Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 4371 del 29 gennaio 2025 - Resoconto

OGGETTO N. 4371/XVI - Interpellanza: "Approfondimenti in seguito alle segnalazioni nei confronti del Centro antiviolenza".

Sammaritani (Presidente) - Passiamo al punto n. 49 all'ordine del giorno. Per la presentazione, la parola al consigliere Manfrin.

Manfrin (LEGA VDA) - Con quest'iniziativa abbiamo un seguito all'iniziativa rispetto al Centro antiviolenza, avevamo parlato nello scorso Consiglio già di alcune dichiarazioni che si sono dimostrate mendaci alla prova dei fatti, formulate proprio dall'associazione che gestisce il Centro antiviolenza, in questo caso andiamo a riprendere una discussione che avevamo già fatto tempo fa.

Come l'Assessore ricorderà, con l'oggetto del Consiglio n. 3741 del 19 giugno 2024, avevamo già introdotto questo tema circa il Centro antiviolenza e più specificamente l'associazione che lo gestisce e i rischi che si corrono quando gli stessi gestori, che peraltro prendono ingenti fondi pubblici, svolgono anche la professione privata in contemporanea.

Come abbiamo detto più volte, non c'è dubbio che il Centro antiviolenza svolga sicuramente una funzione fondamentale per la nostra Regione, funzione che noi abbiamo sempre condiviso, chiedendo - questo penso non sia un mistero se lo rendiamo noto - di estendere questa tutela non soltanto alle donne, ma a tutte le persone che sono vittime di violenza; in ogni caso, nel merito, il problema che poniamo è certamente delicato. Ma qual è la questione? La questione è proprio il Centro per le donne vittime di violenza che, come abbiamo un po' riassunto, usufruisce, da una parte, di una gratuità dell'utilizzo di locali che vengono concessi dalla Regione; dall'altra, con modalità su cui ci permettiamo di non concordare, queste strutture vengono concesse gratuitamente invece che del personale regionale, come forse sarebbe auspicabile, quindi il personale che accoglie le persone che si rivolgono al Centro antiviolenza, orientano la persona, le illustrano quali sono le possibilità e i diritti; questo viene affidato a un'associazione, che, guarda caso, annovera tra i suoi soci, anche un avvocato.

Proprio sulla questione delle spese legali abbiamo più volte sollecitato quest'Aula, peraltro mi ricordo anche ai tempi ottenendo un assenso nella direzione di tutelare le vittime, anche fornendo un gratuito patrocinio, l'allora assessore Barmasse si prese l'impegno di portare avanti l'idea e, secondo noi, quella sarebbe l'idea vincente, perché permetterebbe di togliere qualsiasi possibilità, subisco una violenza, ho il gratuito patrocinio, così almeno non ci sono problemi di affidare a questo o a quell'avvocato un incarico oneroso. Ricordo anche, peraltro, un ordine del giorno che presentammo in occasione del bilancio e anche lei, Assessore, indicò quella come una direzione e un punto d'arrivo rispetto appunto alla questione del gratuito patrocinio. Oggi è quanto mai necessario accelerare su quel punto d'arrivo perché, come ho detto, c'è una struttura che viene concessa gratuitamente all'associazione, ci sono numerosi fondi che vengono destinati alle attività, alla formazione, alle spese, ai rimborsi, all'assicurazione, alla gestione della struttura e alle spese accessorie, ovviamente sostenute, ma c'è un però.

Come avevamo ricordato la volta scorsa, compare in maniera chiara sulla pagina istituzionale del Centro donne antiviolenza che le prestazioni sono rese a titolo gratuito, il Centro garantisce l'anonimato, la riservatezza e sempre la volta scorsa avevamo ricordato come anche la DGR 1349/2022 preveda che il ricorso al Centro sia coperto dall'anonimato e segretezza delle prestazioni sono rese a titolo gratuito, così come l'assistenza legale, quindi viene specificato che l'assistenza legale è a titolo gratuito, poi in cosa si espliciti quest'assistenza legale è anche difficile a capirsi, perché in realtà più che assistenza legale, è un supporto e un orientamento, ma in ogni caso il servizio che viene reso è gratuito.

Da qui però c'è lo sconforto di apprendere che, secondo diverse segnalazioni, proprio l'avvocato che fa parte dell'associazione diventa avvocato delle parti e sarebbe piuttosto sgradevole apprendere che proprio un avvocato che gestisce o che è all'interno della struttura del Centro, dell'associazione diventa anche avvocato delle parti, delle donne che si rivolgono al Centro antiviolenza. Abbiamo anche in mano - lei ricorderà, Assessore, le avevo mostrato i documenti ovviamente anonimizzati - le parcelle che questo avvocato fa pagare, cioè non ci limitiamo a un supporto, che potrebbe anche essere meritorio e lodevole se si fa a titolo di volontariato, ma ci sono addirittura parcelle che vengono fatte pagare, peraltro mi dicono anche piuttosto salate, questo a confermare che lo spirito si ferma a un certo punto. Abbiamo quindi un avvocato che non soltanto gestisce, giustamente e meritoriamente, con attività di volontariato il Centro, come dovrebbe essere, ma in questo meccanismo diventa anche un po' parte attiva percependo dei fondi che obiettivamente cozzano un po' con le finalità della delibera che abbiamo elencato, che prevede che il ricorso al Centro sia coperto da anonimato e segretezza e le prestazioni siano rese a titolo gratuito. A quella segnalazione, dopo il deposito alla discussione, ne erano seguite delle altre che evidenziavano criticità anche del servizio di psicologo, che, secondo quanto riferito, fa un paio di colloqui gratuiti e poi dice: "Poi però dovete pagare, un paio di colloqui, un po' di orientamento, facciamo due chiacchiere, poi però dal secondo o dal terzo in poi, ragazzi, adesso qua bisogna pagare perché non è che siamo qua a perdere del tempo", anche questo sembra particolarmente sgradevole.

La volta scorsa, come le ho ricordato poco fa, le avevo mostrato le carte anonimizzate che evidenziavano proprio il problema, ma qui nasce la questione: abbiamo ricevuto segnalazioni ulteriori. Pare infatti che sempre l'associazione che gestisce il Centro abbia deliberato un incarico pagato per un parente stretto di un componente dell'associazione, di cui ovviamente non faremo il nome, ma che evidentemente risulta assolutamente inopportuno qualora confermato. A fronte di tutte queste segnalazioni, ricordo che la volta scorsa lei, Assessore, lesse una dichiarazione dell'associazione che gestisce il Centro antiviolenza che ovviamente non poteva far altro che non dire che andava tutto bene. Quello che le chiedevamo era un passo in più, anche a fronte di questa nuova segnalazione, quindi, essendoci lasciati con questo intendimento per il quale non abbiamo avuto riscontri, ecco la necessità di aggiungere questa nuova segnalazione con l'auspicio che si possa fare finalmente chiarezza su questa vicenda.

Presidente - La parola all'assessore Marzi.

Marzi (SA) - Chiariamo innanzitutto che l'Assessorato non ha ricevuto alcuna segnalazione rispetto al punto del suo "preso atto" inserito nelle premesse di quest'iniziativa, pertanto si invita a inviare tale segnalazione, se ve ne sia evidenza "non anonimizzata", agli organi competenti per le valutazioni di merito.

Approfittiamo inoltre di questa sua iniziativa rispetto agli approfondimenti da lei ritenuti insufficienti posti alla sua precedente iniziativa dello scorso mese di giugno, gli uffici hanno tempestivamente chiesto chiarimento rispetto alla gestione del Centro antiviolenza di cui alla convenzione stipulata tra la Regione e l'organizzazione di volontariato Centro donne contro la violenza di Aosta. Le richieste degli uffici al gestore sono state oltremodo circostanziate e dirette a rispondere in modo esaustivo rispetto a quanto segnalato nell'iniziativa, chiedendo:

1) di fornire i dati delle professioniste che prestano la propria attività nell'ambito del Centro antiviolenza per ciò che concerne la consulenza e l'assistenza legale, con data e numero di iscrizione all'ordine professionale di riferimento, funzione e ruolo ricoperto;

2) di descrivere nel dettaglio in che cosa consistano la consulenza e l'assistenza legale erogate dal Centro e in che modo la donna viene poi accompagnata e indirizzata eventualmente all'avvio del gratuito patrocinio;

3) di dichiarare se l'attività di consulenza e assistenza legale erogata nell'ambito del Centro è prestata a titolo totalmente gratuito, come previsto dalla normativa di riferimento, oppure se in alcuni casi sono stati richiesti dei pagamenti a fronte dei servizi offerti;

4) in caso affermativo, di circostanziare e motivare tali avvenimenti.

Inoltre, nella medesima richiesta al gestore gli uffici rammentavano che il CAV deve erogare i servizi di prevenzione e accoglienza a titolo gratuito a tutte le donne vittime di violenza maschile o che si trovino esposte a tale rischio, congiuntamente naturalmente ai loro figli e ai minori. Gli uffici specificavano altresì che tra i servizi minimi da garantire a titolo gratuito sia compreso quello di supporto legale con colloqui di informazione e di orientamento di carattere legale, come richiamato tra l'altro dalle sue premesse in maniera credo non casuale, di immigrazione e lavoro e inoltre di informazione e aiuto per l'accesso al gratuito patrocinio in tutte le fasi dei procedimenti. Gli uffici hanno anche ricordato che nel Centro non possono operare le avvocate e le psicologhe che, nella loro libera attività professionale, svolgano ruoli a difesa degli uomini accusati o condannati per violenza e/o maltrattamenti.

Il CAV ha riscontrato, in merito alle richieste degli uffici, come segue:

1) tutte le attività e i servizi erogati in favore delle donne vittime di violenza del Centro sono resi e offerti in maniera gratuita;

2) in nessun caso e in nessuna situazione è richiesta una qualsiasi forma di pagamento per l'aiuto e le prestazioni ricevute;

3) il servizio di orientamento legale, non quindi di consulenza, è prestato esclusivamente in forma gratuita dal Centro antiviolenza tramite le proprie esperte;

4) non sono pervenute segnalazioni da parte di donne che hanno lamentato di aver ricevuto richiesta di pagamento di somme da parte di esperti o di altri componenti del Centro per tale servizio o per altro servizio di competenza al Centro.

Risulta, quindi, come gli uffici abbiano trattato in modo puntuale la questione da lei posta all'attenzione e di come la risposta, che abbiamo reso alla sua precedente iniziativa, sia in linea con il ruolo che dobbiamo avere.

Prendiamo atto, oggi, di quanto lei dichiara e di cui non abbiamo contezza, per i motivi di cui sopra, rispetto a diverse segnalazioni anonimizzate che riferiscono di parcelle fatte pagare alle donne vittime di violenza che si rivolgono al Centro antiviolenza stesso, anche con redditi bassi, da parte di componenti del Centro per cause collegate alle violenze subite non come Centro antiviolenza bensì come libere professioniste. A tale riguardo si rammenta come la Regione non abbia una funzione diretta di organo di vigilanza sull'organizzazione di volontariato come il CAV in quanto questi sono soggetti giuridici autonomi regolati dalle norme del codice del terzo settore. L'obbligo della Regione è riferito a verificare che i fondi pubblici concessi attraverso convenzioni o contributi siano utilizzati per gli scopi dichiarati nel rispetto della normativa applicabile. Questa funzione di controllo è specifica e limitata ai finanziamenti pubblici e al rispetto delle finalità per cui sono stati appunto erogati. Inoltre il CAV, essendo un'organizzazione senza scopro di lucro, gode di autonomia statutaria e gestionale: ciò significa che la Regione non può ingerire nelle decisioni interne della gestione operativa e dell'organizzazione salvo per quanto attiene gli obblighi previsti dalla convenzione.

Abbiamo comunque nuovamente richiesto delucidazioni al gestore del CAV che ha riscontrato quanto segue e che riporto tel quel: "Nell'adempimento delle obbligazioni derivanti dalla convenzione stipulata tra la Regione e il Centro donne contro la violenza, nonché alla luce dell'intesa Stato-Regione del 14 settembre 2022 sui requisiti minimi dei Centri Antiviolenza o CAV, il CAV deve assicurare la presenza di operatrici di accoglienza e di figure professionali, quali, ad esempio, psicologhe, avvocato civilista e penalista, esperte in diritto del lavoro e immigrazione, con una formazione specifica sul tema della violenza di genere, dell'elaborazione del vissuto violento o del trauma sulle minori e iscritte all'albo quindi del gratuito patrocinio. Nello specifico, per quel che riguarda il supporto legale, il CAV assicura colloqui di informazione e di orientamento di carattere legale, sia in ambito civile che penale, di immigrazione, lavoro e informazione e aiuto per l'accesso al gratuito patrocinio. In particolare, qualora durante la fase di ascolto con le operatrici dell'accoglienza, la donna rappresenti la necessità di ottenere informazioni e orientamento di carattere legale, viene fissato, su richiesta della stessa, un incontro presso il Centro con l'esperta a ciò finalizzato. Nel corso del colloquio anticipatorio a quello dell'esperta, le operatrici dell'accoglienza comunicano già alla donna che il colloquio con l'esperta sarà un colloquio di informazione e di orientamento gratuito. Nello stesso colloquio forniscono alla donna ulteriori informazioni e precisamente:

1) che ha il diritto di rivolgersi a un difensore di sua fiducia;

2) i requisiti per l'accesso al patrocinio di spese dello Stato, in particolare che potrà avere diritto al gratuito patrocinio in ambito penale a prescindere dal reddito posseduto, ove il procedimento verrà inquadrato tra quelli cosiddetti di "codice rosso" e che potrà avere quindi diritto al gratuito patrocinio in ambito civile, ove i propri redditi annui, unitamente a quelli degli ulteriori componenti familiari, a eccezione del soggetto contro cui si procede, non superino euro 12.838,01;

3) di aver diritto a consultare l'elenco di avvocati e avvocati inseriti negli appositi elenchi e di avere la piena libertà di incaricare per un eventuale procedimento legale da instaurare un avvocato/avvocata di sua fiducia iscritto o iscritta negli appositi elenchi.

All'esito poi dell'incontro con avvocata civilista e/o penalista la donna, resa consapevole dei propri diritti e delle possibilità a cui può accedere, dispone degli elementi necessari per compiere la scelta libera, se ritenuto opportuno e nel rispetto dei propri tempi, di conferire mandato a un legale di sua fiducia per l'attività di consulenza e di assistenza in giudizio: di tale scelta la donna non è tenuta a informare il Centro. Ove la donna avesse già in precedenza nominato un legale di sua fiducia, il colloquio di supporto legale non verrà effettuato.

Le attività di consulenza e assistenza legale non rientrano quindi tra i diritti resi dai Centri Antiviolenza e, per quanto qui occupa, dal Centro donne contro la violenza né possono essere rese dalla professionista a titolo gratuito a ciò ostando la legge professionale e di codice deontologico forense.

Tale metodologia, denominata "Relazione tra donne", richiamata dall'intesa Stato-Regione 22 settembre 2022, è applicata in tutti i centri antiviolenza del territorio nazionale e in tutti i centri antiviolenza aderenti, appunto, alla rete DiRe (Donne in Rete Contro la Violenza) di cui fanno parte 88 organizzazioni che gestiscono 117 centri antiviolenza e alla cui rete è associato anche il Centro donne contro la violenza. La metodologia è stata ritenuta valida e rispettosa dal codice deontologico e dagli Ordini forensi e il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Brescia ha ritenuto di emanare un'informativa in tal senso sollecitando i centri antiviolenza a farla sottoscrivere e la donna conferma della scelta consapevole e libera del proprio Difensore in caso di avvio di un procedimento legale. Si rimette in allegato copia di tale informativa, reperibile comunque anche online sul sito dell'Ordine degli avvocati. La rete DiRe ha recentemente condiviso tale informativa e, pertanto, le operatrici, all'esito del colloquio informativo di cui sopra, fanno sottoscrivere alla donna il citato documento.

Per completezza espositiva, si evidenzia che, anche per quel che riguarda il supporto psicologico, le operatrici dell'accoglienza possono proporre, alla donna che sceglie di intraprendere un percorso di accompagnamento e fuoriuscita dalla violenza presso il Centro donne contro la violenza, la possibilità di intraprendere un percorso di sostegno e supporto psicologico finalizzato, da un lato, a valutare gli effetti dei maltrattamenti sulla salute psichica e l'eventuale necessità di una presa in carico psicoterapica e, dall'altro, a fornire una breve presa in carico specializzata per cominciare a riconoscere e superare la situazione di difficoltà e a dare un significato, parziale e iniziale ma in qualche modo diverso, al dolore sperimentato in seguito all'esperienza di violenza di genere vissuta.

Al termine della presa in carico gratuita, qualora si riscontrino le effettive esigenze sulla base dell'autodeterminazione della donna, sempre nel rispetto della sua volontà e del suo libero arbitrio, è altresì possibile proseguire il percorso in ambito pubblico o privato. Si evidenzia ancora che la Regione Valle d'Aosta, ai sensi della legge 4/2013, riconosce la valenza sociale del Centro antiviolenza e sostiene con contributi la realizzazione di alcune attività del Centro per le quali sono assicurati regolari e reciproci scambi di informazioni per un confronto sulle attività poste in essere dall'associazione, attività deliberate a norma del proprio Statuto e dei propri organi interni statutari. Invero, per quel che riguarda le deliberazioni, si specifica che le stesse vengono assunte rispettando le procedure statutarie dello statuto associativo debitamente registrato e pubblico. Le deliberazioni vengono sempre assunte in composizione collegiale, all'unanimità o a maggioranza delle componenti del consiglio direttivo. Alcune deliberazioni, come da Statuto, sono poi sottoposte all'assemblea delle socie che ratifica e/o approva. Di ogni attività viene redatto verbale debitamente sottoscritto e conservato, secondo le regole statutarie.

Ove risulti necessario il conferimento di incarichi si procede, sempre in composizione collegiale, alla valutazione delle candidature, con verifica dei curricula, ai colloqui conoscitivi volti alla valutazione delle esperienze maturate dai soggetti interessati alle capacità organizzative di problem solving e alla capacità di tenuta psicologica, tenuto conto della peculiarità dell'incarico da assegnare. Per questo ultimo aspetto ci si avvale anche della collaborazione della psicologa del Centro e i colloqui possono essere svolti anche in sua presenza. Alla luce di quanto sopra, il consiglio direttivo, composto da soci con consolidata e comprovata esperienza nel campo della violenza di genere, dopo discussione collegiale, delibera collegialmente il conferimento dell'incarico". Questo quanto riportato rispetto al riscontro del CAV.

Con riferimento al terzo punto della sua iniziativa, si ricorda che sul territorio regionale è presente un solo CAV che risponda ai requisiti della predetta intesa del 2022. Tali requisiti prevedono specifiche modalità operative e organizzative che i centri devono rispettare, inclusi gli standard di qualità e di sicurezza. La Regione non dispone della struttura e delle risorse necessarie...

Presidente - Assessore, per cortesia...

Marzi (SA) - ...sì, sì, ho finito... per gestire direttamente i servizi nel pieno rispetto di questi requisiti, non possedendo quindi né le competenze specifiche, né il personale qualificato per gestire direttamente questo servizio. La gestione di tali servizi richiede un alto livello di specializzazione. Ad oggi non risulterebbero altri soggetti con i requisiti previsti per legge oltre a quelli con i quali stiamo già operando.

Presidente - Per la replica, la parola al consigliere Manfrin.

Manfrin (LEGA VDA) - Grazie Assessore per la sua risposta, che però nella sua seconda parte... lei si limita a leggere quello che le scrive il Centro antiviolenza, che io comprendo possa essere un buon modo per evitare attribuzioni a lei, però non risponde alle domande che facciamo noi. In primis il Centro antiviolenza non risponde e non dice niente, mi corregga se sbaglio, su una questione che noi abbiamo scritto nelle nostre premesse, cioè l'ipotesi che vengano concessi degli incarichi apparenti di persone che gestiscono il Centro antiviolenza. Non c'è una riga, non c'è una risposta, io speravo che ci fosse qualche risposta, invece non c'è. Allora lei capisce che questo silenzio è quanto mai sospetto.

C'è stato un profluvio di parole che lei ci ha letto, con le quali, peraltro, se si riesce a leggere fra le righe, ma poi approfondirò bene in un secondo momento con il resoconto in mano, sostanzialmente si dice: "Per quanto riguarda le consulenze che forniamo qui in supporto ci arrivano e gli diciamo: va beh, ma voi potete fare questo, questo e quest'altro". Poi incidentalmente gli si dice: "Voi potete anche scegliere un avvocato", perché giustamente, se c'è da proseguire la causa contro la parte avversa, chiamiamola così, "Dovete scegliere ovviamente un avvocato", che, come lei ha ricordato, non può essere a titolo gratuito e, guarda caso, c'è un avvocato qui. "Scegliete pure liberamente, però siete in un Centro antiviolenza e qui c'è un avvocato, poi fate la vostra scelta liberamente, non fatevi condizionare, nella maniera più assoluta, che non ci sia neanche l'ipotesi di un condizionamento, qui però c'è un avvocato, è lì, lo vedete, è lì in fondo, è lì, è qui che vi sta parlando, lo vedete?".

Io capisco che non vi sia - e forse lei rifugga - la necessità di fare delle verifiche e degli approfondimenti, ma sarebbe molto semplice fare una cosa, anche magari informare l'Ordine degli avvocati, perché io non so l'Ordine degli avvocati cosa direbbe su questo. Semplicemente dire: troviamo l'elenco delle persone che si sono rivolte al Centro Antiviolenza e guardiamo l'elenco dei clienti dell'avvocato che lavora al Centro antiviolenza e, se questi due elenchi probabilmente coincidono in molto loro parti, allora forse c'è un procacciamento di clienti che forse dalle norme deontologiche è vietato e magari lo segnaliamo, chi lo sa?

Vede, le questioni sono molte sul tavolo e sono anche pesanti, quindi il fatto che ci si limiti a dire che, quando c'è un processo, c'è bisogno di rivolgersi a un professionista mi sembra una scusa molto debole, così com'è una scusa molto debole dire che bisogna fare un ricorso a uno psicologo e, guarda caso, c'è sempre uno psicologo all'interno della struttura e, guarda caso, viene preso un accordo con questo psicologo, con lo stesso psicologo che è nella struttura e diventa il professionista incaricato e ovviamente pagato, è particolarmente curioso. Allora capisce che la questione dell'internalizzazione del servizio nasce proprio per togliere questi dubbi, per togliere queste criticità di procacciamento dei clienti. Io, Assessore, le fornirò volentieri le parcelle - gliele ho fatte vedere la scorsa volta anonimizzate - ma glielo dico già: io non posso, perché ovviamente mi è stato vietato dalle persone che me le hanno cedute, dargliele non anonimizzate, quindi si vede il nome dell'avvocato che patrocina la causa, si vedono i riferimenti della causa e tutto quanto, non si vede il nome della persona, ovviamente non ho il permesso di poterlo fare. Io potrò chiederlo, ma immagino che queste persone siano anche... le dirò anche spaventate, perché più di una persona è venuta nel mio ufficio e, guardandosi attorno circospetta, anche in orario serale a volte, ha detto: "Io sono venuto qui, non voglio farmi vedere perché ho paura, perché poi questa donna o quest'uomo qui mi si è proposto come avvocato, mi ha già detto: "sono il tuo avvocato, quindi non si scappa da qui, mi paghi la parcella, guarda che sei indietro con i pagamenti..." e quant'altro, tutto il contrario di quello che dovrebbe fare un centro che si occupa di volontariato. Ecco perché l'internalizzazione con dipendenti che non dipendono dalle cause che riescono a incamerare, ma semplicemente fanno il loro lavoro, l'assistenza può liberare da questi problemi e da queste criticità il servizio di assistenza, quindi non ci sono i requisiti. Io non posso credere che un'associazione di volontariato, che non è un'azienda, possa avere più requisiti rispetto a un servizio che una Regione può mettere in piedi. Io quindi credo che ci siano le possibilità di farlo e forse vi sia la necessità di farlo e soprattutto la necessità di chiarezza sugli incarichi dati a parenti e questo silenzio molto profondo che è seguito a quest'importante risposta che ci ha letto evidentemente molti dubbi li lascia.

Aggiungo soltanto - visto che l'Assessore ha preso qualche secondo in più, lo prenderò anch'io, ma proprio brevissimo - che la prima parte invece di domande che sono state fatte da parte dell'Assessorato direttamente alla struttura in realtà non va in profondità, cioè si limita a dire: "Avete fatto qualcosa che non va?", ci immaginiamo che, se una persona fa qualcosa che non va, lo ammetta candidamente e dica: "Sì, effettivamente abbiamo fatto qualcosa che non va"? No, forse lo strumento da utilizzare era diverso.