Oggetto del Consiglio n. 2579 del 17 aprile 2002 - Resoconto
OGGETTO N. 2579/XI Tempistica nell'erogazione di servizi sanitari. (Interpellanza)
Interpellanza Visti i tempi di attesa, che sono ancora lunghi, per l'utente che si rivolge ad una struttura sanitaria pubblica;
Visto che presso le strutture private gli stessi esami od interventi richiedono tempi più brevi, se eseguiti a pagamento;
Considerato che non può essere la situazione economica criterio di differenziazione di fronte alla malattia;
Visto che tra i macro obiettivi che la regione ha dato all'USL c'è quello di ridurre i tempi di attesa;
i sottoscritti Consiglieri regionali
Interpellano
l'Assessore competente per sapere:
1) quali sono i motivi di questa differenza di tempistica nell'erogazione di servizi sanitari;
2) quali sono i suoi intendimenti circa gli interventi che vanno comunque intrapresi per diminuire i tempi di attesa troppo lunghi dei servizi erogati nelle strutture pubbliche.
F.to: Squarzino Secondina - Beneforti
Président La parole à la Conseillère Squarzino Secondina.
Squarzino (PVA-cU) Si dice - l'ha detto l'Assessore a più riprese, lo abbiamo letto anche sui documenti - che l'USL ha lavorato parecchio per ridurre i tempi di attesa e, se scorriamo la delibera dell'USL n. 494/2002, dove sono riportati i tempi di attesa, rideterminati a dicembre 2001, vediamo che alcuni miglioramenti ci sono stati. Ma esistono, Assessore, ancora due grossi "ma?.
Ne ho focalizzati due oggi, ma è chiaro che tutto il problema della sanità non si risolve, risolvendo soltanto questi due grossi "ma?. Però questi sono e sono situazioni problematiche.
Prima situazione problematica: ci sono comunque degli accertamenti diagnostici, come la mammografia e l'ecografia, che richiedono tempi molto lunghi; ci sono interventi come la cataratta, che richiedono attese lunghe di sei mesi ed oltre; ci sono interventi di ortopedia che richiedevano un anno - così è stato detto agli utenti - e adesso dai documenti sembra solo sette mesi; ci sono interventi di neoplasia polmonare che richiedono ancora trenta giorni; certo, non sono mesi, ma sono trenta giorni e sono tanti per chi deve aspettare.
Sia nel caso di accertamenti diagnostici, sia nel caso degli interventi, quindi, si tratta di tempi difficili da accettare per l'utente che ha bisogno di questi esami o di tali interventi. Ricordo anche i tempi di attesa per interventi relativi all'otorino: due o tre mesi; interventi relativi all'oculistica: dieci mesi - e fra l'altro questi tempi sono aumentati cioè, mentre gli altri tempi in genere diminuiscono, qui troviamo un picco di aumento -; interventi di chirurgia vascolare: due mesi; per non parlare delle ernie: due mesi; per non parlare addirittura che in un caso, in Gastroenterologia, addirittura ci vuole più tempo per il day hospital che non per il reparto, quando si dice invece che il day hospital è fatto per sollevare il lavoro del reparto. Se però questi interventi di chirurgia sono fatti a pagamento dentro la struttura, avvengono immediatamente in pochi giorni. Come mai? Perché? Assessore, non basta stringersi nelle spalle e fare un viso come per dire: "è scontato", non è affatto scontato.
Seconda situazione problematica: per una serie di prestazioni che l'USL dà, se ci si rivolge a strutture private, si hanno due sorprese: in alcuni casi i tempi sono più brevi, come ad esempio per l'ecografia, dove, anche pagando il ticket come se fosse una struttura pubblica i tempi sono più brevi; in altri casi a pagamento, come per le strutture pubbliche, i tempi si accorciano in modo vertiginoso: la cataratta, la mammografia, le visite oculistiche, le visite ginecologiche, le visite gastroenterologiche, la risonanza magnetica al ginocchio, eccetera.
Noi crediamo che lei, Assessore, sia convinto, o almeno fino a poco tempo fa lo era - adesso non so se la nuova area che tira da Roma le ha fatto cambiare idea o stia per farle cambiare idea -, che la salute della persona umana è un bene prezioso da tutelare e da curare. La Regione ha fatto la scelta della struttura pubblica e solo ieri l'altro, come appare da "Il Sole 24Ore nord-ovest", lei stesso ha detto - cito -: "Noi stiamo andando nella direzione di garantire sempre più servizi all'interno della sanità pubblica?, quindi mi sembra che questa scelta della sanità pubblica sia stata riconfermata da lei solo l'altro giorno e io le credo. Ora bisogna vedere cosa intende l'Assessore per "sanità pubblica".
Mi suggerisce il collega Beneforti e la domanda: perché la sanità pubblica garantisca sempre più al suo interno i servizi di cui l'utente ha bisogno.
La domanda che volevo porre è questa: si è capito perché i tempi si accorciano nelle strutture convenzionate? Si è capito cosa occorre fare per diminuire i tempi di attesa nelle strutture pubbliche? Io non credo che la soluzione sia quella di segnalare il tutto all'Ufficio relazioni con il pubblico; reputo che occorra fare un'attività anche complessa per raggiungere l'obiettivo di ridurre i tempi di attesa e di garantire dentro la sanità pubblica i servizi di cui l'utente ha bisogno, come lei stesso ha più volte detto e ribadito anche recentemente.
Président La parole à l'Assesseur à la santé, au bien-être et aux politiques sociales, Vicquéry.
Vicquéry (UV) Innanzitutto voglio ringraziare i colleghi Squarzino e Frassy per la disponibilità manifestata nell'anticipare l'interpellanza.
La mia missione pomeridiana riguarda proprio un incontro fra Assessori regionali alla sanità e alcuni Assessori regionali alle finanze su temi importanti, quali spesa sanitaria e liste di attesa, per cui l'argomento è molto puntuale, ma è anche singolare il fatto che le due interpellanze di cui dobbiamo trattare siano tra di loro legate perché se rispondessi all'interpellanza del Consigliere Frassy prima, anticiperei già alcune risposte alla Consigliera Squarzino e viceversa perché delle due l'una: o noi manteniamo i livelli di qualità a tutela del servizio pubblico, come intendiamo mantenere con una politica di non blocco del turnover e di sostituzione del personale necessario, il che comporta maggiori costi sotto il punto di vista delle maggiori disponibilità di fondi da parte dell'azienda USL oppure facciamo la scelta inversa come stanno facendo altri bloccando il turnover, bloccando le assunzioni, ma di fatto allungando inevitabilmente le liste di attesa.
Siamo sempre a discutere di problemi che sono di difficile soluzione e si giocano su un equilibrio molto delicato. Entrando nel merito, non mi ripeto su argomenti che conosciamo, ma vorrei partire dalle dichiarazioni del Ministro Sirchia, che nella presentazione del Piano sanitario nazionale ha definito le sei piaghe che affliggono il servizio sanitario nazionale e ha detto testualmente: "Sono sei le piaghe che affliggono il corpo del servizio sanitario nazionale che vanno in qualche modo sanate. In primo luogo i lunghi tempi di attesa per patologie gravi e le differenze quali-quantitative delle prestazioni erogate fra le diverse parti del Paese; questi due aspetti sono vergognosi per un Paese civile, specialmente per i pazienti affetti da neoplasie?.
Ha risposto immediatamente al Ministro l'Assessore Borsani - cito uno a caso - che ha detto: "Pur premettendo di fare ciò che viene chiesto perché siamo ligi, se il Governo considera l'abbattimento delle liste di attesa come una priorità della sua politica, dovrà anche assumersi la responsabilità dei relativi costi in quanto ridurre le liste di attesa costa troppo, più di quanto ci viene dato per farlo?.
Questa è una dichiarazione all'ADN Cronos del collega Borsani che verrebbe sottoscritta da tutti i colleghi d'Italia, senza ombra di dubbio. Cito anche a titolo di esempio l'ultima ANSA riguardo i dati sui tempi di attesa del Trentino, dove ci si lamenta che occorrono sette mesi di attesa per una mammografia all'Ospedale Santa Chiara di Trento, circa due mesi per una TAC, sei mesi per una colonscopia, due mesi per una visita oculistica, quattro mesi per visite dermatologiche, eccetera. Potrei dire "mal comune, mezzo gaudio?, ma sarebbe troppo semplicistico, il problema c'è e va risolto, sì, in parte con l'aumento della disponibilità delle ore dei medici e del personale, come sostiene il Ministro Sirchia, a costo di aumentare le disponibilità finanziarie per le relative assunzioni, ma soprattutto si gioca sul fronte della domanda di prestazioni. È un po' questo il contenuto della mia risposta al primo quesito.
Per quanto la domanda del quesito appaia generica, poiché non specifica né il tipo di prestazioni effettuate, né le strutture private che le effettuano, si può affermare in linea di principio che le strutture private svolgono prestazioni di minore complessità e in misura quantitativamente inferiore alle strutture pubbliche. Inoltre, nella fattispecie dell'IRV, la convenzione con l'azienda USL, definendo un budget di spesa preciso, regolamenta di fatto i flussi di invio dei pazienti ed è pertanto evidente che non si creano liste di attesa perché per la convenzione che riguarda la radiodiagnostica è l'azienda che autorizza il paziente a recarsi all'IRV, il quale accetta il paziente solo su autorizzazione dell'USL ed è evidente pertanto che non c'è lista di attesa perché c'è un budget di spesa annuale all'interno del quale vengono regolamentati i flussi di invio.
La domanda di prestazioni effettuate da strutture private pertanto è limitata dal punto di vista sia qualitativo sia quantitativo, presso queste strutture si fanno "radiografie di base" cosiddette, non si fanno, per scelta politica, prestazioni iperspecialistiche, consentendo agli utenti di disporre generalmente di tempi di risposta più brevi. Dal punto di vista quantitativo l'accesso al privato tout court da parte del cittadino in Valle d'Aosta è praticamente inesistente, uso un termine forse un po' esagerato, ma comunque molto limitato perché è pur vero che il cittadino spesso, piuttosto che pagare 70.000 lire di ticket, preferisce andare in una struttura privata ed è giusto che lo faccia, ma è altrettanto vero che per prestazioni più specialistiche, che costano dalle 300.000 lire in su, ci si rivolge sempre e comunque alla struttura pubblica.
L'Amministrazione regionale effettua con cadenza trimestrale verifiche sui tempi di attesa per le prestazioni rese nelle strutture delle aree ospedaliere territoriale in attuazione della deliberazione della Giunta regionale n. 2891/1998, recante: "Determinazione dei criteri per la definizione dei tempi massimi che possono intercorrere fra la richiesta di prestazioni sanitarie e l'erogazione delle stesse da parte dell'USL". Le verifiche svolte dall'Amministrazione regionale rientrano nell'attività di monitoraggio operata dal Ministero della salute in attuazione dell'articolo 3, comma 12, del d.lgs. n. 124/1998.
Infine, oltre ad azioni di razionalizzazione e riduzione delle liste di attesa, l'azienda USL effettua regolari controlli, peraltro previsti per legge, per evitare che i propri dipendenti - anche liberi professionisti - abbiano una resa produttiva in regime ordinario inferiore alla resa in regime di libera professione e qui rispondo ad una delle domande di presentazione: c'è una precisa regolamentazione sull'attività libero-professionale intra moenia in sala chirurgica o quant'altro e l'attività istituzionale che è regolamentata, pertanto non c'è una via preferenziale per chi va a pagamento all'interno dell'Ospedale perché, se così fosse, la Direzione sanitaria ospedaliera interverrebbe immediatamente perché i dati sono lì a dimostrarlo. Resta fermo che spetta sempre al medico in scienza e coscienza decidere se e quando ci sono prestazioni che lui definisce urgenti.
Rispetto al secondo quesito, l'Assessorato sta predisponendo una bozza di deliberazione da sottoporre alla Giunta regionale nelle prossime settimane recante: "Indirizzi all'azienda USL nella modalità di accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche erogate in regime ambulatoriale allo scopo di provvedere al contenimento delle liste di attesa individuando criteri di priorità per l'accesso sulla base di valutazioni di appropriatezza e di urgenza".
Quando dicevo che si incide sulla domanda è questo un primo, timido provvedimento attuativo. L'approvazione e la conseguente introduzione di processi diagnostici terapeutici di linee guida e di protocolli di accesso differenziati, condivisi dagli operatori sanitari, in particolare i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, consentirebbero di avviare nuove modalità di offerta dei servizi sanitari coerenti con l'evoluzione della domanda dei medesimi nell'ottica di fornire prestazioni efficaci al momento giusto, nella quantità giusta, al paziente giusto. È qui che si gioca la scommessa.
L'obiettivo consiste nell'applicare corretti e codificati criteri prescrittivi da parte del medico di medicina generale, del pediatra e dello specialista sumaista per individuare e per organizzare percorsi privilegiati di accesso dei cittadini alle strutture specialistiche ospedaliere in rapporto alla gravità e all'urgenza delle richieste allo scopo di erogare prestazioni con criteri predefiniti di priorità temporale. Questo significa che in prospettiva se il cittadino chiederà una TAC, per fare un esempio, il medico di medicina generale avrà a sua disposizione un manuale di linee guida predisposto dalla Regione mediante il quale potrà dire al cittadino che nel suo caso specifico la TAC non gliela prescriverà perché non rientra nelle patologie previste dalle linee guida, non rientra nell'urgenza e pertanto il cittadino potrà, se vuole, rivolgersi al privato oppure dovrà rinunciare. Questo è un momento delicato sulle scelte politiche e questa è la linea di tendenza che stiamo seguendo perché c'è troppa domanda di prestazioni e troppa inappropriatezza di prestazioni. D'altra parte le principali azioni intraprese dall'azienda USL hanno invece riguardato, in sede di contrattazione del budget dell'unità budgetaria, la finalizzazione di una quota parte del salario di risultato alla riduzione delle liste di attesa, sono state altresì attivate iniziative in regime di libera professione a favore dell'azienda USL, pertanto senza oneri a carico del cittadino per la TAC e la risonanza magnetica articolare.
Infine è in corso di valutazione da parte dell'azienda la possibilità di estendere le iniziative di cui trattasi, compatibilmente con la disponibilità di sale operatorie, agli interventi che hanno i più elevati indici di fuga verso l'esterno. È assurdo che si vada all'esterno per le cataratte, ma su questo incide un fattore di rapporto fiduciario che va al di là delle liste di attesa e non dico altro.
È in fase di revisione l'organizzazione e la gestione delle sale operatorie allo scopo di conferire maggiore efficienza al sistema di prenotazione e di esecuzione di interventi: predisposizione entro una settimana delle liste operatorie, razionalizzazione dell'orario di inizio attività. Su questo punto è molto probabile la disponibilità nelle prossime settimane di quattro medici anestesisti rianimatori che andranno a potenziare l'organico del servizio e daranno la possibilità di riorganizzare le sedute operatorie, come si è detto. Rispetto alle mammografie, va precisato un aspetto che non è di dettaglio: le liste di attesa riguardano tutte le donne che effettuano le mammografie fuori dallo screening e, se lo fanno, è per scelta propria, ma dal punto di vista del ragionamento che si faceva prima, cioè le linee guida dell'appropriatezza, non vi è ombra di dubbio che sono appropriate quelle inserite nello screening.
Se poi una donna ritiene di farla per sua tranquillità personale, non ci si deve stupire che le liste di attesa siano di sette mesi e potranno anche aumentare paradossalmente perché queste visite sono fuori dai protocolli scientifici internazionali.
Lo screening, su cui investiamo mediamente 600 milioni all'anno, sta funzionando molto bene, le risposte da parte delle donne superano il 60 percento delle chiamate, c'è un 40 percento di donne che non si presenta alle visite di tappa previste dallo screening e contemporaneamente probabilmente si rivolge fuori dalla logica della prenotazione con questi risultati, ma di certo noi diamo precedenza a tutte le mammografie inserite nello screening che non hanno nessuna lista di attesa perché sono immediate. Rispetto alle ecografie il ragionamento riguarda l'eccesso di domanda e su questo bisogna intervenire sulle linee guida. Questa è la politica sanitaria che si sta attuando, è una politica che inizia e che avrà dei risultati nel breve periodo perché la definizione di protocolli diagnostici e linee guida è molto complicata e deve tener conto delle particolarità di ogni singola realtà regionale. Ripeto: inizieremo le prossime settimane con alcuni documenti importanti a cui ne seguiranno altri in applicazione di uno degli obiettivi principali del Piano sanitario regionale.
Président La parole à la Conseillère Squarzino Secondina.
Squarzino (PVA-cU) Dicevo prima che il problema è complesso e la panoramica che l'Assessore ha fornito lo è altrettanto: ha annunciato che si sta lavorando per ridurre i tempi di attesa e che si dà già adesso la precedenza ai casi di maggiore urgenza. Faccio notare che, sempre rispetto alla mammografia, lo stesso Direttore sanitario dice che l'attesa viene ridotta a 15 giorni in presenza di un nodulo. Ora, lei può immaginare cosa vuol dire per una paziente, messa in allarme per la possibile presenza di un cancro e dover aspettare 15 giorni per poter verificare la pericolosità di quel nodulo.
Questo è un caso limite non sopportabile, anche se l'attesa è contenuta nei 15 giorni e anche se è presentato come un passo avanti rispetto alle critiche che vengono fatte. Credo che sia ancora molto grave, come dicevo prima, che ci siano dei tempi di attesa di 30 giorni per neoplasie polmonari. Di fronte a casi di neoplasia esplicita o di timore di neoplasia, credo che l'urgenza debba essere garantita a tutti i costi: cosa che adesso non avviene ancora, per questo facciamo presente la situazione.
Lei ha prospettato alcune soluzioni, alcune linee entro cui lavorare: una prima linea è l'aumento di ore del personale, e l'aumento di personale, i quattro medici anestesisti di cui parlava; una seconda linea di azione è quella di definire dei protocolli di accesso alle prestazioni.
Qui è chiaro che noi non possiamo su questa sua proposta dire nulla perché non abbiamo elementi, quindi vedremo che tipo di protocolli saranno fatti, come saranno attuati e se effettivamente questo darà una risposta ai problemi che abbiamo sottolineato.
Ma se non viene fatta tutta un'opera di educazione degli utenti - ma da nessuna parte si parla di questo -, è chiaro che l'utente continuerà o ad andare al Pronto soccorso, dove può avere subito quella urgenza che diversamente non viene riconosciuta oppure, se ha delle risorse, a rivolgersi al privato. Non è vero che non esista il privato nella nostra Regione, certo che esiste! Non esistono strutture ospedaliere private, certamente, ma come lei ha ricordato con un accenno nel suo intervento l'utente va in una struttura pubblica altrove, in un'altra regione e lei sa benissimo che la mobilità passiva continua a crescere. Con questi ampi tempi di attesa si induce l'utente ad andarsene da un'altra parte. Non so bene il suo intervento di oggi in quale rapporto sia con quanto ha affermato nell'intervista fatta l'altro ieri al "Sole" in cui ha detto: "La nostra idea è quella di prevedere che il cittadino paghi una quota per usufruire di certi servizi che comunque trova negli ospedali?, cioè lei dice: "il cittadino deve pagare".
Certo che già adesso paga il ticket, ma gli stessi servizi sono più rapidi nel privato che non nel pubblico e non è che pagando il ticket i servizi pubblici di per sé migliorano. Io credo che se non si correggono certe inerzie che provocano i ritardi, non se ne viene a capo. Perché in alcuni reparti i tempi di attesa sono quasi nulli e in altri sono lunghissimi? C'è una diversa organizzazione del lavoro nei diversi reparti? Cioè qui manca chiarezza e manca trasparenza.
Mancano due punti nelle strategie di lavoro che l'Assessorato oggi ha indicato: uno, l'ho già detto prima, l'educazione degli utenti; l'altro, l'organizzazione del lavoro all'interno dell'Ospedale e fra Ospedale e territorio. Se non si interviene su questo, se non si fa più chiarezza e trasparenza anche nel modo in cui viene gestito il CUP e vengono gestite le liste di attesa, credo che non se ne esca fuori.
In alcuni reparti - lo abbiamo visto - i tempi si sono dimezzati e quasi azzerati: la Radiologia mi sembra sia il reparto principe in questa situazione. Però nella soluzione adottata è l'USL che paga privatamente questi servizi: quindi non è che l'azienda riveda l'impostazione della struttura pubblica, ma compra dai suoi dipendenti le prestazioni come se i dipendenti fossero un privato, cioè al limite noi struttura pubblica, abbiamo un privato all'interno dell'Ospedale che è costituito dai primariati. È questo…
(commento dell'Assessore Vicquéry, fuori microfono)
… ebbene sì… però attenzione, Assessore, lei o la Giunta avete indicato come uno dei quattro macro-obiettivi anche l'abbattimento delle liste di attesa. Ora qui arriviamo all'assurdo: se il macro-obiettivo dell'abbattimento delle liste di attesa è raggiunto dando delle risorse supplementari, e quindi comprando dal privato queste prestazioni, come si può dire che è stato raggiunto un obiettivo di qualità tale da giustificare il salario di risultato? Cioè qui praticamente è l'USL che dà più risorse al reparto perché faccia delle prestazioni, in questo modo le liste di attesa sono ridotte ed è grazie a quello che si ha il salario di risultato.
Ora, mi sembra che sia un atteggiamento un po' originale quello di premiare con il salario di risultato il lavoro a pagamento che la stessa azienda ha comperato. Ci chiediamo se è giusto questo comportamento. Praticamente qui le liste di attesa vengono azzerate se o paga l'utente o paga l'USL, ma le prestazioni sono sempre, e comunque, a pagamento. Questo è il nodo fondamentale da risolvere. Ripeto: mi sembra strano che occorra immettere risorse per avere i servizi che il pubblico dovrebbe dare, tanto più che abbiamo anche forse un modo non ottimale di utilizzare il personale - qualcuno con una battuta diceva: "abbiamo più medici che posti letto" - e non riusciamo a gestire un'organizzazione tale da offrire come pubblico un servizio all'utente.