Oggetto del Consiglio n. 348 del 24 gennaio 2019 - Resoconto
OGGETTO N. 348/XV - Reiezione di mozione: "Impegno del Presidente e del Governo regionale a prendere contatti con le altre Regioni italiane al fine di condividere iniziative riguardanti l'applicazione del "decreto sicurezza", a riferire gli esiti alla Commissione consiliare competente e a impugnare la legge 132/2018".
Rini (Presidente) - Passiamo all'esame del punto n. 45 all'ordine del giorno. La parola alla collega Minelli per l'illustrazione.
Minelli (RC-AC) - La mozione che presentiamo quest'oggi unitamente alla collega Pulz, e che abbiamo deciso di non rinviare rispetto ad altre iniziative in ragione del fatto che riveste carattere di urgenza, riguarda il decreto 113/2018, poi convertito in legge n. 132, il cosiddetto "decreto sicurezza". In realtà avevamo già presentato questa iniziativa sotto forma di risoluzione nell'ultimo Consiglio, che si è concluso con la mancata discussione di alcuni provvedimenti, tra cui questo. Durante la riunione dei Capigruppo, avvenuta all'inizio della passata seduta consiliare, era stata ravvisata la non urgenza del provvedimento, cosa che noi abbiamo contestato, in quanto ritenevamo e riteniamo che non si possa considerare non urgente un tema come quello dell'immigrazione irregolare, legato ad un decreto del Governo nazionale che ci coinvolge e mina da più parti i diritti individuali. È un tema che nelle settimane scorse è stato su tutte le prime pagine dei giornali nazionali ed europei e che sta mobilitando gli Amministratori pubblici di Regioni e Comuni italiani, i quali stanno tentando di correre ai ripari per quelle che sono le loro competenze.
La legge n. 132/2018 prevede infatti, tra le altre cose, che alla scadenza del permesso di soggiorno per motivi umanitari i cittadini stranieri non possano più iscriversi all'anagrafe con tutte le conseguenze a ciò connesse. La norma colpisce poi anche i minori non accompagnati e gli stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Si ravvisa da più parti che il decreto in oggetto sia in contrasto con vari articoli della nostra Costituzione, in particolare: con l'articolo 2, laddove il rifiuto di residenza anagrafica limita il soggetto nell'esercizio della partecipazione alle formazioni sociali; con l'articolo 14, laddove l'inviolabilità del domicilio verrebbe incisa da un provvedimento negativo in materia anagrafica; con l'articolo 16, dove la libertà di movimento verrebbe condizionata, se non addirittura disumanamente compressa, in caso di incisione del diritto di residenza, oltre ogni ragionevole protezione di altri interessi pubblici e, infine, con l'articolo 32, che riguarda il diritto alla salute, il quale potrebbe non essere garantito in ragione della differenza di residenza di anagrafica o della mancanza di residenzialità formale.
La Corte costituzionale afferma e statuisce che (cito testualmente): "lo straniero è anche titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce spettanti alla persona". In particolare, evidenzia che questo comporta il rispetto da parte del legislatore del canone della ragionevolezza, dell'espressione del principio di eguaglianza che, in linea generale, informa al godimento di tutte le posizioni soggettive. In queste settimane ci sono state numerose prese di posizione da parte di autorevoli esponenti della Magistratura, della cultura, della società civile, di innumerevoli associazioni umanitarie, che da sempre sono impegnate nell'accoglienza, associazioni sia laiche che cattoliche e, in particolare, della Chiesa italiana. Il Cardinal Bagnasco, Vescovo di Genova e Presidente dei Vescovi europei, si è espresso molto duramente nei confronti di questo provvedimento per il quale ha invocato addirittura l'obiezione di coscienza. Vorrei soffermarmi poi anche sul monito espresso proprio in questi ultimi giorni dal Vescovo di Palermo, Monsignor Lorefice, che invita - uso le sue parole - "a non rimanere in silenzio dinanzi ai disumani decreti che aggravano la sofferenza di chi è vessato da povertà e guerra". A questo si aggiungono le proteste di moltissimi enti e associazioni, cito soltanto la Caritas, oltre a tutto il mondo del volontariato, che in questi giorni più che mai si sono espressi contro un provvedimento che da ogni parte viene considerato lesivo dei diritti delle persone. In molti Comuni italiani i Sindaci si stanno attivando per approfondire tutti i profili giuridici e anagrafici derivanti da questa norma.
La Regione Toscana, in data lunedì 7 gennaio, ha deliberato di fare ricorso alla Corte costituzionale contro il decreto sicurezza in cui si ravvisano profili di lesione delle competenze costituzionalmente garantite alle Regioni, in particolare contro l'articolo 1, sul permesso di soggiorno per motivi umanitari, che aumenterebbe significativamente il numero degli irregolari, e l'articolo 13, relativo all'eliminazione dell'iscrizione all'anagrafe, che di fatto renderebbe invisibili le persone con effetti immaginabili e con conseguenze anche sulla popolazione residente, penso per esempio all'impossibilità di procedere alle vaccinazioni che avrebbe degli effetti sulla popolazione italiana. Altre Regioni hanno annunciato di volere adottare questa stessa linea di comportamento, a partire dal Piemonte, dalla Calabria, dall'Emilia Romagna, dall'Umbria e dalla Basilica; il Piemonte, tra queste, proprio in data 18 gennaio ha dato mandato al suo Presidente di presentare il suddetto ricorso e il Presidente Chiamparino ha pronunciato questa dichiarazione: "Esercitiamo una prerogativa propria della Giunta, facciamo un ricorso sul conflitto di attribuzione dei poteri. Riteniamo che il Governo, con questa legge, in quanto determina effetti su politiche di cui siamo titolari, non abbia rispettato i poteri che la Costituzione attribuisce alle Regioni. Questo perché ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione italiana la Regione, quando ritenga che una legge dello Stato leda le sue competenze, può promuovere una questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge stessa e cioè, in questo caso, a partire dal 4 dicembre 2018, con scadenza il 4 febbraio". Questa è la ragione dell'urgenza che c'era nel passato Consiglio e che c'è, a maggior ragione, quest'oggi. Credo che la collega Pulz, che è cofirmataria della mozione, illustrerà nel dettaglio alcuni aspetti più prettamente giuridici su cui insiste la nostra iniziativa.
In base alle premesse che ho illustrato, noi proponiamo al Consiglio regionale di impegnare il Governo e il suo Presidente innanzitutto a condividere una sfida complessa - perché si tratta davvero di una sfida complessa - che richiede una risposta politica e istituzionale all'insegna del rispetto della dignità della persona, così come è stato statuito dalla Carta dei diritti umani e dalla nostra Costituzione. Inoltre impegniamo il Governo a prendere dei contatti con le altre Regioni italiane, al fine di condividere in particolare il ricorso alla Corte costituzionale, e poi a verificare, anche tramite i servizi sociali e la rete del terzo settore di assistenza agli immigrati, la sussistenza di casi in cui l'applicazione di questo decreto possa portare ad un'effettiva esclusione di persone che abbiano delle necessità e dei bisogni non altrimenti esigibili, in modo da verificarne l'impatto e da mettere in atto tutte le azioni utili ad evitare discriminazioni, diversità e disparità di trattamento. Ancora: impegniamo a riferire nell'apposita Commissione consiliare gli esiti dei contatti che abbiamo evidenziato, a impugnare la legge 132/2018 con specifico riferimento agli articoli 1, 8 e 13 per la violazione degli articoli 2, 3, 10, 97 e 117 della Costituzione, dell'articolo 3 dello Statuto speciale della Regione Valle d'Aosta e dell'articolo 10 della legge costituzionale 3/2001. Infine l'impegno che chiediamo è di coinvolgere attraverso il CELVA gli Enti locali, affinché si adottino nella nostra Regione e per i nostri Comuni delle linee di condotta unitarie per evitare quelle che potranno essere le gravose conseguenze dell'applicazione di questo decreto. Ci rendiamo conto che si tratta di una mozione impegnativa, ma siamo convinti che la nostra Regione possa prendere in considerazione un impegno di questo genere, anche e soprattutto per riaffermare, oltre che l'importanza della garanzia dei diritti alle persone che verrebbero colpite da questo decreto, la potestà legislativa che la Regione ha in alcuni ambiti, in alcuni settori.
Dalle ore 17:28 assume la presidenza il Vicepresidente Rollandin.
Rollandin (Presidente) - La parola alla collega Pulz.
Pulz (ADU VDA) - Volevo sottolineare ancora che questo "decreto legge sicurezza" di Salvini ha introdotto disposizioni che incidono significativamente, in discriminatorio, sulla condizione giuridica del cittadino straniero, ledendo i diritti fondamentali della persona umana, perché crea disparità di trattamento tra i cittadini degli Stati membri e gli stranieri regolarmente soggiornanti.
Il punto però su cui voglio davvero richiamare tutta l'attenzione del Consiglio, anticipato in parte dalla collega Minelli - che ringrazio - sono le conseguenze sugli ambiti di competenza degli Enti locali e delle Regioni perché, per effetto di questo decreto, vengono lese le competenze regionali in materia di assistenza sociale, sanitaria, in materia di istruzione e di formazione di politiche del lavoro. La novità di cui parlava già la collega, della preclusione all'iscrizione anagrafica del richiedente il riconoscimento della protezione internazionale e l'abrogazione della protezione umanitaria, sostituita dai casi tassativi, quelli inevitabili di protezione speciale, rischiano infatti di compromettere l'accesso alle prestazioni sociali erogate dai Comuni, innanzitutto sulla base del presupposto della residenza, mentre il combinato di tutte le disposizioni che regolamentano l'accesso alle prestazioni sociali e sanitarie consente, a nostro giudizio, di sostenere che anche il domicilio dichiarato al momento della formalizzazione della domanda di asilo dovrebbe consentire di accedere ai servizi. Però, finché questo aspetto non sarà chiarito precisamente con circolari interpretative, non si potranno risolvere i problemi pratici legati al fatto che le stesse Amministrazioni si troveranno obbligate a fare affidamento, per individuare i beneficiari dei servizi, in alcuni casi sull'anagrafe e in altri casi no, con assurde complicazioni che avremmo potuto evitarci.
In questi tempi, in cui si è discusso molto del "decreto Salvini", ci sono state rassicurazioni che provengono da più parti. Sappiamo che la stessa Corte costituzionale afferma che le Regioni possono comunque andare oltre i limiti imposti dallo Stato, allargando quindi l'assistenza anche alle categorie che sono state purtroppo escluse dal legislatore statale. Queste rassicurazioni a noi non sembrano sufficienti, perché non tengono conto degli effetti di questa legislazione discriminatoria. C'è il paradosso di una differenziazione regionale nei processi di integrazione, discriminazione che impatterà in modo drammatico sulla condizione dello straniero in Italia, determinando, a seconda del livello di intervento suppletivo della Regione in cui lo straniero si trova, la garanzia o meno degli stessi diritti che ci risulta dovrebbero essere universali e pure inviolabili. Consegnando chi era regolare all'irregolarità, il legislatore statale scarica sulle Regioni un enorme problema sociale di cui forse non ci rendiamo ancora ben conto, perché l'irregolare rimane sul territorio, ma è costretto a nascondersi, diventa un clandestino, lavora in nero, si cura in caso di estrema necessità perché comunque, per fortuna, gli sono garantite per legge le prestazioni sanitarie, almeno quelle urgenti. Gli operatori specializzati non possono però lavorare per integrare lo straniero e qui stiamo parlando di persone che un percorso di integrazione lo hanno già iniziato. E ora cosa diciamo loro? "Ci siamo sbagliati, ora c'è una nuova legge dello Stato che ci dice che non possiamo più occuparci di te, a meno che non ti basti che facciamo l'elemosina".
Io credo sia fondamentale tutelare almeno le prerogative dell'autonomia valdostana, anche sotto il profilo del libero esercizio delle competenze legislative, che consentano alla Regione di adottare politiche che assicurino sul territorio servizi effettivamente universali, nel perseguimento di un modello di autonomia che spero sia anche il vostro, che si distingue per il suo carattere inclusivo e non esclusivo, per un carattere di promozione del benessere di tutti e della convivenza pacifica, attraverso la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo di tutte le persone. Insomma, colleghi Consiglieri, qui a noi pare che serva un po' più di coraggio nell'esaminare le contraddizioni di questo provvedimento, anche per la nostra Regione; contraddizioni che ci impediscono di essere realmente autonomi nel decidere come noi valdostani vogliamo accogliere chi viene sul nostro territorio e che ci obbligano forse anche ad ammettere che negli anni passati non è stato fatto abbastanza da questa Regione nel campo dell'accoglienza.
Per tutto questo noi riteniamo che debba essere richiesto innanzitutto al Parlamento di abrogare il "decreto Salvini" e comunque alla Giunta regionale di impugnarlo come hanno fatto altre Regioni perché, come è già stato detto, i tempi stringono. Noi chiediamo che la Giunta regionale, e in particolare il Presidente Fosson, diano prova di essere davvero diversi dalla Lega di Salvini. Impugnate questo decreto e vi crederemo. Abbiamo purtroppo avuto in questo periodo segnali poco rassicuranti dalla Giunta, non abbiamo ancora digerito - e non lo nascondiamo - la questione del "bando affitti". In quel caso sono stati branditi argomenti tecnici e giuridici molto deboli e contraddittori, pur di salvare l'approccio che i Consiglieri Manfrin e Spelgatti in quest'Aula hanno rivendicato con il solito motto, che ormai abbiamo imparato a memoria: "Prima i nostri, prima gli italiani". Sul decreto Salvini si gioca una partiva decisiva e da che parte sta la Giunta Fosson? Dalla parte di chi vuole difendere l'idea che i territori debbano essere accoglienti? Oppure troverà in questo caso ancora qualche appiglio tecnico per dire che, nonostante la nostra bella autonomia, siamo impotenti di fronte ad uno Stato che ci impone di erigere dei muri? L'invito dello Stato è di adeguarci, ma allora cos'è l'autonomia in questo contesto? È un collutorio con cui ci sciacquiamo la bocca o è una rivendicazione di libertà che ha come obiettivo la giustizia? Vi lascio un attimo per pensare. E davanti a questo decreto, allo spudorato affronto all'idea di giustizia contenuto nelle sue disposizioni, un affronto che condizionerà la vita della nostra comunità valdostana, cosa fa un vero autonomista? Cosa fa chi crede nella Costituzione? E cosa fa un cattolico? Sta dalla parte di Papa Francesco? Se è autentico, io credo sceglie e si schiera.
Presidente, Assessori, credo che dobbiate dirci da che parte state. Ci aspettiamo un'assunzione di responsabilità che sappia andare oltre certi tatticismi politici, abbiate il coraggio di dire "no", abbiate il coraggio di scegliere la giustizia lasciando perdere la convenienza vostra o di questo momento storico avverso. La Conferenza Episcopale Italiana ha scritto di recente (e mi imbarazza dover essere io a ricordarvelo): "Le paure si possono vincere solo nell'incontro con l'altro e nell'intrecciare una relazione. È un cammino esigente questo, a volte faticoso, a cui le nostre comunità non possono sottrarsi. Si tratta di riconoscere l'altro nella sua singolarità, nella sua dignità, nel suo valore umano inestimabile e di accettarne la libertà ". Sono parole, queste, che affondano le loro radici nel Vangelo. D'altra parte credo che mai quanto oggi il Vangelo sia attuale quando dice: "Ero straniero e mi avete accolto". Se volete tradire queste parole, la scelta è nelle vostre mani, però anche la responsabilità.
Presidente - Ha chiesto la parola il collega Mossa; ne ha facoltà.
Mossa (M5S) - A nostro avviso la proposta di ricorso alla Corte costituzionale da parte dei colleghi Minelli, Pulz e Bertin contro il "decreto sicurezza" sembra un po' strumentale. Lo dimostra il fatto che le Regioni che lo stanno promuovendo in tutta Italia sono quelle in cui governa il PD, lo stesso PD (sedicente partito di sinistra) che oggi promuove la campagna elettorale contro il reddito di cittadinanza, contro l'aiuto alle persone povere e in difficoltà. Io ricordavo una sinistra ben diversa un tempo! Riteniamo che siano ben altri i problemi da affrontare nella nostra Regione.
Entrando nel merito, il decreto sicurezza non presenta alcuna distorsione civica, si tratta di un testo dettato dal buon senso. Mi pare, fino a prova contraria, che ai richiedenti asilo continuino ad essere garantiti i servizi di accoglienza e assistenza, così come sono assicurate cure mediche e servizi scolastici per i minorenni. Una volta ultimata la procedura di riconoscimento, se l'immigrato ha diritto ad una forma di protezione può essere iscritto all'anagrafe, possedendo una prospettiva stabile di presenza nel nostro Paese. La nuova normativa è stata adottata a causa dell'abuso che di tale permesso umanitario è stato fatto, "un abuso".
Oltre alla protezione internazionale garantita ai rifugiati che scappano dalle persecuzioni e ai profughi in fuga dalla guerra, in Italia esiste anche una protezione temporanea aggiuntiva che, come in altri Paesi europei, dove esiste, dovrebbe essere straordinaria ed eccezionale, ma per colpa della vaghezza della legge - mi riferisco a quella del 1998, sotto il Governo Prodi - ha prodotto un abuso nel rilasciare i permessi di soggiorno umanitari. L'anno scorso, per esempio, mentre il 16 per cento dei richiedenti asilo ha ricevuto protezione internazionale, addirittura il 25 per cento ha avuto protezione umanitaria. Nel resto d'Europa questa protezione aggiuntiva o non esiste - parliamo di Francia, Belgio e Portogallo - o è concessa "in via eccezionale". Il decreto elimina questo con permessi di soggiorno speciali per immigrati vittime di schiavitù, violenza domestica, calamità naturali, per gravi motivi di salute e per atti di particolare valore civile. Chi ha ricevuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari continua a rimanere legittimamente nel territorio fino alla scadenza del titolo, potendo usufruire di tutti i benefici derivanti dalla sua condizione, a partire dalla possibilità di convertirlo in permesso di lavoro o per il ricongiungimento familiare, laddove però ne ricorrano le circostanze. È quindi evidente l'opportunità, nonostante il cambio di normativa, che viene offerta allo straniero e che questi dovrà accogliere, se davvero ha interesse a rimanere nel nostro Paese, rendendosi protagonista attivo dell'integrazione a cui tende. In caso contrario, alla scadenza, ove non sussistano condizioni per il rilascio di uno dei permessi speciali umanitari previsti dalla nuova normativa, dovrà lasciare l'Italia.
Il permesso di soggiorno per motivi umanitari continua quindi ad esistere, ma viene ora concesso in presenza di ben definite circostanze, a differenza del passato, laddove veniva riconosciuto sulla base della generica previsione di seri motivi di carattere umanitario dai contorni indefiniti. L'ampia discrezionalità, insieme all'interpretazione estensiva della giurisprudenza, aveva portato ad un'applicazione così eterogenea che contrastava addirittura con la stessa ratio giuridica della tutela che, comunque, presupponeva casi di eccezionale e temporanea gravità.
Nel tempo si era determinata una situazione paradossale: un altissimo numero di permessi di soggiorno per cosiddetti "motivi umanitari" comprensivi delle più svariate ipotesi, che comunque non hanno portato all'inclusione sociale e lavorativa dello straniero. È bene ricordare che in tutta Italia abbiamo ereditato un sistema di gestione dei flussi migratori al collasso, una struttura a lungo osteggiata proprio da molti Sindaci, soprattutto dei piccoli centri, che si sono ritrovati a dover fare i conti con centri di accoglienza del tutto sproporzionati alle reali capacità dei territori, una continua emergenza in cui la criminalità organizzata e non ha fatto affari d'oro sulla pelle delle persone, sottraendo il diritto a un'accoglienza dignitosa, così come dimostrato anche in Toscana - visto che l'avete citata nella vostra mozione - con gli scandali nei Centri d'accoglienza straordinari o dando vita a una tratta di esseri umani da destinare alla criminalità o, peggio, come nel caso del macabro mercato di organi.
Con il decreto sicurezza il Governo nazionale sta cercando di dare ordine, maggiore trasparenza e controllo. Certo, come tutte le nuove riforme può darsi che saranno necessarie delle modifiche, ma sempre nell'ottica del bene dei cittadini italiani e non italiani, però in regola nel nostro Paese. Se poi la Regione vuole prendersi l'onere e la spesa che ricadrà su tutti i cittadini valdostani, sia quelli che approvano il "decreto sicurezza", sia quelli che non lo approvano, di fare ricorso alla Corte costituzionale, sarà lei ad assumersi la responsabilità di questa decisione.
Per quanto esposto, il Movimento 5 Stelle voterà contro questa proposta.
Presidente - Ha chiesto la parola il collega Manfrin; ne ha facoltà.
Manfrin (LEGA VDA) - È un piacere intervenire dopo il collega Mossa, visti i rilievi fatti, rilievi puntuali che condivido appieno e a cui aggiungerò soltanto un paio di concetti.
Con questa iniziativa i Consiglieri proponenti chiedono sostanzialmente di impugnare il cosiddetto "decreto sicurezza" o "decreto Salvini" recentemente approvato dal Parlamento italiano. La norma, di cui parlerò dopo, è uno dei provvedimenti cardine di questo Governo, è stata inserita all'interno delle priorità del famoso "contratto di governo" che - come è stato già stato ricordato - è foriero di benefici effetti per la sicurezza del nostro Paese. Con la presente mozione rilevo con piacere che avete dettagliato le contestazioni che, nella scorsa risoluzione da voi presentata nello scorso Consiglio, erano totalmente assenti alla stregua di un'iniziativa di indirizzo politico generico. È quindi con piacere che vado a contestare l'impostazione della vostra mozione con la speranza che alle mie contestazioni di ordine giuridico venga risposto con altrettanta precisione e con altre motivazioni di ordine giuridico, che non ci si farfugli invece con motivazioni di altro carattere che nulla hanno a che fare con il dibattito di quest'Aula, perché parliamo di fatti e di leggi, non certo di indirizzi politici.
Perché voi avete basato l'iniziativa, tra i vari punti di questa mozione, sulla questione dell'anagrafe? Nel paragrafo che avete dedicato all'anagrafe avete fatto tutta una serie di considerazioni legate a quest'aspetto. A grandi linee contestate il mancato rilascio della residenza a coloro che vedono scadere il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Ma vi siete mai chiesti, gentili colleghi, quale sia la ratio dietro questa scelta? E già in parte i colleghi Cinquestelle l'hanno riassunto. Lo dico ancora più nello specifico: è stato ripetuto fino alla nausea quali sono le percentuali reali di aventi diritto di coloro che arrivano nel nostro Paese sul totale degli immigrati irregolari sbarcati in Italia che effettuano la richiesta di asilo. Una percentuale ridottissima (circa il 5 per cento) - parlo delle ultime statistiche, quelle del 2018 - ha ottenuto lo status di rifugiato vero e proprio, quindi con tutti i benefici; un'altra percentuale (circa il 10 per cento) ha invece ottenuto un permesso temporaneo, cosiddetto "sussidiario", per particolari situazioni che mettono in pericolo la vita dell'interessato in caso di ritorno nei Paesi di origine. Ovviamente questo è un permesso temporaneo e quindi le persone che ottengono questo permesso dovranno poi ritornare nei Paesi d'origine. Arriviamo così alla terza opzione, quella interessata dal decreto sicurezza che risulta quella più gettonata, corrispondente a ben il 25 per cento delle richieste totali.
Al di là dell'evidenziare con questi dati che è chiaro che il 60 per cento di coloro che sbarcano non ha alcun diritto di rimanere in questo Paese, possiamo dire che questa protezione umanitaria, peraltro presente solo nel nostro Paese, non esiste da nessun'altra parte in Europa, era il refugium peccatorum nel quale le Commissioni scaricavano una buona fetta di persone che sostanzialmente non avevano alcun diritto di rimanere nel nostro Paese, ma giustificavano la migrazione con i gravissimi cambiamenti climatici: "fa troppo caldo, fa troppo freddo, vengo in Italia così almeno sto un pochino a svernare". Mi preme ricordare in tutto questo che le Commissioni territoriali, incaricate di vagliare le domande e costituite da funzionari di Polizia ma anche di delegati di associazioni umanitarie, hanno rigettato il 60 per cento di queste domande perché infondate.
Detto questo, torniamo al punto: perché è stata ridotta questa formula di status che era un unicum nel panorama giuridico internazionale? Mi pare evidente, lo vediamo nelle motivazioni. Quali sono le materie per le quali vi è l'esclusiva competenza dello Stato italiano? Sono ben riassunte in maniera esaustiva all'articolo 117 della Costituzione. Se per caso non l'aveste letta, mi permetto di ricordarvi alcuni piccoli paragrafi, ovvero: "a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione Europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea" (questa è un'esclusiva competenza dello Stato); "b) immigrazione" (questa è un'esclusiva competenza dello Stato); "h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale"; "i) cittadinanza, stato civile e anagrafi". Pertanto tutti i punti relativi per cui sollevate il conflitto di attribuzione con lo Stato sono infondati nella parte in cui si riferiscono alla questione anagrafica, perché la questione anagrafica, così come quella dell'immigrazione, sono di esclusiva competenza dello Stato. È evidente che quelle parti inserite nelle premesse e nell'impegnativa della vostra mozione sono assolutamente infondate. Nessuno intende discriminare, voglio che sia chiaro, molto chiaro, non come invece avete cercato di scrivere tra le righe di questa iniziativa.
È però bene richiamare l'attenzione su un dato fondamentale. Se un richiedente asilo - in parte è già stato anche anticipato - non ha titolo per rimanere nel nostro Paese, a che titolo gli si dovrebbe rilasciare la residenza? Questa è una bella domanda a cui rispondere, a cui potrete rispondere voi. Una persona arriva qua senza avere alcun titolo, fa una richiesta di permesso, gli viene accordato o non gli viene accordato, ma comunque gli deve essere data la residenza. Mi sembra una cosa assurda!
Avete peraltro anche evocato l'assistenza sanitaria; ora, prima di strapparci i capelli per gli immigrati irregolari, vi siete mai imbattuti in qualche italiano che è andato all'estero, si è iscritto all'AIRE, è ritornato in Italia e poi si è trovato senza i mezzi necessari per potersi pagare un affitto, avere un'abitazione e quindi avere una residenza? Io sì. Ci sono tanti casi in Valle d'Aosta, ci sono tante persone che ad oggi non possono avere una residenza, dormono dove capita e non hanno l'assistenza sanitaria, se non per casi di particolare urgenza. Ricordo distintamente il caso di una persona che mi ha detto di avere dovuto farsi accompagnare fino a Milano in un ospedale gestito da frati comboniani per farsi aggiustare un problema a una gamba, perché qui non trovava accoglienza, qui come da nessun'altra parte, perché per gli iscritti all'AIRE senza residenza in Italia l'assistenza sanitaria non è garantita, a differenza invece di chi sbarca domani. Chi sbarca domani viene preso in carico dallo Stato durante tutto il tragitto della sua richiesta di asilo e quello sì che ha l'assistenza sanitaria, compresa l'assistenza dentaria, gli vengono forniti tutta una serie di servizi, a differenza dei cittadini italiani iscritti all'AIRE.
Veniamo, invece, a quello che considero l'appiglio sociale che avete utilizzato. Avete citato le numerose prese di posizione di autorevoli esponenti e ne avete fatto un elenco interessante. Al di là delle associazioni impegnate nell'accoglienza, delle quali ovviamente possiamo intuire le motivazioni dello scoramento, visto il business milionario che viene a svanire grazie al decreto sicurezza e della Magistratura che, in quanto organo dello Stato, detentore di un potere importante ma soprattutto della necessaria terzietà, dovrebbe evitare di entrare nell'agone politico, ho letto con molto piacere la citazione di diversi esponenti della Chiesa italiana.
Io non voglio rubare il ruolo al collega Distort ed entrare all'interno di un dibattito dottrinale, ma nel mio limite mi permetto di ricordare un paio di piccoli dettagli. Il primo è che non tutta la Chiesa si è schierata su quelle posizioni; a questo proposito devo assolutamente ricordare la recente presa di posizione dell'Arcivescovo di Trieste, così come tanti altri esponenti che, pochi giorni fa, ha dichiarato: "Non esiste alcun diritto ad emigrare, la dottrina sociale della Chiesa è chiara, i popoli devono rimanere nelle loro terre, la politica decide se accogliere o no, la religione deve annunciare Cristo, ma forse qualcuno se n'è scordato". Mi pare che sia stato sufficientemente chiaro e netto. Mi si consenta di aggiungere un altro dettaglio. Mi permetto di citare il passaggio numero 2241 del catechismo della Chiesa cattolica, scritto da una persona, che vi dirò tra poco, che dice: "Le autorità politiche, in vista del bene comune di cui sono responsabili, possono subordinare l'esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del Paese che li accoglie. L'immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi e a contribuire ai suoi oneri". Questo passaggio che vi ho letto è stato scritto da Papa Giovanni Paolo II e credo che definisca nei dettagli quello che si intende per "accoglienza" e quello che io condivido sia l'idea di accoglienza e che dobbiamo applicare.
Torniamo alla questione giuridica. Tra i vostri rilievi, pochissimi e ovviamente assolutamente infondati, ho potuto rilevare come - l'ho già detto prima - vi sia stato sfuggito il concetto di "conflitto di attribuzione". In effetti è stata semplicemente elencata una serie di articoli costituzionali che, secondo voi, sono stati violati dal decreto sicurezza. Il problema, come ho già spiegato, è che non si sollevano così i conflitti di attribuzione alla Corte costituzionale; le Regioni possono ricorrere al conflitto di attribuzione alla Corte costituzionale se rilevano che vi siano leggi confliggenti tra l'ordinamento regionale e quello della legge promanata dal Governo nazionale. Qual è l'unico riferimento che avete elencato quale confliggenza tra la normativa regionale e la normativa nazionale, cioè il decreto sicurezza? Avete citato l'articolo 3 dello Statuto, ma tale articolo, cari artigiani del diritto, fa semplicemente un elenco delle competenze esclusivamente regionali. Prendiamo il decreto sicurezza, che per suo contenuto ovviamente si occupa di sicurezza, di immigrazione e anche di lotta alle mafie, e prendiamo l'articolo 3 dello Statuto che recita quali sono le competenze esclusive della Valle d'Aosta: "industria e commercio; istituzione di enti di credito di carattere locale; espropriazioni per pubblicità utilità per opere non a carico dello Stato; disciplina dell'utilizzazione delle acque pubbliche ad uso idroelettrico; disciplina dell'utilizzazione delle miniere; finanze regionali e comunali; istruzione materna, elementare e media; previdenza e assicurazioni sociali; assistenza e beneficenza pubblica; igiene e sanità, assistenza ospedaliera e profilattica; antichità e belle arti; annona; assunzione in pubblici servizi". Ora, in quale parte di questo articolo 3 confligge il decreto sicurezza? Vi premetto io: nessuna! Mi pare evidente quindi che nel decreto Salvini non sia ricompresa nessuna di quelle che sono le nostre esclusive prerogative. Devo, invece fare rilevare - e questo è molto importante - come proprio il decreto sicurezza sia una legge lungamente studiata, come già spiegato dal collega Mossa e che, come ha già dichiarato anche il Ministro degli interni, Matteo Salvini, sarà presto copiata da numerosissimi Paesi, non soltanto europei. Con questo decreto si interviene sugli sgomberi degli immobili abusivi, come ha già dimostrato Roma con i Casamonica, e con molti centri sociali, a qualcuno molto cari. Sull'occupazione abusiva prevede pene più severe, si stanziano centinaia di milioni a favore delle forze di Polizia e dei Vigili del fuoco, si introduce il teaser e si potenza il DASPO urbano. Sul settore dell'immigrazione si revoca lo status a chi delinque - e questo è un punto molto importante che prima non esisteva e, come descritto, si riduce notevolmente una fattispecie di permesso ad oggi abusato, ovvero quello umanitario. Si stanziano fondi per i rimpatri, si prolunga il periodo di trattenimento nei centri per il rimpatrio, si revoca la cittadinanza ai pericoli per lo Stato e si toglie gratuito patrocinio a che non ne ha diritto. E, ancora, si contrasta il terrorismo con dispositivi elettronici, si istituiscono controlli degli automezzi con il DASPO per i sospettati di terrorismo e viene introdotto il reato di blocco stradale. Infine, relativamente alla mafia o alle mafie - credo sia un argomento su cui questo Consiglio dovrebbe essere sensibile, visti i giorni che stiamo vivendo -, si inseriscono nuovi poteri ai Prefetti sul sequestro e la confisca dei beni dei mafiosi.
Collega Pulz, mi pare avere letto dal labiale che secondo lei l'articolo 3 confliggerebbe nel decreto sicurezza per quanto riguarda la parte sanitaria. La parte sanitaria nel decreto sicurezza non è compresa, questa è una vostra elucubrazione. Voi dite che se una persona non ha residenza non può accedere ai servizi sanitari, capisce che non sta in piedi? Vengo a qualche altra dichiarazione che ho sentito poco fa. Sempre la collega Pulz chiedeva circolari interpretative, ma dovrebbe sapere che si è svolto recentemente un incontro tra l'ANCI e il Ministero degli interni con il quale sono già state emanate delle circolazioni interpretative per evidenziare alcuni aspetti. Questo è stato dichiarato anche dal Sindaco Decaro che è Presidente dell'ANCI.
La collega Minelli ha evocato obiezioni di coscienza, quindi apprendiamo ad oggi che si possono fare delle obiezioni di coscienza sulle leggi che non piacciono. Da oggi si introduce l'applicazione della legge a seconda del fatto che questa piaccia o non piaccia. Ricordo che, nel merito, la possibilità di obiezione di coscienza era stata sollevata sulla questione delle unioni civili e sul punto si era detto: "No, bisogna rispettare la legge" e così è stato fatto, anche dai Sindaci della Lega, perché la legge si rispetta, non c'è obiezione di coscienza contro la legge. Questo vorrei che fosse un dato importante e che fosse evidenziato.
Su quanto ha poi ancora detto, collega Pulz, che viene consegnato il regolare all'irregolarità, lei deve comprendere una cosa: se una persona entra qui senza averne alcun diritto, già commette un reato - parliamo di Paesi civilissimi come gli Stati Uniti, come l'Australia, come il Canada -, viola delle norme che prevedono che tu possa entrare in un Paese se ne hai titolo. Dopodiché, una volta entrato, siccome è entrato regolarmente, fa regolare domanda di richiesta di asilo perché sostiene di scappare dalla guerra, da situazioni di pericolo. Quando la sua domanda viene vagliata dalle competenti Commissioni territoriali, che non sono composte da cattivissime fotocopie del Ministro Matteo Salvini, ma sia da forze di Polizia sia da associazioni, anche cattoliche (c'è una composizione abbastanza larga delle commissioni), se viene reputato che queste persone non abbiano diritto di rimanere qua, non devono rimanere, perché non hanno alcun titolo e non c'è nemmeno bisogno di doverlo evidenziare.
Ancora: io credo che in tutta questa faccenda, come è stato sempre evocato dal collega Mossa, vi sia semplicemente un fine politico, quello di fare un po' di battage mediatico e, senza sapere bene quali sono le motivazioni del conflitto di attribuzione, si cerca di dire: "Noi siamo dalla parte degli stranieri", anzi, è stato detto: "Noi stiamo dalla parte degli stranieri irregolari", che è ben diverso.
Noi l'abbiamo detto più volte: chi viene qui e scappa davvero dalla guerra ha tutto il diritto di venire qui, di essere accolto, ha tutto il diritto di stare sul nostro territorio e di avere tutta l'assistenza possibile, ma chi non scappa dalla guerra questo diritto non ce l'ha, anche per la legge italiana. Sono certo di avere esposto mettendo in evidenza quanto manchino i necessari presupposti per sollevare il conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, e credo che le motivazioni che avete addotto per tale ricorso risultino minate alle fondamenta. Anche la Lega voterà ovviamente contro questa mozione.
Presidente - La parola al collega Sammaritani; ne ha facoltà.
Sammaritani (LEGA VDA) - Sarò abbastanza breve, in quanto il tutto è già stato esposto egregiamente sia dal collega Mossa, sia dal collega Manfrin, riguardo ad alcuni dettagli giuridici di questa mozione, che evidentemente non può essere accolta. Lo dico perché è palese, è chiarissimo e lampante che questa mozione abbia un contenuto totalmente politico e non certo tecnico. Peraltro cito il Governatore dell'Emilia Romagna, Bonaccini, il quale ha detto espressamente che loro, come Regione, avrebbero - e credo l'abbiano deliberato - impugnato questa normativa a livello costituzionale per il contrasto che secondo loro esiste tra alcune norme di vecchia permanenza in ambito anagrafico, non abrogate, e norme che invece con questo "decreto sicurezza" vengono introdotte, ma questi sono temi tecnici che esulano totalmente dal discorso politico, come bene ha sottolineato il collega Mossa. Si tratta di un'azione politica che va a minare o a contestare la ratio di questa normativa che, come già accennato dal collega Manfrin, riguarda tanti aspetti: la lotta alla criminalità organizzata, al terrorismo e ad altri aspetti negativi della nostra società; questi sono sicuramente di minore interesse delle forze più tipicamente di sinistra, lo sono invece alquanto nella tutela degli immigrati clandestini irregolari.
Sono contento di scoprire che la collega Pulz non è solo autonomista, ma è addirittura indipendentista e secessionista, perché vuole introdurre la possibilità delle Regioni autonome di legiferare su temi di natura nazionale e internazionale, quali la pubblica sicurezza e l'immigrazione, quindi la politica internazionale; magari fosse così, ma non è possibile. È importante notare che il discorso che sottende a questa mozione, nella sua esplicazione, per esempio sul fatto che introdurre queste norme aumenterebbe la presenza di immigrati clandestini, mi consenta collega, mi sembra piuttosto banale, poiché è evidente che se fai entrare persone che non hanno diritto di stare nel tuo territorio si cerchi poi di espellerle e, se loro ci rimangono comunque, che aumenti l'immigrazione clandestina. Mi sembra abbastanza scontato. Sono norme di assoluto buon senso perché, come è già stato detto, le figure di protezione sono di diverso tipo: c'è l'asilo politico, c'è la protezione internazionale o sussidiaria e c'è la protezione umanitaria, che è tipicamente italiana e forse di qualche altro Stato in Europa, ma con connotazioni diverse da Stato a Stato. Direi che la nostra è la più ampia, ma è anche la più generica ed è questo che ha creato i problemi e che ci ha motivati a farla scomparire, perché la protezione umanitaria viene concessa per seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. Ad un tecnico del diritto salta subito agli occhi la genericità di questa indicazione, che è probabilmente voluta - e quindi c'è una volontà politica - e che ha creato peraltro grandissimi problemi a livello di applicazione giurisprudenziale.
Forse non lo sapete, ma i Tribunali italiani e la Corte di Cassazione sono intasati da anni ormai di ricorsi in questa materia. Diremmo addirittura che la gran parte, più del 50 per cento dei ricorsi che pendono nelle Corti d'Appello - perché la competenza è delle Corti d'Appello in questa materia, e già in primo grado - sono cause relative alle richieste di permessi di asilo e di permessi di soggiorno. È proprio un male gravissimo della nostra giustizia, che purtroppo è già afflitta da tanti altri mali. Per dare soltanto dei numeri, in Corte d'Appello di Venezia - se non ricordo male erano numeri che raccontavamo in sede di campagna elettorale e politica - mi sembra che il 60 per cento delle cause pendenti riguardino gli stranieri richiedenti asilo. Pensate quindi quali siano i costi e i problemi che creano questo tipo di procedure, ma li creano perché le norme sono generiche, poiché se le norme fossero più precise non ci sarebbero tali problemi. La protezione umanitaria ha questo difetto: era una norma estremamente generica che apriva la possibilità di concedere asilo anche a soggetti che in effetti questo diritto non l'avevano. Facciamo mente locale: nel passato i dinieghi erano circa il 57 per cento, adesso sono arrivati più o meno al 78 per cento (questi sono dati aggiornati); questo vuol dire che di dieci persone che entrano otto non hanno diritto, ma questi otto che non hanno diritto intasano i Tribunali, le Corti d'Appello e la Corte di Cassazione per anni e ci costano mediamente 21 mila euro per ciascuno di loro. Sono tutti soldi che evidentemente vanno buttati via ed è tutta inefficienza della nostra macchina della giustizia.
Faccio una riflessione. Se non si riesce ad accertare - come voi stessi avete detto a proposito delle vostre critiche al nostro "bando affitti" - lo stato patrimoniale di queste persone che vengono in Italia, se non si riesce a capire qual è la loro situazione economica per sapere se hanno o meno dei beni nei loro Stati d'origine e quindi per pensare o meno in quale fascia di reddito inserirli o se hanno diritto ad avere una casa, perché mai, invece, si dovrebbe riuscire a capire qual è il loro status personale e perché scappano dai loro Paesi, se non casi eclatanti come per esempio da Paesi afflitti da guerre, da epidemie, da situazioni di calamità naturale? Questo è un po' contraddittorio e vorrei sapere come si supera questa eccezione. Il fatto è che questo provvedimento non dice che sono del tutto esclusi i casi - l'ha già citato anche il collega Mossa, ma credo anche il collega Manfrin -, ma che sono stati tipicizzati. Ci sono casi particolari, di particolare gravità per cui la protezione umanitaria viene ancora concessa e sono quelli che ho citato sommariamente prima: una calamità naturale, problemi particolari, guerre, cure mediche particolari, atti di particolare valore civile, allora in questi casi queste persone potranno godere comunque della protezione umanitaria in Italia, ma perché saranno ben accertati, ben tipicizzati e non creeranno più alcun tipo di problema neanche alla giustizia per capire se è vero o no che queste persone hanno questo diritto. Questo è il modo di agire che abbiamo inteso applicare a livello nazionale - a livello di Lega e Movimento 5 Stelle, in base al contratto di governo -, vale a dire il buon senso, la semplicità, facendo capire che non siamo razzisti e non ce l'abbiamo con nessuno; cerchiamo di fare soltanto le cose come vanno fatte, con certezza del diritto, con chiarezza e non a prescindere, perché altrimenti creiamo soltanto marasma, non facciamo del bene a nessuno, neanche a queste persone.
Vorrei citare un ultimo dato: di tutte queste persone che arrivano - parliamo dei minori non accompagnati - è vero che qualcuno, soprattutto della sinistra, ha detto: "Io sono orgoglioso delle vite che salvo tutti gli anni", ma io invece sarei più preoccupato delle vite che non salviamo tutti gli anni. Faccio l'esempio dei minori non accompagnati: in Italia ne arrivavano circa 20 mila all'anno. Prima ne arrivavano molti di più, l'abbiamo visto, è un'altra di quelle leggende che venivano spacciate con un "È impossibile fermare l'immigrazione". Peccato che nei primi ventiquattro giorni del 2018 sono sbarcati circa 2.400-2.600 immigrati in Italia; quest'anno sono 155, c'è una bella differenza, e non ci sono state burrasche particolari. Per tornare ai dati di questi minori non accompagnati che erano circa 20-21 mila all'anno, i due terzi scomparivano, come ha già citato prima anche il collega Mossa. È di quelli che ci dobbiamo preoccupare, perché per far venire qui della gente che magari non ha neanche il diritto di venire e poi soprattutto abbandonarla a sé stessa, forse è meglio che non venga.
Presidente - La parola al collega Distort.
Distort (LEGA VDA) - Ringrazio sinceramente senza falsa retorica le proponenti di questa mozione, perché permettono di effettuare dei chiarimenti che ritengo siano assolutamente importanti, non per esprimere la difesa di una posizione politica o ideologica, ma per difendere la verità, semplicemente questo. Perché questa retorica - e in questo caso non uso il termine "retorica" nel senso vero, letterale dell'arte del persuadere, ma lo uso sotto l'assunto di un fraseggio utilizzato allo scopo di arrivare a una certa verità personale - non è dignitosa per nessuno. Però c'è la componente dell'errore, del travisare la realtà e la verità, che è una componente umana. Questo mio intervento non vuole avere la minima presunzione di ergermi ad arbitro, io sono un servo della verità tanto quanto lo siete voi e quanto lo è ognuno qua dentro. In ogni caso è opportuno portare alcuni chiarimenti.
Ho ascoltato le parole con cui la prima proponente, la collega Minelli, si è espressa raccomandando l'urgenza di questo intervento, di questa presa di posizione contenuta nella mozione per una legge che regola l'immigrazione irregolare, minando le leggi umanitarie. Io ritengo che la verità si nasconda tra le parole, lo ritengo sempre ed è esattamente qui. Quello che ha detto è assolutamente vero e contiene già la risposta. Proporre una mozione contro una legge che regola l'immigrazione irregolare: è già tutto contenuto qui, perché se è irregolare vuol dire che noi dobbiamo avere rispetto dei termini che utilizziamo. Per sicurezza, perché non voglio effettuare alcun gioco di prestigio facendole dire quello che non vuole, mi permetta, se così fosse, io ritiro la mia posizione, ma sempre nel rispetto della verità.
La collega Pulz dice: "Sul decreto Salvini si gioca una partita decisiva" ed è vero anche questo. La partita decisiva, vedendola obiettivamente senza i filtri di un'ideologia, è la partita tra migranti sì e migranti no, da un lato, e regole o caos dall'altro. È questa la partita, perché una società che si chiami società e che abbia la dignità di chiamarsi "società", si costruisce attraverso regole e le regole sono alla base essenziale del vivere, altrimenti è una somma di individui in cui vince solo il più forte. La regola è la condizione base che permette a tutte le parti di una società di convivere. A questo punto, la partita diventa - permettetemi - tra un gioco di prestigio ideologico e di buon senso. Preferisco il buon senso. In sintesi, il decreto lo possiamo considerare a tutti gli effetti, con tutta chiarezza, con adesione alla verità, guardandolo in faccia per quello che è, come un passo avanti per rendere l'Italia più sicura, per combattere con più forza mafiosi e scafisti, per ridurre i costi di un'immigrazione sregolata, per espellere più velocemente delinquenti e finti profughi, per togliere la cittadinanza ai terroristi, per dare più poteri alle Forze dell'Ordine. Questo è in sintesi il decreto che oggi, con questa mozione, si vuole mettere in discussione. Aggiungo, dal punto di vista dell'approccio di base, sempre alcune parole accennate dalla collega Pulz: l'incontro con l'altro, lo stabilire una relazione. Sono punti estremamente importanti che condivido, e chi non li condividerebbe? Ma questo incontro con l'altro, questo stabilire una relazione, in che modo si attua se non con il dialogo? E il dialogo, torniamo all'uso delle parole, al senso delle parole, dià-logos, due lógoi che parlano, quindi due entità che si distinguono con quello che è proprio. Questo è il dialogo, questa è la base del dialogo, è il saper colloquiare ognuno con la propria identità, ognuno nella verità della propria situazione. Il profugo è profugo e va rispettato. Il clandestino, che non è riconosciuto come profugo - non da Salvini, ma dalle norme internazionali - non può essere messo alla stregua, perché questo appiattire, questo eguagliare non è assolutamente rispettare la persona, non è rispettare le regole. Non è questo l'atteggiamento corretto di una società matura. Il dialogo presuppone le regole, una società matura presuppone le regole e queste ci sono, che piacciano o non piacciano devono esserci e devono essere rispettate. Questo è quanto impariamo nel momento della crescita, questo è quanto si attua in una società civile.
Quanto ai richiami al Vangelo e al catechismo della Chiesa cattolica, alle idee cattoliche, alla posizione di alcuni membri della CEI, fosse anche il Presidente della CEI, ringrazio per il richiamo, ma ritengo che non sia questa la sede per dare risposte di tipo ideologico, di tipo dottrinale. Le cito semplicemente un'autorità, che è assolutamente autorevole e addirittura al di sopra della CEI: sono le parole di Benedetto XVI in un documento importantissimo, in un documento cardine che ha costituito un caposaldo della dottrina sociale della Chiesa che neanche l'attuale Pontificato ha messo in discussione ed è la Caritas in veritate. La invito a leggerla e a leggere attentamente il concetto di verità declinato nel rispetto della giustizia. È un documento ufficiale della Chiesa cattolica, elemento cardine della dottrina sociale della Chiesa contemporanea.
Concludo questo discorso proprio sotto il profilo della confessionalità perché, come cattolico, io ritengo che ci sia una grande amarezza nel constatare come una parte della gerarchia ecclesiastica stia riducendo la propria missione apolitica, l'annuncio cristiano ad attività umanitaria. Con questo ritengo che la dimensione confessionale non è un fatto di coscienza, ma è qualcosa che permea una società, è vero, però non è un sostituto e non è un elemento o non è una tessera della politica. È il sale della terra.
Presidente - Altri intendono prendere la parola? È chiusa la discussione generale. Si passa alle repliche. Ha chiesto la parola il Presidente Fosson.
Fosson (GM) - Il dibattito è stato ampio su un problema molto serio, anche perché dal problema tecnico-giuridico ci tiriamo dietro anche tutto un problema umanitario che tocca il nostro cuore, non tocca il cuore solo di qualcuno.
Riguardo al ricorso del decreto 132, chiamato "decreto sicurezza", dove nelle premesse ci sono tutti quei richiami alla Corte costituzionale e all'incostituzionalità di questo decreto, mi permetto di dire che questa è una legge dello Stato italiano ed è stata firmata dal Presidente Mattarella. Il garante della costituzionalità di tutte le leggi è proprio il nostro Presidente della Repubblica. Io andrei a vedere il problema tecnico normativo, che non è nascondersi dietro ad argomentazioni e giustificazioni, ma è la strada - quella che il Consigliere Distort chiamava "la verità" - che noi dobbiamo applicare nel nostro percorso amministrativo, vale a dire il rispetto delle leggi. Se si crea comunque una disobbedienza dei Sindaci e delle istituzioni, questo Paese non è più governabile. Dicevo che è stato firmato dal Presidente della Repubblica di un governo che può non piacere, però è un governo eletto democraticamente dal popolo italiano.
Per andare al problema tecnico, le disposizioni oggetto di impugnazione da parte delle Regioni sono solo cinque. Lei mi chiedeva se ci siamo confrontati: molto, e le devo dire che il Piemonte ha aderito all'ultimo per una questione politica, non per una questione di modalità o di contenuti, perché anche il Presidente Chiamparino aveva molti dubbi su questa presentazione di incostituzionalità. Come vede, le Regioni sono cinque: Piemonte, Toscana, Basilicata, Umbria e Marche. Le devo dire che la Toscana, che è stata la prima, ha fatto l'impugnativa e ha presentato una legge sull'immigrazione proprio per affermare che l'impugnativa era stata fatta perché la normativa non rispettava la sua legge regionale; quella legge regionale è stata bocciata nel Consiglio regionale della Toscana. Come vede, quindi, sono solo cinque e non c'è alcuna Regione a Statuto speciale.
Noi abbiamo un coordinamento delle Regioni a Statuto speciale e nessuna di queste ha presentato ricorso, anche perché le Regioni a Statuto speciale hanno delle prerogative, possono aumentare i LEA, possono intervenire, ma questo è tutto uno spazio di cui parlerò dopo per fare vedere che non siamo così sordi alla solidarietà e non attenti. Le Regioni hanno deliberato il ricorso alla Corte costituzionale riguardando in particolare l'abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituito però da permessi per casi speciali (articolo 1) e la previsione di cui all'articolo 13 è relativa all'inidoneità del permesso di soggiorno, per i richiedenti asilo, di costituire titolo per l'iscrizione anagrafica. In ragione della complessità della questione i nostri uffici hanno lavorato, non è che non abbiamo fatto nulla, e non solo l'Ufficio della Presidenza, ma anche l'Ufficio delle politiche del lavoro dell'Assessore Bertschy, e hanno valutato tutti i contenuti del decreto prendendo contatti con le altre Regioni per valutare i profili di ammissibilità e di fondatezza di un'eventuale impugnazione.
Alla luce dell'approfondimento effettuato, abbiamo preso atto che il ricorso alla Corte costituzionale presenta molte criticità per la nostra Regione, non essendo esente da dubbi, sia sotto il profilo dell'ammissibilità, sia sotto quello della fondatezza. Infatti occorre considerare che la Regione, ai sensi dell'articolo 127 - che è l'articolo della Costituzione che prevede i ricorsi - può ricorrere alla Corte costituzionale soltanto se la normativa statale contestata riguarda, come nel caso di specie, materie quali l'immigrazione e la condizione giuridica dello straniero indubbiamente ascrivibili alla competenza esclusiva dello Stato. Lo diceva bene il collega Sammaritani: possiamo ricorrere soltanto se questa norma comporti una lesione delle competenze legislative concorrenti o residuali della Regione, segnatamente nelle materie delle politiche sociali, della formazione o della tutela della salute. Forse proprio per questo "comporti una lesione delle competenze", mi sembra che l'intervento della collega Minelli sia molto diverso da quello della collega Pulz, in quanto la collega Minelli usa dei condizionali, usa il "sembrerebbe", mentre lei, collega Pulz affermava che "potranno esserci gravi conseguenze". Per le Regioni che hanno deciso di fare ricorso, la lesione si determinerebbe in quanto il decreto, nella parte in cui non considera il permesso di soggiorno per richiesta di asilo politico idoneo ai fini dell'iscrizione anagrafica e prevede, per i titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari, il rinnovo del permesso solo alle nuove condizioni, precluderebbe, di fatto, ai richiedenti asilo e a coloro che, non ottenendo il rinnovo del permesso per motivi umanitari, dovessero diventare irregolari, di usufruire degli interventi previsti dalla legislazione regionale, basati sulla residenza o sulla regolarità del soggiorno.
Si tratta di una valutazione che deve essere fatta alla luce di ciò che la giurisprudenza costituzionale ha già ripetutamente chiarito: che un ricorso regionale che invochi parametri diversi da quelli riguardanti il riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni, come per esempio nel caso dei ricorsi deliberati contro il decreto in questione delle Regioni soprarichiamate (la violazione degli articoli 2, 3, 10 e 32), è ammissibile solo se vi è ridondanza delle asserite violazioni su tale riparto e il soggetto ricorrente abbia indicato in concreto le specifiche competenze ritenute lese e le ragioni della lamentata lesione, dando prova dell'assoluta irragionevolezza dell'intervento statale contestato. Occorre quindi una valutazione di incidenza effettiva della normativa statale sulle competenze regionali che non si limiti ad evidenziare possibili lesioni in astratto - ecco i condizionali -, ma che tenga conto degli impatti concreti sulla legislazione regionale vigente. Ecco perché la Toscana ha fatto un'ulteriore legge che poi è stata bocciata.
Come però evidenziato dai nostri uffici, sotto il profilo dell'ammissibilità il ricorso alla Corte presenta diverse criticità, essendo difficile indicare le ragioni della ridondanza di quelle lesioni prospettate sul riparto delle competenze, tanto più che in precedenti occasioni la Corte costituzionale, pur ribadendo la riserva statale in materia di immigrazione e di condizione giuridica dello straniero, ha comunque ammesso la possibilità per le Regioni di adottare interventi rientranti nelle loro competenze come il diritto allo studio, alla salute o all'assistenza sociale, mediante l'ampliamento dell'area dei destinatari di prestazioni e di funzioni che prefigurano uno standard di tutela dei diritti dei migranti più avanzati rispetto a quello previsto dalle normative statali; il che, come detto, è affermazione che appare escludere la lesione prospettata dalle Regioni ricorrenti in termini di menomazione delle potestà legislative regionali. Su questi interventi, che vanno al di là delle competenze dello Stato, proprio per parlare di questo "modello Valle d'Aosta", che è sempre stato un modello accogliente - questa Giunta lo vuole ribadire e l'ha ribadito ampiamente l'Assessore Baccega -, i vari Assessori, pur cambiando, hanno sempre mantenuto per esempio dei finanziamenti per i bambini rumeni, che non hanno la residenza, non hanno alcun titolo e che con l'associazione Ana Moise vengono portati in Valle d'Aosta, per curarli al Gaslini completamente a spese della sanità valdostana. Questo è un intervento che va oltre, che le altre Regioni non fanno. Grazie a questo rapporto con noi, l'associazione Ana Moise va a prendere i gravi cardiopatici che là morirebbero e li porta qui, si verifica ancora adesso. Le consiglio di venire una volta agli incontri annuali dell'associazione Ana Moise, perché vedrà qual è la capacità di accoglienza dei valdostani. Potrei citarle altri casi, come per esempio l'assegno di sostegno ai disabili: i disabili da noi hanno un assegno di autosufficienza personale che cambia a seconda delle nostre possibilità. Lei lavora nella scuola, ha presente l'assistenza di sostegno? Noi abbiamo assistenti di sostegno in dimensione di uno a uno, quasi completamente diverso dalle altre Regioni. Questo per chiarire quali sono gli interventi che effettuiamo oltre quello che è ammesso e consentito dallo Stato. I LEA regionali vanno ben oltre i LEA normali.
Tutto ciò considerato, non è intendimento della Giunta regionale impugnare il decreto legge davanti alla Corte costituzionale per i problemi che le ho esposto, non sono delle giustificazioni. Non rimaniamo però silenti, e non è vero che non abbiamo fatto nulla, perché, quanto all'impegno che lei chiede, contenuto nella risoluzione in merito alla verifica tramite i servizi sociali e la rete del terzo settore, in merito a quegli effetti concreti che la collega Minelli avvertita come un'ipotesi usando il condizionale sul decreto inerente alla condizione dei migranti, faremo un'analisi, procederemo con una modalità di osservazione per il tramite dei soggetti e degli enti indicati. Noi non abbiamo avuto grandi richieste dai Sindaci della Valle d'Aosta di andare a una controversia con lo Stato per evocare un'anticostituzionalità, nessun Sindaco è venuto a chiederlo. Gli effetti del decreto potranno infatti essere valutati nel corso dei mesi e degli anni, in fase di applicazione, considerata la complessità delle questioni disciplinate dalla diversità di situazioni verificabili, soprattutto avuto riguardo ai titolari di permesso di soggiorno per protezione umanitaria per i quali l'eventuale mancato rinnovo dipenderà dalla mancata conversione del permesso ad altro titolo, per motivi di lavoro, di famiglia, di riconducibilità della fattispecie ai nuovi casi speciali o all'impossibilità. Non pensiamo di fare un ricorso per questi motivi, perché sono motivi tecnici, precisi. Non ci interessa in questo momento una posizione politica. Come dicevo ieri, noi vogliamo fare le cose correttamente e bene, non contro qualcuno o qualcosa, ma a difesa delle nostre prerogative.
Altra cosa, mi permetta se qui entro nel personale, è la solidarietà. La solidarietà sta attenta alla dignità della persona e non è conservata solo dagli Enti, anch'io e lei possiamo essere aperti alla solidarietà, prenderci un emigrato e tenercelo in casa. Ecco che allora nella sfera del personale - io credo nella confessione, e vado a confessarmi da un sacerdote perché sono più sicuro di un perdono, non vado da un Consigliere regionale - il campo della solidarietà si apre per tutti; lo dicevo ieri: per noi e per voi. Vogliamo cominciare a pensare che siamo noi che dobbiamo dare più solidarietà all'emigrato che arriva? Nessuno ci vieta di prendere in casa un bambino emigrato che arriva, lo fanno tanti a Milano! E non fanno parte di quelle associazioni, non si lamentano, lo prendono, lo tengono in casa, lo adottano e lo accompagnano fino all'istruzione. Mi si permetta inoltre di dire che c'è una rivisitazione del decreto. Il Primo Ministro Conti - lo diceva correttamente il collega Mossa - ha rivisto tutti i Sindaci, ha riparlato di questo decreto e ha detto: "Verifichiamo gli esiti e l'applicazione di questo decreto". Mi dispiace averla delusa, perché su questo abbiamo una grande attenzione; forse anche lei un po' ci ha deluso quando si dimostra così ideologica e teorica, nonostante la tanta simpatia e capacità che si porta dietro. Il nostro è sicuramente un modello inclusivo che però, quando accoglie l'emigrato, non vuole accoglierlo solo per dire: "L'ho accolto" per poi buttarlo dentro una tenda o in un angolo; quando lo accoglie, gli vuole dare tutta la dignità che ha diritto di avere. Un'immigrazione deve essere però regolata, non possiamo assistere o accogliere coloro ai quali non possiamo concedere una dignità e un'accoglienza di questo tipo.
Io penso che il non fare ricorso alla Corte costituzionale non voglia dire che la Valle d'Aosta non ha un modello inclusivo, non voglia dire che non c'è uno spazio per la solidarietà e, soprattutto, non voglia dire che non siamo attenti a quei casi speciali, perché li verificheremo con tutte le modalità che le ho citato.
Dalle ore 18:37 riassume la presidenza la Presidente Emily Rini.
Rini (Presidente) - Ha chiesto la parola la collega Minelli.
Minelli (RC-AC) - Ho ascoltato con attenzione tutte le cose che sono state dette, sia dai colleghi di opposizione, sia dal Presidente Fosson. Mi fa un po' specie che nessun altro dei membri della maggioranza abbia voluto esprimersi su questo tema, ma ne prendo atto.
Non ho alcuna difficoltà a confermare quello che il collega Manfrin diceva in apertura del suo intervento, che questa mozione in realtà è costruita su due piani: un piano politico e un piano giuridico. Io sono molto onesta nel presentare le cose che dico e che penso, non ho competenze giuridiche o legali come hanno alcune persone presenti in quest'Aula; non so se lei le ha, non credo, anche se in difesa del decreto ha manifestato una così grande foga. Non conosco il suo curriculum, però la costruzione della mozione, dal punto di vista degli elementi giuridici, è stata fatta in base alle stesse motivazioni che ha utilizzato per esempio la Regione Toscana e che sono allo studio di altre Regioni. Faccio però presente, anche per rispondere a quanto diceva il Presidente Fosson sulla verifica degli uffici legali, che il fatto che il Presidente della Repubblica abbia firmato questo decreto e che sia il garante di tutte le leggi è un fatto, così come è un fatto che ci sono molti costituzionalisti contrari che lamentano le parti deficitarie o comunque anche irregolari di questo decreto; nella fattispecie, soltanto per citarne alcuni aventi un alto profilo, sono persone che hanno da insegnare a me e a lei, collega Manfrin: Gustavo Zagrebelsky, Lorenza Carlassare, Salvatore Settis, Paul Ginsborg, e non credo siano persone della cui competenza si possa dubitare. Questi costituzionalisti hanno firmato una nota pubblica in cui dicono che la revoca della cittadinanza, la sospensione della domanda di protezione, i rimpatri, l'abrogazione della protezione umanitaria, ma anche molti altri presupposti del decreto legge, presentano - così è stato detto - delle aberrazioni giuridiche. Io mi fido del parere di alcuni costituzionalisti più di quello che può essere l'esposizione di un Consigliere che, con tutto il rispetto, è schierato in questo senso.
La questione del richiamo all'articolo 127 della Costituzione e l'esempio che ho fatto della Regione Piemonte: il Presidente Fosson diceva che il Presidente Chiamparino aveva dei dubbi, ma la Regione Piemonte ha dato mandato al Presidente di fare il ricorso alla Corte costituzionale proprio in virtù del fatto che c'è un conflitto di attribuzione dei poteri e il Presidente Chiamparino ha dichiarato che il Governo, con questa legge, ha determinato degli effetti su politiche che competono alla Regione, che quindi non ha questa prerogativa. Molte questioni sono state toccate.
Per quello che riguarda l'accenno fatto dal collega Manfrin sul lavoro delle associazioni di volontariato, io trovo un po' svilente quanto da lei affermato, perché le associazioni di volontariato, che quotidianamente e con fatica e dedizione si occupano delle persone di cui noi stiamo parlando, non sono soltanto le cooperative che fanno i soldi sulla pelle di queste persone, ci sono migliaia di individui in Italia che si stanno occupando di queste persone. Prima si parlava della questione della disobbedienza e il Presidente Fosson ci diceva: "Esiste una legge e alle leggi non si disobbedisce"; ora, alle leggi non si disobbedisce, ma ci sono leggi che possono essere contestate.
L'obiezione di coscienza a cui il Cardinal Bagnasco fa riferimento ha un livello personale ed etico, ma diventa collettivo di fronte ad una cosa del genere. Solo per farvi un esempio, il Direttore generale della Caritas della Lombardia due giorni fa ha annunciato che tutte le sezioni delle Caritas diocesane, pur ribadendo il rispetto delle istituzioni, non possono non andare oltre a quanto previsto; quindi la loro coscienza impone di andare oltre a quanto previsto dallo Stato per il bene degli ospiti, ma anche delle comunità che li accolgono e delle persone che lavorano con loro. Di fronte a questa situazione - mi pare lo abbia ricordato il collega Sammaritani - ci sono posizioni diverse all'interno della Chiesa. La Chiesa è una realtà complessa, variegata e gli esempi che avete portato lo dimostrano. Però la maggioranza delle persone che operano all'interno delle associazioni di volontariato cattoliche - che conosco bene per formazione e per averci militato per molto tempo, e sono ancora in contatto con queste persone - ci dice molto sinceramente che quello che stiamo vivendo adesso e ciò che l'applicazione del decreto comporterà è un problema grave, serio, che da una parte è etico e morale e, dall'altra, è un problema politico.
Io non ho alcuna difficoltà a dire che la mozione che abbiamo presentato ha un indirizzo politico, ce l'ha, è vero, perché si tratta della politica che si occupa delle persone! È questa la differenza su quelli che possono essere i cavilli giuridici, di cui bisogna tenere conto, e l'atteggiamento di fondo. Io credo che soprattutto su questo bisogna insistere. Mi chiedo se davvero la nostra Regione, che ha una tradizione di emigrazione, che ha conosciuto la drammaticità della vita all'estero, che ha ancora un tessuto immigratorio e una realtà di accoglienza sana e produttiva, vuole sacrificare questa ricchezza stando a guardare quello che succederà. Lei, Presidente, ci ha parlato di una Regione che è accogliente. Io credo che in parte sia così, solo in parte però, perché ci sono anche - è inutile nasconderlo - degli atteggiamenti di una percentuale della popolazione che non sono di così grande accoglienza. A me pare che un segnale proveniente dalle istituzioni, come questo di prendere un po' di coraggio e di allinearsi alla posizione di altre Regioni che sicuramente hanno fatto le loro valutazioni da un punto di vista giuridico, sarebbe importante. Poi lei ha detto che non c'è alcuna Regione autonoma che abbia aderito alla proposta di impugnare il "decreto sicurezza". Ebbene io credo che "autonomia" significhi anche aprirsi agli altri; essere certi e sicuri della propria autonomia significa essere inclusivi e accoglienti. Essere degli autonomisti responsabili significa anche farsi carico dei problemi ed essere capaci di affrontare, quando è necessario - e lo è in questo caso -, il Governo nazionale con la necessaria determinazione.
Da parte nostra chiedevamo, proprio perché aperti al dialogo, di agire nel senso che abbiamo indicato e poi di monitorare gli effetti sulle persone che rischiano di sparire nel limbo burocratico di questo decreto. Lei ci ha detto che dal punto di vista del monitoraggio ci sarà un'attenzione. Io spero sia così.
L'altra cosa che noi chiedevamo e che continuiamo a chiedere è di valutare la costituzione in giudizio di fronte alla Corte costituzionale. Sarebbe un modo, anche questo, per esercitare la nostra autonomia e, nel contempo, per cercare di stare vicino alle persone e per tutelare i loro diritti. Mi rendo conto che questo non sembra essere considerato un problema né urgente, né particolarmente importante e significativo come lo sono altri argomenti. Ne prendiamo atto. Siamo comunque amareggiati dal fatto che si ritenga innanzitutto che questa sia stata una mozione strumentale, perché non è così. Già in un'altra occasione ci è stato rimproverato di volerci arrogare la prerogativa di coloro che sono sostenitori dei diritti, di essere umani, ci è stato detto. Io credo che se ci fosse più umanità nelle scelte politiche e istituzionali che un'Assemblea come questa deve prendere e compiere sarebbe meglio.
Présidente - La parole à la collègue Pulz.
Pulz (ADU VDA) - Assessori e Consiglieri, mi sembra, come purtroppo temevo, che non vi piacciano più né il Vangelo, né l'autonomia; non vanno più di moda, nemmeno in quest'Aula.
Mi aspettavo, Presidente Fosson, molto più coraggio da parte sua. Non le posso nascondere la mia delusione, anche perché mi chiedo come faccia lei a sapere esattamente chi vive a casa mia. Mi do da sola la risposta alla domanda che vi ho posto: l'autonomia e il Vangelo sono entrambi diventati collutori per sciacquarci le gengive. Preferite adeguarvi, rassegnarvi alla volontà di uno Stato che ci impone la non accoglienza, la discriminazione, che innalza steccati. Vi piace l'idea di lasciare ai nostri figli una Regione che forse è stata accogliente, ma che ora si fa sempre più chiusa, fredda, dai colori monotoni e smorti. Voi vi nascondete ancora una volta dietro argomenti tecnici, ma noi non ci stiamo, non sarà nel nostro nome. Come l'acqua per Pilato, voi usate questi argomenti per lavarvene le mani. Se poi nutrissimo tutti quella stessa intolleranza nei confronti della mafia, che molti purtroppo adesso hanno solo nei confronti degli stranieri, forse - e da ieri in particolare - proveremmo meno imbarazzo in quest'Aula.
Mi rivolgo ora ai colleghi leghisti. Le navi, che il vostro Ministro ha voluto lasciare per giorni in mare al gelo, non erano forse piene di persone, tra cui donne e bambini che scappavano dalle guerre e da violenze inenarrabili? E in conclusione, da artigiana del diritto quale sono, mi scuso con il Consigliere Manfrin se, malgrado la sua boria giovanile, non riesco a riconoscere in lei un luminare del diritto statale e internazionale. C'è stato infatti l'incontro a cui lei accennava, ma su questi punti sollevati non ci sono ancora le circolari, non è tutto chiaro. Il problema è che i titolari di permesso umanitario a scadenza non lo possono rinnovare alle stesse condizioni e questo l'ha ammesso lo stesso Presidente e quindi, da regolari quali sono, si ritroveranno - e non si ritroverebbero - irregolari anche sul nostro territorio.
Presidente - Per dichiarazione di voto, la parola al collega Manfrin.
Manfrin (LEGA VDA) - Non voglio aggiungere nulla al dibattito, ma solo una piccola puntualizzazione: io credo che chi gioca a cercare di provocare faccia un buco nell'acqua. Un paio di punti vanno però chiariti, ma non sulla mia persona, che peraltro è laureata in scienze politiche e a cui mancano sei esami per laurearsi anche in giurisprudenza. Sicuramente non sono un luminare, questo assolutamente no, ci mancherebbe altro, però so leggere le leggi e so fare un minimo di ricerca normativa. Ho sempre piacere di confrontarmi sui fatti, perché qui non discutiamo di cose che vagano nell'aere maligno, ma discutiamo di leggi. Se vogliamo fare un ricorso con le leggi, le parole sono tante belle, i concetti anche, ma poi bisogna avere gli appigli giuridici e, se gli appigli giuridici non ci sono, i ricorsi non si possono fare.
Collega Minelli, lei ha dichiarato che quello che avete scritto è fatto sull'esempio giuridico della Regione Toscana: è proprio qui l'errore, perché - come giustamente sosteneva anche il collega Sammaritani - un ricorso non può essere uguale a un altro, poiché bisogna trovare la legge regionale che confligge con la legge nazionale che, secondo la Regione in questione, contrasta con quanto predisposto dalla Regione stessa. La Regione Toscana ha predisposto una legge appositamente per fare ricorso contro il "decreto sicurezza", ecco dove sta la differenza. Lei parte da un presupposto sbagliato per cercare di trovare un appiglio giuridico, ma l'appiglio non c'è. È questo il problema principale. Ha citato nomi di illustri costituzionalisti dicendo che sono sicuramente più titolati a parlare rispetto a un povero piccolo Consigliere regionale di parte. Sicuramente un costituzionalista conosce molto meglio di me le norme costituzionali, ma il problema è che i nomi che ha citato sono tutti costituzionalisti politicamente schierati, e da una parte ben precisa. Mi perdoni, quindi, se io non posso dare credito in toto a questi costituzionalisti che fanno della politica facendo le loro considerazioni. Peraltro dice che Zagrebelsky - che è stato anche un mio insegnante all'Università della Valle d'Aosta, nella quale ho studiato e nella quale mi sono laureato - afferma che sono aberrazioni giuridiche. Sarebbe carino che il dottor Zagrebelsky si confrontasse a questo punto con il Presidente della Repubblica, il quale, nella sua autorità di massimo garante di rispetto della Costituzione, ha firmato il decreto sicurezza, che è un'aberrazione giuridica. Come sa e come ha ricordato il Presidente Fosson, la prima verifica di rispetto della Costituzione sta al Presidente della Repubblica. Pertanto, se fosse stata un'aberrazione giuridica, a questo punto bisognerebbe mettere in stato d'accusa il Presidente della Repubblica, e sa che questo non corrisponde alla verità, anche perché il Presidente della Repubblica non è un becero leghista, né un populista grillino, quindi credo che qui vi sia il famoso "punto di caduta".
È stato detto che è svilente dire che le associazioni si riducono a mero lucro, però è un dato di fatto. È svilente, sono d'accordo con lei, perché le tante associazioni - è un dato che è stato diffuso anche in questi giorni - che operavano nell'interesse del prossimo, ovviamente e semplicemente per bontà d'animo, assolutamente non per guadagno, stanno licenziando e chiudendo le loro attività poiché non ci sono più i soldi: è questo il problema. Se queste associazioni avessero deciso di rimanere aperte e continuare la loro attività meritoria - perché chi ci si occupa degli ultimi, dei poveri e di chi ha necessità fa un'attività meritoria -, lo farebbero non a spese dello Stato, ma a loro spese. È un concetto ben diverso. Ecco perché da qui arriva la riduzione dei contributi dati per ogni richiedente asilo.
Ancora: è stata citata l'obiezione di coscienza, mi pare sempre dalla collega Minelli. Lei ha citato quale esempio di obiezione di coscienza il Direttore della Caritas di Milano. Probabilmente io non sono un'autorità in fatto di legge e ho le mie limitate conoscenze che derivano dalla mia piccola laurea, però mi pare che il Direttore della Caritas di Milano non diriga un istituto pubblico e che quindi la Caritas di Milano non sia un'istituzione, per quanto compia un'opera meritoria; per cui, anche su questo, andrebbero fatte delle considerazioni.
Considerato tutto quello che è stato detto, tutti i concetti espressi e ringraziando per l'intenso dibattito che, mi auguro, sia spesso denso di questi contenuti, la Lega confermerà il voto contrario a questa mozione.
Presidente - Altri? Se non ci sono altre richieste, possiamo mettere in votazione l'atto. La votazione è aperta. La votazione è chiusa.
Presenti: 33
Votanti: 16
Favorevoli: 3
Contrari: 13
Astenuti: 17 (Baccega, Bertschy, Bianchi, Borrello, Certan, Chatrian, Daudry, Farcoz, Fosson, Marquis, Morelli, Nogara, Restano, Rini, Rollandin, Testolin e Viérin)
Il Consiglio non approva.