Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 2118 del 11 gennaio 2023 - Resoconto

OGGETTO N. 2118/XVI - Discussione generale sulla decisione in ordine all'approvazione dell'effettuazione del referendum consultivo di iniziativa popolare sulla proposta di legge regionale n. 58/XVI, recante "Modificazioni alla legge regionale 12 gennaio 1993, n. 3 (Norme per l'elezione del Consiglio regionale della Valle d'Aosta). Abrogazione della legge regionale 7 agosto 2007, n. 21".

Bertin (Presidente) - Punto n. 4 all'ordine del giorno. Al fine di conoscere l'orientamento degli elettori sulla proposta di legge n. 58 recante: "Modificazioni alla legge regionale 12 gennaio 1993, n. 3 (Norme per l'elezione del Consiglio regionale della Valle d'Aosta)", presentata dalle consigliere regionali Chiara Minelli ed Erika Guichardaz in data 30 aprile 2022, è stata depositata alla Segreteria Generale una richiesta di referendum consultivo di iniziativa popolare sulla legge in questione, ai sensi del Capo V della legge regionale 25 giugno 2003, n. 19.

In data 10 giugno 2022, il Segretario Generale del Consiglio mi ha trasmesso il verbale di verifica delle firme che attesta la validità della richiesta di referendum consultivo di iniziativa popolare, sottoscritta da almeno un cinquantesimo degli elettori.

In data 13 luglio 2022, con deliberazione n. 1691, questo Consiglio ha approvato la questione sospensiva e il rinvio della trattazione dell'atto concernente la decisione in ordine all'effettuazione del referendum consultivo all'esito degli approfondimenti da svolgersi presso la I Commissione consiliare.

In data 28 dicembre 2022, il Presidente della I Commissione consiliare mi ha comunicato che il lavoro di approfondimento sulla questione legata alla decisione in ordine all'effettuazione del referendum è stato ultimato con l'audizione del professor Massimo Luciani e del professor Andrea Morrone, nonché del Comitato per la Riforma elettorale.

I professori suddetti hanno predisposto due pareri, che sono stati trasmessi in data 28 dicembre a tutti i Consiglieri regionali e ai delegati dei promotori della richiesta di referendum consultivo, così come le relative integrazioni pervenute nella giornata di ieri.

Alla luce degli elementi emersi in sede di approfondimento, il Consiglio può pertanto deliberare, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, l'effettuazione o meno del referendum consultivo formulando, in caso di approvazione il quesito, o i quesiti, da rivolgere agli elettori dei Comuni della regione.

Come deciso dalla Conferenza dei Capigruppo di ieri, ogni Gruppo consiliare avrà a disposizione 20 minuti per intervenire nella discussione generale, oltre a 5 minuti per Consigliere per la dichiarazione di voto. Entro la chiusura della discussione generale, possono essere depositati eventuali emendamenti all'atto, con particolare riferimento alla formulazione del o dei quesiti.

Ieri vi è stato anche l'accordo, nella Conferenza dei Capigruppo, per un intervento introduttivo da parte del Presidente della I Commissione.

Consigliere Restano, ne ha facoltà.

Restano (GM) - Anticipo all'Aula che per relazionare in maniera compiuta sull'attività della Commissione occorrerà qualche minuto in più rispetto a quello che mi era stato concesso.

La I Commissione, nella riunione del 16 giugno 2022, ha audito il Comitato per la Riforma elettorale in merito alla proposta di legge n. 58. A seguito del rinvio da parte del Consiglio regionale nel luglio scorso della questione alla Commissione per gli approfondimenti del caso, in modo da consentire al Consiglio stesso, entro i tempi previsti dalla legge, di potersi esprimere sull'effettuazione del referendum consultivo nella primavera del 2023, la Commissione, con il voto contrario del Gruppo consiliare PCP, ha deliberato di richiedere un parere al professor Massimo Luciani, per ricevere una risposta a tre quesiti. Il 20 dicembre 2022, ha proceduto all'audizione del professor Luciani che ha illustrato una sintesi del parere.

Primo quesito: "Alla luce della deliberazione della Commissione regionale per i procedimenti referendari e di iniziativa popolare dell'aprile scorso, con la quale è stata dichiarata inammissibile una proposta di legge di iniziativa popolare da sottoporre a referendum propositivo in materia elettorale, ritiene legittima nel merito la sua riproposizione, sebbene sotto forma di referendum consultivo, anche a fronte delle ingenti spese che ne scaturirebbero?". Il professor Luciani ha affermato che la richiesta di effettuazione del referendum appare, per plurimi profili, di dubbia ammissibilità. In estrema sintesi, il professore ha evidenziato che il suddetto referendum ha per oggetto una proposta di legge di modifica della forma di governo della Regione, la cui approvazione deve rispettare lo speciale procedimento aggravato di cui all'articolo 15 dello Statuto.

Sebbene il referendum consultivo sia privo di effetti giuridicamente vincolanti e dunque, a prima vista, il suo eventuale svolgimento parrebbe non alterare quel procedimento, in realtà non è così. Innanzitutto, ricordato che la determinazione di effetti procedimentali si evince dallo stesso articolo 45 della legge 19, dove si stabilisce che il referendum consultivo è indetto prima di procedere all'adozione dei provvedimenti legislativi interessati. Ciò significa che il risultato della consultazione diventa, naturaliter, oggetto della discussione consiliare che lo segue e che viene, essa pure, prima della votazione sulla proposta di legge cui l'organo rappresentativo dovrà procedere. Inoltre, come ha dichiarato la giurisprudenza costituzionale, il referendum - ancorché consultivo - esibisce un rilevante effetto politico, sicché ne consegue fatalmente un condizionamento delle determinazioni consiliari che problematicamente potrebbero disattendere l'indicazione referendaria. Infine, il referendum consultivo determina comunque un ulteriore aggravamento procedimentale oltre a quelli già previsti dallo Statuto.

Ulteriore ragione d'inammissibilità appare rinvenibile - si legge nel parere - nel fatto che una richiesta di referendum consultivo non può avere l'effetto di superare il giudizio d'inammissibilità pronunciato nella deliberazione della Commissione regionale per i procedimenti referendari e di iniziativa popolare dell'aprile scorso. Se è vero, infatti, che il referendum consultivo differisce da quello propositivo per diversi profili, tra i quali il più rilevante è quello degli effetti (vincolanti nel primo e non vincolanti nel secondo), è parimenti vero, tuttavia, che secondo la giurisprudenza costituzionale gli istituti di democrazia partecipativa in esame condividono una forza comune: entrambi influenzano o contrastano il processo decisionale pubblico e pertanto assumono un peso politico rilevante e incidono nel funzionamento della forma di governo. Ciò sta a significare che non basta mutare la veste passando da quella propositiva a quella consultiva per rendere ammissibile la richiesta di referendum sulla proposta di legge regionale 58; il giudizio di non proponibilità del referendum propositivo, infatti, incide anche in quello consultivo, dato il rilevante peso politico che i due istituti partecipativi condividono. La richiesta, dunque, nonostante l'evidente diversità delle forme, sembra risolversi nella sostanziale riproposizione di un quesito già dichiarato inammissibile dal competente organo regionale.

Un'ulteriore ragione d'inammissibilità sta nel carattere disomogeneo della richiesta. Ripercorrendo la giurisprudenza costituzionale in materia di referendum abrogativo, il professor Luciani si è soffermato ampiamente sul concetto di omogeneità del quesito referendario, ha richiamato, tra le altre, la sentenza n. 16/78 che aveva dichiarato l'inammissibilità di una richiesta referendaria abrogativa di 97 articoli del Codice Penale, così come quella avente a oggetto l'abrogazione dell'intero Codice Penale militare. In entrambi i casi, la richiesta referendaria è stata giudicata inammissibile in quanto carente di una matrice razionalmente unitaria. Più precisamente, la Corte ha affermato che sono inammissibili le richieste in cui ciascun quesito da sottoporre al corpo elettorale contenga una pluralità di domande eterogenee carenti di una matrice razionale unitaria. Occorre, infatti, che i quesiti posti agli elettori siano tali da esaltare e non coartare la loro possibilità di scelta. Un voto bloccato in molteplici e complesse questioni non suscettibili di essere redatte all'unità contraddice il principio democratico, incidendo di fatto sulla libertà del voto in violazione agli articoli 1 e 48 della Costituzione.

L'excursus sulla giurisprudenza costituzionale in materia si è concluso citando recentissime pronunce del 2022, nelle quali si legge che il quesito da sottoporre al giudizio del corpo elettorale deve consentire una scelta libera e consapevole, richiedendosi che esso presenti il carattere della chiarezza, dell'omogeneità, dell'univocità, nonché una matrice razionalmente unitaria. Occorre pertanto che al corpo referendario si proponga un'alternativa secca rispetto alla quale sia possibile rispondere con un sì o con un no; è viceversa inammissibile la richiesta referendaria che contenga una pluralità di domande eterogenee che, impedendo una scelta univoca, coartino la libertà del voto.

Alla luce di tali principi, quindi, la richiesta appare inammissibile in ragione della sua disomogeneità. In altri termini: il carattere disomogeneo della proposta di legge n. 58 si traduce necessariamente in disomogeneità della richiesta, che risulta, di conseguenza, inammissibile.

Secondo quesito: "Dal momento che, oltre alla proposta di legge n. 58 sulla quale è stata presentata la richiesta di referendum consultivo, sullo stesso tema è stata depositata anche la proposta di legge regionale n. 67 e che, verosimilmente, ne saranno presentate altre, sarebbe di interesse sapere quali sono i limiti del Consiglio regionale nell'analisi del dossier in presenza di una proposta di legge sulla quale è richiesto un referendum consultivo e se la formulazione dell'articolo 45 della legge 19 2003 - che si riporta di seguito - consente di effettuare un referendum consultivo sull'insieme dei progetti di legge presentati".

Il professor Luciani ritiene che non sembra sussistere alcun limite gravante sul Consiglio della Valle nell'esame di una proposta di legge sulla quale sia stato richiesto un referendum consultivo. Né lo Statuto speciale, né la legge regionale 19, infatti, prevedono specifiche limitazioni nella fase dell'esame delle proposte di legge in presenza della richiesta di referendum. Per quanto attiene alla possibilità di effettuare un referendum consultivo sull'insieme dei progetti di legge presentati sullo stesso tema, ribadendo come il referendum consultivo non appaia destinato ad avere per oggetto un testo normativo, anziché un principio normativo non dettagliatamente tradotto in disposizioni di legge, è evidenziato che la formulazione dell'articolo 45 della legge 19 non è perspicua e non consente di risolvere il problema.

In difetto di una previsione normativa specifica sufficientemente precisa, la risposta al quesito deve essere desunta dalla normativa in materia di referendum abrogativo cui l'articolo 48, comma 1, della legge 19 rinvia, e dalla giurisprudenza costituzionale sul canone dell'omogeneità dei quesiti referendari, la legge 19 consente di rispondere positivamente al quesito.

Anche l'analisi della giurisprudenza costituzionale sull'omogeneità del quesito referendario conferma tale conclusione. Dall'evolversi della giurisprudenza costituzionale risulta, infatti, che è possibile investire contemporaneamente con un'unica richiesta referendaria più atti, nel limite però che le disposizioni normative oggetto di referendum siano legate dalla più volte ricordata relazione di omogeneità. Al quesito, di conseguenza, deve rispondersi nel senso che, ai sensi dell'articolo 45 della legge 19, l'orientamento del corpo referendario può essere richiesto sui plurimi oggetti legislativi che in ipotesi si sovrappongono nella medesima materia. Nondimeno, ribadisce il professor Luciani, il referendum consultivo non appare destinato ad avere per oggetto testi puntualmente articolati anziché principi normativi e comunque deve essere rispettato il principio della necessaria omogeneità della richiesta.

Terzo quesito: "La Commissione, alla luce della formulazione dell'articolo 45 della legge 19, si è interrogata sul contenuto del quesito da sottoporre agli elettori e, in particolar modo, vorrebbe sapere se il quesito debba essere conciso, del tipo: "Siete favorevoli all'approvazione della proposta di legge 58, tout court?" oppure, dal momento che la proposta di legge ha un contenuto composito: elezione diretta del Presidente della Regione, premio di maggioranza, doppia preferenza di genere (solo per citarne alcuni), se lo stesso possa essere suddiviso in una pluralità di sottoquesiti? Con riferimento alla domanda postagli, premettendo come in sede di determinazione del quesito il Consiglio della Valle non possa stravolgere il senso dell'iniziativa referendaria, quando si tratta di iniziativa popolare, infatti, tale senso è oggettivato e cristallizzato nel testo della richiesta al quale il Consiglio deve dunque attenersi, specie in considerazione dell'impossibilità di ricostruire o accettare a posteriori la soggettiva intenzione dei singoli cittadini sottoscrittori. Ritiene, quindi, che il quesito deve sempre essere coerente con la richiesta.

Nel corso della stessa riunione, il gruppo consiliare PCP ha comunicato l'intenzione di richiedere un secondo parere al professore Andrea Morrone, avanzando nel contempo la richiesta di audire nuovamente il Comitato per la Riforma elettorale e il consulente di parte, professor Andrea Morrone per illustrare alla Commissione il suo parere. La Commissione, a maggioranza, con il voto contrario del Gruppo consiliare della Lega, ha provato la suddetta richiesta. La Commissione ha audito il Comitato per la Riforma elettorale e il professor Morrone, che nel corso della sua esposizione ha risposto ai due quesiti che gli erano stati sottoposti.

Primo quesito: se la richiesta di referendum consultivo è legittima e ammissibile. Il professor Morrone, consulente di parte, ha evidenziato che il referendum consultivo è legittimo e pienamente ammissibile al voto sulla base delle seguenti considerazioni: perché rispetta tutti i requisiti legali previsti dalla legge 19 per la sua presentazione e per il suo svolgimento (articolo 45); perché, oltre a detti requisiti, non sussistono nella legge 19 ulteriori limiti di ammissibilità espressi o taciti; perché, in particolare, non possono essere applicati i limiti che la legge 19 ha posto solo ed esclusivamente per il referendum propositivo e abrogativo, stante la loro natura del tutto particolare.

Il referendum propositivo e abrogativo sono, dal punto di vista teorico e per la Costituzione, consultazioni popolari dotate di una forza normativa idonea a innovare il diritto oggettivo, sicché i limiti alla loro ammissibilità si giustificano proprio e solo per detta natura normativa innovativa. Il referendum consultivo regionale, viceversa, è una consultazione priva di forza normativa innovativa essendo dotato solo di un mero valore politico che non impegna giuridicamente gli organi della Regione, che mantengono la propria discrezionalità politica in ordine alla valutazione dei risultati di una consultazione popolare meramente consultiva.

La particolare natura consultiva del referendum non impedisce la sua ammissibilità in una materia come quella della forma di governo regionale, affidata dall'articolo 15 dello Statuto a una legge, alla competenza riservata e qualificata del Consiglio regionale, sottoposta al controllo del Governo e, eventualmente, a un referendum regionale confermativo. Perché, a differenza di un referendum propositivo o decisionale, esso non attribuisce al corpo elettorale il potere di approvare una siffatta legge statutaria, ma solo di esprimere il proprio orientamento nei confronti del Consiglio regionale. Nessuna norma costituzionale vieta che il procedimento di approvazione della legge statutaria veda intervenire - e solo eventualmente - gli elettori, nella fase iniziale, mediante un referendum consultivo e poi, nella fase finale, con un referendum confermativo, trattandosi in ogni caso di due consultazioni formalmente e materialmente eterogenee: l'una solo consultiva e la seconda effettivamente deliberativa.

Secondo quesito: "Se nella formulazione del relativo quesito, ai sensi dell'articolo 45 della legge regionale 19/2003, il Consiglio regionale abbia o meno discrezionalità e se devono essere sentiti i promotori dell'iniziativa referendaria". Il consulente di parte, professor Morrone, sostiene che il Consiglio non ha una discrezionalità libera, ma una discrezionalità condizionata, perché il quesito stesso deve essere stabilito in rapporto al contenuto della richiesta presentata dai promotori e lo precede logicamente e cronologicamente. Il quesito, perciò, deve essere formulato dal Consiglio in coerenza sostanziale con la richiesta e la proposta di legge n. 58, nel senso che deve rispettarne i principi ispiratori o il contenuto essenziale.

Il Consiglio, inoltre, deve osservare il principio costituzionale di leale collaborazione che gli impone di formulare il quesito in collaborazione con il Comitato promotore che ha presentato la richiesta. Gli deve essere garantito il diritto all'intervento e all'interlocuzione nel procedimento deliberativo per la migliore definizione del quesito referendario.

Ancora, nel formulare il quesito devono essere osservati i criteri di chiarezza e di omogeneità, per assicurare che nella consultazione popolare l'elettore possa esprime una scelta consapevole. Ciò impone al Consiglio della Valle e al Comitato promotore, all'atto di formulare il quesito in collaborazione, di verificare se la proposta di legge regionale 58 contenga una sola o più materie omogenee; ne consegue, quindi, che il Consiglio della Valle, in collaborazione col Comitato promotore, dovrebbe formulare non un solo quesito referendario avente ad oggetto l'intero testo della proposta 58, ma distinti quesiti referendari: un quesito sull'elezione diretta del Presidente della Regione, un quesito sulla formula elettorale maggioritaria e un quesito sulla parità di genere nella rappresentanza politica e nella composizione della Giunta regionale.

Il 3 gennaio 2023, il Consigliere Sammaritani ha richiesto la convocazione urgente della I Commissione, che si è quindi riunita il 4 gennaio 2023, in considerazione del fatto che dalla lettura dei pareri - riporto la parte della mail del Consigliere - "si evince come il primo, reso dal professor Luciani su richiesta della I Commissione, sia stato sospeso sulla base dell'esame del diritto vigente e degli orientamenti giurisprudenziali; mentre il secondo, reso dal professor Morrone, su richiesta del Gruppo consiliare PCP, si è fondato anche sull'esame del parere del professor Luciani. Detto secondo parere, quindi, oltre ad esprimere considerazioni sul diritto e sulla giurisprudenza, costituisce anche una replica ai contenuti del parere del collega.

Tale situazione, a mio avviso, rappresenta un'ipotesi di non corretto e integro contraddittorio tra i due accademici che traggono conclusioni fra loro non allineate, essendo stato - il secondo - reso previo esame del primo, il cui estensore, al contrario, è rimasto privo di facoltà di replica. Il tutto non si risolve, naturalmente, in una mera disputa accademica, ma piuttosto in un'evidente pregiudizio per chi - l'intero Consiglio regionale - dovrà utilizzare gli elementi risultanti dai due elaborati per fare una discussione, per formarsi un convincimento e infine per esprimere un voto su di una questione molto tecnica e dagli importanti risvolti anche politici".

La I Commissione, a maggioranza, con il voto contrario del Gruppo PCP, ha deliberato di trasmettere al professor Luciani il parere del professor Andrea Morrone, al fine di verificare se lo stesso intendesse formulare sue eventuali precisazioni in merito al parere da lui redatto. In data 10 gennaio, il professor Luciani ha trasmesso le sue precisazioni, soffermandosi sui tre punti.

Punto primo: "La giurisprudenza costituzionale in materia di referendum consultivo". In merito a tale punto ha evidenziato come la giurisprudenza costituzionale abbia enunciato alcuni punti fermi quanto agli effetti del referendum consultivo regionale, che sono stati espressi in termini generali, al di là della fattispecie di volta in volta portata su esame. Tali principi, che devono pertanto applicarsi alla generalità dei referendum consultivi regionali, in estrema sintesi sono: il voto popolare in sede consultiva non produce effetti giuridicamente vincolanti per il legislatore regionale; è giuridicamente - si badi, giuridicamente - erroneo equiparare il referendum consultivo a un qualsiasi spontaneo esercizio della libertà di manifestazione del pensiero da parte di più cittadini coordinati tra loro. Anche quando non produce effetti giuridici immediati sulle fonti del diritto, il referendum assolve la funzione di avviare, influenzare o contrastare i processi decisionali pubblici, per lo più di carattere normativo; per questo i referendum popolari, nazionali o regionali, anche quando di natura consultiva, sono istituti tipizzati e debbono svolgersi nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione o stabiliti sulla base di essa.

In definitiva, il referendum consultivo avvia, influenza o contrasta il processo decisionale pubblico e poiché - dice la Corte - possiede un peso rilevante e incide nel funzionamento della forma di governo deve svolgersi nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione o stabiliti sulla base di essa. Sicché è da escludere, sempre in base alla giurisprudenza costituzionale, che il referendum consultivo, per il solo fatto di non essere produttivo di effetti giuridicamente vincolanti, può essere richiesto, indetto è tenuto senza il rispetto - oltre che delle necessarie forme - di alcun limite, essendo giuridicamente erroneo equipararlo a un qualsivoglia esercizio della libera manifestazione del pensiero.

Punto secondo: "L'esistenza di limiti di ammissibilità al referendum consultivo nella legge n. 19/2003". Il professor Luciani ha precisato che, sebbene la legge 19 non stabilisca specifici limiti al referendum consultivo, in forza del rinvio disposto dell'articolo 46 al referendum consultivo si estendono, in quanto applicabili, le regole previste per il referendum abrogativo. Il rinvio in questione riguarda sia la disciplina delle operazioni attinenti alla raccolta e alla verifica delle firme (comma 1), sia l'intero svolgimento del referendum consultivo.

Dall'esame della dottrina e della giurisprudenza amministrativa e di legittimità relativa a formule del tipo in quanto applicabili, emerge che la disciplina rinviata si applica perché quella rinviante si autoriconosce insufficiente, mentre non può sostituirsi a quella rinviante ove quest'ultima esista, né può contraddire la sua logica o il suo contenuto.

Nella specie, da un lato, come detto, la legge 19 non stabilisce specifici limiti al referendum consultivo; dall'altro, tuttavia, non si ravvisano quegli ostacoli logici di natura o di contenuto - per riprendere il lessico della giurisprudenza - che precludono l'estensione di una disciplina che la legge regionale ha richiamato in quanto applicabile. Ciò vuol dire che la disciplina dei limiti del referendum abrogativo deve trovare applicazione anche al referendum consultivo; ai limiti e all'ammissibilità del referendum abrogativo, applicabili anche al referendum consultivo, in ragione del rinvio di cui all'articolo 46 della legge 19, particolare rilievo assume in questa sede quello dell'omogeneità della richiesta referendaria.

Nella specie, la richiesta appare inammissibile, proprio in ragione della sua disomogeneità. Il tenore della richiesta che verte sulla proposta di legge regionale 58, infatti, non lascia adito a dubbi su ciò che essa intende sottoporre al corpo referendario: l'intero testo della proposta di legge regionale 26 aprile 2022, n. 58. Il carattere disomogeneo della proposta si traduce, dunque, necessariamente, in disomogeneità della richiesta.

Va aggiunta un'ulteriore considerazione. L'articolo 45, comma 1, della legge 19, stabilisce espressamente che il referendum consultivo è inteso a conoscere l'orientamento degli elettori sui provvedimenti medesimi, per quanto qui interessa, cioè sui provvedimenti legislativi. Trattandosi di un orientamento che si appunta sui provvedimenti legislativi, ma soprattutto in considerazione di dati sistematici e ricordati nel parere, l'interpretazione più corretta è quella che oggetto di una richiesta di referendum consultivo doveva essere non un testo di legge nella varia articolazione dei suoi disposti, ma un principio che quella legge animi e caratterizzi.

Punto terzo: "Il rapporto tra la richiesta referendaria e il quesito". Quanto, infine, al rapporto tra la richiesta referendaria presentata dai promotori e il quesito referendario che il Consiglio è tenuto a formulare, il professor Luciani precisa che l'articolo 45 della legge 19 stabilisce che detto quesito è contenuto nella deliberazione del Consiglio della Valle che stabilisce l'effettuazione del referendum consultivo. È del tutto evidente, però, che tra richiesta e quesito deve intercorrere un rapporto di corrispondenza sostanziale non potendo il Consiglio tradire o manipolare la volontà dei sottoscrittori. Se ciò gli fosse consentito, infatti, ogni istituto di democrazia partecipativa (quale il referendum) sarebbe nella piena disponibilità degli organi della rappresentanza, perdendo completamente la propria funzione. Ciò vuol dire che il Consiglio della Valle d'Aosta non è libero di alterare il contenuto della richiesta referendaria, in quanto è tenuto a rispettare la volontà dei sottoscrittori oggettivatasi nel suo testo. In definitiva, il quesito deve sempre essere coerente con la richiesta, al fine di rispettare la volontà dei cittadini sottoscrittori per come oggettivatasi nello specifico testo sottoscritto.

In conclusione, scrive il professor Luciani, il referendum consultivo differisce da quello propositivo e da quello abrogativo per molteplici profili, tra i quali il più rilevante è quello degli effetti giuridici. Non di meno, stando alla giurisprudenza costituzionale, tutti gli istituti di democrazia partecipativa in questione condividono una comune capacità di influenzare, o dii contrastare, il processo decisionale pubblico, incidendo nel funzionamento della forma di governo, ed è anche per tale ragione che, ai sensi dell'articolo 46 della legge regionale 19/2003, il referendum consultivo deve svolgersi, al pari di quello propositivo, seguendo le regole stabilite per il referendum abrogativo.

Presidente - Siamo alla discussione generale. Il consigliere Minelli si è prenotata.

Minelli (PCP) - La discussione - e la decisione che oggi il Consiglio regionale della Valle d'Aosta deve prendere - è importante, perché per la prima volta c'è la possibilità di utilizzare il referendum consultivo su un importante atto che il Consiglio regionale deve prossimamente assumere. La questione principale che oggi dobbiamo aver presente non è il merito del referendum proposto, quello viene dopo; in primo luogo c'è il principio... il rapporto tra l'istituzione Consiglio regionale e il popolo. Lo Statuto speciale non ha affidato tutti i poteri al Consiglio regionale, come del resto la Costituzione non ha affidato tutti i poteri al Parlamento.

All'articolo 1 la nostra Costituzione afferma che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e perché quella non rimanesse una sola espressione, un'affermazione di principio, la Costituzione ha affidato nelle mani del popolo degli strumenti importanti, come l'iniziativa legislativa popolare e il referendum popolare. Analogamente, lo Statuto della Regione Valle d'Aosta prevede la facoltà della popolazione di attivarsi con gli strumenti della proposta di legge d'iniziativa popolare e dei referendum abrogativi, propositivi e consultivi. Di referendum consultivi in Valle D'Aosta non ce ne sono mai stati, ma questa è l'occasione giusta e non dobbiamo, a nostro avviso, sprecarla. Abbiamo una legge regionale che disciplina e circoscrive la possibilità di chiedere il referendum consultivo e lascia l'ultima parola, decisionale, al Consiglio regionale, ma questo non deve comportarsi come una casta chiusa alle richieste che arrivano dai cittadini. Oggi in Consiglio ci sarà un altro importante strumento da analizzare, che è la strategia per lo sviluppo sostenibile della Valle d'Aosta e in questa strategia, in uno degli assi, dei cinque assi individuati, c'è quello di costruire una Valle d'Aosta più vicina ai cittadini. Beh, la vicinanza si costruisce anche rispettando l'iniziativa popolare quando è presentata correttamente, ai sensi della legge che la Regione si è data.

L'articolo 45 della legge 19/2003, che disciplina il referendum consultivo, afferma che questo può essere richiesto rispetto a un provvedimento di particolare rilevanza generale, non a singoli principi, a un provvedimento di particolare rilevanza generale.

L'atto su cui si propone la consultazione popolare è una legge regionale di riforma del sistema elettorale, e che si tratti di un atto di notevole rilevanza credo che non ci sia alcun dubbio: è riconosciuto da tutte le forze politiche che ci sia la necessità di una revisione della nostra normativa elettorale. Le vicende politiche degli ultimi dieci anni - e, direi, in particolare, quelle degli ultimi quattro anni - lo hanno chiaramente dimostrato e su questo tema, nella passata Legislatura, è stata costituita una Sottocommissione speciale nell'ambito della I Commissione, che ha elaborato una proposta di legge il cui iter si è fermato per lo scioglimento anticipato del Consiglio, ma la necessità è dimostrata anche dal fatto che ci sono due proposte di legge già depositate in questa legislatura, ci sono anche delle proposte di altri gruppi consiliari che non sono state formalizzate ma sono state rese pubbliche.

Il tema su cui 3.363 elettori hanno chiesto il referendum consultivo ha, quindi, una rilevanza generale e risponde pienamente ai requisiti richiesti dalla legge. Sarebbe stato bene, fin dal mese di luglio prenderne atto e procedere all'indizione della consultazione e quella consultazione popolare - indicendola a luglio 22 - si poteva fare nello scorso mese di novembre e ora il Consiglio potrebbe essere al lavoro per predisporre la legge regionale. Una legge che cambierà molte cose nella politica valdostana e che deve essere fatta nel 2023, quest'anno, e non a ridosso del rinnovo del Consiglio.

È utile una consultazione popolare per poi arrivare a fare una legge? Non solo è utile, è fondamentale per fare, poi, una legge che sia in sintonia con gli orientamenti degli elettori. Perché sono loro che decidono. Sarebbe, quindi, un momento bello di partecipazione: ogni forza politica libera di sostenere le sue tesi, ma poi tutti convinti della necessità di ascoltare il sentire della popolazione.

Lo abbiamo già detto nei mesi scorsi, lo stiamo ripetendo anche adesso che sarebbe stata opportuna la decisione di indire il referendum già a luglio, ma è mancata la volontà politica di decidere e si è avviata una lunga e discutibile fase di approfondimento in I Commissione che, in realtà, ai sensi della legge non avrebbe compiti istruttori rispetto a una richiesta di referendum consultivo. Ci sono state molte forzature: prima quella di richiedere un parere alla Commissione regionale per i Procedimenti referendari, che ha giustamente respinto la richiesta, perché non è competente in materia; poi, la successiva forzatura di richiedere un parere a un costituzionalista, tra l'altro, individuato unilateralmente, senza che fosse scelto e concordato sulla base di più proposte da tutta la Commissione, perché a quel punto sarebbe stato non di parte.

Una forzatura che noi abbiamo considerato e consideriamo inaccettabile, perché nella sostanza cos'è che si fa? Si va cercare un parere di un costituzionalista per limitare le possibilità di consultazione popolare, per limitare e annullare un diritto che arriva dallo Statuto e dalla legge. Se la volontà politica è di non farla questa consultazione popolare allora bisogna dirlo e motivarlo, non nascondersi dietro a cavillose argomentazioni giuridiche. Ovviamente, a queste forzature abbiamo reagito - e ci mancherebbe altro! - e abbiamo chiesto a un altro costituzionalista - che è stato riduttivamente definito di parte - un costituzionalista di pari grado, in grado di esprimere le sue valutazioni. Sono arrivate e credo che tutti abbiano potuto apprezzare la chiarezza di quelle argomentazioni. Da questo autorevole parere abbiamo, poi, avuto conferma della piena legittimità e ammissibilità della richiesta di referendum consultivo.

In merito all'ammissibilità, il giudizio del professor Morrone è, infatti, chiaro e leggo una parte: "Il fatto che una precedente richiesta di referendum propositivo sia stata dichiarata inammissibile dalla Commissione regionale per i Procedimenti referendari non ha alcun rilievo giuridico ai fini della valutazione del presente referendum consultivo. Anche se i due referendum, quello propositivo dichiarato inammissibile e quello consultivo in discussione, abbiano ad oggetto una proposta di legge sostanzialmente identica nel contenuto, non può costituire un motivo valido per estendere al secondo i limiti riscontrati allora nel primo. Come ho argomentato nel mio parere scritto, i due referendum sono formalmente e materialmente differenti: il propositivo ha natura di fonte del diritto, perché idoneo a scrivere una legge e quindi, proprio per tale ragione, soggetto anche positivamente nella stessa legge regionale 19/2003 a determinati limiti di ammissibilità; il consultivo, viceversa, non è una fonte normativa, ma una consultazione popolare che serve al Consiglio regionale per acquisire, ove lo ritenga utile, l'orientamento del corpo elettorale su una questione rilevante con effetti d'indirizzo politico non vincolante i titolari della funzione legislativa.

Questa diversità strutturale e giuridica - lo ripeto - impedisce di utilizzare come precedente in termini la decisione negativa della Commissione regionale. La qual cosa, peraltro, contraddirebbe la lettera della legge regionale 19/2003 che quando prescrive limiti di ammissibilità lo fa solo con riferimento al referendum abrogativo e propositivo, proprio sul presupposto della loro specifica, esclusiva e infungibile natura normativa, che è del tutto assente nel consultivo.

E anche sulla questione dei quesiti, o del quesito, il professor Morrone ha indicato il percorso corretto: nella legge regionale 19/2003 è stato nettamente distinto il momento dell'iniziativa referendaria da quello della formulazione del quesito, affidando l'una, l'iniziativa, e l'altra, la formulazione del quesito, a due soggetti diversi. Sul Comitato promotore grava l'onere di presentare una generica richiesta che riguarda un procedimento deliberativo in corso, mentre è sul Consiglio regionale che grava l'obbligo di formulare il quesito a partire dalla richiesta e dal suo corrispondente oggetto. Il quesito non nasce insieme, ma segue la richiesta d'iniziativa popolare, ancora una volta, a differenza del referendum abrogativo e del referendum propositivo in cui chi fa la richiesta deve formulare contestualmente anche il relativo quesito. Sicché è il Consiglio - non il Comitato promotore - che deve rispettare il principio di chiarezza e di omogeneità nella scrittura del quesito, o dei quesiti, da sottoporre al voto popolare. Anche qui, se si ritenesse inammissibile la richiesta di referendum consultivo per difetto di omogeneità dell'oggetto, si violerebbe la lettera e la ratio della legge regionale 19/2003.

Oggi, a ben 8 mesi di distanza dal deposito della richiesta del referendum consultivo, il Consiglio deve prendere una decisione. Il nostro giudizio sulla deliberazione proposta dal Presidente del Consiglio è sostanzialmente positivo: la proposta di deliberazione ripercorre i fondamenti normativi e il percorso che è stato fatto richiama i contenuti dei pareri che sono stati richiesti ai costituzionalisti e nei tre ultimi commi della premessa apre la strada allo svolgimento del referendum consultivo, non essendo emersi ostacoli ostativi, né di tipo procedurale né di tipo giuridico.

Il terz'ultimo comma della deliberazione che abbiamo in discussione, infatti, evidenzia il carattere strettamente politico del referendum consultivo stante la carenza di normatività della relativa consultazione, a differenza, tra l'altro, delle altre forme di referendum disciplinate dalla medesima legge 19/2003 (referendum propositivo e abrogativo). In sostanza e in parole povere, non si può considerare il referendum consultivo alla stregua del referendum abrogativo propositivo e non ricade, quindi, negli stessi vincoli di ammissibilità (lo dice la deliberazione del Presidente del Consiglio).

Il penultimo comma, che affronta la questione del quesito, afferma che debba ritenersi sussistente, anche con riferimento alla tipologia di referendum in questione, il principio di chiarezza ed omogeneità del quesito da sottoporre agli elettori, elaborato dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo al referendum abrogativo. Quindi, attenzione nella formulazione del quesito, o dei quesiti: che siano chiari e permettano una risposta precisa.

L'ultimo comma della premessa trae le conclusioni, affermando che il Consiglio regionale, anche alla luce degli elementi emersi in sede di approfondimento, può deliberare a maggioranza assoluta dei suoi componenti l'effettuazione del referendum consultivo sui principi essenziali contenuti nella proposta di legge n. 58/2016, approvando il/i relativo/i quesito/i da rivolgere agli elettori dei Comuni della regione. Quindi mi pare che la deliberazione del Presidente del Consiglio sia più che chiara, manca, però, la parte deliberativa che spetta oggi al Consiglio, perché è il Consiglio che deve scrivere i quesiti, come c'è stato ricordato.

A noi pare che la scelta migliore e più utile sia quella di formulare tre quesiti su tre aspetti essenziali della normativa elettorale, abbiamo quindi predisposto un emendamento alla sola parte deliberativa, emendamento su cui c'è piena intesa con il Comitato promotore dell'iniziativa. Tanto è vero che i quesiti che proponiamo sono gli stessi che il Comitato promotore ha consegnato al Presidente del Consiglio. Il Comitato promotore è l'espressione, è il delegato dai cittadini che hanno sottoscritto quella richiesta di referendum, quindi la rappresentanza dei cittadini e la volontà dei cittadini è pienamente salvaguardata.

La proposta, quindi, della parte deliberativa è questa: "Il Consiglio regionale deliberi l'effettuazione del referendum consultivo, rivolgendo agli elettori i tre seguenti quesiti: "Siete voi favorevoli all'approvazione da parte del Consiglio regionale di una legge di riforma del sistema elettorale regionale che recepisca il principio della elezione diretta della maggioranza e del Presidente della Regione?". Secondo quesito: "Siete voi favorevoli all'approvazione da parte del Consiglio regionale di una legge di riforma del sistema elettorale regionale che preveda un premio di maggioranza per la lista o la coalizione vincente?". Terzo quesito: "Siete voi favorevoli all'approvazione da parte del Consiglio regionale di una legge di riforma del sistema elettorale regionale che preveda la possibilità di un voto di preferenza per entrambi i generi?"".

Non è, naturalmente, la proposta che facciamo un "prendere o lasciare", vanno bene anche delle altre formulazioni concordate dal Consiglio, però è evidente che non si può votare la deliberazione in assenza del quesito, o dei quesiti. Il nostro emendamento è naturalmente a disposizione di chi voglia firmarlo e sarà depositato prima della fine della discussione generale.

Presidente - Ci sono altre richieste d'intervento? Ricordo che, come stabilito dalla Conferenza dei capigruppo nella giornata di ieri, ogni gruppo ha a disposizione 20 minuti. Intanto verrà inviato tramite posta elettronica l'emendamento appena depositato.

Il consigliere Cretier ne ha facoltà.

Cretier (FP-PD) - Vorrei intervenire con un primo intervento rischiando di ripetere alcuni concetti, ma ritengo opportuno farli propri.

Sicuramente, la complessità del tema mi ha obbligato ad approfondimenti personali, con le poche conoscenze di un diritto scolastico di base in una scuola di agraria e quindi mi scuso se la terminologia non sarà così appropriata, ma la comprensione è resa necessaria - qui come fuori - per non deviare il pensiero di ognuno, ma dare degli spunti su cui tutti possano liberamente ragionare e non farsi trascinare e deviare su temi complessi, su iter normativi e mantenere il Consiglio centrale sui temi importanti.

La discussione sul referendum consultivo credo abbia un senso nel complesso raccordo tra la libertà di manifestazione del libero pensiero da parte dei cittadini coordinati tra di loro, ma che sappiano trarre le conclusioni in modo autonomo e dare delle risposte alle proprie perplessità e incertezze, non essere guidati, ma consapevoli di aver capito il tema, la norma e gli effetti pratici e futuri e aver capito che cosa hanno firmato.

Io qualche dubbio ce l'ho che lo strumento del referendum sia stato usato strumentalmente, la raccolta delle firme su un testo poi modificato... o mi hanno riportato delle notizie false. Mi piacerebbe che qualcuno - non qui in aula - mi togliesse il dubbio. Mi dicono che è stata fatta una sintesi successiva che ha snaturato il senso dell'obiettivo finale. Comprensibile per l'opinione pubblica aderire a un progetto di referendum su una proposta di legge, ma non sul quesito finale modificato a posteriori; così facendo si ha un effetto negativo sul processo e sull'iter.

Il percorso del referendum ci chiede un impegno per un concetto, ma poi si utilizza lo strumento referendario per ogni motivo elettorale, pur sapendo che l'iter giuridico naturale non è quello stabilito e il risultato finale è il comprensibile dibattito sulle posizioni, ma correttamente non è il risultato atteso, ma un complicato iter in Commissione tra consulenti, pareri, audizioni, eccetera.

Sicuramente un aggravamento procedurale dell'iter per la formazione della legge, nessuno ha voluto allungare il brodo, la materia è complessa, nessuno mette in discussione la volontà del referendum legata ai firmatari, ma ci chiediamo sull'opportunità del percorso scelto.

In sintesi, non era più semplice presentare una proposta di legge come si è fatto e rendere il Consiglio al centro del potere legislativo e dell'azione che giustifica la sua esistenza, piuttosto che tentare un percorso molto complicato, una situazione nuova da sperimentare, complessa e con qualche debolezza normativa?

Come Partito Democratico, già a luglio del 2022, abbiamo fatto una proposta concreta da condividere, non un testo di legge definitivo, ma dei punti necessari da condividere e da prendere in carico. Purtroppo le risposte sono state poche e non ufficiali; era una proposta che si poteva valutare ma ancora del tutto attuale e valida, la proposta è disponibile a tutti e disponibili noi al confronto e alla condivisione immediata.

Ambedue i costituzionalisti ci hanno adeguatamente spiegato i limiti della norma, del numero consistente di quesiti presenti nella P.L. n. 58 e quindi è evidente che mancano i requisiti elementari di omogeneità, chiarezza, completezza e unicità di matrice, come già rapportato dal collega Restano. Per fare un esempio, manca un chiaro quesito binario, "sì o no", perché la norma in discussione propone più di dieci quesiti accorpabili in tre o quattro che quindi non raggiunge assolutamente la semplificazione del singolo quesito. Io, elettore, potrei essere d'accordo su un argomento - ad esempio, far candidare i giovani con 18 anni compiuti - e non favorevole al presidenzialismo come forma di governo. L'avvocato Morrone, a pagina 2, chiarisce che il quesito sia formulato in modo univoco e omogeneo e che il quesito deve essere ancora formulato, quindi per evidenziare che non si è sostenuto direttamente il testo della P.L. n. 58 e che non sarà quello il testo del referendum.

Vorrei chiarire questo passaggio a tutti, in particolare a quelli che ci seguono. Certo sarebbe molto più semplice e diretto, ma non è così, sarà il Consiglio regionale che può e che potrebbe scrivere un testo che deve rispettare il principio di chiarezza e di omogeneità nella stesura dello stesso e approvarlo. Non il singolo gruppo, ma il Consiglio nella sua centralità di organo legislativo.

Sia chiaro che la Corte costituzionale ha affermato che il voto popolare in sede consultiva non produce effetti giuridicamente vincolanti per il legislatore regionale. Sicuramente, il referendum è una bella espressione di partecipazione politica popolare, un legame forte tra comunità, o parte di essa, e l'organo pubblico. Insomma, un'espressione di orientamento e di valutazione.

L'avvocato Luciani dichiara che è giuridicamente erroneo equiparare il referendum consultivo a un qualsiasi esercizio alla libertà di manifestazione del pensiero da parte di più cittadini; si rivolge all'intero corpo elettorale, o alla relativa frazione di esso, su un quesito predeterminato e assolve alla funzione di avviare, influenzare e contrastare processi decisionali pubblici a carattere normativo, ribadendo che il referendum consultivo non produce effetti giuridici vincolanti, per cui l'iter necessita di alcuni passaggi, come scrivere un quesito singolo, omogeneo, chiaro e completo, ma deve essere il Consiglio regionale che si prende l'onere e l'onore di scrivere una legge in breve tempo, chiara e completa nel confronto delle forze politiche presenti in quest'aula; non oggi, avevo chiesto personalmente in una delle ultime riunioni di PCP che nel 2023, a metà mandato, si scrivesse la norma per rendere stabile la legislatura per almeno 5 anni. Certo, ogni partito, movimento, gruppo consiliare, avrà delle puntuali richieste da evidenziare, ma alcuni punti fermi devono essere scritti chiaramente, devono essere il fondamento su cui costruire una solida e duratura maggioranza.

Alcuni mi hanno ricordato che non esistono maggioranze bulgare, la storia del Consiglio ci ricorda che di inciampi ce ne sono stati tanti, quindi sono gli eletti che devono essere responsabili, propositivi, efficaci e veloci. Non mi addentro nei singoli casi che tutti conosciamo, a parte il trasformismo, il programma di legislatura, le dimissioni improvvisate, se non c'è condivisione e una sincera disponibilità politica non si va da nessuna parte; sì, allora, che in questi casi, si è minata la stabilità. Bisogna avere il coraggio di scrivere a breve una legge condivisa, chiara e precisa, con articolazioni puntuali; siamo a metà mandato e possiamo farlo, giusto per far capire e far recuperare fiducia nelle istituzioni e negli strumenti di partecipazione, come previsto dalla legge 19/2003, per rafforzare l'autonomia e la decisione del Governo regionale; come ricordato dall'avvocato Morrone, parole che vorrei fare mie in questa sala, in questo preciso momento.

Infine, in Commissione, sui giornali, nelle conferenze stampe si è detto molto della stabilità, mi fa specie - mi assumo la responsabilità della dichiarazione - che la stabilità sia citata da chi l'ha minata nel 2021. Fino ad oggi, con coscienza e responsabilità, la maggioranza ha retto malgrado la scissione, le convinzioni fondamentalistiche su certi temi, per poi portare a solo scontri verbali; il concetto di responsabilità viene minato in ogni occasione... la politica fine a se stessa non ha futuro, la politica è condivisione, confronto e sostegno, però le iniziative da mettere in atto hanno ben altri obiettivi, un futuro solido e progressista e anche liberale, se liberale vuol dire rispetto di tutti.

Presidente - Consigliere Marguerettaz, ne ha facoltà.

Marguerettaz (UV) - Non per un intervento, ma per una mozione d'ordine. Se può, gentilmente, invitare le due colleghe a fianco di non commentare continuamente perché non si può seguire.

Presidente - Consigliera Minelli, ne ha facoltà.

Minelli (PCP) - Per fatto personale. Perché fa veramente specie che un'accusa di questo genere arrivi in questo momento dalla persona che in questo Consiglio regolarmente chiacchiera e impedisce anche solo di ascoltare alle altre persone. Quindi, se lei fa una ripresa a noi, le chiedo semplicemente di farlo poi tutte le volte che si creerà questa situazione, perché si è creata praticamente a ogni Consiglio dal 2020 ad arrivare a oggi.

Presidente - L'invito, ovviamente, è generale e in tutte le occasioni non soltanto in certe occasioni, vale sempre per tutti. Assessore Caveri, ne ha facoltà.

Caveri (VdA Unie) - Parlo da questi banchi a nome del gruppo. È stato molto interessante ascoltare il presidente Restano nella ricostruzione dei due pareri contrastanti fra di loro, che dimostra come il diritto costituzionale non sia una scienza esatta, quindi non è la chimica, non è - guardo il Presidente - la fisica, ma è una materia che può essere interpretata in maniera differente.

Io darò una valutazione politica, perché non ci sarebbe niente di peggio di passare la mattinata a nasconderci dietro dei paraventi giuridici, alcuni dei quali anche abbastanza bizzarri, nel senso che secondo me il parere Luciani era tombale, ma evidentemente c'è stata una rincorsa fino all'ultimo miglio per cercare di dimostrare il contrario.

È molto interessante immaginare che noi oggi ci troviamo a trattare una materia fondamentale per il futuro della Valle d'Aosta come la forma di governo e si pensa di fare questo a colpi di referendum.

Prima il propositivo è fallito e quindi si è passati al consultivo, facendo finta che si trattasse, più o meno, di uno stesso strumento. Io mi permetterò di dare un'opinione anche sulla base del fatto che questo famoso articolo 15, che è il papà delle norme successive, è stato scritto da me, ovviamente all'interno della I Commissione Affari Costituzionali, all'epoca in cui ci fu questa riforma importante degli Statuti di autonomia. Ma prima di farlo, vorrei ricordare come il percorso delle norme e della loro capacità d'incidere sia un percorso antico.

La prima forma costituzionale che i Valdostani hanno conosciuto è stato lo Statuto Albertino nel 1848, un secolo dopo la Costituzione, con l'articolo 116 che ha riconosciuto una particolare forma autonomistica della Valle d'Aosta e poi, qualche mese dopo, un mese dopo, l'approvazione, la pubblicazione dello Statuto di autonomia. Era estremamente debole dal punto di vista della forma di governo perché, in realtà, come voi ricorderete, tutto passava attraverso una legge elettorale che pesava sulla forma di governo che, fino a una riforma costituzionale che presentai nel 1989, era una legge dello Stato. Una legge prima maggioritaria poi corretta in proporzionale, solo da allora - ma con moltissimi limiti - si ottenne questa facoltà per il Consiglio regionale stesso di dotarsi di una legge per la propria elezione.

Dobbiamo, poi, andare alla temperie degli anni '90 e degli anni 2000, quando sul regionalismo si è cominciato a ragionare nel quadro di una riforma complessiva della Repubblica. Ricordo la Commissione Bicamerale De Mita-Iotti, che ha lavorato dal '92 al '94; ricordo la Commissione D'Alema nel '97, entrambe - come la più vecchia bicamerale Bozzi - fallirono, nel senso che non si riuscì ad avere una riforma complessiva della Repubblica, ma ci si dovette accontentare, per così dire, di quella riforma del Titolo V, cioè della parte del regionalismo, che diede vita anche successivamente alla riforma degli Statuti di autonomia sotto il profilo della forma di governo.

Sono stati anni estremamente interessanti, in cui, bisogna dire, il mondo della politica italiana aveva cominciato a ragionare in termini che piano piano si sono ristretti, in termini di un regionalismo più avanzato. Va dato atto che la nascita all'epoca della Lega diede una spinta forte a queste riforme, io ebbi la possibilità nella Commissione Bicamerale De Mita-Iotti di essere vicino a Gianfranco Miglio e quindi uno dei teorici del federalismo che più di altri conosceva perfettamente la situazione degli Statuti speciali; poi non starò a discutere sui cambiamenti successivi della Lega, che ha un po' abbandonato il campo del federalismo, ma questo sarebbe un tema di polemica politica assolutamente inutile.

Perché è importante? Perché quando si trattò della Valle d'Aosta l'imposizione che veniva dei membri di tutti i partiti all'interno di questa Commissione era quella di dire: "Ma visto che andiamo verso l'elezione diretta del Presidente della Regione per tutte le altre Regioni a Statuto speciale, eccettuata la situazione della Provincia Autonoma di Bolzano, perché voi Valdostani insistete per avere una norma (questo articolo 15) che lascia invece un campo largo?" All'epoca, la discussione ci fu da parte mia con il Consiglio regionale e non emerse da parte di nessuno una posizione di tipo presidenzialista secco, anzi, alcuni partiti politici all'epoca erano per il Direttorio.

Io ricordo alcuni interventi di un autorevole esponente della Sinistra alle mie spalle, tra il pubblico, che aveva sposato la tesi direttoriale, cioè di una rotazione continua del Presidente sotto il profilo del modello svizzero, per evitare che ci fosse quel cesarismo che all'epoca veniva imputato, in particolare, al presidente Rollandin, ma anche a Presidenti precedenti, cioè di una forma che andava al di là del primus inter pares.

Quindi, a fronte di questa minaccia - lo dico sorridendo, Rollandin lo sa - si era detto: vabbè, allora al posto di avere un Presidente forte, facciamo un Presidente ogni 6 mesi come fanno gli Svizzeri e andiamo avanti così. In realtà, all'interno della I Commissione ci fu il convincimento, alla fine, che si dovesse tenere questo campo largo. Poi, successivamente, voi sapete che questa norma, curiosamente, venne approvata in prima lettura nel 1999 dalla Camera dei Deputati e, nello stesso periodo, la Valle d'Aosta era impegnata con la famosa Commissione Speciale per le Riforme istituzionali (presieduta dal collega Roberto Nicco), che lavorò a lungo con moltissime audizioni, con moltissime comparazioni della situazione delle autonomie differenziate, anche in diversi Paesi europei. Poi questo lungo lavoro e corposo lavoro fallì e non ci fu nessuna riforma particolare, diciamo completa e questo, in qualche maniera, bisogna essere onesti, si collega anche con una profondissima delusione che ci fu nell'approvazione della riforma del Titolo V della Costituzione, dove il 116 rimase tel quel, l'unica cosa che riuscì a mettere è il bilinguismo; cioè oggi è Regione Valle d'Aosta-Vallée d'Aoste, ma non si ottenne quel principio dell'intesa che veniva, in qualche maniera, atteso da parte di tantissimi perché è del tutto evidente che oggi il rischio per una riforma complessiva dello Statuto è che- con i meccanismi attuali del 138 della Costituzione - inviato in Parlamento quel testo possa essere profondamente modificato e perfino stravolto.

Quindi, negli anni, si è ragionato di dire: "Mah, teniamoci quel che c'è", con la riforma dello Statuto del 1993 avevamo comunque ottenuto le norme di attuazione stabili che, in qualche maniera, rendono più dinamico il meccanismo statutario potendo aggiungere delle materie, o aggiungere delle competenze anche rispetto alla legislazione dello Stato. Quindi è del tutto evidente che oggi noi, invece, ci confrontiamo su una logica diversa, cioè su una logica di riflessione su questi istituti previsti dall'articolo 15: il referendum propositivo che, a mio avviso, il Consiglio regionale ha normato in maniera assolutamente bizzarra, per cui uno fa una proposta e, sostanzialmente, se i meccanismi sono in un certo modo ci si sostituisce al ruolo di legislatore, che secondo me deve essere saldamente nell'istituzione regionale, perché il nostro è un sistema democratico elettivo. Può non piacere, eh, può non piacere questa idea dei referendum che vanno a sostituirsi agli eletti, quasi sempre ce l'hanno le forze politiche che non sono rappresentate in Consiglio o sono largamente minoritarie all'interno di queste; forse le due colleghe dovrebbero ragionare sul loro isolamento politico rispetto a un idem sentire del resto dell'Aula, perché o siamo tutti matti oppure, evidentemente, questa vostra proposta di forzare la mano, in qualche maniera, non può essere condivisibile.

Viviamo, può non piacerci, in una democrazia rappresentativa e sentirmi dire ancora ieri, addirittura con change.org: "Voi dovete fare il referendum perché lo chiede il popolo", beh, questo è populismo, populismo e demagogia allo stato puro! Questa è la triste verità, perché se noi decidiamo che la democrazia passa attraverso internet, i social, cose di questo genere, bene, allora lasciamo perdere, facciamo altre cose, smettiamo di fare politica e incominciamo a lavorare su degli algoritmi che, in qualche maniera, convincano la popolazione su di una democrazia digitale, che a me personalmente spaventa e non piace.

Esiste, in fondo, un'incomprensione nei confronti del mondo autonomista. Molto spesso ci sono delle curiose aggregazioni, più pars destruens che pars construens - usando un'espressione che piacerà a un collega colto qui in Aula -, noi ci troviamo di fronte alla nascita di comitati, comitatini, contro comitati che servono, in qualche maniera, per delegittimare la logica assembleare democratica di un organo come questo. Petizioni, referendum, son tutte cose ottime, ma non esiste un potere sostitutivo, non esiste un potere sostitutivo agli organismi e agli organi democratici.

Quindi dovendo, in soldoni, arrivare al perché oggi dobbiamo dire di no, in parte l'ho già detto: non si può come Tarzan passare dal referendum propositivo al referendum consultivo, facendo semblant che si tratti più o meno della stessa cosa. Non si può immaginare che una legge statutaria, qual è quella sulla forma di governo, sia una legge come le altre, questa è una legge che ha già dei meccanismi di controllo democratico, quindi la possibilità, in assenza di certe maggioranze, di poter svolgere dei referendum; se la maggioranza è quella prevista si può immaginare un meccanismo di raccolta di firme dei Consiglieri o un certo numero di firme, quindi non c'è nulla d'impositivo, ma esiste già un meccanismo. E non il paradosso di una doppia consultazione e di un patchwork di richieste al popolo che poi non inciderebbero realmente, perché quello consultivo è un referendum in cui, sì, si dice qual è l'idem sentire, dopodiché l'organo democratico che noi rappresentiamo può fare anche il contrario.

Quindi perché spingere sull'acceleratore e dire, invece, che questa decisione di oggi deve essere drammatizzata politicamente? È ovvio, siamo qui, facciamo politica, quindi la ricerca di adepti, di sodali, di iscritti, di simpatizzanti è del tutto legittima, quindi io non critico in sé questa scelta di drammatizzazione, però, devo dire, non la condivido affatto. Capisco che fare una falange macedone, essere contro, in qualche maniera, crea squadra; è molto più difficile il ragionamento, dire: come la facciamo questa forma di governo, quale tipo di legge elettorale, quale ruolo dei Presidenti, quale ruolo della Giunta, quale ruolo... No, si semplifica partendo da un concetto: l'uomo o la donna soli al comando, con l'evidente contraddizione che poi quando qualcuno a Roma parla di presidenzialismo, ah, allora il presidenzialismo potrebbe andar bene ad Aosta ma a Roma non andrebbe bene. Non lo dico esprimendo un giudizio sul presidenzialismo a Roma, però noto che è del tutto evidente che esiste uno stridio tra atteggiamenti che alcune forze politiche hanno assunto ad Aosta e certe cose che, invece, dicono a Roma.

Concludo con un pensiero, o con due pensieri. Il primo, io non conosco il professor Morrone e naturalmente ne ho grande rispetto: professore dell'Università di Bologna, la più antica università italiana; però ho trovato un articolo interessante in cui il professore criticava in maniera molto feroce il referendum della Lombardia e del Veneto per l'applicazione di quella parte che è stata aggiunta all'articolo 116 della Costituzione, che prevede la cosiddetta autonomia differenziata.

Voi sapete che Veneto e Lombardia hanno deciso, per dare una spinta a Roma per l'ottenimento assai contrastato di questa autonomia differenziata, hanno fatto dei referendum. Scrive Morrone in un commento contrario a queste espressioni di voto dei Veneti e dei Lombardi: "Il referendum, aldilà delle classificazioni elaborate della dottrina, è e resta uno strumento politico straordinario, lasciarlo in balia degli interpreti significa trasformarlo in una minaccia per le istituzioni che devono farsi carico di portarne a effetto il risultato, in una minaccia per la stessa democrazia".

Beh, insomma, è un'interpretazione interessante - no? - che si potrebbe rivolgere anche a chi con un referendum consultivo cerca in qualche maniera di coartare la libertà di un'assemblea come la nostra, che si troverà - e con questo davvero mi avvio alle conclusioni - si troverà di fronte alla necessità di una riforma profonda e intelligente delle nostre istituzioni. Perché non è che possiamo far finta di niente rispetto ai rischi d'instabilità, rispetto ai rischi anche di delegittimazione da parte dell'opinione pubblica a fronte, come dire, di eterni litigi, di eterne incomprensioni. Questo riguarda spesso anche la qualità del nostro lavoro, in cui molto spesso il Consiglio Valle è più, come dire, impegnato negli atti ispettivi che sono legittimi e importanti rispetto, però, a una capacità di una legislazione efficace; i rapporti sempre delicati fra il Governo regionale e ruolo del Consiglio; come porsi nei rapporti con i parlamentari eletti; come immaginare di essere più efficaci - tante volte ne abbiamo discusso - rispetto al fatto che oggi non esiste esclusivamente un rapporto tra noi e Roma, ma è diventato una triangolazione anche con Bruxelles e quindi una direttiva o un regolamento oggi possono incidere sui nostri articoli 2 e 3 dello Statuto molto più di quanto potesse essere in passato. Questi sono i temi che debbono essere con serietà affrontati.

Oggi dire di no, anche se così verrà spacciato, non è un grave attentato alla democrazia e alla partecipazione popolare, come sentiremo come eco dell'eventuale voto negativo di questa Assemblea. Anzi, forse i promotori multicolor di quest'iniziativa dovranno incominciare a riflettere sul fatto che la politica è confronto: può essere confronto dentro questa Assemblea, può essere un confronto anche con chi non siede in questa Assemblea ma abbia a cuore i destini e il futuro della nostra comunità.

Certo, in prospettiva forse bisognerà essere ancora più ambiziosi perché noi possiamo trattare la forma di governo, ma ci troviamo tutta una parte del nostro Statuto di autonomia che è oramai vecchio, polveroso, obsoleto, per quanto, come dicevo prima, un po' rinnovato, come può essere attraverso delle norme di attuazione efficaci. Però, prima o poi, questo problema di mettere mano in maniera profonda allo Statuto di autonomia, in un clima che deve essere un clima di rapporto collaborativo con Roma, nella speranza che si possa mettere questo principio delle intese. Io ancora oggi - e l'ho incontrato anche successivamente all'esperienza parlamentare - rimprovero a un parlamentare, che è molto caro a voi, come Marco Boato, che fu quello che si mise veramente di traverso per dire di no all'intesa, che invece avrebbe sostanziato in maniera forte la nostra autonomia speciale. Perché è vero che oggi, come dicevo poc'anzi, esiste il rischio di fare uno Statuto bellissimo che poi nel passaggio parlamentare possa essere smontato.

Ma tornando e concludendo sulla questione del referendum, non mi avete convinto, non mi ha convinto il professor Morrone, mi ha convinto il professor Luciani, quindi anche a nome del Gruppo esprimo un parere negativo rispetto a un uso demagogico, populistico e profondamente sbagliato, perché oggi se noi accettassimo questo utilizzo, faremmo uno stupro nei confronti dello Statuto di autonomia e questo, ovviamente, non ce lo possiamo permettere.

Presidente - Il consigliere Grosjacques si è prenotato. Pensavo di sospendere, vista l'ora, brevemente per arieggiare i locali e rinviamo il suo intervento dopo la sospensione.

La seduta è sospesa dalle ore 11:10 alle ore 11:30.

Bertin (Presidente) - Riprendiamo i lavori. Si era prenotato il consigliere Grosjacques, a cui passo la parola.

Grosjacques (UV) - Per alcune considerazioni, in quanto membro della I Commissione, che ha dibattuto lungamente su questo tema importante riguardo al referendum consultivo sulla proposta di legge elettorale.

Intanto voglio ringraziare in quanto membro della Commissione, la puntuale ed esaustiva relazione del presidente Restano che ha illustrato tutta l'attività della Commissione mettendo in evidenza, ovviamente, il parere richiesto dalla Commissione e quello fornito dal Gruppo PCP, rilasciato dal professor Morrone. È del tutto evidente che dopo l'intervento del collega Caveri, che ci ha fatto una lectio magistralis sul diritto costituzionale diventa difficile aggiungere qualche cosa dal punto di vista giuridico, però voglio farlo, senza retorica, senza abbracciare tesi di bandiera, ma semplicemente con la consapevolezza di aver analizzato nel dettaglio tutta la documentazione fornita alla Commissione, che mi ha permesso, diciamo, di formare un parere, quindi un giudizio su questa materia.

Devo dire che i due pareri e citerò il parere del professor Morrone, solo in questa occasione, non perché non ne riconosca l'autorità, ma perché mi ha convinto nelle sue argomentazioni il professor Luciani. Citerò il parere del professor Morrone perché, pur trattando lo stesso tema del parere del professor Luciani richiesto dalla I Commissione, il taglio che è stato dato, a mio modesto parere, è stato sostanzialmente diverso. Tant'è che il parere del professor Luciani risponde in modo puntuale ed esaustivo ai quesiti che la Commissione ha posto, per non, come argomentato dalla collega Minelli, si è cercato il parere di un costituzionalista per limitare il margine di operatività della Commissione. Io credo, invece, che il parere del professor Luciani, unitamente a quello del professor Morrone, pervenuto in seguito, abbiano dato alla I Commissione tutte le informazioni necessarie per poter formare un giudizio che oggi, ovviamente, viene portato all'attenzione di questo Consiglio.

Mentre il professor Luciani, come dicevo, ha risposto ai quesiti, il professor Morrone ha analizzato nel dettaglio il parere del professor Luciani - non cito il verbo "confutare" perché sono stato ripreso insieme ad altri colleghi in I Commissione sull'utilizzo di questo verbo e quindi mi asterrò dal farlo - ha comunque analizzato nel dettaglio il parere del professor Luciani mettendone in evidenza, in alcuni passaggi, parti che a suo dire non collimavano rispetto al pensiero espresso dal professor Luciani nei suoi testi in rapporto al parere rilasciato a questa Commissione. In realtà, questo viene ammesso anche dal professor Luciani, che però si astiene - in modo, secondo me, deontologicamente corretto - dall'analizzare il parere del professor Morrone, ricordando - e cito testualmente - "che i pareri giuridici invero non si danno per esporre le proprie opinioni scientifiche per quanto in esse fermamente si creda, ma valgono a rappresentare lo stato della giurisprudenza e i contenuti del diritto positivo, ancorché l'una o gli altri siano contrari a quelle opinioni. Al di là delle critiche che legittimamente si possono esprimere, tuttavia, così come il diritto positivo, la giurisprudenza costituzionale e quella dei giudici comuni è un dato che va preso per quel che è, specie laddove, piaccia o non piaccia, è consolidato".

Il collega Caveri ci dice che la giurisprudenza non è una scienza esatta, è vero, ma le sentenze del giudice delle leggi consolidano i principi ed è su quelli che dobbiamo formare il nostro pensiero e di conseguenza assumere le decisioni con cognizione di causa. E credo, con molta modestia, oggi stiamo facendo tutti il compito che ci è stato assegnato.

Rimanendo, quindi, sul parere del professor Luciani, che per quanto mi riguarda è il parere che ha, in qualche modo, formato il mio giudizio, il professor Luciani ha chiarito parecchi dubbi in modo molto puntuale e ha ulteriormente ribadito con una nota confermativa - quella che ho citato poco fa - che la proposta di legge n. 58 interviene in maniera incisiva su molteplici profili della forma di governo regionale, materia che è disciplinata dall'articolo 15, comma 2, dello Statuto Speciale della nostra Regione Autonoma e che rientra, pertanto, tra i compiti esclusivi di questa Assemblea legislativa.

Ovviamente non ripercorrerò tutto quello che il collega Presidente Restano ha ampiamente delineato, però permettetemi di dire che, a questo punto, anche sulla base e soprattutto sulla base delle considerazioni del professor Luciani, la richiesta pare avere una serie di profili di dubbia ammissibilità, sui quali non credo sia necessario ritornare, perché ben esplicitati e sostenuti dalla giurisprudenza costituzionale consolidata; mettendo, però, in evidenza che il referendum consultivo in oggetto, anziché concentrarsi su un principio normativo, abbia per oggetto un testo normativo sul quale è prevista la pronuncia della cittadinanza attraverso un diverso istituto, che è quello del referendum propositivo, generando quindi una confusione che deve assolutamente essere evitata poiché il referendum consultivo è mirato a conoscere l'orientamento degli elettori su un principio caratterizzante la proposta di legge, ma non sull'intero testo proposto.

A questo punto, credo che sia importante tornare sulle considerazioni fatte dalla collega Minelli, sul principio del rapporto tra il Consiglio regionale e il popolo che prevede lo strumento del referendum, quando soprattutto cita l'instabilità della politica. Io vorrei aggiungere, però, negli ultimi anni - oltre all'instabilità della politica - la degenerazione della stessa politica, perché - come correttamente citato dal collega Caveri - ci sono state delle materie che attraverso delle attività - che esulano dalle attività di questo Consiglio e dalle prerogative di noi Consiglieri e sulle quali noi come Gruppo dell'Union Valdôtaine non ci riconosciamo - sono stati portati fuori degli argomenti che hanno dato origine prima a diffide, poi a denunce, poi a esposti alla magistratura ordinaria e alla magistratura contabile che hanno segnato la vita di molti Consiglieri, alcuni dei quali ancora presenti in quest'aula, e ne hanno condizionato l'attività sia politica che familiare.

Credo che questo non faccia bene alla politica e non sia il corretto esercizio della democrazia che ci viene chiesto dagli elettori. Perché la democrazia e il popolo che viene, infine, chiamato alle armi tutte le volte che i percorsi che ho citato non hanno dato il risultato sperato, il popolo o la cittadinanza valdostana, chiamiamola come vogliamo, si è già espressa su alcune materie dando fiducia a noi Consiglieri e alle liste che abbiamo presentato, all'interno delle quali erano ben chiari alcuni temi, era ben chiaro come la pensavamo su determinate materie. Quindi questa, che io considero un esercizio di democrazia, è stata esercitata attraverso un percorso nella sede deputata, che è quella della I Commissione e, alla discussione della richiesta referendaria, la I Commissione ha trasmesso a questa Assemblea tutti i documenti utili ad assumere la decisione, compresi i pareri di parte, ovviamente, di cui abbiamo parlato un attimo fa.

Tornando sull'articolo 45 della legge 19/2003, che in queste sedute di Commissioni e anche in quest'aula oggi abbiamo sentito evocare, l'articolo 45 recita espressamente che il Consiglio Valle può deliberare, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, l'effettuazione di un referendum consultivo. Quindi "può" e non "deve" deliberare sull'ammissibilità, e gran parte delle forze politiche presenti in questo Consiglio, alla luce della documentazione analizzata, parrebbe orientata a non considerare ammissibile la richiesta di effettuazione di un referendum consultivo in materia elettorale e questo è già emerso chiaramente in sede di Commissione.

Non vengono, quindi, oggi proposti da questa maggioranza quesiti, da parte dell'Ufficio di Presidenza e della Presidenza del Consiglio, proprio per il fatto che la richiesta di referendum è considerata inammissibile; in ogni caso, riguardo alla proposta di legge 58, proprio perché fin dalla relazione di accompagnamento evidenzia ben 13 punti qualificanti della stessa - in alcuni dei quali certamente ci si può riconoscere nell'ambito di una discussione in quest'aula - che non hanno potuto essere riassunti in un quesito chiaro, univoco e omogeneo, così come ben esplicitato nel parere del professor Luciani e così come i plurimi pronunciamenti della giurisprudenza hanno espressamente sentenziato, quindi questa proposta non può essere accolta e il referendum consultivo non può assumere i criteri di ammissibilità.

C'è però da dire che questo Consiglio ha il compito e il richiamo all'approvazione di una legge elettorale entro il 2023, è un richiamo che dobbiamo tutti fare nostro, ma nel prossimo periodo eserciteremo le nostre funzioni statutarie previste dall'articolo 15 dello Statuto Speciale, impegnandoci tutti, o quantomeno chi vorrà contribuire alla scrittura, ad approvare una legge elettorale che vada nella direzione di garantire la governabilità, senza però che questo significhi doversi omologare alle scelte, pur legittime, effettuate da altri Consiglieri regionali. Proprio in quanto la funzione del Presidente della Regione, sulla quale pone l'accento la proposta di legge 58, ha delle prerogative, a partire dalle funzioni prefettizie, che sono completamente diverse e non assimilabili ad altri Presidenti, ad altri Governatori delle Regioni italiane.

A questo punto, sarà possibile indire un referendum; questa avrebbe dovuto essere, a mio modesto parere, la prassi della proposta di legge 58: avviare in Commissione una discussione che avrebbe portato a un testo di legge che avrebbe anche potuto non piacere a coloro che lo avevano proposto, ma a quel punto lì, statutariamente, ci sarebbe stata la possibilità d'indire un referendum al quale i cittadini valdostani sarebbero stati chiamati per esprimere il loro giudizio su quel testo di legge. Credo che questo avrebbe dovuto essere il percorso.

Per chiudere, vorrei dire che non c'è stata inerzia o mancanza d'interesse su questo argomento da parte della maggioranza regionale, io credo che derubricare questo a un mancato interesse da parte della maggioranza significhi non ricordare quello che è successo in questi due anni, a partire dall'inizio della legislatura. Credo che la grandissima parte di questo Consiglio o, quantomeno, chi ha ritenuto opportuno portare il proprio contributo, si sia concentrata sulla mitigazione sull'arginare gli effetti di una crisi pandemica sanitaria che non si riscontrava da 100 anni e che ha messo in ginocchio, o comunque in difficoltà, l'imprenditoria, i lavoratori e le famiglie valdostane.

Io credo che sia stata data una risposta necessaria, probabilmente in alcuni settori non sufficiente, ma tutto questo ha impegnato questa maggioranza e, ripeto, grandissima parte di questo Consiglio - a prescindere dagli schieramenti - nell'attuazione di misure che hanno dato delle risposte alla società valdostana. La legge elettorale è assolutamente importante per stabilire una forma di governo che dia continuità all'azione amministrativa, ma credo che il disinteresse non sia corretto da esprimere, perché l'Amministrazione ha lavorato lungamente e - mi permetto di dire -proficuamente sui temi che erano in questi due anni, e sono stati in questi due anni, molto più puntuali e molto più richiedenti un'attenzione da parte di questo Consiglio regionale.

Quindi, una volta terminati, o mitigati gli effetti della pandemia, credo che questo Consiglio, con la collaborazione di tutti e sotto la guida della I Commissione, che è istituzionalmente competente, avrà la possibilità di raccogliere tutti i contributi per poter portare all'attenzione di questo Consiglio la miglior legge possibile nell'interesse della Valle d'Aosta e non per omologazione rispetto ad altre situazioni nell'ambito nazionale.

Presidente - Il consigliere Baccega si è prenotato, ne ha facoltà.

Baccega (FI) - Mi piace richiamare un po' di passaggi perché la giornata odierna è stata, dal mio punto di vista, una giornata nella quale ho appreso con grande consapevolezza alcuni percorsi, anche del passato. Voglio citare l'intervento dell'assessore Caveri che ha sicuramente dato un'apertura ai diversi percorsi che ci sono stati in questa Regione dove lui era presente; ma voglio anche citare la relazione del presidente Restano, dove ovviamente si sono messi in evidenza i due pareri che sono i due pareri significativi che ci portano a dover decidere. Una decisione, come dice qualcuno, che il Consiglio regionale deve prendere ed è sicuramente importante. Certo che è importante, però deve essere la migliore legge elettorale che si può mettere in campo.

Tutte le forze politiche nei loro programmi all'inizio, in piena campagna elettorale, avevano evidenziato e sottolineato l'esigenza di cambiare quella legge elettorale, quella legge elettorale che forzatamente fu votata sotto ultimatum di Riccarand, che creò le fibrillazioni dell'epoca. Quindi è chiaro che abbiamo avviato dei percorsi, noi fin dall'inizio lo avevamo fatto con un'interpellanza del febbraio 2021 e qualcuno ci diceva "Ma come mai cominci nel 2021 a parlare di legge elettorale?", perché tutti, tutte le forze politiche avevo evidenziato l'esigenza di dare stabilità e concretezza all'azione amministrativa e alla sede politica, tutti. Avevamo iniziato da quel primo step, poi le cose si sono, ovviamente, bloccate, la pandemia ha avuto la prevalenza su tutti i percorsi, ma con una mozione del 2021 si chiedeva l'impegno del Governo regionale e del Presidente della I Commissione ad avviare il percorso di approfondimento e una nuova valutazione sulla legge elettorale. Percorso che è stato avviato, è stato fatto e c'è stata, nel frattempo, la presentazione del progetto di legge n. 58 da parte di PCP e il mese successivo, il 24 maggio 2022, Forza Italia ha presentato il progetto di legge elettorale che, ovviamente, era il nostro ruolo, il ruolo di legislatori, quello di presentare all'attenzione del Consiglio quello che in campagna elettorale si era detto e dove si voleva andare.

Lo abbiamo detto a chiare lettere, anche nella mozione di luglio del 2022 dove, evidentemente, c'era un'unica sintonia tra le due leggi presentate, ovvero l'elezione diretta del Presidente della Giunta, della sua maggioranza e del programma di governo che, ovviamente, la stessa maggioranza doveva avere sottoscritto, l'unico elemento. Eravamo ampiamente distanti da tutti gli altri percorsi, i famosi 13 percorsi che il progetto di legge 58 evidenziava, quindi avevamo aderito al CRE proprio per dare un significato anche a quella volontà di andare nella direzione di trovare una quadra rispetto alla legge elettorale che, inevitabilmente, doveva essere portata all'attenzione del Consiglio.

Poi, il lungo dibattito e l'approfondimento in Commissione ha dato una svolta significativa al percorso, va detto. Abbiamo un parere, due pareri: del professor Morrone, commissionato appunto dal Gruppo PCP e abbiamo il parere del professor Luciani - ho avuto modo di leggere il suo curriculum e vi assicuro che è di grande livello - dove si evidenzia la dubbia legittimità, l'inammissibilità del referendum, soprattutto sulla base di disomogeneità della richiesta; referendum già dichiarato inammissibile ovviamente dalla Commissione regionale sui referendum.

Quindi avevamo due pareri sui quali già erano nate delle perplessità, ma ovviamente come Consigliere regionale prendo in considerazione, in grossa considerazione, in forte considerazione il parere del costituzionalista che il Consiglio regionale ha messo a disposizione della Commissione.

Poi comincia la farsa, perché io la chiamo una farsa una cosa di questo tipo, si chiede al professionista che abbiamo udito in Commissione, che ci ha dato un parere, di chiarire meglio perché era arrivato un altro parere, appunto dalle colleghe del PCP, del professor Morrone. Ovviamente, arriva il chiarimento, un ulteriore chiarimento del professor Luciani e arriva una lettera del professor Morrone che conclude dicendo: confermo tutto quello che ho detto.

Ora, abbiate pazienza, ma per chi di costituzionalismo e di diritto costituzionale, di questioni giuridiche e di argomentazioni giuridiche non vive tutti i giorni, ovviamente ci sono delle oggettive difficoltà a interpretare. Però ci presentiamo davanti a una delibera, una delibera di Consiglio regionale che nel deliberato conclude dicendo: "formulando, in caso di approvazione, il quesito da rivolgere agli elettori dei comuni della Regione", perché? Perché al punto 2 dell'articolo 45 si sottolinea che "la deliberazione del Consiglio della Valle, che stabilisce l'effettuazione del referendum consultivo, contiene il quesito da rivolgere agli elettori.

Ora, come ho detto, da tutti gli interventi, da questo dibattito, dagli interventi in Commissione, ricordo anche il collega Sammaritani - che dopo interverrà - che ci aveva dato ampia apertura rispetto a quali erano i motivi per cui questo referendum era inammissibile. Allora, ritornando a dire che è necessario e opportuno che una legge elettorale - lo ha detto poco fa il collega Grosjacques - debba essere rifatta, rivista, perché quella che è in atto è davvero una cosa sconcertante e le difficoltà le abbiamo avute e le difficoltà si sono avute soprattutto nella mancanza di elettori che sono andati al voto nel 2020. Allora ritroviamoci, ritroviamoci, chi dice, ha detto che c'è una legge in itinere per andare ad approfondire la loro legge, mettiamole insieme e cerchiamo di costruire, all'interno di questi 35 Consiglieri e Assessori, che si deve e si può fare una legge elettorale che va nella direzione di una fine a questa stagione di instabilità politica amministrativa, che negli ultimi anni si è generata, una legge che dia appunto stabilità, certezze.

Credo che questo vogliano i Valdostani al di là del referendum, che può avere anche dei costi piuttosto importanti, una legge elettorale fatta dal Consiglio regionale. Si può fare e si deve fare, siamo fortemente contrari a usare questo percorso per fare la campagna elettorale solo di alcuni.

Presidente - Consigliere Sammaritani si è prenotato, ne ha facoltà.

Sammaritani (LEGA VDA) - Questo mio intervento di oggi è in perfetta continuità tecnica e politica con l'altro intervento della seduta consiliare del 13 luglio 2022, nella quale il mio Gruppo consiliare della Lega Valle d'Aosta si schierò a favore del rinvio della votazione sull'ammissione del referendum consultivo. In questa perfetta continuità sì, tecnica - ribadisco, con una certa soddisfazione devo dire - per i motivi appunto tecnici che poi affronterò, ma anche politica, è importante ribadire anche la premessa che feci il 13 luglio e che fu questa: che la Lega Valle D'Aosta è tutt'altro che contraria alle forme di partecipazione popolare diretta, anzi, siamo coloro che hanno promosso gli ultimi referendum effettuati in Italia (quelli sulla giustizia) e altri nel passato. Ma ci sono regole, sia tecniche che di etica politica, che non devono o non dovrebbero essere mai dimenticate dai politici, e questo concetto lo riprenderò al termine di questo mio intervento.

Inutile dire che altre forze politiche di tutti gli schieramenti, nei mesi passati nei quali hanno insistentemente perorato la richiesta di referendum consultivo, ben guardandosi dall'entrare nelle questioni tecniche di buona amministrazione e buon senso, si sono limitate populisticamente - per propaganda politica - a dire che chi si fosse schierato contro questo referendum avrebbe sancito una scelta contraria al diritto degli elettori di avere voce in capitolo. Così il messaggio che viene veicolato è questo: "Non volete riformare la legge elettorale" e quel populismo, meglio, quella strumentale eccessiva semplificazione del messaggio, che tutti a turno dicono essere imputabile alla parte avversa, trionfa indisturbata.

Veniamo, invece, agli argomenti più tecnici che, come dicevo in esordio, sono in parte esattamente quelli che avevo delineato sommariamente nel mio intervento del 13 luglio e che oggi, alla luce degli acquisiti successivi pareri dei costituzionalisti, sono ancor più densi di elementi giuridici. Dicevamo sei mesi fa che non era opportuno deliberare senza avere le idee più chiare e oggi ne abbiamo avuto la conferma. Ci sono oggi come allora molte ragioni tecnico-giuridiche, ma anche di buon senso e finanche amministrative per ritenere non opportuno votare per l'esecuzione di questo referendum consultivo.

Innanzitutto, le questioni tecnico-giuridiche. Nel mio intervento del 13 luglio, a proposito del referendum consultivo, disciplinato dall'articolo 45 della legge regionale 19/2003, ricordavo come la giurisprudenza della Corte costituzionale (citavo proprio la sentenza 496/2000, rammentata anche dai costituzionalisti che sono stati poi interpellati) abbia affermato che questo tipo di referendum è sì solo consultivo e non vincolante per il decisore politico, ma - e uso le testuali parole utilizzate dalla Corte e richiamate anche dal professor Luciani - "È giuridicamente erroneo equiparare il referendum consultivo ad un qualsiasi spontaneo esercizio della libertà di manifestazione del pensiero da parte di più cittadini". E ancora: "Anche quando non produce effetti giuridici immediati sulle fonti del diritto, il referendum assolve alla funzione di avviare, influenzare o contrastare i processi decisionali pubblici, perlopiù a carattere normativo". E poi ancora: "Per questo i referendum popolari, nazionali o regionali, anche quando di natura consultiva sono istituti tipizzati e devono svolgersi nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione o stabiliti sulla base di essa".

Quindi, come correttamente ha osservato il professor Luciani, per questo la Corte costituzionale giudica, ritiene giuridicamente e non solo politicamente erronea l'equiparazione tra referendum consultivo e semplice manifestazione di opinione collettiva.

Dicevo nel mio intervento del luglio scorso: ricordiamolo, è la prima volta che si vuole ricorrere al referendum consultivo e c'è qualcuno che la prende un po' alla leggera, tipo: "chiediamo il parere alla popolazione". Non è esattamente così semplice, anche perché l'articolo 46 della legge regionale 19/2003 sui referendum regionali fa rinvio al Capo II della stessa legge e il Capo II è quello che tratta del referendum abrogativo e dei limiti di ammissibilità del medesimo. Questo non si può trascurare.

Questo ricordavo in quella seduta e pare oggi che non fosse una preoccupazione peregrina, perché un imminente costituzionalista come il professor Luciani si è proprio soffermato su questo rinvio che l'articolo 46 fa al Capo II della stessa legge. E cosa ci dice in proposito nel suo parere? Ci dice testualmente: "Si comprende perciò bene perché ai sensi dell'articolo 46, legge regionale 19/2003, il referendum consultivo, sebbene non sia dotato dell'efficacia vincolante di quello propositivo, debba al pari di quest'ultimo svolgersi seguendo le regole stabilite per il referendum abrogativo". Su questo punto vi risparmio, per ragioni di tempo e anche per il rischio di tediare un po' e per avere l'attenzione di chi ascolta, il tema e le argomentazioni sulle norme rinvianti e le norme rinviate, perché questa norma - l'articolo 46 - è una norma rinviante e cioè che rinvia alla disciplina prevista al Capo II della stessa legge, dove viene regolato il referendum abrogativo. Ma sul tema il parere è tranchant: laddove il referendum consultivo non trova precisa disciplina, si utilizza quella relativa al referendum abrogativo, perché la norma, articolo 46, lo dice espressamente.

Cosa dice, invece, in proposito l'altro parere? L'altro parere dice che il referendum consultivo non ha efficacia vincolante, quindi non è soggetto a regole stringenti, salvo quanto teoricamente stabilito dall'articolo 45 (cioè il numero di firme, tempi di presentazione, oggetto del referendum). In sostanza, i due pareri, partendo dalle stesse norme, come spesso accade nell'interpretazione del diritto, prendono due strade divergenti: il primo parte dalle pronunce costituzionali che affermano come anche il referendum consultivo non abbia un'efficacia limitata a una consultazione orientativa, ma di fatto entra nel procedimento di formazione della volontà del legislatore. Sottolinea, quindi, tutte le relative conseguenze e cautele in ordine alle regole da seguire, quindi alla sua ammissibilità, all'inidoneità del referendum consultivo per avere ad oggetto interi testi normativi, ma piuttosto principi; al quesito da formulare, quindi il tema della omogeneità e della coerenza del quesito; alle possibili interferenze con altri referendum nel caso - come il nostro - di legge a forza passiva rinforzata, cioè quelle leggi come la legge elettorale che, in forza dell'articolo 15 del nostro Statuto, non si esauriscono nel loro procedimento di formazione con la loro pubblicazione, ma prevedono già l'espletamento di un possibile referendum confermativo, esattamente con lo stesso numero di firme (un cinquantesimo degli elettori) per arrivare alla vera e propria promulgazione.

Il primo parere quindi, dicevo, partendo dalle pronunce costituzionali che di fatto attestano che anche il referendum consultivo non è un referendum a schema libero - è un'espressione proprio della Corte costituzionale - ritiene che così come proposto, nella materia elettorale e complessa che ha per oggetto, con un quesito difficile da individuare perché non riconducibile ai principi di chiarezza, univocità, omogeneità e coerenza, se non violando la volontà dei sottoscrittori, è inammissibile.

Il secondo, invece, attribuendo al referendum consultivo una portata molto più ridotta, ritiene che i limiti alla sua ammissibilità siamo quasi inesistenti, superando ogni questione sia su una norma di rinvio (articolo 46), sia su quella estremamente delicata della formulazione del quesito e, sarebbe opinione dell'estensore, di esclusiva competenza del Consiglio. In sostanza, afferma il professor Morrone che il Comitato referendario avrebbe solo l'onere di formulare in modo del tutto generico la richiesta di referendum, anche se essa ha a oggetto un intero testo normativo - come nel caso che oggi ci occupa - e poi sarebbe al Consiglio, quando va a deliberare, di far sì che il quesito corrisponda alla volontà dei richiedenti e soprattutto dei firmatari, direi.

Questo passaggio, a mio modesto avviso, contiene un salto logico. Perché dico questo? Il referendum d'iniziativa popolare, come questo di oggi, è una richiesta che un numero di elettori firmatari ha fatto sull'intero provvedimento di legge, molto articolato, pieno di principi e norme nuove e diverse da quelle vigenti. Basti dire che la legge 58 su cui è stato richiesto il referendum contiene almeno 6-7 principi cardine, se vogliamo essere più precisi e puntigliosi io ne ho individuati addirittura 15, che sono: l'elezione diretta del Presidente e della maggioranza, la percentuale di voti per vincere al primo turno (40%), il ballottaggio in caso di mancato raggiungimento del 40%, il premio di maggioranza (21 seggi), i seggi riservati alla minoranza (11), la mozione di sfiducia demolitiva non costruttiva, i limiti di mandati del Presidente (2) e non candidabilità nemmeno più a Consigliere, numero massimo di Assessori (6), soglia di sbarramento al 4%, firme per presentare le liste (300), una o due preferenze con obbligo di diverso genere per la seconda, minimo 40% per ogni genere in lista, obbligo di presenza di entrambi i generi in Giunta, estensione dell'elettorato passivo ai diciottenni, spoglio centralizzato. Sono quindici. Questo è un dato oggettivo, lo segnalavo già 6 mesi fa.

Come si può procedere ad un referendum per conoscere il parere della popolazione su un'intera legge che introduce 15 principi nuovi, ma che dovrebbe essere articolato su una, due, massimo tre domande secche che prevedono una risposta precisa: sì o no?

Per correttezza dovremmo interrogare l'elettore votante su tutti i principi sottoscritti dai richiedenti referendum, quindi circa 15 domande, domande che su certi argomenti diventa difficile, addirittura fuorviante ridurre le risposte "sì o no", tipo: vuoi la soglia di sbarramento al 4%, sì o no? Quale sarebbe la conclusione che il decisore politico dovrebbe trarre dalla risposta che prevalesse, positiva o negativa che fosse? Nessuna. Vogliamo trasformare il nostro referendum in un esame a crocette, magari diamo mezz'ora di tempo all'elettore dentro la cabina di voto?

Chi perora pervicacemente l'ammissibilità di questo referendum, così come è stato richiesto, sulla legge 58, si dimentica che le firme sono state raccolte sull'intera legge e oggi vorrebbe che il Consiglio estrapolasse da una richiesta così generica, una richiesta generica su un testo complesso e articolato su almeno 15 principi, uno, due, massimo tre di questi principi. Ma questo, come sottolineato anche dal professor Luciani, richiederebbe d'interpretare e probabilmente disattendere la volontà di chi ha firmato. Da quel che sappiamo noi, chi ha firmato ha sottoscritto la richiesta di referendum sull'intera legge, mica su uno, due o solo tre di questi principi. Dovremmo essere noi a scegliere come afferma il parere richiesto dal PCP? Ma il Consiglio mica ha ritenuto di proporre questo referendum, perché mai dovrebbe ora, oggi, decidere lui - e lo poteva fare - quale sia il quesito, interpretando la volontà dei firmatari se la richiesta del referendum viene da altra fonte?

Sul tema chiave del quesito occorre ancora osservare che il comma secondo dell'articolo 45 della legge regionale 19 dice che la deliberazione del Consiglio che stabilisce l'effettuazione del referendum consultivo contiene il quesito da rivolgere gli elettori. A ben vedere, la norma non dice che deve essere il Consiglio a stabilire quale sia il quesito. Ma allora la richiesta deve essere un'altra, doveva essere: visto che vi sono all'esame delle leggi in materia elettorale, vogliamo che gli attori si pronunciano su questo principio o quest'altro principio? Esempio, vogliamo o no l'elezione diretta del Presidente? Vogliamo o no un massimo di sei Assessori? Vogliamo o no portare l'elettorato passivo ai diciott'anni? Eccetera, eccetera. Allora ci sarebbe stato rispetto della volontà precisa di chi andava a firmare per il referendum e il Consiglio avrebbe davvero compreso l'orientamento della popolazione, o almeno di quella parte che sarebbe andata a votare, chiaramente.

Se oggi votassimo per espletare questo referendum, naturalmente senza violare la richiesta di firmatari di pronunciarsi sulla legge 58, cosa capiremmo? Capiremmo che la popolazione vuole o meno la legge 58 e quindi tutta la legge? Tutti i principi in essa contenuti? Solo alcuni? Non lo capiremmo. Ma oggi non sappiamo nemmeno se chi ha firmato voleva esattamente questo, come tutto sommato ha rilevato correttamente il collega Cretier. Basti vedere gli appelli che fanno i partiti che sostengono il referendum, ne prendo uno per tutti: Rete Civica, credo di ieri o l'altro ieri, ha fatto un appello rivolto a noi Consiglieri, cito testualmente: "Perché mercoledì 11 gennaio si esprimano a favore della consultazione popolare sulla riforma elettorale regionale". Ma non è questo l'oggetto della domanda di referendum. La richiesta di referendum dice una cosa diversa, la richiesta di referendum prevede alcune persone che dicono: "i quali, al fine di conoscere l'orientamento degli elettori sulla proposta di legge regionale 58/16, recante "Norme per l'elezione del Consiglio regionale della Valle d'Aosta" depositano la richiesta di referendum consultivo di iniziativa popolare sulla proposta di legge regionale 58/2016", è tutto qua, è questa la richiesta che è stata fatta ed è questo su cui hanno firmato i richiedenti, i cittadini richiedenti.

Quindi il referendum non è stato chiesto sulla riforma elettorale regionale, è stato chiesto sulla proposta di legge 58, depositata da due Consiglieri regionali e che è esattamente quella stessa oggetto di referendum propositivo dichiarato inammissibile dalla Commissione regionale per il referendum.

Allora non prendiamoci in giro, questa è una manovra politica per far esprimere i cittadini su una precisa proposta di legge uscita dalla porta e che si vuole fare rientrare dalla finestra, ben sapendo che il referendum consultivo condiziona, eccome, il decisore politico, l'ha detto espressamente la Corte costituzionale. Peccato che il Comitato abbia sbagliato a formulare la richiesta: la richiesta è generica, ha ad oggetto l'intera legge e non uno o pochi dei suoi numerosi principi e non consente, quindi, di individuare un quesito omogeneo e coerente, tale da consentire al votante di esprimere un voto libero e consapevole. Anche questi sono concetti espressi dalle sentenze costituzionali e ricordati dal parere del professor Luciani.

Rispettare la volontà di chi ha firmato, perché, altrimenti, violeremmo questa volontà e andremo a indire un referendum illegittimo, peraltro creando un precedente pericoloso. Questo referendum non si può fare e comunque non sarebbe opportuno farlo. Non si può fare perché è inammissibile, in assoluto, e soprattutto è inammissibile così come formulato dai richiedenti, perché avrebbe ad oggetto una legge a forza passiva rinforzata e perché avrebbe ad oggetto un intero provvedimento e non dei principi. E, ancora, perché porterebbe a formulare uno o più quesiti non omogenei e coerenti, come invece richiedono la nostra legge e le pronunce costituzionali.

Pertanto, per chiudere, al di là della propaganda politica sempre molto forte su questi temi, noi oggi non ci pronunceremo a favore di questo referendum, perché abbiamo forti dubbi sulla sua ammissibilità, perché abbiamo fortissimi dubbi sulla sua utilità, perché riteniamo che il risultato di questo referendum non sarebbe quello di orientare il decisore politico, ma piuttosto quello di disorientare l'elettore.

Non ci pronunceremo a favore ben sapendo che la propaganda politica strumentalizzerà questa nostra scelta fondata su ragioni tecniche e politiche, ma il mio Gruppo ritiene di essere oggi di fronte alla scelta tra ciò che è giusto e ciò che è facile e noi per il mandato ricevuto da chi ci ha votati sceglieremo ciò che riteniamo giusto.

Presidente - Consigliere Carrel, ne ha facoltà.

Carrel (PA) - Condivido quanto detto dal collega Sammaritani, che ha fatto sicuramente un'analisi tecnica molto approfondita e che sta sicuramente nelle sue competenze. Io credo che chi ci ascolta abbia potuto oggi comprendere bene le differenze tra referendum propositivo, abrogativo, consultivo e confermativo e potremmo continuare tecnicamente e giuridicamente a motivare il perché di determinate scelte. Però credo altrettanto che debba essere chiaro che questa è anche e soprattutto una scelta politica, e come Gruppo su questo ci teniamo a sottolineare che, a fronte della presentazione di due proposte di legge - una la 58 delle colleghe Minelli e Guichardaz, e una, la 67 dei colleghi di Forza Italia - abbiamo iniziato a discutere su quella che potrebbe essere, quella che dovrebbe essere, dal nostro punto di vista, la legge elettorale che questo Consiglio dovrà affrontare.

Non dobbiamo dimenticare l'importanza del confronto all'interno dei movimenti, delle proposte che i movimenti possono fare e portare avanti attraverso anche i propri Consiglieri o attraverso tutte le varie forme che la legge consente di utilizzare. Questo credo che porterà il nostro Gruppo a fare delle proposte sui vari punti, alcuni concordano con la legge 58, altri invece concordano con la proposta di legge 67 e altri sono totalmente nuovi, ma sui quali ci confronteremo in Commissione e in Consiglio, perché è questo il luogo appropriato per affrontare determinate discussioni.

Lo dico perché, e torno sul ruolo e sull'istituto del referendum consultivo, perché esso è un parere che non è vincolante e non concorre a formare la volontà degli organi che li hanno indetti ed è questo il punto base su cui deve fondare la nostra riflessione politica. Perché abbiamo capito bene che la proposta di legge 58, così com'è, è proposta solamente da 2 Consiglieri su 35 e andare oggi a chiedere il parere dei Valdostani sulla proposta di legge 58 non ha un senso. Non ha senso perché, semplicemente, dopo il referendum comunque la discussione dovrebbe tornare in I Commissione e in Consiglio regionale e i problemi che avremmo dopo il referendum sono identici a quelli che avremmo oggi.

Cosa diversa sarebbe stata se questa proposta di legge fosse stata condivisa almeno dalla maggioranza dei Consiglieri, se non da una maggioranza qualificata, lì allora poteva avere un senso procedere con un referendum consultivo con il fine di evitare, magari, il referendum confermativo; perché, ovviamente - e lo ha ricordato bene l'Assessore Caveri prima - il nostro Statuto prevede la possibilità di avere un referendum confermativo su una materia così delicata e difficile da sviscerare, come ha ben rappresentato il collega Sammaritani prima.

Allora qual è il senso della proposta, del deliberato e della delibera di oggi? Diventa difficile comprenderlo, ma semplicemente perché stiamo cercando di chiedere ai Valdostani qualcosa su cui non abbiamo un accordo, su cui non abbiamo ancora, tra tutti, intenzione di procedere. Allora lì sì che entra quello che è il rapporto, che ha giustamente citato la collega Minelli, tra istituzioni e popolazione. Un rapporto delicato, difficile da gestire, un rapporto su cui non dobbiamo abusare, perché nel momento in cui abusiamo e andiamo al referendum, facciamo il referendum, dopodiché magari vince il sì o vince il no, qualunque sia l'esito del referendum ci troviamo qui e dobbiamo di fatto discutere della legge e arrivare a una soluzione. E se non arriviamo alla soluzione che ci hanno consigliato, su cui ha votato la popolazione, a quel punto cosa succede? Rischiamo realmente oggi di abusare di populismo e di incrinare ancora più quello che è il rapporto istituzione-popolazione, che è molto delicato e su cui dobbiamo sicuramente lavorare in una certa maniera.

Ecco perché come Gruppo consiliare siamo sicuramente favorevoli, e questo credo che sia lo spirito- al di là come spiegato tecnicamente da Sammaritani - di chi ha firmato la proposta del referendum, lo spirito è quello di: "trovate una soluzione" e dobbiamo trovarla noi, come Consiglieri. Come Gruppo consiliare ci esprimiamo sicuramente favorevoli e ribadiamo di avere la volontà di discutere di diversi problemi già più volte sottolineati ed evidenziati.

Ma quello che credo sia giusto, anche in questa breve dichiarazione, è ringraziare il lavoro della I Commissione, perché il testo del deliberato del 13 e 14 luglio che veniva presentato a questo Consiglio era un testo decisamente diverso da quello che è oggi proposto con emendamento dalle colleghe Minelli e Guichardaz. Il testo del 13 luglio chiedeva di approvare un referendum nel quale si chiedeva: "Siete voi favorevole all'approvazione della proposta di legge regionale n. 58, che prevede, in particolare, l'elezione diretta del Presidente della Regione, della maggioranza a lui collegata, di un premio di maggioranza, una soglia di sbarramento al 4%, l'eventuale ballottaggio, un numero massimo di 6 Assessori, la presenza di entrambi i generi in Giunta, la doppia preferenza di genere, la riduzione del numero di firme per la presentazione di una lista, lo spoglio centralizzato delle schede, l'elettorato passivo esteso ai diciottenni e disposizioni in materia di formare un governo"? Beh, una risposta per un insieme di domande molto difficili.

Oggi, invece, anche alla luce dei pareri del professor Luciani e del professor Morrone che hanno contribuito a questo lavoro della I Commissione, i quesiti sono diventati tre e, ovviamente, l'approccio è sicuramente diverso, ma non è quello su cui stiamo discutendo, perché chi ha raccolto le firme e chi ha firmato ha firmato sulla proposta di legge 58. Quindi potremmo sicuramente andare avanti e confrontarci su tante questioni, ma credo che sia sbagliato chiamare un referendum nel momento in cui quest'Aula non ha ancora discusso della legge elettorale e sicuramente quello che è l'invito, che io recepisco dai firmatari e dalla discussione oggi avvenuta in Aula, è che dobbiamo sicuramente iniziare a lavorarci. E quando ci sarà una maggioranza, una maggioranza qualificata che avrà le idee chiare sulla proposta di legge per la prossima legge elettorale, allora potremo scegliere se fare un referendum consultivo - come Consiglio regionale e non come singoli Consiglieri, o come singoli Gruppi consiliari - oppure procedere all'approvazione e verificare se vi sarà un referendum confermativo oppure no.

Questo è l'iter rispettoso della popolazione che oggi ci ascolta e ci vede spesso litigare, senza capire il perché litighiamo. Non stiamo discutendo oggi se dare la parola ai Valdostani sulla legge elettorale, stiamo decidendo se dare la parola ai Valdostani su una legge regionale che rappresenta ad oggi, da quello che ho potuto capire dai vari interventi, 2 Consiglieri su 35. Stiamo rischiando se approviamo questo referendum e portiamo i Valdostani alle urne di prendere un po' in giro i Valdostani. Noi come istituzioni non possiamo permetterci di prendere in giro i Valdostani, arriviamo con dei tempi fissi, definiti a una proposta di legge e poi decideremo cosa fare, ma non abusiamo dell'uso e dell'utilizzo e della pazienza anche di chi ci ascolta, perché credo che questo non sia il modo ideale per rappresentare le istituzioni non sia il modo ideale per rappresentare la Valle d'Aosta.

Presidente - Qualcun altro vuole intervenire? Consigliera Erika Guichardaz, ne ha facoltà.

Guichardaz E. (PCP) - Proprio riconducendo l'ultima frase del consigliere Carrel, dico che forse c'è un po' di confusione, oggi non stiamo votando la modifica della legge, ma stiamo votando per decidere se fare o meno un referendum e sentire la popolazione. Questo è quello che ci apprestiamo a votare.

Sinceramente, la nostra legge è stata depositata 9 mesi fa, continuo a sentir dire: "È una priorità, lo vogliamo fare tutti e via dicendo" e, a distanza di 9 mesi, l'unica proposta di legge che è arrivata oltre alla nostra è quella di Forza Italia. Il PD ha mandato delle slide a cui noi abbiamo, oltretutto, risposto dicendo che avremmo anche voluto un incontro; da luglio a oggi stiamo aspettando quel famoso incontro di chiarimento. Ecco quindi che dico: mi sembra un po' prendere in giro i Valdostani.

Adesso risulta che nel 2023, invece, la riforma verrà fatta. In questi 9 mesi cosa abbiamo fatto? Abbiamo dormito? Credevamo che non fosse più una priorità?

E, sinceramente, quando mi sento dire che in questo Consiglio siamo isolate, ne sono anche abbastanza orgogliosa, assessore Caveri, perché ritengo che, proprio alla luce di quanto è stato detto ...e quando si parla d'instabilità e di degenerazione della politica, la risposta che noi diamo è opposta a quella degli altri Gruppi: noi crediamo che la partecipazione sia il momento più alto in cui la politica possa esprimersi e non ci sentiamo sminuite nel nostro ruolo se esistono dei Comitati, come "Valle virtuosa" che ha portato a non fare un pirogassificatore, o come il Comitato di Pompiod che ha bloccato quella discarica che io avevo sopra la mia testa. Ecco, io credo che, anziché delegittimare quei comitati, molto probabilmente li dovremmo ringraziare.

Non so se quando lei ha parlato di adepti da far rientrare nel nostro gruppo lei non ha visto le firme delle persone che hanno sottoscritto quell'appello, non credo che persone come Osvaldo Chabod, Bruno Milanesio, Jean-Claude Daudry o Roberto Luboz, decideranno mai d'iscriversi al nostro gruppo consiliare o di sottoscrivere, di partecipare alle nostre iniziative.

Ecco, alla luce di tutto questo, io dico - e però ho apprezzato quanto lei ha detto - che è una scelta politica, quindi si decida se far esprimere o meno i Valdostani su questo tema.

Quando in I Commissione da luglio a novembre si è dormito dopodiché appare un costituzionalista, ci viene presentato dal Presidente e si decide - e qui così lo dico - non all'unanimità, quindi con un giudizio di parte anche quello, perché sennò sarebbe stato votato all'unanimità, di acquisire un parere. Idem, noi abbiamo deciso di acquisirne un altro. Dopodiché si parla di controdeduzioni, ecco io vi invito a leggere il primo punto della risposta di Morrone proprio rispetto alle controdeduzioni che, invece, dice che farà semplicemente dei chiarimenti perché la replica nel merito appartiene alla dialettica giudiziaria. Ecco questo è quello che ha detto e scritto il professor Luciani nel suo parere.

Allora, entrambi i costituzionalisti però dicono che si possono raggruppare i quesiti e sinceramente c'è chi può sposare le tesi di Luciani, ma dire che si poteva fare su principi costituzionali vuol dire andare contro quello che c'è scritto nella legge, dobbiamo farlo su provvedimenti o atti. Quindi, sinceramente, anche su questo ho dei dubbi.

Permettetemi, non volevo neanche replicare perché non ne valeva nemmeno la pena, ma quando mi sento accusare di trasformismo io vorrei regalare al consigliere Cretier il programma con cui lui è stato eletto e fargli notare che forse rispetto alla questione dell'elettrificazione, di Cime Bianche, rispetto all'elezione diretta del Presidente della Regione e rispetto all'ospedale, forse è lui che dovrebbe farsi un esame di coscienza e dire chi è il trasformista in quest'aula. Ecco, come vi dicevo, non meritava nemmeno una risposta, ma credo che possa fare lettura in queste serate, magari può essergli utile.

Rispetto a quanto diceva l'assessore Caveri sulla presa di posizione di Morrone su altri tipi di referendum, lo invito a leggere il parere del professor Morrone che proprio li cita e sottolinea il fatto che avendo ad oggetto questioni d'interesse nazionale non potevano essere ammesse a referendum. Quindi c'è anche la motivazione rispetto a quelle dichiarazioni che lei ha fatto nella sua arringa.

Presidente - Il consigliere Marquis si è prenotato, ne ha facoltà.

Marquis (FI) - Intervengo a completamento, a integrazione di quanto già ben esposto dal collega di gruppo Baccega che mi ha preceduto, che mi ha sostanzialmente rappresentato come posizione di partito. Credo che oggi, finalmente, arriva in aula, dopo un percorso travagliato, la decisione sul referendum che è stato presentato, di ordine consultivo.

In estrema sintesi, siamo ad affrontare una situazione molto più complessa e complicata di quella che tutti gli attori avrebbero previsto, diciamo, di dover grattare. Il referendum nasce sicuramente da una proposta positiva che è stata sposata da tanti sottoscrittori per cercare di dare una stabilità alla Regione, che è stata sostanzialmente fondata, incardinata sulla proposta di legge 58. Però devo dire in termini politici che il tutto nasce sotto un equivoco, a mio avviso, per poter incardinare la procedura referendaria nei termini di legge è stata incardinata su una proposta di legge. Essendo, però, che è la prima volta che ci troviamo a trattare quest'argomento, poi lungo il percorso sono emerse tutta una serie di difficoltà. Io ricordo quando come partito siamo entrati a far parte del Comitato referendario, perché noi crediamo nella elezione diretta del Presidente della Regione, abbiamo due numeri in Consiglio regionale, non abbiamo il 51% e pertanto dovremmo, in termini democratici, confrontarci con tutte le altre forze per arrivare a trovare una sintesi. Una sintesi che molto probabilmente potrebbe essere più o meno vicina alla nostra posizione.

Come dicevo, tutto nasce sotto un equivoco, perché nel mese di giugno noi abbiamo presentato una proposta di mozione assieme alle colleghe di PCP dove, sostanzialmente, si chiedeva di procedere ad approvare un quesito molto chiaro, che era il quesito che tutti concordavano, che tutte le forze che hanno aderito a questa iniziativa concordavano, che era quello di procedere all'indizione di un referendum sull'elezione diretta del Presidente della Regione. Questa proposta è stata ritenuta inammissibile, irricevibile da parte della Presidenza del Consiglio, dopodiché il tema è arrivato in Consiglio regionale. Il Consiglio regionale, nell'ambito della sua autonomia decisionale, ha stabilito che si dovesse procedere a degli approfondimenti.

Gli approfondimenti che sono stati fatti nella competente Commissione consiliare, che sono stati rappresentati dal collega Restano, hanno evidenziato una complessità della situazione, credo, che vada oltre a quello che si potesse pensare. Abbiamo avuto due pareri, due pareri completamente differenti come conclusioni, come approccio: uno dice: "Il referendum crea delle forti problematicità di ammissibilità", l'altro dice: "È legittimo". E quindi questo, come ha detto prima l'assessore Caveri, dimostra che non è una scienza, ci troviamo di fronte a una situazione di prima applicazione con un sacco d'incognite.

Quindi il problema è di grande rilievo, perché anche il professore che ha la posizione favorevole all'indizione del referendum ha evidenziato comunque che bisogna interpretare nei quesiti i principi normativi alla base della proposta, i principi che hanno portato il sottoscrittore a andare in quella direzione. Invece, il professor Luciani hai evidenziato che è difficile a posteriori individuare qual era la volontà del sottoscrittore o cercare di sintetizzarla su una proposta che è concentrata su una pluralità di modifiche che sono state definite molto incisive sulla forma di governo e sulla legge elettorale; quindi questo porta, a posteriori, ha dei grossi dubbi circa, da una parte, della legittimità dell'iniziativa e, dall'altra, della capacità comunque d'interpretare qual era la volontà dei sottoscrittori.

Ho sentito prima dire da qualcuno che è intervenuto: "Non possiamo prendere in giro i Valdostani", ma io, per primo, non posso prendere in giro me stesso perché io sono uno dei sottoscrittori di quell'iniziativa sulla base dell'elezione diretta. Noi abbiamo sottoscritto quell'iniziativa per quella precisa finalità, che era la finalità che il Comitato promotore aveva condiviso come unico quesito da sottoporre ai cittadini valdostani, interpretando la volontà di coloro che avevano sottoscritto il documento.

Quindi oggi non mi sento riconosciuto da questo quesito, perché la nostra posizione era una posizione diversa, non abbiamo sposato gli altri punti di cui oggi si parla e di quelli che non si parla, perché, a mio avviso, c'è anche qualcuno- magari un giovane diciottenne - che ha sottoscritto l'iniziativa perché vedeva la possibilità di poter rientrare nell'elettorato passivo. Oggi nella proposta che vedo non c'è questa possibilità, quindi c'è qualcun altro di quei sottoscrittori che probabilmente non si può ritrovare in questo documento, questo a prescindere.

Per quanto ci riguarda, oltretutto, abbiamo presentato una proposta di legge - come molti colleghi hanno citato - che ha come condivisione l'elezione diretta ma si discosta dalla proposta di legge 58 su tutta un'altra serie di aspetti, e la stabilità, dicevamo.

Quindi, qual è la situazione odierna? La situazione credo che sia profondamente cambiata rispetto a quella iniziale: il referendum consultivo è un referendum che non può avere un'incidenza diretta sotto il profilo normativo, abbiamo visto che porta tutta una serie di problematiche sotto il profilo tecnico e di ammissibilità, perché queste, volente o nolente, ci sono, non possiamo negarlo, perché diversamente sposiamo una posizione a prescindere rispetto all'altra, quindi dei grossi dubbi in tutti noi possono rimanere.

A questo punto, credo che per evitare dell'ulteriore confusione sia importante che il Consiglio regionale - questa Assemblea che è l'Assemblea rappresentativa - cerchi di lavorare su una proposta condivisibile nell'ambito del dare stabilità alla Regione, quindi di riforma di legge elettorale e di governo, per poi, eventualmente, sottoporla - allora sì, in modo serio - a un referendum confermativo, se si ritiene che sia necessario sentire la popolazione; ma questo, a questo punto, sarebbe un approccio corretto.

Diversamente, andare oggi a spostare un'iniziativa che voleva essere su base allargata e non di tipo partitico... portarsela nell'ambito di un perimetro partitico significa voler fare della demagogia, del populismo, non risolvere il problema ma cercare di mettere una bandierina che poco aggiunge nell'ambito dell'approccio se si vuole cercare di ottenere dei risultati che siano utili alla comunità valdostana.

A nostro avviso è più importante cercare di trovare una soluzione concreta al problema, che purtroppo ci siamo resi conto che non passa attraverso questa via, perché oggi qualcuno cerca di dire: "Ma dobbiamo solo decidere se vogliamo dare la parola ai cittadini", perché, tra le righe, sembra che si voglia dividere l'Assemblea tra buoni e cattivi. Io credo che non si possa semplificare un argomento di questo genere a questo livello, perché il lavoro che ha fatto la Commissione dopo l'audizione ha portato a una sintesi documentale di circa 150 pagine. Sono delle pagine tecniche, che riportano anche dei grandi contenuti sullo spirito delle iniziative referendarie sotto il profilo giuridico, tecnico, ma anche politico; vengono fatte delle considerazioni da parte di chi è stato audito, che ha portato un contributo molto significativo.

Pertanto, per quanto ci riguarda, non possiamo sostenere questa iniziativa perché sicuramente si andrebbe in una direzione forse di inammissibilità e quindi con tutta una serie di conseguenze e, nella migliore delle ipotesi, andremmo a sentire i Valdostani solo su alcuni elementi che non sono comunque rappresentativi della volontà di tutti coloro che avevano sottoscritto questa iniziativa, le 3.335 persone valdostane.

Quindi invitiamo anche voi colleghe a una riflessione sotto questo profilo, credo che con i piccoli numeri non si possa far altro che accettare il confronto piuttosto che cercare di portare avanti delle vie che, alla fine, l'unico risultato che possono dare è quello di dissipare dell'energia. E anche altre forze che appartengono o che si riferiscono al perimetro di Centrodestra hanno, tramite i loro contributi portati nelle audizioni, evidenziato in modo significativo la volontà di assecondare e di approvare solamente la parte del quesito che porta all'elezione diretta della Presidenza della Regione. Questo va ben chiarito, credo, sotto questo profilo. Pertanto chiudo l'intervento, confermando la nostra astensione rispetto a questo provvedimento, che non andremo ad approvare.

Presidente - Collega Restano, ha facoltà.

Restano (GM) - Preliminarmente, intervengo per una precisazione che ritengo doverosa. Al professor Luciani la Commissione ha chiesto di valutare l'opportunità di fornire precisazioni riguardo al suo parere, il parere da lui espresso. Non ci siamo permessi, per una questione di opportunità e di rispetto di fronte all'accademico, di chiedere delle controdeduzioni. La Commissione ha chiesto precisazioni e ha chiesto di valutare l'opportunità.

Detto questo, ritengo doveroso fare chiarezza sulla nostra posizione, la posizione di Evolvendo e la mia posizione. Noi riconosciamo l'importanza dei referendum popolari e quindi della democrazia partecipata e riconosciamo sempre e continuiamo a riconoscerci nell'elezione diretta del Presidente.

Ciò detto, la nostra presenza in Consiglio ci ha permesso di rilevare, nell'ambito di vari confronti, l'orientamento del Consiglio e quello che tutti i partiti che si sono candidati alle elezioni hanno dichiarato: la necessità di addivenire a una riforma elettorale partecipata, nel senso di all'interno del Consiglio, condivisa, che raccolga le proposte di tutti i partiti e di tutti i pensieri presenti all'interno del Consiglio; altrimenti correremmo il rischio di scrivere e di votare una riforma qual è quella che abbiamo utilizzato per le ultime elezioni, che è stata una riforma che tutti - tutti - definiamo catastrofica.

Vediamo di partire con questa procedura di scrittura della riforma con un piede diverso, cercando almeno di raccogliere i due terzi dei consensi all'interno di questo Consiglio. E come si può arrivare a ottenere questo obiettivo? Lo si può fare solamente attraverso il confronto, il confronto attraverso le forze presenti in Consiglio.

Certo, noi porteremo la nostra idea dell'elezioni diretta, nella consapevolezza che poi, nell'ambito del dibattito, della condivisione e del confronto, si dovrà addivenire a un risultato, ma il risultato primario - e l'abbiamo detto tutti - è dare più stabilità ai governi, quale che sia il percorso, lo andremo a decidere insieme.

Noi non ci stiamo, però, quando gli strumenti di democrazia partecipata vengono utilizzati e strumentalizzati, strumentalizzati da pochi all'interno del Consiglio, o all'esterno del Consiglio, per raggranellare un poco di consenso. Questo è un discorso che noi non condividiamo ed è per questo motivo che a volte, come già detto da qualcuno, ci si allontana da percorsi di questo genere, perché sono degli strumenti di grande importanza democratica che noi stessi, attraverso alcuni percorsi, delegittimiamo prima ancora che questi vengano avviati.

Quindi non entrerò all'interno del discorso di ammissibilità o meno, darò fin da oggi la disponibilità a partecipare a dei lavori e a dei confronti per addivenire a una legge seria, condivisa e partecipata all'interno di questo Consiglio. Se poi dopo dovrà essere sottoposta a referendum, accetteremo questo discorso perché crediamo in questo istituto.

Presidente - Consigliere Cretier.

Cretier (FP-PD) - Non mi avvalgo della facoltà del fatto personale, perché ci vuole ben altro per smontarmi.

Siccome mi hanno anche tacciato di non leggere, io l'ho letto il programma ma questo è il programma di un Gruppo, di una scelta fatta nel 2020, quindi non da parte dell'attuale maggioranza, ma fa parte, diciamo, del punto di partenza, di quando, a volte nei vari comizi sentivo parlare del fatto che bisogna andare in maggioranza per cambiare le cose. Siamo partiti da quel punto, poi ci siamo trovati a maggio nel 2021 che c'è stata la rottura improvvisata - e questo è un fatto doloroso per me, il fatto che basti una e-mail per scaricare i compagni di avventura.

Quindi, con molta fermezza restituisco il documento, perché non credo sia opportuno cestinarlo, perché l'ho letto, l'ho studiato, ci ho lavorato anche su e poi è successo quel che è successo, quindi lo restituisco alle colleghe.

Invece, sul fatto dello studio, io ho passato un po' di ore a confrontare le 5 proposte di legge: la 58, la 67, le nostre originali slide che, poi in prospettiva possono diventare un testo di legge e poi anche l'origine, per capire che cos'è che non funziona, quali erano le proposte dei Gruppi. Quindi là vedo un lavoro all'interno del Consiglio per costruire una legge che possa dare stabilità e per operare nel migliore dei modi, non sempre preoccupandosi giornalmente di cosa succede il giorno dopo perché, purtroppo, le condizioni sono un po' cambiate.

E poi soprattutto direi che siamo a gennaio, nel primo mese dell'anno 2023, per cui c'è tutto il tempo di chiudere a breve, se c'è la volontà, e quindi cominciamo a lavorare in questo Consiglio, ognuno di noi, come Gruppo, compreso direi anche - mi permetto di dirlo a titolo personale - il Comitato referendario che ha fatto delle proposte e quindi anche loro potranno... intanto ci saranno delle audizioni e quindi, chiaramente, ognuno apporterà il proprio sostegno e le proprie proposte. Ritenevo opportuno fare questo passaggio, perché per me, e anche per il mio Gruppo, è importante in prospettiva futura.

Presidente - Ci sono altri interventi? Peraltro, ci troviamo sul finire della mattinata, sono le 12:50, difficilmente riusciremo a votare e a chiudere la seduta con la votazione e la chiusura del punto all'ordine del giorno. Rinviamo al pomeriggio? Rinviamo al pomeriggio e riprendiamo alle ore 15:00 con la discussione...

(intervento di un Consigliere, fuori microfono)

...consigliere Marguerettaz.

Marguerettaz (UV) - Cerco di dire due cose per augurare buon appetito.

Solo per fare due considerazioni che di fatto sono emerse. Noi stiamo ragionando su alcune leggi, da un lato c'è la legge referendaria: il professor Luciani e anche i saggi hanno evidentemente messo sul tavolo il fatto che questa legge referendaria è una legge che va migliorata, è una legge che ha tutta una serie di aree grigie dove è difficile muoversi. Probabilmente, nell'entusiasmo di allora, il legislatore ha voluto definire queste tre tipologie di referendum, ma in alcune parti questa legge carente e quindi io credo che uno degli impegni che deve prendersi questo Consiglio è anche di migliorare la legge referendaria.

L'altra questione è la legge elettorale. La legge elettorale è una legge che deve garantire tutti - non deve garantire il PCP o deve garantire una serie di comitati - e non a caso lo Statuto, o meglio, la legge che discende dallo Statuto, dice che c'è il referendum confermativo e impone due soglie diverse per arrivare al referendum confermativo. E non a caso si indicano i due terzi, i 24, per avere una rappresentanza importante e far sì che questa legge sia una legge che garantisce tutti.

Il fatto che, in modo ostinato, due trentacinquesimi vogliano imporre questo loro modello è un po' singolare e devo dire che io riconosco alle due Consigliere - e anche a tutta una serie di soggetti che stanno all'esterno - una vera bravura, sono veramente bravi, perché riescono a introdurre degli argomenti con il principio del cavallo di Troia. Cosa dicono? Che c'è un sistema che non è stabile, c'è una situazione un po' particolare e la risolviamo con l'elezione diretta del Presidente, che, tutto sommato, può anche piacere a tutta una serie di cittadini, però non mettono in evidenza tutta una serie di argomenti.

Io non posso e non voglio, come dire, far peccato nel pensare che qualcuno sia in malafede, ma può essere un caso che tutta una serie di soggetti - che appartengono a movimenti che non hanno raggiunto il quorum - promuovano questo referendum, abbassando la soglia di coloro che vengono eletti? Perché non mantenere l'attuale quorum, che, imponendo che ci siano almeno due eletti, di fatto permette di non avere questo frazionamento delle forze politiche? Allora, da un lato, si dice che vogliamo stabilità, dall'altra parte, però, andiamo a frazionare tutta una serie di forze politiche, in modo tale che ci sia una rappresentanza veramente "polverizzata".

L'altro aspetto che voglio mettere in evidenza è che noi abbiamo chiesto, come Consiglio, un parere super partes, una CTU, un Consulente Tecnico d'Ufficio che ci dà una risposta, non abbiamo detto: "Devi arrivare a determinate conclusioni".

Mentre è ovvio che quando io do un incarico specifico nell'ambito del CTP, consulente tecnico di parte, gli dico già dove deve arrivare. Allora, è chiaro che, pur non mettendo in discussione l'autorevolezza, voi sapete bene che anche coloro che vengono condannati all'ergastolo hanno una difesa che dice che sono innocenti.

Da questo punto di vista io dico: collega Guichardaz, lei ha ragionato sulle precisazioni e ha letto la prima riga, dice: "Non entro". Ma poi il consulente dice: "Attenzione, fate la differenza tra un commento e un parere, il commento è quello che penso io, il parere è la giurisprudenza consolidata".

Presidente - Con questo intervento concludiamo i lavori di questa mattinata che riprenderanno alle ore 15.00 con il prosieguo della discussione generale sul punto 4 all'ordine del giorno.

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La seduta termina alle ore 12:54.