Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 534 del 22 aprile 2021 - Resoconto

OGGETTO N. 534/XVI - Interpellanza: "Riforma dei percorsi di istruzione e formazione professionale".

Bertin (Presidente) - Punto n. 47 all'ordine del giorno, con il quale chiuderemo i lavori del Consiglio di questa mattina. Per l'illustrazione consigliere Perron.

Perron (LEGA VDA) - Torniamo al tema della scuola già in parte affrontato ieri, il quale però si interseca anche con quello del mondo del lavoro. A oggi sono due i modi con cui i nostri ragazzi possono scegliere un percorso scolastico professionale. Il primo riguarda i percorsi di istruzione professionale, cioè i diplomi di cinque anni che sono realizzati da scuole statali o paritarie. Il secondo sono invece i percorsi di istruzione e formazione professionale, quelli in pratica che danno delle qualifiche triennali o diplomi professionali quadriennali. Quindi abbiamo queste due modalità.

A livello nazionale c'è stata una modifica normativa al decreto legislativo n. 61 del 2017, quattro anni fa, che si proponeva una revisione di questi percorsi e annunciava il potenziamento delle attività didattiche e laboratoriali. In particolare ci sono degli indirizzi nuovi e interessanti, tra cui industria e artigianato per il Made in Italy, gestione delle acque, risanamento ambientale, servizi culturali dello spettacolo; questi sono i nuovi indirizzi istituiti a livello nazionale. C'è da dire che la Valle d'Aosta ha competenze primarie in questo, infatti la nostra legislazione parte da molto prima: abbiamo già leggi nel '60, nel '70 e nel 1989, perché ovviamente ci siamo mossi molto prima nel tempo.

Riguardo sempre al panorama legislativo, nel 2013 a livello nazionale, tramite decreto interministeriale, sono stati creati gli ITS, cioè gli Istituti tecnici superiori. Sono percorsi post diploma non universitari che offrono una formazione tecnica altamente qualificata, con riferimento all'innovazione, trasferimento tecnologico delle piccole e medie imprese, in aree tecnologiche considerate strategiche per lo sviluppo e la competitività del Paese. A oggi in Italia gli istituti di questo tipo sono 104, in Valle d'Aosta, in questo caso dico purtroppo, anche se ovviamente bisogna fare delle valutazioni, rileviamo che non sono presenti, sebbene nel DEFR si parli di ipotetiche future collaborazioni con ITS fuori regione.

Gli ITS hanno dato degli ottimi risultati, perché dai dati vediamo che nel 2020 l'80 percento di questi diplomati ITS hanno avuto una occupazione a un anno dal titolo e il 92 percento di questi l'ha trovato in un'area coerente con il corso di studio frequentato. Quindi direi che la Valle d'Aosta è tra le poche regioni - sono tre - che non hanno gli ITS, anche forse per una questione numerica, ma credo che potrebbe essere un campo su cui si possa fare un'attenta valutazione.

In ultimo, e siamo al quarto mondo dei professionali, c'è la necessità di qualifica e riqualifica anche per gli adulti. E qua anche sui giornali si è visto e già nel DEFR si parla della creazione del Centro regionale per l'istruzione degli adulti, il CRIA, sul quale anche qui chiediamo qualche notizia fresca in merito. Tra l'altro tengo a sottolineare che gli enormi progressi tecnologici che vediamo negli ultimi anni ci obbligano a pensare a una formazione continua delle persone, anche degli adulti, perché giustamente si può perdere il lavoro, ma se si ha delle riqualificazioni rapide, anche un mondo del lavoro che purtroppo non vede più il caro vecchio posto fisso come obiettivo, ma per forza di cose è un mercato molto più frazionato, avere un'idea di riqualificazione degli adulti, anche permanente, potrebbe essere o credo che sia un pensiero da fare in ottica futura. Ovviamente con il Covid che ci porterà una perdita di decine, se non centinaia di posti di lavoro anche in Valle, si parla appunto di attività di reskilling, cioè riqualificazione, o upskilling, cioè formazione a livello superiore, che appunto saranno fondamentali per la ripartenza nel futuro.

Detto questo perché consideriamo anche noi certamente urgente una riforma? Sono andato a prendere un po' di dati e sono andato a guardare i tassi di disoccupazione. Abbiamo il tasso di disoccupazione giovanile nella fascia che va dai 15 ai 24 anni, cioè i più giovani, lascio da parte il periodo Covid, perché ovviamente falsa i dati, che nel 2019 era il 22 percento in Valle. Faccio notare che a inizio anni 2000 eravamo molto più bassi, eravamo alla metà, all'8-10 percento. Il dato poi si impenna con la crisi globale del 2008, ovviamente la Valle d'Aosta la subisce e non la determina, e sale addirittura al 35 percento nel 2014, per poi scendere attorno il 20 percento negli anni successivi, compreso il 2019, ma non siamo più ritornati ai livelli del 2004, quindi ancora non abbiamo recuperato il pre-crisi.

Nella fascia poi dai 25 ai 34 la situazione è migliore, perché ovviamente nella fascia prima c'è anche gente che studia. Qui ci attestiamo a un dato che sfiora il 12 percento a partire dal 2013, rimane attorno al 10 percento nel 2019, mentre anche qua però vediamo che nel 2004 oscillavamo tra il 3 e il 7 percento, quindi avevamo tassi di disoccupazione che vengono definiti fisiologici. Anche qua non siamo riusciti ancora a recuperare questi tassi di disoccupazione.

A questo ho intersecato il dato del numero dei giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandonano prematuramente gli studi. Certamente l'Assessore conosce bene il problema, perché qui siamo ai livelli più alti in Italia per gli abbandoni: 15,2 percento, 14,3 nel 2019. Ripeto, il dato è il più alto a livello nazionale, quindi giustamente è un dato che ci fa preoccupare.

Il paradosso è che il nostro settore produttivo tecnologicamente avanzato ha un'elevata richiesta di manodopera a elevata qualificazione, che noi non riusciamo a fornire. Ne ho già parlato negli scorsi giorni, di questo mismatch, di questo mancato incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro, che non riusciamo ancora a rendere proficuo.

C'è evidentemente un problema culturale e di orientamento scolastico. In parte l'avevamo già analizzato ieri, il problema culturale. Qui uso anch'io i termini cari alla vulgata di sinistra: c'è certamente del classismo e dello snobismo in una certa parte di popolazione, per cui gli istituti tecnici sono stati relegati come a un qualcosa di secondario, con il paradosso per cui proprio a sinistra sono i lavoratori che dovrebbero essere al centro del mondo, ma l'importante è che i proletari poi non siano i propri figli, perché questo in realtà succede. Abbiamo già costruito una scuola che per certi aspetti divide le classi sociali in alcune scuole piuttosto che in altre e questo clima di avversione generale all'imprenditoria e al mondo produttivo purtroppo ci danneggia tanto, perché l'Italia è la seconda manifattura europea. Siamo un paese manifatturiero e quindi se non sfruttiamo questa prerogativa, non formiamo le persone adatte a lavorare sul mondo della produzione, ovviamente ci troviamo un po' a tirarci la zappa sui piedi da soli. Ecco perché su questo tema un sistema duale, come quello che c'è nel mondo soprattutto germanico, qui in Italia non è mai stato preso completamente in considerazione, anche se è un mondo molto rigido - anche lì, io non è che lo auspichi - ma certamente è un mondo da cui potremmo trarre degli insegnamenti.

In ultimo c'è un problema, e anche qua ne abbiamo parlato ieri, di orientamento scolastico. Il fatto che moltissimi ragazzi prima tentino la fortuna dei licei e solo in seguito scelgano delle scuole tecnico professionali dove magari arrivano - parlo per esperienza, ho avuto classi di 27 alunni tutti ripetenti - dopo molteplici bocciature, come estrema ratio, complica le cose. Perché dobbiamo anche dirci la verità: troppe volte abbiamo usato queste scuole come ultimo argine contro l'abbandono scolastico, il disagio giovanile, anche come un modo di lavarci la coscienza di fronte a una immigrazione senza prospettive, per cui le classi scolastiche, specie nel biennio delle superiori e per adempiere all'obbligo di legge dei 16 anni della scuola, diventano una specie di far west, nel quale il ragazzo veramente motivato nell'apprendere un lavoro si ritrovava fortemente penalizzato.

Ecco perché, fatta questa panoramica, riteniamo estremamente interessante che si parli di una revisione di questo modello scolastico e quindi chiediamo all'Assessore gli intendimenti e la visione in merito a questo.

Presidente - Per la risposta l'assessore Caveri.

Caveri (VdA Unie) - Se siamo d'accordo, consigliere, io ho una risposta monstre, però gliela darei cartacea e sintetizzo e lascerò anche qualche minuto al collega Bertschy, perché è una materia a cavallo.

Nelle prime pagine di questa nota si ripercorre il perché. E il perché in fondo l'ha detto lei: abbiamo messo da parte l'istruzione tecnico professionale, direi non per colpa di chi ha ricoperto i ruoli del sottoscritto, ma per la semplice ragione che a un certo punto si è creato questo rischio di ghettizzazione che ha portato l'istruzione tecnico professionale, a mio avviso sbagliando e questo dovrà essere corretto, a essere considerata un po' una istruzione in serie B. Ed è importante ricordare che l'istruzione di tecnico professionale è competenza primaria, quindi questa volta in questa materia non siamo obbligati a ricopiare. Il modello germanico che lei ha illustrato io lo conosco un po', perché assieme ai miei colleghi sudtirolesi alla Camera dei deputati spesso ci siamo confrontati ed era scioccante per me capire come nel caso loro certi tipi di studi dovessero assolutamente già farti entrare nel mondo del lavoro in concreto, e devo dire che invece questo è un meccanismo che noi non abbiamo seguito.

Come lei ha detto nel DEFR è prevista una legge organica, che definisca i confini, i principi e le priorità e tenga conto di quanto stabilito a livello nazionale, però cercando di avere un modello di istruzione e formazione professionale che abbia elementi, come dicevo prima, di una qualche originalità. Soprattutto la logica, e lo dirà meglio di me il collega Bertschy, è che noi dobbiamo ancorarci per tutta una serie di professioni al sistema produttivo, perché domanda e offerta di lavoro sono importanti. Ma sono importanti perché in realtà la riforma così come si è avviata negli scorsi anni parte, secondo me, da due caposaldi. Il primo: è intollerabile la dispersione scolastica, e per dispersione scolastica non mi riferisco solamente all'abbandono, ma anche a queste passerelle in cui si passa da una scuola considerata più impegnativa a una scuola meno impegnativa. Con un problema, che il ministro Bianchi sta affrontando, che è la famosa questione di cosa fare di quelli che si iscrivono alle superiori esclusivamente in attesa di compiere i 16 anni, che sono la data canonica della fine dell'obbligo scolastico.

Io direi che ci sono alcune direttrici che mettono assieme il Dipartimento politiche del lavoro e la Sovrintendenza agli studi. Tra l'altro, il piano di politiche del lavoro - ne parlerà Bertschy - è uno snodo rispetto a questo rapporto fra scuola e formazione. Bisogna potenziare le attività di orientamento, bisogna facilitare i passaggi da un percorso di studi all'altro. Esiste ancora il mito del diploma e lei sa che molto spesso si dice "togliamo il valore giuridico al diploma", addirittura qualcuno dice anche all'università, perché questo crea anche nelle famiglie una spinta talvolta che è contraria alle aspirazioni del giovane.

Migliorare ovviamente il rapporto fra il mondo del lavoro e quello dell'istruzione e la formazione, personalizzare il percorso di apprendimento. Molto spesso - lei vive e ha vissuto nel mondo della scuola - si vedono le persone come delle masse, mentre in realtà ognuno di loro, ognuno dei nostri ragazzi, ha delle vocazioni e a quello dobbiamo attenerci.

Formazione del corpo docente, perché è chiaro che nella formazione non si deve neanche pensare che non solo ci siano gli studenti di serie B, ma anche insegnanti di serie B. E poi naturalmente laboratori, dotazioni strumentali: quando si citano alcune scuole come il Don Bosco è chiaro che c'è una evoluzione tecnologica di cui loro riescono a tenere conto.

È chiaro che c'è il piano di politiche del lavoro, ci sono i finanziamenti comunitari che diventeranno molto importanti, l'istruzione resta uno dei capisaldi nell'obiettivo 2030 dell'Unione Europea.

Io darei la parola al collega Bertschy e le do il "compitone" scritto.

Presidente - A integrazione, assessore Bertschy.

Bertschy (AV-SA) - Un minuto velocissimo, anche perché il tema è di grande importanza oltre che vasto e purtroppo lo trattiamo a un orario in cui non c'è questo momento, ma tre cose importanti. Intanto trovo che sia stato ancora una volta ben portato in aula, perché è il momento giusto per parlare di queste cose. Con il collega Giulio Grosjacques, con il collega Aggravi e con la collega Erika Guichardaz abbiamo lavorato insieme sul piano politiche del lavoro e avremo a brevissimo la possibilità di confrontarci su quel documento, che definisce anche alcune strategie ma non solo.

La formazione professionale e soprattutto della formazione tecnica sono i temi che ci devono vedere impegnati a tenere in considerazione il fatto che ce n'è bisogno, che c'è un gap da recuperare, ma c'è anche un gap culturale importante sul quale costruire dei percorsi. La prima cosa - in questo periodo mi fa piacere sentire comunque una collaborazione insieme all'istruzione in questa direzione - che bisogna tenere tutti bene a mente è che non è così facile costruire dei nuovi percorsi con i nostri numeri. Quindi dobbiamo capire dove siamo più bravi ed efficaci a sostenere le persone che vanno a formarsi fuori, quindi addirittura magari ad aiutarle anche finanziariamente per andare ad affrontare questi percorsi - abbiamo firmato un anno e mezzo fa un accordo con la Regione Piemonte per poter partecipare al loro livello formativo con le loro fondazioni - e costruire qualche cosa. Lo abbiamo fatto come esperimento con la CAS [Cogne Acciai Speciali], con il corso manutentori Industria 4.0: è un primo tentativo che ha messo insieme quasi duemila ore di corso che permetteranno, con delle borse di studio, ai ragazzi di acquisire dopo il diploma ulteriori competenze. Ma gli ITS sono la strada per dare, rispetto a due o tre possibilità di sbocco occupazionale, la sicurezza di farli lavorare. L'aspetto duale è quello che rinforza questi percorsi, perché a una certa età va bene formarsi, ma le persone devono anche cominciare a impratichirsi e a guadagnare qualche cosa, perché altrimenti continuano a costare a livello familiare, e avere la soddisfazione di andare a lavorare.

Io non la faccio più lunga, ma dico che è un tema che assolutamente ci vede interessati a costruire nel più breve tempo possibile il modello, perché quello che oggi ci manca è il modello. È tutto un po' così, lasciato agli interessi personali dei ragazzi, a volte delle famiglie, ma sempre in secondo piano. Noi dobbiamo far crescere il modello della formazione professionale, perché possa diventare appetibile in fase di orientamento e sostenibile nella fase post diploma. Dico solo un dato: dall'inizio dell'anno alla settimana scorsa sono state assunte 1137 persone a tempo indeterminato nei vari settori. L'anno prima nello stesso periodo erano 1282.

Presidente - Per la replica il consigliere Perron, ne ha facoltà.

Perron (LEGA VDA) - Accogliamo certamente di buon grado l'interesse e anche la risposta doppia, perché giustamente questo è un tema che è a cavallo tra i due grandi settori che in realtà si intersecano e se non si ha una visione sinergica dei due, ci ritroviamo magari a costruire delle cattedrali nel deserto che poi non danno i frutti sperati.

Quello che noi possiamo dire per la nostra parte politica, che tradizionalmente è comunque legata a livello nazionale al mondo dell'impresa e della produzione, è che ci sia un interfacciarsi con quel tipo di mondo, con gli attori di quel mondo, appunto per evitare che si creino degli scollamenti che poi ci portano a non avere dei risultati. Questa è certamente la suggestione che vi poniamo, da una parte. Dall'altra - ripeto - siamo decisamente contenti, offriamo una collaborazione su questi temi, auspichiamo che questi temi vengano portati anche nelle Commissioni opportune, perché qui è una visione strategica di lungo periodo e, al di là delle differenze politiche, è proprio il post-Covid, sono i grandi investimenti e anche una nuova ottica che siamo obbligati ad avere, ci consentono di guardare alla Valle d'Aosta nel futuro. Quindi che si vada anche su queste tematiche: al di là delle differenze, noi su questo offriamo un approccio assolutamente collaborativo; ce lo attendiamo e auspichiamo. Quindi vigileremo e siamo disposti a collaborare.

Presidente - Con questo punto interrompiamo i lavori della mattina del Consiglio regionale, che riprenderanno alle ore 15:00.

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La seduta termina alle ore 13:01.