Oggetto del Consiglio n. 945 del 17 dicembre 2009 - Resoconto
OGGETTO N. 945/XIII - Discussione generale del disegno di legge: "Abrogazione della legge regionale 27 febbraio 1998, n. 7 (Ripartizione e distribuzione dei contingenti di carburanti e lubrificanti in esenzione fiscale), e di altre disposizioni concernenti contingenti annui di prodotti energetici".
Président - La parole au rapporteur, le Conseiller La Torre.
La Torre (FA) - Grazie, Presidente e colleghi consiglieri.
L'Europa ed il suo Parlamento impongono allo Stato italiano ed alla Valle d'Aosta nuove regole e nuove prospettive, ma esiste un'identità, una cultura, una storia di autonomia, una dignità nell'essere valdostani che vanno ben oltre l'applicazione del vigente diritto comunitario per le accise di carburanti e lubrificanti. Partire da quest'affermazione vuol dire avere ben chiaro nella mente e nel cuore che la nostra autonomia non sarà mai merce di scambio, ne potrà mai essere messa in discussione, né dallo Stato italiano, né dalla Comunità europea. L'articolo 14 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale), al primo comma, sancisce per la Valle d'Aosta la costituzione di una zona franca; il secondo comma prevede tuttavia che le modalità di attuazione siano stabilite da apposita legge dello Stato, ad oggi non ancora emanata.
L'articolo 1 della legge 3 agosto del 1949, n. 623 stabilisce che nelle more dell'attuazione della zona franca viene consentita l'immissione in consumo in Valle d'Aosta di contingenti di prodotti in esenzione fiscale. È subentrata poi la direttiva 92/81/CEE che ha introdotto un'armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali a livello comunitario e, nello stesso tempo, ha autorizzato gli Stati membri ad applicare delle esenzioni fiscali. Le autorizzazioni sono state rinnovate nel corso degli anni ed integrate nella direttiva 2003/96/CE, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici, per scadere il 31 dicembre 2006.
Nel 2006 i valdostani predisponevano una petizione da presentare al Parlamento europeo per il mantenimento della deroga. Nel giugno 2006 la Commissione europea approvava una comunicazione contenente una valutazione sulle 111 deroghe esistenti, la commissione concludeva che tali deroghe non dovevano essere rinnovate. La Valle d'Aosta, tramite il Governo italiano, presentava alla Comunità europea, nell'ottobre 2006, ulteriore richiesta di deroga per il mantenimento delle situazioni in essere; la Comunità europea esprimeva parere negativo. Nel dicembre 2006 la Valle d'Aosta chiedeva di aprire un tavolo negoziale all'Onorevole Frattini, al Presidente della Commissione europea e al Ministro Padoa Schioppa, che prendesse in esame la fattibilità di un phasing out. A tale richiesta non è seguito nulla di ufficiale. Nel gennaio 2007 la Giunta regionale costituiva un gruppo di lavoro incaricato di monitorare costantemente l'evoluzione della situazione in atto. Il 19 dicembre 2007 la Commissione europea rispondeva al Consiglio in modo non positivo, ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 1, direttiva 2003/96 (deroghe regionali), alla petizione popolare. Sempre nel dicembre 2007 e gennaio 2008 la Valle d'Aosta presentava alla Commissione paritetica una norma d'attuazione dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta concernente modalità di attuazione dell'articolo 14 dello Statuto, zona franca. II Ministero dell'economia e delle finanze esprimeva contrarietà..
In data 4 marzo veniva richiesto in via ufficiale al Presidente del Consiglio Prodi, al Ministro Bonino e al Presidente della Conferenza delle Regioni Errani di poter partecipare alle negoziazioni presso il tavolo nazionale di coordinamento competente in materia della proposta di direttiva al Consiglio relativa al regime generale delle accise. Il Governo regionale, con una forte assunzione di responsabilità nell'interesse del popolo valdostano, nell'attesa della definizione della questione, erogava per gli anni 2007-2008-2009 i buoni benzina. Con lettera del marzo 2009 la Commissione europea ha chiesto allo Stato italiano di fornire nuove informazioni in ordine al regime di esenzione dalle accise per autotrazione vigente in Valle d'Aosta. II 27 aprile 2009 si teneva a Roma, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, una riunione cui partecipavano i rappresentanti della Regione; il Ministero delle finanze, successivamente, comunicava alla Commissione europea di aver predisposto uno schema di adeguamento della normativa nazionale all'intervenuta scadenza della deroga comunitaria al regime valdostano di esenzione dalle accise, evidenziando che la norma di adeguamento entrerà in vigore il 1° gennaio 2010.
Nel rispetto perciò delle norme e dei principi di politica comunitaria e delle intese stabilite con lo Stato italiano, il presente disegno di legge n. 59 intende, con l'abrogazione della legge regionale n. 7 del 27 febbraio 1998, adeguare la normativa regionale al diritto comunitario vigente; a tal fine è necessario abrogare tutte le disposizioni regionali incompatibili con i nuovi orientamenti comunitari tendenti ad eliminare eventuali deroghe concesse in ambito regionale in merito all'immissione in consumo di determinati prodotti petroliferi.
Occorre oggi affermare, nell'abrogare questa legge, che la Valle d'Aosta ed il suo Governo, dopo essersi adoperata a difesa delle proprie prerogative di autonomia, mantiene intatta la sua identità, diritto costituzionale, con riferimento all'articolo 14 dello Statuto speciale e che certamente occorrerà far ripartire un dibattito-confronto politico-amministrativo, per ridefinire il diritto della Valle d'Aosta ad una zona franca di montagna, prendendo spunto dal primo e dal secondo comma dell'articolo 14, per ristabilire un giusto rapporto negoziale con lo Stato italiano nel rispetto dei principi di autonomia.
A mio avviso le accise per i carburanti, che dal 1° gennaio 2010 dovranno essere pagate dai valdostani e che rientreranno attraverso i 9/10 del riparto fiscale, dovranno, per equità e rispetto del principio costituzionale della legge del 1948, essere sottratte al vincolo del patto di stabilità, permettendone la totale spendibilità a favore dei valdostani, del territorio e della loro autonomia.
Lo Stato italiano dovrà, parallelamente alla nostra abrogazione della legge n. 7 del 27 febbraio 1998, presentare una coerente norma di adeguamento da promuoversi, da parte delle competenti amministrazioni centrali, entro gennaio 2010 e, nel contempo, rendersi disponibile ad un confronto per ristabilire il corretto ed aggiornato rapporto tra la Comunità europea, la legge costituzionale del 1948, il territorio di montagna della Valle d'Aosta, il bilinguismo e il legittimo diritto costituzionale dei valdostani di gestire la propria autonomia. Grazie, Presidente.
Président - La parole au Conseiller Louvin pour le deuxième rapport.
Louvin (VdAV-R) - Grazie, Presidente. Anche se non è consuetudine in quest'aula, oggi abbiamo una doppia relazione, ma è una relazione che esprime un punto di vista diverso sulla questione seppure nella ricostruzione della lunga vicenda, che ha quasi 60 anni di vita, dei buoni di benzina... Molti dei dati sono stati oggetto di analisi comune, di approfondimento che abbiamo condotto in parallelo, ma la nostra forza politica ha ritenuto utile chiedermi di assumere la veste di relatore perché ci fosse non semplicemente una discussione all'interno della Commissione, bensì anche un approfondimento più documentato e ci fosse anche lo spazio in questa discussione in Consiglio perché si andasse a fondo, nel momento in cui diamo, purtroppo, quel colpo di forbice ad un'erogazione di generi contingentati in esenzione fiscale che sicuramente sono diventati, nel tempo, molto cari alla comunità valdostana.
Bisogna ben riconoscere, peraltro, che per molti decenni questo vantaggio finanziario è stato visto dall'opinione pubblica esterna alla nostra Regione come un privilegio, come una condizione qualche volta di ingiustificato vantaggio. Sono in pochi a ricordare come è nata questa esenzione fiscale e, in questo, abbiamo ritenuto utile fare come punto per la memoria e come punto di partenza, anche per la costruzione di un percorso di difesa di un aspetto rilevante della nostra autonomia, una ricostruzione che riporta le lancette agli anni 1944-1945, all'iscrizione di questa proposta; qualcuno ricorderà le foto seppiate delle manifestazioni del 1945 con i cartelli "zone franche et plébiscite", c'era una rivendicazione di autodeterminazione politica, ma c'era anche una rivendicazione di carattere economico di una regione che allora era l'ultima per reddito pro capite nel territorio italiano, di poter godere di una franchigia doganale.
La questione di natura economica e finanziaria, che era già stata introdotta in alcuni progetti pre-statutari, è stata definita con il decreto legislativo 546, contestuale a quel 454 su cui si è fondata questa Regione nella sua fase embrionale come nascita della Circoscrizione autonoma della Valle d'Aosta, e ha poi portato, ma con una modifica sostanziale perché nel passaggio dal 1945 al 1948 sono state eliminate delle limitazioni che erano contenute nella formulazione originaria, per cui ne è risultato un testo nel 1948 più aperto per la nostra Regione, che vale la pena ricordare, anche se tutti voi lo conoscete molto bene perché è scritto nel nostro Statuto all'articolo 14: "Il territorio della Valle d'Aosta è posto fuori della linea doganale e costituisce zona franca. Le modalità d'attuazione della zona franca saranno concordate con la Regione e stabilite con legge dello Stato.". La regolazione della zona franca così fissata in Costituente ha assunto i connotati di un regime negoziato, definito in modo pattizio tra lo Stato e la Valle d'Aosta, e che solo in un secondo tempo viene perfezionato da una legge nazionale, fonte legislativa obbligatoria in materia fiscale.
A partire dal 1948-1949 si è sviluppato nel Consiglio Valle un articolato dibattito sulla scelta, allora molto animatamente discussa, fra le due soluzioni, quella più radicale, che consisteva nel pretendere l'istituzione di una zona franca cosiddetta "integrale" e l'applicazione di un regime più limitato, che si sarebbe realizzato poi con l'individuazione di un certo quantitativo di merci contingentate, limitate nella quantità, da poter avere in libero acquisto senza dover pagare imposta su di esse. Questa è stata l'opzione accettata e anche imposta all'epoca dal Governo che il Consiglio accettò quando fu emanata la legge n. 623/1949; gli animi erano un po' più caldi di oggi in quest'aula, che allora si trovava a qualche centinaio di metri da qui, nell'aula del Consiglio il clima non era quello di oggi, era più animato quando si discusse di questa legge, che venne accettata però, e questo va ricordato sul piano politico, anche se siamo nel 2009, apparentemente anni luce da allora, come soluzione transitoria, in attesa della piena realizzazione del regime di franchigia doganale, quindi con la fisionomia di un regime provvisorio e parziale, che noi definiamo "di acconto sulle maggiori spettanze", e dobbiamo sottolineare con rammarico che queste maggiori spettanze non sono mai arrivate! In verità ne abbiamo parlato anche in commissione e poi esistono anche ricostruzioni storiche documentate sul punto; non sono mancati, nei decenni successivi, dei progetti di attuazione della zona franca integrale, mai però arrivati a conclusione!
Questo sistema a cui oggi mettiamo fine con l'approvazione della legge che è proposta dal Governo regionale, questo sistema del contingentamento, che fu accolto come regime provvisorio, non fu mai superato dai progetti presentati di volta in volta in Parlamento, li ricordiamo in questa relazione: uno, in particolare, portato in aula al Senato dal Senatore Chabod, ma l'Onorevole Pajetta per il Partito Comunista si fece portavoce e interprete come primo firmatario di un analogo progetto e più volte quest'Assemblea inoltrò al Parlamento proprie iniziative sul punto, sempre senza esito. Il passare degli anni ha raffreddato questo spirito rivendicativo da parte della Valle d'Aosta, che ha visto diminuire progressivamente il peso di determinati generi contingentati. Abbiamo visto perdere di quota e interesse le tessere del caffè e dello zucchero, abbiamo visto salire le quotazioni dei buoni carburante, dei buoni che abbiamo conosciuto in anni passati come buono cartaceo, sempre più apprezzato perché di peso economico consistente anche sulla bilancia familiare.
Dal punto di vista però nostro, di legislatori, dobbiamo ricordare come per l'Assemblea regionale la nascita della CEE nel 1957 non sembrò aver messo in nessun modo in discussione questi benefici. In particolare ricordano i colleghi come sia stato inserito nel testo della legge del 1949 una modifica che estendeva l'esenzione fiscale del legislatore nazionale anche ai "prelievi stabiliti dai competenti organi della Comunità economica europea, in base alle disposizioni di cui al titolo II del Trattato di Roma sottoscritto i1 25 marzo 1957". Sembrava che avessimo, anche qui, un ombrellino, un ombrello che per la verità al momento del temporale non si è rivelato così efficace e così robusto.
Negli anni 1980 poi, qui i ricordi sono già più diretti e immediati, in particolare ricordo il pregevole lavoro svolto all'interno della Commissione Mafrica in relazione all'abbattimento della barriere doganali, alla fine del 1992, inizio 1993, la commissione che si occupava appunto dell'impatto sulla Regione delle nuove normative comunitarie, all'epoca l'attenzione della Regione era tutta orientata alla problematica della possibile istituzione di punti franchi o zone franche d'impresa. A onore del vero, e qui sicuramente è difettata lungimiranza non solo da parte di chi era nella politica, ma anche da parte dei tecnici che erano stati allora consultati, non era percepito il rischio - né era percepibile, obiettivamente - che abbiamo poi incontrato negli anni successivi con l'impatto della normativa comunitaria maturato proprio in quel 1992, anno in cui noi guardavamo con molta preoccupazione all'impatto della perdita dell'IVA da importazione. Allora sulle casse regionali pesava la spada di Damocle della soppressione di questo dazio doganale, che aveva cospicuamente alimentato le casse regionali e che poi abbiamo potuto consolidare alla fine del 1992 con una norma di attuazione che lo ha forfetizzato a beneficio di questa Regione. Anche in quel momento bisogna dire che le nostre preoccupazioni non erano protese in questa direzione.
In sede di negoziato comunitario chi avrebbe dovuto essere più attento è sicuramente lo Stato italiano, che in quel 1992 non ha rappresentato puntualmente, in sede comunitaria, il caso della Valle d'Aosta, la costituzionalizzazione che era avvenuta nel 1948 della costituzione della zona franca, e non aveva riservato nella direttiva comunitaria 92/12/CE la riserva di generale derogabilità rispetto alle norme europee a beneficio di questa regione. Problema su cui torneremo alla fine di questa relazione, perché si è tentato di recente di riagganciare questo vagone alla locomotiva europea, ma senza risultato, per cui la legge transitoria del 1949 ha iniziato ad avere un percorso di progressivo indebolimento. Malgrado la sua copertura costituzionale, quindi, questo regime fiscale è entrato in crisi, quando in sede comunitaria ha preso corpo la politica di armonizzazione del regime delle accise in materia di oli minerali. Il termine "accise" per noi è diventato familiare, ma non lo è per tutti: si tratta dell'imposta che grava su questi oli minerali, sui carburanti in questo caso, per i quali l'Unione europea ha inteso stabilire un regime omogeneo per scoraggiare l'utilizzo di quantitativi elevati di carburante.
La Direttiva del Consiglio 92/81/CEE, relativa all'armonizzazione delle procedure delle accise sugli oli minerali, ha infatti fissato - siamo nel 1992 - un livello di tassazione minima comune per tutti i prodotti petroliferi, formulando solo una generale autorizzazione a deroghe, che poi confluiranno nella direttiva sulla tassa energetica. Un istante di attenzione è doveroso su questa questione della deroga da parte del Consiglio dei Ministri dell'Unione europea. Questa è una deroga che la direttiva comunitaria ha collegato a fattori per noi labili, sfuggenti, perché l'ha collegata (cito) "a considerazioni politiche specifiche". Ora, cosa siano le considerazioni politiche specifiche ciascuno è libero di interpretarlo, e questa formulazione si è rivelata, nel caso valdostano, fatale, perché non sono poi state ritenute sufficienti le motivazioni che abbiamo posto a sostegno delle nostre rivendicazioni. Così, a partire dalla decisione del 19 ottobre 1992, siamo stati autorizzati a continuare ad applicare le riduzioni delle aliquote d'accisa o esenzione dall'accisa esistenti, il documento cita le Province di Aosta e Gorizia, poi qualche piccolo passo avanti formale lo si fa, perché saremo finalmente riconosciuti come Regione qualche anno dopo, ma all'inizio siamo la Provincia di Aosta ancora di fascista memoria.
La decisione del Consiglio del 12 Marzo 2001, una delle successive che costantemente mantiene in piedi il sistema di deroga alle disposizioni della direttiva 92/81, ha permesso ancora di continuare ad applicare le riduzioni delle aliquote, tra cui quella al consumo della Valle d'Aosta, ma facendo salvo un esame preliminare da parte del Consiglio, su proposta della commissione. Vediamo progressivamente stringersi questo imbuto e sempre più vedersi aggravare le condizioni per poter mantenere in vita questa esenzione: è come se il cappio si stringesse progressivamente e l'autorizzazione nel 2001 viene portata per la prima volta a scadenza il 31 dicembre 2006. Questa è una data fatidica che va ritenuta, perché sarà la data ultimativa. La questione è stata ulteriormente regolata dalla direttiva del Consiglio 2003/96 e, anche su questo, chiedo ai colleghi di avere l'attenzione di rilevare come questo sia l'atto decisivo, ristrutturando il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici elettrici e prodotti relativi alla direttiva oli combustibili, per far sì che su tutti venisse armonizzato il regime fiscale. Qui siamo nell'ottobre 2003 e il documento ha un'argomentazione che è tutta comunitaria, generale, relativa alla necessità di avere un mercato interno omogeneo, relativa alla necessità di proteggere l'ambiente; sappiamo, e parleremo anche più avanti in giornata, delle questioni ambientali e di come si pongono a livello comunitario, ma ancora si consente fra il 2003 e il 2006 una minima flessibilità, consentendo agli Stati membri di applicare determinate ulteriori esenzioni o riduzioni del livello di tassazione, ma solo quando ciò non pregiudichi il corretto funzionamento del mercato interno e non comporti distorsioni della concorrenza.
C'è un'ultima finestra che sembra ancora aperta, che ammette che possono rendersi necessari periodi e regimi transitori, per consentire agli Stati membri di adeguarsi gradualmente ai nuovi livelli di tassazione, ma per Bruxelles il periodo transitorio è 2003-2006; forse dalle nostre parti qualcuno si era illuso che si potesse ancora guardare oltre, ma così non è stato. Infatti gli Stati membri erano autorizzati a continuare ad applicare quelle esenzioni, ne citava ancora 127 la direttiva, tra cui quella per il consumo nella Regione Valle d'Aosta, ma solo previo esame da parte del Consiglio in base ad una proposta della commissione, termine ultimo, ripeto, il 31 dicembre 2006.
Quindi - e qui il dato è politico - dall'ottobre del 2003 è di assoluta evidenza che i buoni di benzina sono destinati a sparire, cioè 6 anni fa era assolutamente pacifico che avremmo avuto un orizzonte temporale di 3 anni per chiudere la partita e che si trattava, nel caso di quelle ammesse dalla stessa direttiva, di deroghe eccezionali e solo concesse a fini politici specifici per singole zone geografiche. Da quel momento il regime speciale d'accisa per la Valle d'Aosta è definitivamente in balia della discrezionalità politica del legislatore comunitario e nulla ne faceva prevedere, stando anche all'orientamento che manifestavano fin dall'inizio la Commissione europea ed il Consiglio dei Ministri, una possibile conservazione. Invece erano destinati a passare ancora alcuni anni prima che il tema diventasse di dominio pubblico e si iniziasse a discutere pubblicamente delle soluzioni alternative. In questo arco di tempo che ormai è di quasi 6 anni (dal 2003 ad oggi), la Regione ha tentato fino almeno al 2008 (per almeno 5 anni) di percorrere altre vie per cercare di mantenere in vita il beneficio esistente.
Il Governo italiano ha riproposto, ma con una convinzione pressoché nulla, a Bruxelles le proprie richieste di deroga di portata regionale, perché la scadenza a ghigliottina del 2006 non cadesse con la puntualità preannunciata, ma la risposta della Commissione europea non lasciava spazio a dubbi ed erano ritenute poco funzionali queste deroghe, fra cui quella valdostana, a scoraggiare in particolare il tank tourism: una delle preoccupazioni dell'Unione europea è che non ci fosse questo pendolarismo per andare a fare il pieno di benzina; qui, il fenomeno che un tempo era forse ancora di qualche interesse, adesso è totalmente esaurito.
Non ha avuto quindi miglior risultato nemmeno la richiesta, presentata a norma dell'articolo 19 della direttiva, per ottenere una nuova deroga fondata su motivazioni diverse, che la Giunta regionale ha cercato di mettere in campo: l'assetto morfologico della regione, la vicinanza alla Svizzera che è un paese non dell'Unione e che non è tenuto al rispetto della direttiva, il rigore delle temperature invernali (ci dicono che anche altre regioni in Europa hanno delle temperature non esattamente tropicali), nonché il regime di autonomia speciale esistente nella Regione. Curiosamente nelle note regionali e nelle note mandate dal Governo, questo è l'ultimo degli argomenti, si nota anche che c'è. È evidente che la rivendicazione rimane fragile e per gli organi comunitari è purtroppo assolutamente irrilevante il rapporto politico che abbiamo con lo Stato italiano; il negoziato, il patto costituzionale che abbiamo con lo Stato italiano sono fatti totalmente estranei alla valutazione dell'Unione europea. Per l'Unione europea esiste lo Stato come interlocutore, non esiste la Regione come interlocutore diretto, e quello che avviene fra noi e Roma non ha purtroppo nessun valore, né d'altra parte sembra che siano mossi a particolare compassione gli organi comunitari del fatto che la Regione incassi i 9/10 del dazio in questione, anzi, sembra quasi che questa argomentazione sia un argomento che militerebbe piuttosto contro che a favore della riconduzione dell'esenzione.
A questo punto le strade rispetto ad altri compagni di viaggio, come la Regione Friuli Venezia Giulia, si sono divise. La Regione Friuli Venezia Giulia si è orientata verso un sistema di sconto alla pompa, a cui questa Regione ha guardato con una certa attenzione per alcuni anni, per vedere se non fosse questo un modo alternativo per erogare un beneficio alla popolazione residente, un sistema che peraltro ha condotto all'apertura di una procedura d'infrazione da parte degli organi comunitari contro lo Stato italiano.
Invece la nostra Regione ha inteso attivare un tavolo di negoziazione - a cui faceva riferimento il collega La Torre - tra la commissione ed il Governo italiano perché si permettesse alla Valle d'Aosta di ottenere una soluzione transitoria di compromesso attraverso questo curioso (perché in codice cifrato) nome, di phasing out, di fase di uscita di tre anni (era una lettera del Presidente dell'epoca, Luciano Caveri, che chiedeva questa via di uscita), ma anche questa iniziativa non ha dato alcun esito. Nei successivi anni dal 2006 al 2009 abbiamo avuto un regime, di fatto, di erogazione di questi generi contingentati, delle benzine, del gasolio in esenzione fiscale senza più questa copertura ampia di cui avevamo beneficiato durante tutto il periodo di durata della direttiva comunitaria del 2003. Alle sollecitazioni che erano venute dal Commissario europeo alla fiscalità di procedere alla soppressione di queste norme, lo Stato italiano ha tentato di rispondere con un emendamento alla Finanziaria del 2008, emendamento che fu tamponato all'epoca urgentemente, con un impegno negoziale del Governo Prodi purtroppo agli ultimi mesi di una travagliata legislatura, con degli impegni negoziali a cui non si è dato seguito.
Dobbiamo rilevare che un tentativo - che secondo noi andava coltivato ulteriormente - è stato fatto, di aprire un negoziato all'interno della Commissione paritetica per le norme di attuazione dello Statuto speciale; ci siamo misurati anche su questa questione tentando di aprire una strada che fosse di norma di attuazione dello Statuto, quindi di norma rafforzata per noi, che conducesse alla regolarizzazione della situazione con un processo negoziale con lo Stato. Queste proposte avanzate dalla Regione ebbero però un atteggiamento contrario degli apparati ministeriali che ne hanno rilevato il possibile contrasto con la normativa comunitaria.
A questo punto si è aperta una partita di cui non si è molto sentito parlare all'esterno, ma l'abbiamo ricostruita assieme ai colleghi attraverso la documentazione che ci è stata fornita, attraverso la relazione che anche l'Assessore Pastoret ha diffusamente illustrato con la sua relazione alla commissione, cioè il tentativo di riaprire il capitolo zona franca, cercando di sollecitare il Governo italiano ad un'azione in sede comunitaria perché la Valle fosse inclusa per la prima volta a livello comunitario nella lista delle zone franche riconosciute dall'Unione europea. Nei primi mesi del 2008 è sembrato che ci fosse un treno in partenza in questa direzione con la proposta di direttiva del Consiglio dell'Unione europea n. 2008/0035 che riguardava il regime generale dei prodotti soggetti ad accisa. La richiesta è stata avanzata con una semplice lettera del Presidente della Regione, non con un'iniziativa corale di quest'Assemblea o con una formalizzazione di altri atti, ed era una lettera diretta ad ottenere dal Governo italiano che la Valle fosse inserita fra i territori per cui è disposta l'esclusione dall'ambito di applicazione della normativa comunitaria in materia di dazi, al pari delle Isole Canarie, dei Dipartimenti francesi d'oltremare, delle Isole Aland, delle Isole Anglo-Normanne, del Canale della Manica e di alcuni territori, come già previsto e contenuto in quella normativa, per Livigno, per Campione d'Italia e per le acque italiane del Lago di Lugano.
Ha tutta l'apparenza di essere questa una soluzione anche che poteva essere esplorata, che avrebbe dovuto essere esplorata attraverso il tavolo di coordinamento competente a definire la posizione italiana da sostenere in sede di Unione europea, se la Valle fosse stata inserita nella delegazione italiana, nel negoziato della direttiva ai sensi della legge La Loggia del 2005, che permette alle Regioni di essere aggregate alla delegazione italiana che tratta le questioni in sede comunitaria. Non abbiamo notizia che questo abbia avuto alcun seguito e che ci sia stata presenza dei rappresentanti del Governo regionale, né al tavolo del negoziato, né nell'ambito della delegazione italiana che trattava in sede comunitaria. Quindi appare, a noi dell'opposizione - ma credo che sia confermabile dai fatti -, che in questo si sia lanciato un sasso, ma non si sia dato seguito, è stata un'interessante presa di posizione riservata fra il Governo regionale e il Governo nazionale, ma che non ha visto partecipe né le altre forze politiche, né l'opinione pubblica. La richiesta quindi, ripeto, è stata avanzata senza consultazione del Consiglio Valle e, a nostra conoscenza, anche senza studi approfonditi su cosa sarebbe successo se fosse stata effettivamente inserita in questa lista.
Nel marzo 2009 la Commissione ha chiesto spiegazioni, ha cominciato a suonare il campanello d'allarme, l'intimazione, la messa in mora della Valle era ormai giunta ad esecuzione e siamo quindi alla risposta che ha dato il 13 maggio 2009 il Presidente Rollandin come Presidente della Regione al Ministero degli esteri, affinché la comunicasse poi in sede comunitaria. "Il Governo valdostano - scrive il Presidente della Regione - ha deciso l'abrogazione, a far data dal 1° gennaio 2010, delle richiamate norme regionali concernenti il regime dei contingenti esenti di prodotti energetici sopra descritto". Tradotto: il Governo regionale il 13 maggio comunica che dal 1° gennaio finisce l'erogazione dei buoni benzina, cosa sulla quale in termini di obbligatorietà non c'è molto da discutere, era un atto necessario da adottare. Dichiara peraltro in quel documento - lo stesso Presidente - come dagli approfondimenti svolti fosse emersa già nel 2007 la necessità di procedere all'abrogazione del regime vigente in Valle d'Aosta.
Noi ricordiamo un altro clima nella campagna elettorale del 2008, ricordiamo altre discussioni che si sono tenute in quel periodo, ricordiamo altre discussioni che si sono tenute in quel periodo, ricordiamo altre petizioni che sono state fatte. Apprendiamo dai documenti ufficiali che dal 2007 era consapevole il Governo regionale della necessità di procedere all'abrogazione dei buoni benzina e che tuttavia non è stato possibile attivare, nell'anno 2008, i conseguenti adempimenti legislativi in quanto il Consiglio regionale è stato rinnovato in quell'anno e la sua operatività è rimasta sospesa tra aprile e settembre 2008. Abbiamo adottato qualche legge nel frattempo, in particolare nel mese di luglio anche leggi urgenti, ma comunque non era pronto il dossier. Si ricorda che spetta al Consiglio regionale la gestione del contingente; su questo ho qualche riserva, è la Giunta regionale che ha sempre gestito il contingente carburanti, non è una competenza specificamente consiliare, ma non è questo il tema di approfondimento.
Il Presidente comunque ha aggiunto che il nuovo Governo regionale, una volta insediatosi, ha tempestivamente esaminato la problematica e ha deciso di procedere senza ulteriori indugi alla cessazione del regime, che tuttavia, per ragioni tecnico-procedurali, non poteva avvenire se non con decorrenza 1° gennaio 2009. Dovrebbe essere 2010, in realtà, non so se si tratti di un errore nostro, comunque sicuramente la lettera si riferiva al 2010 essendo una lettera del maggio 2009.
Lunga ricostruzione, me ne scuso con i colleghi, ma sono atti che sono consegnati alla storia, questa è una pagina importante che stiamo scrivendo nella nostra attività politico-legislativa e credo che vada onorata con la dovuta attenzione.
In primo luogo, la prima osservazione che vorremmo condividere con voi, come opinione della nostra forza di opposizione, è che la cessazione, la fine del regime di concessione di carburanti in esenzione fiscale avrebbe dovuto essere successiva ad una procedura concordata con lo Stato, cioè che sarebbe dovuta passare attraverso una specifica norma di attuazione per mettere fine al regime della legge n. 623/1949 e soprattutto per fare salva l'esistenza di un perdurante dritto all'attuazione della zona franca, come sancita dal nostro Statuto speciale. Su questo riteniamo essere un danno per la Regione non avere perseguito - e devo dire in questo di non avere trovato da parte del Governo nazionale orecchie ed occhi attenti - questo obiettivo.
In secondo luogo, in conseguenza dell'assenza di questa norma d'attuazione - chi era al tavolo di quelle discussioni in sede di Commissione paritetica ricorda come questo fosse uno degli argomenti in discussione - non consente alla Valle di recuperare il decimo dell'accisa di competenza statale. Allora dei 37.000.000 circa di euro di accise 2008 (di accisa virtuale), un decimo sarebbe stata recuperata dallo Stato. La forchetta è fra i 3 e 4.000.000 di euro di accise che invece entreranno dal 2010 nelle casse dello Stato, e non ritorneranno nell'economia della Valle d'Aosta.
Un altro discorso molto ampio si potrà fare - e probabilmente si farà - nel corso del dibattito sugli effetti diversi che ha l'erogazione di un sussidio come quello che è stato deciso 15 giorni fa in termini di buono riscaldamento, rispetto ad un'esenzione fiscale di queste dimensioni. L'effetto economico complessivo è completamente diverso, ma qui ci limitiamo ad osservare come questi 3-4.000.000 di euro usciranno dalle casse della Regione e non faranno ritorno nell'economia complessiva della Valle d'Aosta.
Appare poi anche evidente come, di fronte ad un tema di questa portata, si sarebbe dovuto preparare in modo diverso l'opinione pubblica alla discussione, alla valutazione, e anche aprire un dibattito collettivo politico di ampia portata sulle misure alternative all'esenzione fiscale a cui oggi, di fatto, con questo atto la Regione viene a rinunciare. Su questo ciascuno ha giocato le sue carte politiche nelle fasi precedenti l'avvio di questa legislatura, nella fase pre-elettorale: chi ha ritenuto di presentare - come è stato ricordato dal collega - delle petizioni agli organi comunitari, peraltro ad un organo comunitario che non era neanche parte nella decisione, perché è stata presentata al Parlamento europeo questa petizione, mentre come abbiamo visto tutta la partita si è giocata fra la Commissione europea e il Consiglio dei Ministri dell'Unione europea... ma tant'è, le forze politiche hanno fatto scelte diverse in termini anche di serietà, di approccio nei confronti dell'opinione pubblica. Comunque si è a lungo omesso di portare all'attenzione dei valdostani l'inevitabilità di questa trasformazione, e si è coltivata, a nostro avviso ingiustamente ed inopportunamente, l'illusione di un possibile mantenimento dei benefici in atto.
Una piccola nota di colore: sono stato molto colpito una settimana fa dalla richiesta del mio benzinaio, quindi di un soggetto qualificato sul piano operativo: di sapere se era vero che poi effettivamente i buoni sarebbero scomparsi... c'è una situazione oggettiva di non chiarezza sul piano dell'informazione pubblica che questa comunità, sul tema dei buoni benzina, ha purtroppo scontato.
La concessione poi del contributo regionale al riscaldamento, votata 15 giorni fa in Consiglio regionale con l'approvazione del disegno di legge n. 60, che - checché ne dica l'Assessore, che continua giustamente dal suo punto di vista a scindere questa misura dalla questione buoni di benzina - ne è oggettivamente correlata, non assume lo stesso valore, e - ripeto - non produce gli stessi effetti di una misura di esenzione fiscale che oggi si va ad abrogare nei suoi meccanismi attuativi.
Un'ultima osservazione. Gli effetti di carattere ambientale, che sono legati ai minori consumi che con molta probabilità - ma direi quasi inevitabilmente - si manifesteranno, non sono stati accompagnati da una politica di incentivo di forme di trasporto meno inquinante. A nostro modo di vedere con una discussione più larga, non canalizzata su un disegno di legge già predisposto dal Governo regionale, che già aveva individuato in via esclusiva la misura da proporre, si sarebbe potuto discutere anche di interventi sul sistema dei trasporti che avessero permesso di andare incontro ad un problema reale che avranno tutte le famiglie valdostane, ed è quello di vedersi sforbiciare 6-700 euro o forse 800 euro di esenzione, di cui avevano goduto fino ad allora, e quindi di trovare delle soluzioni compensative che andassero anche sulla problematica dei trasporti... ma qui usciamo dall'argomento che è in discussione oggi. Non si è comunque colta l'occasione della trasformazione di una decisione comunitaria per impostare complessivamente una politica energetica e del trasporto che mirasse anche alle condizioni del nostro ambiente.
Colleghi, sono stato particolarmente noioso, me ne scuso, ma questo è l'insieme delle considerazioni per le quali anche il nostro gruppo tutto intero formula un giudizio complessivamente negativo sul disegno di legge n. 59 che riguarda appunto l'abrogazione della legge regionale 27 febbraio 1998, n. 7 in materia di ripartizione e distribuzione dei contingenti di carburanti e lubrificanti in esenzione fiscale, e di altre disposizioni concernenti contingenti annui di prodotti energetici.
Grazie comunque per la vostra attenzione e la vostra pazienza.
Président - La discussion générale est ouverte.
La parole au Conseiller Zucchi.
Zucchi (PdL) - Prima di esprimere le nostre valutazioni politiche su questo disegno di legge, permettetemi di riassumere in modo molto sintetico l'attività svolta in commissione, peraltro già ricordata con dovizia di particolari dai colleghi che mi hanno preceduto, ma solo per ringraziare tutti coloro che hanno partecipato in modo concreto e fattivo su questo argomento, a cominciare dall'Assessore, dal Segretario generale, da tutti gli organi legislativi che si sono succeduti in commissione a sviscerare questo argomento, un argomento evidentemente molto importante e caro a tutti i nostri concittadini e che dura da oltre 60 anni. Praticamente è una questione che con oggi ha una fine, che si è determinata per delle questioni che in parte sono state ricordate e che io ripercorrerò (almeno dal nostro punto di vista), quindi un argomento che ha visto svolgersi in commissione un ampio ed articolato dibattito, che forse sarebbe stato più approfondito perché avevamo pensato di assumere, oltre ai pareri legali, anche i supporti esterni in questo caso del prof. Carrozza, il quale per motivi di salute non ha potuto accogliere l'invito della commissione, di approfondire meglio le dinamiche che l'abrogazione di questa legge avrebbe potuto comportare sull'impianto dell'articolo 14 dello Statuto speciale. Questo per dire che questo argomento è stato molto, ma molto dibattuto, sviscerato e che, come tale, non poteva essere fatto in modo diverso.
Venendo alle considerazioni di carattere politico, senza volermi soffermare sugli excursus che hanno svolto i colleghi che mi hanno preceduto, in particolare del collega Louvin con il suo intervento, usando una metafora calcistica bisogna dire che qui siamo al 90° minuto e nell'ultima riunione del Consiglio regionale utile, proprio dell'ultimo giorno, ci troviamo a porre una pietra tombale su questa prerogativa molto cara ai nostri concittadini, che ha fatto una parte della nostra storia, che dall'inizio della nostra storia ad oggi ha costituito una prerogativa molto importante e molto cara. Una prerogativa - se vogliamo anche assumere per certi versi degli altri aspetti - che ci ha visti nell'immaginario collettivo esterno alla nostra regione, anche in un contesto un po' antipatico, perché credo che tutti quanti voi sappiate come la nostra regione, "falsamente" (dico), veniva vista in una logica di esercizio dell'autonomia come quella dei buoni della benzina. All'esterno noi siamo sempre stati considerati in modo particolare come quelli che beneficiavano di questa vicenda, che assumeva nell'opinione pubblica esterna alla nostra regione un ruolo rilevante, senza poi che si sapesse quali erano i fondamenti che costituivano il contesto dei buoni benzina.
È stato ricordato dai colleghi che mi hanno preceduto che questa nostra prerogativa parte da molto lontano, parte dal 1949 in assenza dell'attuazione dell'articolo 14 che istituiva la zona franca, che doveva essere attuata, e che in un contesto, che allora si riteneva fosse transitorio, aveva consentito in una trattativa fra Stato e Regione di usare un palliativo che doveva essere transitorio, di esercitare appunto da parte della Regione un'esenzione su alcuni contingenti, fra cui i combustibili per autotrazione, i famosi "buoni benzina". Questa situazione che doveva essere transitoria, è durata fino ad oggi, perché dal 1° gennaio 2010 questi buoni diventeranno storia.
Siamo consapevoli che questo atto è, di fatto, imposto, perché siamo sotto la spada di Damocle di una sanzione che è stata dichiarata e anche dimostrata dai carteggi che ci sono stati sviscerati nel corso delle riunioni in commissione. Pertanto l'Europa ci pone in condizione di non poter più proseguire nell'esercizio di questa nostra prerogativa. Però, ridurre il tutto ad una questione semplicistica, per cui oggi noi dobbiamo dire, a noi stessi e ai nostri concittadini, che siamo obbligati a compiere quest'atto senza fare un minimo di autocritica, mi sembrerebbe riduttivo, perché un minimo di responsabilità credo che debba essere assunta da parte delle forze politiche che nel tempo hanno governato - mi riferisco proprio al periodo dal 1949 ad oggi - e che hanno forse non compiuto proprio tutti gli atti per fare in modo che le cose avvenissero diversamente... cerco di spiegare il perché.
Questa posizione dell'Europa non è una storia recente, ma viene da lontano, fin dal 1990 c'è già una posizione da parte dell'Europa molto rigida in merito a questa nostra prerogativa; in questo senso poniamo l'accento su quelle che riteniamo essere le prime responsabilità, se vogliamo, politiche. Con questo non vogliamo che con tale atto si guardi al passato e si incentrino anche dal nostro punto di vista politico delle situazioni di comodo, non essendo mai stati, noi, con delle responsabilità di governo, perché noi siamo comunque abituati - lo dirò in fase conclusiva - a guardare avanti e cercare di vedere da una situazione che può essere negativa, di trarre la forza per arrivare a delle soluzioni che siano positive; ma delle responsabilità da parte delle forze politiche, che non necessariamente si siedono in quest'aula, oggi, ma che dal 1949 ad oggi si sono succedute nel governo della nostra Regione, in qualche modo dovrebbero essere stigmatizzate.
Collega Louvin, lei sa benissimo, e in questo senso ha fatto una ricostruzione storica perfetta che non voglio qui ripercorrere, né contestare, peccato che si dimentichi che dal punto di vista dei rapporti - lei lo ha ricordato - l'Unione europea non colloquia certamente con la Regione, ma si rapporta con lo Stato. Dal nostro punto di vista è però la Regione, attraverso i propri organi, che deve fare in modo che lo Stato sia sensibile agli argomenti che si intende portare avanti. Non ci sembra che all'inizio degli anni 1990 ci sia stata un'azione marcata, profonda e decisa da parte dell'allora governo, per far comprendere allo Stato che la nostra prerogativa non era nata in modo estemporaneo, ma il fatto che potessimo avere questo tipo di contingentamento sulla benzina, sui combustibili, nasceva da una norma di rango costituzionale e che, come tale, non si poneva in una maniera simile ad altre realtà.
Una prima responsabilità crediamo nasca proprio da quel momento: dall'inizio degli anni 1990 non abbiamo avuto la sensazione che un'azione precisa sia stata compiuta da chi aveva il compito di rappresentare allo Stato, che certamente ha mille altre occupazioni, penso al governo del 1992... il Governo regionale e tutte le forze presenti in questa Regione avevano quindi il dovere di rappresentare in una maniera più forte e approfondita la nostra peculiarità.
E che dire dal 2000 in poi? In questo senso ci sentiamo sicuramente di condividere l'analisi compiuta del relatore di minoranza, collega Louvin, per cui anche noi riteniamo che con la consapevolezza che questa nostra prerogativa avrebbe avuto comunque un termine fissato nel 31 dicembre 2006, poi prorogato, si doveva per tempo intervenire non solo con i carteggi che si sono dimostrati da parte dei governi che si sono succeduti dal 2002 in poi, ma anche con un'azione molto più forte del Consiglio regionale, della Commissione paritetica e dei Parlamentari valdostani, affinché nell'imminenza di un black out di una nostra prerogativa si negoziasse per tempo con lo Stato l'attuazione di una zona franca, mai attuata!
Una zona franca - pongo in quest'aula la nostra riflessione politica - che abbiamo la sensazione non sia mai stata pervicacemente voluta dal 1949 fino ad oggi, perché la zona franca sancita nell'articolo 14 dello Statuto... è vero che nei primi anni è stata oggetto anche di battaglie aspre... è un argomento non semplice, non facile, ma abbiamo avuto la sensazione che, una volta ottenuto questo palliativo transitorio, tanto caro e comodo ai nostri concittadini, soprattutto nel prosieguo non sia stata compiuta un'azione marcata, forte e veramente voluta nei confronti dello Stato, per costringerlo ad attuare questa zona franca, peraltro prevista.
Non capiamo - ci poniamo questo interrogativo - se è stato un atteggiamento voluto da una situazione di comodo, questo sarebbe meno grave, o da una situazione più grave che sarebbe invece quella per cui una zona franca, qualora attuata... sicuramente potrebbe essere vista da chi vuole mantenere un potere per ovvi motivi di cassa... che non sia opportuno comunque raggiungere, e cerco di spiegare il perché.
La zona franca, soprattutto pensiamo alla zona franca mai attuata, ma che in chiave moderna dovrebbe essere una zona franca d'impresa, dovrebbe consentire una defiscalizzazione. Sapete che il nostro bilancio è costituito dal riparto fiscale e dai 9/10 che attraverso le imposte fanno sì che il nostro bilancio sia di questa entità. Evidentemente una zona franca - questo è un interrogativo che poniamo - può essere giudicata non propriamente opportuna nella misura in cui si preferisca avere un forziere sempre pieno da cui attingere, per cui poi si possa distribuire a piene mani nei confronti dei cittadini. Certo, la zona franca, qualora attuata, diminuendo le imposte, farebbe venire meno il gettito erariale e, di conseguenza, diminuirebbe anche la ricchezza del nostro bilancio, ma in questo caso ci sarebbe una diretta percezione dei benefici immediati da parte delle imprese, che attraverso un'opera di defiscalizzazione potrebbero essere indotti ad insediare le loro attività produttive nella nostra regione, costituendo un volano di vera ricchezza e di sviluppo a favore di tutti.
Penso a proposito di questa nostra peculiarità ad altre Regioni o ad altri Stati dove ci sono state delle situazioni analoghe, penso all'Irlanda, dove in tempi passati c'erano delle situazioni che per certi versi possono essere ritenute simili alle nostre. In Irlanda c'era un sito aeroportuale, certamente in Irlanda c'erano delle peculiarità che sono venute meno a seguito delle nuove tecnologie; gli aeroporti che erano ritenuti necessari per compiere i voli intercontinentali comportavano quegli insediamenti che poi sono venuti meno a seguito del decadere di determinate situazioni tecniche, con il miglioramento degli aeromobili, pertanto quelle zone non avevano più motivo di permanere.
Con l'assunzione di una zona franca... in quella zona sono stati favoriti gli insediamenti di aziende votate anche all'eccellenza, penso alle aziende informatiche, ma non solo, aziende che hanno portato della qualità, e che non solo hanno salvaguardato 1.500-2.000-2.500 posti di lavoro, ma ne hanno costruiti molti di più. Ci chiediamo se, una volta abolita questa legge in una maniera un po' troppo frettolosa, questa nostra prerogativa adesso possa e debba farsi valere. Siamo convinti da sempre, perché è nel nostro pensiero marcato in una maniera molto decisa e convinta, che sia molto meglio cercare di perseguire una politica atta a costruire le condizioni per fare in modo che le aziende possano venire nella nostra regione, piuttosto di distribuire un tesoro che viene accumulato attraverso questo gettito erariale.
Adesso che ci troviamo in questa condizione di dover unilateralmente... in questo senso siamo anche d'accordo che forse anche la comunicazione nei confronti dei nostri concittadini doveva essere preparata in modo diverso e per tempo, perché sono state date delle comunicazioni anche un po' tardive e fuorvianti in merito a questa vicenda... debba comportare un serio negoziato nei confronti dello Stato - non guardiamo tanto al passato, quindi vengo ad una conclusione propositiva - in modo tale che non solo attraverso l'azione del Governo con delle lettere e delle situazioni tardive di intenti si venga a ricordare la nostra prerogativa sancita dallo Statuto all'articolo 14, ma che all'unisono tutte le forze politiche, dall'Assemblea legislativa alla Commissione competente, al Governo regionale, alla Commissione paritetica e ai nostri Parlamentari valdostani, fin dal 1° gennaio 2010 si abbia una visione comune, atta a costruire quello che in 60 anni non è stato costruito.
Ricordo che abbiamo una prerogativa che è sancita dallo Statuto; la zona franca non è mai stata attuata... non abbiamo avuto la sensazione che soprattutto negli ultimi anni ci si sia stracciati le vesti per ottenerla! Adesso, riallacciandomi al discorso conclusivo fatto dal collega La Torre, c'è questa consapevolezza, che però ci sembra essere un po' tardiva, ma noi riteniamo che sia doveroso cercare di perseguirla per l'interesse di tutti, perché è venuta meno una situazione palliativa che è durata 60 anni, abbiamo il dovere di cercare di trovare con lo Stato la strada, anche se difficile, di negoziare l'attuazione di questa zona franca.
Il nostro gruppo politico su questa strada non farà venire meno il proprio apporto convinto di sostegno, affinché si giunga all'attuazione di quello che, previsto dall'articolo 14, 60 anni fa, non è mai stato attuato.
Président - La parole au Conseiller Donzel.
Donzel (PD) - Egregio Presidente, cari colleghi, in premessa intendo ringraziare entrambi i relatori di questa legge per il prezioso contributo che hanno dato alla ricostruzione di un percorso legislativo, che ci porta a questo provvedimento, e che è un po' indispensabile, prima di dare delle valutazioni nel merito. Una ricostruzione doverosa, anche alla luce del fatto che naturalmente la maggior parte della popolazione valdostana non è così edotta su questa vicenda, che è molto complessa, non è così facilmente neppure raccontabile, perché ci sono tanti aspetti - soprattutto nell'ultima fase di questa vicenda - che meritano di essere chiariti in quest'aula, senza che da parte del Partito Democratico - ci tengo a dirlo - ci sia, come invece da altre parti ho notato, quella tensione a voler individuare chissà quale responsabile, chissà quale colpevole. Noi abbiamo, per tendenza, sempre quella di guardare al futuro piuttosto che a cercare nel passato il colpevole; qualcuno si è spinto a cercare dei colpevoli fin nel lontano 1949 e non ha mancato di fare riferimento a presunte responsabilità di esponenti della sinistra democratica rispetto a queste vicende. Noi ci sentiamo assolutamente sereni e orgogliosi, invece, di rappresentare questo passato, perché se - come ha detto qualcuno - nel 1949 la Valle d'Aosta era una delle regioni più povere d'Italia, con tutti questi nostri errori oggi ci troviamo in ben altra posizione!
Ciò detto, non abbiamo mai negato, lo abbiamo detto con chiarezza anche in commissione, che il fatto di cui prendiamo oggi atto attraverso un'abrogazione, cioè la soppressione dell'erogazione dei buoni di benzina, costituisca un grave danno economico per i nostri concittadini. Lo abbiamo detto in commissione, lo ribadiamo in questa sede, il danno c'è, e vorrei su questo punto distinguere un po' alcuni aspetti che sono stati mescolati; qualcuno ha quasi auspicato la fine dei buoni benzina perché così non ci considerano più privilegiati fuori dalla Valle d'Aosta!
Guardate che quando si scoprirà che ancora di più aumentano i 9/10, l'idea che noi abbiamo qualcosa in più non è che verrà meno, anzi, per fortuna spero che questa autonomia non sia solo un'etichetta, ma abbia anche una sua sostanza. Quindi, mi sembra un rilievo piuttosto limitativo quello di dire: "ci siamo sbarazzati di un privilegio"; non è mai stato un privilegio, sennò non ci sarebbero articoli di questo tipo nello Statuto della Valle d'Aosta. Articoli come quello della zona franca, che poi è stata mediata attraverso un provvedimento legislativo molto inferiore come entità a quella che era la speranza del dettato statutario... però non era assolutamente nell'intenzione del legislatore di allora l'idea di attribuire privilegi, ma sempre nell'ottica di misure o compensative, o di misure che dessero la possibilità di esercitare fattivamente l'autonomia, perché se uno vuole esercitare la propria autonomia, e prendere delle decisioni, può avere le risorse per tradurre le leggi in atti concreti nei confronti dei cittadini.
L'altra cosa da sfatare è che sarebbe finalmente arrivata l'era dell'ecologismo, qualcuno forse confonde il dibattito di Copenaghen con il dire: finalmente via i buoni benzina, così respireremo aria più pulita! Ci si dimentica che c'è stato un percorso di lungo periodo e quindi leggere questa vicenda soltanto con la lente dell'oggi, non ci permette di capire cosa è successo e cosa ha costituito per la popolazione valdostana l'erogazione del buono di benzina. Qualcuno si dimentica che il boom economico italiano è stato costituito anche dallo sviluppo dell'industria automobilistica, spero che nessuno rimpianga il fatto che nel 1955 venne realizzata la prima utilitaria, quindi non più soltanto i borghesi a girare in automobile, ma anche gli operai potevano usare la Seicento e poi, nel 1957, la mitica Cinquecento. Insomma, abbiamo tutti goduto dell'era dell'automobile, abbiamo tutti approfittato di questa opportunità, che in Valle d'Aosta ha avuto anche delle ricadute positive in ambito economico: siamo una realtà fatta di piccolissime imprese, tanti artigiani, quindi il buono di benzina veniva utilizzato anche in funzione economica, è stato un sostegno alle attività economiche.
Siamo una realtà di piccoli paesi di montagna, dove, nonostante il forte intervento pubblico per finanziare i trasporti, sappiamo bene che in Valle d'Aosta senza un grande sostegno pubblico non potremmo avere mezzi pubblici che portano i nostri concittadini nel paese di Allein o in una valle laterale perché non ci sono le condizioni economiche affinché questo sia redditizio... anzi, questo ci porterà a grosse riflessioni anche nel futuro.
Il buono di benzina attutiva per i nostri compaesani decentrati il fatto che ci fossero pochi servizi pubblici, perché è comodo dire: basta, togliamo via i buoni di benzina e mettiamo servizi pubblici, poi bisogna chiedersi chi li paga, con che cosa... con che cosa pagheremo i mezzi pubblici che sostituiranno i buoni di benzina per chi vive in una valle laterale? E non è, come ho ribadito più volte in commissione, che fossero tutti degli sciuponi della benzina, i valdostani; certo, ci sarà stato qualche ragazzo che qualche giro in discoteca se lo sarà fatto con i buoni benzina, ma la percentuale di utilizzo positivo del buono di benzina, secondo me, è sempre stata più alta di quella in negativo. Quante famiglie hanno sostituito l'assenza di mezzi pubblici nei paesi di montagna, per portare i figli a scuola con il mezzo privato? E permettere un'istruzione ai propri figli mi sembra un utilizzo positivo del buono di benzina, quindi anche questa lettura che si cerca di dare oggi, di una criminalizzazione del buono di benzina, noi non la vediamo.
Certo, noi veniamo da una storia in cui la nostra sinistra ha spesso rivendicato una compensazione per quei soggetti, singoli o famiglie, privi dell'automobile, attraverso l'erogazione di un bonus riscaldamento, di un bonus di qualche tipo, che potesse mettere tutti sullo stesso piano. In questo senso abbiamo sempre cercato di rivendicare la necessità di un'equità all'interno del contesto valdostano, non nel senso di sopprimere un'esenzione fiscale, ma nel dare a chi non riusciva ad accedere a questo importante beneficio. Quindi è chiaro che, essendo un beneficio che era legato alla parte più attiva della popolazione, che consentiva di mettere in moto risorse positive della popolazione... sono dell'avviso che il bonus riscaldamento in alcun modo compensa questo tipo di beneficio, nel senso che, al di là dell'entità nettamente inferiore, la sua stessa natura non ha nulla a che vedere con la natura dell'esenzione fiscale per il buono di benzina, quindi viene persa la percentuale di produttività che c'era nell'esenzione fiscale del buono di benzina verso un provvedimento che ha più un carattere di tipo assistenziale, anche se nella nostra regione è assolutamente sensato, vista la natura climatica del nostro territorio, come dimostrano questi terribili giorni di freddo che siamo vivendo.
La premessa era per dire che abbiamo chiaro cosa sta succedendo, cioè stiamo perdendo, abbiamo già di fatto perso, ma la legge di oggi ratificherà la perdita di un beneficio molto importante per la Valle d'Aosta.
Cosa fare per il futuro? Non oggi, ma da almeno 10 anni si parla di istituire delle zone franche; ma anche qui bisogna, una volta tanto... visto che spesso e secondo me ingiustamente alle volte, si taccia l'avversario di demagogia, cioè c'è un'abitudine ormai invalsa in questo paese... poi se ci sarà occasione in altri momenti del dibattito di parlare di come spesso ci sia un'abitudine di attribuire le proprie colpe agli avversari, cioè tutti sono dei demagoghi, e allora ci si dice: evitiamo il più possibile di fare della facile demagogia. Ma guardate, andare oggi a promettere ai valdostani una zona franca su tutto il territorio valdostano è forse spingersi al di là della realtà; si parla più opportunamente di aree in cui si possono istituire zone franche di montagna.
E allora io dico: varrebbe la pena, visto che io non ho le arrière-pensées di quelli che dicono tassiamo tanto i valdostani per avere tanti 9/10... varrebbe la pena che venissero rivalutate le interessanti proposte di legge sulla montagna che sono state depositate alla Camera da più forze politiche, sia del centrosinistra che del centrodestra, dove si parla molto opportunamente di una defiscalizzazione che può riguardare interi territori di montagna. E, vista la natura della Valle d'Aosta, potremmo non andare a situazioni di macchia di leopardo, ma ad una zona più estesa di quella di una piccola zona franca di montagna, tanto per dire che noi l'abbiamo, ma una zona franca che possa coinvolgere un'intera fascia di comuni montani da provvedimenti di questo tipo.
È chiaro che però la contrattazione con il Governo nazionale - che ci sia un governo amico perché si riesce a dare un certo tipo di assetto governativo alla Valle d'Aosta o che non ci sia un governo amico - è sempre fatta come avviene nelle contrattazioni, o da una posizione di forza, o da una posizione di debolezza.
A me pare che la questione dei buoni di benzina sia arrivata a un punto tale che siamo in una situazione di debolezza, nel senso che oggi - me lo consenta, Presidente - i giochi sono fatti, cioè noi ormai ratifichiamo che non ci sono più. Di fatto viene attribuita la responsabilità all'Unione europea e certo si prende atto di una situazione che è in essere. Poi diremo: ma certo, nel nostro Statuto c'è scritta una certa cosa e la rivendicheremo, ma probabilmente una contrattazione di questo tipo doveva essere già avviata da tempo e, a quanto ci risulta, non è. Di diversa natura, invece, la valutazione delle azioni messe in atto nell'ultimo periodo. Su questo esistono due interpretazioni, una che dice: abbiamo fatto il possibile, siccome i buoni di benzina dovevano scadere al 31 dicembre 2006, li abbiamo portati fino al 2009, quindi siamo stati bravi. Io dico che recuperare 3 anni è una cosa importante, quindi do merito a chi è riuscito a prorogare per 3 anni la durata dei buoni di benzina, però constato che di questo i cittadini valdostani non avevano nessuna percezione.
Riconosco il merito a chi è riuscito ad effettuare questa operazione, che non è stata sicuramente facile dagli atti che ci sono stati sottoposti e dalle cose che siamo riusciti a capire, è stata sicuramente una contrattazione difficile; però la demagogia questa volta l'ha fatta qualcun altro, cioè mentre era in atto un'azione positiva di questo tipo, qualcuno ha illuso con la raccolta delle firme e quant'altro i valdostani che sarebbe stata cosa fatta una proroga sine die, non una proroga da vedere anno per anno. Perché si poteva dire ai valdostani: stiamo lottando anno per anno per prorogare quanto più possibile, invece qualcuno ha fatto passare l'idea che la proroga poteva essere sine die; quindi la demagogia non è soltanto di qualche minoranza, alle volte la demagogia la fanno anche le maggioranze e di questo bisogna dare atto. Positivo l'aver prorogato un provvedimento, ma certamente c'era questa difficile e dura azione che era mascherata invece da azioni politiche che avevano altra natura, cioè raccontare non proprio la verità ai cittadini.
Per cui noi non ci sottrarremo, lo dico fin d'ora, al fatto che su un provvedimento così difficile tiriamo via la manina, lo rannicchiamo e non lo votiamo; lo votiamo perché sappiamo che ci sono delle leggi, che certe leggi vanno rispettate e che i percorsi dovevano essere diversi, ma sicuramente non lesiniamo critiche.
Altra questione: i continui appelli che sono venuti in I Commissione rispetto alla necessità di avere chissà quale condotta responsabile da parte della minoranza rispetto a dibattiti delicati come questi. Devo dire che sono alle volte quasi stupito che si continui a chiedere alla minoranza un atteggiamento di responsabilità; io questo atteggiamento di responsabilità lo rimando in toto al Presidente e agli esponenti di maggioranza della I Commissione, perché tale atteggiamento non lo riscontro, invece, sulle leggi che dovrebbero essere concordate fra tutte le forze politiche, perché hanno aspetti di carattere istituzionale (vedi leggi elettorali, vedi leggi che riguardano l'ordinamento di istituzioni del Consiglio). Per cui noi continuiamo con il nostro atteggiamento di responsabilità, ma attendiamo anche da altre parti analoga responsabilità.
Président - La parole au Conseiller Caveri.
Caveri (UV) - Grazie, Presidente. Per ricostruire questa vicenda bisognerebbe essere assai minuziosi, ma altri interventi hanno già in maniera molto precisa ricostruito una vicenda molto complessa sulla quale non tornerò, avendo peraltro fatto un intervento in commissione, nel quale ho aggiunto degli elementi all'insieme del dibattito.
Credo che l'approccio possa essere diverso e si possano scegliere degli elementi utili per il dibattito e anche per il resoconto che resterà, perché può darsi che nei libri di storia del futuro questa vicenda dei buoni di benzina possa risultare un fatto curioso nei rapporti, che non sono più rapporti bilaterali fra noi e lo Stato, ma rapporti trilaterali, poiché c'è questo soggetto politico rilevante che è l'Unione europea.
È vero però che se la storia va letta nella sua complessità, questo vale anche per le norme giuridiche. Le stesse frasi si evolvono e cambiano a seconda del contesto in cui sono state iscritte, quindi possiamo dire che l'articolo 14 dello Statuto, che in maniera tacitiana dà vita ad una "zona franca integrale", come la chiamano gli esperti, questa zona franca integrale era stata una grande idea dei padri fondatori dell'autonomia, che avevano perfetta coscienza della crisi economica fortissima che la Valle d'Aosta aveva vissuto nell'Italia liberale, ma anche nei secoli precedenti, quando cioè si era lentamente allentato quell'insieme di privilèges in senso positivo che consentivano al territorio montano della Valle d'Aosta di avere, nel rapporto con Casa Savoia, degli elementi di specificità, che voleva dire poi pagare meno di imposte, avere dei riconoscimenti per poi avere quel denaro che potesse essere non reinvestito nella costruzione dello Stato sabaudo, ma che potesse essere reinvestito in ambito locale. Quindi una grande intuizione, che deriva dalla paura di una povertà che potesse essere un elemento caratterizzante della nostra autonomia speciale, perché se è vero che "c'est l'argent qui fait la guerre", è altrettanto vero che la difficoltà di crescita nel secondo dopoguerra che faceva sì che ad un'effervescenza, ad una voglia di fare connessa al ritorno della libertà, non corrispondevano quei mezzi materiali che erano necessari. Lo abbiamo già detto in altre discussioni, c'era l'attesa della decade dei trasferimenti finanziari del casinò per far fronte alle spese correnti della nascente Regione autonoma.
Ora, quell'articolo 14 è un'intuizione forte, che si va a scontrare con la realtà di una mancata applicazione dello Statuto negli anni immediatamente successivi all'approvazione dello Statuto da parte della Costituente. Questo è un elemento importante; regalerò al Consigliere Zucchi gli scritti di mio zio, Severino Caveri, nei due volumi su "Les arbres toujours en fleur", dove si raccontano le ragioni della rottura fra l'Union Valdôtaine e la Democrazia Cristiana, e la nascita assolutamente "bizzarra", in termini politici, in un ambiente culturale e politico come gli anni '50, anni della guerra fredda, dell'accordo politico fra Union Valdôtaine e Partito Comunista che face scandalo, all'epoca. Pensate che non esistevano le Regioni a Statuto ordinario, quindi è evidente che dopo la scelta di De Gasperi di buttare fuori dal Governo i comunisti, era un elemento significativo. La zona franca fu uno degli elementi di rottura.
La zona franca non viene applicata, malgrado le promesse ripetute di tutti gli esponenti che negli anni 1950 e 1960 salirono ad Aosta per le diverse elezioni politiche. È vero che con il trattato di Roma del 1957, entrato in vigore nel 1958, quel tipo di zona franca prevista dall'articolo 14 perde in parte il significato, perché la zona franca non è più esclusivamente una decisione dello Stato nazionale, ma diventa una decisione comunitaria resa sempre più difficile e complessa nell'affermarsi di direttive e di regolamenti anche in questa materia, che rendono difficile e soprattutto necessaria una negoziazione, come è avvenuta per questa forma di zone franche urbane attualmente in vigore in Italia, come potrebbe essere per le zone franche auspicate in diverse sedi dal Presidente Rollandin, perché è ovvio che oggi una zona franca deve essere negoziata. E forse non la chiameremmo più zona franca, la chiameremmo "punto franco", insomma ci sono stati negli anni degli studi; forse è vero che con l'ottenimento dell'ordinamento finanziario basato su una fiscalità si è abbandonata la questione della zona franca, ma era anche una scelta logica. Nel frattempo posso dire che sono sempre esistite delle riflessioni, degli studi, che portavano a vedere come l'evoluzione del diritto comunitario potesse consentire di far rivivere quella norma, che noi non dobbiamo considerare, e i tecnici e i funzionari regionali che sono venuti in commissione... non abbiamo potuto ascoltare per ragioni personali il professor Carrozza, ma sono sicuro che lui stesso, come i nostri funzionari, avrebbe detto che l'abolizione di questa particolare misura del 1949 non porta all'abbandono totale dell'utilizzo di quella norma.
Certo che molte cose abbiamo imparato da questa vicenda. Intanto la miopia dell'Europa, perché quando andiamo a vedere le motivazioni che portano all'abolizione di questa misura il 12 dicembre 2006, vediamo una miopia rispetto alle cose che avevamo trasmesso al Governo italiano, perché la commissione risponde ciocca per brocca... ma rispondono ciocca per brocca perché i funzionari hanno avuto un atteggiamento con gli occhi ricoperti di salame o perché la trasmissione dei documenti avvenuta attraverso il Governo italiano è stata taroccata? Cioè le nostre ragioni, nella triangolazione obbligatoria, non potendo noi interloquire direttamente con la commissione, anche se poi abbiamo parlato con diversi commissari, ma un conto è l'interlocuzione informale, un conto è un'interlocuzione formale, si può pensare che in questa triangolazione siano state cambiate delle carte, meno convincenti, ed è questa la ragione per la quale c'è una sorta di distonia fra quello che dicevamo e quello che ritroviamo nella motivazione della decisione?
Certo, è importante oggi capire che ci sono altri elementi che brevemente ricorderò nel mio intervento. Il 1992 è un momento importante, perché da una parte esce la direttiva nella quale si incomincia a cercare un'armonizzazione per il settore energetico e, dall'altra, c'è una direttiva più generale nella quale vengono elencate le zone franche, le zone in Europa dove esiste una differenziazione per la fiscalità. Se, da una parte, in una direttiva si prevede un regime transitorio, cioè che ogni anno la commissione deve accogliere o rifiutare queste deroghe fiscali, dall'altra, invece, la Valle d'Aosta non c'è: nel 1992 la Valle d'Aosta è stata dimenticata. Mettete la questione di questa direttiva all'attenzione perché ne parleremo fra breve.
Sulla questione di questa direttiva del 1992 e della richiesta periodica di avere l'eccezione per i buoni di benzina, va detta una cosa molto importante, cioè che la commissione, sistematicamente, si era detta contraria all'erogazione dei buoni benzina, ma nel momento in cui la decisione della commissione andava a finire in Consiglio, essendo queste eccezioni alcune centinaia riguardando dai pescatori ai mezzi agricoli e un sacco di diavolerie, il consiglio sistematicamente bocciava la decisione della commissione. Quando nell'ottobre 2003 viene emanata questa nuova direttiva, fra l'altro in una materia che non è di competenza del Parlamento europeo, perché è un'interlocuzione diretta fra commissione e consiglio in questa materia di fiscalità, nel carteggio risulta un interessamento della Regione a partire dal 2004, dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale europea, ma la lettura dei testi sembrava, come citato da un virgolettato del Consigliere Louvin, che confermasse un ruolo del consiglio, cioè che la commissione proponesse questi tagli e a questi tagli ci fosse poi una decisione definitiva del consiglio; tra l'altro con la particolarità che - come talvolta capita - nelle diverse versioni linguistiche della direttiva non si leggono le stesse cose, cioè l'inglese, il francese e il tedesco non dicono le stesse cose.
Tornando a bomba alla ricostruzione dei fatti, ho già detto che c'è stata probabilmente una debole interlocuzione del Governo, quando il Governo ha scritto nel luglio 2006 a difesa dei buoni di benzina; possiamo immaginare che ci sia stata una leggerezza da parte della commissione nel rispondere alle obiezioni del Governo italiano; aggiungerei che il 2007 è caratterizzato anche dalla presentazione della petizione al Parlamento europeo, che era l'unico strumento politico consentito per interloquire con un'istituzione europea, era l'unico modo per poter interloquire e quella scelta fu fatta giustamente perché diede poi la possibilità di non veder cessare immediatamente i buoni, proprio perché si era ancora in una fase di interlocuzione ufficiale con un'istituzione comunitaria.
C'è una data che vorrei ricordare a questo Consiglio, proprio perché un giorno se ne farà una ricostruzione storica non solo documentale, ed è la data del 28 settembre 2007, quando il sottoscritto, nelle vesti di Presidente della Regione, partecipa al Consiglio dei Ministri per l'approvazione della finanziaria 2008. In quella fase - questo è un passaggio interessante - c'era stato un lavorio precedente con il Governo Prodi per evitare che lì venisse messa l'abrogazione della norma del 1949. L'aspetto imbarazzante fu che l'Assessore al bilancio del Friuli Venezia Giulia partecipò in nome e per conto del Presidente Illy a quel Consiglio dei Ministri, accettando invece l'abrogazione della medesima norma del dopoguerra che consentiva alla Provincia di Gorizia di avere i buoni di benzina... in cambio di che cosa? In cambio dell'ottenimento e della stratificazione della cosiddetta "benzina regionale".
Ricordo nell'anticamera del Consiglio dei Ministri la discussione con l'Assessore al bilancio del Friuli Venezia Giulia nel dire: attenzione, siete sicuri che questa benzina regionale non incorrerà anch'essa nelle ire della Commissione europea? E purtroppo è quello che poi nel tempo è accaduto, cioè si è detto che questa benzina regionale pagata dalla Regione, come noi stessi nelle discussioni politiche avevamo ipotizzato, non era consentita.
Diciamo che il 2007, ma soprattutto il 2008, è anche la nascita di questa idea di una norma di attuazione, sulla quale avremo occasione di tornare a discutere, una norma di attuazione che mirava ad evitare che fosse una legge, ma che fosse un procedimento più snello a dare vita ad una forma di zona franca, soprattutto risolveva questa questione del decimo residuo che oggi viene - come hanno spiegato i relatori - devoluto in favore dello Stato. In contemporanea, all'epoca, torna la discussione sull'altra direttiva del 1992, cioè quella che cita le zone franche, in particolare Livigno. Fra l'altro all'epoca facemmo una ricerca, la zona franca di Livigno non ha assolutamente una base di tipo costituzionale come il nostro articolo 14, è molto più debole. Un elemento preoccupante nell'interlocuzione con l'Europa è che loro pongono sempre sullo stesso piano l'ultimo decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri con una norma di rango costituzionale qual è lo Statuto di autonomia: questa è una delle debolezze nell'interlocuzione con l'Europa che sembra essere una mancanza culturale nella comprensione del regime di autonomia speciale di una regione come la nostra.
Ora - e concludo - è chiaro che siamo all'epilogo della vicenda rispetto alla quale si potrebbero aggiungere molte cose, ma non lo farò; tuttavia bisogna prendere questa vicenda per le lezioni che ci può dare.
Da una parte bisognerà, in prospettiva (forse con una norma di attuazione), chiarire la possibilità nostra di partecipare al processo ascendente, oggi scritta nella cosiddetta "legge La Loggia", cioè quando si cominciò a discutere della riforma della direttiva del 1992 per l'indicazione delle zone franche; giustamente, a mio avviso, la Valle d'Aosta disse di voler partecipare a quel tavolo perché era una cosa che ci interessava. Ma sappiamo che questa partecipazione delle Regioni è ancora fragile, non è mai avvenuta: una sola volta la Presidente Bresso ha partecipato ad un consiglio europeo e non è mai più stata chiamata. Naturalmente a noi interesserebbe partecipare anche alla cosiddetta "comitologia", quell'insieme di riunioni tecniche che consentono di dare vita a regolamenti e direttive.
L'altra cosa che ci viene di insegnamento è la cosa con cui esordivo, cioè la plasticità delle norme derivanti dallo Statuto. Ci sono stati già tanti casi di norme che erano rimaste morte, inespresse, e che d'improvviso rivedono la luce, rinascono tenendo conto di un contesto politico-giuridico che si è evoluto. È possibile che questo possa avvenire con la zona franca, avendo le idee chiare rispetto non più ad una progettualità qual era la zona franca integrale, cioè dell'esistenza di una vera e propria dogana a Pont-Saint-Martin, perché oggi le dogane non esistono più in nessun confine comunitario, quindi non possiamo pensare ad una cosa del genere.
Credo che l'argomento sia stato interessante, nel quale, nel limite del possibile, tutti coloro che se ne sono occupati hanno cercato negli spazi ristretti di interlocuzione con l'Europa di trovare delle risposte e di fornire delle suggestioni; non bisogna mai piangere sul latte versato, però quel rivolo di latte che c'è per terra deve essere occasione di riflessione e deve essere, questo tema dei buoni benzina, un'occasione politica per migliorare la qualità della nostra politica, la capacità che possiamo avere di dialogo con lo Stato e la capacità di dialogo con l'Europa, che sembra essere oggi l'elemento dominante di questi anni.
Président - S'il n'y a pas d'autres qui souhaitent intervenir, je ferme la discussion générale.
La parole à l'Assesseur aux activités productives, Pastoret.
Pastoret (UV) - Merci, M. le Président. Celui d'aujourd'hui est un épilogue que peut-être nous n'aurions pas voulu vivre. Nous abordons, comme beaucoup d'entre vous l'ont déjà dit, un thème qui va bien au-delà du simple contenu du projet de loi portant abrogation de la loi n° 7/1998. Sont plusieurs ceux qui ont défini "historique" cet acte et ce moment. La question, au-delà du plaisir et de la délusion qu'elle évoque en nous, comme vous l'avez déjà dit, est sans issue. Celle que nous nous apprêtons à prendre sera une décision par rapport à laquelle nous n'avons aucune possibilité de confrontation, nous ne l'avons pas eue, et à laquelle nous sommes obligés.
Ce projet de loi a été présenté au Conseil suite à un parcours qui nous a été imposé, sans possibilité de le renvoyer de façon ultérieure, sans que toutes les tentatives, les requêtes aient eu un peu d'attention. Je prends acte que tous ceux qui sont intervenus dans ce débat, d'une manière ou dans l'autre ont reconnu que cette décision est la conséquence d'une imposition de l'Union européenne, à laquelle nous ne pouvons pas nous soustraire. Il ne s'agit pas, là, d'une question d'opinions, mais d'une prise d'acte de la réalité telle qu'elle est.
I relatori hanno sviluppato, ognuno dal proprio punto di vista, una disamina che ha già ripercorso le varie tappe della storia dei buoni di benzina, quindi non tornerò su temi già introdotti da loro. Ringrazio anche tutti gli altri intervenuti, la commissione sicuramente, ma anche coloro che sono intervenuti oggi, perché credo che in questo Consiglio oggi ci sia stato un dibattito di elevato livello che onora quest'Assemblea.
Mi limiterò ad aggiungere a quanto è stato rappresentato alcuni elementi, che a mio avviso non devono essere assenti da questa vicenda.
Senza fare processi, collega Donzel, voglio tornare su alcuni fatti della storia, poiché i buoni benzina sono stati non una concessione dello Stato, ma la conseguenza di un mancato rispetto di un impegno che lo Stato aveva preso. I buoni benzina sono stati previsti dalla legge n. 623, che consentiva - come già detto -, in attesa dell'attuazione dell'articolo 14 dello Statuto speciale, l'immissione in consumo dei contingenti annui di benzina e gasolio in esenzione fiscale. Una disposizione che avrebbe dovuto essere transitoria, ma che di fatto ha esplicato i suoi effetti per 60 anni, fino a quando non abbiamo dovuto cambiare direzione sulla base di questa imposizione che ci viene dall'Unione europea.
Ci si chiede se la questione avrebbe potuto andare diversamente... per rispondere a questo quesito credo che dobbiamo tornare indietro, andare al dopoguerra, evocare il clima che c'era nel 1949 quando si approvò la legge n. 623, e darci una risposta sul perché il tempo sia trascorso inutilmente senza che il territorio valdostano fosse (cito) "posto fuori dalla linea doganale costituendo zona franca", come prevedeva l'articolo 14 dello Statuto.
La domanda che dobbiamo porci, oggi, davanti a ciò che stiamo per consegnare alla storia, con l'atto che assumeremo fra poco, è la seguente: perché la zona franca non arrivò mai e si conservarono per tutto questo tempo i buoni benzina. Il Consigliere Caveri ha già ricordato qual era la situazione della Valle e cosa portò poi ad inserire questa norma della zona franca, quindi non la riprenderò. Ma dobbiamo essere consapevoli che tutto quanto accadde allora era frutto di un pensiero, che riteneva che la Valle d'Aosta dovesse rimanere funzionale ad un progetto di sviluppo che non era suo, ma era dello Stato, questo, perché in Valle c'era l'energia elettrica, c'erano le acque; chi si è occupato della storia della Valle d'Aosta ai tempi della Resistenza ricorderà un'organizzazione che fu messa in piedi per occuparsi specificamente dei temi legati all'industrializzazione della Valle d'Aosta e al mantenimento di un sistema Valle d'Aosta incardinato all'interno dello Stato italiano. Quindi la geniale intuizione di inserire nello Statuto speciale questo articolo 14 della zona franca, alla luce dei fatti, si è dimostrata qualcosa di non vero, una sorta di finzione. Lo Stato italiano non aveva, come dimostrò, nessuna intenzione di concedere la zona franca alla Valle d'Aosta. Ciò si dimostrò ogni volta che il tema veniva evocato, la zona franca alla prova dei fatti si è dimostrata una sorta di stratagemma, un atto importante e significativo, come ha detto il Consigliere Caveri, ma che si rivelò un banale "contentino", venduto sovente in modo improprio come una grande concessione alla Valle d'Aosta, che allora aveva chiesto il plebiscito e alla quale fu concesso lo Statuto speciale; poi, noi, nel tempo, abbiamo dato altre definizioni di questi fatti, ma la lettura del tempo è stata quella.
Tutto questo appartiene al passato, ma bisogna ricordare che lo Stato, nella composizione dei partiti che lo governavano, ignorava consapevolmente la questione ed ugualmente in Valle d'Aosta i governi regionali, che erano la fotocopia in alcuni momenti storici di quelli statali, non affrontarono il tema della zona franca; così come ai governi regionali che non fossero stati amici di quelli centrali, non sarebbe mai stato consentito di portare a casa il risultato dell'attuazione della zona franca.
È vero che nel 1949 nasce la legge n. 623, ma essa rappresenta la risposta, in quel momento obbligatoria per ragioni politiche, ad un governo regionale che allora era figlio delle elezioni dell'aprile 1949, che in quella prima legislatura vedeva al Governo una coalizione Union Valdôtaine-Democrazia Cristiana con alla Presidenza della Regione Severino Caveri. La norma della "623" aveva un carattere transitorio in attesa della zona franca, a quei tempi l'obiettivo sembrava essere a volte a portata di mano, il dibattito fu ampio, circostanziato, ma l'attesa era destinata ad essere senza fine. Peraltro, poi, nel 1954 si tennero le nuove elezioni con un cambiamento fondamentale di indirizzo politico: gli ambienti cattolici, clericali, abbandonarono le prospettive regionaliste, si trovarono uniti in una battaglia condotta agitando anche la bandiera dell'anticomunismo, che era la bandiera che conveniva combattere allora in vista dell'alleanza fra l'Union Valdôtaine e il Partito Comunista.
La lista di matrice democristiana, denominata Concentrazione dei Partiti Democratici, raccoglie un largo consenso, pari al 40,7 percento, porta a casa, con un sistema maggioritario, 25 eletti; le sinistre prendono 16.700 voti, 6.000 voti meno, 9 seggi; l'Union Valdôtaine con 16.500 voti porta a casa un solo eletto, poi qui l'effetto dei sistemi maggioritari racconta qualcosa di interessante anche dal punto di vista della rappresentanza. Inizia così "la politica della carota e del bastone" o, se vogliamo chiamarla diversamente, "la politica dei rubinetti" che Luciano Caveri ricorda sovente, memore delle battaglie che suo zio condusse nel Consiglio Valle.
Al blocco dei partiti cosiddetti "democratici" che assume il Governo della Regione dopo le elezioni del 1959, lo Stato fa importanti concessioni, è un esecutivo considerato amico, dello stesso colore politico; bisogna sostenerlo, arrivano denari, si finanziano opere ed iniziative. La legge n. 623 rimane in essere, la zona franca non si vede. I pressanti bisogni interni per rafforzare la leadership della maggioranza regionale sono altri, non c'è tempo, non c'è interesse politico in quel momento di affrontare un tema che rappresenta il cavallo di battaglia di chi è stato cacciato all'opposizione. Si potrebbe vedere meglio la questione, forse, ma dal punto di vista politico le cose precipitano anziché migliorare; difatti, contrariamente alle speranze della DC, nel 1958 Severino Caveri viene eletto al Parlamento con Renato Chabod: è la sconfitta della Democrazia Cristiana e della sua coalizione, che nel 1959 viene anche sconfitta nelle elezioni regionali. Due Parlamentari, un Governo regionale espressione di forze antagoniste rispetto al Governo di Roma non otterranno mai la zona franca, né la otterrà la Valle d'Aosta.
Le successive elezioni del 1963 lasciano ancora all'opposizione la DC, torna in sella nel 1966 a seguito del famoso "fil di ferro", ma la DC non ha più la coesione necessaria e si avvia la diaspora interna che dà vita ai DP. La zona franca si allontana definitivamente per varie ragioni, anche per la complicazione del dibattito politico che in quel momento si sviluppa in Valle d'Aosta. Gli orizzonti sono altri, i temi del dibattito sono altri. I buoni benzina, allora distribuiti sotto forma di veri e propri buoni cartacei, una sorta di carta moneta, sono ormai un'istituzione considerata quasi definitiva, con ricadute persino più positive di quelle che potrebbe dispensare la zona franca, in quella che è la concezione comune delle persone che utilizzano i buoni, e questo concetto si rafforza nel 1973, quando la crisi petrolifera che sconvolge il mondo, fa schizzare alle stelle il costo del petrolio, manda a piedi tutta l'Italia nei giorni festivi. Da questo momento inizia a tramontare in forma sempre più definitiva la prospettiva della zona franca.
La storia meriterebbe di essere raccontata meglio, il tempo è poco, qualcuno si occuperà di farlo; a me premeva integrare ciò che è già stato evocato da altri e di ricordare un tempo che ha segnato il futuro, che ci siamo lasciati alle spalle, e il presente che oggi ci chiama ad una decisione dura e difficile.
Siamo costretti, oggi, a mettere fine, noi, ad un regime al quale l'Unione europea ci impone di rinunciare, ma è altrettanto vero che la responsabilità di questo epilogo risiede, da un lato, nel bluff consapevole che mantenne sempre viva questa lucina della zona franca, ma che fu anche frutto di una politica miope del primo dopoguerra, quando, dopo gli slanci e le brillanti intuizioni della Costituente, fece proprio l'imperativo di normalizzare e di riaffermare i principi della centralità e dell'autorità dello Stato, perché questo accadde. All'epoca le Regioni non esistevano, la concessione degli Statuti speciali fu una sorta di dazio che lo Stato doveva pagare per raggiungere una rapida normalizzazione dell'Italia del dopoguerra; nel caso della Valle d'Aosta l'articolo 14 introduceva la zona franca. Tutto questo è avvenuto.
Sono poi arrivati gli anni '70, sono quelli gli anni in cui tramonta man mano la prospettiva della zona franca; infatti le zone franche, con la caratterizzazione del dopoguerra, hanno perso interesse in modo inversamente proporzionale alla crescita delle politiche comunitarie, che negli ultimi decenni hanno sempre più caratterizzato le politiche economiche ed organizzative dei territori dell'Unione europea.
Oggi ci troviamo a dover assumere la decisione di recidere, con un taglio netto, il nostro passato, un taglio al quale non ci possiamo sottrarre. Credo che una voce positiva però debba esserci in questa decisione e che debba essere quella di prendere questo momento come una tappa che ci dovrà accompagnare a voler costruire prospettive diverse su basi nuove dello sviluppo, della difesa, del rafforzamento della nostra autonomia. Capiamo bene che oggi, nel momento dell'assunzione di una responsabilità grave e importante ci possa essere la tentazione di smarcarsi. A noi, della maggioranza, rimane il compito gravoso di assumerci le responsabilità che derivano dal governare. Avremmo molto apprezzato e apprezzeremmo che su questo tema, rispetto al quale tutti in quest'aula sanno non esserci alternative di alcun genere, ci fosse il voto convinto di tutto il resto dell'Assemblea. Grazie per la vostra attenzione.
Président - La parole au Président de la Région, Rollandin.
Rollandin (UV) - Grazie, Presidente. Sicuramente è stata positiva, proficua, utile la storia ripetuta, rivista su tutti i suoi aspetti e in tutti i suoi dettagli, nei vari passaggi politici, amministrativi, contabili, su tutto quello che è successo.
Nella sostanza due sono i fatti determinanti; uno, che quando c'è stata la discussione, di fatto la discussione è avvenuta a senso unico, non c'è stato contraddittorio da parte di chi doveva presentare, non certo della Regione che ha inoltrato le sue proposte a suo tempo, e per quello che è stato deciso a livello di Unione europea, la decisione nostra è stata presa in mezzo a tante altre e la questione è stata così liquidata: questa è la verità. Dal 2003, gli ultimi sgoccioli sono stati illustrati con dovizia di particolari, nel 2007 quando si era "in zona Cesarini", si è cercato di vedere se si poteva riaprire il tavolo, cosa difficilissima, che infatti non è avvenuta. L'altro aspetto è il discorso di cosa farne ancora della zona franca, sapendo che dal 2003 tutti erano coscienti, anche se essere coscienti non voleva dire magari far conoscere nei dettagli le conseguente immediate e dirette, cioè proporre quell'atto che oggi stiamo discutendo. L'altra questione è la zona franca. Sicuramente sulla zona franca si sono inventati dei partiti della zona franca, c'è stato di tutto a livello politico, giustamente con una sensibilità nei confronti di questo tema che c'è stata nell'arco temporale di 60 anni, al di là di maggioranze e minoranze e delle varie occasioni perse, non sfruttate.
Oggi il problema vero è che ci troviamo confrontati con una presenza di un dettato statutario che è ancora lì, però per dare gambe a questo Statuto dobbiamo tener conto che c'è una Unione europea che ha delle regole molto precise, che ha delle disposizioni che vanno nella direzione di uniformare o di riprendere in mano le potestà, a questo proposito non solo dal Parlamento, ma dal Consiglio, in un ordine fiscale molto dettagliato, come si sta regolarmente verificando a tutti i livelli.
Cosa fare? Il discorso possibile è quello di vedere in quali livelli e come attuare quello che rimane della zona franca pensata ai tempi in cui è stata istituita: questo è l'obiettivo che ci siamo dati, su cui stiamo lavorando per presentare in Consiglio le proposte che possano andare in questa direzione. Quanto al resto, si doveva dire prima, alla gente dovevamo comunicarlo con altre parole, con altre tematiche... è possibile; si poteva far prima, sicuramente. Sicuramente non è conveniente per nessuno o non lo era sicuramente, su questo bisogna essere obiettivi, perché è così. Il resto, ognuno se la canta e se la suona, il risultato è che di più non si poteva fare e oggi la presa d'atto di una situazione che era nota da tempo è purtroppo obbligata; al di là di questo non si può andare.
Il problema di intervenire su cosa è valso per quanto riguarda la mobilità... valli laterali, non valli laterali, ci sono i pullman, ma i pullman non vengono utilizzati... non è che mancando i buoni dobbiamo dire a più gente di prendere il pullman; chi non prendeva il pullman prima non lo prenderà adesso che non ha i buoni benzina, purtroppo! Ci augureremmo che questo succedesse, ma non è così, quindi la situazione è purtroppo cambiata, anche sotto il profilo del sistema Valle d'Aosta nel suo complesso.
Quello che ci auguriamo è che questo possa essere capito anche dalla gente, che non è stata una scelta, ma è stato un obbligo a cui dovevamo comunque dare osservanza perché non c'era altra scelta. Lo si è portato con chiarezza, dicendo quali sono le condizioni che oggi ci troviamo ad affrontare. Per il futuro ci impegniamo a presentare tutte quelle alternative dell'utilizzo corretto della zona franca, che siano sostenibili, perché giustamente qualcuno ha ricordato che il Friuli aveva fatto il tentativo di passare direttamente dall'accisa al buono carburante, che è stato clamorosamente bocciato. Chiaramente non potevamo insistere sulla stessa via.
Credo quindi che dobbiamo riflettere sulle potenzialità residue del concetto "zona franca", come può essere applicato e come può andare nella direzione non tanto di distribuire un quantitativo piuttosto che un altro di agevolazioni, quanto un intervento serio nell'ambito della defiscalizzazione soprattutto per le imprese, quindi dare un supporto vero all'economia, anche modesto, nelle zone di media montagna. Questo è quello che credo sia corretto dire, senza illudere nessuno, senza dire che tornerà o non tornerà; non tornerà più, però il risultato sarà quello di impegnarsi perché nel futuro ci sia un dibattito che - avendo come premessa tutta la storia da più ricordata, e tenendo conto che il discorso politico è da affrontare in modo serio - vada nell'ottica di attivare tutti quegli strumenti che danno dei risultati: questo è l'impegno che possiamo prenderci oggi.
Presidente - Tenuto conto che ci sono delle proposte di intervento sia in sede di replica, sia per quanto riguarda le dichiarazioni di voto, chiudo qui la seduta dei lavori della mattina. Come avete visto, c'è fuori un interessante chiamiamolo "aperitivo" offerto dal Vicepresidente Chatrian, in considerazione del fatto che convolerà a nozze presto, per cui gli facciamo tutti gli auguri in questa occasione.
La seduta è tolta.
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La seduta termina alle ore 12,50.