Resoconto integrale del dibattito dell'aula. I documenti allegati sono reperibili nel link "iter atto".

Oggetto del Consiglio n. 553 del 4 aprile 2019 - Resoconto

OGGETTO N. 553/XV - Interpellanza: "Emanazione di norme per le installazioni private all'interno di beni culturali regionali".

Rini (Presidente) - Punto n. 18 all'ordine del giorno. Sta arrivando l'Assessore, aspettiamo che sia in Aula per sentire l'illustrazione. La parola al collega Cognetta per l'illustrazione.

Cognetta (MOUV') - Con questa interpellanza vorrei chiedere all'Assessore alla cultura un aspetto riguardante il Castello di Pilato di Nus. Dovrei fare un breve riepilogo di quanto accaduto per poi arrivare all'oggetto dell'interpellanza stessa.

Il Castello di Pilato è un castello medievale, sono resti di un castello medioevale che sono al centro del paese di Nus e che, sostanzialmente, sono stati messi a posto negli anni da parte della Sovraintendenza con un certo esborso economico: stavano lì, erano stati in qualche modo allestiti. Ad un certo punto il Comune di Nus decide di dare in gestione o, per meglio dire, in affitto a circa 600 euro l'anno - quindi 50 euro al mese - questi resti per il dehors di un'attività commerciale situata accanto al castello stesso. Ovviamente viene presentata una richiesta e in questa richiesta viene allegato un progetto con il quale si allestisce il dehors. Questo progetto prevedeva sostanzialmente la messa all'interno del castello di tavolini e sedie, un bancone e nessuna opera edilizia. Sostanzialmente venivano appoggiati dei tavolini e delle sedie per fare un dehors, direi una cosa abbastanza banale, semplice e normale. Viene ovviamente chiesto un parere alla Sovraintendenza e la Sovraintendenza dà parere favorevole. Fin qui nulla di strano.

Cosa accade poi? Accade che dopo qualche tempo da questa richiesta e dall'inizio dell'installazione delle suppellettili e dei mobili all'interno del castello, a seguito di una segnalazione di un cittadino, il Comune di Nus fa un sopralluogo, perché pareva che, invece, ci fossero dei lavori all'interno del castello. Si viene a scoprire, da un verbale che ho qui, che il 28 novembre 2017 il tecnico comunale fa un sopralluogo e scopre che erano stati posizionati dei corpi illuminanti, delle lampade all'interno del castello e che si stava realizzando un pavimento galleggiante, ovvero si stavano facendo dei lavori per situare un pavimento sopra il pavimento esistente, oltre ad una serie di altri lavori che non sto ad elencare. In quel momento, vale a dire nel momento del primo sopralluogo, il tecnico comunale dice che non riesce a fare tutto il verbale e quindi va via. Denuncia quindi questa cosa e dice che: "In assenza di autorizzazione sono stati posizionati i corpi illuminanti ed erano in corso i lavori per la realizzazione della pavimentazione. Avendo altri impegni programmati in tale giornata, la sottoscritta si riservava di effettuare la settimana successiva il sopralluogo". Pertanto fa il sopralluogo, ad un certo punto si ferma, va via perché ha altri impegni, torna la settimana successiva - ovviamente preavvisando, c'è scritto - e a quel punto si rende conto che l'abuso c'è; quindi, in sostanza, i lavori sono finiti, bontà loro. Fa poi una serie di foto e sostanzialmente chiede che ci sia un ripristino dei luoghi, perché sono stati fatti senza permesso edilizio. Questo - come dicevo - avviene il 28 novembre. A seguito di questo ovviamente partono una serie di comunicazioni, una parte anche verso l'Assessorato della cultura e il 12 dicembre lo stesso Assessorato, a firma del Sovraintendente, dice che non è un problema il fatto che ci sia un pavimento, dei corpi illuminanti diversi e che differisca rispetto alla prima realizzazione che era semplicemente quella di appoggiare dei tavoli: non è un gran problema, quindi non c'è alcun problema a fare queste modifiche all'interno del castello. A questo punto tutto si risolve molto bene e si dà quindi la concessione definitiva per fare questi lavori.

Ora, al di là del fatto che si potrebbe convenire o meno rispetto alla decisione del Sovraintendente - ma io non ho sinceramente le competenze per poterlo fare, quindi mi rimetto a quanto scritto dal Sovraintendente -, quello che chiedo a questo punto è se ci siano delle norme che regolano le installazioni fatte da privati all'interno di beni culturali e regionali e poi, soprattutto, se è intenzione dell'Assessorato emanare norme per l'assegnazione dei luoghi.

Quello che fa strano, Assessore - e questo sinceramente non lo imputo a lei, perché è una questione che si è risolta tra fine 2017-inizio 2018 e lei non c'era, in sostanza -, e che mi chiedo è questo: com'è possibile che un Comune, sponte sua, scelga di fare un dehors all'interno di un castello? È una cosa che potrebbe essere anche lecita, non dico sia illecita, però mi chiedo: c'è un regolamento, si sceglie così, ognuno sceglie come gli pare? È una cosa che penso a questo punto, sinceramente. Ci sono dei costi fissi? Non ci sono dei costi? Perché questi signori con 50 euro al mese sostanzialmente si sono fatti il dehors, che va bene, però se c'è questa possibilità magari, non so, potrei chiedere qualche castello in giro anch'io! Mi piacerebbe avere in gestione un castello anche a 100 euro, poi magari ci faccio quello che mi pare, un B&B o qualcos'altro, e magari riesco a rientrare nella spesa. Però possiamo aprire questa possibilità a tutti e, vista la magnanimità e la facilità con la quale la Sovraintendenza dà il permesso di sistemare i luoghi, a questo punto possiamo inventarci quello che vogliamo; sarebbe anche un bene, visto quanto ci costano i castelli e quanto ci perdiamo. Se questa è la strada, perlomeno normiamola, altrimenti si creano degli abusi, perché poi la stessa Sovraintendenza è quella che quando apri una finestra da qualche parte ti rovina, è sempre la stessa. Allora ci dobbiamo chiarire e dovrebbe chiarire a certi dirigenti come ci si comporta sempre, non solo a seconda delle situazioni.

Présidente - La parole au collègue Viérin pour la réponse.

Viérin (AV) - In premessa vorrei sottolineare - poi arriverò puntualmente alle richieste, al di là di tutti gli altri aspetti che sono stati toccati - e ci terrei a chiarire la separazione tra il ruolo dell'Assessorato e quello della Sovraintendenza, soprattutto quando si parla di questioni tecniche. Fa un po' paura la parola "chiarire", l'invito a chiarire ai dirigenti quello che devono fare tecnicamente. Io credo che bisogna giustamente separare il ruolo di indirizzo dell'Amministrazione da quello prettamente tecnico, soprattutto per quanto riguarda la Sovraintendenza. Ricordiamo che negli anni abbiamo avuto diverse situazioni. Oggi il ruolo di Coordinatore collima con quello di Sovraintendente, ma potrebbe anche non essere così. La Valle d'Aosta negli anni ha avuto la fortuna di avere una Sovraintendenza unica rispetto al resto del territorio nazionale o altri casi, questo per dire che le norme tecniche e la tutela del paesaggio che in Valle d'Aosta esiste ha garantito negli anni l'evitare della giungla che spesso si vede in altri luoghi. Uno dei valori storici della Valle d'Aosta, visto che in questi giorni si è parlato tanto di quanto è successo in questi 30-40-50 anni... vorrei ricordare che se la Valle d'Aosta ha un certo tipo di territorio - e in quest'Aula abbiamo anche esperti paesaggisti o comunque persone che hanno lavorato in questo ambito -, crediamo e credo che sia dovuto al lavoro fatto, pur nella ristrettezza di certe norme che ci sono e che spesso l'utente giustamente vive magari come un vincolo; è un lavoro molto importante, perché ha permesso al nostro territorio di avere uno sviluppo sostenibile tra quello che è il progresso e quello che è il mantenimento di un'identità territoriale. Su questi sono stati fatti fior di convegni assieme ai professionisti e credo che in premessa vada sottolineato.

Credo inoltre che in premessa vada sottolineata la separazione del ruolo tra le competenze regionali e quelle comunali. Noi non entriamo nel merito o, meglio, noi siamo per un modello federale in Italia, ma siamo anche e soprattutto per un modello di federalismo valdostano. Ne abbiamo parlato tanto con i colleghi in questi anni: ridare oggi un'identità e un'autonomia comunale significa rimettere risorse dopo il periodo di ristrettezza che c'è stato e riuscire, pur in un'ottica di indirizzo generale, a rispettare l'autonomia dei propri Comuni, chiaramente in sinergia con i territori. Questo per dire - e ci tornerò - che certe cose sono state espletate dal Comune e che sono di rilievo del Comune.

Separerei poi i beni di proprietà pubblica con i beni di proprietà privata (ce ne sono ancora). Negli anni la Valle d'Aosta ha investito tanto per riacquisire il patrimonio culturale. L'ultimo acquisto - vi ricordiamo - è stato quello di Arnad in termini di castelli, castello che stiamo restaurando con fondi europei e anche con i fondi del gioco del lotto. È una norma poco conosciuta: il gioco del lotto ogni anno destina per i beni culturali. In questi anni abbiamo per esempio restaurato Saint-Léger e, nel primo anno in cui avevamo acquisito il Castello di Arnad, anche il Castello di Arnad. Approfittiamo per dire che quest'anno riapriremo il Castello di Arnad durante l'estate per l'iniziativa "Châteaux ouverts". Questo comunque per dire che sui beni esistono delle norme.

Venendo quindi alla prima domanda: "quali norme regolano le installazioni private", le norme sono ben precise, perché regolano gli interventi e le attività riguardanti i beni culturali, sia regionali, sia di proprietà di altri soggetti - ecco perché ho voluto fare la distinzione - e sono stabilite dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, che è il Codice dei beni culturali del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137. Veniamo al dunque. Le installazioni private all'interno dei beni culturali presenti nel territorio regionale devono essere compatibili con l'esigenza di tutela e conservazione dei beni stessi - ecco cosa valuta la Sovraintendenza - e possono essere realizzate previa autorizzazione proprio della Sovraintendenza regionale, quindi non è l'Assessore che si mette lì e dice: "Vieni, ti aiuto ad autorizzare", che è il contrario di quello che abbiamo discusso ieri. Abbiamo fatto tanti ragionamenti ieri e abbiamo ascoltato tanti interventi. Oggi la separazione tra quello che è il ruolo ininfluente rispetto ad una pratica tecnica è questo: c'è una procedura, ci sono dei dirigenti competenti che valutano in base a delle norme e alla sensibilità dirigenziale - non politica - se questa può essere autorizzata. È stata autorizzata, quindi il collega ha ripercorso bene questa cosa. Il Codice dei beni culturali, che ha coordinato in un Testo unico legislativo le disposizioni - vi citerò gli articoli - del 1939 in materia di beni culturali e del paesaggio, ha voluto incentivare la valorizzazione e la fruizione dei beni culturali. Giustamente il collega dice: è interessante che i beni culturali possano anche essere fruiti in questi anni.

Abbiamo lavorato sempre con una regia pubblica, intesa anche e soprattutto come tutela e conservazione, come valorizzazione e fruizione della Sovraintendenza. Lo scopo in tal senso è stato quello di introdurre, accanto alle norme di tutela e conservazione, le disposizioni volte a migliorare le condizioni di conoscenza, di fruizione e, appunto, il Titolo II del decreto legislativo n. 42/2004 è proprio dedicato alla fruizione e alla valorizzazione. In merito ai principi sulla valorizzazione, il Codice stabilisce che alle relative "attività possono concorrere, cooperare e partecipare soggetti privati" (articolo 111). Le attività di valorizzazione possono essere gestite in forma diretta o indiretta; quest'ultima può essere attuata tramite concessione a terzi mediante procedure ad evidenza pubblica (chiaramente l'ente che se ne occupa). Adesso si ricorre "mediante valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria ed efficacia" (articolo 115). "Lo Stato, le Regioni e gli altri Enti pubblici territoriali possono concedere l'uso dei beni culturali che abbiano in consegna, per finalità compatibili con la loro destinazione culturale, a singoli richiedenti" (articolo 106). Le installazioni private a carattere commerciale all'interno di questi beni culturali di proprietà pubblica sono molte. Pensiamo ai bookshop, che è una delle cose su cui dovremmo continuare ad interrogarci: i bookshop sono molto importanti nella legge di riforma del turismo che presenteremo a breve. Questa possibilità è prevista attraverso l'Office, l'ente unico di formazione. Intanto in questo periodo inizieremo a vendere i manifesti della Fiera di Sant'Orso, cosa che non si faceva e, se poi per esempio si va in Camargue, all'Office si può comprare il manifesto della mostra che c'è stata quell'anno o negli anni precedenti.

Nel caso specifico del Castello di Pilato che il collega solleva, si tratta di un bene di proprietà del Comune di Nus, quindi è il Comune che ha fatto le procedure e ha richiesto il parere per l'installazione di un dehors a servizio di un esercizio commerciale esistente condotto da terzi, com'è stato ricordato. L'autorizzazione è stata rilasciata dalla Sovraintendenza prestando attenzione alla conservazione del bene e alla sua continuità vitale. Abbiamo chiesto ai tecnici quali erano stati i parametri di giudizio: in primo luogo è stata valutata la compatibilità dell'installazione con le esigenze di tutela di conservazione, verificando che gli interventi necessari per l'uso previsto non comportassero dei danni, fossero reversibili e non mortificassero il bene - cito, perché anch'io non ho le competenze, come il collega diceva - e poi è stata valutata da loro la proposta, affinché questa garantisse una gestione attiva giornaliera oculata del bene, una promozione del territorio. Ci fermiamo qui.

Per quanto riguarda la seconda domanda sulle intenzioni, io credo che sia al di là della mia e della nostra sensibilità; credo anche che potrebbe essere un argomento da portare in discussione in quest'Aula. Al momento c'è da sottolineare che non esiste una richiesta in tal senso. Pertanto, al di fuori del caso citato, che ha avuto il suo iter, non esiste oggi in Valle d'Aosta una richiesta. Bisognerà sicuramente interrogarsi, al di là dei privati, sui soggetti che operano sul territorio. Penso al Castello di Arnad, che nascerà come castello profondamente legato all'enogastronomia. Visto che è l'ultimo in termini temporali e il restauro sta andando in una certa direzione anche di fruibilità per andare a viverlo in un certo modo - e poi si presta anche nella sua connotazione -, ad oggi non si riavvisa la necessità di emanare ulteriori norme rispetto a quelle stabilite da questo decreto n. 42 del 2004 per assegnare dei beni a privati, soprattutto in considerazione dell'assenza di richieste. Ad oggi si è ritenuto più utile valutare caso per caso da un punto di vista della tutela e, soprattutto, anche dal punto di vista della regia dell'Amministrazione, dell'Assessorato e non solo di questo Assessorato, sui diritti della rete dei beni culturali - concludo, Presidente - , quindi di valutare caso per caso per ricercare nel rispetto delle esigenze di tutela e conservazione la soluzione ottimale, tenendo conto della qualità architettonica, del significato, della connotazione, in che zona si trova e, soprattutto, anche il contesto sociale ed economico di un'eventuale iniziativa, nonché di come questa si colloca nelle ricadute in termini anche economici sul territorio.

Qualora dovesse emergere la necessità di una maggiore disciplina in materia, sarà sicuramente nostra cura portare all'attenzione di questo Consiglio la possibilità di normare ulteriormente questa disciplina.

Presidente - La parola al collega Cognetta.

Cognetta (MOUV') - Vede, Assessore, sono anche d'accordo su alcune cose che ha detto, però quello che mi fa specie sa cos'è? È vero che c'è una separazione dei ruoli, però quando emergono situazioni non chiare penso che anche chi svolge un ruolo politico debba in qualche modo... forse ho sbagliato a dire "dare indicazioni", ma quantomeno avere dei chiarimenti approfonditi sulla questione. Perché? È vero che i dirigenti devono gestire, ma le indicazioni le diamo noi. Noi diamo degli indirizzi, normiamo, dovremmo normare. Lei mi dice giustamente che, previa autorizzazione, si possono fare. Il problema qui è che prima hanno fatto e poi sono stati autorizzati, il che mi lascia perplesso sulla procedura, comprende? Ripeto, non è una questione rispetto al ruolo politico, però a questo punto noi ci dobbiamo interrogare su che cosa? Questi dirigenti fanno come gli pare? Parrebbe di sì. Va bene che abbiano autonomia, anche i Comuni hanno autonomia. E chi gliela vuole togliere? Per carità! Però, se poi gestiscono le cose in maniera ad personam, allora forse ci dobbiamo interrogare anche su come viene utilizzata l'autonomia, perché non vale solo per la Regione, vale anche per i Comuni. Se tu abusi della tua autonomia e la utilizzi in maniera poco corretta, allora qualcuno dovrebbe in qualche modo correggerti il tiro, perché vuol dire che non la stai usando bene. E questo mi sembra il caso. Non è stata fatta un'evidenza pubblica, sono state fatte delle modifiche autorizzate dopo che sono state fatte e noi, in qualche modo, dovremmo spiegare che così non va bene. Non credo che esuli dal compito del politico. Se poi non c'è la norma, facciamo la norma, gliela spieghiamo e gli diciamo: "Così non va bene", perché sennò diventa arbitrario.

Per quanto riguarda poi il discorso più generale che ha introdotto lei - e qui vorrei dare una risposta più politica -, valutare caso per caso è un sistema che funziona nel momento in cui i casi non sono casi singoli. Mi spiego meglio. Se noi non normiamo e arriva domani da lei un privato che chiede l'utilizzo di un certo bene, non essendoci una norma, lei può decidere - rispetto a quello che dice il dirigente - cosa fare. Però diventa arbitrario, perché poi se tra sei mesi ne arriva un altro che fa la stessa cosa sarà di nuovo arbitrario, e così via. Direi che per prevenire sarebbe meglio quantomeno cominciare a riflettere su cosa è giusto e corretto fare da parte dei privati all'interno dei beni culturali in senso generale, magari anche sollecitando delle richieste, perché in questo caso, ad esempio, non c'è stata nessuna evidenza pubblica, un privato è andato lì e ha detto: "Posso usare questa roba?" e gli è stato detto: "Sì, certo, tanto non c'è nessun altro, nessuna gara, assolutamente nulla". Potrebbe succedere anche per altri beni. Non vorrei che accadesse, perché sembrerebbe una cosa arbitraria, fermo restando che, per quanto riguarda il ripristino dei luoghi, voglio poi capire come saranno ripristinati, visto che sono state fatte delle installazioni anche sul tetto - ho qui le foto - che, immagino, in qualche modo avranno impattato sulle mura del castello. Va bene che noi diamo l'indirizzo, ma se non controlliamo che indirizzi diamo? Diamo degli indirizzi che poi ognuno se a bontà sua vuole seguire è bene, sennò fa come gli pare. Questo, secondo me, non è corretto.