Oggetto del Consiglio n. 1497 del 25 settembre 1985 - Resoconto
OGGETTO N. 1497/VIII - CELEBRAZIONE DEL 40° ANNIVERSARIO DELL'AUTONOMIA AMMINISTRATIVA DELLA REGIONE VALLE D'AOSTA.
PRESIDENTE: La Presidenza del Consiglio regionale, in ottemperanza a quanto stabilito dal Consiglio stesso in una precedente adunanza, ha ritenuto opportuno iscrivere all'ordine del giorno un oggetto per ricordare il 40° Anniversario della promulgazione del Decreto luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545, onde consentire a tutti i Consiglieri di poter intervenire per ricordare questa storia data che ha sancito la nascita dell'autonomia amministrativa politica e culturale per la nostra Regione.
Il 20 settembre 1945 veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia il decreto luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545 concernente: "Ordinamento amministrativo della Valle d'Aosta".
Il provvedimento in questione, definito da un illustre storico "Il primo statuto speciale" varato dal Governo presieduto dal compianto Ferruccio Parri, dopo un'ampia ed approfondita consultazione con il Comitato di Liberazione della Valle d'Aosta, ha costituito il primo atto legislativo da parte dello Stato italiano volto a riconoscere le secolari aspirazioni del popolo valdostano all'autonomia.
In questo decreto viene contemplata la costituzione della Valle d'Aosta in circoscrizione autonoma, con capoluogo Aosta, viene soppressa la Provincia ed è prevista la nascita di un Consiglio regionale costituito da 25 membri che a sua volta nomina nel suo seno il Presidente ed una Giunta di 5 membri.
Nel testo vengono altresì stabilite le competenze amministrative della Valle d'Aosta in ben dieci materie, elencate all'art. 12 del decreto.
Interessante ed importante è l'art. 17 del decreto che recita testualmente: "Nella Valle d'Aosta è consentito il libero uso della lingua francese nei rapporti con le autorità politiche, amministrative e giudiziarie. Gli atti pubblici possono essere redatti in lingua francese, eccettuate le sentenze dell'autorità giudiziaria".
Proprio con il decreto del 1945 viene ristabilita nei Comuni della circoscrizione la denominazione prefascista.
Ma il patto solenne in tutte le sue parti fra lo Stato italiano e la Regione Valle d'Aosta doveva ancora venire perchè trascorrono ancora due anni tra il decreto luogotenenziale e la pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale del 10 marzo 1948, dello Statuto speciale vero e proprio, approvato dall'Assemblea Costituente.
Ho fatto, in precedenza, riferimento al decreto come primo "atto legislativo" in quanto già l'anno precedente vi erano state da parte di esponenti dei primi Governi dell'Italia liberata e del C.N.L. dichiarazioni di intenti, affermazioni circa la inderogabilità della concessione alla Valle di un regime di autonomia, soprattutto per l'azione costante degli uomini migliori della Resistenza valdostana.
Si trattò di una ampia opera di sensibilizzazione sulla necessità di riconoscere alla Valle d'Aosta le sue peculiarità, posta in essere dai componenti del C.L.N. della Valle d'Aosta che ebbero lunghi ed approfonditi incontri con il C.L.N. del Piemonte ed il Comitato Nazionale di Liberazione dell'alta Italia.
Va soprattutto ricordato il memoriale che il Prof. Federico Chabod indirizzò al Senatore Casati, che contribuì in modo determinata a mettere al corrente gli ambienti della Resistenza della situazione valdostana, così come fu determinante e prezioso il lavoro svolto dagli uomini del C.L.N. valdostano, tra i quali voglio ricordare Maria Ida Viglino, Presidente del Comitato stesso, recentemente scomparsa, che ebbero contatti frequenti con i principali esponenti del Governo e della Resistenza.
Il 16 dicembre 1944 fu rilasciata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Ivanoe Bonomi, una dichiarazione nella quale si affermava la volontà precisa di tutti i partiti antifascisti di garantire alla valle d'Aosta l'autonomia amministrativa e culturale.
Le 11 juillet 1945, quelques jours après qu'une déclaration en faveur de l'octroi de l'autonomie à la Vallée d'Aoste fut faite, au terme d'une réunion officielle, par le vice-président du Conseil des Ministres, le socialiste Piero Nenni, parut un communiqué qui affirmait, entre autres: "Le Conseil des Ministres, ayant pris acte des exigences particulières de la Vallée d'Aoste, a décidé de lui accorder un régime spécial d'autonomie, soutenu par des mesures économiques et financières adéquates et, partant, a chargé un comité de ministres d'élaborer, sur la base du projet présenté par le C.L.N. valdôtain, les dispositions y afférentes, dispositions qui seront soumises au Conseil des ministres du 25 juillet prochain".
Le 18 juillet - relate l'historien Zanotto dans la préface du livre "Les origines du Statut spécial" publié par la Présidence du Conseil - une délégation composée de Ida viglino, Ferdinand Bionaz et du vice-préfet Pareyson quitta Aoste pour la capitale.
A Turin Alessandro Passerin d'Entrèves se joignit à eux.
Après toute une série de contacts et de pourparlers, le Conseil des ministres approuva, lors de sa séance du 17 août 1945, le décret d'autonomie.
Ce dernier fut illustré dans les locaux de l'Hôtel de Ville d'Aoste, aux syndics de la vallée, aux représentants des partis politiques et aux autorités militaires alliées par le professeur Federico Chabod qui, quelques mois plus tard, allait devenir le Président du premier Conseil de la Vallée.
Le rapport du Prof. Chabod - ainsi qu'il apparaît dans un article de la revue "Lo Partisan" - fut on ne peut plus exhaustif et souligna l'importance des résultats obtenus.
"La Costituente - disse il Prof. Chabod - si troverà di fronte al principio proclamato l'11 luglio 1945 dal Governo davanti a tutto il mondo: il Governo italiano si impegna a rispettare i diritti di certi particolari gruppi e minoranze culturali o etniche. Non si tratterà quindi di toccare un ordinamento specifico di una sola regione, ma di modificare o di mantenere un principio ormai accettato dal Governo, come è stato accettato 1'11 luglio, decretando la nostra autonomia. Noi ci presentiamo dunque alla Costituente in certo modo tutelati e corazzati da questo principio.
Com'è noto alla illustrazione fatta da Chabod seguì un lungo ed approfondito dibattito nel corso del quale emersero posizioni e sfumature diverse in merito alla portata dei decreti da poco emanati, posizioni che sono state sostenute in epoca successiva e che caratterizzano ancora oggi, a quarant'anni di distanza, il dibattito, a volte incandescente, sul concetto di "autonomia".
D'altronde è positivo che su di un tema così qualificante come quello dello autogoverno, il dibattito continui riuscendo ad attirare l'attenzione della pubblica opinione ed in modo particolare delle giovani generazioni che non hanno vissuto quel glorioso periodo storico.
Concludendo possiamo, al di là di quelle che possono essere le carenze presenti nel nostro ordinamento autonomistico, dare un giudizio positivo su questi primi quarant'anni di autonomia.
L'autonomia non ha mai avuto tanta possibilità di estrinsecarsi e di manifestarsi come nell'epoca nostra, grazie soprattutto alle conquiste ottenute quali ad esempio quelle relative ad una devoluzione fiscale che non teme confronti né con le altre Regioni a Statuto Speciale nè con quelle a Statuto ordinario.
Sarebbe veramente imperdonabile se un domani le generazioni future dovessero mai rimproverarci di avere impiegato male le risorse di cui disponiamo senza puntare all'obiettivo di migliorare la qualità della vita e di creare nuove occasioni di produttività e quindi di lavoro, in quanto l'autonomia deve essere intesa come un mezzo di emancipazione dal bisogno, di promozione del progresso culturale e civile del nostro popolo, di quanti cioè vivono ed operano nella nostra valle d'Aosta amandola come terra natia o come seconda Patria.
E' dunque doveroso che oggi, a quarant'anni di distanza, la Valle d'Aosta ed il suo Consiglio regionale ricordino questa storica data onorando la memoria di quanti hanno combattuto e lottato per vedere realizzato il grande sogno della nostra gente di essere autrice e partecipe in una ritrovata autonomia del proprio destino di popolo, di minoranza etnica, linguistica, capace di riscoprire la propria identità culturale, religiosa e civile.
PRESIDENTE: C'è qualche Consigliere che intende prendere la parola? Ha chiesto di parlare il Consigliere Torrione, ne ha facoltà.
TORRIONE (P.S.I.): Credo che sia opportuna questa iniziativa della Presidenza del Consiglio di sottoporre al massimo consesso regionale una riflessione sulla data del 1945. Dico questo perchè anche nelle celebrazioni ufficiali si tende a dare un giusto rilievo a quella che è stata la data di promulgazione dello Statuto speciale e si va immediatamente al 26 febbraio del '48, sottovalutando forse che la nostra .Regione a pochi mesi dalla fine del secondo conflitto mondiale, a pochi mesi dalla liberazione, ebbe una sua autonomia che, rapportata ai tempi, costituisce una novità in assoluto, non solo nel contesto politico italiano, ma direi addirittura nel contesto politico. europeo.
In effetti, ci siamo dimenticati sovente che dal '45 al '48, la nostra Regione ha vissuto un periodo esaltante, ha vissuto soprattutto in funzione di alcuni uomini - e non faccio qui distinzione di parte - che hanno capito sostanzialmente che la Valle d'Aosta non era più una provincia, ma era diventata un qualcosa di profondamente diverso.
Il Presidente del Consiglio ha già citato, e non starò a ripeterli, alcuni elementi caratterizzanti di questo decreto. Il fatto che si conferiva, seppure in forma embrionale, una potestà legislativa alla nostra Regione era un fatto indubbiamente sconvolgente per l'epoca, ma un altro elemento credo vada sottolineato nel considerare questa nostra prima forma di autonomia: la creazione di una figura nuova nel panorama istituzionale italiano, quella del Prefetto, della figura prefettizia non più come emanazione del Ministero dell'organo centrale, ma come elemento che rappresenta sì lo Stato ma costituisce un organo elettivo. Fra l'altro nel decreto del '45 direi che questo aspetto è marcato in maniera più evidente che non addirittura nello statuto del 1948. Il decreto del '45 parla espressamente della figura del Prefetto, lo statuto del '48 definisce invece le funzioni prefettizie in maniera impropria, facendo poi riferimento al mantenimento dell'ordine pubblico. Questo dato a mio avviso va puntualizzato perchè ritengo che sotto certi aspetti, questo è uno, era più avanzato il decreto luogotenenziale del '45 che non il successivo statuto del '48.
Fu un periodo difficile per la nostra Regione, una Regione mortificata profondamente dal fascismo, e fu anche un momento esaltante: la valdostanità del nostro popolo riemerse in quegli anni e ci si accinse appunto a condurre una vera e propria battaglia nei confronti dello Stato perchè in sede costituzionale la nostra Regione avesse quel riconoscimento che ebbe con lo Statuto del '48.
Si è molto discusso su un termine nella nostra Regione: se lo Statuto fosse una concessione dello Stato o fosse un atto dovuto. Riconosco che hanno ragione coloro che usano un termine che è molto più efficace in francese che non in italiano, che lo Statuto è stato "octroyé". Condizioni storiche, condizioni contingenti, hanno determinato una svolta storica nella conduzione dello Stato italiano, a cui non è estraneo - e la storia ha fatto giustizia - il fenomeno dell'annessionismo (adesso lo possiamo dire in questo consesso ma per anni si è un pochino mascherato questo aspetto).
In effetti, la nostra autonomia, che aveva radici storiche, ebbe in quel momento un riconoscimento per fatto contingente e fu questo forse un elemento che determinò poi la limitatezza dello statuto successivo. Fu una concessione, non fu il riconoscimento di un diritto, e questo dobbiamo riconoscerlo.
E dobbiamo anche riconoscere lo sforzo fatto da una classe politica, nata e cresciuta sotto i fascismo, che culturalmente aveva assorbito certe idee dell'epoca, per adeguarsi a quella che era la nuova realtà. Ricordo di essere stato critico nei confronti di questo atteggiamento della nostra classe politica. Devo però riconoscere - e lo dissi in occasione di un convegno di diversi anni fa - che con una rilettura più approfondita degli atti e anche delle passioni, se mi si consente l'espressione, di quel periodo, in fondo si riabilita una certa classe politica che aveva certamente una mentalità provinciale (non in senso deteriore, in senso limitativo) ma che tutto sommato ha saputo dare slancio ad una battaglia essenziale che è poi venuta negli anni successivi: quella nei confronti dello Stato che, una volta concessa questa autonomia, si è un pochino pentito ed ha caratterizzato con un'azione massiccia di centralismo gli anni che vanno dal '50 in poi.
Direi che il fatto che la Valle d'Aosta avesse avuto questo riconoscimento nel 1945 dovrebbe riempirci di orgoglio, perchè l'attuazione della Costituzione che prevedeva un tessuto nazionale strutturato su base regionalista è venuta nel 1970, con un ritardo di oltre vent'anni.
Dopo di che, dobbiamo a mio avviso anche riguardare a questa nostra esperienza autonomistica in termini critici, perchè, detto dello Stato quello che va detto, una revisione critica di ciò che siamo stati come Regione Autonoma Valdostana va fatta: non ci troviamo sempre in una cerimonia celebrativa dove possiamo dire in termini esclusivamente elogiativi che la nostra Regione è stata una Regione pilota! Dobbiamo infatti riconoscere che, nonostante lo Statuto avesse i limiti cui ho fatto cenno e nonostante lo Statuto non sia stato attuato compiutamente dallo Stato, non abbiamo saputo sfruttare tutte le potenzialità statutarie per rendere la nostra Regione una Regione modello, rispetto per esempio, e un paragone lo possiamo fare perchè avevamo alle spalle allora una esperienza autonomistica oltre venticinquennale, a quando siamo arrivati all'appuntamento con le Regioni cosiddette a statuto ordinario. La nostra Regione, in certi campi, ha dimostrato una certa lentezza ad adeguarsi a quelle che poi sono state delle realizzazioni delle Regioni a statuto ordinario che, forse prese da eccessivo entusiasmo, hanno fatto ciò che noi non eravamo stati capaci di fare.
E' indubbio che la nostra autonomia ha cambiato volto alla nostra Regione, però - e voglio fare una annotazione critica - c'è da dire che una coscienza autonomistica non è penetrata nelle nuove generazioni. E qui una riflessione da parte di tutti e di tutte le forze politiche va fatta, perchè fin quando mancherà un substrato culturale radicato relativo alla nostra autonomia, dovremo preoccuparci e guardare al futuro in termini di tipo diverso. Bisogna quindi fare una considerazione che riguarda uno degli elementi che dovevano essere trainanti del nostro regime di autogoverno, e cioè la scuola, la cosiddetta scuola valdostana, e dico cosiddetta perchè la scuola valdostana non ha saputo dare alle giovani generazioni, per una serie di motivi che non sto qui ad approfondire, una coscienza autonomistica radicata, una coscienza della peculiarità valdostana intesa come elemento di differenziazione etnica e linguistica.
Ritengo che su questo argomento, ma non perchè sia patrimonio di una forza politica piuttosto che di un'altra, è necessario che si apra un confronto molto approfondito, perchè è vero, l'autonomia la si realizza conseguendo condizioni finanziarie migliorative nei confronti di uno Stato che tende, anche in questo momento forse, a rendere precarie certe situazioni che sembravano definitive, però è altrettanto vero che se i nostri giovani non hanno coscienza di ciò che vuol dire essere autonomi, e non hanno coscienza di sè medesimi come fatto culturale discendente dal vivere in una realtà che è profondamente diversa dalla realtà del resto del Paese, le sorti della nostra autonomia rischiano di essere minate alla radice.
Indubbiamente abbiamo migliorato la qualità della vita della nostra Regione, c'è ancora un lungo cammino da fare ed io credo che questa disponibilità a considerare i problemi dell'autonomia come un patrimonio di tutti possano costituire una base di confronto fra diverse impostazioni per realizzare il miglior sistema di autogoverno che sia possibile in Valle d'Aosta.
Su questo argomento, forse più oggetto di una Tavola Rotonda che non di una discussione o perlomeno di un confronto consiliare, ritengo che sia bene fare alcune puntualizzazioni.
Chiudo l'intervento con una considerazione che è forse minimale rispetto alla portata della celebrazione, ma proprio per evidenziare questa data del 1945 a suo tempo avevamo presentato una mozione che aveva trovato concorde tutto il Consiglio; mi auguro che gli impegni presi in Consiglio vengano attuati. Avrei preferito che questo si facesse durante il mese del quarantennale; visto che non è stato possibile, mi permetto di sollecitare che gli impegni che il Consiglio aveva assunto siano impegni che trovino poi una pratica e concreta realizzazione in tempi brevi. Ritengo che al di là della scritta sul frontone di questo Palazzo, il convegno che avevamo deciso di fare sia un elemento importante per un confronto con altre realtà autonomistiche che, seppur diverse dalla nostra, possono per qualche verso, confrontate con la nostra esperienza, darci contezza dello stato della nostra autonomia. Grazie.
PRESIDENTE: Ha chiesto di parlare il Vice-Presidente Dolchi, ne ha facoltà.
DOLCHI (P.C.I.): Signor Presidente, Signori Consiglieri, credo che il ricordo di quelle giornate di quarant'anni fa debba essere un momento di riflessione e nello stesso tempo un momento di rinnovato impegno sui problemi della difesa dell'autonomia, del potenziamento dell'autonomia, come ha detto il Presidente del Consiglio, strumento di progresso per le genti e le popolazioni della Valle d'Aosta.
Vorrei nel corso di questo dibattito, o almeno di questa ricorrenza ricordata ampiamente dall'introduzione del Presidente del Consiglio, annotare due elementi, di cui vi parlerò.
Ritengo di essere l'unico in quest'aula ad aver assistito a quel fondamentale ed appassionato dibattito nel Salone ducale del municipio di Aosta, nel costo del quale Federico Chabod illustrò la portata ed il significato dei decreti 545 e 546 del 7 settembre, e questo non è un merito perchè significa che ormai molti anni pesano sulle mie spalle! Dicevo che ho partecipato a quel dibattito ed ho già avuto occasione di scrivere che è stato appassionato, documentato ed è stata l'occasione per la riaffermazione di due grandi correnti politiche, di pensiero e culturali, che dividevano la Valle d'Aosta, valdostani ed immigrati, e li dividevano passando attraverso i partiti. Cioè in tutti i partiti che avevano costituito il C.L.N., che avevano ripreso dopo la conquistata libertà la loro possibilità di espressione, c'erano le due posizioni, che si possono riassumere, e che è opportuno riassumere perchè non certamente si esaurisce oggi questo dibattito che è stato appassionante allora, che si è protratto per quaranta anni e che credo investa ancora oggi le forze politiche ed i movimenti che agiscono in Valle d'Aosta e che appassionerà sempre di più gli studiosi di storia.
Da una parte vi era la posizione di Federico Chabod, legata alla posizione di Parri che anticipava, pur non impegnandosi, quello che avrebbe potuto essere con la Costituente il nuovo ordinamento della Repubblica (ricordo che al momento non si sapeva se si sarebbe giunti alla Repubblica il 2 giugno del '46). Federico Chabod, prefigurando una Italia basata sul sistema delle autonomie, insisteva per una autonomia particolare nel quadro del sistema delle autonomie dello Stato per un particolare autogoverno della Regione valdostana: in poche parole, lo Stato opera nelle materie di sua competenza ed alcune materie vengono attribuite alla Regione Valle d'Aosta.
Dall'altra, viene la posizione di molti (che poi, alcuni giorni dopo, costituiranno l'"Union valdôtaine") appartenenti a partiti nazionali, che dicevano: tutte le materie devono essere attribuite alla Valle d'Aosta salvo lasciare allo Stato quelle fondamentali, quali la giustizia, la difesa, le grandi comunicazioni internazionali.
Ecco, queste due posizioni che passavano attraverso i partiti credo siano ancora motivo di dibattito, di confronto a quarant'anni di distanza. Ovviamente la seconda posizione, che non era quella di Federico Chabod, chiedeva garanzie internazionali, un "régime cantonal à type suisse", una autonomia avanzata nel quadro di un sistema diverso, federalista perchè si richiamava alle posizioni di Chivasso.
Ho voluto fare questa annotazione per ricordare come il problema si era posto allora, e come credo si ponga ancora adesso, sia sul piano politico che su quello culturale, quando vogliamo affrontare i problemi dell'autonomia.
L'altra annotazione, cui si è già accennato, riguarda una specie di "escalation" all'inverso, cioè di una diminuzione di quelle che potevano essere le aspirazioni o le rivendicazioni ed anche le promesse rispetto a quella che è stata la successiva realtà. Abbiamo quindi una serie di provvedimenti che dimostrano una limitazione progressiva di quelle che erano le aspirazioni concrete della Valle d'Aosta. Le ricordo rapidissimamente: il progetto del C.L.N. Alta Italia, le promesse dei partiti a livello nazionale, quella di Bonomi, le stesse trattative con il C.L.N. del Piemonte davano alla valle d'Aosta di più di quanto hanno dato i decreti. E poi ormai è storia, è confronto sulle cose scritte: gli articoli dello Statuto sono già qualcosa di meno dei decreti e sono qualcosa di meno di un documento importante che è stato predisposto nel frattempo e che è frutto del decreto 545, cioè il Consiglio regionale designato dai partiti aveva fatto un proprio progetto di statuto, che era già, a mio avviso, più limitato dei decreti, ma che era qualcosa di più di quello che sarebbe stato poi lo Statuto.
E richiamo qui la considerazione, che ha già fatto il Consigliere Torrione, su come è stato attuato lo Statuto: lo Statuto inapplicato e quindi una situazione che è ancora inferiore allo Statuto! Abbiamo quindi questa diminuzione delle aspettative e delle potenziali rivendicazioni della Regione.
Credo che il ricordo di oggi ci serva a riflettere, a far riflettere nel proprio interno i partiti ed i movimenti su questo importante tema, su quelle due posizioni che ho ricordato e che mi sembra siano tutt'ora valide, pur con le differenze che ci possono essere sul piano culturale ed anche storico dopo quarant'anni, per riconfermare la volontà di essere presenti in un sistema di autonomie, che a quaranta anni di distanza subisce dei duri contraccolpi e delle impostazioni centralistiche che certo quarant'anni fa non si potevano prevedere e che mettono sempre più in discussione ed in difficoltà una politica di vera autonomia e di vero autogoverno regionale.
Formulo quindi l'augurio che dalle parole del Presidente del Consiglio, da quelle del Consigliere Torrione, dalle mie e da quelle di quanti altri vorranno oggi prendere la parola, ci sia lo stimolo perchè su questo tema le forze politiche possano ancora confrontarsi, coinvolgendo le nuove generazioni e tutti quelli che non hanno avuto la fortuna (o la sventura, come me, perchè sono più giovani) di aver partecipato a quel dibattito nel salone ducale, ma che in questi quarant'anni si sono resi conto sia della validità dei decreti e dei successivi provvedimenti sia delle carenze di questi provvedimenti. Mi auguro inoltre, visto che come si suol dire, "la pace si conquista ogni giorno", anche l'autonomia, anche migliori possibilità di autogoverno, anche nuove organizzazioni della vita regionale nell'ambito del nostro paese, si possano conquistare ogni giorno, con il lavoro.
Vi ringrazio per la vostra attenzione.
PRESIDENTE: Ha chiesto di parlare il Consigliere Segretario Tamone, ne ha facoltà.
TAMONE (U.V.): Mois je dois confesser à ce Conseil qu'en lisant l'ordre du jour, au point 23, je n'avais pas bien compris le contenu de ce point à l'ordre du jour.
DE GRANDIS (fuori microfono): E' un trabocchetto....
TAMONE: Vraiment c'était quelque chose qui m'a un peu surpris, et dans ce sens je n'ai rien préparé au sujet, mais vu qu'à l'intérieur de l'Union Valdôtaine nous avons eu un long débat à propos du 40ème anniversaire de notre mouvement (évidemment on ne peut pas oublier que le 13 septembre venait à peine six jours après le 7, de façon que nous avons nécessairement discuté la question) et sur le numéro 35 du Peuple nous avons publié un communiqué à propos de la date du 7 septembre 1945. Moi j'espère, comme a dit l'ami Torrione, qu'on puisse reparler peut-être dans une autre occasion plus longuement à propos de cette date et faire là des réflexions un peu plus approfondies.
Je dirais simplement deux ou trois choses très modestes, dans le sens que nous de l'Union Valdôtaine, nous retenons que le 7 septembre est une date à rappeler puisque maintenant, en regardant ces jours, on peut se rendre compte que le 7 septembre avait donné aux valdôtains, et surtout aux hommes qui représentaient en ce moment le peuple valdôtain, un grand espoir, et il faut dire que cela était juste et mérité dans le sens que, malgré tout, ce décret - moi je me réfère en particulier au n. 545, qui est celui qui a le contenu politique plus important - nous donnait des grand espoirs. Je voudrais vous relire, et en même temps le rappeler à moi-même ainsi qu'à vous tous, le premier alinéa du premier article de ce décret, qui a mon avis était vraiment le point fondamental du décret, parce que si dans le contenu il y avait des propositions importantes telles que la question du Préfet et toutes les compétences qui revenaient à la province qui n'existe plus et qui devenait Région de la Vallée d'Aoste; le premier alinéa de l'article 1, à mon avis, reste vraiment un point fondamental de reconnaissance de la part de l'Etat italien de nos caractéristiques.
Je veux vous le relire, de façon que tout le monde puisse mieux comprendre ce que je dis:
"La Valle d'Aosta, in considerazione delle sue condizioni geografiche, economiche e linguistiche del tutto particolari, è costituita in circoscrizione autonoma con capoluogo Aosta". Je crois que c'est là que nous avons le sens de l'importance de ce document.
Malheureusement en 1948. qu'est-ce qui s'est passé? Si on va lire le premier article du Statut de 1948, d'abord on s'aperçoit de la perte de vitesse de l'idée d'autonomie et de ce qui s'est passé entre 1945 et 1948. Là on a vraiment la perception que les choses étaient changées, que le rapport des forces qui s'était établi entre les valdôtains et l'Etat était modifié. Je vous en donne la lecture: "La valle d'Aosta è costituita in Regione autonoma, fornita di personalità giuridica, entro l'unità politica della Repubblica Italiana, una ed indivisibile, sulla base dei principi della Costituzione secondo il presente Statuto".
On voit bien que tout ce qu'on avait affirmé en 1945, a été oublié: le rappel ethnique n'existe plus. Or, on ne peut faire qu'une considération fondamentale: je crois qu'en 1945 il s'agissait vraiment, comme d'ailleurs il vient de le dire le Conseiller Torrione, d'un rapport de forces entre Vallée d'Aoste et Etat - ou centre - et à ce moment-là nous étions plus forts parce que nos hommes avaient une conscience différente; ils sortaient, eux, d'une bataille de libération qui avait eu en Vallée d'Aoste des caractéristiques différentes du reste de l'Etat et ils avaient su imposer - qu'on le veuille ou non - quelque chose à l'Etat.
L'Etat, au contraire, s'était aperçu qu'il nous aurait mis dans une situation différenciée (et là a été le jeu atroce des partis qui n'auraient jamais dû être primés, au contraire dans cette occasion) et il a su placer sur des positions différentes et en 1948 évidemment, nous a trompé.
Cela va de soi dans le sens que tout le débat qui s'est passé - comme il a été rappelé par le Président du Conseil, par MM. Dolchi et Torrione - au Conseil régional avait un ton différent. Malheureusement "la Costituente" n'a pas tenu compte de ce que le Conseil régional avait en ce moment proposé, même si - il faut bien le rappeler - le Statut de 1947, lui aussi, était une médiation entre les différentes positions qui existaient - et qui ont été résumées très brillamment par le vice-Président Dolchi - à l'intérieur même du Conseil régional d'alors. Mais de cette idée qui était à la base de la philosophie du Conseil régional d'alors rien n'a été reconnu, et au contraire l'Etat a voulu vraiment octroyer, comme l'a souligné justement M. Torrione, un statut, et n'a pas voulu tenir compte de l'idée qui partait de la base et de la Vallée d'Aoste et qui, peut-être, aurait été une idée très intéressante pour toute l'Italie.
Je suis conforté dans cette opinion surtout par celle du premier des italiens: le Président de la République, à la présence des Présidents du Conseil et du Gouvernement de toutes les Régions italiennes, a fait un discours que j'espère un jour on pourra critiquer dans l'occasion d'un débat ou même ici au Conseil, dans le sens que finalement il a reconnu que peut-être le choix qui a été fait en 1946-47-48 d'arriver à une république d'un certain type et pas à une république d'autre type, qui est celle que nous préconisons encore et nous souhaitons voir réalisée, ça peut-être était une faute de la part de l'Etat italien, qui n'a pas su faire ressortir les justes valeurs qui existent dans toutes les réalités italiennes. Moi je crois que là le Président Cossiga avait parfaitement raison, dans le sens que l'Italie peut être une réalité d'Etats, mais devrait elle-même laisser vivre toutes les réalités particulières qui existent à son intérieur, et je ne parle pas seulement de réalités comme celle de la Vallée d'Aoste, qui a des caractéristiques ethniques précises, mais celles de toutes les régions qui étaient vraiment plus réalisées et donnaient un sens, et qui ont su donner un sens à l'histoire de l'Italie, quand l'Italie n'était pas unie.
Je crois que nous pouvons être confortés et bien espérer, mais je crois quand même que la remarque fondamentale qu'on doit faire à ce propos, c'est ce qui ont dit MM. Torrione et Dolchi il y a quelques instants: si on n'arrive pas à faire comprendre aux valdôtains que l'autonomie est quelque chose qui doit être reconquise jour par jour, peut-être là nous avons tout perdu.
Si les gens ne ressentent pas cette exigence d'être autonome et de travailler pour notre autonomie, je crois que là la bataille est déjà perdue à l'avance.
Je crois que pour faire avancer ces idées le Conseil régional a des instruments; on doit essayer de les mettre en pratique et d'agir dans cette direction, mais surtout on doit essayer d'accomplir un effort pour faire de façon qu'on puisse être, sur des thêmes tels que l'autonomie, plus unitaires.
On souhaite que le 7 septembre 1945 puisse nous aider à reméditer dans cette direction. Merci.
PRESIDENTE: Ha chiesto di parlare il Consigliere Maquignaz, ne ha facoltà.
MAQUIGNAZ (A.D.P.): Quarant'anni fa, con i decreti luogotenenziali del 7 settembre 1945, la Valle d'Aosta, uscita dal travaglio della Resistenza e della guerra di liberazione, vedeva riconosciuta dallo Stato italiano la sua aspirazione non dico secolare, ma di sempre, all'autonomia ed a governarsi da sè. Fu una tappa alla quale concorsero con il pensiero uomini come Monsignor Stévenin, l'Abbé Trèves, il Canonico Bréan, Ernesto Page, Aimé Berthet, Severino Caveri, con il sacrificio della vita Emile Chanoux, ed altri martiri della Resistenza, con la febbrile concreta azione edificatrice di Federico Chabod, per accennare solo alle persone scomparse.
Sono stare rievocate in questa occasione le vicende che precedettero e seguirono i decreti luogotenenziali, prima fra tutte la famosa riunione dei Sindaci e delle personalità locali, nella quale Federico Chabod presentò il progetto di autonomia. E' una pagina di storia con le sue luci e le sue ombre, che come tale va letta, inquadrata in quel particolare momento storico. Certamente noi oggi rimpiangiamo che l'autonomia non sia stata più ampia, come la intesero a Chivasso i rappresentanti delle popolazioni alpine. Già durante la dittatura, in una famosa lettera, l'Abbé Trèves aveva vagheggiato gli Stati Uniti d'Italia, e Chanoux sognato, in "Federalismo ed autonomia", un regime di tipo cantonale.
Dopo gli smarrimenti della fase annessionistica, che furono solo una logica conseguenza dei tanti torti subiti dai valdostani durante il periodo fascista, la soluzione federalista sembrava essere quella ideale per la Valle d'Aosta. Invece purtroppo, dopo i primi decreti del '45, dovemmo accontentarci di un regionalismo sempre più annacquato con uno Statuto speciale molto riduttivo nei confronti delle prime concessioni.
E si può dire che in questi ultimi quarant'anni, da parte del potere centrale e della burocrazia romana, sia stata condotta un'azione costante per ridurre sempre di più le nostre prerogative di autonomia con la politica del carciofo, una foglia dopo l'altra. Ma, ripeto, quella di quarant'anni fa, e lo stesso dicasi di quelle che seguirono, è una pagina di storia, ne dobbiamo prendere atto, anche se siamo molto rammaricati che le cose non siano andate in modo più favorevole per noi.
Ciò che comporta oggi perchè la celebrazione del quarantennale non sia una vuota liturgia è trarre qualche insegnamento per il domani. In questo senso dalle idee e dall'azione dei protagonisti delle vicende di quaranta anni fa dobbiamo trarre incitamento per non abbassare la guardia e per lottare affinchè la Valle d'Aosta conservi, salvaguardi ed allarghi sempre più la sua specificità.
Il dibattito svoltosi intorno ai decreti del '45 e quello che precedette lo Statuto speciale del '48 debbono essere un punto di riferimento per l'azione rivendicativa del Consiglio regionale nei confronti del potere centrale.
Molti argomenti di allora sono ancora di attualità, come si evince anche dalla lettura del volume sulle origini dello Statuto speciale curato dalla Presidenza del Consiglio. Certe promesse di allora, prima fra tutte quella della zona franca, sono ancora di là da venire e sarebbe opportuno ricordarle a Roma. Ma credo che sia soprattutto lo spirito che animava, pur nella diversità delle vedute, i protagonisti delle vicende di quarant'anni fa, i valdostani più oltranzisti come i garantisti Federico Chabod e Passerin d'Entrèves, le autorità della Resistenza e quelle dell'Italia libera come gli avversari dichiarati, che va ritrovato. Fu un dibattito qualificato e non certo confrontabile qualche volta allo svilimento che esiste nei "do ut des" intorno ai quantitativi dei generi contingentati, ai decimi del riparto fiscale o alle sovvenzioni per l'autostrada.
Oggi che siamo alla vigilia di importanti confronti con il potere centrale, con l'obiettivo anche di una revisione dello Statuto speciale, per non dire dell'area di rinnovo istituzionale che sembra spirare in riva al Tevere, ritrovare la dignità e la fermezza delle trattative di allora mi sembrerebbe il miglior modo di celebrare il quarantesimo anniversario dell'autonomia.
Si dà atto che alle ore 12,37 riassume la Presidenza il vice-Presidente Franco DE GRANDIS.
PRESIDENTE: Non ci sono altre richieste di intervento.
IL CONSIGLIO
prende atto.