Oggetto del Consiglio n. 454 del 5 agosto 1980 - Verbale

OGGETTO N. 454BIS/80 - CORDOGLIO ED ESACRAZIONE PER LA STRAGE DI BOLOGNA DEL 2 AGOSTO 1980.

DOLCHI - Colleghi Consiglieri, questa riunione, che si tiene in questa sala a causa dei lavori in corso per la manutenzione dell'aula consiliare, è stata richiesta da dodici colleghi Consiglieri (cioè più di un terzo come vuole il Regolamento, con una regolare domanda scritta inoltrata alla Presidenza del Consiglio) ma soprattutto questa riunione è stata dettata ed imposta dalla tragica e dolorosa violenza criminale che ancora una volta ha colpito il nostro Paese.

È quindi una riunione straordinaria, urgente convocata telegraficamente e telefoni­camente in accordo con quanti abbiamo potuto contattare dopo la sconcertante ed orribile notizia pervenuta sabato da Bologna, è una riunione che fa seguito anche alle decisioni delle Organizzazioni Sindacali, delle Forze politiche, dei Capi Gruppo che si sono trovati in una riunione per organizzare la partecipazione, la solidarietà della Valle d'Aosta in questo tragico momento.

Non procediamo formalmente all'appello ma sarà presa nota dei presenti; comunque, il numero legale è raggiunto e, pertanto, la seduta può essere anche considerata valida agli effetti formali, se di ciò vi fosse bisogno.

Quello di oggi è soprattutto, io ritengo, in questa sala, come quello che alle 18,30 seguirà in Piazza E. Chanoux, un appuntamento tra uomini liberi, tra persone civili, angosciati per quanto è successo; un incontro e una presenza di uomini responsabili in un momento, che non mi sembra azzardato dire, difficile e tragico della storia del nostro Paese.

È anche, Signori Consiglieri, l'occasione per manifestare il dolore della Valle d'Aosta per le oltre 80 vittime, per i 200 e più feriti, per rinnovare la solidarietà più sincera ai familiari così vilmente e duramente colpiti.

Vi pregherei, anche se è un atto formale, ma che può avere tutto il significato della nostra dolorosa partecipazione, vi pregherei, alzandovi in piedi, di rinnovare con un momento di silenzio il nostro cordoglio e la nostra partecipazione.

Mi permetto con poche parole ricordare, ci siamo riuniti per questo, che la strage di Bologna rappresenta un nuovo e feroce assalto contro la democrazia; ho già avuto occasione di dire, e credo di avere interpretato il pensiero dei Consiglieri regionali, che è un ulteriore attacco di pretta marca fascista dopo gli eccidi di Piazza Fontana a Milano, di Piazza della Loggia a Brescia e del treno "Italicus" di cui ricorre il sesto e doloroso anniversario.

Ritroviamo in questa strategia, infatti, la strategia della tensione, la violenza indiscriminata, la strage dei cittadini inermi, di donne, di bambini, di famiglie intere, con il solo scopo di creare terrore, sfiducia, paura; è questo un nuovo indelebile marchio di infamia che, senza retorica, possiamo dire si imprime sui nemici della democrazia ma anche sui nemici di ogni convivenza civile e umana.

Purtroppo parole analoghe ho avuto occasione di dire ricordando e commemorando tragici e sanguinosi eventi.

Non è mio compito farvi il lungo elenco di attentati, eccidi, sparatorie, uccisioni, violenze, ma è indispensabile che anche dopo questo crimine, che è certamente per ferocia e quantità di vittime il più grave episodio di delinquenza che si sia registrato dalla Liberazione ad oggi nel nostro Paese, ebbene, è importante che si riaffermi unitariamente qui, come più tardi in Piazza E. Chanoux, la volontà vigile e cosciente della Valle d'Aosta in difesa delle istituzioni democratiche, della sua autonomia, del vivere civile che sono invece gli obiettivi contro i quali si scatenano gli attacchi eversivi.

La democrazia si deve difendere nella democrazia e nella libertà, ma per questo bisogna applicare con coerenza e fermezza le sue leggi; con i sacrifici di generazioni e con un lungo processo storico ci siamo dati una Costituzione repubblicana che si fonda su ideali ben precisi e non possiamo permettere che stragi, azioni squadristiche sistematiche, attentati, passate e provate complicità, carenze e ritardi mettano in dubbio la validità delle istituzioni democratiche, creino sfiducia e turbamento nell'opinione pubblica al punto tale da compromettere le sorti del Paese.

È con questo spirito, io penso, che soprattutto le assemblee elettive devono chiamare i cittadini all'unità, alla solidarietà, alla vigilanza poiché solo in questo modo, la Valle d'Aosta, come tutto il Paese, potrà sconfiggere chi ne vuole invece la distruzione.

Dobbiamo affrontare con senso di realtà, di fermezza, il momento difficile e non lasciarci trascinare dalla giustificabile commozione o reazione puramente emotiva; abbiamo fiducia, dobbiamo avere fiducia nella capacità delle istituzioni democratiche, ma siamo anche coscienti che a fianco delle istituzioni per la loro sopravvivenza ci deve essere la vigilanza, l'azione operante e fiduciosa di tutti i cittadini, di tutti i responsabili della vita politica e amministrativa a qualsiasi livello si trovino.

Sarà soprattutto con la fiducia e la partecipazione delle masse che potranno essere respinti tentativi eversivi di esigue minoranze armate, di folli mandanti e di criminali esecutori.

Questo, Signori Consiglieri, e termino, non è solamente un augurio, non è solamente una speranza che io formulo, penso anche a nome vostro, ma questa speranza deve essere la certezza che ci guida, deve essere la certezza che può guidare nella nostra azione, nella nostra indispensabile opera di convinzione, e con noi tutti quanti credono nella democrazia, affinché tutte le forze politiche e sociali, tutte le istituzioni della Repubblica siano mobilitate contro le nuove forme di barbarie che mettono in pericolo il nostro avvenire civile e democratico.

Nel corso di queste riunioni che ci sono state, informali, ed io vi chiedo oggi, con il vostro consenso e anche con i vostri interventi di confermarlo, abbiamo predisposto che la Valle d'Aosta sia rappresentata ai funerali che avranno luogo domani pomeriggio a Bologna a partire dalle ore 17,00; è stato quindi messo a disposizione un pulmann che partirà da Place Narbonne raccogliendo tutti quei rappresentanti di forze sociali, culturali, amministrative, sindacali che vorranno partecipare alle solenni esequie.

È una delegazione del Consiglio regionale per cui dovremmo scegliere ancora i nominativi. Vi posso anticipare che per l'Ufficio di Presidenza sarà presente il Segretario Péaquin, perché personalmente, per gravi motivi familiari, sono impedito a recarmi a Bologna. Anche la delegazione, quindi ufficiale del Consiglio, pensiamo debba essere presente domani mattina alle ore 11,00 al Consiglio regionale Emiliano dove avverrà la solenne commemorazione effettuata da parte del Presidente della Giunta e del Presidente del Consiglio regionale dell'Emilia.

Tutte le Regioni italiane sono state invitate ad essere presenti a questa manifestazione, a questa celebrazione, a questa solenne riunione del Consiglio regionale.

Colleghi Consiglieri, io ho terminato. Dopo aver dato la parola ai Consiglieri, ai Capi Gruppo, a quanti la chiederanno per i loro interventi, ritengo che questa riunione debba concludersi con un voto, con un documento, con un qualche cosa di scritto che io ho preparato e lo confesso, e ripeto, purtroppo, non inventando nulla di nuovo ma scorrendo la recente storia del nostro Consiglio regionale e riprendendo da altri documenti, da altri ordini del giorno i concetti fondamentali che oggi, purtroppo, sono ancora validi ma che possono sintetizzare, se voi sarete d'accordo con me, il nostro sentimento.

Ha la parola il Consigliere Maurizio Martin.

MARTIN - Ancora una volta, per l'ennesima volta, ci troviamo riuniti per testimoniare la nostra incredulità, il nostro disappunto, il nostro cordoglio di fronte a questo nuovo terrificante massacro di gente innocente da parte del terrorismo.

È pur vero che ormai questi criminali, che agiscono in tempo di pace con barbarie forse peggiori di quelle che si ricordino nei tempi di guerra, ci avevano, purtroppo, tristemente abituati ai loro orrendi e vili attentati, ma nessuno, suppongo, aveva immaginato che si giungesse ad una strage come quella di Bologna.

Vecchi, uomini, donne, bambini, tanti poveri innocenti hanno perso prematuramente la loro vita in virtù di un disegno terroristico che tende a destabilizzare i valori democratici dello stato repubblicano, sostituendoli con una dittatura di triste ricordo, contro la quale ha lottato indomita la Resistenza.

E proprio le dure lotte condotte dalla Resistenza, sembrano oggi non avere alcun valore. I diritti sanciti dalla Costituzione, frutto di quella resistenza italiana, che seppe opporsi al fascismo, paiono superati ogni giorno da questo terrorismo che colpisce implacabile dove, come e quanto vuole.

È senza dubbio una triste realtà con la quale viviamo quotidianamente. E non è certamente di conforto e nemmeno di rimedio il solo domandarsi il perché succede tutto questo.

È indispensabile invece provvedere con urgenza, intervenendo con decisione, con estrema decisione, affinché tutto questo non debba periodicamente ripetersi.

Si tratta di un problema serio e delicato, che va affrontato con la massima cautela, ma mi rendo conto anche che non si possono protrarre negli anni incertezze che finiscono solamente per incentivare il terrorismo per diminuire la credibilità delle istituzioni di fronte agli occhi dei cittadini.

È necessario appurare sollecitamente le responsabilità, ed applicare senza pietà le condanne che la legge dispone.

Non dimentichiamoci che costoro si comportano come criminali di guerra in tempo di pace e che, perciò, vanno trattati di conseguenza. Viceversa ci troveremo ancora altre volte in simili circostanze a spendere parole di condanna per i colpevoli, di cordoglio per le vittime e di conforto per i familiari e per gli amici, ma con la certezza che si tratterà di un inevitabile ritornello da ripetere nell'occasione successiva.

È certamente positivo in questo particolare momento, che tutte le forze politiche e democratiche unitamente alle forze sociali abbiano trovato, direi, spontaneamente quella unità di intenti che quest'oggi li accomuna, per rispondere in modo univoco al terrorismo di qualsiasi colore, che in questi anni sconvolge l'Italia.

L'importante risposta politica che il Paese attende dopo i tragici fatti di Bologna avviene in Valle d'Aosta, come in ogni altra Regione d'Italia; e questa importante risposta, questa spontanea manifestazione faranno capire a coloro che tendono a rovesciare le istituzioni democratiche che la rassegnazione e l'impotenza sono ancora molto lontane dal cuore di ogni cittadino, dove, al contrario, sono ben vive la speranza e la volontà di sconfiggere definitivamente questa orrenda piaga nazionale.

In questo momento, come lo stesso Presidente Pertini ha ammonito, non sono le parole che contano, ma i fatti, la volontà di tutti di operare affinché le vittime di Bologna possano essere le ultime di una lunga serie e la loro morte, benché ingiusta, valga veramente come sacrificio per permettere la vita ai loro simili.

DOLCHI - La parola al Consigliere Ilio Viberti.

VIBERTI - Credo che, di fronte a fatti come quello accaduto a Bologna, le parole abbiano ben poca importanza, quello che importa è, secondo me, come ha detto anche Martin, che mi ha appena preceduto, è che tutti noi... insieme... tutti quanti insieme, pur nelle differenze che ci sono a livello ideologico tra di noi, abbiamo il coraggio di rispondere a quello che credo sia il più grave fatto di sangue avvenuto nel nostro Paese da che una Costituzione che garantisce la libertà ai cittadini è stata approvata.

Anche la nuova sinistra ha cercato per quelle che sono le sue modeste forze di dare un contributo fin dal primo momento rispetto a questo gravissimo fatto, ma quello che ci interessa soprattutto è di riuscire ad elaborare un documento unitario, e penso che il documento preparato dal Presidente del Consiglio possa essere un primo atto che questo Consiglio regionale può fare per dichiarare la sua volontà di respingere la volontà assassina che si nasconde dietro ciò che è avvenuto a Bologna; che la matrice sia nera o rossa, credo abbia poca importanza; lo so che forse sentire da una persona come me dire una cosa del genere può stupire, ma credo che di fronte a gesti come questo non ci debbano più essere delle differenze, dobbiamo essere tutti quanti pronti a rispondere, proprio perché ci troviamo in un momento di difficoltà estrema.

Non so che cosa provate voi, io veramente da sabato ho paura, ma nello stesso tempo non voglio che questa paura mi impedisca di continuare a dire quello che penso, non voglio che questa paura mi impedisca di difendere libertà che migliaia di persone hanno conquistato pagando con la propria vita, con la vita di loro familiari, perdendo tutto in quella che è stata una rivincita del popolo italiano rispetto a quella che era stata la sconfitta del '21.

Rischiamo di trovarci in una situazione simile a quella del '21: infatti, mentre nel '69 c'era un significato ben preciso nella strage della banca dell'agricoltura, che era quello, a fronte di un forte movimento di lotta della classe operaia, di dare la colpa di quel grave avvenimento alla sinistra, la storia ha poi dimostrato di chi fossero le responsabilità e come fossero anche molto in alto.

In questo momento è difficile capire invece che cosa si nasconde dietro a una strage di questo genere.

Di conseguenza credo che la coesione fra tutti i movimenti politici debba aumentare, soprattutto rispetto a questi avvenimenti, non possiamo permettere che dei pazzi ci tolgano parte della nostra libertà, o inducano coloro che governano la nostra nazione a fare dei passi, come si è potuto sentire, o leggere sui giornali, tipo quello della pena di morte.

Noi abbiamo delle libertà, le dobbiamo difendere ed è soltanto con la civiltà, con la crescita della cultura che noi possiamo impedire che cose di questo genere avvengano ancora.

Che si faccia luce al più presto possibile su quello che è accaduto! Non permettiamo che ci tolgano neppure una virgola di quella che è stata la conquista della Resistenza: la nostra Costituzione!

Purtroppo in questi due giorni non ho potuto partecipare a nessuna delle riunioni, né del Comitato Antifascista, né dei Capi Gruppo, di conseguenza sono poco informato su quelli che sono gli eventuali intendimenti del Consiglio regionale per fare una sua azione nei confronti della popolazione.

Il documento, ripeto, mi va benissimo, e se fosse possibile dopo la manifestazione avere una riunione dei Capi Gruppo faccio immediatamente una proposta: questo documento, secondo me, integrato da una relazione discussa dai Capi Gruppo, dovrebbe essere presentato da tutti i Consiglieri regionali in vari ambiti sociali che loro stessi metteranno, diciamo così, a disposizione; per esempio chi ha dei contatti con il sindacato, andrà a parlare in fabbrica, a presentare questo documento; chi ha dei contatti con la realtà artigiana, lo farà con gli artigiani, e così via; credo che sia importante dimostrare in questo momento che noi non siamo seduti qui soltanto perché ci hanno eletti, noi siamo seduti qui, anche perché in certi momenti dobbiamo avere la forza di difendere la libertà della collettività.

Di conseguenza aspetto che il Presidente rispetto a queste cose mi chiarisca i tempi ed i modi di eventuali iniziative: ribadisco il mio parere favorevole rispetto al documento presentato dal Presidente del Consiglio.

DOLCHI - Ha la parola il Consigliere Alder Tonino.

TONINO - Credo sia difficile, colleghi Consiglieri, trovare le parole giuste di fronte ad una strage così spaventosa, ad un attacco di marca fascista che supera per proporzione e per ferocia ogni altro crimine del terrorismo nel nostro Paese.

Al di là di quello che sta diventando purtroppo un rituale in queste occasioni, noi crediamo sia necessario lavorare per dare alla gente e all'opinione pubblica risposte concrete e segni precisi e tangibili di voler cambiare la situazione del nostro Paese, attraverso quella unità delle componenti sane del nostro Paese, che rappresentano la stragrande maggioranza dei cittadini che rappresentano coloro che lavorando quotidianamente sostengono in sostanza la Repubblica.

Il momento non è certamente facile. Al momento della tremenda esplosione di Bologna, molti hanno sperato in un tragico incidente, oppure in una fatalità.

Questo sperare fino all'ultimo nel caso accidentale nasconde una insicurezza che è reale nel Paese, un malessere che da tempo investe la nostra società.

Così come spaventoso è anche il dubbio che investe molti cittadini dopo la strage. Si tratta di un atto isolato di un gruppo fascista invasato d'odio che ammazza alla cieca per fanatismo o si tratta invece dell'inizio calcolato di un piano politico che mira a sovvertire in breve tempo le nostre istituzioni anche a colpi di decine di morti? Questo è l'interrogativo che molti si pongono in questo momento, e credo non è possibile dare subito per certa l'una o l'altra delle ipotesi. Però non possiamo non ricordare come, dietro agli attentati di Piazza Fontana a Milano, di Piazza della Loggia a Brescia e per il treno "Italicus" sei anni fa sempre a Bologna, c'era chi copriva, chi cercava di deviare le indagini, c'era una colpevole complicità anche di apparati dello Stato.

Accanto ai bombaroli, accanto ai fanatici, c'era chi aveva un calcolo ben preciso, chi contava di servirsi della strategia della tensione per un disegno politico di destra.

Anche oggi ci vuole una grande vigilanza, il rischio di arretramento delle conquiste democratiche è reale. Io condivido quella che Viberti ha chiamato una vera e propria paura di tornare indietro.

Per questo noi sollecitiamo e siamo parte attiva di una forte mobilitazione popolare. Per questo siamo preoccupati anche e soprattutto di dare al Paese a tutti i livelli un governo che sia credibile; ci preoccupa un vuoto di governo che esiste nel Paese, ci preoccupa la mancanza di una guida politica che sia capace di prendere delle iniziative innovatrici adeguate alla gravità dei problemi che incalzano.

Sono significativi gli episodi di questi ultimi tempi. Di fronte ad una grande e difficile crisi economica, crisi sociale, crisi di valori, è quanto mai pericolosa una guida nazionale così insicura, così inadeguata come quella attuale.

Noi ci opponiamo a questo vuoto di governo, ma ci opponiamo non per delle chiusure settarie, né per rompere l'unità che esiste fra le masse popolari, ma per chiamare a raccolta invece le grosse componenti popolari del nostro Paese, superare le difficoltà del nostro Paese e dare scacco ai calcoli di componenti precise che tentano di portare a destra il Paese.

È stato già detto che questa è una strage di marca fascista, è un attacco eversivo ai valori fondamentali della nostra democrazia; non a caso si è voluto colpire Bologna come nodo politico esemplare, quale esempio di amministrazione democratica, di buon governo, di saldezza democratica.

Dopo Bologna, gli italiani chiedono con più forza un'azione chiara e decisa; le indagini sono oggi ai primi passi. Noi chiediamo che non si ripetano le sconcezze dei primi mesi di Piazza Fontana, le compiacenze che sono seguite alle indagini sulla strage dell'Italicus, e alle compiacenze che hanno permesso per troppo tempo di non far luce sul terrorismo nero.

Noi comunisti parteciperemo ai funerali delle vittime con questo spirito di cordoglio per le vittime, di solidarietà con le famiglie e con il comune di Bologna così duramente colpito, ma anche con uno spirito di lotta unitaria per far funzionare meglio lo Stato, per superare le ingiustizie che sono ancora troppe, per la piena occupazione, per sensibilizzare di più l'opinione pubblica sui valori della democrazia. Per questo siamo d'accordo sull'ordine del giorno unitario, sulla necessità di azioni nella nostra Regione, che sappiano valorizzare meglio i valori della libertà, i valori del nostro Statuto Speciale e lavoreremo qui, come nelle altre parti del Paese, per l'unità e la vigilanza di tutte le forze politiche e popolari.

DOLCHI - Ha la parola il Consigliere Franco De Grandis.

DE GRANDIS - Io credo che in questa occasione sia stato possibile rilevare un fatto di notevole importanza. Il Consigliere Viberti ha fatto un'affermazione che ritengo esemplare per togliere ogni possibile giustificazione di carattere politico o ideologico ai criminali che continuano a terrorizzare il nostro Paese, mascherandosi in modi diversi a seconda delle occasioni o degli obiettivi che vogliono raggiungere.

Noi come classe politica, evidentemente, siamo i primi a dovere dimostrare l'impegno in occasioni come queste, per superare reazioni che possono essere drammatiche e addirittura travalicare i limiti della libertà e della democrazia proprio perché drammatico è il motivo che le alimenta e che entro certi limiti le può addirittura giustificare.

Dietro l'attentato di Bologna oltretutto, non riusciamo, almeno io non sono riuscito, a capire quale finalità ci sia, quali possono essere i mandanti, gli scopi che vogliono raggiungere, e questo mi spaventa ancora di più, perché credo ci tolga di mano le poche armi che abbiamo per difenderci. Un'altra cosa che mi sembra di avere colto negli interventi sia di Martin, di Viberti, come di Tonino, è quel senso di disagio profondo che ci coglie ogni volta che si verificano attentati criminali di questo genere nel nostro Paese; disagio che io credo derivi, soprattutto, da una sensazione di impotenza da parte nostra di poter reagire in maniera adeguata di fronte ad un attentato di questo genere.

Non basta, io penso, dichiarare in questo consesso o sulle piazze il nostro impegno e la volontà di sconfiggere il terrorismo: occorre, credo, uno sforzo maggiore, e questo sforzo maggiore deve partire proprio da noi, amministratori, per individuare i modi concreti di reagire alla violenza e le azioni che quotidianamente ognuno di noi deve compiere, come amministratore e come cittadino, per bandire il terrorismo dal nostro Paese, per ridare vigore, fiducia, credibilità alle nostre istituzioni.

Le manifestazioni di popolo, di cittadini che si sono riuniti sulle piazze nelle molte occasioni di attentati terroristici, sono sì, una dimostrazione di volontà, però, mi domando, con un certo sgomento, che cosa è seguito concretamente a queste manifestazioni.

Quando è stato assassinato il sindacalista Guido Rossa a Genova, credo si sia verificata la manifestazione di popolo più sincera, più sentita, più spontanea; purtuttavia, non è servito a fermare il terrorismo, né a farlo diminuire. Quindi, credo, noi dobbiamo quotidianamente fare uno sforzo per trovare il modo ed escogitare le azioni, per combattere il terrorismo. Credo che come Consiglieri regionali e, quindi, come pubblici amministratori il nostro impegno immediato quotidiano deve essere quello di amministrare meglio, di fare l'esame di coscienza ogni volta che dobbiamo prendere una decisione, di qualunque natura sia, dalla più modesta alla più importante, proprio perché amministrando in maniera veramente democratica e rispettosa della libertà dei cittadini che rappresentiamo, compiamo il primo atto che ridà credibilità alle istituzioni e toglie spazio a chi contesta la democrazia e a chi si aggrappa in maniera del tutto ingiustificata, se volete, ma comunque lo fa, a quelle che sono le manchevolezze, le debolezze, le pochezze, gli scandali anche della nostra democrazia, per giustificare poi azioni che vanno contro le istituzioni e non contro chi questi reati commette.

Quindi, questo è veramente lo sforzo che dobbiamo fare al di là di quella che è la manifestazione pubblica, che pure ci vuole per dimostrare la volontà che c'è da parte di tutti noi, di tutti i cittadini di reagire in maniera democratica sempre nel rispetto massimo della libertà, come giustamente ha ricordato Viberti.

La volontà di reagire c'è, ma non basta: occorre che noi traduciamo questa volontà in atti concreti. I primi atti concreti che noi dobbiamo fare, credo, sono quelli che quotidianamente compiamo come amministratori e devono collocarsi in un ambito di correttezza tale da indicare nel pubblico amministratore una persona veramente democratica per come si comporta, giorno per giorno, perché solo così si ridà credibilità alle istituzioni.

Sono d'accordo con l'ordine del giorno che ci ha proposto il Presidente e quindi sono disponibile a sottoscrivere.

DOLCHI - Ha la parola il Consigliere Giuseppe Nebbia.

NEBBIA - Credo che oltre le espressioni di cordoglio e di solidarietà che ciascuno di noi personalmente deve esprimere nei confronti delle vittime di coloro che hanno patito per questi tragici eventi, dobbiamo fare come rappresentanti di forze politiche una valutazione del perché queste cose succedono, e perché succedono proprio in Italia più che altrove.

E queste considerazioni penso siano necessarie per poter dare una risposta e trovare una soluzione a questa matassa inestricabile del terrorismo.

Credo che forse causa fondamentale di questi fatti sia proprio la debolezza intrinseca del nostro Paese, sulla quale fanno evidentemente leva coloro che ordiscono queste azioni, in quanto ritengono che dall'emozione e dalle reazioni, che a queste azioni conseguono da parte della popolazione, ne possa derivare quel cambiamento, non si sa bene in quale senso, che i promotori si aspettano.

Perciò bisogna domandarsi perché c'è questa debolezza intrinseca nel nostro Paese, perché alle ultime elezioni il partito dell'astensione è stato il terzo partito in Italia, perché ai funerali di domani saranno presenti solamente 20 vittime, mentre i parenti delle altre 50 e più hanno preferito, almeno se le notizie sono giuste, e vere, i funerali privati, e quindi hanno rifiutato la partecipazione pubblica al loro dolore.

Bisogna chiedersi perché anche due anni fa c'è stata, a parer mio, una lugubre manifestazione in occasione dei funerali di Moro, avendo la famiglia preferito svolgere privatamente le esequie.

Bisogna chiedersi perché c'è questa sfiducia nei confronti delle istituzioni e proprio su questa sfiducia puntano i promotori del terrorismo, sfiducia che evidentemente tende ad aumentare nella misura in cui è sempre più insicuro muoversi, è sempre più insicuro vivere in questa nazione.

Una risposta, ritengo, o meglio un'indicazione, è proprio dovuta alle carenze delle forze politiche, alla struttura attuale, di rigidità del nostro sistema, ai contrasti politici che sembrano a volte dei balletti, nel senso deteriore del termine, che fanno sembrare sempre tutti in movimento, in realtà, per non cambiare nulla.

E ricordo la famosa frase del Gattopardo: "cambiare tutto per non cambiare niente".

La gente forse in Italia si aspetta dalle forze politiche tante risposte e le forze politiche non l'hanno saputa dare almeno nella misura in cui la gente si aspettava. E in questo senso ritengo che l'invito di De Grandis a operare meglio debba essere accolto da tutti e così pure 1'invito anche di Viberti ad una maggiore unità delle forze politiche, unità che deve essere completa, definitiva, sulle cose fondamentali, cioè sulla libertà, sul rispetto della civiltà, sui valori morali.

Possono esserci delle differenze, evidentemente, su fatti che sono marginali di fronte a queste cose. Ma sulle cose fondamentali credo che, come rappresentanti delle forze politiche in questo Consiglio, dobbiamo affermare con l'ordine del giorno, e dovremo farlo non soltanto in questa occasione, una coesione che deve essere la risposta nostra a questi tentativi di intimidazione, e una risposta anche nei confronti della popolazione, che deve vedere i suoi rappresentanti effettivamente operare per un certo significato e per una certa azione.

In questo senso ho trovato, mi scusi Tonino, un po' fuori luogo, una certa strumentalizzazione che è stata fatta di governi attuali. Ricordiamoci che la situazione italiana è oggi come è perché non c'è solo una storia di 30 anni di Costituzione alle spalle, ma c'è una storia se non altro secolare, con i fatti che sono avvenuti, con il fascismo, con la guerra, con i risultati delle azioni successive.

Quindi credo che tutti dobbiamo dichiararci responsabili della situazione come è, e tutti dobbiamo operare perché questa situazione cambi. Ma cambi per una ricostruzione che, se è avvenuta dopo la guerra in termini economici, non è avvenuta in termini morali, in termini sociali, né civili. Vorrei parafrasare in un certo senso il famoso detto "l'Italia è fatta ma non sono stati fatti gli italiani": la Repubblica è stata fatta ma i cittadini in un certo senso non hanno avuto fiducia e non hanno fiducia in questa Repubblica e non vorrei che fossero disponibili ad avventure che se avverranno saranno colpa, secondo me, delle forze repubblicane.

In questo senso rivolgo l'invito a tutti di collaborare nelle cose fondamentali per salvaguardare gli ideali repubblicani, limitando i contrasti alle cose serie e pratiche e ad operare in senso effettivo.

DOLCHI - Ha la parola il Consigliere Augusto Fosson.

FOSSON - Noi riteniamo che avvenimenti come quello di Bologna non abbiano parole per essere commentati: anzi, direi, forse l'abusare delle parole in questi casi può essere eccessivo, può essere dire troppo, può significare togliere spazio alla riflessione e alla ricerca di un miglioramento.

Noi, oltre allo sdegno, al nostro turbamento, esprimiamo e chiediamo rigore e sollecitudine alle forze dell'ordine, alla magistratura: chiediamo la collaborazione di tutti i cittadini per cercare la verità e le responsabilità reali, in difesa delle istituzioni libere e della civica convivenza.

È un attentato, si diceva, anche per le rivendicazioni che ne sono state fatte, è un attentato di tipica marca fascista, un attentato nero che ci ricorda l'Italicus, Piazza Fontana, che ci ricorda altri attentati, ma non può essere scisso dal terrorismo rosso e in questo noi siamo perfettamente d'accordo, come diceva Viberti, che il terrorismo non ha colore, perché non merita colore: è criminalità, è al di fuori della nostra società civile e deve rimanerci fuori, non deve avere il marchio di nessuna ideologia.

A noi non interessa tanto sapere cosa c'è dietro questo disegno criminale; non siamo specializzati in quella scienza che sta nascendo e che si chiama "dietrologia"; sono elucubrazioni intellettuali forse troppo arzigogolate che rischiano poi di sfociare nella polemica politica e noi riteniamo che in questo momento non debba esserci polemica politica.

Riteniamo che debba esserci l'unità di tutte le forze sane della Nazione, al di là del loro colore, al di là del loro modo di vedere la vita.

C'è indubbiamente una carenza di strutture politiche, ma noi riteniamo che la carenza delle strutture politiche, così come la carenza dei partiti, degli amministratori a cui faceva cenno De Grandis non sia soltanto una causa, ma sia l'effetto di una crisi più profonda. In fondo noi siamo uomini e viviamo in mezzo agli uomini, la classe politica è sì, per certi versi, quella che tira la società, ma è anche quella che è frutto della società, espressa da una certa società e se questa nostra società non ha una concezione di vita che la sappia far guardare oltre a quei valori morali che sono gli unici che ci permettono di convivere democraticamente è una società che perde il suo indirizzo, perde la sua bussola e non può che purtroppo avere degli episodi come questo di Bologna.

Noi riteniamo che si debba cambiare la concezione di vita. È uno sforzo questo, che va al di là del nostro potere di classe politica, è uno sforzo morale di tutti gli uomini. Dobbiamo modificare la concezione di vita che vede l'uomo come un mezzo per arrivare al potere, per imporre certe dittature, per imporre certi interessi, e vedere l'uomo come un fine.

Allora ogni discussione, ogni tipo di discussione potrà essere violenta, potrà comportare lo scontro di interessi, ma sarà sempre eseguita su un certo piano, sarà sempre inserita in un certo quadro di libera convivenza.

È questo quello che noi riteniamo.

Noi speriamo, noi vogliamo che i morti di Bologna siano gli ultimi e che il loro sangue, il loro sacrificio non sia stato versato invano. Noi speriamo che possa far riflettere tutti e possa far sì che ognuno di noi possa essere migliore.

Per quanto riguarda l'ordine del giorno presentato dalla Presidenza del Consiglio noi lo sottoscriviamo e siamo disposti ad approvarlo con il voto.

DOLCHI - Ha la parola il Consigliere Ugo Voyat.

VOYAT - Noi dell'Union Valdôtaine ci associamo a quanto già espresso da chi ci ha preceduti e particolarmente ci associamo nell'esprimere il nostro cordoglio e la nostra solidarietà alle famiglie delle vittime.

Di fronte a fatti così scioccanti, come disse il Presidente Pertini, alcuni giorni or sono, non si hanno parole.

Dilungandoci, non faremmo che ripetere quanto già detto da altri in questa occasione, oppure quanto da noi espresso purtroppo in altre innumerevoli occasioni di violenza.

Ci teniamo, però, a sottolineare alcune cose. Innanzitutto il popolo valdostano e l'Union Valdôtaine non capiscono e certamente non condividono la violenza come forma di qualunque tipo di rivendicazione, tant'è vero che il popolo valdostano, pur avendo delle rivendicazioni da fare nei confronti dello Stato italiano, rivendicazioni di diritto fondamentale, non si sognerà mai di farlo se non con forme civili e democratiche e nel rispetto della vita umana.

Secondariamente c'è da sottolineare che una così vile e crudele violenza, compiuta in uno stato libero e democratico, sarebbe, in questo caso, addirittura incomprensibile anche nella più cruenta delle guerre aperta e dichiarata.

Ancora una volta esprimiamo, come già in passato, ferma e giusta reazione delle istituzioni, delle forze sociali e soprattutto di tutti i cittadini.

Vorremmo ancora chiedere che non si facciano scioperi in queste occasioni, ma si prendano impegni più fermi sul posto di lavoro effettuando anche, se necessario, ore di lavoro di straordinario e si raccolgano fondi di solidarietà per le famiglie così duramente e incomprensibilmente toccate quel 2 agosto 1980.

Anche noi diamo l'adesione sul documento propostoci dal Presidente del Consiglio.

DOLCHI - Ha la parola il Consigliere Roberto Clusaz.

CLUSAZ - Ho ascoltato con attenzione gli interventi sia del Presidente del Consiglio che dei colleghi che mi hanno preceduto e dico che se sul piano teorico tutti questi interventi sono validi, sul piano pratico e concreto purtroppo lasciano le cose come sono o quasi.

Premetto che questo mio breve intervento è esclusivamente a titolo personale, e, quindi, il mio movimento non è responsabile di quello che dirò, e, anche se ritengo che molti la pensino come me, deve essere inteso come una ferma convinzione di uno dei trentacinque componenti di questo Consiglio regionale.

Le prime doverose parole, quindi, non possono che andare alle famiglie, ai parenti, agli amici di questi poveri innocenti, ai feriti ai quali auguriamo una pronta e perfetta guarigione e a tutti coloro insomma che dovranno sopportare il peso di questa tremenda strage e ingiustizia. Ma ciò che più addolora è che lo dovranno sopportare con impotenza, con rabbia, con rassegnazione, senza avere, per contro, la benché minima garanzia che i responsabili di tali crimini possano un giorno pagare per quanto hanno fatto.

Anche se avessero la garanzia che un giorno i responsabili fossero assicurati alla nostra giustizia, quale spettacolo si offrirebbe ai loro occhi? Li vedrebbero sì momentaneamente in una gabbia, ma pronti, con un cinismo sulle labbra, ad insultare e minacciare magistrati, forze dell'ordine e gli stessi parenti delle vittime, come se i martiri fossero loro. E così al danno si aggiungono le beffe, proprio perché più sono i crimini loro addebitati e più hanno la possibilità di mettersi in mostra: negli interminabili processi, tra cavilli procedurali, accuse, accusazioni, ricusazioni e così via, la stampa, la radio e la televisione sono solo per loro.

Un processo dopo l'altro, un ergastolo dopo l'altro e poi, al momento che più ritengono opportuno, dalle cosiddette prigioni, che sarebbe più onesto chiamare case per ferie, partono gli ordini per assassinare vittime inermi che di volta in volta vengono scelte a loro gusto, fin quando, stanchi di rimanere nelle cosiddette carceri speciali, se ne vanno indisturbati mietendo nuovamente altre vittime innocenti e perpetrando altre stragi.

Questa purtroppo è la realtà. Allora è quasi naturale domandarsi: fin dove arrivano l'onestà e la sincerità di coloro che dell'abolizione dell'ergastolo fanno il loro cavallo di battaglia. È mai possibile che Komehini, e sono ben lungi dall'essere un "komehinista" faccia fucilare persone il cui unico torto è quello di essere drogati, o di aver passato una notte in compagnia di una bella figliola, mentre noi diamo la possibilità reale a criminali esecutori e mandanti di stragi, non solo di mettere in ridicolo le istituzioni, ma di mietere altre vittime innocenti quando dove e come vogliono?

Si può benissimo, a mio avviso, abolire l'ergastolo, ma solo se al suo posto si istituisce la pena di morte. Si dice che questo è impossibile, perché sarebbe come riconoscere di essere uno stato debole, ma, che lo si voglia o no, siamo uno stato debole e, quindi, tanto vale prenderne atto e regolarsi di conseguenza.

Un altro interrogativo si pone: l'obiettivo principale che il terrorismo, senza distinzione di sigle, persegue, a mio avviso è colpire le istituzioni creando paura, rabbia, impotenza, confusione che tolgono credibilità allo Stato e lo indeboliscono anche economicamente. Ora sappiamo benissimo che una sola ora di sciopero generale comporta danni a tutti e perdita di miliardi allo Stato, favorendo, quindi, un sempre maggiore impoverimento di questo Stato e di questa società.

Anche se sono il primo ad ammettere che i sindacati hanno pagato in prima persona le follie del terrorismo, spetta a loro rispondere, dunque, a questa domanda: con la proclamazione di questi scioperi non stiamo forse facendo il gioco dei terroristi? E qui rubo alcune parole di Voyat e ripeto che sarebbe forse meglio lavorare un'ora in più e mettere il ricavato a disposizione dei familiari delle vittime e a totale o parziale contributo a chi ha subito danni anche materiali. Solo tenendo presenti questi due interrogativi, si potrà a mio avviso rimontare la china e salvarsi dal baratro che, in fondo alla discesa, ci aspetta inesorabilmente.

DOLCHI - Ha la parola il Consigliere Renato Faval.

FAVAL - Colleghi Consiglieri, io non appartengo al numero di coloro che hanno firmato la richiesta di convocazione straordinaria di questo Consiglio; non l'ho fatto perché non credo a manifestazioni di questo genere.

Credetemi, sono molto sincero e non ho nessuna intenzione di essere considerato il primo della classe.

Parlo a nome mio personale: è lo sfogo di un cittadino di fronte all'efferatezza e alla gravità delle cose che succedono in questo Paese.

Non credo a manifestazioni di questo genere e l'aspetto squallido di questa sala mi dà ragione: guardiamoci alle spalle, non c'è nessuno che ci ascolta; il fatto che stiamo discutendo fra di noi, mi pare, è una riflessione che oggi questa circostanza ci deve invitare a fare.

Perché non c'è gente? Eppure tutti noi sappiamo perfettamente come la città di Aosta e la Valle d'Aosta, sia un Paese estremamente civile, che ha dato dimostrazioni ampie e numerose di civiltà, di sollecitudine di fronte a fatti gravi.

Oggi qui non c'è nessuno; ma credo, e vi chiedo scusa, perché, anche noi siamo ritenuti, e in parte certamente siamo, corresponsabili di quello che succede.

Qualcuno ha accennato alla responsabilità o meglio al senso di responsabilità che con più frequenza dovremmo avere quando affrontiamo i vari problemi, siano politici o amministrativi, dal momento che non c'è grossa differenza tra gli uni e gli altri.

E credo che questo sia forse l'unico punto il più serio, il più concreto che oggi sia stato discusso qui. Ho tutto il rispetto per le cose che sono state dette in quest'aula, oggi pomeriggio, e ho rispetto dei Consiglieri che le hanno pronunciate; tuttavia credo che ciascuno di noi debba rendersi conto che, nonostante la sincerità e la correttezza con la quale queste parole sono state pronunciate, noi qui oggi abbiamo fatto esercizi di eloquenza inopportuni di fronte alle cose che sono successe e alle cose che forse, malauguratamente, in questa situazione ancora succederanno.

Questo perché? Perché al di là di quell'atteggiamento di maggiore responsabilità richiesto e che io stesso invoco, e invoco soprattutto anche per me stesso, non mi rivolgo a voi, è una riflessione che se mi consentite faccio a voce alta soprattutto per me stesso, ma noi abbiamo anche la responsabilità di non dire o di non avere il coraggio di dire tante cose.

Undici anni fa di fronte ai fatti di Piazza Fontana, la popolazione sia della Valle d'Aosta che di tutto il resto del Paese ha reagito in modo molto diverso. Io ricordo che undici anni fa c'erano gruppi di persone che il giorno dopo ne discutevano, che si chiedevano come mai in un Paese come l'Italia potessero succedere cose di questo genere. Oggi c'è l'assuefazione, tanto più tragica quando constatiamo che neanche di fronte a 76 morti o 78, secondo le ultime notizie, più i feriti e poi all'atto, alla viltà di come è stata perpetrata la cosa, di fronte a queste cose, non c'è reazione e la gente è in vacanza tranquilla. Il Consiglio regionale ha raggiunto a mala pena il quorum per far sì che questa riunione sia valida, e qui in quest'aula non c'è nessuno.

E forse ciò dipende anche dal fatto che non abbiamo il coraggio di denunciare personaggi famosi, e lo sappiamo tutti, implicati nei fatti di Piazza Fontana e in altri successivi che circolano liberamente nel nostro Paese, ma queste cose non le diciamo.

Anch'io ho paura, perché mi sono convinto che in questo Paese le persone oneste non hanno molto diritto di cittadinanza: fare dei nomi è pericoloso; in questa sede fare certe dichiarazioni è pericoloso perché potremmo essere perseguiti per diffamazione o ancora peggio.

A questo punto la gente chiaramente si chiede a cosa servono le riunioni del Consiglio regionale. Se servono a commemorare le vittime di Piazza Fontana, dell'Italicus, è stato fatto tutto il lungo elenco e non intendo assolutamente rifarlo. Credo veramente che tutti, e io per primo, mi rivolgo soprattutto a me stesso, dobbiamo essere molto più responsabili ogniqualvolta assumiamo le decisioni, esaminiamo i problemi, e non solo a livello ufficiale in Consiglio regionale, ma nell'azione quotidiana che portiamo avanti.

Il Consiglio ha proceduto quindi all'approvazione, all'unanimità, del seguente ordine del giorno:

LE CONSEIL REGIONAL DE LA VALLEE D'AOSTE

douloureusement éprouvé par l'attentat criminel qui a frappé à mort et gravement blessé des centaines de citoyens le 2 août dernier en gare de Bologne;

fortement inquiet face à la continuelle tentative des bandes destructrices de frapper, par la violence et le terrorisme, les institutions de la République;

conscient de la nécessité de défendre la démocratie conquise au prix de lourds sacrifices dans la démocratie et la liberté par l'application intégrale des lois;

décidé à agir pour assurer dans les moments de tension l'unité du peuple par la surveillance et la défense des institutions démocratiques;

conscient de la nécessité de ne pas céder aux provocations voulues par les assassins et en même temps de ne pas rester étranger à cette lutte pour la démocratie

INVITE

la population valdôtaine à une action ferme et réfléchie semblable à celle qui a toujours été menée pour le maintien et la valorisation des concepts fondamentaux de démocratie et liberté qui sont les seuls à pouvoir garantir le progrès civil;

CONDAMNE

énergiquement cet ultérieur acte criminel du terrorisme et demande aux organes compétents de l'Etat de prendre de fermes décisions afin de redonner confiance aux travailleurs et au peuple entier;

REAFFIRME

avec tout le peuple valdôtain la ferme volonté de ne pas céder à ceux qui, par d'infâmes délits et provocations, tentent de renverser l'organisation démocratique de notre Pays sans laquelle l'autonomie de la Vallée d'Aoste et son particularisme auraient cessé d'exister;

DEMANDE

que la République emploie d'une façon énergique les armes de la justice et de la démocratie, donnant ainsi la preuve que la violence, qui entend provoquer le désordre et la terreur, n'est plus à même, en 1980 (comme il arriva au contraire en 1921) d'ouvrir la voie à quelque forme de totalitarisme que ce soit.

Aoste le 5 août 1980.

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DOCUMENTO

IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA VALLE D'AOSTA

dolorosamente colpito per il criminale attentato che ha colpito mortalmente e gravemente ferito centinaia di cittadini alla Stazione di Bologna il 2 agosto 1980;

preoccupato per il continuo tentativo di gruppi eversivi di colpire, con il terrorismo e la violenza, le strutture portanti dello Stato repubblicano;

consapevole della necessità di difendere la democrazia conquistata con gravi sacrifici nella democrazia e nella libertà con la ferma e integrale applicazione delle leggi;

deciso ad operare per garantire in questi momenti di tensione l'unità popolare nella vigilanza e nella azione della difesa delle istituzioni democratiche;

conscio della necessità di non cedere alle provocazioni volute e cercate da criminali assassini, nello stesso tempo di non restare latitante da questa lotta per la democrazia

INVITA

il popolo valdostano ad una azione ferma e consapevole, così come è sempre stato fatto per il mantenimento e il potenziamento delle idee fondamentali di democrazia e libertà che sole possono garantire il progresso civile;

CONDANNA

con la massima energia quest'ultimo atto di criminale sanguinoso terrorismo e chiede ai competenti organi statali decisioni chiare e che ridiano fiducia ai lavoratori e al popolo tutto;

RIAFFERMA

con tutto il popolo valdostano, la decisa volontà di non cedere di fronte a quanti, con infami delitti e provocazioni, tentano di sovvertire l'ordinamento democratico del nostro Paese senza il quale l'autonomia della Valle d'Aosta e il suo particolarismo verrebbero soffocati ed eliminati;

CHIEDE

che la Repubblica usi le armi della giustizia e della democrazia in modo fermo, dando così la prova che la violenza - che vuole provocare confusione e terrore - non è in grado nel 1980 (come accadde invece nel 1921) di aprire la via a qualsiasi forma di totalitarismo.

Aosta, 5 agosto 1980.

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Si dà atto che l'adunanza ha termine alle ore diciotto e minuti ventisei.

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Letto, approvato e sottoscritto.

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

(Giulio Dolchi)

IL CONSIGLIERE SEGRETARIO IL SEGRETARIO ROGANTE

DEL CONSIGLIO

(Sergio Péaquin) (Luigi Pasquino)