Oggetto del Consiglio n. 1203 del 8 marzo 1995 - Resoconto
SEDUTA ANTIMERIDIANA DELL'8 MARZO 1995
OGGETTO N. 1203/X Aumento dei canoni d'affitto degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. (Interrogazione)
Interrogazione Vista la presa di posizione dell'Associazione "Casa per tutti" in merito all'aumento dei canoni d'affitto degli alloggi IACP, predisposto dall'Amministrazione regionale in lire ottomila per vano;
Considerate le diverse voci di enti e associazioni che hanno preso posizioni distanti da quella di "Casa per tutti" in merito alla questione dell'aumento degli affitti nonché dell'assegnazione delle case popolari in base al reddito;
Verificata la necessità, da parte dell'Ente pubblico, di attenersi alle normative che regolamentano per legge i canoni di affitto e le assegnazioni delle case popolari;
il sottoscritto Consigliere regionale
Interroga
la Giunta regionale per conoscere:
1) quali sono i motivi che hanno indotto l'Amministrazione regionale a deliberare l'aumento dei canoni d'affitto degli alloggi popolari;
2) i motivi per i quali non è stato finora applicato l'articolo 38 della legge regionale n. 15 del 6 aprile 1987, secondo il quale gli inquilini degli alloggi popolari il cui reddito supera abbondantemente i quaranta, i cinquanta fino a giungere oltre i cento milioni, dovrebbero lasciare liberi gli alloggi IACP per chi ne ha maggiormente bisogno.
F.to: Lanièce
Presidente Ha chiesto la parola l'Assessore ai lavori pubblici, Lavoyer.
Lavoyer (ADP-PRI-Ind) In risposta al primo quesito dell'interrogazione, si espone quanto segue.
Ogni anno vengono determinati con decreto del Ministero dei lavori pubblici i massimali delle quote B e C; il canone di locazione è composto secondo quanto stabilito dal comma 1, articolo 19, del decreto: la quota A, parte che ritorna allo Stato, la quota B, spese di amministrazione e oneri fiscali, in particolare l'ICI, e la quota C, spese di manutenzione.
Lo Stato determina l'ammontare massimo delle quote B e C, ovvero il limite entro il quale possono essere comprese le spese generali B e le spese di manutenzione C. La quota A è data dalla media delle due quote precedenti. Ciò premesso, si evidenzia il fatto che i massimali sono determinati ogni anno con decreto, quindi non è la Regione o l'ente proprietario che determina degli aumenti di propria iniziativa e proponendo cifre esagerate; gli enti proprietari sono dunque tenuti ad aggiornare i canoni nei limiti indicati dalla Regione, al fine di conseguire la copertura delle predette quote nel rispetto dei massimali.
Per il 1994 il decreto stabiliva la quota B 15mila lire vano-mese, e la quota C 8.400 lire vano-mese. Per la determinazione della quota A solo per quest'anno si considera la quota B di lire 6.600; fra l'altro è pervenuto all'ufficio interessato il nuovo decreto ministeriale con periodo 1° gennaio 1995-31 dicembre 1995, a titolo informativo le nuove quote sono: 15.600 lire per la quota B e 8.700 per la quota C. Per il calcolo della quota A, la quota B è considerata pari a lire 6.900, quindi la stessa ammonta a lire 7.800.
Fin qui si è evidenziata l'iniziativa dello Stato nella determinazione del canone di locazione. É opportuno evidenziare che rispetto agli anni precedenti si è avuto un notevole aumento del massimale previsto per la quota B, che è passato da lire 6.000 per vano del 1992, come risulta dal decreto n. 5275 del 12 maggio 1992, a lire 15mila per il 1994.
É opportuno evidenziare che il canone di locazione, di cui si è parlato finora, è un canone ipotetico, ovvero non è quello che viene applicato agli inquilini, che è invece la cifra risultante dall'applicazione della legge regionale n. 15. Pertanto il canone realmente applicato è correlato al reddito familiare degli assegnatari e alle caratteristiche dell'alloggio.
Al fine di conseguire la parità di bilancio, l'ammontare degli affitti riscossi da un ente proprietario deve coprire l'intera somma, data dal prodotto delle tre quote per i vani di proprietà dell'ente. In precedenza la quota A veniva calcolata in modo residuale, ovvero si sommavano le quote B e C e il totale veniva moltiplicato per il numero dei vani; la differenza fra il totale degli affitti riscossi e il suddetto prodotto, se positivo, costituiva la quota A.
A questo punto è opportuno indicare la motivazione che ha indotto l'Amministrazione regionale ad approvare l'aggiornamento dei canoni.
Prima fra tutte la delibera CIPE del 19 novembre 1981, che prevede la responsabilità da parte delle regioni di fare in modo che il gettito annuo complessivo dei canoni nell'ambito regionale non sia inferiore all'ammontare risultante dall'applicazione dei massimali in vigore.
In secondo luogo il decreto legge del 30 agosto 1993, n. 331 convertito in legge il 29 ottobre 1993, n. 427, prevede l'adeguamento dei canoni con decorrenza 1° gennaio 1994-31 dicembre 1994, evidenziando che per gli anni antecedenti al 1994 la quota A, che deve essere restituita allo Stato, viene calcolata in modo residuale, mentre per il 1994 deve essere applicato il massimale stabilito nel decreto, ovvero le 7.500 lire. A questo punto l'ente proprietario deve restituire allo Stato l'importo dato dal prodotto tra lire 7.500 per il numero dei vani.
Come è emerso in commissione, gli enti proprietari non applicavano affitti che consentivano loro di restituire quanto dovuto, quindi è stato deciso un aumento dei canoni tale da consentire la copertura di tale importo.
Nel caso dello IACP della Valle d'Aosta c'è un deficit di circa 400 milioni, che per combinazione è pari all'intero ammontare della quota A, per ripianare il quale c'è la necessità di aumentare i canoni di circa 7.500 lire vano-mese.
Si è introdotta la possibilità di effettuare un aumento ulteriore di 500 lire, quindi arriviamo a lire 8.000 a vano, in quanto non viene applicato l'aumento dei locali adibiti ad uso abitativo - ad esempio i garage - i cui canoni già consentono la copertura della somma delle tre quote.
Questo importo forfetario deciso in commissione consente la restituzione dell'ammontare della quota A da parte degli enti stessi; se non fosse stata applicata questa maggiorazione, sarebbe stata la Regione a dover corrispondere quanto dovuto allo Stato.
Questo concetto è contenuto sempre nel sopracitato decreto legge.
Si è dunque ritenuto necessario procedere al suddetto adeguamento di concerto con quanto emerso in sede di riunione della commissione per l'edilizia residenziale pubblica; tale adeguamento è previsto per il solo 1994. Tale adeguamento comporta un onere a carico della utenza a partire dal 1° gennaio 1994-31 dicembre 1994 ed è prevista la rateizzazione degli arretrati, da attuarsi a cura dell'ente proprietario.
Quanto citato finora è stato portato a conoscenza della commissione per l'edilizia residenziale pubblica, dove i soggetti maggiormente interessati hanno fatto le proprie osservazioni sulla necessità di applicare l'aumento previsto per non incorrere in un dissesto finanziario e - vorrei aggiungere - per non incorrere anche in omissione di atti d'ufficio.
L'Amministrazione regionale non ha provveduto all'inizio dell'anno a tale adeguamento dall'entrata in vigore della legge di revisione della legge regionale n. 15, la quale a sua volta prevedeva l'applicazione dei canoni. Successivamente sono intervenuti dei solleciti anche a livello statale. A riprova di quanto detto, è stato inviato in questi giorni un telegramma dal Ministero che richiede le risultanze a proposito dell'applicazione della legge.
Il punto 2 dell'interrogazione tratta del problema decadenza, che ai sensi della legge regionale 6 marzo 1987 n. 15 è pronunciato dal sindaco del comune, in cui è situato l'alloggio occupato dall'assegnatario. In particolare, il riferimento è alla decadenza per superamento del limite di reddito: l'ente gestore preavvisa gli assegnatari con redditi superiori al limite stabilito che la decadenza verrà dichiarata dopo due ulteriori accertamenti annuali consecutivi, che documentino la stabilizzazione del reddito al di sopra del predetto limite.
La decadenza verrà dichiarata dopo quattro accertamenti annuali consecutivi, qualora alla formazione del reddito familiare concorrano quelli di figli o nuclei familiari conviventi.
Dai colloqui intercorsi con il Comune di Aosta e lo IACP è emerso che due o tre anni or sono lo IACP ha inviato la documentazione relativa ai soggetti in condizione di decadenza, ai comuni interessati, fra i quali il Comune di Aosta. Gli stessi non hanno intrapreso procedure di decadenza, in quanto si sarebbe creato un incremento del numero di sfrattati. Si evidenzia che nel Comune di Aosta era stato dichiarato lo stato di emergenza abitativa. Di fondo vi è quindi una scelta politica dei comuni.
Per un certo periodo di tempo, sia a livello nazionale che a livello locale, in un primo disegno di legge di revisione della legge n. 15, si pensava di abolire il tetto massimo di reddito oltre il quale il soggetto beneficiario decade dal diritto di permanenza in un alloggio ERP, prevedendo unicamente la definizione del canone con patti in deroga. La linea - ed è questo che voglio sottolineare - che si sta delineando più recentemente con la delibera CEE in corso di approvazione e il disegno di legge sulla regolamentazione della materia (decreto legge n. 15 di revisione), prevede la reintroduzione della decadenza per il superamento del limite di reddito.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Lanièce.
Lanièce (GA) Ringrazio l'Assessore per la relazione numerica e precisa che ha appena svolto. Questa interrogazione nasce dalla volontà di far luce su una situazione che sta divenendo di giorno in giorno sempre più intricata e complicata, al di là delle prese di posizione delle varie associazioni.
Esistono leggi nazionali e leggi regionali, che devono regolamentare le assegnazioni e i canoni di affitto delle case popolari, ma - come ha appena detto anche l'Assessore - sembra che queste leggi non trovino applicazione per scelte politiche, e questo è di per sé una cosa negativa. Se si fa una legge bisogna rispettarla, e se questa legge prevede delle decadenze o determinate situazioni, penso sia opportuno e doveroso da parte di una pubblica amministrazione seguire la legge e applicarla. Anche perché, se è vero che si può incrementare il numero degli sfrattati, è anche vero che queste persone, se godono di un reddito molto superiore rispetto a quello di altre persone che si trovano in difficoltà, hanno molte più possibilità di trovare un altro alloggio.
Penso che questo sia un problema importante, quindi invito l'Assessore ed eventuali coordinamenti che seguono questa problematica a verificare l'applicazione della legge in merito, altrimenti si finisce per creare una situazione di caos totale con delle ripercussioni sociali, dato che sappiamo che si tratta di un problema che riguarda e toccca tantissime persone, e se queste persone vengono a sapere che in Aosta ci sono molte persone che hanno superato un certo reddito, ma nonostante questo rimangono nella casa di assegnazione popolare, si può creare una grave situazione di malcontento generale.
Questo è un invito, non ad andare contro alcuni a favore di altri, ma proprio perché se c'è una legge, o si abolisce la legge, oppure la si applica, altrimenti non applicarla vuol dire non rispettare tutta la cittadinanza. Ci sono persone che si trovano in una grave situazione sociale che non possono usufruire delle case popolari, ed altri che magari in un primo tempo erano in questa situazione, ora invece sono in una situazione migliore, eppure continuano a godere dell'alloggio popolare.
Questo è un invito che faccio all'Assessore Lavoyer in quanto Assessore ai lavori pubblici, che spero rivolga anche all'Amministrazione di Aosta e a tutte le altre amministrazioni che non intendono applicare questa legge.