... Assessore, stavo intervenendo su 2 elementi, mi interessava capire se questo elemento rispetto alla presenza delle donne era un elemento che le interessava, oppure no. Mi sembrava che non le interessasse tanto e allora mi sono permessa di attirare la sua attenzione, non volevo né riprenderla, né offendere lei, né i suoi colleghi di Giunta. Dicevo, la cosa che ritengo interessante e che qui viene messa in luce è la capacità che hanno le donne in agricoltura di attivare delle attività particolari, che sono le colture minori - le erbe officinali e piccoli frutti, l'apicoltura o colture protette in serra, - ossia sono attività che prevedono non solo la coltivazione, ma anche la manipolazione, la trasformazione e la valorizzazione dei prodotti. Mi sembra che questo tipo di attività, che è marginale rispetto a tutta l'altra attività, vada valorizzato particolarmente. L'altro settore importante in cui le donne sono presenti è quello dell'agriturismo, in cui sono titolari il 66,7% delle donne che fanno tale tipo di attività. Questo per dire che la presenza delle donne in agricoltura sta introducendo in tale settore quella innovazione e quella imprenditorialità che molte volte è carente. Il piano stesso dice quando analizza i punti deboli, le criticità delle azioni precedenti... sottolinea come siano 2 le criticità, che io ho riscontrato e su cui bisogna lavorare di più, ossia la difficoltà di innovare sia l'agricoltura, sia gli stessi interventi di sostegno rispetto a tutto questo mondo; seconda criticità: qui "si prende", anche se in modo diverso, la critica che faceva il collega Bortot, ossia dice il piano che c'è una discrasia fra come si organizzano gli interventi e come sono strutturate le competenze e le procedure di attuazione; non solo, si propone addirittura di fare modifiche nell'organigramma dell'Assessorato competente per far sì che sia più coerente con il tipo di interventi che vengono dati.

L'ultima osservazione rispetto alla criticità è che si rileva come vi sia ancora una frammentarietà nelle tipologie di intervento e manchi una visione unitaria. Ci sono qui i vari assi, le misure, ci siamo divertiti in passato ad analizzare queste tabelle che sono anche interessanti, fra le competenze in ascissa e in ordinata gli obiettivi che si vogliono raggiungere ma, al di là di tale gioco che possiamo fare, il problema è tradurre in un complesso organico e unitario di interventi le azioni che vengono fatte: questo vorrei sottolinearlo. Credo che lo sforzo che va fatto in tale senso non sia uno sforzo economico, ma sia uno sforzo di organizzazione della struttura. D'altra parte, se si ricorda, Assessore, anche quando si analizzava il Piano informatico e si vedevano le criticità, mi sembra che anche il suo Assessorato fosse stato individuato come un Assessorato in cui bisognava rivedere l'intera organizzazione per fare in modo che si potesse leggerlo alla luce delle procedure e degli obiettivi da seguire, perché solo in questo modo si poteva delineare un programma di informatizzazione. Chiudo tale parentesi.

Tornando sul discorso delle donne, qui sottolineo un aspetto che condivido, ossia il fatto che si individuino anche delle misure - le vedo a pagina 69 - per servizi all'infanzia e alle fasce più deboli della popolazione per consentire e facilitare la presenza delle donne in montagna.

La seconda osservazione riguarda l'agricoltura biologica, che a nostro avviso può essere un settore di grande sviluppo, ma che sta muovendo appena i primi passi. Se vediamo com'è la situazione attuale... sono una novantina i produttori, ma oltre la metà di questi è concentrata nel settore lattiero-caseario, quindi nella zootecnia, ma anche il loro volume di affari ammonta a circa 400.000 euro, non è moltissimo. È vero che c'è un incremento: da 13 aziende del 2000 siamo a 79 aziende nel 2006, di cui 53 di zootecnia, le altre aziende non di zootecnia si occupano di mele, patate, vino, miele, piante officinali, ossia cose molto diverse e il loro fatturato non è tantissimo, è 300.000 euro complessivamente. Rispetto all'agricoltura biologica non ho visto degli interventi "ad hoc" mirati, c'è tutta la parte...

(interruzione dell'Assessore Isabellon, fuori microfono)

... nella legge fatta l'altro giorno però non è che vi sia... poi semmai mi risponde... nel senso che l'agricoltura biologica è inserita all'interno dei vari settori, delle varie misure che sono previste per l'attivazione dell'innovazione dell'imprenditoria, ma elementi particolari forse andrebbero precisati maggiormente, perché qui qual è la nostra richiesta? Che non ci si limiti solo a indicarlo. Ho qui per esempio a pagina 123, dove si parla della misura 133, in cui si dice che bisogna sostenere i prodotti vegetali, miele ed erbe officinali, anche carne; le misure nel settore della zootecnia... lì direi che sono quasi automatiche e naturali, nel senso che è il settore preponderante e va bene che lo sia, è un settore che sta facendo dei grossi passi per migliorare e va bene; ma accanto c'è un settore che forse può essere più adatto all'imprenditoria femminile, all'innovazione e che può inserire un "surplus" all'interno dell'agricoltura, su cui chiedo in modo particolare un'attenzione all'Assessorato nel momento in cui tradurrà tutti questi interventi in azioni concrete. Voteremo a favore di questo Piano di sviluppo rurale, come abbiamo votato a favore del precedente piano, perché riteniamo che vi sia un grosso sforzo di programmazione, di inserimento di azioni che vanno verso l'innovazione e vorrei che tale parte più innovativa, ma anche più marginale rispetto al settore zootecnico fosse presa in forte considerazione, perché può essere un "atout" ulteriore per il turismo, per l'imprenditoria e per anche il mantenimento di parti del territorio che non sono adeguate al pascolo.

Presidente - La parola al Consigliere Bortot, per secondo intervento.

Bortot (Arc-VA) - Brevissimo, volevo solo che restasse a verbale che da un'ora e mezza l'opposizione discute del Piano di sviluppo rurale e la maggioranza, che conta 24 Consiglieri, non è mai stata presente con più di 15. Non ho poi il tempo, spero di poterlo fare in questa legislatura ancora... vorrei parlare della "GECA", di fontina e di tutto quello di cui non ho avuto tempo di parlare, ringrazio la collega Squarzino per quanto ha aggiunto lei, perché manca il tempo.

Presidente - La parola al Consigliere Sandri, per secondo intervento.

Sandri (PD) - Ero arrivato alla questione del capitale umano. È preoccupante questa differenza molto forte fra gli allevatori con più di 40 anni e quelli con meno di 40 anni, sia fra gli uomini che fra le donne, da non far percepire delle prospettive che siano positive.

Andando in termini più precisi sul problema dei prodotti agricoli, credo che qui vi sia uno dei dati più negativi di tutto il Piano di sviluppo rurale, ossia si dice che "tutto va bene Madama la Marchesa", è tutto un po' un grigiume, non si fanno delle analisi più precise, mentre ci sono sulla parte della superficie agricola, sulla parte degli operatori... qui siamo un po' così... ed è un segno molto chiaro quello del problema del "fromadzo", lo abbiamo già sviluppato in una recente interpellanza, viene scritto poi alla fine piccolo piccolo, si dice che c'è fra i tanti "DOP", oltre alla fontina, un altro formaggio valdostano che ha ottenuto la "DOP" nel 1996... "il disciplinare consente la produzione di diverse tipologie: semigrasso, semigrasso con aggiunta di erbe aromatiche (ginepro, cumino selvatico...), magro, misto vaccino-caprino". Solo alla fine poi viene scritto che "il suo fatturato resta comunque il più basso fra le 4 DOP" e c'è la cifra espressa in milioni di euro, peccato che abbia un sacco di zeri: 0,05 milioni di euro, ossia 50.000 euro! Questo lo avevamo già evidenziato per dire come tale invenzione non so da chi sia venuta, ma di certo non ha portato ad alcun tipo di soluzione. La sua importanza è trascurabile, tanto per darvi un'idea, il lardo di Arnad, che è stato oggetto di un notevole impegno da parte di imprenditori privati che hanno dimostrato grandi capacità, oggi arriva a 4 milioni di euro, circa 80 volte il fatturato del "fromadzo", quindi nell'andare avanti nell'attuazione del Piano di sviluppo rurale credo che un po' di pulizia qui e là, tipo sul "fromadzo", spostandolo, come aveva proposto l'Assessore, sulle tome di Gressoney e altre tome più tradizionali, potrebbe essere positivo.

Tralascio una valutazione sulle stalle, che avevo predisposto, perché alla delocalizzazione che avevo già evidenziato faccio ancora solo 3 accenni essenziali: il primo è sul premio unico che verrà previsto per i giovani allevatori, credo che sia la misura 112. Devo dire che è una tabella ben organizzata; tanto per far capire ai colleghi che non avessero approfondito il tema, all'imprenditore agricolo a tempo prevalente si garantisce un reddito di 30.000 euro se diplomati e 26.000 euro se non diplomati, con un premio aggiuntivo che può arrivare fino a 10.000 euro in base a una serie di parametri che sono molto convincenti, "ISO 14.000", agriturismo, attività turistiche, sistemi "DOP", agricoltura biologica... Credo che questo sia un incentivo veramente utile e importante, così come al tempo parziale 14 e 18mila euro. Si può arrivare quindi ad un massimo per coloro che superano il punteggio di 15 punti, che va da un minimo di 24.000 euro per un tempo parziale non diplomato ad un massimo di 40.000 euro, benissimo.

Faccio però un'amara considerazione: purtroppo credo si debba sottolineare - vedo qui che c'è l'Assessore alle attività produttive - che tali cose in altri settori non ci sono, ossia, quando siamo intervenuti varie volte per difendere i redditi dei lavoratori dell'industria, dei lavoratori dei cantieri forestali, dei lavoratori soprattutto della sanità, queste cifre non le abbiamo viste, abbiamo visto cifre molto inferiori. Sono d'accordissimo a garantire, ma se questi sono i livelli che intendiamo garantire ai giovani agricoltori - e facciamo bene -, credo che qualche maggiore attenzione rispetto agli altri cittadini valdostani debba essere riservata. Faccio solo un esempio: il reddito minimo vitale è a meno di 5.000 euro all'anno, è vero che quello è un contributo per persone che non hanno questo reddito, ma pensare che vi siano delle persone che devono vivere con 5.000 euro quando nell'altro caso il minimo è 14.000 euro a tempo parziale e 26.000 a tempo totale... credo siano modalità diverse.

Il secondo dato che volevo evidenziare è che c'è un rischio che avete preso, che prendiamo insieme, di cui sono convintamente assertore, ma in cui vedo alcune perplessità: è che, a fronte di questi soldi che diamo ai giovani agricoltori per immettersi in questo tipo di attività, noi abbiamo fatto la "rottamazione" degli agricoltori, ossia agli agricoltori che vanno in pensione, la misura 113, il prepensionamento degli imprenditori e allevatori agricoli, abbiamo... ho sentito vagamente fuori microfono la parola cialtrone...

Caveri (fuori microfono) - ... no, stavamo parlando...

Sandri (PD) - ... interessante rispetto alla qualità dell'educazione del nostro Presidente della Regione, però ne ha già dato adito in ambienti medievali di più alto lignaggio che non la sala del Consiglio regionale, di fronte a centinaia di persone e credo che poi ognuno ne trarrà le sue conseguenze.

Dicevo che per la rottamazione, quindi per il cedente di attività agricole si danno 7.400 euro nel caso di un titolare di azienda agricola normale, che arriva fino a 8.400 per i primi 5 anni per i giovani agricoltori, credo che questo sia giusto. Mi chiedo se tale norma non sia, come è successo per il Piano 2000-2006, uno degli incentivi ad un abbandono anche esagerato delle nostre aziende, ossia alla fine un incentivo ad "abbassare la guardia". Non dico che bisogna obbligare la gente a stare nell'azienda agricola fino a qualunque età, ma prima di arrivare all'incentivo finanziario forse si potrebbero utilizzare anche altri settori. Crediamo comunque che un prepensionamento sia un diritto che bisogna tutelare, ma ci sono insorti dei dubbi sul fatto di poter avere degli utilizzi.

Arrivati poi per quanto riguarda la parte finale, dove ci sono i vari tipi di contributi, qui non ho gli strumenti per valutare se questi contributi siano funzionali, ho solo alcuni dubbi per quanto riguarda il pascolo. La differenza di premi ad ettaro per le piccole aziende, 250, rispetto alle grandi aziende, 80, mi sembra che non incentivi quell'accorpamento delle aziende che consente alle aziende di essere di dimensioni sufficientemente ampie da poter essere competitive e quindi di poter reggere... non solo per i contributi del Piano di sviluppo rurale, ma anche per la propria capacità di rimanere sul mercato.

Chiudo l'intervento con un'osservazione che mi permetterò solo di evidenziare: questo testo è un esempio di come non si devono scrivere i testi amministrativi e politici della Regione Valle d'Aosta, perché in alcune parti è veramente incomprensibile, penso anche per dei tecnici, certamente per dei politici che si devono esprimere in materia, si dice a pagina 73:

"La Regione autonoma Valle d'Aosta, pur procedendo a declinare a livello locale in termini implementativi, accoglie in modo evidente il sistema di obiettivi proposto dal Piano strategico nazionale, pur mantenendo un obiettivo generale proprio; tali obiettivi risultano coerenti con i fabbisogni e quindi con gli ambiti prioritari di azione previsti dal programma. Più nel dettaglio, i singoli obiettivi di misura proposti risultano in linea con quelli indicati dai documenti comunitari e tra di loro. La definizione di tali obiettivi si articola in aree-obiettivo a carattere tematico, riferite agli assi di azione e direttamente relazionate agli obiettivi generali proposti a livello comunitario e riportati nel QCMV. Di conseguenza, l'intero impianto, nel framework logico della costruzione...", vi lascio a "framework" e alla valutazione di quant'altro. Sfido i nostri agricoltori, che sono molto interessati a capire cosa c'è scritto qui dentro, a fare delle valutazioni approfondite. Un po' di tecnica legislativa che consente di avere dei testi chiari, sintetici credo che si poteva sviluppare in questo caso e "dommage" che qui e là non ci si sia resi conto della questione.

Presidente - Se non vi sono altri interventi, dichiaro chiusa la discussione generale.

La parola all'Assessore all'agricoltura e risorse naturali, Isabellon.

Isabellon (UV) - Molto brevemente per "sgombrare il campo" dai dubbi. Non più tardi di un'adunanza consiliare fa avevamo rimandato a quando si sarebbe parlato del Piano di sviluppo rurale tutte quelle parti che non erano state prese in considerazione dalla legge n. 32/2007, che riguarda la maggior parte degli interventi in agricoltura, soprattutto per quel che riguarda l'utilizzo dei fondi regionali, gli aiuti di Stato, investimenti, CMF, aziende singole e associate; allora si era detto: "quando parleremo del Programma di sviluppo rurale, parleremo delle misure cofinanziate". Oggi succede un po' il contrario, perché tante delle suggestioni che sono emerse sarebbero da riportare nella discussione precedente, comunque ci sarebbero da dire tante cose.

Brevemente, collega Bortot, mi riservo di fare sbobinare tutto quello che lei ha detto, perché non ha avuto il tempo di dire di più, ma c'è già tanto da verificare. Non entrerò nel merito, ma sicuramente le registrazioni sono lì, quindi avremo di che farne buon uso, soprattutto per chi ha ascoltato e per chi con una sbobinatura come si deve potrà essere edotto; le farò a mie spese la stampa di questo documento e lo darò a tutte le aziende agricole così che facciano...

Bortot (fuori microfono) - ... contribuisco anch'io...

Isabellon (UV) - ... lo facciamo al 50%...

Presidente - ... non interrompete l'Assessore...

Isabellon (UV) - ... lo facciamo al 50% così è by-partisan e non possiamo essere accusati di farci della propaganda. Mi pare di aver detto che lo faccio volentieri con i miei soldi, volentieri!

Detto questo, per quel che riguarda poi i ragionamenti su quella che può essere la diversificazione delle produzioni aziendali, la monocoltura, è emerso dai vari interventi che in effetti qualcuno riconosce che questa c'è, la collega Squarzino in effetti ha rilevato una presenza femminile in aziende diversificate, molto importante: questo va a smentire quello che dall'altra parte si era detto, perché sull'ultimo corso di agriturismo la minoranza erano aziende zootecniche pur essendo titolari alle volte delle donne.

Per l'agricoltura biologica si rimanda alla legge n. 32 di cui abbiamo discusso l'altro giorno.

Per quanto riguarda il collega Sandri, emerge che ha dedicato tempo per affrontare con una lettura approfondita tutti i passaggi di questo Programma di sviluppo rurale. Ci sono anche qui alcune osservazioni che mi permetto di fare. Sui punti pregnanti che sono quelli dell'incentivazione della proprietà per i fondi, piuttosto che l'affitto, anche qui si rimanda alla legge n. 32, perché c'è l'apposito capitolo dei riordini fondiari sia a livello privato, sia a livello comprensoriale, perché nel PSR abbiamo delle misure cofinanziate che principalmente riguardano per il 70% l'asse due, che riguarda i premi per le misure agroambientali, per l'indennità compensativa e parte per il benessere animale. Evidentemente questo va alle aziende che hanno un buon rapporto fra numero di capi e i terreni aziendali in proprietà e in affitto e questo è anche un motivo per cui con tale tipo di incentivazione si è riequilibrata la presenza delle aziende e dei capi sul territorio. Noi con questo incentivo abbiamo un equilibrio complessivo di tali presenze con tutte le conseguenze del caso; naturalmente permangono le difficoltà delle aziende che si trovano nel centro storico e anche qui rimandiamo agli applicativi della legge n. 32, in quanto è prevista la delocalizzazione con tutti gli interventi dell'Ufficio fabbricati rurali che saranno oggetto prossimamente di una deliberazione di Giunta, che prevede l'incentivazione alla messa a norma delle aziende in centro storico, perché non è detto che non possano rimanere lì, e anche la loro possibile delocalizzazione con dei premi anche dal punto di vista delle giustificazioni aziendali. Non a caso qui si coinvolgono anche i Comuni, perché verrà attivata una specifica misura per risolvere il problema della gestione dei reflui zootecnici attraverso un bando cui potranno aderire i Comuni per un uso pluriaziendale per le aziende che si trovano in centro storico, ma avremo modo di dibatterne più ampiamente in altri momenti, visto che era un argomento... il fuori tema era allegato a questo, ho detto "fuori tema" però, se si rimaneva in tema, magari c'era tutto il tempo di sviluppare a modo questo, invece lei lamentava un tempo non sufficiente.

La novità poi di tale piano è che sono stati considerati anche gli interventi sui boschi e le foreste, proprio con lo scopo di considerare tutto il territorio, non solo il territorio utilizzato dal punto di vista agricolo.

Il decremento del patrimonio bovino l'ho già detto è fisiologico, ma è anche voluto perché c'è troppa concentrazione di bovini in alcune situazioni specifiche di aziende con poca terra, non era sicuramente la soluzione ottimale e questo è uno dei motivi per cui abbiamo a volte dei problemi con delle aziende (che si trovino in centro storico o no).

Per quanto riguarda la burocrazia, mi fa piacere che vi sia stata una visione diversa fra i settori dell'opposizione, per cui da una parte c'è stato un riconoscimento di un avvicinamento degli uffici alle aziende, cercando di aiutare anche i soggetti più deboli che hanno poca dimestichezza con le procedure burocratiche, e questo avviene dagli uffici, ma anche dagli uffici periferici (che non è vero che non sono presenti sul territorio). Naturalmente non bisogna affrontare queste cose con delle generalizzazioni, altrimenti mi spiace dirlo si parte da situazioni singole in cui è poi da dimostrare che vi sia vessazione o una volontà di infierire su qualcuno, piuttosto che un riconoscere delle situazioni difficili, dove bisogna per forza intervenire, altrimenti saremmo passibili di omessa attenzione, di omessa cautela e garanzia nei confronti degli agricoltori che sono a contatto giornalmente con animali infetti, ma questo lo facciamo anche noi a malincuore. I fratelli Colliard li conosco da anni, so in quali difficoltà lavorano. Siamo riusciti, per far loro proseguire l'attività alcuni anni fa, a convincerli a creare un "box" per la lavorazione dei formaggi in quanto non avevano una casera a norma, siamo andati in deroga, abbiamo fatto una deliberazione per riconoscere le casere di alpeggio con i requisiti minimali. Chi qualche anno fa era su tali banchi si ricorda di queste cose, lei, collega Squarzino, si ricorda che abbiamo fatto tali azioni, la potabilizzazione dell'acqua, per permettere a queste persone che si trovano nella Valle della Manda di continuare l'attività, ma non vogliamo metterli a rischio. Non voglio sostituirmi all'Assessore Fosson, ma qui è un nostro impegno morale di evitare che questo succeda. Noi veniamo da quelle esperienze, siamo andati sul posto a convincerli affinché si mettessero a norma all'epoca. Vi sono poi dei casi in cui, purtroppo, si interviene anche a malincuore e con questo avrei terminato; ci sarebbero da dire tante cose, ma era per dare un minimo di risposta.

Presidente - Pongo in votazione l'atto con allegato il Programma di sviluppo rurale della Valle d'Aosta per il periodo 2007-2013:

Consiglieri presenti, votanti e favorevoli: 26

Il Consiglio approva all'unanimità.