Oggetto del Consiglio n. 403 del 14 luglio 1980 - Verbale

OGGETTO N. 403/80 - COMMEMORAZIONE, DA PARTE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DELLA FIGURA DEL PROF. FEDERICO CHABOD, PRIMO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO VALLE, NEL 20° ANNIVERSARIO DELLA MORTE, AVVENUTA A ROMA IL 14 LUGLIO 1960.

Il 14 luglio 1980 ricorre il 20° anniversario della morte del Prof. Federico CHABOD, primo Presidente del Consiglio Valle.

La figura dell'illustre scomparso è già stata ricordata dal Consiglio regionale dell'Umbria con la presentazione, avvenuta a Perugia sabato 7 giugno 1980, di due seminari che l'Università di Perugia, con il patrocinio della Regione dell'Umbria e con la collaborazione di illustri studiosi italiani e stranieri, ha dedicato all'illustre suo concittadino Federico CHABOD, che a Perugia, nella Facoltà di Scienze Politiche, iniziò la sua carriera universitaria.

Alla manifestazione di Perugia il Consiglio regionale della Valle d'Aosta è stato rappresentato dal Consigliere LUSTRISSY.

La conferenza dei Capi Gruppo ha stabilito di indire, in onore del Prof. Federico CHABOD, alcune manifestazioni di carattere culturale e scientifico, nel corso del 1980, le quali saranno successivamente esaminate e programmate nel dettaglio previ ulteriori accordi e valutazioni.

Ha stabilito inoltre che il Presidente del Consiglio regionale, nel corso dell'adunanza del 14 luglio 1980, in coincidenza con l'anniversario della morte, avvenuta a Roma il 14 luglio 1960, provveda all'inizio dei lavori ad un particolare ricordo commemorativo.

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Il Presidente DOLCHI ricorda la figura di Federico Chabod nel 20° anniversario della sua morte, ripercorrendo le tappe più significative della vita di quest'ultimo come studioso, docente, politico e partigiano. Sottolinea, in particolare, l'attività di partigiano del primo Presidente della Valle d'Aosta Autonoma, la sua formazione accademica e la scrupolosa onestà della coscienza che ne ha contraddistinto la lungimirante attività di politico: un politico capace di non chiudersi al problema autonomistico valdostano, ma di vederlo nel quadro generale della vita italiana dell'epoca.

Si riporta, di seguito, l'intervento integrale del Presidente Dolchi:

"Colleghi Consiglieri la Conferenza dei Capigruppo mi ha affidato il difficile incarico di ricordare la figura di Federico Chabod nel 20° anniversario della morte: infatti esattamente il 14 luglio 1960 decedeva a Roma, in seguito ad una lunga e incurabile malattia, il primo Presidente della Valle d'Aosta Autonoma. Sono convinto però che, a due decenni dalla scomparsa, ad oltre 36 anni dalla Resistenza e dai momenti di maggiore tensione in Valle d'Aosta e anche, dobbiamo dirlo francamente, dopo la pubblicazione del recente libro di Largerò e di molti altri documenti che hanno sollevato il velo su una pagina tormentata e delicata della storia della Valle d'Aosta, che non poteva comunque a mio avviso essere taciuta, né falsamente nascosta dietro un'ipocrita cortina fumogena, il compito mi sia facilitato perché tante cose sono già state dette, sono ormai conosciute e fatte oggetto di riflessione. Lo ricorderò quindi limitandomi ad alcune considerazioni su Chabod studioso, docente, politico, partigiano e mi scuserete se non potrò fare a meno di apportare anche qualche testimonianza vissuta. Lo ricordo più per me che per voi, lo ricorda una lapide murata sul Municipio di Aosta, partigiano combattente, primo Presidente della Regione Autonoma Valdostana, Presidente del Comitato internazionale di Scienze storiche, Direttore dell'Istituto italiano di studi storici, ordinario di storia moderna all'Università di Roma, Dottore Onoris causa delle Università di Oxford e di Granada, accademico dei Lincei, Federico Chabod era nato ad Aosta, originario della Valsavarenche il 23 dicembre 1901, storico puro come lo definì Germano Sasso. Chabod, già illustre studioso e professore universitario, fu partigiano nella Valsavarenche con il nome di battaglia di Lazzaro, anche se per tutti fu sempre il professore.

Partecipò alla vita della formazione con turni di guardia, le marce più difficili e ricordando, a chi lo esortava alla prudenza, il suo passato di alpinista provetto.

Le scalate con lo zio Michele Barattono e con il fratello Renato, gli amici, Amilcare Crétier e Lino Binel furono importanti e tali da portarlo ad una prima assoluta oltre i 4.000 della Dent d'Hérens nel gruppo del Cervino. Sacrificò poi il tempo delle scalate agli studi sempre più impegnativi, ma non perse il senso della guida e l'esperienza della montagna che gli permisero di essere uno degli uomini più preziosi durante il ripiegamento, il primo, il 2 novembre del 1944, conducendo, guidando e partecipando al trasferimento del sesto battaglione dell'87° brigata, da Valsavarenche in Francia attraverso due Colli: il Nivolet e il Galisia ricoperti di neve. Lo ricorda bene l'Onorevole Dugoni, Sindaco socialista di Mantova anch'egli partigiano combattente, che è deceduto in un tragico incidente automobilistico qualche settimana dopo Federico Chabod, nel suo saluto estremo il giorno del funerale:

"Ieri l'Università di Roma ti ha detto cosa eri per il mondo e per la cultura italiana a cui avevi dato quel segno dello spirito liberale che era stata la tua prima formazione mai rinnegata.

Quante volte insieme abbiamo parlato di questi problemi, abbiamo visto che il mondo non solo cammina, ma deve camminare, e il giudizio che tu hai dato nella conferenza alla Sorbona di Parigi della Resistenza Italiana, è un monito per tutti noi, tu dicevi della Resistenza: "ha vinto l'ultima partita la forza moderata, ma è rimasto un pegno e questo pegno è il popolo italiano che si è battuto per la sua libertà."."

Per Federico Chabod la Resistenza, a mio avviso, fu la pagina più bella della sua vita, vissuta con umanità critica e scrupolosa coscienza e su questo tema, cioè quello della scrupolosa onestà e coscienza, posso portare una testimonianza che risale all'inverno del 1945 quando a Grenoble viveva la difficile vita del seminternamento e aveva i pantaloni rotti all'altezza del ginocchio: non ne comprava di nuovi, perché diceva a chi lo sollecitava che i milioni che aveva in custodia erano per le formazioni partigiane, per il Comitato di Liberazione Nazionale di qua e di là delle Alpi.

Due anni dopo, ed è questa un'altra mia testimonianza, dovendo inviare nella sua qualità di Presidente del Consiglio della Valle una delegazione di partigiani a Roma per discutere problemi inerenti alla smobilitazione, tirò fuori dal suo portafogli la somma che avrebbe dovuto servire per le prime spese, in quanto riteneva che solamente a seguito di un preciso rendiconto si potesse liquidare somme gravanti sul pubblico bilancio. Fu il primo Presidente del Consiglio della Valle della Regione Autonoma, eletto con un voto di differenza, 13 a 12 su 25 Consiglieri assegnati, presenti e votanti il 10 gennaio del 1946 e ho ricordato l'esito della votazione a dimostrazione delle difficoltà e dello scontro politico duro che era in corso in Valle d'Aosta. Vi sono in questa sala, oltre all'Assessore Viglino, anche altri Consiglieri, fra il pubblico, che vissero quelle indimenticabili giornate e ne approfitto per ringraziarli della loro partecipazione.

A mio avviso il suo pensiero lo troviamo in molte relazioni, rapporti, documenti e nelle ormai famose lezioni alla Sorbona di Parigi; ritengo che possa essere comunque evidenziato questo pensiero in quello che scriveva, fra l'altro, nel memoriale che porta la data del 27 settembre 1944 e ha per titolo: "La Valle d'Aosta, l'Italia e la Francia". Egli scriveva: "per valutare esattamente la situazione occorre poi non chiudersi soltanto nel problema Valle d'Aosta, ma vederlo nel quadro generale della vita italiana di oggi. Da questo quadro che cosa emerge? Che la struttura dello Stato italiano verrà rifatta dalle fondamenta, la soluzione del problema autonomistico valdostano è facilitata dal fatto che esso è nelle sue linee generali problema comune anche per le altre parti d'Italia.".

Sono, mi sia permesso sottolinearlo, parole profetiche perché l'Assemblea costituente ispirò la Costituzione al decentramento e al Regionalismo. La mancata completa attuazione della Costituzione, della Repubblica e delle Regioni sono storia successiva, rappresentano ancora oggi nel 1980 la battaglia di ogni giorno, ma non possono intaccare la visione Regionalistica di Federico Chabod, il quale il 10 ottobre del 1944, in un documento inviato a Roma al Senatore Casati affermava: "Io non mi ero occupato in modo specifico del problema valdostano, mi ero invece preoccupato molto del futuro Ordinamento interno dell'Italia e vagheggiavo un sistema di larghissimo decentramento amministrativo. Gli eventi mi hanno condotto per forza nel pieno della questione valdostana, ho ritenuto e ritengo tuttora mio dovere di Italiano occuparmene, nonostante le molte amarezze che mi ha già procurato e procura.

Se ritenessi ingiuste le richieste dei miei convalligiani, non me ne sarei mai fatto propugnatore, avrei avvertito del pericolo annessionista, ma avrei consigliato di non cedere e di usare semmai la forza, ma questo non è lo schema sommario di autonomia amministrativa che ho tracciato, è quello che io vorrei vedere applicato in ogni Regione d'Italia, è un episodio che vedo nel quadro di tutta una nuova politica generale, se non fosse così, non difenderei certo la causa dell'autonomia valdostana, non chiedo nessun privilegio speciale per la terra in cui sono nato, chiedo solo quello che vorrei fosse dato a tutte le popolazioni di frontiera in Italia e fuori d'Italia.". Questa fu, a mio avviso, l'impostazione che diede alla sua azione politica durante la Resistenza, durante le trattative con il C.L.N. alta Italia e con i Governi dell'Italia liberata, nonché nel corso della sua attività quale Presidente della Valle d'Aosta. Impostazione criticabile, impostazione opinabile e anche duramente contrastata, ma ritengo che furono gli ideali e fu l'impostazione che egli continuò quando intraprese l'opera di convinzione, il 15 maggio 1945 a Torino con il C.L.N. Piemontese, il 17 maggio con il C.L.N. alta Italia a Milano, poi a Roma, fino alla riunione del Consiglio dei Ministri dell'8 agosto, nel quale si predisposero i due decreti legislativi concernenti l'ordinamento della Valle d'Aosta e agevolazioni a favore della Valle d'Aosta che vennero promulgati e sono quelli famosi del 7 settembre 1945 e costituiscono quella carta dell'autonomia valdostana che fu consacrata definitivamente con la legge costituzionale, cosiddetto Statuto Speciale del 26 febbraio 1948.

Federico Chabod fu Presidente della Regione fino all'ottobre del 1946, cioè durante tutto il periodo delicato di trasformazione amministrativa e di intensa attività politica. Il 26 marzo 1946 una manifestazione portò i dimostranti nello stesso palazzo della Regione, mettendolo a soqquadro, ma Federico Chabod vietò tassativamente, e questa è un'altra testimonianza, l'impiego della forza pubblica che da altri veniva sollecitato. Chabod era convinto che i Valdostani avrebbero saputo trovare la strada più consona alle esigenze e alle necessità di una vita che riprendeva dopo la guerra in un paese di giovane, forse troppo giovane democrazia, ma un paese pieno di democrazia, un paese pieno di rinnovate speranze. Chabod si rese anche conto che la Valle di Aosta aveva anche bisogno di fare con le proprie forze, con i duri confronti interni, con le manifestazioni di vita democratica articolata la sua strada per costruire il proprio avvenire, e fu così che ritornò ai suoi studi, alla direzione dell'Istituto Crociano, all'insegnamento, alle affermazioni nella vita culturale, alla rinomanza europea e internazionale. Non sta a me, in un'occasione come questa, ricordare tutte le attestazioni di stima di cui fu oggetto nel corso della sua attività di studioso, al momento del suo decesso, e ancora dopo; l'Università di Perugia e la Regione Umbria gli hanno reso oltre un mese fa un'ennesima attestazione di stima in un incontro dedicato a colui che lasciò anche all'Università di Perugia un segno della sua vasta cultura e in quella sede fummo validamente rappresentati dal collega Consigliere Lustrissy.

Alcuni quotidiani in questi giorni hanno ricordato i temi che furono più cari alla sua ricerca storica e a tutti i suoi studi, lo Stato del Rinascimento, l'Europa dopo il 1870 e Macchiavelli. Paolo Alatri lo addita agli studiosi e alle nuove generazioni come un esempio di impegno e di metodo civile, Henri Lapeyre afferma nel suo scritto "Chabod, sa vie et sa conception de l'histoire": "Il fut appelé à faire partie du Comité international des Sciences historiques et après le Congrès de Rome en 1955, porté à la Présidence. Depuis la mort de Croce en 1952, personne ne songeait à contester sa primauté en Italie" - e conclude il suo scritto affermando: "la conception si scrupuleuse et les devoirs de l'historien a amené Chabod à revenir maintes fois sur le même thème pour le creuser d'avantage, il l'a fait pour Macchiavelli, pour la renaissance, pour Milan, Charles V, pour la politique extérieure de l'Italie à la fin du XIXe siècle. De là peut-être cette impression que son œuvre dans son ordonnance générale ne présente pas une si belle architecture que celle d'historien plus satisfait de même...de là aussi un achèvement de certains de ces travaux; s'il avait vécu dix ans de plus, il en aurait sans doute pas été de même, en tout cas ce souci de perfection, qui devient semble-t-il plus rare de nos jours, honore infiniment sa mémoire.".

Colleghi Consiglieri vi ho detto con molta semplicità, ed evocando momenti che mi videro accanto a lui e ricordando suoi scritti e scritti di altri, quanto oggi nel 20° anniversario della sua scomparsa poteva riavvicinarci ad un illustre concittadino, ad un valoroso combattente per le sue idee e per la libertà, ad uno studioso di fama mondiale, e sono sicuro che a venti anni di distanza sono ancora pienamente valide e con ciò concludo con le parole pronunciate dall'Onorevole Dugoni, sulla Piazza della Repubblica ad Aosta il giorno dei suoi funerali: "Ad Aosta ci sono oggi due gonfaloni listati a lutto: quello del Comune che perde un figlio e quello della Regione Valle d'Aosta che perde un padre, grazie."."

Il Presidente DOLCHI conclude proponendo la sospensione della seduta per alcuni minuti, per dare la possibilità ai Consiglieri di stringere la mano ai colleghi che fecero parte del primo Consiglio della Valle d'Aosta ospitati in tribuna.

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Si dà atto che la seduta è sospesa alle ore nove e minuti cinquantotto e che viene riaperta alle ore dieci e minuti dodici.

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