Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 4317 del 28 gennaio 2025 - Resoconto

OBJET N° 4317/XVI - Communications du Président du Conseil.

Bertin (Presidente) - Con 31 Consiglieri presenti, possiamo iniziare i lavori. Punto n. 1.

Ieri si è celebrato il Giorno della Memoria, in ricordo del 27 gennaio, 1945 quando l'Armata Rossa liberò il campo di concentramento nazista di Auschwitz.

Ricordare le vittime della Shoah è un'occasione per riflettere sull'importanza di preservare i valori fondamentali della dignità umana, della libertà e del rispetto.

È un momento per riaffermare il nostro impegno a costruire una società più inclusiva e giusta.

La nostra epoca è profondamente segnata da conflitti, con tragedie umanitarie che si consumano in molte parti del mondo: la nostra riflessione su quanto accaduto non è quindi solo un dovere verso il passato, ma uno strumento per prevenire l'odio e la discriminazione dei nostri tempi.

Ci sono interventi su questa parte? Consigliere Cretier, ne ha facoltà.

Cretier (FP-PD) - Intervengo sulle sue comunicazioni proprio per ricordare il Giorno della Memoria, che è stato celebrato ieri, anche con una manifestazione in piazza per ricordare il signor Renzi.

Dalla metà del XX secolo, con il termine "Olocausto" si indica il genocidio compiuto dalla Germania nazista e dei suoi alleati nei confronti degli ebrei d'Europa.

Esso consiste nello sterminio di un numero compreso tra i cinque e i sei milioni di ebrei di ogni sesso e età, e i tedeschi hanno rinchiuso nei lager più di sei milioni di ebrei, grazie anche ai collaborazionisti, alle tante spie al servizio delle SS e degli stessi fascisti, come citato anche dagli alleati italiani all'inizio della guerra, e oggi finalmente riportato dalla premier Meloni, ricordando la complicità del fascismo.

L'Olocausto, in quanto genocidio degli ebrei, è chiamato anche con il nome di Shoah, in lingua ebraica catastrofe e distruzione. Questo giorno è stato riconosciuto con la legge 211/2000, con l'istituzione proprio di questo Giorno della memoria.

Nel vortice della guerra finirono tutti coloro, anche non ebrei, comunque persone che hanno difeso la propria terra, la propria casa, la propria famiglia, giovani e anziani assieme, accomunati dalla voglia di superare l'oppressione nazifascista e riprendere una vita normale, in miseria magari, senza tante parate e sfoggio di lustrini e simboli opprimenti.

Sono pagine tristi della storia contemporanea, che non si possono cancellare e dimenticare, hanno segnato il secolo scorso in modo vergognoso e indelebile; proprio per questo, bisogna farne memoria, ma bisogna spiegare alle nuove generazioni quanto e cosa la mente malata possa mettere in atto.

Tre generazioni devastate: le prime morte in combattimento in terre lontane da conquistare, altre morte nei campi di concentramento; le seconde, quelle che hanno vissuto quei terribili momenti e che sono state segnate per sempre; infine, le terze, quelle che conoscono, che non negano l'esistenza di queste terribili pagine, quelle che hanno letto e ascoltato dalle vive voci i terribili racconti, coloro che serbano nel cuore i tragici momenti che, oltre ai racconti, hanno visto il dolore negli occhi tristi di chi ha vissuto obbligatoriamente e involontariamente questi terribili momenti e che non potranno mai cancellare.

Molti di loro non ci sono più, bisogna fare memoria, non bisogna dimenticare, bisogna sempre e costantemente ricordare, e non solo ieri, non solo oggi, ma anche domani e tutti i giorni dell'anno e bisogna sperare che non tornino mai più, quei brutti momenti.

Basta con le guerre! Pensavo fossero pagine di storia, invece sono cronaca che arriva dal cuore dell'Europa. Ancora oggi le motivazioni che spingono gli uomini contro gli uomini sono meschine, di guerre per motivazioni storiche, religiose, territoriali e anche economiche.

Non abbiamo mai finito di vedere e leggere gli scontri e i soprusi, ma a soccombere sono sempre i civili, i bambini e gli inermi; i deboli insomma, che devono scappare e lasciare ogni cosa, ogni affetto, i documenti, le fotografie, le care memorie, per non morire in una casa o essere deportato in mezzo a un reticolato. Insomma, per non dimenticare, 27 gennaio 2025.

Presidente - Consigliere Di Marco, ne ha facoltà.

Di Marco (PA) - Il 27 gennaio del 1945 i soldati sovietici dell'Armata Rossa entrarono ad Auschwitz, il più grande campo di concentramento e di sterminio allestito dal regime nazista in Polonia, rivelando al mondo gli orrori che in esso, come in altre strutture simili, si perpetrarono ai danni di milioni di esseri umani, in massima parte ebrei, ma anche oppositori politici, appartenenti a minoranze etniche e religiose, prigionieri di guerra, e tutti coloro che il fanatismo hitleriano considerava diversi - tra cui omosessuali e disabili - e quindi indegni di essere parte integrante del progetto delirante di nuova Europa dominata dal nazifascismo, che si stava costruendo con la forza delle armi e della più spietata violenza.

Una moltitudine di donne, uomini, bambini e anziani innocenti passarono per questi campi. Molti di loro perirono nelle camere a gas o in seguito alle inumane condizioni di vita, alla fame, alla fatica, agli esperimenti pseudoscientifici e agli atti di inutile crudeltà dei loro aguzzini. I pochi che sopravvissero portarono incisi indelebilmente nel corpo e nell'anima i segni di quella terribile esperienza per tutto il resto della loro vita.

La Giornata della Memoria è quindi un'occasione in primo luogo per ricordare. Ricordare uno degli episodi più bui della storia del genere umano, durante il quale oppressione e brutalità presero il sopravvento sul senso di umanità, di compassione e di solidarietà; e le vittime incolpevoli di un'ideologia folle e di un ideale aberrante che sono stati propri del regime totalitario nazista tedesco, ma anche - è inutile negarlo - di quello fascista italiano. Adesso che si stanno spegnendo, una ad una, anche le ultime voci dei sopravvissuti a quelle atrocità, tocca alla società civile, a tutti noi, raccoglierne l'eredità e rinnovarne il ricordo.

"Meditate che questo è stato: vi comando queste parole", ci ammonisce in una sua famosissima poesia Primo Levi, catturato dalla milizia fascista in Val d'Ayas il 13 dicembre del 1943 e poi deportato ad Auschwitz dopo essere stato internato nel campo di concentramento e transito di Fossoli, in provincia di Modena. "Scolpitele nel vostro cuore, stando in casa, andando per via, coricandovi, alzandovi, ripetetele ai vostri figli", perché solo una memoria piena e condivisa è l'unico baluardo per arginare l'ignoranza e il negazionismo che, purtroppo, stanno dilagando nelle nostre società occidentali, sulla spinta dell'affermazione dei nuovi movimenti di destra.

Ma è anche un'occasione per riflettere. Riflettere sulla natura dell'essere umano, capace di quella che Hannah Arendt ha definito la banalità del male se dominato dalla fede cieca, priva di umanità e pensiero critico; sulle responsabilità che pesano anche sulla nostra storia di popolo in camicia nera che ha sostenuto un regime, quello fascista, che portava in sé il germe del razzismo, e lo espresse con le leggi del 1938, e poi dal 1943, con la partecipazione alla deportazione di 6.806 ebrei italiani e stranieri presenti sul nostro territorio; e sulle scelte che possiamo e dobbiamo compiere come individui e come collettività, affinché non si ripetano gli stessi errori fatali, ribadendo il valore assoluto del rispetto dei diritti umani, che è il caposaldo di ogni democrazia e, al tempo stesso, opponendoci strenuamente alle troppe discriminazioni che vengono ancora compiute verso tutte le diversità, vissute non come motivo di arricchimento, ma come destinatarie di sentimenti di avversione e rifiuto.

Come Pour l'Autonomie, crediamo che il 27 gennaio di ogni anno non ci si debba limitare a celebrare solo una ricorrenza, bensì sia il momento più giusto ed opportuno per rinnovare l'impegno a combattere ogni forma di estremismo ideologico che abbia come propria aspirazione il dominio dell'uomo sull'uomo, come proprio principio il disprezzo per la vita umana e come propria strategia la sopraffazione; a vigilare, affinché non tornino a imporsi dottrine e modelli distorti, come quelli che hanno portato all'annientamento di milioni di persone nel nome di un assurdo fanatismo; a tramandare la memoria dei terribili fatti avvenuti nei lager tedeschi alle giovani generazioni, così che se ne facciano portatrici e interpreti; e a ricordare le vittime innocenti della violenza nazista e fascista, sacrificate nel nome dell'intolleranza razziale, nell'indifferenza generale.

Pochi giorni fa, la senatrice Liliana Segre, deportata ad Auschwitz nel 1944 con il padre, che lì ha trovato la morte, ha espresso il timore che la Shoah possa essere ridotta a una frase nei libri di storia. Pur condividendo le considerazioni che la inducono a un tale pensiero pessimista, confidiamo che la tendenza colpevole a dimenticare, a minimizzare e a rimuovere di alcuni possa essere efficacemente contrastata dalla volontà della parte sana della nostra società di mantenere vivo e vibrante il ricordo delle mostruosità commesse dai regimi nazista e fascista, affinché restino monito e testimonianza dell'abisso senza fondo in cui si può precipitare quando a prevalere è l'odio razziale.

Presidente - Consigliera Minelli ne ha facoltà.

Minelli (PCP) - Nei giorni scorsi e in questa settimana tanti sono gli articoli, le trasmissioni TV, gli incontri, le attività delle scuole e gli eventi per la Giornata della Memoria, anche nella nostra regione.

Sempre, in occasione del 27 gennaio, mi interrogo sul valore effettivo, sul significato di questi momenti di commemorazione, con il timore, condiviso da molti, che diventino uno sterile esercizio di memoria, destinato a non lasciare tracce significative e a far parte della retorica.

Poi però finisco sempre per rispondermi che in fondo non è così, che ricordare ha un senso, che è importante, e me lo sono ripetuta mercoledì scorso a Pont-Saint-Martin, alla serata organizzata dalla scuola secondaria Carlo Viola per presentare la graphic novel che le classi terze hanno costruito con l'aiuto dei loro insegnanti, a partire dalla storia di Ruggero e Raimondo Jona, protagonisti del volume "La quotidianità negata" di Paolo Momigliano Levi.

L'ho percepito in particolare al termine di quella serata, quando un ragazzo, un quattordicenne, si è avvicinato al professor Momigliano e un po' timidamente gli ha chiesto: "Posso parlarle un attimo?"; ero accanto e non ho potuto fare a meno di ascoltare.

Gli ha detto semplicemente: "Il suo racconto mi ha affascinato profondamente e ho capito che dovevo sapere".

Io credo che per uno storico una frase come questa sia la migliore dimostrazione del senso del suo lavoro, del suo impegno, del suo voler fare memoria attiva.

E poi mi sono ripetuta che la Giornata della Memoria ha la sua ragion d'essere, ieri mattina, leggendo su La Stampa l'intervista a Enrico Fink, che è Presidente della Comunità ebraica di Firenze, alla cui famiglia sono dedicate cinque pietre d'inciampo, messe tutte una accanto all'altra, in viale Mazzini a Ferrara, dove vivevano prima della deportazione.

Afferma Fink: "Credo che la memoria la tramandiamo non solo e non tanto per le vittime della Shoah, ma proprio per costruire una collettività. Noi celebriamo la memoria per capire come il nostro Paese abbia potuto istituzionalmente essere razzista, appena tre o quattro generazioni fa. Ci dobbiamo interrogare sui germi del fascismo, che hanno reso l'Italia complice delle barbarie, che non sono scomparsi. Lavorare sulla memoria per costruire una società migliore è un imperativo ancora".

Stavo ancora ragionando su queste parole ieri sera tardi, quando mi è arrivato il messaggio di un'amica, che mi ha mandato sul cellulare il foglio di via di suo nonno, nato nel 1919, militare internato a Dachau e poi inviato al Centro raccolta ex internati di Torino.

Mi ha scritto semplicemente: "Volevo condividere con te per il Giorno della Memoria. È un dovere che porto avanti".

Io credo che sia davvero così: un dovere che per tanto tempo hanno compiuto i protagonisti, gli ex deportati, i testimoni, i sopravvissuti, coloro che oggi non ci sono più o sono rimasti in pochissimi, un dovere che poi hanno passato ai loro figli e nipoti, ma anche un dovere che tutti noi, che abbiamo, anche per età, potuto sentire ancora direttamente dalla viva voce dei sopravvissuti quei racconti e abbiamo rivisto, attraverso i loro occhi, l'orrore, dobbiamo compiere, passando idealmente il testimone ai nostri figli, alle giovani generazioni, affinché la memoria attiva, e non passiva di ciò che è stato, torni a impedire gli stermini e i genocidi, e il presente e il futuro si liberino dall'odio e dalle prevaricazioni.

Presidente - Consigliere Aggravi, a lei la parola.

Aggravi (RV) - La Giornata internazionale della Memoria dell'Olocausto non deve essere considerata una semplice commemorazione di fatti e atti allucinanti, anche al di là dello specifico atto di violenza nei confronti di tanti esseri umani inermi, bensì di come la natura umana possa arrivare a perpetrare il male con tanta sistematicità e pianificazione.

Al di là delle parti e delle singole opinioni, questa Giornata dovrebbe portare la nostra mente e il nostro pensiero a ragionare soprattutto di questo aspetto terribile e potenzialmente, purtroppo, ripetibile nel tempo.

I tempi che stiamo vivendo - in realtà, come sempre, nella storia, perché i lunghi periodi di pace sono, di fatto, dei passaggi sui libri della cronaca storica - dovrebbero portarci a fare qualche ragionamento in più e ricordare come anche atroci eventi e fatti, come quelli dell'Olocausto, sono stati portati avanti in forza di leggi e dell'indifferenza generale.

Anche lo stato di diritto, anche alcuni tipi di stato di diritto, possono giustificare la gratuita privazione delle libertà e finanche la vita.

Come ha ricordato ieri l'Associazione Student for Liberty con una frase di Hannah Arendt, "Il più grande male del mondo è il male commesso da nessuno, da esseri umani che rifiutano di essere qualcuno": non dimentichiamolo e restiamo lucidi e attenti, lucidi e critici, ma mai, mai indifferenti.

Presidente - Consigliere Distort ne ha facoltà.

Distort (LEGA VDA) - Ho già avuto modo, in altre occasioni, di precisare che la celebrazione di una memoria storica può avere diverse versioni. Può essere ritualismo formale, e allora è una memoria povera; può essere strumentalizzazione ideologica, allora è una memoria meschina; può avere rafforzamento di una coscienza sociale: questa è l'unica memoria che merita di essere celebrata.

È la memoria che ha dignità di costituire la celebrazione di un evento che porta sulla sua coscienza (in questo caso sei milioni di morti) ed è quella che deve costruire la coscienza sociale, perché nella vita e nei valori, o si cresce o si decresce, o si aumenta la consapevolezza e si è pronti per le battaglie quotidiane, o si perde consapevolezza e si entra a far parte di quel gioco d'oblio.

Noi non vogliamo essere di quella parte di umanità, vogliamo essere dalla parte di umanità che ricorda e che sappia riconoscere la verità per intero, perché questa è la grande sfida. Il male opera nella storia come un virus opera in un organismo o come un tumore si insedia in un tessuto organico sano. Il buon medico non cura i sintomi, ma va a individuare il male insediato per sconfiggerlo alla sua radice e ottenere la guarigione.

È la stessa operazione da compiere in occasione di giornate come quella di oggi: stigmatizzare il soggetto che ha ospitato il male è comprensibile, ma non rivela la volontà di andare alla radice del problema, perché noi siamo chiamati oggi a una sfida ancora più grande.

Si sa che il male non riesce ad agire di per sé, ha sempre bisogno di un soggetto che lo ospiti e di complici che lo assistano. Questo è successo attraverso il delirio nazista nei confronti degli ebrei, una popolazione connotata da una propria identità etnica, culturale, storica, religiosa.

Questo antisemitismo, che è corso in diverse occasioni nella storia e anche oggi, non è assolutamente estraneo a quanto accade.

Nessuno lo nega, nessuno lo sminuisce. Parmenide diceva: "Non aver paura della ben rotonda verità" e mi sento di ribadirne il pensiero. Ma se veramente vogliamo celebrare con dignità la Giornata della Memoria, dobbiamo essere in grado di costruire quei meccanismi che permettano alla nostra comunità la formazione di anticorpi, nel vero senso della parola, di elementi, di organismi, di meccanismi che siano in grado di combattere alla radice il male, quel mysterium iniquitatis che la millenaria tradizione, cultura cristiana riconosce nella storia.

Questo accade solo se non ci fermiamo alla manifestazione del male, ma riusciamo a riconoscere la radice stessa del male, perché è quella che costituisce le metastasi e che sa riproporsi in varie forme, in varie epoche e che non si esclude che stia operando anche in questo momento.

Allora, nel solco della millenaria civiltà cristiana, mi sento oggi di riproporre quelle parole eterne tratte dalla lettera agli Efesini, il famoso combattimento spirituale, che dice: "La nostra lotta non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le autorità, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità".

Presidente - Consigliere Ganis, ne ha facoltà.

Ganis (FI) - Ci ritroviamo oggi a commemorare una delle pagine più oscure della storia dell'umanità. Il Giorno della Memoria è un momento di profonda riflessione, un invito a non dimenticare le atrocità commesse durante la Shoah, un monito affinché simili orrori non si ripetano più.

Ricordare la Shoah significa innanzitutto ricordare le vittime, milioni di ebrei, ma anche rom, sinti, omosessuali, disabili, oppositori politici, tutti sterminati in nome di un'ideologia perversa e criminale.

Significa ricordare la follia di un regime che ha trasformato esseri umani in numeri, che ha annullato ogni valore e ogni diritto; ma ricordare la Shoah significa anche ricordare il ruolo delle Istituzioni che, in quel contesto, fallirono miseramente nel proteggere i propri cittadini.

È un monito per noi, che oggi ricopriamo ruoli di responsabilità, a non abbassare mai la guardia, a difendere sempre i principi di democrazia, libertà e uguaglianza.

Oggi, mentre ricordiamo il passato, non possiamo fare a meno di guardare al presente.

In diverse parti del mondo assistiamo a conflitti che seminano morte e distruzione, a migrazioni forzate, a nuove forme di intolleranza e discriminazione.

È un monito a non sottovalutare i pericoli che minacciano la nostra società. A non dare spazio a ideologie estremiste e a movimenti che fomentano l'odio.

Come Istituzioni, abbiamo il dovere di educare le nuove generazioni alla memoria, di trasmettere loro i valori della tolleranza e del rispetto per la diversità e la solidarietà.

Dobbiamo sostenere progetti educativi che aiutino i giovani a comprendere le cause della Shoah e a riflettere sul significato dell'Olocausto.

Come ha giustamente sottolineato, anche nella giornata di ieri, il nostro ministro degli esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, la memoria è un dovere, la lotta contro l'antisemitismo è una priorità assoluta del Governo e di tutto il Paese, è una battaglia di civiltà esistenziale, che dobbiamo affrontare tutti insieme, di fronte al pericolo di rigurgiti.

Per questo si sta lavorando a una nuova versione, ancora più robusta e operativa, della strategia nazionale per la lotta all'antisemitismo, per renderla più efficace di fronte a episodi che non ci stanchiamo mai di condannare.

In conclusione, il Giorno della Memoria non è solo una giornata di commemorazione, ma un impegno costante a costruire un futuro migliore, un futuro in cui non ci sia spazio per l'odio, la discriminazione e la violenza; un futuro in cui i diritti umani siano rispettati, in cui ogni individuo possa vivere in pace e dignità.

Presidente - Consigliere Marguerettaz, ne ha facoltà.

Marguerettaz (UV) - Partirei da una cosa che ho letto, in una pubblicazione dell'Università di Napoli Federico II in occasione proprio del Giorno della Memoria, che ha riportato uno dei passaggi dei tanti film di Woody Allen, in cui un personaggio dice: "Ti importa dell'Olocausto o pensi che non sia successo?" e l'interlocutore risponde: "Non solo, so che abbiamo perso 6 milioni di ebrei, ma quello che mi preoccupa è che i record sono fatti per essere abbattuti".

Allora cosa vuol dire? Vuol dire che l'Olocausto potrebbe non essere l'unica e la sola situazione in cui si perdono milioni di esseri umani e - senza voler rubare il mestiere al collega Distort - se vi ricordate, Papa Francesco dice: "Qua c'è la guerra mondiale a pezzi": noi abbiamo delle tragedie che viviamo con l'approccio dei record, dei numeri.

Paradossalmente, quando tu sei così lontano, col dire: "Ci sono 40 mila morti a Gaza, ci sono decine e centinaia di morti in Ucraina", tu hai la percezione di numeri.

La Giornata della Memoria non deve ricadere nella logica dei numeri, dobbiamo fare altre considerazioni.

Ieri, quando è stata consegnata la medaglia in ricordo del Capitano Ghiotti, io avevo la figlia accanto e la figlia ha sostanzialmente raccontato cosa è successo: lui era Capitano della Fanteria alpini al Col du Mont. Dopo l'8 settembre, tutta una serie di alpini sono scappati e lui, che era il capo, è stato preso dai nazisti che volevano che lui facesse il nome degli altri alpini, degli alpini che erano scappati, e lui, per paura ovviamente delle ritorsioni dei nazisti nei confronti delle famiglie degli alpini, nulla ha detto ed è andato incontro alla morte.

Allora, vedete, questi gesti ci fanno uscire dai numeri, perché se noi continuiamo a parlare di numeri, siamo fuori strada. Ci sono dei drammi, delle cose personali, che ci toccano. Ieri qualcuno di noi ha ascoltato e si è commosso sentendo la corale di Verrès. La prima canzone era relativa a dei prigionieri che cantavano che cosa? La normalità, la voglia di uscire dalla prigione e di tornare a una vita normale. La cosa più preziosa che abbiamo: la libertà.

Questi, sotto la prigionia, cantavano, per esaltare, hanno detto: "Quando ci sarà la pace torneremo alla nostra vita". Questa è la sostanza.

Allora, il Giorno della Memoria ci deve servire a che cosa? Ci deve servire a fermare questi gesti di questi giovani che esaltano dei gesti nazisti e fascisti che fanno schifo, bisogna usare delle parole forti.

Il nazismo e il fascismo fanno schifo, finalmente anche la Meloni lo ha detto. Sono delle cose che devono entrare nella testa di questi nostri ragazzi che a volte si tatuano, esaltano dei simboli che non sanno neanche cosa sono.

Noi non possiamo risolvere il problema dell'Ucraina e di Gaza, però educare qualche rampollo che vive nell'agiatezza e che esalta delle cose che non ha neanche conosciuto, questo è invece un nostro dovere.

Lo dico perché il 22 marzo c'è la ricorrenza della Jeune Vallée d'Aoste: Joseph-Marie Trèves, Émile Chanoux, Joseph-Marie Alliod, Rodolfo Coquillard e un gruppo di giovani fondarono la Jeune Vallée d'Aoste di cui noi abbiamo l'eredità; un'associazione che si prefiggeva di tutelare diritti, cultura, tradizioni della nostra terra, valori negati sotto il fascismo.

Ditelo ai giovani: il fascismo, il nazismo e tutti i totalitarismi fanno schifo!

Presidente - Consigliere Jordan, a lei la parola.

Jordan (UV) - La mémoire n'est pas seulement l'histoire, c'est aussi un moyen d'orientation pour l'avenir. La journée du 27 janvier commémore les victimes de l'Holocauste et c'est l'occasion de réfléchir à la valeur de la mémoire historique et à l'importance de la défense des droits de l'homme.

La commémoration de ces atrocités n'est pas seulement un acte de respect pour ceux qui ont souffert, mais aussi une mise en garde contre l'indifférence et la haine qui les ont rendues possibles. Dans un contexte actuel, marqué par les urgences des idéologies de droite et une polarisation politique croissante, cette journée revêt une signification encore plus profonde.

Oublier c'est ouvrir la porte à la répétition des erreurs du passé, surtout en cette période où l'antisémitisme, le racisme et le négationnisme, qui semblaient relégués à un passé sombre, trouvent aujourd'hui des nouvelles formes d'expression, souvent amplifiées par les médias sociaux et par des discours politiques de division.

Des mouvements de droite, parfois explicitement nostalgiques des périodes historiques sombres, gagnent du terrain dans plusieurs Pays, ne cherchant que le consensus en faisant appel aux peurs et aux discriminations.

La préservation de la mémoire est un acte de responsabilité collective, elle nous invite à reconnaître les signes d'intolérance et discrimination encore présents aujourd'hui et à nous engager activement dans la construction d'une société plus juste, plus inclusive et plus consciente, ainsi à combattre toutes les formes de haine et d'intolérance.

Presidente - Consigliere Padovani, ne ha facoltà.

Padovani (FP-PD) - Ieri, come ogni anno, si sono tenute le celebrazioni per il Giorno della Memoria, la giornata dedicata al ricordo delle vittime della Shoah e alla riflessione sulle atrocità che hanno segnato il capitolo più buio della storia dell'umanità.

Ricordare significa dare voce a chi non ne ha più, per non dimenticare milioni di ebrei, rom, sinti, oppositori politici, persone con disabilità, testimoni di Geova e tutte le altre vittime innocenti perseguitate e deportate nei campi di concentramento dai nazisti e in Italia dai collaborazionisti del regime fascista, dopo l'emanazione delle leggi razziali, i rastrellamenti e le deportazioni.

Ricordare significa anche impegnarsi affinché il passato non si ripeta, proteggendo i valori di libertà, uguaglianza e dignità umana.

80 anni fa le truppe sovietiche liberarono il campo di sterminio di Auschwitz Birkenau, svelando al mondo l'orrore dei campi di concentramento.

Da allora, questa data rappresenta un monito universale contro l'odio, il razzismo e l'indifferenza.

Oggi, più che mai, il giorno della memoria ci invita a mantenere viva la consapevolezza storica, educando le nuove generazioni alla tolleranza e al rispetto reciproco.

Le testimonianze dei sopravvissuti, le pietre d'inciampo nelle nostre città, i libri, i film e gli eventi commemorativi sono strumenti preziosi per coltivare una memoria collettiva che possa essere guida per il futuro.

"Chi non ricorda il passato, è condannato a ripeterlo".

Che queste parole, incise in trenta lingue sul monumento all'ingresso del campo di concentramento di Dachau - che oggi mi sembrano molto attuali -, ci spronino a costruire un mondo dove la dignità di ogni persona sia sempre rispettata.

Non dimentichiamo, ricordiamo per scegliere ogni giorno la strada della pace e dell'umanità, perché quello che è accaduto non accada mai più.

Presidente - Consigliera Erika Guichardaz, ne ha facoltà.

Guichardaz E. (PCP) - Riprendo un passaggio di un collega che ha parlato di questa Giornata anche definendo in alcuni passaggi una strumentalizzazione ideologica di questa Giornata e della Resistenza.

Io credo che la lettura fatta ieri dall'A.N.E.I. all'interno della commemorazione che c'è stata a Palazzo regionale, quel passaggio di Nuto Revelli che, in qualche modo, ci ha fatto anche capire che all'interno della stessa Resistenza gli stessi Partigiani in qualche modo vedessero in maniera diversa gli internati subito, non sapevano cosa succedeva in Germania. E ricordo benissimo le parole di Ida Desandré, che per anni non ha voluto raccontare la sua storia, perché mentre i Partigiani erano tutti malati, ridotti al lumicino, lei era tornata dalla Germania bella paffutella, e qualcuno diceva: "Ah, sei andata a spassartela".

Lei era paffutella perché l'avevano riempita di iniezioni per non farle venire le mestruazioni, l'avevano riempita effettivamente di farmaci per fare esperimenti su di lei.

Questo era inimmaginabile a chiunque e qualcuno addirittura lo nega ancora oggi.

È vero, non basta ricordare i morti, lo ha detto il collega Marguerettaz, ma io credo che in ogni commemorazione, quando si commemorano i morti, si ricordano i valori per cui quelle persone hanno perso la vita; valori che sono di solidarietà, di uguaglianza e di pace; valori che hanno messo insieme, all'interno delle bande partigiane, all'interno di quei campi di concentramento, persone che arrivavano da esperienze totalmente diverse: c'erano gli ebrei, c'erano gli omosessuali, c'erano i prigionieri politici, c'era una parte di umanità che, in qualche modo, rappresentava quei valori che, secondo me, devono essere ricordati.

Permettetemi di ricordare un'altra tragedia della Valle d'Aosta che si è compiuta proprio 80 anni fa, ed è la tragedia del Col du Mont: 33 morti mandati a morire sapendo che sarebbero andati a morire.

Sono queste le cose che dobbiamo ricordare ma, ripeto, non per ricordare i morti, ma per ricordare cosa è stato quel periodo storico.

Anch'io quindi sono d'accordo, basta le strumentalizzazioni ideologiche, perché all'interno di quella Resistenza, all'interno di quella guerra di liberazione, c'era veramente una comunità intera, che andava dagli anarchici, ai comunisti, ai repubblicani, ai monarchici e chi più ne ha, più ne metta.

Sotto questo punto di vista, quindi, ritengo che sia corretto e sia giusto che quello che noi dobbiamo valorizzare in queste giornate siano più che altro i valori che li hanno visti uniti, a combattere contro un nemico comune, questo sì.

Ripeto, per me continua a essere una pagina terribile della nostra storia che purtroppo, in qualche modo, si sta ripetendo anche in altri luoghi e che spero nessuno di noi debba rivedere.

Presidente - Assessore Marzi, ne ha facoltà.

Marzi (SA) - Come richiamato oggi in Aula da tutti quanti gli interventi dei colleghi, il 27 di gennaio, soprattutto l'80° anniversario di ieri, di fatto ha due caratteristiche fondamentali: la prima è quella di ricordare in maniera indelebile l'arrivo delle forze sovietiche nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau, una ex caserma militare polacca, Oswiecim, che, di fatto, risultò essere assolutamente centrale da un punto di vista logistico nella gestione di quello che venne stabilito nel 1942 come Soluzione finale dai nazisti.

E questa è una peculiarità assoluta della Giornata della Memoria, quindi quella di voler rappresentare, prima di ogni altra cosa, l'Olocausto, la Shoah, che ha naturalmente caratterizzato, in maniera principale, la popolazione ebraica durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale.

Riguardo alla seconda caratteristica fondamentale - che da tutti quanti noi oggi è stata richiamata, e che si rifà a un tentativo che in questo momento, negli ultimi anni, si ha di utilizzare la Giornata della Memoria per tentativi politici oppure come un tentativo per parlare anche d'altro - quello che, secondo me, a proposito del fatto che si è scelto di utilizzare il termine "Giornata della Memoria" per ricordare il 27 gennaio del 1945, deve invece rimanere una pietra miliare, ripartendo però dalle radici appena citate, della totale peculiarità della Shoah in quel periodo, è proprio il fatto che oggi qualche collega ha richiamato rispetto al fatto che basta una sola vita sottratta in quella maniera e soprattutto in maniera ideologica, attraverso un percorso storico individuato, per dire: "No, mai più".

Di fatto però l'Olocausto nelle sue dimensioni, soprattutto inserito all'interno del contesto della Seconda Guerra Mondiale, ha un problema: è talmente grande e talmente devastante per i numeri e per quello che si è arrivato a fare che, a volte, relativizza il male.

A me è capitato da ragazzo alle scuole medie, credo sia successo anche alla stragrande maggioranza delle persone, quando la RAI cominciò, di punto in bianco, a far vedere tutta una serie di video sull'Olocausto e sui campi di concentramento prima e di stermino dopo, accompagnati, tra l'altro, da Pachelbel piuttosto che da Albinoni, di arrivare di fatto a colpire la mia immaginazione.

Quello che, di fatto, tutti quanti coloro i quali scoprono, di solito da ragazzi, che esiste questo genere di problemi, inizialmente cercano una motivazione, legata al fatto che ci si immagina che per fare opere così diaboliche e così malefiche, le persone che le hanno agite debbono, per forza di cosa, essere, in negativo, degli esseri fuori dall'ordinario, perché non è possibile pensare che si riescano a uccidere milioni di persone essendo delle persone normali.

Quello che invece, secondo me, la Giornata della Memoria deve continuare a rappresentare è che è sufficiente eliminare una sola vita per poter, di fatto, ricreare dei processi che possono portare a risultati così antiumani.

Perché, se si analizza tutta la storia che ha portato al 25 gennaio del 1945, si scopre che si è partiti in maniera assolutamente ordinaria, prima di tutto con l'Aktion T4, la scelta che il Partito nazional socialista fece in Germania per eliminare tutta la popolazione ariana disabile. Si parte così, per poi arrivare a Rudolf Hess, il primo uomo incaricato delle SS a gestire e a creare il campo di sterminio di Auschwitz Birkenau che, nei primi tentativi di industrializzazione della morte, non parlava di esseri umani, ma parlava di pezzi, di stucke, che facevano quasi pensare che stesse gestendo più un magazzino piuttosto che un luogo nel quale si soppressero circa 2 milioni di persone.

Proprio la banalizzazione del male è il processo che può essere facilmente replicato.

Nel 2023 è stato presentato un libro, "La zona d'interesse", che racconta appunto la differenza sostanziale dove quest'uomo portò a vivere la sua famiglia, al di là di un muro del posto nel quale decideva sistematicamente tutti i giorni di uccidere migliaia di persone, decine di migliaia di persone.

Quando per un periodo chiese, o meglio, lo mandarono a replicare questa sua abilità a Berlino, venne richiamato quando, di punto in bianco, la Germania (e termino) si rese conto che stava per perdere la guerra e c'era la necessità di sopprimere tutta la popolazione ebraica ungherese in pochissimo tempo, e tornò al campo dove aveva lasciato la famiglia, perché la famiglia chiese di restare al campo perché la casa era bella.

Leggere l'autobiografia di Rudolf Hess è uno di quei passaggi che fa capire come il male diventa drammatico quando si banalizza e quando quindi si arriva al sensazionalismo dei numeri.

Basta una sola vita e un solo processo burocratico che porta a far diventare le persone dei pezzi perché tutto possa ripetersi, e questo è il motivo per il quale la Giornata della Memoria, a mio avviso, è sempre attuale.

Presidente - Assessore Caveri, ne ha facoltà.

Caveri (UV) - Mi spiace di rubare ancora qualche minuto all'Aula, ma ci tenevo a esprimere un pensiero, avendo avuto anche la fortuna, a suo tempo, di aver votato la legge che istituì la Giornata della Memoria a Montecitorio.

L'antisemitismo non è morto ed è la ragione principale per la quale è bene che se ne parli, che si parli di quell'immagine terrificante della liberazione del campo di Auschwitz da parte dell'Armata Rossa. Viene anche da pensare che una larga parte di quei militari erano ucraini, perché l'Unione Sovietica aveva al proprio interno, ovviamente, questo Stato che faceva parte della federazione.

Ci tengo a dirlo perché mai avrei pensato nella mia vita di vedere i rigurgiti antisemiti nelle piazze italiane.

So che questo si collega in maniera stretta alle vicende drammatiche della Palestina, ma è inaccettabile che qualunque discorso di critica nei confronti di Israele, di critica legittima, si trasformi nel tentativo, in qualche modo, di far uscire questa bestia che è stata l'antisemitismo, che ha attraversato la storia dell'umanità da quando esiste il popolo ebraico e sappiamo bene che è un fuoco che cova sotto la cenere.

Il consigliere Marguerettaz, il nostro Capogruppo, ha ricordato anche questa vicenda dolorosa di un certo numero, di una quarantina di soldati valdostani, tra i quali mio papà, che si trovarono alla fine del mese di maggio imprigionati in un vagone piombato verso Auschwitz e il ricordo, e anche alcuni aspetti del male di vivere che mio papà aveva dietro a una maschera di grande simpatia, deriva dalla drammaticità di quelle settimane vissute alle porte del campo di sterminio di Auschwitz.

Quei ragazzi valdostani - è ancora vivo il farmacista Papone, quasi centenario - vissero sulla loro pelle la comprensione di che cosa capitasse all'interno.

Mio papà trovò un prete polacco che gli spiegò che quel fumo che loro vedevano dai bordi della Vistola erano gli ebrei che venivano gassati e poi bruciati.

Queste vicende ci hanno portato nel tempo, anche come Regione Valle d'Aosta, la scelta di inviare ogni anno delle scolaresche in visita al campo di sterminio.

Credo che sia stata una scelta giusta, io personalmente ho portato anche i miei figli in visita, perché visitare quei luoghi tetri, tristi, terribili, dove esiste il genius loci dell'atrocità umana, credo che sia una lezione per tutti, una specie di indispensabile vaccino in favore della democrazia.

Presidente - Ci sono altri interventi? Il Presidente della Regione, ne ha facoltà.

Testolin (UV) - Solo due valutazioni in coda agli interventi tutti molto apprezzabili, che hanno dato il senso dell'attenzione di quest'Aula e di questa comunità a una questione che, sicuramente, è ancora sotto la cenere e potrà riemergere in qualsiasi momento, se non siamo più che attenti.

Il ruolo delle Istituzioni di qualsiasi livello, sia a livello di Governi regionali, nazionali, internazionali, sia a livello locale, sia di quelli che sono deputati a trasmettere dei pensieri, delle indicazioni, delle considerazioni su quello che la vita ci può prospettare, - e penso in primo luogo agli insegnanti, oltre che alle famiglie, che devono trasmettere ai propri figli i percorsi che possono incontrare durante la loro vita - soprattutto riagganciandomi alle ultime parole del collega Caveri, che hanno riportato a qualcosa di tangibile, non di astratto, questo concetto, siano le vere iniziative che possono suscitare quell'attenzione dovuta da parte dei giovani, che sono i primi che devono metabolizzare all'interno del loro percorso di vita quelli che sono dei concetti, molte volte strettamente personali e anche molto intimi, sull'atteggiamento che bisogna avere nei confronti del prossimo in generale, quindi quei sentimenti, anche di tolleranza e di accoglienza, che si manifestano anche nel quotidiano, e non soltanto in quelle manifestazioni più importanti o che vengono enfatizzate all'interno di percorsi divulgativi.

Credo che l'attenzione debba sempre essere alta, soprattutto come società, in quei momenti dove i cambiamenti sono lievi, sono costanti, sono impercettibili molte volte, ma che poi si trasformano in qualcosa che non si può più modificare, in qualcosa di irreversibile.

Penso che sia l'attenzione più alta che dobbiamo mantenere, perché quando ci si abitua a dei comportamenti che non sono corretti, poi si rischia di sottovalutarli, e questo forse è il peggiore atteggiamento possibile nei confronti di meccanismi che non sono molte volte così sufficientemente attenzionati e che poi portano a delle conseguenze che sono quelle che la storia ci ha messo di fronte.

Presidente - Il 22 gennaio, la Giunta ha depositato un disegno di legge in materia di aiuti regionali per la compensazione dei danni causati dalla fauna selvatica al patrimonio zootecnico e ittico e alle produzioni vegetali, nonché per l'adozione di misure di prevenzione. L'atto è stato assegnato alla terza Commissione per competenza e alla seconda per la compatibilità finanziaria.

Bertin (Presidente) - Punto n. 2 all'ordine del giorno. Non ci sono comunicazioni del Presidente della Regione.