Oggetto del Consiglio n. 728 del 3 luglio 2019 - Resoconto
OGGETTO N. 728/XV - Approvazione di mozione: "Impegno per l'adozione di misure volte a contrastare atti anticonservativi".
Rini (Presidente) - Punto 7 all'ordine del giorno, per l'illustrazione la parola al collega Luboz.
Luboz (LEGA VDA) - Trattiamo un argomento di una tragicità enorme: suicidio, non suicidio politico, purtroppo. Vi è una sorta di pudore spontaneo nel trattare quell'argomento, quasi che un suicida di fatto rimproverasse i vivi di non averlo sufficientemente aiutato. Elsa Triolet scrisse "qu'il n'y a pas de suicides, il n'y a que des meurtres"; non sempre poi sono riportati come tali morti in cui il sospetto sarebbe fondato di un atto anticonservativo, dopotutto la morte è clinicamente definita come arresto cardiaco e quando non esistano ipotesi di omicidio si tende a fermarsi alla constatazione dell'evidenza; ancora i media non danno, quando possono, copertura all'evento per il timore, purtroppo spesso fondato, di evocare un effetto d'imitazione. Da qui occorre partire. Se annunciare un suicidio significa potenzialmente favorirne altri, questa è la prova che per un suicida che compie il passo terminale moltissime persone si trovano in condizioni di disagio profondo, a volte tale, appunto, da metterle sull'orlo e da passare all'atto. Sommariamente riassunto, il tasso di suicidi è un potente indicatore del disagio e della sofferenza di una società nel suo complesso. A maggior ragione, allora, questo fenomeno deve essere indagato attentamente perché può informarci in modo più specifico su quali sono le aree di criticità della nostra popolazione. Dalla risposta data dall'assessora Certan a un'interpellanza delle colleghe Nasso, Russo e Pulz, abbiamo appreso alcuni dati importanti segnatamente alla prevalenza di suicidi maschili su quelli femminili e che, globalmente, vi è un'incidenza del fenomeno nettamente superiore alla media italiana.
Manca però un'analisi più dettagliata del fenomeno ed è questa la ragione di questa iniziativa. Chi si suicida maggiormente: le persone anziane, per caso? I giovani? Chi ha perso il lavoro? Chi ha scoperto di essere malato? Chi è povero? Chi è separato? Chi è senza figli? Esistono differenze d'incidenza del fenomeno nella popolazione urbanizzata rispetto a quella che vive in alta quota? Esistono forse differenze rispetto all'origine etnica di coloro che compiono il passo estremo? Sono solo alcune delle informazioni che potremmo e dobbiamo avere dall'analisi di questo tragico fenomeno.
Pare quasi grottesco impegnare il Governo ad attivare uno studio pluriennale sul fenomeno, e tale sarà per necessità e visti i numeri comunque ridotti della nostra popolazione, che impongono trattamenti statistici improntati alla prudenza, dato che, malgrado il conclamato e crescente disagio sociale, avete deciso di condannare il reparto di salute mentale all'asfissia. Eppure, noi ci proviamo. Perché questo disagio è e deve essere anche il nostro disagio, dell'intera comunità, perché quelle morti sono anche un rimprovero a noi, e forse ognuno di noi ha conosciuto in famiglia o tra gli amici questo dramma, noi che non abbiamo fatto abbastanza, perché se c'è un urlo di dolore che si alza dalla nostra terra, noi lo dobbiamo ascoltare, invece di soffocarlo o d'impedirci di sentirlo tappandoci le orecchie, perché noi, per riprendere la citazione fatta, non vogliamo essere complici di omicidi, se non altro per omissioni di soccorso, ma invece persone che cercano di aiutare altre persone.
Presidente - Apriamo la discussione generale. Ci sono richieste d'intervento? La parola alla collega Russo.
Russo (M5S) - Buon pomeriggio a tutti, relativamente a questo tema, vorrei iniziare con alcuni dati sulla situazione della nostra regione e pure con dati del fenomeno in Italia, perché sono molto utili a comprendere la portata del problema in Valle d'Aosta. In occasione della giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, che c'è stata il 10 settembre 2017, iniziativa promossa dall'organizzazione mondiale della sanità e dall'associazione internazionale per la prevenzione del suicidio, l'istituto nazionale di statistica - quindi un ente con tutte le sue capacità - diffonde un quadro di sintesi del fenomeno rilasciando anche i dati provvisori dell'anno 2016; dai dati emerge che è stata significativa e trasversale, per genere ed età, la diminuzione dei suicidi nel ventennio 1995/2015. Siamo a 6,5 casi ogni 100.000 abitanti nel 2015, ciò colloca l'Italia in basso nella graduatoria europea, al di sotto ci sono solo Grecia e Cipro.
Il suicidio è un fenomeno non neutrale al genere ogni 100.000 abitanti deceduto per suicidio: sono10,2 tra gli uomini e 2,8 tra le donne. Il suicidio è un fenomeno legato all'età, si osservano quozienti crescenti al crescere dell'età. A livello territoriale il Nord-Est presenta i livelli di mortalità più elevati il Sud quelli più bassi. Il suicidio è un fenomeno a spiccata stagionalità: andamento crescente nella prima metà dell'anno maggio, giugno e luglio i mesi più critici, e trend in diminuzione nel secondo semestre. I tre modi più frequenti dell'autolesione sono: l'impiccagione e il soffocamento, nel 48,9% dei casi, la precipitazione il 19,2 e l'uso di arma da fuoco ed esplosivi il 12%. Vi è infine un legame con morbosi rilevanti: malattie mentali nel 13% dei casi, malattie fisiche nel 6% dei decessi.
Gli ultimi dati della nostra regione contenuti nel rapporto salva-salute 2017, parlano di un tasso medio di suicidio di 16 unità ogni 100.000 abitanti, più del doppio del dato italiano; guardando i dati ospedalieri del disturbo psichico, la Valle d'Aosta conferma il primo posto in classifica in Italia. Nel 2015 gli uomini dimessi almeno una volta con diagnosi di disturbo psichico sono 77 ogni 100.000 abitanti, in Italia sono 50 e le donne 82, invece in Italia la media è 48. Dal 2006 al 2016, il consumo di farmaci antidepressivi, qui, è passato da 27,86 ogni mille abitanti a 38,2. Qualcosa in più è stato scoperto ed è un dato su cui dobbiamo riflettere: più del 50% dei suicidi avvenuti nella nostra regione infatti, riguarda persone sconosciute alla struttura complessa di psichiatria, non legate a dipendenze di qualsivoglia genere e che non hanno mai subìto un T.S.O, un trattamento sanitario obbligatorio; insomma la maggior parte di questi soggetti è vittima di un disagio latente, sotterraneo, che spesso si tende a tenere nascosto per non guastare la propria immagine esterna o quella della famiglia di cui si fa parte o del proprio gruppo di amici di appartenenza.
Forse è il caso d'iniziare a parlare in modo attento e sistematico di quello che a tutti gli effetti sta diventando un fenomeno sempre più grave e incidente nella nostra regione. Ma c'è una responsabilità da parte delle istituzioni nel non saper intercettare questo crescente disagio? Il fenomeno è complesso, molto complesso, e richiede una risposta complessa e in questa risposta bisogna tenere conto di tutti gli attori che possono arrivare a costruire la salute. A mio avviso, dobbiamo passare da un paradigma dell'assistenzialismo a un paradigma della proattività, dove ognuno deve fare il suo pezzo, l'individuo, la rete di cui l'individuo fa parte, quindi gli amici, i familiari, i colleghi di lavoro, le istituzioni pubbliche e quelle private. La questione è multidisciplinare ma è anche multi-contesto.
C'è poi una questione legata all'accessibilità dei servizi: secondo i dati, più della metà di chi ha un disagio mentale non riceve assistenza, ma non la riceve per due motivi molto diversi. La situazione del dipartimento di salute mentale della nostra regione è in fatica ormai da diversi anni, in più i professionisti formati per raccogliere il disagio mentale ci sono, ma fanno molta fatica a essere contattati perché c'è una sorta di stigma, di cui abbiamo già parlato diverse volte. Chi ha male ad un ginocchio, faccio un esempio ovviamente banale, va da un ortopedico, chi soffre invece di questi problemi non si rivolge a uno psicologo, perché c'è a volte la convinzione che dallo psicologo ci vanno i matti o ancora: che cosa può fare un estraneo per me? Il primo e unico contatto diventa per molti quindi l'ambulatorio di medico di base. C'è poi la questione della prevenzione di questo fenomeno che deve passare, che può e deve passare, attraverso i medici di base. Si sta lavorando su questa relazione a livello nazionale - spero stia avvenendo anche a livello regionale - e sta in particolare prendendo piede il modello anglosassone delle cure primarie integrate: un lavoro integrato tra il medico di base, lo psicologo, lo psichiatra e neuropsichiatra, sia sotto forma di formazione ma anche con l'operatività concreta, fondamentale per questo fenomeno ma valido per la presa in carico di tutte le patologie sanitarie.
C'è poi una componente importante, soggettiva di ognuno di noi che ha conosciuto un individuo che si è tolto la vita. Quando si viene a contatto con un caso di suicidio, sono tanti quelli che ripetono: "ma non mi sono accorto di nulla, non ci sono stati segnali". Ma è davvero così? I segnali normalmente ci sono, è chiaro che non sempre sono così espliciti e diretti e a volte vengono lanciati in modo diverso e in diversi contesti, per cui è difficile riuscire a capirli. A volte c'è l'isolamento, c'è la chiusura, e ci sono i cambi di umore. Spesso i malesseri possono essere legati al lavoro, o alla mancanza di lavoro. Il problema... scusate se lo dico, però è così, è che non sempre abbiamo voglia di prestare la giusta attenzione a questi segnali perché si è persa la dimensione dell'ascolto. Quando qualcuno sta male facciamo fatica ad ascoltare, poi con alcuni tipi di sofferenza, tipo questa, cerchiamo di evitare di entrare in contatto, perché ci fa molta paura. È umano ma è così. Non è semplice soprattutto in un contesto nel quale la nostra società ci spinge a essere performanti, dove i limiti devono essere sempre negati e anche le fragilità nascoste, difficilmente riusciamo a mostrare le nostre debolezze a meno che non ci abbiamo fatto pace, e pochi di noi hanno fatto pace con le proprie debolezze. Riprendo qui l'importanza della proattività, dove ognuno deve fare il suo pezzo, l'individuo e la rete, le istituzioni pubbliche e le private, la questione è multidisciplinare ma anche multi-contesto ed è l'unico approccio possibile per la prevenzione di questo fenomeno.
Voteremo a favore di questa mozione, ovviamente faccio anche la dichiarazione di voto, in quanto è necessario tenere alta l'attenzione su questo problema concreto e che lascia sempre, in tutti noi, un senso d'impotenza e d'inadeguatezza.
Presidente - Altri? Ha chiesto la parola la collega Pulz.
Pulz (ADU VDA) - Buon pomeriggio a tutte e a tutti. Ci sono fenomeni drammatici che toccano tutte le comunità, alcune in modo più forte di altre, ed è comprensibile forse, in un certo senso che proprio questa tipologia di emergenze venga rimossa e anche ipocritamente espunta dalla narrazione pubblica, secondo il classico meccanismo di difesa, in questo caso della rimozione collettiva di cui parla Freud.
In Valle d'Aosta c'è innegabilmente un problema forte di disagio sociale ed esistenziale, lo si registra proprio nell'inquietante numero di suicidi a cui era già stata dedicata una interpellanza, come ricordava il collega Luboz, un numero più alto rispetto a tutte le altre regioni italiane, e lo si nota anche nei dati relativi all'abuso di alcool, sebbene questo sia un fenomeno, purtroppo, socialmente accettato nella sua dimensione discutibilmente ludica. È giusto quindi che il Consiglio regionale tenga alta l'attenzione su questi dati tanto preoccupanti e mi associo nell'esigenza espressa di avere numeri più precisi e una profilazione più attenta delle persone, anche se la collega Russo ci ha aiutati, delle persone che si tolgono la vita, che, anche di recente, hanno fatto questo gesto inconsulto nel nostro territorio che apparentemente è agiato, coeso, composto di piccole comunità, ma che evidentemente non sempre riesce a fare tesoro della sua particolarità, uno specifico antropologico che in certe situazioni, da risorsa, può anche trasformarsi in condanna. Ecco il dato che mi colpisce - scorrendo i numeri che l'Istat ha diffuso e già ricordato poco fa, e che quindi non sto ad approfondire - è proprio la componente di genere, come poteva non colpirmi: gli uomini sono infatti molto più numerosi delle donne. Questo elemento oggettivo deve interrogarci sul perché l'assistente sociale, i presidi sanitari e il volontariato, molto attivo nei territori comunali, ancora non riescano a intercettare questo disagio e a porvi rimedio, o almeno a lanciare un giusto campanello d'allarme. C'è forse un problema anche culturale nella narrazione del disagio e nella capacità proprio di esprimere una richiesta di aiuto. Come si può fare allora in fase preventiva a intercettare i problemi profondi degli individui in relazione a una forte prevalenza del genere maschile verso la caduta in un gesto così estremo. Sicuramente bisogno imparare ancora a leggere i numeri che fotografano una società non più abbastanza attenta, per certi versi anche a volte indifferente, a volte chiusa. Una società dove soprattutto gli uomini - e soprattutto di una certa età - incontrano proprio la difficoltà a chiedere aiuto.
Allora chiaramente anche noi ci associamo nella richiesta che la U.S.L. istituisca un tavolo permanente di osservazione per monitorare in maniera puntuale e capillare questi contesti di disagio e d'isolamento. La perdita del lavoro oppure un ambiente familiare problematico, elementi esistenziali che degenerano in un malessere profondo, non sempre sono facilmente intercettabili dai presidi medici o assistenziali. Come spesso accade, ci sembra che anche qui il problema sia tutto culturale, e che si debba lavorare su una maggiore sensibilità all'attenzione di prossimità, sia da parte degli operatori che più in generale da parte dei cittadini tutti, perché tutti possiamo essere preziosissimi alleati nel contrasto al disagio, nelle nostre piccole comunità dove il controllo sociale è, nel bene e nel male, ancora molto, molto forte. Porre attenzione al reddito, alle reali condizioni di vita, alle relazioni sociali, all'inserimento dell'individuo in una rete relazionale sana e collaborativa, sono tutti elementi che possono aiutare ad avere una visione più attenta del fenomeno; anche chiaramente l'insorgenza di patologie psichiatriche, di questo abbiamo parlato molte volte in quest'aula, quelle patologie possono portare al suicidio, chiaramente sono legate anche alla capacità del contesto familiare e relazionale d'intercettare l'insorgenza dei problemi, in modo che il servizio sanitario se ne possa fare carico con tutti i problemi del caso, che abbiamo già evidenziato tante volte.
Il 70% dei suicidi avvenuti nella nostra regione riguarda persone tra virgolette sconosciute alla struttura complessa di psichiatria, cioè persone non legate a dipendenze varie, persone che non hanno mai subito un trattamento sanitario obbligatorio, la maggior parte di questi soggetti è vittima di un disagio latente, di un disagio sotterraneo che spesso viene tenuto nascosto sia per non guastare l'immagine della regione, del paese, della famiglia, o anche del proprio gruppo di amici.
Il lavoro è senz'altro molto complesso, riguarda tanti fronti e pensiamo che l'amministrazione tutta debba attivarsi a diversi livelli per dimostrare di non sottovalutare questa che è una vera e proprio emergenza, visti i dati regionali, e per dare un segnale fondamentale ai cittadini che non sono soli di fronte al disagio, a meno che non dovrebbero esserlo, perché con il senno di poi siamo pronti a piangere e a lamentarci, perché di fatto nessuno ha saputo cogliere questo grido di allarme che a volte è anche silenzioso, e allora forse è il caso d'iniziare a parlare in maniera sistematica di quella che a tutti gli effetti sta diventando, lo è già, una piaga sociale sempre più grave, come ha spiegato, meglio di tutti gli altri, magistralmente, Arthur Schopenhauer. Non poteva mancare, in questo caso, la sua illuminazione, Schopenhauer ci dice "il suicida è uno che, anziché cessare di vivere, sopprime solo la manifestazione di questa volontà, egli infatti non ha rinunciato alla volontà di vita ma solo alla sua vita, cioè non tollera più la manifestazione specifica che è la sua vita, non vivere in generale". Chiaramente noi quindi siamo assolutamente a favore di questa mozione.
Presidente - la parola alla collega Minelli.
Minelli (RC-AC) - Abbiamo ascoltato con attenzione l'esposizione del collega Luboz, che è il primo presentatore di questa mozione, e gli interventi che sono seguiti, la competenza della collega Russo, le parole della collega Pulz,. Condividiamo quello che è stato esposto. Il mio dubbio riguardava soltanto una parte legata all'impegnativa; in particolare, laddove si parla di criteri maggiormente analitici per lo studio che si richiede di fare, sono indicati come parametri, come criteri: l'età, la provenienza, l'etnia e la residenza, parametri che, se si vuole, si possono prendere in considerazione in uno studio analitico. Credo però che nell'esemplificare ci siano dei parametri che sono maggiormente indicativi rispetto per esempio all'etnia, ad esempio alcuni di quelli che sono stati citati dalla collega Pulz, come il reddito, il contesto sociale e familiare e la presenza di disturbi psichici. Quindi troverei più corretto o non indicarli o indicarli tutti, insomma. Secondo me questa mozione ha sicuramente importanza, uno studio analitico deve essere fatto, ma o elenchiamo tutti i criteri o lasciamo semplicemente che sia uno studio analitico, perché altrimenti mi sembra che l'impronta che se ne vuole dare è legata più a una questione di appartenenza a un tipo di comunità che non è il nostro. In realtà abbiamo persone che vivono qui che provengono da molti Paesi e sappiamo purtroppo - credo che siano gli unici dati forse non scientifici ma ricavati dalle informazioni che si hanno attraverso gli organi di informazione - che la maggioranza dei suicidi che si verificano nella nostra Regione sono di persone residenti, quindi dobbiamo interrogarci anche sul sostegno, o sulla mancanza di sostegno, che la nostra comunità dà alle persone in difficoltà. In ogni caso è una mozione che ovviamente appoggiamo.
Presidente - Altri? Possiamo chiudere la discussione generale? Discussione generale chiusa, in replica la parola all'assessore Baccega.
Baccega (UV) - Esordiamo questo pomeriggio proprio con una mozione che tratta il dramma di questi fenomeni richiamati in una mozione - certamente condivisibile da tutto il Consiglio - la quale richiama già interventi fatti in quest'aula. Avevo ascoltato con grande attenzione il dibattito che si era tenuto nell'ottobre 2018 a seguito dell'interpellanza delle colleghe Nasso, Pulz e Russo. Inoltre ho ascoltato con altrettanta attenzione le risposte che pervenivano sia dalla Giunta che dall'assessore Certan la quale ha fornito una serie di dati importanti e significativi sui suicidi e sui tentativi di suicidio relativi agli ultimi anni nella nostra regione. Darei per acquisiti quei dati che ha trasmesso la collega Certan, aggiornando alcuni passaggi rispetto ai nuovi dati di cui siamo entrati in possesso per avviare questo percorso, questo dibattito, i quali potranno poi essere integrati con i dati nazionali che in questo momento ha snocciolato la collega Russo. Nel 2018, in Valle d'Aosta, ci sono stati 24 casi di suicidio con un rapporto maschi/femmine di 16 a 8. Nel primo trimestre del 2019 vi sono stati 8 casi di suicidio con un rapporto 4 e 4, maschi e femmine, di cui due di questi casi con più di 90 anni. Da un'analisi di questi dati è evidente che il rapporto maschi e femmine vede coinvolti di più i maschi, di cui l'età media è decisamente elevata in quanto la maggior parte si colloca in un'età tra i 65 e gli 80 anni. Un'ulteriore analisi più approfondita di questi dati del 2018 evidenzia che due casi sono avvenuti con associato un omicidio del congiunto; una persona non era residente in Valle, otto casi con età superiore ai 70 anni, quindi un terzo dei casi e, rispetto alla residenza, ci sono 5 casi in un solo comune della Plaine e 4 casi ad Aosta. Per il resto sono distribuiti su tutto il territorio: non sto a citarli adesso perché non è simpatico, ma per un ulteriore approfondimento sono tutti ben indicati. Circa il 30% dei pazienti deceduti non era conosciuto al dipartimento e il restante 70% non si era mai rivolto ai servizi pubblici, né era mai stato indirizzato. Quindi non aveva nessun tipo di rapporto né con le organizzazioni che si occupano di assistenza alle persone né con i Servizi e di questo 30% la diagnosi era disturbo bipolare e depressione maggiore.
Per il 2019, degli 8 casi indicati, si evidenzia che soltanto tre soggetti erano in carico al dipartimento di salute mentale. Dai dati ottenuti dal servizio informatico si rileva che tra le diagnosi di dimissioni è stato evidenziato che negli anni della crisi si sono incrementati i ricoveri partendo dal 2010, con 15 casi fino ai 29 casi, appunto, del 2018. Il dato relativo al primo semestre 2019 non è ancora noto, ma è in fase di elaborazione e di verifica. È importante precisare che i tentativi di suicidio spesso sono una richiesta di aiuto e non una volontà di morte. Attraverso il ricovero è possibile una presa in carico ambulatoriale. Va detto che il suicidio rappresenta il risultato estremo di una serie di condotte dannose per la salute ed è la seconda causa di morte, dopo gli incidenti stradali, nella fascia di età compresa tra i 15 ai 19 anni. L'abuso di alcolici, così come quello di altre sostanze, costituisce un importante fattore di rischio. L'alcool rappresenta la sostanza d'abuso più diffusa tra gli adolescenti e il suo utilizzo è associato alle principali cause di morte e ai diversi comportamenti a rischio dei giovani. Coloro che tra gli adolescenti compiono un tentativo anticonservativo hanno più di frequente un disturbo da abuso o dipendenza da sostanze, rispetto a quanti presentano la sola ideazione suicidaria. Dunque questo fatto suggerisce che l'utilizzo cronico di alcool e di sostanze psicotrope possa facilitare il passaggio dall'ideazione al compimento dell'atto.
In un approfondimento con la collega Certan risulta evidente che bisogna anche fare attenzione all'uso di psicofarmaci nelle scuole - fenomeno in evoluzione - e su questo concorderemo la massima attenzione affinché si possa lavorare anche in ottica scolastica. Talvolta il disinteresse della famiglia, la solitudine e il non essere sostenuti da nessuno - spesso in un contesto di scontri fisici, fumo di sigaretta, intossicazione da alcool, abuso di sostanze stupefacenti e talora anche promiscuità sessuale - sono associati a un aumento o a un rischio d'ideazione suicidaria e a tentativi di suicidio. Dal momento che esiste una stretta relazione tra i comportamenti dannosi per la salute e il suicidio, si può sostenere che gli interventi di prevenzione per individuare e per trattare soggetti a rischio suicidario dovrebbero risultare efficaci per un'ampia gamma di comportamenti appunto a rischio. Vi sono inoltre molti casi nei quali un suicidio si verifica nel contesto di una malattia mentale, talvolta non diagnosticata e non curata. A questo proposito, negli ultimi anni, il dipartimento di salute mentale ha organizzato una serie di incontri sul territorio e direi che è stato efficace anche il recente convegno organizzato dalla Presidenza del Consiglio, ovvero "La pratica del dialogo aperto per la salute mentale". In seguito è stato aperto un ambulatorio specifico per gli adolescenti e i giovani adulti al fine d'individuare precocemente i soggetti che rischiavano di sviluppare gravi percorsi psichici. Nel corso dell'anno, grazie a un finanziamento privato, ha preso avvio un gruppo educativo nell'ambito del progetto denominato "Prospettive sicure", rivolto ad adolescenti e giovani adulti con esordio psicotico, in cui vengono svolte attività sportive e socializzanti di gruppo legate alla montagna. L'effetto di questo gruppo è una riabilitazione basata sullo stare insieme e su tutta una serie di strategie di abilità sociale. A oggi una normale pratica clinica di questo servizio è porre una particolare attenzione ai ricoveri di pazienti giovani, all'esordio della sintomatologia con una presa in carico efficace ed efficiente, integrata appunto da un approccio psichiatrico, psicologico ed educativo. La complessità della gestione - l'ha detto poco fa la collega Russo - potrà essere garantita per il futuro solo a condizione di riottenere un organico medico adeguato alle richieste di una popolazione di pazienti così fragile e bisognosa di cure. Ritengo inoltre che per altre attività poste in essere possano esserci ulteriori misure che dovranno e si vorranno adottare per interventi sul fenomeno; il documento di economia e finanza regionale, che andremo poi a presentare, richiamerà alcuni passaggi. Dobbiamo sicuramente dare maggiore informazione e confronto sul tema. Bisogna avviare un'intensa lotta gli abusi: alcool, sostanze stupefacenti, un più attivo coinvolgimento della rete di solidarietà e di volontariato che sostenga nei vari passaggi anche questi percorsi e una più efficace ricerca di medici. Segnalo che nel maggio scorso, quindi qualche mese fa, il concorso per l'assunzione di due nuovi psichiatri è andato deserto, ma nel frattempo ci siamo mossi. Siamo riusciti a ottenere uno psichiatra per 2 settimane al mese che si occupa delle notti; c'è un nuovo avviso per tre posti - peraltro già pubblicato - che scade il 10 luglio e proprio a luglio provvederemo ad alcuni passaggi: alcuni gettonieri e l'azzeramento delle liste di attesa. A novembre riproveremo con i due avvisi per il tempo determinato per ambulatori e per il territorio e l'attivazione dell'ambulatorio per l'autismo è prevista a settembre: il Dottor Di Fiore rientra e ci ha dato disponibilità per la gestione di questo ambulatorio estremamente importante. Stiamo collaborando con il DSM all'organizzazione di un convegno che tratterà a fondo questo tema nel mese di ottobre. Stiamo cercando persone che possono appunto aiutarci in un confronto più ampio, luminari in questo senso.
Nessuno ha voluto condannare il reparto di salute mentale. Purtroppo ci troviamo in una crisi che è una crisi nazionale e, attraverso alcuni interventi che si stanno facendo, qualche risposta cominciamo a darla anche in questo senso. Sono sicuramente pertinenti i suoi quesiti e, per concordare con il relatore della mozione, andrei a fare una semplice modifica alla mozione che riguarda quanto sto dicendo: "impegna l'assessore competente ad adottare le misure necessarie a che il fenomeno descritto sia analizzato anche sulla base di criteri maggiormente analitici" - questo era quello che era indicato - "e a relazionarne alla commissione competente" - fissando anche una data - "entro il 30 novembre 2019", così sappiamo che abbiamo il percorso, cioè abbiamo la possibilità di mettere insieme dei dati e di avere più materiale per poter lavorare ed eventualmente per poter sviluppare altre strategie per sopperire a questa problematica.
Presidente - la parola al collega Luboz.
Luboz (LEGA VDA) - Grazie assessore Baccega, grazie ai colleghi che hanno voluto intervenire a supporto di questa mozione, sì penso che non abbiamo difficoltà ad accogliere quanto da lei suggerito, sarebbe interessante che queste relazioni poi possano diventare strutturali nell'arco degli anni e che il dipartimento di salute mentale possa collaborare con la V° commissione per poter conoscere meglio, analizzare e dare possibili soluzioni al triste fenomeno.
Presidente - Quindi anche se è chiusa la discussione ma se ci formalizzate solo la modifica, grazie Assessore. L'ha già letta quindi non ne diamo ulteriore lettura, ci sono richieste d'intervento per dichiarazione di voto? Se non ci sono richieste possiamo procedere alla votazione del testo emendato, la votazione è aperta. Votate colleghi. Chiudiamo la votazione.
Presenti: 33
Votanti: 33
Favorevoli: 33
Il Consiglio approva all'unanimità.