Resoconto integrale del dibattito dell'aula

Oggetto del Consiglio n. 1801 del 24 gennaio 2001 - Resoconto

OGGETTO N. 1801/XI Risultanze della ricerca "Prometeo" sulla situazione sanitaria. (Interpellanza)

Interpellanza Preso atto dei dati sulla salute forniti dalla ricerca Prometeo, recentemente pubblicata, che analizza e descrive le realtà italiane alla luce delle "morti evitabili";

Constatato che la nostra regione si colloca al primo posto di detta graduatoria, che riporta in ordine decrescente le regioni in cui è più alto il rischio di morire;

Considerato che già nel precedente rapporto Prometeo la nostra regione si segnalava per "mancanza di prevenzione", per "cattiva diagnosi precoce" e per "cattiva igiene ed assistenza sanitaria";

Constatato che nel frattempo la situazione sanitaria della nostra regione, rispetto al tema analizzato da tale ricerca, "le morti evitabili", non è migliorata, nonostante le ingenti risorse finanziarie erogate dalla regione per la sanità;

la sottoscritta Consigliera regionale

Interpella

l’Assessore competente per sapere:

1) quali sono stati gli interventi attivati per invertire la situazione sanitaria registrata dalla ricerca Prometeo del 1999;

2) se è a conoscenza dei dati della ricerca Prometeo del 2000 e come li valuta;

3) cosa intende fare per contrastare la tendenza negativa che emerge da tale ricerca e con quali obiettivi raggiungibili.

F.to: Squarzino Secondina

PresidenteLa parola alla Consigliera Squarzino Secondina.

Squarzino (PVA-cU)Mi dispiace che sulla ricerca Prometeo non si dica nulla sull'assistenza agli immigrati, sullo sportello SISI perché questo sportello sarebbe stato presentato come un fiore all’occhiello della Regione. Io condivido fino in fondo la scelta dell’Assessore rispetto a questo sportello e sono preoccupata sulla sorte di questo servizio in caso di eventuale vittoria del partito a cui appartiene Frassy. Chiusa parentesi?

Frassy? (fuori microfono) Queste sono valutazioni politiche?

Squarzino (PVA-cU)? sono valutazioni politiche, sono consentite perché siamo in sede politica qui, non in sede amministrativa. Quindi ritengo sia questo il luogo per farle.

Tornando alla nostra ricerca Prometeo, su questa ricerca già lo scorso anno avevo interpellato l’Assessore. Ricordo che la ricerca Prometeo ha visto la luce per la prima volta nel 1999 e nel 2000 siamo alla seconda edizione della ricerca.

È un'indagine sulle realtà territoriali delle aziende USL per descrivere e indagare sullo stato di salute della popolazione, sui servizi sanitari, in rapporto al contesto demografico ed economico; questa indagine consente di descrivere la realtà della salute sul territorio italiano tanto che il sottotitolo della ricerca è: "Atlante della sanità italiana".

A questa indagine collaborano l’Università di Roma di Tor Vergata, l’Istituto nazionale di statistica, Farmindustria, il Lesis e via dicendo, quindi sono presenti settori diversi della ricerca.

È una ricerca che, ripeto, ha preso l’avvio l’anno scorso e che comincia ad avere una sua rilevanza anche a livello nazionale.

L’interesse di questa ricerca è il punto di vista da cui si colloca per esaminare tutti i vari dati che già sono a conoscenza dei diversi settori che operano nel sanitario, e cioè si vuole vedere quanti morti evitabili il sistema sanitario territoriale consente.

Una premessa: questa analisi dell’Istituto Prometeo non è una denuncia tout court del servizio sanitario italiano tant’è vero che una recente ricerca dell'Organizzazione mondiale della sanità ha collocato l’Italia al secondo posto nella classifica della performance dei sistemi sanitari e la Francia viene al secondo posto, quindi vuol dire che complessivamente il sistema sanitario italiano funziona.

Ma è sempre utile verificare il grado di gradimento del servizio e verificarne l’efficienza nei confronti della salute.

Cosa fa la ricerca? La ricerca, partendo dal presupposto che c’è un’età media nella quale si muore: in Italia, l'età media era nel 1994 di 74 anni e nel 1997 di 75 anni, registrando nell’arco di 3 anni un aumento di 1 anno l’attesa di vita delle persone, partendo da questo presupposto, la ricerca considera non naturale e non fisiologico ogni evento mortale che avviene prima di compiere i 70 anni di vita. La ricerca individua le cause e lo fa con un calcolo pesato rispetto alla popolazione in modo che non siano penalizzate le regioni in cui c’è maggiore invecchiamento rispetto a quelle in cui c’è minore invecchiamento.

Analizza questi dati, e individua grossi ambiti di cause possibili che possono essere rimosse e indica interventi per diminuire il numero di morti evitabili.

Le cause sono raggruppate nei seguenti settori: prevenzione primaria legata a stili di vita, campagna antifumo, antialcol, corretta alimentazione; prevenzione secondaria, interventi di diagnosi precoce, terapia; tumori evitabili con terapia precoce e adeguata; misure di igiene e di organizzazione sanitaria.

I dati della ricerca Prometeo del 2000 confermano sostanzialmente quelli della ricerca del 1999 e collocano la nostra Valle in una zona di massima retroguardia: nel 1999 eravamo ai penultimi posti, con il 2000 siamo all’ultimo posto e la sintesi della ricerca Prometeo riguardante la Valle d’Aosta, perché oltre a una descrizione globale della sanità in Italia viene anche descritta la situazione delle singole regioni, è la seguente - ne leggo alcuni stralci, è molto breve e dà il quadro di come viene descritta da questa ricerca la nostra Regione -: "? La nostra azienda USL evidenzia valori più alti della media nazionale, nel senso che, mentre a livello nazionale su ogni 100.000 abitanti di sesso maschile si registrano 176 morti evitabili, da noi gli uomini morti per cause evitabili ogni 100.000 abitanti sono 235" (quindi c’è una media di 2,4 per mille abitanti). "Per le donne, mentre a livello nazionale c’è un valore di 7,9 per 100.000 abitanti, in Valle d’Aosta siamo a 77,8 morti evitabili ogni 100.000 abitanti, quindi c’è una grossa differenza.

Se si considerano le diverse categorie di morti per cause evitabili, rispettivamente evitabili o riducibili grazie ad interventi sugli stili di vita, ad interventi di diagnosi e terapia precoce o legati a problemi connessi con la strutturazione e il funzionamento dell'organizzazione sanitaria, si evidenzia la situazione di svantaggio dell'azienda USL di Aosta rispetto alla media nazionale con un'unica eccezione che è quella che riguarda un dato migliore di morti evitabili per le donne rispetto alla misura di igiene e assistenza sanitaria."

Qui dobbiamo dare atto che quell’intervento di diagnosi precoce, di screening, sulle donne, intervento che da anni viene portato avanti ha fatto sì che i valori della Valle d’Aosta risultino migliori rispetto a quelli della media nazionale ovvero risulta più basso il numero di morti evitabili.

Questa è la situazione, abbastanza drammatica, nel senso che abbiamo un numero cospicuo di morti evitabili superiori a quello registrato in campo nazionale; il settore in cui si evidenzia maggiormente questa caratteristica è proprio la popolazione degli uomini in cui si registra un maggior numero di persone che muoiono per cause che avrebbero potuto essere evitate se si fosse lavorato, e se si lavorasse, maggiormente sui cambiamenti di stili di vita, su diagnosi precoce, sul funzionamento dell'organizzazione sanitaria o sull’igiene. Questi sono i dati brutali che emergono dalla ricerca.

L’interpellanza del nostro gruppo chiede se sono stati attivati degli interventi per invertire la situazione sanitaria che si era registrata nel 1999 e che nel 2000 viene ribadita; se l'Assessore conosce questi dati e come li valuta; cosa si intende fare per contrastare la tendenza negativa che emerge da tale ricerca e con quali obiettivi raggiungibili, in modo da non accontentarsi solo di parole.

Si dà atto che, dalle ore 12,08, riassume la presidenza il Presidente Louvin.

PrésidentLa parole à l’Assesseur à la santé, au bien-être et aux politiques sociales, Vicquéry.

Vicquéry (UV)Sarò lungo, dopo la premessa lunga e ipotizzo la risposta altrettanto lunga della Consigliera Squarzino, non posso non entrare nel merito di una questione complessa che ci ha impegnati fortemente per capire l’origine della ricerca e la premessa è che la ricerca Prometeo non è in linea con i dati in possesso dell’Assessorato, è stata contestata da più parti, in particolare dalle Regioni del nord Italia dato il macroscopico elemento che ne deriva: dove si spende di più e si investe di più nella salute, ricordo, 2,8 milioni a Bolzano e 2,5 milioni in Valle d’Aosta pro capite, aumentano gli anni di vita persi.

Ne consegue che i sistemi sanitari sono coinvolti in minima parte nella ricerca, che riguarda la qualità della vita nel suo complesso e in generale, le abitudini, nonché altri elementi sociali quali ad esempio i suicidi o altri ancora assolutamente non valutabili, quali gli incidenti stradali, non si sa se di residenti o di tutti.

Gli stessi ricercatori, come in parte ha già accennato la Consigliera Squarzino, riconoscono questa posizione di cautela laddove affermano che risulta - cito testualmente - che: "? L’esito in termini di salute o di minor numero di anni di vita persi per cause di morte evitabile è il frutto di un complesso sistema di condizioni rispetto alle quali il modello di organizzazione sanitaria è solo una variabile e non necessariamente la più strategica. Molti sono infatti i fattori che determinano lo stato di salute di un individuo o di una popolazione e una buona parte sono essenzialmente riconducibili, nel bene come nel male, al libero arbitrio di adottare comportamenti protettivi verso di essa sia in termini di prevenzione che di cura come si dirà più avanti?".

Altra citazione: "? D’altra parte la classifica Prometeo non suggerisce che l’assistenza sanitaria funzioni peggio in alcune specifiche e ben identificate aree del Paese o che alcuni servizi di prevenzione e dipartimenti di emergenza mostrino la corda o perdano colpi rispetto ad altri?".

Non solo, dice la ricerca a pagina 47 che per quanto riguarda la Valle d’Aosta va ricordata la distorsione dovuta al basso numero di residenti che addirittura non coincidono con quelli rilevati dall’anagrafe.

Questa come premessa, così come va detto che la ricerca si riferisce a un periodo antecedente i grossi interventi di prevenzione primaria e secondaria messi in atto dal 1996-1997 in poi dall’Assessorato su precise indicazioni della Giunta regionale che ha in quegli anni voluto invertire la tendenza in atto precedentemente che era quella di concentrare gli sforzi finanziari più sull’Ospedale, quindi sulla cura, piuttosto che sulla prevenzione e sulla riabilitazione.

Questo va detto ad onor del vero perché sicuramente in questa fase, indipendentemente dalle cose dette prima e dalla differenza dei dati rilevati dal nostro osservatorio rispetto a quelli citati dalla difficoltà di analizzare sui numeri piccoli, noi scontiamo queste scelte di politica sanitaria che sono state fatte negli anni scorsi.

Ma l’analisi Prometeo, nel ricondurre a un complessivo 17,6 percento contro il 15 percento della media nazionale e agli stessi livelli della Provincia autonoma di Bolzano (17,2), della Lombardia (16,8), del Veneto (16,1), cioè di regioni tradizionalmente avanti nella spesa sanitaria, dicevo, nel ricondurre a un 17 percento la quota di mortalità evitabile su quella complessiva della Valle d’Aosta, e parliamo indicativamente di 220 casi su circa 1.300 morti all’anno, la spiega attraverso il calcolo degli anni di vita persi distinguendo fra cause riconducibili a tre settori.

Primo settore: il 67,5 percento, cioè 148 casi, a mancata prevenzione primaria, e ricordo che per prevenzione primaria si intendono gli interventi che possono essere messi in atto per rimuovere i fattori che determinano alcune malattie e che in alcuni casi possono condurre alla morte. Poiché per i fattori di rischio, ripeto, non vi sono solo quelli di più facile individuazione come le cattive abitudini alimentari, le dipendenze da sostanze nocive, la scarsa attività fisica, ma vi sono soprattutto gli stili di vita e il libero arbitrio di ciascuno di noi nel sceglierne uno proprio, è difficile misurare gli effetti se non su periodi molti lunghi, al variare cioè di modelli culturali, parliamo di decenni.

Quando parliamo di prevenzione primaria, che riguarda circa il 68 percento dei casi, dobbiamo essere onesti con noi stessi perché non cambiamo le abitudini di vita dei Valdostani se non come minimo nell’arco di una generazione.

Il secondo settore: l’8 percento con 19 casi, riguarda cattiva diagnosi precoce, cioè prevenzione secondaria, ed è questa che ci preoccupa di più in questa fase perché è su questa dove la sanità può intervenire in via diretta.

Rimane circa un 21-22 percento con 46 casi in tutto legati alla cattiva igiene e assistenza sanitaria.

Queste cause hanno prodotto morti evitabili per un numero di anni di vita persi nelle seguenti percentuali: 31 percento per tumori, il 21 percento per malattie del sistema cardiocircolatorio, il 35 percento per traumatismi e avvelenamenti, il 9 percento circa da altre cause.

Mortalità evitabile, cito la pagina 47 della ricerca dove si dice che: "? È evidente che soprattutto in Valle d’Aosta il dato può essere inficiato dal ridotto numero di abitanti della Regione, ma va messo in evidenza comunque che per i maschi a livello complessivo emerge un andamento decrescente da nord a sud?".

Ragionando sulle cause, l’efficacia degli interventi di politica sanitaria, anche laddove risultassero molto puntuali e strutturati, non potrà mai essere risolutiva perché molto, specie per la prevenzione primaria, è legato ad abitudini e stili di vita che mutano molto lentamente e in più generazioni.

"Invertire la tendenza" di un dato di mortalità su una popolazione, anche se di ridotte dimensioni come quella regionale, non è un obiettivo misurabile in poco tempo e anche quando la riduzione di mortalità viene misurata specificatamente per singola causa, da un anno all’altro e su piccoli numeri è alto il rischio di incorrere in variazioni positive o negative attribuibili più al caso che non all’efficacia degli interventi sanitari.

In altre parole, per sapere se è stata realmente invertita una tendenza, l’analisi del trend storico deve attendere per la Valle d’Aosta l’analisi dei dati di almeno qualche decennio.

Ma veniamo al punto che più interessa direttamente il servizio sanitario e cioè alla seconda causa: la prevenzione secondaria e alla valutazione della sua efficacia.

La funzione programmatoria deve tener conto di una criticità fondamentale che limita la penetrazione e l’applicazione di programmi di alto valore morale e finanziario che è attribuibile al fatto che tale attività preventiva (test diagnostici di screening, come già citati) comporta un disagio certo per un gran numero di persone in vista di un vantaggio che sarà ridistribuito statisticamente e in termini numerici bassissimi.

Basti pensare che dallo screening dei tumori per la popolazione femminile i vantaggi attesi sono di 6-7 morti evitabili all’anno, quindi bassissimi in termini numerici anche se altissimi in termini di valore umano, ovviamente, ed è questo il problema principale in merito all'adesione della popolazione a simili iniziative a cui, come si sa, non è molto facile far partecipare.

In generale, gli interventi di cui la Consigliera Squarzino chiede e che l’Assessorato attua, sono sia di tipo conoscitivo (aumento e miglioramento della qualità e della tipologia dei dati epidemiologici regionali) che politico (azioni dirette, finanziamenti, documenti di indirizzo all’azienda USL per gli obiettivi di salute e di miglioramento dei livelli di assistenza).

Sotto il profilo conoscitivo, cioè dell’analisi epidemiologica, la mortalità presa in esame dalla ricerca Prometeo analizza nell'edizione 1999 solo i dati del 1994 e nell'edizione 2000 quelli del triennio 1995-1997, mentre l’Assessorato già nella relazione sanitaria "Valle d’Aosta 1998" ha condotto un'analisi della mortalità regionale per sesso e causa dal 1992 al 1997, prendendo sei anni in esame, nella quale indicava gli ambiti di intervento per ridurre alcune cause di morte o eliminare alcuni dei fattori di rischio noti che la determinano.

Specificatamente sulla mortalità evitabile è stato rilevato come la nostra Regione, nonostante un trend storico in flessione dalla fine degli anni ’80, si distingue ancora per un'elevata frequenza di morti dovute a cause esterne, cioè traumatismi di diversa natura, avvelenamenti che dal 1992 al 1997 hanno rappresentato l’8 percento dei decessi nei maschi e il 5 percento nelle femmine e sono la prima causa responsabile degli anni di vita persi, come abbiamo visto prima, nei maschi perché è molto più frequente nelle classi di età più giovani. I massimi livelli si raggiungono attorno ai venti anni per cause attribuibili essenzialmente agli incidenti in motorino e alla pratica non corretta degli sport invernali.

Il 50 percento dei decessi avvenuti nei maschi tra i 5 e i 14 anni dal 1992 al 1997 è dovuto a cause traumatiche, una proporzione che raggiunge il 58 percento fra i 15 e i 29 anni e il 13 percento tra i 39 e i 65 anni.

Nelle femmine il fenomeno è meno allarmante con valori che assumono comunque un peso meritevole di attenzione, infatti dei 38 decessi registrati nella popolazione femminile di età fra i 10 e i 29 anni fra il 1992 e il 1997 18 sono avvenuti per cause traumatiche.

Un’altra caratteristica che differenzia la mortalità regionale, evidenziata nella relazione sanitaria della Valle d’Aosta dello scorso anno, è quella che attribuisce per entrambi i sessi il 32 percento dell'intera mortalità per tumori in Valle d’Aosta a neoplasie più strettamente correlate alle abitudini alimentari, cioè neoplasie dell’apparato digerente e ritorniamo agli stili di vita. Per questo tipo di tumori e per le altre malattie che colpiscono il sistema digestivo l’alimentazione è il fattore di rischio e al tempo stesso il fattore protettivo più diffuso.

Di sicuro interesse epidemiologico è la frequenza registrata nei tumori del colon retto: 10,3 percento del totale, gli unici maggiormente curabili fra quelli comprendenti i tumori gastrici, del fegato, del pancreas, della colecisti che a differenza sono tutti ad altissima letalità.

Così come di interesse per la politica di interventi sanitari è il dato che registra anche per la Valle d’Aosta un trend in aumento del tumore del polmone delle donne: 15 percento, unitamente ad altre malattie polmonari in genere, in particolare le broncopatie croniche correlate all'esposizione al fumo di sigaretta che nella popolazione femminile è stato tardivo rispetto a quello maschile e sta comunque registrando ormai gli esiti negativi sullo stato della salute.

Infine la mortalità regionale si caratterizza per la presenza di patologie alcolcorrelate che potrebbe in parte collegarsi alla frequenza di affezioni psichiatriche e alle cause che favoriscono e che trovano esiti finali in una parte del settore nosologico ed alle cause di morte relative ai suicidi.

Questo in sintesi il profilo della mortalità regionale a noi noto. Sotto il profilo politico sono invece molteplici gli interventi realizzati per contrastare la mortalità specifica regionale nei tre ambiti di causalità, distinti da Prometeo, che è comunque corretto tenere distinti fra di loro.

Nella prevenzione primaria un importante ruolo viene riconosciuto alla cultura e all'educazione alla salute che in essa si esprime. Anche su questo invito a riflettere come permanga nella società di oggi e nella nostra regionale una tendenza a delegare alle istituzioni il principale ruolo di trasmissione di modelli culturali e informativi che invece storicamente risiede nella famiglia.

La famiglia come portatrice di valori, fra cui quello fondamentale del rispetto della persona e del suo benessere psicofisico, per cause legate a motivi economici e culturali assicura ormai solo in parte questo ruolo importante alle nuove generazioni. Per questa ragione il primo intervento che la Regione attraverso l’Assessorato ha messo in atto è stata proprio la legge n. 44 che pone in essere una serie di iniziative volte ad aiutare le famiglie affinché i disagi economici e lavorativi non compromettano del tutto la possibilità di svolgere appieno il proprio ruolo educativo. È evidente poi che qualsiasi intervento intrapreso dalle istituzioni a difesa di un valore perde buona parte della sua efficacia se quello stesso valore non viene per primo riconosciuto e trasmesso dalla famiglia in cui l’individuo nasce e cresce.

Da quanto detto sopra è evidente che gli sforzi maggiori devono orientarsi ai giovani. Il terreno scelto delle scuole come laboratorio di diffusione degli interventi educativi e preventivi è fondamentale anche se occorre precisare che è necessario diversificare le azioni per non escludere da tali iniziative i giovani che abbandonano gli studi e che proprio per questo esprimono più degli altri un disagio che deve essere individuato e risolto.

Fatto salvo tutto ciò, gli interventi riconducibili all'assistenza primaria sono numerosi e nessuna singola iniziativa sarà mai risolutiva. Il solo modo per intervenire efficacemente è quello di coordinare tutte le iniziative sui diversi progetti esistenti evidenziando la necessità di avviare proficue sinergie da parte delle istituzioni coinvolte con momenti di valutazione sull'efficacia ottenuta.

Sul disagio sociale e psicologico, che può indurre molte persone, specie di giovane età, ad adottare stili di vita rischiosi per la salute, l’Assessorato è intervenuto più volte sotto diverse forme. Nell’ultima riunione di Giunta è stato approvato un ulteriore finanziamento di oltre 198 milioni del Progetto "Ponte", un progetto di organizzazione, gestione, verifica degli interventi formativi elaborati dalle istituzioni scolastiche dipendenti dalla Regione, finalizzati alla prevenzione di disagio giovanile e tossicodipendenze. Il progetto, come si sa, ha una portata molto vasta sia in termini di istituti scolastici interessati che di temi di prevenzione primaria, affrontati con l’importante obiettivo di coordinare e valutare attraverso un comitato tecnico regionale tutte le iniziative che investono la scuola e che sono rivolte ai giovani per favorire così un maggiore intervento nel settore pubblico senza naturalmente escludere rapporti di collaborazione con i privati.

Gli argomenti affrontati possono tutti ricondursi alla prevenzione di diverse forme di disagio giovanile e vanno dall'educazione alimentare all'educazione sessuale, all'affettività, alle dipendenze da alcol, fumo e droga, ai disagi psicologici, allo stress, alla ricerca del benessere psicofisico, all'informazione sulle finalità del consultorio adolescenti, all’AIDS oltre che molti altri temi di educazione civica e ambientale.

Fra le iniziative finanziate con il fondo droga, un riassunto di lire ha portato finanziamenti di progetti nel triennio 1997-1999 - vediamo dopo l’indagine - per 1.100 milioni circa, per l’attuazione dei 16 progetti della legge n. 285 che conosciamo, concernente disposizioni per la promozione di diritti e opportunità per l’infanzia e l’adolescenza, per il 2000 è stato stanziato un fondo di circa 1.500 milioni per l’applicazione della legge n. 8/1997. Nel triennio 1997-1999 sono stati stanziati circa 2 miliardi per l’attuazione del Progetto "Ponte"; per il periodo precedente, anno finanziario 1995-1996 circa, circa 800 milioni. Somme importanti che però non vengono tutte registrate nei dati della ricerca perché le fonti di ricerca sono differenziate e non sono direttamente le regioni che forniscono i dati all’istituto. Questo è un elemento di criticità che è stato evidenziato da tutte le regioni.

Vengono di seguito elencate alcune altre specifiche iniziative. Per quanto riguarda le dipendenze da alcol, fumo e sostanze stupefacenti ricordo tra tutte la campagna di prevenzione, che sta andando bene, così definita "La sbronza di Noè", che ha dato attuazione ad un importante progetto di educazione alla salute dopo che uno studio epidemiologico a carattere regionale aveva descritto il fenomeno della dipendenza come un fenomeno che non solo non accenna a diminuire, ma soprattutto si delinea come un fenomeno complessivo nel quale purtroppo l’uso dell’alcol finisce con l’essere maggiore e per di più associato a quello degli stupefacenti.

Sul tema dei giovani, abitudini, comportamenti e problemi è nato da poco il consultorio per gli adolescenti che l’USL ha messo in campo.

Inoltre la campagna di prevenzione del trauma cranico nelle scuole, iniziato nel 1999, ha raggiunto 1.175 alunni in più incontri per l’uso del casco, della cintura di sicurezza, il comportamento responsabile sulle piste di sci.

Per quanto attiene i disturbi psichici, che trovano una grave esternazione nel disordine alimentare, è operante dal 1996 un gruppo tecnico per l'elaborazione di progetti dedicati alle problematiche legate all'anoressia e ai disturbi del comportamento alimentare e sta per partire un ambulatorio multiprofessionale su questo aspetto.

Sempre sul versante dell'educazione alimentare l’Assessorato, assieme al Dipartimento di prevenzione dell’USL, ha diffuso nel 1999 nelle biblioteche, nelle microcomunità, negli asili-nido, nei presidi socio-sanitari, fra il personale addetto alle ristorazioni un manuale dal titolo "Per un piatto sano" in cui, oltre a identificare i punti critici relativi al consumo degli alimenti, insegna molto anche sulle corrette procedure di preparazione e conservazione dei cibi che arrivano sulle tavole dei Valdostani tutti i giorni.

Sono inoltre diverse le iniziative in questa direzione perché è stato riconosciuto che molte false convinzioni caratterizzano la cultura del mangiare e del bere. L’azienda USL, unitamente all’Assessorato, in materia di istruzione ha avviato nel 1998 una campagna di educazione alimentare "A.A.A. alimentazione e?" che attraverso i docenti delle scuole arriva agli alunni per renderli il più possibile i veri protagonisti della propria alimentazione e attori delle trasformazioni alimentari della famiglia di appartenenza.

Di recente è l’istituzione presso l’Ospedale regionale della struttura semplice di dietologia che, come scienza dell’alimentazione, avrà il compito di prevenire e curare le patologie correlate alle cattive abitudini alimentari.

L’ultima iniziativa su questo versante a dicembre 2000 è stata di tipo conoscitivo relativa alla convenzione siglata alla fine dello scorso anno fra la nostra Regione e il Dipartimento della programmazione del Ministero della sanità per lo svolgimento del progetto di educazione alimentare e sviluppo di un sistema informativo per la raccolta di dati statistici e di conoscenza del fenomeno a livello locale che aumenterà nel tempo il patrimonio conoscitivo dell’Osservatorio epidemiologico regionale.

Un’altra iniziativa di tipo conoscitivo è quella che proviene dalla legge regionale n. 285: "Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza, del 1997, che istituisce l’Osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza", che sta lavorando in questi giorni.

Per quanto riguarda invece le morti evitabili, e siamo ai 19 casi all’anno, da attribuire alla mancata efficacia degli interventi di prevenzione secondaria, e qui cattiva diagnosi precoce e terapia inefficace, l’analisi di Prometeo analizza i dati 1995-1997 per cui non possono essere ancora evidenziati gli effetti dei due screening dei tumori femminili, mammelle e cervici, avviati nel 1997, e delle campagne di prevenzione. È evidente che servono molti anni per osservare la riduzione della mortalità specifica dovuta a un screening di popolazione, ma ciò che queste iniziative possono indurre come effetto ulteriore a quello della diagnosi precoce e della terapia è proprio una maggiore attenzione alle azioni che a livello individuale ciascuno può intraprendere per contrastare queste forme di tumore.

Mi preme comunque far notare che per una Regione delle dimensioni della Valle d’Aosta, l’aver attivato delle iniziative di prevenzione secondaria per definizione ad alto costo (quasi un miliardo all’anno) per salvare una vita all’anno o nel peggiore dei casi, o nel migliore dei casi a seconda di come la si interpreta, ogni due anni, costituisce già un segno di sensibilità al problema delle morti evitabili e di precisa volontà politica per ridurle dal momento che nessuna analisi basata sul rapporto costi/benefici avrebbe autorizzato uno screening in una popolazione di soli 120.000 abitanti.

Per gli screening già attivati va registrata una buona adesione: 40 percento per la prostata e 70 percento per i tumori femminili, segno di una positiva accoglienza nella popolazione.

In merito alla prevenzione delle malattie cerebrovascolari ricordo infine l’azione svolta dall’Associazione Alice che da anni opera attivamente presso la sede dell'Ospedale regionale con proficui effetti anche sulla cura di tale patologia in collegamento con la Neurologia.

In merito alla terza causa di morti evitabili, qui siamo ai 46 casi, attribuita a cattiva igiene e assistenza sanitaria, oltre ad avvertire sui pericoli di un’attribuzione causale così generica, voglio affiancare l’analisi Prometeo ad altri dati provenienti da fonte ufficiale e con questo mi ricollego al punto 2 dell'interpellanza. Dopo l’uso sensazionalistico che la stampa non scientifica ha fatto di questa indagine, dell’analisi e soprattutto delle graduatorie, mentre fra le riviste scientifiche è stato ampiamente esposto il contenuto della ricerca stessa, c’è maggiore consapevolezza di quanto invece già detto ripetutamente nelle pubblicazioni scientifiche, cioè che si può intervenire a livello di politica sanitaria prevenendo alcuni tumori con una diagnosi precoce e terapie efficaci.

Si può intervenire con la prevenzione primaria sensibilizzando sui fattori di rischio delle malattie cardiovascolari, ma sul libero arbitrio del singolo nell’incorrere in queste patologie con personali stili di vita, abitudini alimentari, fumo e alcol o in altri interventi letali che hanno determinanti complessi e molteplici come gli incidenti stradali, i suicidi, i traumatismi di ogni genere, sicuramente si può fare molto meno se non nulla anche se il meno come abbiamo visto non coincide con il nulla.

La Valle d’Aosta del resto non ha mai avuto sulla stampa scientifica giudizi simili a quelli dati a seguito dell'indagine Prometeo e già la Consigliera ha fatto cenno ad alcuni di questi.

Io ricordo la relazione annuale dell’ISTAT del 1999 che ha collocato la Valle d’Aosta al 2° posto dopo Bolzano per la qualità del servizio e devo dire molto francamente con enorme sorpresa da parte mia perché c’è molto da fare sull’aspetto della qualità dei servizi, ma tant’è quella indagine ci colloca al 2° posto ed è un dato da registrare.

Lo registro senza enfasi sia chiaro perché come tante indagini è anche quella criticabile.

Nell’ultimo volume "La salute in Italia del 21° secolo", edito dal Ministero della sanità e dal Centro europeo ambiente e salute nell'Organizzazione mondiale della sanità, nel capitolo delle cause esterne di mortalità e invalidità la Valle d’Aosta è tra le regioni che ha registrato una flessione del tasso di mortalità per 100.000 abitanti per incidenti stradali dal 1988 al 1992 del meno 12,68 percento a fronte di un 4,89 percento in più del nord e di un 6,42 percento dell’Italia ed una flessione ancora maggiore nello stesso arco di tempo del tasso di mortalità per incidenti domestici del meno 15 percento a fronte del più 4 percento del nord e del più 8 percento dell’Italia.

Concludo con la sintesi dell’analisi condotta dall’ISPO, Istituto per lo studio dell'opinione pubblica, su "Panorama" dedicato ai grandi ospedali in Italia in cui veniva ricercata l’eccellenza per singole specialità cliniche.

L’Ospedale di Aosta, escluse le discipline non presenti, su 16 specialità viene citato con criteri di eccellenza per ben 8 volte: Chirurgia generale, Gastroenterologia, Cardiologia, Infettivologia, Neurologia, Pneumologia, ORL, Urologia.

Siamo quindi a conoscenza delle caratteristiche della nostra mortalità, e questo è già un dato positivo, ma va ribadito ancora una volta che c’è una correlazione piuttosto forte fra stili di vita e malattie così come c’è correlazione fra condizioni orografiche, viabilità e incidenti o traumatismi.

Occorre sempre tenere presente che siamo una regione montana e i dati di mortalità e morbosità sono analoghi in diverse realtà montane dell’Italia settentrionale, dalla Provincia autonoma di Bolzano per i suicidi, per esempio, al Friuli per le patologie alcolcorrelate.

Si nota dunque un'uniformità che è emblematica anche per la spesa sanitaria, che è per tutti più elevata e che deve far riflettere il legislatore, oltre che il mondo scientifico in quanto il bisogno sanitario della popolazione di montagna è peculiare, differente e più acuto.

Quali sono gli obiettivi raggiungibili? Mi pare che si tratti di lavorare su questo stesso versante. Gli obiettivi generali sono quelli di cui ho detto al punto precedente.

Fermo restando l’impegno a sensibilizzare la popolazione ad adottare stili di vita sani e a prendersi cura della propria salute prima della comparsa di segni di malattia o di disagio mediante un'adesione responsabile a tutte le campagne di prevenzione primaria e secondaria intraprese, gli obiettivi raggiungibili sono:

1) quello di trasferire alle strutture distrettuali territoriali e ai medici di medicina primaria la missione sempre più strategica di essere i principali referenti del bisogno di salute oltre che gli attori insostituibili dell’azione di educazione e di prevenzione alla salute;

2) lasciare invece sempre più all’Ospedale l’appropriatezza della sua funzione di cura delle acuzie e delle emergenze seppure con un controllo sistematico perché su questo interveniamo, in rapporto a quella percentuale dei 19 casi che costituiscono il 9 percento, con l’appropriatezza dei ricoveri e della diagnosi che, se errata, è causa principale di morte ed è la più grave a mio avviso; per cui lasciare all’Ospedale l’appropriatezza della sua funzione di cura delle acuzie e delle emergenze, dicevo, per fare in modo che un ricorso appropriato ai servizi possa tradursi anche in una maggiore efficacia degli interventi e in una migliore qualità delle prestazioni con ovvi effetti sullo stato di salute.

Si dà atto che, dalle ore 12,39, preside il Vicepresidente La Torre.

PresidenteLa parola alla Consigliera Squarzino Secondina.

Squarzino (PVA-cU)Ringrazio l’Assessore per l’insieme di dati ricchi che ha fornito, è sempre utile avere una serie di informazioni.

Volevo sottolineare alcuni aspetti. Chiaramente l’ho accennato nella mia introduzione, ogni indagine, e lo ha confermato anche la risposta dell’Assessore, è finalizzata a mettere l’accento su un elemento particolare e quindi ad attirare l’attenzione su un aspetto, non su tutta la sanità, ma su un aspetto e su quello concentrare l’attenzione e chiedersi cosa si può fare per intervenire in quel settore particolare. Mi sembra che la relazione dell’Assessore dimostri come ci sia stata e ci sia attenzione su questi dati.

In questo senso quindi la ricerca Prometeo ha raggiunto il suo obiettivo perché aiuta le regioni e le singole aziende a riflettere sui dati che vengono proposti e a chiedersi cosa è possibile fare, cosa è stato fatto, come si può migliorare.

Fra l’altro è sempre utile confrontare, al di là dei dati forniti dall’Osservatorio regionale, i dati della Regione Valle d’Aosta con gli altri dati. I dati dell’Osservatorio che lei ha citato non sono comparati con altri dati regionali e con i dati nazionali perché probabilmente sono raccolti con una metodologia che non è stata scientificamente collaudata e anche concordata con altri osservatori o con altri centri di ricerca e quindi i nostri dati non sono certificati. Sono utili, ma è ugualmente utile avere il confronto dei dati regionali con dati di altre realtà.

Da questo emerge un elemento, che lei ha richiamato più volte, e cioè la Regione Valle d’Aosta non è sola, sì, è fra le ultime rispetto alle morti evitabili, ma si colloca insieme alle altre quattro regioni nel nord Italia nelle regioni più ricche.

Qui paradossalmente, come lei ricordava, c’è quasi un parallelismo fra ricchezza del territorio regionale, quantità alta di risorse impegnate nella sanità rispetto ad altre regioni e morti evitabili; a questi due dati corrisponde un alto numero di morti evitabili.

Lei ha continuato a mettere l’accetto sul fatto che queste morti evitabili, che fanno riferimento soprattutto alla prevenzione primaria, non possono tanto essere evitate perché c’è una libertà di stili di vita. Rispetto a questo, mi sembra di aver sentito in alcune parti del suo intervento quasi un atteggiamento remissivo di fronte alla realtà, come se dicesse che noi possiamo fare poco perché vengano modificati questi dati: occorre almeno una generazione, perché alcuni stili di vita cambino.

Se è vero – e qui concordo con l'Assessore - che il problema è legato più a stili di vita che alla sanità, se è a un dato culturale, le chiedo, Assessore di farsi portavoce presso i colleghi della Giunta perché questo problema dello stile di vita e del dato culturale venga assunto da tutta la Giunta, da tutte le politiche assessorili. Se è uno stile di vita, è un dato culturale, non possiamo chiedere che solo la sanità se ne occupi; credo che l’agricoltura possa fare molto rispetto a questo, la scuola naturalmente, la stessa industria; nelle modalità in cui vengono affrontati i problemi nei diversi settori forse va tenuto presente anche questo dato.

Le chiedo, Assessore, di farsi portavoce di questa esigenza perché non è pensabile che sia solo l’Assessorato della sanità che si faccia carico della prevenzione primaria.

Fra l’altro, se si ricorda, già discutendo del problema dei giovani, è emerso come abbastanza anomalo che sia un Assessorato della sanità che si occupa dei giovani in quanto i giovani non sono un problema di tipo sanitario o sociale, ma sono altro e così gli adulti con i loro stili di vita. È più un Assessorato dell’agricoltura che ha degli atout in questa Regione che deve intervenire su un dato culturale. Quindi le chiedo, Assessore, di inserire fra le sue azioni che vanno nella logica dell’intervenire sulla prevenzione primaria, anche un'attenzione particolare e un'opera di stimolo nei confronti dei suoi colleghi.

Altrimenti, ripeto, ha ragione lei: aspettiamo che passino una o due generazioni, non sappiamo neanche quante; probabilmente sono altri stimoli esterni alla nostra azione politica che ci faranno cambiare gli stili di vita; sono gli stimoli di cui vediamo alcune avvisaglie. Per esempio la mucca pazza.

Però dobbiamo assumerci le nostre responsabilità e non aspettare che siano questi stimoli, queste "disgrazie", che capitano fra capo e collo, a cambiare gli stili di vita. Io credo che effettivamente si possa fare qualcosa e si possa pensare a un progetto non dell’Assessorato, ma della Giunta nel suo insieme, il cui capofila può essere anche un altro Assessore, proprio per far notare la differenza di obiettivo non più legato solo al sanitario, ma legato a un dato culturale più ampio.

Secondo me, questa è la direzione verso cui ci si può incamminare, se si vuole intervenire in quel settore, altrimenti capisco il suo atteggiamento di remissione in attesa che i problemi si risolvano. Però non è compito del politico aspettare che i problemi si risolvano, ma bisogna individuare un qualche modo per intervenire.

Prendo atto che, rispetto alla prevenzione secondaria, cioè rispetto a quello che riguarda in particolare la diagnosi precoce, c’è la volontà di intervenire e di verificare che si faccia un passo avanti in quella direzione. Vedremo nel prossimo piano socio-sanitario se effettivamente i progetti che lei ha indicato sono anche presenti come priorità e non come una delle tante cose che vanno fatte.

Prendo atto anche dell’impegno, rispetto al territorio un impegno purtroppo io dico solo formale perché l’ho sentito ripetere più volte, ma poi in concreto non vedo il territorio diventare effettivamente gestore della sanità. Lei parla di affidare ai medici di base questa missione; io credo che i medici di base siano disponibili ad accettarla, ma non credo che si tratti solo dell’affidamento di una missione, ma è questione anche di organizzazione dell'assistenza sul territorio e nei distretti. E lei sa bene che il territorio e i distretti sono ancora un elemento un po' carente, nel senso che è una situazione più debole dal punto di vista organizzativo, rispetto all’Ospedale, non parlo neanche di finanziamenti, ma proprio dal punto di vista di progetti, di collegamenti con l’Ospedale che continua ad essere il motore della sanità.

Chiedo pertanto all’Assessore di riflettere su questi interventi, nel senso di dare una maggiore attenzione al distretto, al territorio e di promuovere anche l’avvio di un progetto di coordinamento con tutti gli altri settori dell’Amministrazione perché, se questo è un dato culturale, deve essere affrontato come tale, altrimenti le sue sono solo parole dette per rispondermi, ma non per risolvere il problema.

PresidenteSono le ore 12,52; il Consiglio è sospeso e riprenderà alle ore 16,00.

Ricordo che alle 15,30 è convocata la Conferenza dei Capigruppo.

La seduta è tolta.