Oggetto del Consiglio n. 3134 del 14 aprile 1998 - Resoconto
SEDUTA ANTIMERIDIANA DEL 15 APRILE 1998
OGGETTO N. 3134/X Discussione generale del disegno di legge: "Sistema delle autonomie in Valle d'Aosta".
Président Hier le Président du Gouvernement avait annoncé l'inscription de trois ratifications. La parole au Conseiller Dujany.
Dujany (Aut) Per chiedere un breve esame da parte della minoranza di questa proposta.
Président Alors, une petite suspension.
Si dà atto che la seduta è sospesa dalle ore 11,25 alle ore 11,35.
Président La parole au rapporteur, Conseiller Bavastro.
Bavastro (UV) Il progetto di legge che viene proposto all'approvazione del Consiglio è il risultato di un iter durato praticamente tutto il corso di questa decima legislatura.
La legge costituzionale n. 2/93, che ha attribuito alla Regione competenze primarie in materia di ordinamento degli enti locali, ha determinato la possibilità di emanare una serie di leggi di grosso rilievo: la legge sull'elezione diretta del sindaco e del vicesindaco, la legge sulla finanza locale, le leggi miranti alla costituzione del comparto unico, la legge sui segretari comunali. Si tratta di provvedimenti legislativi anticipatori e preparatori di una più complessiva riforma che trova oggi un indirizzo più preciso e sistematico nella presente legge, la cui principale finalità è quella di trasferire agli enti locali il grosso delle competenze regionali.
La filosofia di fondo del disegno di legge è il principio di sussidiarietà per cui non devono essere attribuite al soggetto superiore le competenze che possono essere svolte da un soggetto inferiore.
Coerentemente con tale principio viene affermato che tutte le competenze amministrative regionali passano ai comuni tranne che nelle materie che verranno individuate con una futura legge che saranno considerate di interesse regionale.
I comuni vengono così ad essere notevolmente rivalutati e potenziati e divengono il soggetto politico di base fondamentale. In effetti, sono individuati due livelli di governo, i comuni e la Regione fra i quali si pongono però come ente intermedio le comunità montane, la cui configurazione è uno dei punti più importanti e certamente il più controverso della legge. Il dibattito è partito da posizioni molto lontane ed ha richiesto molte mediazioni, il che spiega anche la lunga durata della fase preparatoria di questa legge. In Consiglio erano rappresentate le opinioni più diverse ed opposte: da chi voleva "tout court" l'abolizione delle comunità montane a chi ne voleva fare delle piccole province, del resto esistevano ed esistono contrasti notevoli anche all'interno del nostro Movimento.
Nel confronto di idee si è fatta così strada la convinzione che le stesse dimensioni della Valle d'Aosta non giustificano la creazione di un terzo livello di governo, ma che d'altra parte esistono una serie di funzioni che possono essere meglio esercitate con minor spesa e più soddisfacente risultato ad un livello sovracomunale. Queste considerazioni sono quelle che hanno ispirato le scelte concretamente espresse nel disegno di legge.
Due soli sono i livelli di governo: quello regionale e quello comunale. Le competenze, che non saranno espressamente riservate alla Regione, passeranno quindi ai comuni i quali - e qui sta il passaggio più delicato della legge - le eserciteranno di norma attraverso le comunità montane. È il combinato disposto degli articoli 88, 89 e 90 che definisce i criteri in base ai quali le competenze verranno ripartite e questi articoli fondamentali meritano un attento esame.
L'articolo 88 stabilisce quanto già ho detto e cioè che i comuni esercitano le funzioni loro conferite dalla Regione di norma attraverso le comunità montane se - e vengo al 1° comma dell'articolo 89 - non possono essere svolte in modo ottimale dai comuni stessi in relazione alle loro dimensioni.
Il 2° comma dell'articolo 89 elenca a scopo indicativo le funzioni comunali che possono essere svolte nella forma associata.
L'articolo 90 prevede che la Giunta regionale, di intesa con il Consiglio permanente degli enti locali, approvi i criteri per l'esercizio delle funzioni comunali da parte delle comunità montane individuando soglie e parametri riferiti alle singole funzioni che costituiranno poi il presupposto per un eventuale trasferimento coattivo delle funzioni stesse a norma dell'articolo 91.
I comuni non saranno quindi liberi di scegliere quali funzioni mantenere e quali trasferire, ma nemmeno saranno esposti ad un'imposizione pura e semplice da parte della Regione perché la decisione dovrà essere presa di concerto con il Consiglio permanente degli enti locali e quindi con ampia possibilità da parte dei comuni di far valere la propria volontà.
Si tratta di un compromesso fra tesi opposte che evita di istituire un terzo livello di governo e che d'altro lato evita il rischio di un azzeramento delle comunità montane. Tale compromesso lascia indubbiamente insoddisfatti i fautori come pure i detrattori delle comunità montane e questo rafforza la mia convinzione che sia un buon compromesso perché si sa che se una delle parti fosse troppo soddisfatta, questo significherebbe inevitabilmente che gli obiettivi dell'altra parte sono stati esageratamente sacrificati.
Occorre anche dire che in materia istituzionale è particolarmente doverosa la mediazione perché su quelle che sono le regole del gioco è bene cercare sempre il massimo consenso possibile.
Se il problema delle comunità montane è la parte più importante della legge o quanto meno quella che ha dato luogo a maggiori discussioni, nella legge stessa vi sono altri contenuti interessati ed innovativi; meritano di essere ricordati almeno i più importanti.
In base all'articolo 19 nei comuni al di sotto dei 500 abitanti viene prevista la possibilità di sostituire il consiglio comunale con l'assemblea degli elettori previa una deliberazione che dovrà poi essere ratificata con referendum.
Si tratta di un esperimento di democrazia diretta che potrà essere interessante. In un primo tempo era stato previsto che la soglia fosse di 1000 abitanti, poi è stata ridotta per una mediazione avvenuta in Commissione.
La città di Aosta viene scorporata dal sistema delle comunità montane e Sarre, che non avrebbe più continuità territoriale con la Comunità Monte Emilius, passa alla Comunità Gran Paradiso. Viene inoltre istituito il "Conseil de la Plaine d'Aoste" che riunisce ad Aosta i comuni limitrofi che fanno ormai parte di un'unica area metropolitana per affrontare in modo razionale i problemi e gli obiettivi comuni.
Ho già accennato al Consiglio permanente degli enti locali che viene a costituire un forte interlocutore istituzionale della Regione in tutte le materie di specifico interesse per gli enti locali.
È innegabile che questa legge è veramente importante oltre che per i contenuti esposti anche perché completa un'attività legislativa che, nel corso di questa legislatura, ha prodotto notevoli innovazioni nell'organizzazione delle nostre istituzioni e nello stesso tempo pone le premesse per quello che sarà il lavoro del prossimo Consiglio al quale competerà assumere i molti provvedimenti attuativi della legge che ci apprestiamo a votare, provvedimenti che costituiranno ulteriori occasioni per apportare eventuali aggiustamenti di cui nella fase applicativa si ravviserà la necessità.
Président La discussion générale est ouverte. La parole au Conseiller Chiarello.
Chiarello (RC) Forse è vero quello che ha detto il collega Bavastro: che questa legge è in discussione dall'inizio legislatura. È in discussione in qualche gruppo, in qualche luogo diverso da quello che conosciamo perché lo scorso anno nel mese di settembre ho chiesto a questo Consiglio se era vero che c'era una legge sugli enti locali che stava girando e di cui non eravamo a conoscenza, ufficialmente almeno, mentre qualcuno ufficiosamente ne era già in possesso.
Mi è stato risposto che un gruppo di lavoro aveva lavorato a quella legge, qualche partito ce l'aveva e poteva fare i dibattiti che voleva, ma fra le righe è stato detto, sia in questo consesso che in Consiglio comunale, che era un atto di cui non si faceva carico la Giunta. Il Presidente della Giunta mi ha detto: "Non è una nostra proposta, è la proposta di un gruppo di lavoro". Sto parlando dell'anno scorso, Bavastro, non di cinque anni fa come è stato affermato.
Da quel momento ad oggi per tre o quattro mesi è stato fermo tutto tranne gli interventi di Rifondazione comunista sia al Comune di Aosta - come dicevo - che in questo consesso proprio per cercare un percorso democratico per questa legge per favorire la discussione in tutti i comuni della Regione in modo che i consigli comunali potessero esprimersi su una proposta di legge di questo tipo oltre che per sollecitare una discussione nelle comunità montane stesse in modo che potessero esprimersi.
Questa discussione non ha avuto luogo ed è arrivata nel secondo Consiglio straordinario l'approvazione di questa legge.
Ho cercato di partecipare alle riunioni della Commissione, dopo un'ora di Commissione qualcuno si è alzato e se n'è andato via dicendo: "Qui è saltata la maggioranza". Io, dato che non c'entravo niente, me ne sono andato via, ma non ho potuto neanche in quel momento discutere di questa legge. Non si può dire quindi che abbia avuto quella discussione nella nostra Regione che merita una legge di questo tipo. Sono convinto che abbiamo l'autonomia, anzi dobbiamo marcarla per gestire gli enti locali diversamente, per dare più potere agli enti locali però, probabilmente, a tanti delle comunità montane questa decisione "mediata" - come ha detto il collega - è caduta sulla testa. Si partiva da comunità montane formate da soli sindaci, si è arrivati, per fortuna, ad una cosa molto diversa da quella da cui si era partiti.
Ho diversi dubbi su questa legge, speravo che si potesse discutere di più dov'era obbligo discutere e continuo a dire nei comuni, nelle comunità montane, in mezzo alla gente, invece si è discusso per un mese o forse qualcosa di più, forse anche due, ma qui nelle segrete stanze di questo Consiglio regionale e specialmente nei consessi di maggioranza.
Ci sono delle cose che non condividiamo assolutamente. Fra le nostre proposte c'è quella di cercare di raggruppare i piccoli comuni, di cercare di incentivare l'unificazione dei piccoli comuni e faccio un esempio: Hône e Bard, che hanno solo il fiume che li divide e che devono sopportare delle spese di amministrazione che sono abbastanza pesanti, vanno incentivati ad unirsi. Siamo invece contrari all'Assemblea prevista all'articolo 19. È già un passo avanti aver portato da 200 a 500 abitanti, dei nostri comuni non ce ne sono tanti che possono arrivare a questa cifra. È una norma pericolosa perché quest'Assemblea, che viene convocata dal sindaco o da chi di dovere, può riunirsi una volta all'anno e allora a chi rimane il vero potere di questi comuni? Rimane al sindaco e al vicesindaco, non c'è più un consiglio comunale che pertanto è depauperato.
Nella legge che avevamo approvato abbiamo detto che i consigli comunali hanno perso la loro funzione; già diverse volte ho detto che troppo è il potere dei sindaci in questo tipo di votazione. Noi eravamo contrari alla votazione del sindaco direttamente, Signor Presidente, e lo siamo ancora adesso. I consigli comunali non contano più niente, ma almeno si riuniscono a scadenze abbastanza frequenti. L'Assemblea invece può riunirsi una volta l'anno e la partecipazione, se prendiamo a riferimento la partecipazione della gente alle varie riunioni, potrà non essere qualificante e può succedere che rimane in mano di nuovo ad un potestà il governo di questi comuni. Noi siamo contro questa norma.
All'articolo 27 si dice che la Giunta comunale è composta da sindaco, vicesindaco e da un numero di assessori stabiliti dallo statuto comunale. Riteniamo che il numero degli assessori debba essere determinato in base alla legge n. 142/90 che garantisce in base agli abitanti un numero minimo e massimo degli assessori che devono essere presenti nei comuni. Altrimenti, messo così, diventa di nuovo una disposizione che può essere pericolosa perché si accentra tutto in uno statuto comunale. La nostra paura è che si svuoti di democrazia il governo del comune; questo lo abbiamo già verificato quando si diceva che la manna dal cielo era l'elezione diretta dei sindaci. Ci sono dei consiglieri comunali che sono insoddisfatti in questa Regione perché dicono che non contano più niente. E allora noi non vogliamo andare più avanti; vorremmo veramente che il consiglio comunale fosse il centro democratico dove si decide e che il sindaco fosse quello che amministra e che ha il potere di amministrare, ma che il consiglio comunale tornasse ad avere dei poteri democratici in modo che i consiglieri comunali si riapproprino dei loro diritti.
Riteniamo che sia stata fatta un'offesa a questa legge a metterla in un consiglio di urgenza, anzi l'ultimo giorno del nostro mandato consiliare e voteremo contro questa legge però, presentiamo degli emendamenti che vanno a modificare in meglio a nostro avviso il progetto di legge.
Président On examinera le nouveau texte de la Ière Commission. La parole au Conseiller Dujany.
Dujany (Aut) Farò un intervento di carattere generale rilevando in particolare che questa proposta di riforma in realtà è ben distante dal costituire una ricaduta sul cittadino diversa rispetto alla situazione esistente.
Ho sentito rilevare dal Consigliere Bavastro che questo disegno di legge ha approntato il principio di sussidiarietà; mi pare che non si possa proprio ritrovare questo principio. È noto che se fossimo in un cantone svizzero, qualunque riforma di questa portata verrebbe prima sottoposta all'esame della gente, addirittura lo stesso Stato italiano, nel momento in cui porta avanti una riforma generale qual è quella della Costituzione, ritiene giusto che venga sottoposta all'esame dei cittadini prima di entrare in vigore. Qui da noi tutto questo bisogno di sentire il cittadino non c'è in questa riforma.
Ma d'altra parte non c'è perché in realtà questa riforma non è una riforma, è una proposta di legge che lascia le cose come sono e che rinvia al prossimo biennio tutta una serie di contenuti che riguardano l'individuazione dei servizi, la loro gestione, l'ambito più idoneo nel quale esercitare questi servizi.
C'è un rilancio del BIM in cui si dice che nel prossimo biennio si andrà a decidere quale ruolo avrà, ma allora a cosa serve questa legge, se lascia le cose come stanno? Si prevede l'associazione dei sindaci, ma non si capisce quale sarà il loro ruolo.
Si tesse un'impostazione fra comuni e comunità montane, ma non si capisce quale ruolo svolgeranno gli uni e le altre.
E allora di fronte a quest'incertezza, a questa mancanza assoluta di novità, i rappresentanti delle associazioni dei sindaci e delle comunità montane che abbiamo sentito in I Commissione hanno svolto un ruolo di difesa dell'esistente così come abbiamo sentito fare da parte dell'APT. Perché quando non si intravede in un progetto un disegno complessivo, è evidente che ciascun soggetto tende a difendere lo spazio che ha e qui siamo proprio in questa situazione perché è una proposta che avrebbe voluto dare esecuzione a quel principio di sussidiarietà tipico di un sistema federale, ma questo progetto di legge non risponde a quest'ambizioso disegno poiché la gente è totalmente esclusa e poiché il testo non risponde a queste esigenze e quindi abbiamo assistito ad un susseguirsi di interventi in cui ogni soggetto difendeva il suo spazio. Il Presidente dei sindaci della Valle si è detto contrario ad alcune parti sostanziali del testo dicendo: "Ma perché non dovremmo essere in condizioni di gestire alcune funzioni che la Regione intende delegare? Ma perché necessariamente queste funzioni devono essere delegate dai comuni tramite la comunità montana?". Mi pare questo un ragionamento del tutto ragionevole.
Se si fosse andati nel concreto, se ci fossimo posti il problema: "Le microcomunità per anziani dove vogliamo vederle gestite? A livello di comuni, a livello di comunità montane o ad un livello ancora diverso?", probabilmente saremmo usciti da questa logica di difesa del terreno di ciascuno invece, purtroppo, siamo rimasti nella teoria più totale per cui ognuno ha difeso il suo giardino.
Bovar, rappresentante dei presidenti delle comunità montane, ha rilevato che purtroppo non sono ancora maturi i tempi di scelte innovative come per invitare a lasciare le cose come stanno dal momento che questo progetto di legge non fa grandi passi avanti e ad aspettare la prossima legislatura, ad aspettare questo biennio che la legge indica come foriero finalmente di scelte vere, non di facciata, e a fare la battaglia lì, a confrontarsi in quel momento.
Questo è il dato essenziale di questa legge, una povertà assoluta che non ci fa uscire da schemi vecchi e che vede il cittadino totalmente tagliato fuori da qualunque scelta.
D'altra parte, quale referendum potevamo sottoporre al cittadino con una legge che non fa nessuna scelta, che non trasferisce una sola funzione dalla Regione agli enti locali, ma che lascia al futuro tutto questo? Cosa andavamo a dire al cittadino?
Dispiace tutto questo perché eravamo partiti bene. Sotto la Presidenza di Rollandin della I Commissione eravamo partiti bene perché questo tema ha ben 5 anni di vita ed è uno dei primissimi temi su cui il Presidente Rollandin della I Commissione si era buttato. Avevamo iniziato a raccogliere i dati degli uffici in merito alla delegabilità di funzioni regionali a comuni e comunità montane per passare a tutta una serie di momenti partecipativi con la gente, ma per fare delle scelte concrete, per dire dove va un servizio e dove deve essere gestito in prospettiva per passare da questa logica di centralismo regionale ad una logica che andasse a ribaltare questo metodo.
Sappiamo che ad un certo punto la I Commissione non ha più avuto la possibilità di incidere in quest'indagine conoscitiva importantissima, è stata spolpata di competenze tramite la creazione di una commissione tecnica e tutto quel lavoro di indagine iniziale estremamente importante che partiva dagli uffici, ma che doveva andare al cittadino in ultima analisi, è stato interrotto. E la Commissione tecnica, che aveva lavorato a suo tempo, aveva finito anche questa il suo compito dicendo che se non c'erano a monte delle scelte politiche di indirizzo generale, era inutile nominare un comitato tecnico.
E poi con il tempo ci siamo trovati a confrontarci con un testo iniziale diverso dall'attuale senza che nessun soggetto, se non la Presidenza della Giunta, che ha gestito in prima persona questo tema, abbia potuto essere coinvolto. Non parliamo poi del cittadino.
Eravamo partiti bene, dicevo, ma ci siamo presto arenati. Questo ruolo delle commissioni, che devono unicamente dare un parere su testi di legge regionale anziché lavorare per preparare qualcosa di solido, evidentemente prevale e il centralismo del governo ha avuto la meglio, quindi ci troviamo con un testo di basso profilo.
Non è vero che il principio di sussidiarietà è posto in operatività; sappiamo bene che qualunque competenza secondo questo principio dovrebbe essere esercitata a livello più basso, a livello del cittadino, mentre qui si è partiti dal fare riferimento necessariamente a dei livelli istituzionali, ma chi lo ha detto? Tutto questo modo di concepire il rapporto con le istituzioni sta cadendo; è sufficiente prendersi nota di vari studi per rendersi conto che quest'indirizzo è superato e che comunque non è questo l'indirizzo che ci porta effettivamente a dare concretizzazione al principio di sussidiarietà.
Si è partiti con il dare unicamente rilevanza agli enti istituzionali senza peraltro mai indicare cosa devono fare tali enti, quindi ci troviamo oggi in una situazione di incertezza totale, di una riforma di facciata che lascia le cose come stanno e che rimanda il tutto al prossimo biennio.
Molte regioni abbiamo visto che il BIM lo hanno abolito; mi chiedo che senso ancora ha oggi mantenere in vita un'istituzione come questa, non abbiamo mai avuto risposta in Commissione. Si stabilisce di lasciare nei prossimi due anni individuare quale sarà il ruolo, ma qual è la logica politica di questa maggioranza per cui ritiene di mantenere ancora in vita quest'istituzione e quale ruolo diverso si vuole assegnare a quest'istituto rispetto ai comuni, rispetto alle comunità montane, rispetto al cittadino? Questo non è dato saperlo dalla legge.
È una legge come se ne sono fatte molte in quest'ultimo periodo che vuole affermare un obiettivo ambizioso che è quello di uscire da un centralismo di 50 anni per guardare finalmente la gente e per coinvolgere la gente, ma rimane solo l'obiettivo perché qui non c'è una sola iniziativa concreta che cambia dopo l'approvazione di questa legge. Si è rattoppata quindi una situazione istituzionale che è frutto di improvvisazione, si è voluto umiliare il ruolo delle comunità montane che non verranno più riconosciute come ente politico intermedio, ma si è andati anche ad umiliare i comuni che in questo modo, non si capisce perché, non debbono essere più riconosciuti - "di norma" dice la legge - come enti gestori di possibili deleghe da parte della Regione. Perché mai tutto questo?
Quindi è un'impalcatura che non ha un minimo di serietà, non ha un minimo di realismo concreto, che ha veramente dell'artificio e che porterà nella fase applicativa un'enorme conflittualità fra gli enti locali perché, quando non si ha un'idea guida da concretizzare, quando non si riesce a fare ragionare anche gli enti locali su visioni nuove, su proiezioni nuove, è inevitabile che anche in prospettiva ognuno difenderà il suo giardino. Ed è proprio questa la debolezza di questa legge: il aver saputo - ma d'altra parte è carente di obiettivi di testa, di prospettiva, di proiezione - far elevare il livello del dibattito proprio per uscire da questa logica di difesa di ciascun ente.
Si è già detto dell'individuazione di altri organismi oltre a quelli tradizionali di comuni e comunità montane nella gestione dei servizi quali l'associazione dei comuni e il consorzio dei comuni, del BIM, il cui ruolo intercomunale si mescolerà con quello delle comunità montane, creando ulteriore confusione nell'utente che non saprà più a chi rivolgersi perché già oggi è drammatico. Infatti, di fronte ad una piccola opera pubblica, in cui il comune o delega alla comunità l'esercizio oppure si inserisce nei cantieri della Regione, il cittadino non sa più a chi rivolgersi. È vero, la competenza è comunale però, il comune ha fatto domanda alla Regione perché inserisca il lavoro nei cantieri, ma allora il cittadino deve rivolgersi alla Regione? E all'interno della Regione quale assessorato? Può essere l'Assessorato dell'agricoltura, l'Assessorato dei lavori pubblici, ma questa è una miriade che non finisce più. E il cittadino cosa riesce a capire? E ancora il comune può dire: quest'altra funzione l'ho delegata alla comunità montana, rivolgetevi dall'altra parte. E questo cittadino che continua ad inseguire queste vicende oppure: dovete aspettare perché bisogna vedere se la Regione inserisce questo nei cantieri di quest'anno, altrimenti si vedrà il prossimo anno, ma magari il prossimo anno viene delegata la funzione alle comunità montane e il cittadino che rincorre.
Questa è la realtà del cittadino valdostano in cui si trova a vivere oggi: dal piccolo problema dell'illuminazione ai problemi più rilevanti e questa legge non contribuisce minimamente a migliorare la situazione e non poteva essere delegata tramite un referendum una verifica al cittadino di queste scelte perché questa legge è priva di scelte. Non cambia la situazione fra ieri e domani, umilia alcuni soggetti, ma in realtà le rivincite si riprenderanno nella prossima legislatura. E parlare di rivincite è veramente triste perché testimonia della totale carenza di indirizzo, di aver saputo dare speranza nella modificazione dopo 50 anni dei rapporti fra il centralismo regionale e la nostra comunità locale. Presento inoltre alcuni emendamenti.
Président La parole au Conseiller Piccolo.
Piccolo (FA) Credo sia doveroso da parte mia, prima di entrare nel merito del disegno di legge oggi in discussione, fare una premessa di carattere politico.
Il principio federalista della sussidiarietà che reclamiamo come Regione nei rapporti con lo Stato deve valere anche nei rapporti fra la Regione e le comunità montane. Alle comunità montane e ai comuni devono essere quindi trasferiti in modo effettivo tutti i compiti di gestione e di intervento diretto sul loro territorio assieme ovviamente alle risorse economiche necessarie.
Al raggiungimento di tale obiettivo si oppone spesso, oltre ad una visione politica non troppo favorevole di una parte del mondo politico valdostano, la diversa consistenza strutturale dei vari enti, comuni e comunità montane e le difficoltà di reperire per ogni ente personale adeguato per numero e capacità.
Riteniamo quindi tale obiettivo di primaria importanza e per questo indichiamo due vie: sul piano politico una ridefinizione ed un ampliamento del ruolo e dei compiti delle comunità montane, sul piano amministrativo l'istituzione almeno per categorie elevate di un unico ruolo regionale dei dipendenti pubblici.
Crediamo infatti che il decentramento verso i comuni e le comunità montane, oltre a realizzare completamente l'autonomia valdostana, consente un miglior funzionamento dell'Amministrazione regionale e realizza quell'avvicinamento tra Pubblica Amministrazione e cittadino che è la prima condizione per combattere il clientelismo.
Crediamo infatti che la politica regionale degli enti locali debba essere volta a sostenere ed aiutare i cittadini e le loro famiglie per una crescita reale della Comunità valdostana. Siamo inoltre convinti che per creare un vero progetto di autonomia, pur facendo riferimento ai valori tradizionali, si debbano sfruttare - chiedo scusa per il termine - al massimo tutte le risorse umane e le opportunità che ci permette lo Statuto speciale per dare il giusto sviluppo e progresso alla Comunità valdostana.
Non c'è dubbio quindi che oggi si discute un disegno di legge importantissimo e da tempo atteso dagli enti locali con i quali è stato con numerosi incontri concertato. Una legge che è il frutto del coinvolgimento delle parti interessate e che quindi non può che corrispondere alle esigenze che provengono dal territorio riconoscendo ai rappresentanti istituzionali locali la potestà gestionale.
Chi vi parla poi, avendo maturato un'esperienza quasi ventennale di amministratore comunale ad ogni livello, ha sempre creduto nel decentramento delle funzioni e nel finanziamento ai comuni al fine di permettere loro di gestire in modo autonomo le proprie collettività. Ho sempre personalmente creduto nella capacità amministrativa dei rappresentanti locali poiché sono coloro che più da vicino conoscono le esigenze e i problemi della gente.
Fatta questa doverosa premessa, ricordo che questa legge rientra in uno dei punti importanti del programma di inizio di legislatura - che altre persone che sono intervenute prima hanno condiviso - e che oggi viene portato all'approvazione di questo Consiglio prima della fine della legislatura.
Una legge che potrà permettere ai comuni e alle comunità montane di gestire la cosa pubblica, oggi sempre più difficile, in quanto sempre più la gente ha sfiducia nelle istituzioni, sfiducia dovuta alle vicende di cattiva amministrazione e di corruzione di alcuni loro rappresentanti istituzionali.
Occorre pertanto che proprio noi amministratori regionali crediamo veramente nel decentramento delle funzioni ai comuni e alle comunità montane nel rispetto di quel particolarismo valdostano e del tanto decantato federalismo e del principio di sussidiarietà, delegando tutto e quanto è di competenza degli enti locali permettendo così agli amministratori insieme ai cittadini di poter gestire la cosa pubblica in modo autonomo.
Ma come tutti i disegni di legge, anche questo è perfettibile, dovrà pertanto, una volta approvato, poter trascorrere un periodo di tempo per la sua applicazione e verificarne gli effetti. Dico questo perché sicuramente ogni forza politica oggi qui presente potrà avere ancora dubbi sui singoli articoli e non vi nascondo che chi vi parla ne ha, ma occorre ricordare che il testo iniziale inviato ai consiglieri è stato in gran parte modificato grazie ad alcuni emendamenti proposti anche dalla mia forza politica in occasione di alcuni incontri di maggioranza e con il contributo del lavoro delle commissioni competenti.
Quindi, questo nuovo testo è il frutto della mediazione e della concertazione delle parti interessate: Regione, rappresentanti dei comuni e delle comunità montane, delle forze politiche presenti in Consiglio regionale, tutti con il precipuo intento di poter dare una maggiore potestà gestionale ai comuni e alle comunità montane.
Per entrare poi nel particolare del disegno di legge, soffermandoci in una parte che ci sta notoriamente a cuore, riteniamo importante ribadire le funzioni delle comunità montane mantenendo la rappresentanza del consiglio con i sindaci di diritto, con il rappresentante della maggioranza e della minoranza del singolo comune e mantenendo al tempo stesso il direttivo e il presidente nominato dallo stesso consiglio di comunità montana.
Mi preme infine sottolineare che occorre fare comprendere agli amministratori comunali, sempre più oberati di incombenze gestionali, che si dovranno sempre più decentrare funzioni sovracomunali alle comunità montane senza con questo - lo sottolineo ancora una volta - sminuire il ruolo importante dei comuni perché questa è una delle preoccupazioni più volte palesata dagli amministratori comunali.
Le comunità montane, se delegate ad alcune specifiche funzioni e competenze comprensoriali, potranno sicuramente contribuire assieme ai comuni ad erogare una serie di servizi che serviranno a soddisfare al meglio le esigenze dei cittadini.
Questo, secondo noi, è il messaggio forte che deve essere recepito meglio dai comuni. Le comunità montane dovranno a maggior ragione esprimere tutto il loro impegno affinché si possa, una volta per tutte, definire il vero ruolo delle comunità montane nel contesto della nostra Regione, in particolare di una Regione autenticamente autonomista e federalista.
Chiudo questo mio intervento riservandomi di prendere la parola in occasione della dichiarazione di voto.
Président La parole au Conseiller Perrin Carlo.
Perrin C. (UV) Je regrette qu'on est arrivé aux temps supplémentaires avec ce dessein de loi qui est d'une importance fondamentale. Cela ne signifie pas qu'il n'y a pas eu concertation, qu'il n'y a pas eu discussion. Le groupe de travail qui avait été guidé par le Président du Gouvernement avait ébauché un document de travail qui avait été distribué un peu partout en Vallée d'Aoste, donc il a fait certainement l'objet de discussion et de confrontation.
Ce projet de loi, la réforme des autonomies locales, est sans doute un des plus importants de cette législature. D'ailleurs il fallait prendre l'occasion d'après l'acquisition d'une compétence très importante, compétence que finalement l'Etat nous avait reconnue et avant qu'il ne soit trop tard. Nous savons de certains projets en discussion à niveau de Bicamérale qui ne prévoient pas la compétence en matière de collectivités locales aux régions et donc je crois qu'il est absolument opportun qu'on aille légiférer sur ce sujet.
Certainement ce n'est pas une loi qui va donner des réponses à tous les détails, Monsieur Dujany, c'est une loi-cadre; d'ailleurs pour une loi si importante, il faut partir par un projet cadre contenant les principes sur lesquels bâtir la future organisation politico-administrative de notre Pays. Là le projet est clair: à la Région revient le pouvoir politique, exercé par son pouvoir législatif, qui adresse, programme, coordonne et reconnaît, dans la pleine expression de son autonomie, que la Communauté valdôtaine est formée par l'ensemble des collectivités locales en premier lieu les communes qui sont caractérisées historiquement par le territoire, la population, les langues, les différents patois et donc leur découpage est motivé, c'est un découpage réaliste qui s'est fait pendant les siècles. Et donc les projets d'agrégation de ces communes me font venir les frissons parce qu'il y a des motivations profondes dans le découpage de ces collectivités locales.
Il faut aussi dire que nous avons subi une mortification, il faut rappeler l'époque fasciste et ce qu'elle avait entraîné à niveau de collectivités locales. Avec la première reconnaissance de la Circonscription autonome de la Vallée d'Aoste par le décret du lieutenant de 1945 l'on attribue pleine dignité à toutes nos communes, l'on réintroduit les noms originels des communes et ça a été un acte très important de liberté, un des premiers actes d'après la libération qui a redonné nos collectivités à la Communauté valdôtaine.
Le dessein de loi reconnaît la validité et l'actualité des communes valdôtaines dans un moment où il y a ces tentatives d'agrégation; j'ai eu l'occasion de visiter des pays tels que le Pays de la Belgique où on a procédé à ces agrégations, mais dans des contestes complètement différents, dans des communes moins caractérisées.
L'on reconnaît à ces communes, selon le rôle de subsidiarité, des compétences qui devraient être certainement déléguées; c'est vrai qu'on donne une période de temps pour que cela advienne, mais c'est même juste et normal qu'on en discute et qu'on évalue. Il y aura certainement la possibilité - c'est une des grandes nouveautés de cette loi - pour les communes de collaborer entre elles par des simples conventions par exemple, c'est un système très facile, très agile aussi, par des associations de communes et par les communautés de montagne.
La survie et les raisons du maintien d'une partie des petites communes sont conditionnées par leur capacité de collaborer avec les communes limitrophes surtout pour garantir aux citoyens tout d'abord un préside nécessaire et fondamental sur le territoire et là je voudrais vraiment insister surtout pour les communes de montagne. Autant qu'il y a une maison communale, un syndic et une junte, le territoire est présidé parce qu'il y a une attention tout particulière à tous les problèmes quotidiens de cette Communauté; par l'agrégation nous voyons les villages éloignés dans les communes, abandonnés bien souvent, négligés parce qu'il n'y a pas cette présence vive. Donc il faut garantir surtout cette présence et certainement avec la collaboration on pourra fournir des services de qualité avec des frais plus supportables.
Je crois que cette loi présente de grandes nouveautés; ce n'est pas vrai que cette loi n'a pas de nouveautés importantes. Surtout cette loi prévoit finalement là aussi la possibilité de faire participer les communautés locales; avant tout il est à souligner une grande liberté statutaire qui est la base parce qu'on a toujours peur de déléguer ces libertés, il faut toujours qu'il y ait quelqu'un qui contrôle et qui garantit, mais si nous parlons d'autonomie, laissons aux communautés une grande liberté de s'autoréglementer, c'est un principe fondamental de démocratie.
La loi prévoit la possibilité d'intéresser les citoyens à la gestion de la commune et là aussi tous les jours nous regrettons qu'il y ait un détachement continuel de la part des gens des institutions publiques. Ici on a inventé les portes ouvertes, mais vraiment dans les communes il faut avoir les portes ouvertes pour que les citoyens surtout dans les petites collectivités puissent participer directement.
A cet égard je n'ai pas compris la crainte qu'il y a eu en voyant surgir cette Assemblée des électeurs.
Personnellement je la perçois comme une opportunité formidable qui est laissée à la liberté statutaire et donc les communes peuvent choisir si se douer de cet instrument et puis cet instrument sera soumis à référendum. Donc il y a double possibilité de choix. Dans une petite commune de 100 habitants où il y a des problèmes réels par exemple pour la composition des listes électorales, est-ce que ce n'est pas plus utile de pouvoir disposer de cette possibilité de regrouper les gens et d'utiliser ce formidable moyen de démocratie? Et dans ce cas ce n'est pas vrai qu'il n'y a plus que le syndic et le vice-syndic; il y a une junte qui est élue directement, donc il y a quand même un mini-conseil qui est élu directement par le peuple. Et puis il y a le référendum et un autre organe de participation que je retiens aussi très important, celui de la gestion de certains services à niveau de village. C'était une des façons la meilleure de représenter le village par le conseiller de village qui était celui qui organisait les réunions du village pour voir les problèmes, pour porter les instances à niveau communal. Nous revenons à ces formes, je crois que c'est très important. Ce sont des possibilités qui vont dans la direction d'un esprit fédéraliste avant tout de subsidiarieté, mais aussi de solidarité, de participation et de coopération; ce sont des principes bien fédéralistes.
Un autre fait important c'est la diminution des contrôles, nous allons vers des contrôles de gestion.
Il faut certainement envisager que les statuts puissent permettre plus de pouvoirs aux conseils communaux et là je partage la préoccupation de Monsieur Chiarello parce que les conseillers communaux sont démotivés souvent. Je crois que là aussi la liberté statutaire pourra donner des compétences ultérieures au conseil communal.
Et une attention particulière surtout pour les petites communes à cette séparation nette du pouvoir, cela pour ne pas mettre en difficulté les structures des petites communes qui ne peuvent pas disposer de tout le degré de personnel et donc les administrateurs doivent pouvoir se prendre des responsabilités qui sont de nature plus technique.
Dans le dessein de loi l'on prévoit que la collaboration entre communes se fasse surtout à l'intérieur des communautés de montagne et là j'exprime quelques perplexités à niveau personnel. Les communautés de montagne trouvent légitimation par ce dessein de loi. Tout n'ayant pas officiellement reconnu le troisième niveau politique, l'on a trouvé quand même quelques escamotages pour leur fournir des compétences propres et pratiquement les communes devront déléguer toute une série de compétences à la communauté de montagne.
Je suis d'accord que toute une série de services qui ne peuvent pas être faits à niveau de commune ou des petites associations de communes soient délégués à la communauté de montagne; c'est cette obligation qui me dérange un peu surtout parce que cela est renforcé même par la prévision du pouvoir substitutif de la Région dans le cas où cela n'arriverait pas. A niveau personnel j'ai quelques perplexités sur ce passage.
J'ai des doutes sur l'efficacité de l'institution communauté de montagne d'ailleurs, j'ai eu une expérience directe et pendant beaucoup d'années j'ai fait partie d'un directif des communautés de montagne. Je verrais bien mieux des communes qui librement s'associent pour la gestion des services. Je crains que la communauté de montagne aille encore une fois compliquer un système que nous voudrions rendre plus simple. Il existe entre autres, sauf quelques situations particulières, même un découpage des communautés de montagne qui n'est pas toujours opportun et qui n'est pas toujours homogène, je parle même de la Communauté de montagne dont je fais partie.
Dans une petite Région comme la nôtre créer ces provinces avec tout l'apparat que cela comporte peut nuire à le dynamisme et à l'efficacité de l'action administrative.
Un autre aspect important c'est l'institution du Conseil permanent des collectivités locales. Finalement on institutionnalise cette Assemblée des syndics qui devra être écoutée par la Région lors de toutes les propositions qui seront faites pour les collectivités locales et donc c'est une institution très opportune même si peut-être elle est faite de façon beaucoup trop assembléaire.
Pour terminer, j'aurais certainement préféré qu'il y ait encore davantage des confrontations sur ce thème qui est un thème très important et très délicat surtout pour ce qui est du rôle des communautés de montagne. Des décisions importantes justement seront renvoyées à une successive concertation; dans deux années le tout devrait se mettre en marche, mais cette loi fixe déjà des points fixes qui seront irréversibles car on ira bâtir une organisation qui est conséquente aux principes énoncés et donc difficilement corrigible. Ce n'est pas une loi normale qu'on peut modifier pendant son parcours comme on a fait par exemple pour la loi sur les travaux publics. L'approbation de cette loi sera complexe et demandera un grand effort commun entre la Région et les collectivités locales. C'est donc fondamental partir avec le pied juste, même l'application de la fonction unique du personnel ne sera pas facilement réalisable. C'est quand même un acte de confiance que je veux faire en votant ce dessein de loi et je confie surtout sur les capacités de ceux qui après nous devront la rendre opérationnelle.
Président La parole au Conseiller Florio.
Florio (PVA-cU) È vero, è forse un peccato giungere ai tempi supplementari a discutere di quest'argomento ed è anche vero che è uno degli atti amministrativi più importanti di questa legislatura e di questa maggioranza e credo che questo sia sicuramente da sottolineare. Una rivendicazione orgogliosa del nostro dovere di legiferare in materia di autonomie locali deve essere sottolineata e l'altrettanto orgogliosa rivendicazione della valenza del federalismo fra l'ente Regione e i comuni ugualmente deve essere sottolineata.
Credo che, a fronte di queste affermazioni, se ne debba fare un'altra però, anche perché mi piacerebbe che su quest'argomento, al di là della necessità di giungere alla chiusura della discussione, fosse possibile per tutti i consiglieri esprimere ciò che intendono come appartenenti a forze politiche fra loro diverse, ma anche come singole persone, ciò che hanno in mente nei confronti di questa questione che attiene poi ai più stretti rapporti fra la vita del singolo e la decisione di sottoscrivere un patto di vita in comune che riguarda poi il rapporto civile fra persone diverse con interessi diversi, con potenzialità diverse, con bisogni diversi.
Il rammarico che ho è che poco si è discusso di questa questione dal punto di vista della politica. All'interno della I Commissione è vero è stato avviato un grosso lavoro, ma poi probabilmente per necessità di sintesi - così lo voglio giustificare - si è ritenuto di scegliere la soluzione della commissione tecnica che è sicuramente una soluzione definibile di scorciatoia per giungere ad una sintesi più veloce della multiforme quantità di problemi e di suggestioni che venivano avanti, ma che necessariamente ha finito per essere di taglio nei confronti degli afflati e delle tensioni che possono fuoriuscire dalle forze politiche e dai singoli rappresentanti.
D'altra parte vi era l'esigenza - anche in virtù del pericolo che è stato qui menzionato - di giungere in fretta alla definizione di un quadro normativo visti i rischi che si corrono, ma anche l'esigenza di affermare la validità di un'alleanza politica sottoscritta cinque anni fa, capace di portare a termine dopo cinque anni anche quest'impegno assunto allora e di difficile realizzazione.
Si è discusso poco dal punto di vista politico, credo, anche perché risulta evidente dagli interventi che ci sono stati e credo che risulterà ancora più evidente nel prosieguo come ci siano visioni diverse, legittime tutte perché tutte supportate da considerazioni che derivano dalla storia, dalla provenienza ideologica, dalla provenienza culturale di ciascuno di noi, ma ci sono opzioni diverse che derivano dalla provenienza fisica di ciascuno di noi o dalla provenienza fisica, geografica quasi direi, dal punto di vista della forza elettorale, delle forze politiche presenti all'interno di quest'aula. C'è una visione che è più legata alle cosiddette comunità locali montane, periferiche e c'è una visione più legata alle comunità più propriamente urbane di fondo Valle, la città di Aosta, ma anche la realtà della bassa Valle. C'è quella contraddizione, mi sembra di sentirla soprattutto quando sento parlare il collega Carlo Perrin fra la visione della gestione amministrativa di un territorio che deriva dalla campagna, fra virgolette, rispetto a quella che deriva dalla città, fra virgolette, e sono tutte entrambe degne di valutazione e di sottolineatura, degne di essere portate a sintesi in una comunità che viva al suo interno necessariamente questa contraddizione perché una contraddizione è. Vi sono tensioni, interessi, sollecitazioni, contraddizioni, problemi che sono molto diversi fra di loro; quante volte abbiamo avuto modo in questi cinque anni di affrontare problemi di questo tipo parlando di lavori pubblici, di urbanistica, in III Commissione ad esempio, e quante volte era estremamente difficile trovare una contemperazione delle tensioni che venivano fuori? Eppure ci si riusciva a farlo perché si usava del segreto che sta alla base della ricerca del compromesso che è poi la sintesi della politica che era quello di discutere tutto prima, di affrontare prima il problema senza timori e con profondo rispetto di ciò che veniva proposto da chi stava di fronte anche se ciò che veniva proposto entrava in contraddizione con ciò di cui si era portatori, con la propria storia, con le proprie ideologie, con ciò che siamo ciascuno di noi. Su quest'argomento questo non è stato fatto ed è un rammarico che ho.
Non ne abbiamo discusso sufficientemente prima: prima che si presentasse la necessità di giungere al dunque tant'è che chiesi più volte a Carlo Perrin di trovarsi su quest'argomento senza timori, senza paracaduti, senza preconcetti per mettere sul tavolo ciò che ciascuno di noi crede sia opportuno provare a tratteggiare per risolvere i problemi della Comunità valdostana perché è per questo che abbiamo ricevuto questa competenza dallo Stato, è per questo che abbiamo lavorato per cinque anni ed è per questo che siamo qui oggi a discutere di un disegno di legge che costituisce una sorta di ingegneria istituzionale, per risolvere i problemi della Comunità valdostana e non per utilizzare quest'argomento in termini ideologici.
Talvolta invece ho avuto l'impressione, leggendo i giornali che le nostre forze politiche pubblicano, ascoltando alcuni interventi in commissione, qui, nei corridoi, che questo sia uno di quegli argomenti che rischi gravemente di poter essere utilizzato come un maglio ideologico e sarebbe un gravissimo errore.
Detto questo, cosa dire nel concreto di questo disegno di legge? Prima di tutto è positivo che si sia comunque riusciti a portare a sintesi una serie di tensioni presenti all'interno della maggioranza, di differenze di prospettiva che le forze politiche che la componevano avevano e hanno e si è riusciti a costruire un disegno di legge che costituisce comunque un positivo quadro normativo. Da questo punto di vista non rilevo come elemento negativo il fatto che ci sia una sorta di moratoria per giungere alla perfetta attuazione di ciò che il disegno di legge prevede. Non lo vedo negativo quest'elemento perché nessuno di noi può essere certo fino in fondo della bontà della soluzione di cui può essere portatore e credo peraltro, anche se con maggiore difficoltà rispetto ad altri tipi di legge, che sarà opportuno correggere il tiro. Ed è la prima considerazione. Forse è opportuno dal punto di vista della democrazia, ed è la seconda considerazione, che sia un altro Consiglio regionale - dopo essere passati al vaglio del momento sovrano della democrazia, costituito dal momento elettorale - forse con altri rapporti di forza, chi lo sa, a mettere mano all'attuazione concreta delle fasi successive, delle fasi attuative dei singoli componenti il quadro che noi invece in fine del nostro mandato indichiamo con precisione. Questa può essere prova di una democrazia: dell'apertura di un ulteriore livello di dibattito che tenga conto di ciò che abbiamo impostato, certo, ma che, perché nuovo e rinnovato, perché più vicino a rispondere alle sollecitazioni della società di quel momento che non cinque anni fa, sia più in grado forse di dare una risposta più puntuale. E infine anche perché credo che si debba continuare a prestare orecchio a quanto proviene dal resto d'Italia sia in tema di riforme istituzionali di livello più generale, ma anche in tema di riforme istituzionali degli organismi territorialmente periferici. Non è tutto negativo ciò che leggo, sento oppure ho occasione di ascoltare e su cui ho occasione di confrontarmi con altri; rilevo anche sollecitazioni positive verso le quali è opportuno continuare a tenere le orecchie bene aperte.
Nonostante questo ci sono alcune sottolineature negative all'interno di questo disegno di legge. Sono considerazioni che abbiamo già avuto modo di fare nelle ultimissime fasi della definizione del testo in maggioranza e la principale è la sovrapposizione confusa talvolta dei livelli amministrativi che poi talora non sono neppure tali, nel senso che talora non si riesce a percepire con serietà neppure se siano dei livelli e quindi se siano tra loro differenziati a scalare, a cascata, o se siano posizionati all'interno della stessa fascia di responsabilità. Mi riferisco ai comuni, alle comunità montane, alle associazioni dei comuni, alle associazioni dei sindaci, al BIM, al "Conseil de la plaine" e a quanto altro ancora. Qui probabilmente il coraggio - e in questo senso avevamo decisamente insistito - avrebbe dovuto consigliarci di sfrondare parecchio stabilendo certamente che il riferimento centrale avrebbe dovuto essere il comune, ma individuando nella comunità montana specifiche funzioni - e poi cercherò di spiegare perché ancora una volta - ma tagliando completamente il resto, lasciando alla libertà dei comuni di scegliere all'interno di una griglia molto semplice se utilizzare degli altri strumenti - peraltro previsti dalla n. 142 dello Stato, che avrebbero potuto essere affinati - ma senza giungere ad una loro più puntuale codificazione come mi sembra si sia fatto in questo disegno di legge.
Assolutamente positiva poi è "le Conseil de la plaine"; questa è una questione della quale da almeno dieci anni si sentiva assolutamente necessità ed è un organismo rispetto al quale nutro grandissime speranze perché i problemi gravi della città di Aosta, della limitatezza del suo territorio, della sommatoria nel suo territorio di una pluralità di funzioni notevolmente sovracomunali per non dire regionali, non potevano non rendere indispensabile la creazione di una sorta di area metropolitana, per dirla con termine magniloquente, che riconducesse all'interno di una logica programmatoria anche le realtà amministrative che pure subiscono conseguenze gravi dalla presenza di una così grande testa all'interno di un corpo relativamente piccolo.
L'individuazione delle comunità montane derivava da cosa? Non lo vogliamo chiamare elemento di governo centrale? Si può essere d'accordo, il problema non è che questo, ma che la comunità montana diventi il luogo, lo spazio fisico, lo spazio intellettuale, lo spazio nel quale cioè sia possibile per i comuni risolvere più compiutamente, positivamente, i problemi della comunità, i problemi dei comuni che vi fanno parte.
Non è una gabbia chiusa, non è un elemento preordinato, ma è lo strumento più comodo, più veloce, più moderno per affrontare una serie di problemi che non possono essere saggiamente, oculatamente ed economicamente bene affrontati a livello del singolo comune.
E quando sento parlare dei comuni nel modo con cui ne ho sentito parlare anche stamani, da una parte mi sento di riandare con gli anni a quando ero bambino a Saint-Christophe, ma dall'altra parte ne ricevo come una sorta di preoccupazione perché il comune non è adatto ad affrontare tutti i problemi che la società attuale provoca nel comune stesso. Non c'è nulla da fare. Potrà essere la nostra un'aspirazione interiore, quella di andare al comune "d'un temps", ma non è più così e non sarà più così. Questo non significa buttare alle ortiche ciò che la propria realtà geografica ha significato per noi e significa nel nostro interno; è la piena coscienza della sua validità che ci può consentire di andare con le nostre gambe verso sollecitazioni e soluzioni diverse. È la coscienza della validità di quell'esperienza, è la coscienza dell'appartenere ad una comunità anche molto ristretta che ci consente di avviarci senza timori particolari nei confronti della ricerca di soluzioni diverse, assolutamente inconcepibili forse soltanto ieri, per gestire meglio il nostro vivere in comune. E talora mi pare di percepire nel rifiuto di questa ricerca il desiderio di tornare all'indietro, il desiderio di guardare alle spalle piuttosto che verso il futuro ed invece ciò che abbiamo avuto alle spalle lo dobbiamo portare con noi, ma senza timore, verso il futuro. Non significa abbandonare ciò che è stato.
Preannuncio una serie di emendamenti che illustrerò successivamente.
Président La parole au Conseiller Ferraris.
Ferraris (GV-DS-PSE) Arrivati a questo punto del dibattito molte cose sono state dette, non vorrei ripeterle, puntualizzerò solo alcune questioni.
Innanzitutto credo sia opportuno portare a compimento questa parte del programma di legislatura e non tanto perché vedo pericoli che vengono dall'esterno, cioè di una riforma costituzionale che toglie potestà alla Regione, è infatti a tutti noto come nei giorni scorsi alla Camera si sia votato, nel senso di lasciare inalterati gli Statuti delle Regioni a Statuto speciale per cui la possibilità di modificare gli Statuti avviene solo su iniziativa delle Regioni stesse e non su iniziativa del Parlamento, ma è opportuno, dicevo, arrivare alla votazione di questo disegno di legge perché rappresenta uno dei punti importanti dell'organizzazione non solo amministrativa, ma anche democratica di questa Regione.
Il disegno di legge che viene proposto porta comunque verso una modificazione di un modello centralistico di rapporto fra Regione ed enti locali; è stato detto con molta chiarezza ed onestà negli interventi che mi hanno preceduto che questo disegno di legge è un punto di compromesso fra posizioni diverse, ma credo che sia meglio un buon compromesso a lasciare le cose come sono. Da questo punto di vista le posizioni erano due, fra chi diceva che i livelli di governo dovevano essere due, Regione e comuni, e chi invece sosteneva, come noi, che dovevano esserci tre livelli di governo anche con una legittimazione democratica diversa.
Il livello di compromesso che è venuto fuori consente di fare un tipo di riforma che recupera un ruolo di governo alla comunità montana perché, quando si parla di politiche della montagna, quando si parla di programmazione, si parla indubbiamente di momenti costitutivi del governo delle autonomie locali.
Ma qui non si tratta tanto di fare una discussione di carattere nominalistico su chi ha portato a casa di più o chi ha portato a casa di meno, secondo me aveva ragione il Consigliere Bavastro: questo è un compromesso che lascia un po' tutte le parti insoddisfatte vuol dire che il livello di equilibrio raggiungibile era questo, realisticamente.
Il tipo di modello amministrativo che andiamo a delineare consente di avere livelli di gestione, di responsabilizzazione e anche di efficacia amministrativa maggiori. Credo che sia giusto e doveroso che a questa riorganizzazione amministrativa e politica della Regione concorrano gli enti locali, quindi non vedo tanto qui la necessità di referendum quanto la necessità di una concertazione fra enti locali e Regione per quanto riguarda la suddivisione dei compiti e delle competenze sapendo che la legge indica un cammino preciso, ma sapendo anche che all'interno di questo cammino ci sono momenti di discussione, di negoziazione e di mediazione.
La legge alcuni elementi innovativi li introduce, nel senso che va verso una semplificazione e una forte autonomizzazione delle scelte dei comuni.
C'è la possibilità di introdurre a livello sperimentale anche l'assemblea dei comuni e non vedo qui il rischio dei potestà che in genere venivano nominati dal Governo e non dall'Assemblea degli elettori, questo non è mai successo almeno nel regime a cui credo si riferisse il collega Chiarello. Anche perché credo che su questo terreno un po' di sperimentazione vada fatta dopodiché si tireranno le somme, non sarà sicuramente questo l'ultimo punto di approdo della riforma però, comunque è un utile passo avanti.
Il Consigliere Marguerettaz ci ricordava l'ultima volta che la spinta propulsiva di questa maggioranza ormai si era esaurita da tempo. A questo riguardo credo che ci sia, non tanto per il profluvio di produzione legislativa che abbiamo portato avanti in questi giorni, un dato abbastanza significativo: se non sbaglio, fra gli emendamenti che sono stati distribuiti ne trovo alcuni che la forza politica che rappresento aveva presentato in Commissione su cui era nata una discussione politica e su cui poi si è trovato un accordo. Qui è successo un fatto nuovo: questa capacità propulsiva della maggioranza che credo sia rimasta ha aiutato anche l'opposizione perché se vado a vedere gli emendamenti che sono stati firmati da Dujany e Lanièce, sono la fotocopia di quanto presentato in Commissione. Vuol dire che in ogni caso una qualche forza propulsiva è rimasta anche tale da animare il dibattito e le posizioni della minoranza. Per cui credo che questo disegno di legge non sia una cosa del tutto scontata, una riproposizione dello "status quo" anche perché vedo che le proposte che vengono avanti dalla minoranza ricalcano quelle che erano le posizioni che hanno trovato, pur con delle mediazioni, una soluzione all'interno del disegno di legge.
Con questo termino, mi riservo successivamente di intervenire in fase di dichiarazione di voto.
Président La parole au Conseiller Viérin Marco.
Viérin M. (Aut) Il mio intervento segue quello del collega Dujany, quindi non toccherò gli aspetti di carattere generale che lui ha già toccato per soffermarmi su due aspetti di carattere specifico per i quali presenterò ulteriori tre emendamenti, in particolare sul discorso del capo II della legge su cui mi risulta che anche il collega Chiarello abbia già presentato qualcosa. Mi riferisco all'Assemblea degli elettori.
Il collega Carlo Perrin nel suo intervento ha definito il capo II della legge come una norma di grande democrazia perché è tramite referendum che si deciderà come comportarsi. È giusto il concetto che esprimeva il collega Perrin, è vero che non c'è solo il sindaco, ma c'è anche la Giunta però, per esperienze vissute sappiamo che un'eventuale istituzione di Assemblea degli elettori in alcuni comuni con popolazione di 4-500 abitanti creerà grossissimi problemi di tipo pratico perché alla fine dobbiamo entrare nei problemi pratici e faccio due esempi. Quest'Assemblea dovrebbe decidere, fra le altre cose, l'approvazione del bilancio e l'approvazione del conto consuntivo; in prima convocazione al 99 percento non si raggiungerà il numero legale e si andrà in seconda convocazione. In seconda convocazione arriveranno, come purtroppo sappiamo, in grande maggioranza persone che saranno "incavolate" con l'Amministrazione perché non si è fatto un pozzetto, non si è fatta una cunetta e via dicendo. E per un problema di fatto personale voteranno contro il bilancio o si asterranno e quel comune non avrà il bilancio approvato, non avrà il conto consuntivo approvato.
Lo stesso discorso si può fare per il caso in cui ad una giunta e ad un sindaco arrivino 3-400 interpellanze, interrogazioni o mozioni, a seguito delle quali si debba convocare l'Assemblea per discutere perché, quando una persona ha facoltà di presentare interpellanze, interrogazioni e mozioni, come esiste un piccolo problema che lo tocca, fa l'interpellanza o la mozione e si andrà a discutere sempre di fatti personali ed è questa la mia grande paura. Sono d'accordo sul fatto di aprire, come diceva Carlo però, secondo me, andrebbe fatto prima un esperimento con solo 2 o 3 comuni di entità molto piccola perché se buttiamo lì questo concetto senza ragionare su quello che potrebbe succedere, e succederà, forse commettiamo un errore quindi, su quest'aspetto il sottoscritto presenterà un emendamento.
Un altro emendamento è sull'articolo 114, dove concordo con Florio che ci sia la necessità di un "Conseil de la plaine" anche perché ho fatto il sindaco di un comune limitrofo alla città di Aosta però, dobbiamo evitare che questo "Conseil", che è formato in pratica dai comuni della futura ex Comunità montana Mont Emilius, cioè tutti i comuni del circondario più Aosta, si trasformi, come si augurava Florio, in una specie di area metropolitana. Io sono contrario a questo concetto; ritengo che sia da evitare che tutto il comprensorio dell'ex Comunità montana Mont Emilius si trasformi in un'area metropolitana, pertanto non accetto quanto viene detto nell'articolo 114 che parla di come è costituito questo "Conseil" e dice che il coordinatore sarà il Sindaco di Aosta. Il coordinatore non deve essere il Sindaco di Aosta perché se ci basiamo sulla democrazia, il sindaco che dovrà fare il coordinatore di questo "Conseil" dovrà almeno essere scelto fra i sindaci, se lo devono scegliere loro, altrimenti partiamo già con la volontà di trasformare l'ex Comunità montana Mont Emilius in area metropolitana. Su questo concetto gli Autonomisti non ci stanno e presumo che anche l'Union Valdôtaine debba fare un ragionamento al riguardo. Condivido in pieno quello che ha detto Perrin però, se è vero quanto lui dice, questo concetto deve passare perché non possiamo consentire che sia il Sindaco di Aosta a divenire il Coordinatore del "Conseil de la plaine", altrimenti potevamo eliminare la Comunità montana Mont Emilius e dire che si va a creare un'area metropolitana il cui Coordinatore è il Sindaco di Aosta quindi, questo terzo emendamento va in quel senso.
Chiedo una spiegazione alla Giunta in merito all'articolo 119 sul discorso eventuale che quest'articolo potrà toccare in merito alle aziende speciali. Di aziende speciali oggi ce n'è una sola, è l'Azienda speciale delle farmacie del Comune di Aosta; si vorrebbe capire cosa cambia in pratica rispetto alla situazione di oggi. L'Azienda speciale oggi si rivolge al Comune per il bilancio e il conto consuntivo; che cosa vuole dire questo? Che tutta la struttura dell'Azienda speciale passerà nel comparto unico, cioè andrà direttamente ad inserirsi nel Comune? Se questo è l'intendimento, andiamo fuori dallo spirito, quindi sul punto chiedo solo spiegazioni perché non è chiaro se potrà succedere quello di cui sono preoccupato oppure se rimane tutto come adesso. Mi riservo anche su quest'articolo di fare ulteriori considerazioni dopo i chiarimenti avuti dalla Giunta regionale. Presento i tre emendamenti alla Presidenza del Consiglio.
Président La parole au Président du Gouvernement, Viérin Dino.
Viérin D. (UV) J'interviens en discussion générale simplement pour annoncer la présentation de quatre amendements de nature technique.
Président La parole au Vice-Président Aloisi.
Aloisi (Aut) Credevo che lei stesse per chiudere la discussione generale, non ho chiesto la parola.
Président La parole au Conseiller Bavastro.
Bavastro (UV) Non so se c'è una sovrapposizione con gli emendamenti che vengono adesso proposti dal Presidente della Giunta, comunque anch'io volevo proporre un emendamento al comma 9 dell'articolo 111. È un emendamento puramente tecnico in quanto si fa riferimento alla legge regionale 6 aprile 1998 che nel testo originario era indicata genericamente in quanto non c'era ancora il dato specifico della data di emanazione della legge.
Brevemente, vorrei fare alcune precisazioni. Per quanto diceva prima il Consigliere Chiarello, che contestava il fatto che l'iter di questa legge avesse abbracciato l'arco della legislatura, in parte lo stesso Consigliere Dujany ha dato atto del fatto che già all'inizio della legislatura questa legge era stata presa in esame o perlomeno il fine di arrivare a questo progetto di legge era stato preso in esame dall'allora Presidente Rollandin, poi la cosa è caduta per le vicende che si sono verificate e che hanno portato me, allora Consigliere di opposizione, a rivestire il ruolo di Presidente della I Commissione, il che aveva creato un comprensibile inceppamento perché era una situazione indubbiamente anomala. La cosa è stata poi seguita da un gruppo di lavoro, anzi da due gruppi di lavoro perché ce n'era stato anche uno interno al nostro Movimento che poi non aveva prodotto grossi risultati.
Sull'alternativa a questo schema adottato in questo disegno di legge, proposto da Chiarello, cioè l'accorpamento di comuni in luogo dell'istituzione delle comunità montane, in parte ha già risposto Perrin. È un sistema che, da un punto di vista teorico-concettuale, a livello di manuale, ha una sua logica; sarebbe drammatica l'applicazione di uno schema di questo tipo in una Regione come la nostra, dove esistono piccole realtà che, private della veste di comune, avrebbero un ulteriore motivo per deperire e morire, quindi sarebbe un errore clamoroso oltre ad essere un fatto antistorico contro le tradizioni della nostra Valle.
Vorrei fare una rapidissima replica a quanto ha detto Dujany che contesta che in questa legge si sia applicato il principio di sussidiarietà. A questo riguardo vorrei fare una considerazione molto generale che riguarda sia la riforma della nostra Regione, ma anche e in ugual modo la riforma dello Stato. Quando Dujany si riferisce alla Confederazione elvetica bisogna tener presente che uno Stato federale che nasce spontaneamente dalla società in epoche diverse evidentemente da quelle attuali, è un conto; in effetti gli Stati federali che oggi esistono sono Stati che si sono formati in maniera spontanea dal basso, ma noi abbiamo oggi uno Stato centralizzato e una Regione che ha ereditato per forza di cose il sistema amministrativo centralista del Regno e poi della Repubblica italiana, il problema è praticamente insolubile in maniera pura, cioè ci troviamo con uno Stato centralizzato e dobbiamo realizzare il federalismo partendo da quello, quindi ci deve essere un incontro di energie che partono dal basso, ma anche che partono dall'alto a meno che non si voglia fare la rivoluzione, ma credo che questa non sia la nostra ipotesi quindi, quando si parla di principio di sussidiarietà, bisogna calarlo in questa realtà storica.
Président La parole au Vice-Président Aloisi.
Aloisi (Aut) Non per intervenire nel merito del disegno di legge che è stato vanto e merito del mio collega Marco Viérin, ma per fare una proposta operativa, vista l'ora, e cioè se fosse possibile chiudere la discussione generale, riprendere i lavori alle ore 16,00 con l'impegno da parte della minoranza di chiudere entro le ore 24,00 di questa sera.
Président La parole au Conseiller Chiarello.
Chiarello (RC) Mi sembra importante intervenire in questo momento perché sembra che voglia disfare le tradizioni valdostane. Tutt'altro. Ho detto che mi preoccupo che i consigli comunali siano svuotati di potere proprio perché ci siamo sempre battuti per la democrazia, più è allargata la partecipazione, più è democratico il modo di governare.
Fra l'altro ritengo che la preoccupazione in merito alle assemblee non sia solo mia perché una delle diatribe più grosse in Commissione è stata quella di portare il numero degli abitanti dei comuni interessati alle assemblee da 1000 e qualcuno partiva da 200, voglio dire è stata una cosa abbastanza dibattuta e vi spiego il perché. Se sapessi che quest'Assemblea comunale viene riunita abbastanza sovente e c'è una partecipazione, sarei il primo a sostenerla. La mia paura è che venga riunita quando lo ritiene opportuno chi in quel momento è il sindaco e poche volte all'anno. Quella diventerebbe una cosa non più democratica, questa è l'unica mia paura.
Per quanto riguarda l'altra cosa dei comuni, i miei antenati sia come partito che come famiglia hanno combattuto il Fascismo; mai più vorrei imporre ai comuni di mettersi insieme. Ho detto che siamo per incentivare i comuni che hanno i presupposti per mettersi insieme, penso anche a dei comuni di fondo Valle e di bassa Valle mentre, per quanto riguarda le comunità montane, sono dell'avviso di Perrin: ci sono delle comunità montane che stanno insieme, che mettono insieme dei comuni con dei presupposti che sono nettamente diversi, con delle problematiche diverse. Su questo sono d'accordo, cioè non si possono tenere insieme solo perché confinano l'uno con l'altro.
Volevo aggiungere che ci siamo battuti anche a livello di legge elettorale per cercare di rendere più democratica la legge elettorale. Vi ricordo che questa è l'unica Regione in cui nei vari consigli comunali fra sindaco e vicesindaco non è portata al 60 percento la maggioranza e al 40 percento la minoranza, ma qui siamo quasi al 70 percento e anche su quello ci siamo sempre battuti. La democrazia si deve difendere sempre, non solo quando fa comodo e quando si deve cercare di portare il proprio discorso che poi stride con certe decisioni di democrazia. Vediamo che anche in questo Consiglio regionale - questo a qualcuno potrà piacere o meno - da quando la minoranza ha un numero di consiglieri più consistente anche la dialettica in questo Consiglio è migliorata: si discute di più, si incide di più. È giusto che la maggioranza governi, ma che ci sia anche una minoranza con dei numeri validi che controlla queste decisioni.
Président Je déclare close la discussion générale. On reprend les travaux du Conseil à 16 heures.