Compte rendu complet du débat du Conseil régional

Objet du Conseil n. 1764 du 10 janvier 2001 - Resoconto

OGGETTO N. 1764/XI Progetto "vendita di pacchetti ore" adottato dall’USL per sopperire alla carenza di personale infermieristico. (Interrogazione)

Interrogazione Preso atto delle risposte fornite dall’Assessore alla Sanità e Servizi Sociali ad una precedente iniziativa consiliare riguardante la decisione assunta dall’USL di Aosta di rispondere alla carenza di personale infermieristico con la "vendita di pacchetti ore";

Preso atto che alla domanda precisa, su quale fosse la normativa contrattuale che consente tale tipologia di rapporto di lavoro degli infermieri con l’azienda, mi è stato indicato come fonte giuridica l’articolo 6 del "Contratto di lavoro del comparto";

Atteso che l’articolo 6 del "Contratto collettivo nazionale di lavoro comparto sanità 1998-2001" è intitolato "informazione, concertazione, consultazione e commissioni parità" e che, quindi, nulla ha a che fare con tipologie di nuove modalità di rapporto tra dipendenti ed azienda;

Ritenendo impropria la risposta datami;

Ritenendo inoltre che tale rapporto di lavoro non possa configurarsi come "libera professione";

la sottoscritta Consigliera regionale

Interroga

l’Assessore competente per sapere:

1) a quale normativa voleva far riferimento quando ha citato l’articolo 6 del Contratto collettivo di lavoro, quale supporto giuridico-contrattuale al progetto "vendita di pacchetti ore" per infermieri;

2) se, a suo avviso, il progetto "vendita di pacchetti ore", si possa configurare come rapporto di "libera professione", e in base a quali motivazioni.

F.to: Squarzino Secondina

PrésidentLa parole à l’Assesseur à la santé, au bien-être et aux politiques sociales, Vicquéry.

Vicquéry (UV)La Direzione generale dell’USL interpellata in merito a questo argomento, che è già stato affrontato da questa Assemblea, ha risposto testualmente quanto segue: "Per quanto riguarda la lettera a) della domanda posta dalla Consigliera Squarzino, l’articolo 6, lett. a), capoverso 1 del contratto collettivo nazionale di lavoro di comparto prevede che nell’ambito di fattispecie classificatorie di particolari condizioni di disagio nell'erogazione dei servizi e nella contestuale organizzazione siano sentite le organizzazioni sindacali, che rappresentano gli interessi dei lavoratori. Nel caso in esame del progetto, sono state informate le organizzazioni sindacali e le RSU, e la proposta è stata rivista in sede di gruppo di lavoro misto.

Peraltro il DPCM 27 marzo 2000 e il decreto legislativo 28 luglio 2000 n. 254, prevedono la possibilità di prestare attività libero-professionali a favore dell’azienda nei casi di carenze di organico dovute alla ridotta presenza di professionalità sul mercato, gli infermieri sono un caso nazionale, addirittura europeo, e al fine di ridurre liste di attesa e disagi per l’utenza. I tempi ristretti necessari all'immediata soluzione che esigeva il problema dell’apertura di posti letto non hanno consentito di operare tutta l’attività di concertazione e regolamentazione, ma questo è un obiettivo da raggiungere nell’ambito dei sei mesi che l’azienda si è data come limite per arrivare a risposte strutturali. In particolare, una lettura dell’articolo 6 del contratto collettivo nazionale del comparto prevede modalità per:

informazione;

concertazione;

consultazione.

La materia oggetto del provvedimento va correttamente inquadrata, al fine di comprendere se le modalità di informazione svolte nei confronti delle organizzazioni sindacali, la successiva fase di contrattazione avvenuta con il gruppo di lavoro rappresentativo della categoria di lavoratori interessati, oltre che dei rappresentanti delle RSU e di una sigla sindacale, possano essere considerate congrue.

La direzione ha inteso per un periodo di tempo definito, sei mesi, dare una risposta al disagio dell'utenza, aggravato peraltro dagli eventi alluvionali registratisi proprio in concomitanza. Si è ritenuto quindi che la centralità dell’utente fosse il primo bene da salvaguardare e tuttavia conciliare, per quanto possibile, con gli strumenti contrattuali e normativi di tutela del rapporto di lavoro.

Si ritiene che le modalità adottate, sia per quanto riguarda l’informativa nei confronti delle organizzazioni sindacali, sia per quanto riguarda le successive fasi di partecipazione delle categorie interessate al progetto, con variazioni concordate al progetto originario, rientrino considerati tutti i presupposti nell’ambito della fattispecie, pur rispettando i tempi ristretti a disposizione dell’azienda per la soluzione di un problema di disagio dei cittadini utenti.

Per quanto riguarda la lettera b), in relazione alla possibilità di prevedere, anche se attraverso un progetto specifico, aggiuntivo per il comparto, premesso che la Direzione generale ha comunque l’obbligo e quindi il relativo potere organizzativo di mettere in atto ogni azione intesa a garantire la fruizione dei livelli minimi assistenziali agli utenti, si ritiene che:

- il primo modo di incidere senza attivare alcun progetto aggiuntivo sarebbe stato quello di incidere sulle dotazioni organiche dei vari reparti, andando a ridisegnare l’assetto organizzativo, al fine di attivare compensazioni che in ogni caso avrebbero dovuto consentire l’immediata riapertura dell’attività totale e non con chiusura a rotazione, in quanto che non appariva possibile decidere piani di razionamento (in attesa di risolvere il problema nazionale di assenza di risorse infermieristiche) senza un largo supporto di opinioni di tutti gli attori rilevanti nell'organizzazione sanitaria della regione;

- altro modo, (sempre in carenza di risorse infermieristiche), senza voler effettuare un razionamento dell’attività, e senza voler ridisegnare, d’imperio, l’assetto organizzativo esistente (a tutela della qualità dell’assistenza) era quello di incidere, sempre temporaneamente sulle condizioni di lavoro del personale, imponendo una gestione (limitata nel tempo) orientata alla riduzione delle ferie e dei riposi e all’aumento degli straordinari.

Tale soluzione non avrebbe certamente rappresentato una valida modalità di approccio, perché avrebbe generato contenzioso, problemi di tutti i generi, che si sarebbero, comunque, ripercossi sulla qualità dell'assistenza erogata:

- invero, tale soluzione nell’ambito dell’articolo 34 del contratto collettivo nazionale, avrebbe consentito di determinare in sei mesi l’eccezionalità, di cui al punto 2 del medesimo articolo, corrispondendo peraltro al 50 percento (125 ore pro capite) del monte ore annuo massimo per dipendente, pur mantenendo i limiti espressi prima in particolare rispetto alla qualità del servizio nei confronti degli utenti, anche solo per la poca efficacia in ambito di programmazione, limite poi molto evidente anche nei confronti di coloro che si trovano a dover organizzare i turni, nonché nei confronti del personale stesso;

- abbiamo sempre detto no al razionamento. Infatti, basta pensare che l’USL con la collaborazione del personale e delle organizzazioni sindacali ha costruito gli anni passati un percorso organizzativo legato alla qualità del servizio. Ma quale qualità rappresenta il razionamento?

- ultima possibilità, la realizzazione di un progetto che consenta:

a) di non razionare;

b) di garantire un libero accesso al progetto da parte del personale dipendente;

c) di aggiungersi a una strategia di intervento di medio periodo, limitandosi al governo di un breve periodo di tempo, appunto i 6 mesi;

d) di non incidere sulla qualità del servizio richiedendo al personale ridotte prestazioni aggiuntive nel periodo di riferimento;

e) di razionalizzare i costi rispetto all'esperienza precedente, migliorandone comunque il livello di performance, legato anche ad un migliore quadro di programmazione dell’attività sia per le unità budgetarie che per il personale interessato.

Pertanto, ritenendo tale configurazione la "migliore possibile", si è considerato che la partecipazione al progetto fosse da misurarsi esclusivamente su prestazioni aggiuntive, ritenendo che la normativa generale di settore non lo preveda espressamente, ma lo contempli con un'interpretazione estensiva ed analogica con particolare riferimento a:

- struttura della retribuzione, (articolo 32 del contratto collettivo nazionale) compensi legati alla produttività collettiva (in quanto che aperta - anche dopo la revisione in sede di gruppo di lavoro - alla generalità del personale con la qualifica di infermiere professionale) con finalità legata al miglioramento del grado di performance nei confronti dell'utenza, legata ad una contingente situazione di disagio non dovuta ad inerzia dell’Amministrazione ed aumentata da elementi gravi, imprevedibili e urgenti, specifici per la realtà della Valle d’Aosta.

Soluzione ancora più particolare perché legata ad una temporaneità, sei mesi, nel corso della quale l’Amministrazione, con il supporto di una commissione bilaterale (appositamente designata molto prima dell’avvio del progetto) di cui all’articolo 6 del contratto collettivo nazionale di lavoro, si è impegnata all’approntamento di soluzioni strategiche intese a garantire il servizio ai cittadini con modalità di più immediata collocazione nell’ambito della specifica fattispecie.

Punto 2, "libera professione" nell’interesse dell’azienda. La normativa nazionale di settore, DPCM 27 marzo 2000 e decreto legislativo 28 luglio 2000, recepita in numerosi regolamenti sull’attività libero-professionale, prevede la possibilità di considerare prestate in libera professione anche le attività richieste ad integrazione dell’attività istituzionale dall’azienda ai propri dirigenti, allo scopo di ridurre le liste di attesa e di acquisire prestazioni aggiuntive soprattutto in carenza di organico, in accordo con le équipe interessate. Per il comparto, alla luce della normativa vigente (rispetto alla quale la tematica delle modalità di ammissione del comparto alla libera professione è oggetto di negoziazione a livello centrale in considerazione della rilevanza del problema) è prevista attività di supporto "diretta" o "indiretta" da prestarsi extraorario di lavoro. Nel caso in esame, quindi, si possono ravvisare i presupposti di:

- carenza di organico per fortissima criticità sul reperimento di risorse infermieristiche in ambito nazionale;

- prolungamento delle liste di attesa da riduzione di attività istituzionale;

- natura di supporto dell’attività.

Si è ritenuto pertanto che tutti gli elementi sopra descritti potessero razionalmente concorrere alla definizione di uno strumento perfettamente sostenibile sulla base della presente normativa e soprattutto efficace nei confronti dell'utenza servita".

Questa è la dichiarazione della Direzione generale.

Considerato che la Consigliera mi chiede le mie valutazioni, ritengo personalmente che il progetto rientri nell’ambito dell'autonomia gestionale dell’azienda USL, prevista dall’articolo 3, comma 1 bis del decreto legislativo, e successive modificazioni, e dai contratti collettivi nazionali di lavoro dell’area relativa alla Dirigenza medica veterinaria, di quella della Dirigenza sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa, articolo 1, comma 5, articolo 7, comma 1, articolo 28, comma 4, articolo 29, comma 1, articolo 32, comma 5, articolo 34, comma 2, articolo 40, comma 9, articolo 57, comma 2, lett. i), e infine del comparto, articolo 4, comma 1, articolo 12, comma 1, articolo 13, comma 1.

Il progetto, inerente la vendita di pacchetti ora per infermieri professionali può rappresentare un primo esempio di contrattazione aziendale, che la Direzione generale ha avuto l’obbligo e quindi il relativo potere organizzativo di mettere in atto per cercare di risolvere la situazione di carenza di personale infermieristico in Valle d’Aosta.

Le modalità di informazione svolte nei confronti delle organizzazioni sindacali e la successiva fase di contrattazione avvenuta con il gruppo di lavoro rappresentativo della categoria di lavoro interessata, possono essere considerate congrue, tenuto conto che il progetto ha avuto autonomamente l’adesione di ben 240 infermieri professionali.

Trattasi di decidere, a mio parere, se seguire una logica di tutela degli interessi del cittadino inteso in senso lato e del ricoverato in ospedale - che a parere mio è assolutamente prioritario - oppure seguire una logica veterosindacalista, ormai fortunatamente superata dalla legislazione in atto.

È di tutta evidenza che propendo per la prima ipotesi strategica.

PrésidentLa parole à la Conseillère Squarzino Secondina.

Squarzino (PVA-cU)Ho ascoltato con molta attenzione tutta la lettura del documento da parte dell’Assessore e anche le sue valutazioni. Non concordo con le sue valutazioni e anche la descrizione degli elementi non mi ha convinto, ma non per partito preso oppure perché, come dice l’Assessore, io non accetto mai quello che lui dice. Non è vero, perché abbiamo visto tante volte che io concordo con le sue affermazioni e lui altrettanto. Ma qui c’è un problema e bisogna chiarire bene.

Primo, non si può trovare la soluzione ad un problema reale, che esiste, il problema di garantire l’assistenza agli utenti, in barba alle leggi attuali, in barba alle regole che i datori di lavoro e i lavoratori si danno.

Lei mi dice che questa è una visione veterosindacalista, può anche darsi; allora, a questo punto, la prego di stracciare il contratto collettivo nazionale di lavoro comparto sanità 1998-2001: non ha senso che si facciano questi contratti di lavoro dal momento che i contratti di lavoro vengono fatti perché occorre un minimo di regole che garantiscano il servizio.

Se questi contratti collettivi di lavoro non hanno senso, li stracciamo e diciamo chiaramente, questa mi sembra oggi la sua ipotesi, che l’USL nella sua autonomia gestionale sceglie i comportamenti che vuole e fa quello che vuole, al di là e contro la normativa; se questa è la sua scelta, ce lo dica chiaramente e lo sappiamo! Però non vorrei che questa è la scelta che lei fa oggi in base a questa affermazione e poi in altri casi non più!

Non solo, io credo che quando si raggiunge un contratto collettivo nazionale di lavoro, si mettono insieme tutte le esigenze: degli utenti e degli operatori, perché lei sa molto meglio di me che se prevale solo la logica privatistica, solo quella, lei sa che neanche l’utente è soddisfatto!

Tutte le cose dette in quella relazione confermano quanto è stato da me affermato, nel senso che non è stata indicata con chiarezza qual è la norma che consente questa tipologia di soluzione. È chiaro che di fronte ad un bisogno la direzione deve trovare una risposta, ma è proprio il suo compito cercare le risposte. Ma non possiamo dirle di cercare le risposte al di là e contro la legge. Quell’articolo 6, che io avevo preso per buono come articolo 6 che rispondeva nel contratto di lavoro alle esigenze di garantire un surplus di lavoro per personale del comparto e per gli infermieri, in realtà, come dico nel testo dell'interrogazione, e come lei ha confermato, è un articolo che riguarda le modalità e i contenuti di informazione e di concertazione con i sindacati.

Allora a questo punto, se lei prende questo articolo come valido, possiamo stralciare tutti gli altri, perché è sufficiente che l’Amministrazione dia l’informazione ai sindacati dicendo: "Io voglio fare così, che la cosa è realizzata". Tant’è vero che i sindacati non hanno mai approvato questo progetto. Per quanto riguarda la libera professione, Assessore, la libera professione è solo per i dirigenti, gli infermieri non possono fare libera professione. Al massimo possono certo fare supporto, ma supporto alla libera professione dei dirigenti, che è tutt’altra cosa!

Qui non si dice che queste ore servono di supporto ai dirigenti e ai primari che svolgono la libera attività professionale; queste ore vengono svolte nel reparto, quindi non si tratta né di libera professione né di supporto alla libera professione!