Oggetto del Consiglio n. 191 del 26 novembre 1963 - Verbale

OGGETTO N. 191/63 - DICHIARAZIONI PROGRAMMATICHE DEL PRESIDENTE NEO-ELETTO DELLA GIUNTA REGIONALE, AVV. SEVERINO CAVERI. PRESA D'ATTO.

Il Presidente della Giunta, CAVERI, riferisce quanto segue:

"Signor Presidente del Consiglio,

Signori Consiglieri,

La Giunta che è stata eletta in questa seduta del Consiglio è la quinta Giunta sulla quale incombe il dovere di amministrare e di governare la Valle d'Aosta.

La prima Giunta è stata quella del Comitato di Liberazione, il cui mandato si è iniziato nel gennaio 1946 ed è terminato nel maggio del 1949.

In un primo periodo, dal gennaio all'ottobre del 1946, questa prima Giunta è stata retta dal Prof. Federico Chabod, alla cui memoria rivolgo un reverente omaggio.

La seconda Giunta ha espletato il suo mandato dal maggio del 1949 al novembre del 1954; ne facevano parte, tra gli altri, il Geom. Arbaney ed il Prof. Deffeyes. Ricordo del primo l'esperienza amministrativa e l'austerità del tratto; del secondo la viva intelligenza e l'esuberante dinamismo.

La terza Giunta, presieduta dall'Avvocato Bondaz, ha iniziato il suo mandato nel dicembre del 1954 e lo ha terminato nel maggio del 1959. Pur dissentendo dal suo orientamento politico, ho sempre riconosciuto lealmente le sue doti di intelligenza e di esperienza.

La quarta Giunta, presieduta dall'Avvocato Marcoz, ha espletato il suo mandato dal 1959 al 1963.

Il compito del quarto Presidente della Giunta si è svolto in un periodo delicato ed egli ha saputo superare con esperta e sottile maestria questo delicato momento.

Questi uomini hanno dunque dato all'Amministrazione ed alla vita politica della Valle d'Aosta il contributo della loro varia multiforme personalità.

Non vi è stato solo un avvicendarsi di uomini, vi è stato un avvicendarsi di partiti, di movimenti, di coalizioni, secondo le regole della democrazia.

Questo Consiglio, questa Giunta, rappresentano la quinta tappa della vita autonoma della nostra Regione.

Questo Consiglio, questa Giunta, escono dal clima appassionato delle elezioni del recente ottobre.

Il primo dovere nostro, il primo dovere della Giunta e del suo Presidente, è di dimenticare, in un certo qual modo, l'aspetto polemico della recente battaglia, di dimenticare di essere uomini di parte, di considerarsi i mandatari dell'elettorato ed i tutori della comunità regionale, di ascoltare attentamente tutte le critiche degli oppositori, ricordando quanto sia difficile di separare con un sottilissimo filo il torto e la ragione.

Una parte di vero vi è e vi sarà in quanto dicono e diranno i nostri oppositori nel Consiglio regionale e fuori del Consiglio regionale: di questa parte di vero noi dovremo tener conto e correggere i nostri errori e le nostre insufficienze.

È quindi, anche mio dovere personale di non reagire con esasperata ipersensibilità alle affermazioni eventuali che sono state o che verranno fatte con riferimento alla mia persona.

Noi qui siamo, si è detto, in questa situazione: di una maggioranza di 18 Consiglieri e di una minoranza di 17 Consiglieri. Mi sia consentito di ricordare che siamo un po' ritornati alla situazione del Consiglio regionale, allora si diceva "del Consiglio della Valle", dei tempi del Comitato di Liberazione.

Vi erano due candidati alla Presidenza allora detta "del Consiglio" perché la carica del Presidente del Consiglio comprendeva i poteri del Presidente del Consiglio e quelli del Presidente della Giunta, vi erano due uomini in lizza, come voi ricorderete, nella prima seduta che, salvo errore, è stata tenuta il 10 gennaio del 1946 ed allora la maggioranza aveva avuto il vantaggio di un voto.

Successivamente, quando altri due nomi si sono trovati uno di fronte all'altro, nella successiva votazione alla fine di ottobre del 1946, anche allora vi è stata la maggioranza di un voto e mi sarà permesso di dire che, attraverso il lavoro in comune con gli Assessori dei vari partiti, ho constatato che anche gli Assessori democristiani avevano accettato di buon grado di amministrare la Valle d'Aosta pur con la maggioranza di un solo voto e non mi hanno mai dimostrato per questo, né hanno dimostrato ad altri, in qualunque modo, una qualsiasi forma di disagio o di imbarazzo.

Secondo le regole della democrazia, vi è una maggioranza che amministra e governa, vi è una minoranza che è all'opposizione; da una parte vi è una valutazione politica della situazione, dall'altra parte vi è un'altra valutazione della situazione politica della Valle e dei rapporti tra il Governo centrale ed il Governo regionale.

Questa è la situazione obiettiva.

Monsieur le Président du Conseil,

Messieurs les Conseillers,

Notre premier devoir est celui de défendre et de fortifier les prémisses historiques de notre autonomie: la langue française, le patois franco-provençal, le patrimoine spirituel, moral et intellectuel, l'individualité du Peuple valdôtain, dans un mot: l'idéal pour lequel Emile Chanoux a sacrifié sa vie.

Nous pouvons défendre cet idéal par l'école, en affrontant le problème des jeunes, comme a dit très bien le Président du Conseil, en les associant à notre effort commun d'étude et d'action, en reprenant l'initiative des écoles des chartes, en reprenant l'idée et la réalisation d'une histoire valdôtaine qui ne soit pas le fruit d'initiatives dispersées, mais d'un travail en équipe.

Ce serait d'autre part souhaitable que l'Institut d'Etudes Européennes ne fonctionne pas comme un vase clos, mais puisse aider la formation de nos jeunes.

Toutes les équipes, d'autre part, qui se sont alternées au gouvernail de la Région, ont toujours démontré le plus profond respect pour le sentiment religieux de la population valdôtaine. Rien ne changera à cet égard.

Signori Consiglieri,

chi ricorda la Valle come era al momento della Liberazione, quando 35 Comuni erano privi di telefono, quando molti Comuni potevano essere raggiunti solo per mulattiere, quando non esistevano i ponti di Avise, di Quart, di Chambave e di Champdepraz, quando le abitazioni dei nostri agricoltori risalivano quasi tutte ad epoche remote, quando le iniziative economiche stagnavano, chi ricorda tutte queste cose deve riconoscere che un immenso lavoro è stato compiuto in questi ultimi 18 anni di autonomia.

Diecine e diecine di miliardi sono stati profusi in opere pubbliche e a beneficio dell'agricoltura, per la quale si sono spesi due miliardi in questi ultimi quattro anni.

Ma, come diceva un momento fa il Presidente del Consiglio, la trasformazione della società, la trasformazione sempre crescente della società nella quale viviamo, la conseguente crisi, esistente in tutti i paesi, del settore agricolo, il cui reddito è inferiore a quello di altre attività, ci impongono di abbandonare il sistema paternalistico, di formare, prima di tutto, una Commissione di esperti che, sotto l'egida della Giunta regionale e in collaborazione con le Commissioni consiliari, attraverso ricerche operative economiche e sociali, predisponga gli elementi per una nuova politica economica più metodica, più razionale, programmata, come si dice oggi, se vogliamo indulgere ad un neologismo di moda.

Ma non sono le parole, sono i concetti, sono i fatti che contano e, dunque, per questa politica economica nuova più metodica, più razionale, che possiamo chiamare come vogliamo, è necessario che, senza coazioni e senza imposizioni, si assumano i provvedimenti amministrativi e legislativi idonei e si creino, così, le condizioni nuove per uno sviluppo dell'economia agricola da forme arcaiche a forme più moderne.

La Giunta regionale, che ha testé terminato il suo mandato, aveva creato una esperienza del genere con la legge sul risanamento del bestiame; è questo, appunto, un esempio di provvedimento, suscettibile di modificazioni e di perfezionamenti, che però affronta un problema in modo globale.

Abbiamo, d'altra parte, tutti parlato delle resistenze che il nostro individualismo oppone a tentativi per giungere ad una certa unità colturale. In questo campo potrebbe essere utile qualche esperienza pilota che potrebbe convincere i nostri agricoltori dei benefici effetti di una trasformazione in tal senso.

Naturalmente una gradualità è necessaria perché è meglio dimostrare prima che un esperimento ha prodotto buoni risultati; sarebbe esiziale volerlo imporre in modo brusco e coattivo, provocando reazioni e lacerazioni psicologiche.

Così sarebbe utile creare qualche esperimento pilota nel trasformare un villaggio disabitato o semi disabitato in un villaggio turistico, come premessa per ulteriori trasformazioni in tal senso.

Ma, come diceva or ora il nostro Presidente del Consiglio, evidentemente questi sono solo aspetti parziali, semmai, di una trasformazione più globale e più massiccia che è necessaria in relazione alla nuova funzione della Valle d'Aosta di "plaque tournante" tra l'Italia, Francia e Svizzera nel nuovo sistema delle grandi vie internazionali.

Questi, dunque, sono solo accenni e abbozzi che non hanno la pretesa di costituire anticipazioni che sarebbero poco serie e soltanto presuntuose.

È necessaria una elaborazione seria, organica, globale, che muova da accertamenti economici e sociali, in modo da diminuire il carico delle persone che vivono sull'agricoltura e da elevare il reddito agricolo di coloro che rimarranno in tale settore, anche attraverso l'incoraggiamento e l'impulso dato alla creazione di cooperative per l'acquisto e la vendita delle derrate agricole.

Dovrà, d'altra parte, continuare l'industrializzazione delle zone depresse, specialmente della Bassa Valle, con la piena occupazione della mano d'opera sotto occupata.

Bisogna poi conciliare la spinta degli interessi economici con la difesa del paesaggio, che è la nostra ricchezza, la nostra materia prima: distruggiamo le bellezze delle nostre montagne e vedremo fuggire inorriditi i turisti che già cominciano, se non a disertare, a diminuire il loro afflusso in altre Regioni d'Italia. Ciò non vuol dire che si voglia tarpare le ali del progresso economico, poiché abbiamo visto che in Savoia si sono pur create nuove stazioni turistiche pur rispettando il paesaggio; quindi vi è la possibilità di conciliare una cosa con l'altra.

Questi problemi delle cose effettuali dovranno essere affrontati tenendo presenti due problemi più strettamente politici: il problema della libertà nel mondo del lavoro, dal quale deve sparire ogni accenno a ritorni, diciamo perlomeno di ritorni, dell'infausta politica di discriminazione e il problema della realizzazione del nostro Statuto, problema sul quale non voglio intrattenervi in un esame analitico perché almeno 300 propagandisti, se non di più, ve ne hanno parlato e ne avete parlato voi stessi, voi tutti, durante la campagna elettorale. Ma questo problema non deve essere soltanto un cavallo di battaglia che serve per 40 giorni di propaganda e che si abbandona al primo stallaggio. Questo è il problema dei problemi, questa è l'offesa alla solenne promessa della Assemblea Costituente, promessa non mantenuta; questo è lo scandalo di 16 anni di una inadempienza contrattuale costituzionale continuata. Tutti gli articoli dello Statuto regionale vanno rispettati, poiché si completano e si integrano l'un l'altro, a cominciare da quello articolo 4 che regola la nostra competenza amministrativa e che è stato troppo dimenticato, anche nella campagna elettorale, perché pochissimi hanno parlato di questo articolo 4 che costituisce, invece, la chiave di volta di tutta la nostra autonomia, compreso il problema della Scuola.

È chiaro, d'altra parte, che la realizzazione dello Statuto regionale non può essere né lo specchietto delle allodole, né la moneta di cambio per una formula governativa. Questo è il lavoro che ci attende, noi tutti 35 Consiglieri insieme, senza distinzione di colore o di tendenza. Questo lavoro possiamo e dobbiamo farlo insieme, pur attraverso i contrasti della dialettica democratica, guardandoci bene però dal cambiare, dal trasformare quest'aula in una specie di aula bizantina, dove si spacchino i capelli in 36 parti o si discuta del sesso degli angeli, quando vi sono i problemi vivi che urgono e di cui la popolazione attende la soluzione, non certamente attraverso i cavilli della procedura o di uno ostruzionismo in aula, ma elevando il tono della discussione al livello di un dibattito che si svolga sui problemi di sostanza.

Così facendo, noi difenderemo il prestigio del nostro Consiglio Regionale e delle nostre istituzioni libere ed autonome, di cui dobbiamo essere fieri, perché i valdostani queste libertà le hanno conquistate dopo lunghi sforzi e dopo lunghe lotte.

Noi chiederemo il riconoscimento dei nostri diritti senza atteggiamenti ridicoli di sfida o di iattanza, ma anche senza i piagnistei di chi chiede una elemosina o di chi domanda una grazia o di chi crede di ottenere di più curvando la schiena nell'inchino del cortigiano.

L'autonomia non è una grazia, l'autonomia non è una elemosina da parte di nessun Governo, qualunque sia la sua formula.

L'autonomia è un diritto: noi ne rivendichiamo l'attuazione a fronte alta perché il diritto e la giustizia sono dalla nostra parte."

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Il Consiglio prende atto, con applausi, delle dichiarazioni fatte dal Presidente della Giunta, Caveri.

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Il Consigliere DUJANY rileva che sono ormai le ore 13,30 e fa presente che, data l'ora tarda, i Consiglieri della minoranza non hanno più il tempo necessario per fare le loro dichiarazioni con tutta tranquillità. Prega, pertanto, che la seduta venga sospesa e rinviata possibilmente al pomeriggio per dare la possibilità ai Consiglieri della minoranza di svolgere i loro interventi in risposta alle dichiarazioni programmatiche fatte dal Presidente della Giunta, Caveri.

Il Consigliere BORDON dichiara di associarsi a quanto detto dal Consigliere Dujany, precisando che i Consiglieri della minoranza hanno, oltre che il desiderio, il diritto di fare conoscere al Consiglio qual è il loro parere sull'impostazione del programma fatto dal Presidente della Giunta Caveri, programma sul quale la minoranza in parte concorda e in parte no.

Rileva, quindi, l'opportunità che la seduta sia sospesa e rinviata possibilmente al pomeriggio, oppure in data da stabilirsi, per dare la possibilità ai Consiglieri della minoranza di fare le loro dichiarazioni.

Il Presidente, MARCOZ, osserva che se i Consiglieri potessero fare le loro dichiarazioni nell'odierna adunanza del mattino, rimarrebbero liberi nel pomeriggio.

Precisa, comunque, che non si intende affatto limitare il tempo ai Consiglieri della minoranza per lo svolgimento dei loro interventi e che, se il Consiglio è d'accordo, l'adunanza può essere sospesa e rinviata alle ore 15,30 del pomeriggio.

Il Consigliere DUJANY rileva che nella passata legislatura le sedute si protraevano molto spesso fino ad ora tarda. Raccomanda che tale inconveniente non abbia più a verificarsi durante la presente legislatura, e che, se necessario, il Consiglio sia convocato più sovente, affinché i Consiglieri abbiano la possibilità di discutere e di trattare con maggiore tranquillità e obiettività gli argomenti iscritti all'ordine del giorno.

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Si dà atto che, su concorde parere del Consiglio, la seduta viene sospesa alle ore tredici e minuti quaranta e rinviata alle ore sedici.

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