Oggetto del Consiglio n. 183 del 28 ottobre 1965 - Verbale
OGGETTO N. 183/65 - RICHIESTA DI INFORMAZIONI SUL CASO BREDY LIVIO E SUL CASO BENEYTON GERARDO. (Interpellanza dei Consiglieri regionali Signori Pedrini Ennio e Cusumano Epifanio)
Il Presidente, MARCOZ, dichiara aperta la discussione sulla seguente interpellanza dei Consiglieri regionali Signori Pedrini Ennio e Cusumano Epifanio concernente l'oggetto: "Richiesta di informazioni sui caso Brédy Livio e sul caso Beneyton Gerardo", interpellanza trasmessa in ai Signori Consiglieri unitamente all'ordine del giorno dell'adunanza del 28 ottobre 1965:
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Ill.mo Signor
Presidente del Consiglio
Regione Autonoma Valle d'Aosta
I sottoscritti Consiglieri Regionali Liberali chiedono alla S.V.Ill.ma di voler inserire nell'Ordine del Giorno della prossima riunione straordinaria la seguente:
Interpellanza
Si interpella il Presidente della Giunta per sapere:
1) I termini esatti che hanno portato alla denuncia del Signor Brédy Livio e della conseguente controdenuncia.
2) Chiarimenti sulla presenza e relativo discorso del Presidente della Giunta sul "caso Beneyton".
Si ringrazia.
I Consiglieri Regionali
F.ti: Ennio Pedrini - Dr. E. Cusumano
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Il Presidente della Giunta, CAVERI, dichiara quanto segue:
"Rispondo sul primo punto. Sul primo punto ho già detto quanto bastava in una precedente seduta del Consiglio Regionale, per cui mi limito a ricapitolare brevissimamente.
Ho ricevuto non dagli impiegati dell' Ufficio telegrafico di Aosta, come qualcuno ha farneticato con una sua denuncia che è ai limiti di quello di cui parlava prima il Consigliere Pedrini, in polemica con me su altro argomento, non dagli impiegati dell' Ufficio telegrafico (che potrebbero presentare querela contro tutti coloro che hanno parlato e scritto di violazione di segreto telegrafico), ma da un tizio, privato cittadino, ex collaboratore del Sig. Brédy, il testo di quei tre telegrammi inviati dallo stesso Sig. Brédy: uno al Ministro Taviani, l'altro all'Onorevole Rumar, come Segretario della Democrazia Cristiana, e il terzo all'Onorevole Salizzoni, come Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
In questi telegrammi, con un tono imperativo e altezzoso, trattando da pari a pari tra grandi potenze..., il Brédy reclamava il pagamento delle sue spese e anche dei suoi servigi.
Perché il tono di quei telegrammi era così imperativo e altezzoso? Perché il Signor Brédy crede di poter trattare con il Ministro degli Interni, con il Sottosegretario del Consiglio dei Ministri e con il Segretario della Democrazia Cristiana con un tono che noi, che abbiamo un cattivo carattere, non ci permetteremmo mai? Perché, se noi inviassimo dei telegrammi a queste tre alte Autorità dello Stato, intanto noi non chiederemmo del denaro, per chiedere loro qualche cosa, useremmo un tono un po' meno da imperatore delle Indie.
Si vede che il Signor Brédy si sente particolarmente robusto.
Comunque, io ho consegnato al Procuratore della Repubblica, con una lettera di trasmissione, le copie fotostatiche di questi tre telegrammi e ne conservo a casa altre copie fotostatiche.
Et voilà! I fatti sono questi. Spetta ora all'Autorità Giudiziaria di fare luce su questo turpe episodio.
Questo episodio si sta allargando come una macchia d'olio, e io so che a Roma e ad Aosta, a Roma soprattutto, vi sono delle persone che sono molto preoccupate di questo fatto.
Io so molte cose al riguardo. Potrei fare un elenco di uffici statali, di privati, di industriali e di uomini della finanza che hanno foraggiato largamente il Signor Brédy con dei milioni, non con delle briciole, con parecchi milioni.
Spetta all'Autorità Giudiziaria scoprire tutto questo e se l'Autorità Giudiziaria mi convocherà di nuovo, a deporre come teste, avrò parecchie cose da dire al riguardo.
Si parla di bolle di sapone!
Non sono bolle di sapone; sono bolle che scoppieranno, facendo molto fracasso e travolgendo qualcuno. E fra queste persone c'è anche qualcuno che mi spiace di vedere coinvolto in questa faccenda ridicola, turpe e sporca nello stesso tempo.
Io non parlo della questione del viaggio dell'Assessore Andrione, perché penso che su questo argomento sarà lui a fornire chiarimenti. Però io rivendico di avere avuto l'idea, avendo visto che il Signor Brédy, di fronte alla gravità dei fatti scoperti, aveva ancora l'insigne impudenza di convocare gli emigrati valdostani a Ginevra, io rivendico il merito, e credo di avere compiuto il mio dovere, di avere pregato, d'accordo con la Giunta Regionale, l'Assessore Andrione di andare a Ginevra a presenziare a questa Assemblea degli emigrati valdostani a Ginevra.
Io credo che un Assessore regionale abbia diritto di intervenire ad una riunione di emigrati valdostani a Ginevra, a Parigi, a Lione, a Grenoble.
E' deplorevole che su certi giornali si siano raccolte le più basse diffamazioni e denigrazioni nei confronti dell'Assessore Andrione. Comunque, io penso che su questo punto, per quanto di sua competenza, egli abbia qualche cosa da dire.
Certo che a Roma e ad Aosta vi sono delle persone che sono molto preoccupate del caso Brédy e ne hanno ben donde, perché sanno che cosa è avvenuto; sanno benissimo, queste persone, quanti denari sono stati dati, come sono stati dati, quando sono stati dati. Io tutto questo lo so; io potrei indicare certe sigle ME, MTI PBC, personaggi della politica locale, personaggi della politica del centro, ecc.
Comunque, non sostituiamoci alla Magistratura, per carità!
Lasciamo che la Magistratura faccia il suo dovere, insieme agli Ufficiali di polizia giudiziaria. Noi non siamo Sherlock Holmes; abbiamo la fortuna di incappare, di incocciare in certi documenti. Le persone che ci danno questi documenti sollevano nel nostro animo dei sentimenti che non voglio definire. Vespasiano diceva "non olet" e, quindi, per noi i documenti del Signor Brédy "non olent". Puzzeranno per altri, per noi non puzzano affatto, anzi, hanno un soavissimo odore.
Io ho risposto al primo punto; ma il primo punto dà la chiave per capire il secondo punto.
Parliamo pure del caso Beneyton.
Avevo detto che non avrei fatto questo nome; comunque, parliamo pure del caso di quel ragazzo.
Io sono molto grato al Consigliere Pedrini di avermi fatto questa interpellanza, perché così mi dà il destro di spiegare in che cosa consista questa faccenda. Questa interpellanza mi permette di dire quello che altrimenti non avrei detto, perché, per parecchie ragioni, avrei dovuto forse tenere il silenzio su questa vicenda.
Comunque, questa interpellanza mi permette di rivendicare il fatto, inoppugnabile, di essere stato il primo e il solo che ha capito che in tutta questa faccenda non c'era niente di vero.
Riassumiamo brevemente i fatti. Ho ricevuto il venerdì o il sabato precedente a quella domenica un biglietto di invito stampato, firmato "Associazione Piccoli Compositori" (se ricevo un invito, in genere, o vado personalmente, o mi faccio rappresentare); mi sono recato al Cinema Italia, accompagnato dal Presidente del Consiglio, Avvocato Marcoz, e da altre persone.
I giornali, guarda combinazione, non hanno nominato nessun altro, salvo il sottoscritto. Ma, si capisce, si doveva esercitare la vendetta e la rappresaglia per la denuncia Brédy, che dava maledettamente noia a troppa gente; si doveva esercitare la rappresaglia per quanto io posso aver detto al Procuratore della Repubblica quando sono stato interrogato, come teste, nella questione Torrione-Gheis.
Io ho consegnato al Procuratore della Repubblica un altro documento che era a mie mani e che io conservavo gelosamente in una cassaforte, per evitare sorprese. Io ho consegnato questo documento e questo documento dimostra, a luce meridiana, che non ci sono soltanto due colpevoli nella questione Torrione-Gheis; questo documento conferma che vi sono altri colpevoli. C'è un Consigliere regionale democristiano ed un altro Consigliere regionale che non è democristiano, che non è coinvolto nella faccenda penale, ma che ci fa una triste figura.
Quindi, anche qui, spetta all'Autorità Giudiziaria di indagare.
Ma, allora, bisognava colpire colui che dà fastidio, e sono io, che dà fastidio con queste denunce. Bisognava sostenere la tesi che io fossi una specie di Pio Percopo, personaggio del Corriere dei Piccoli, non della Domenica del Corriere, ma del Corriere dei Piccoli, che è stato il più grande giornale italiano, probabilmente il più serio. Bisognava dire che io ero sprovveduto, che io correvo dietro i fantasmi, che io mi facevo ingannare da un ragazzo deficiente.
Dunque, io arrivo al Cinema Italia alla mattina di quella domenica, con quelle persone; incontro un certo Meloni, il quale mi si presenta e dice: "Io vengo ad accogliere le Autorità per la questione del Premio, ecc. ecc.".
Io dico al Meloni: "Mi stupisco che un uomo come Lei possa rappresentare una Associazione culturale per un Premio; non riesco a capire perché ci sia Lei di mezzo in questa faccenda". Perché il Meloni è un ignorante assoluto e non aggiungo altro, perché potrei aggiungere altre cose, ma non le aggiungo.
Il Meloni faceva lo spavaldo, raccontava un sacco di storie. Io dico: "Ma perché non sono arrivati questi personaggi di Firenze. Ma come! Si distribuisce un premio ammontante a cifra notevole (non si era ancora parlato di 50 milioni; la storia dei 50 milioni è venuta fuori dopo, nel Cinematografo) e non ci sono questi Signori? Questi Signori danno dei premi di tale fatta e non si degnano nemmeno di prendere il treno, di prendere l'omnibus da Firenze ad Aosta? Come si spiega questo fatto?".
A questo punto il Meloni ha incominciato a dire una fandonia dopo l'altra. Al che, io che ho un caratterino non dei più facili, sono saltato su e ho detto: "Senta, la smetta Signor Meloni di dire delle fandonie perché, se Lei dice ancora una sola parola, io la pianto in asso e me ne vado a casa".
Ma io non volevo e non voglio fare delle piazzate, c'era già della gente che mi guardava come un abitante della luna.
Sembrava che io fossi di cattivo umore quella mattina; invece io non ero di cattivo umore, ma avevo notato subito che in questa faccenda c'era qualche cosa che non andava.
Aggiungo che il Meloni mi ha anche invitato a salire sul palcoscenico con il Presidente del Consiglio, Avvocato Marcoz. Mi sono rifiutato dicendo: "Io su quel palco non ci vado". E l'Avvocato Marcoz non ci è andato nemmeno lui.
II Meloni mi dice: "Lei deve pronunciare un discorso".
Gli rispondo: "Io non pronuncio alcun discorso; se Lei voleva dirmi che dovevo fare un discorso, doveva dirmelo prima".
Non è mai venuto da me prima il Meloni, e ce n'era ben donde; è andato da altri, ma da me non è venuto, perché sapeva che se fosse venuto da me... beh!
Poi è stata data lettura dei tema: il tema era bellissimo, eccezionale.
Le Autorità comunali ci invitano poi ad andare in riunione, en petit Comité, al Municipio, dove è stato dato un rinfresco, e dove, io effettivamente, ho detto due parole di commento al tema; ho commentato quel tema che era fatto bene, ma quel tizio aveva copiato.
Però, io tutto il giorno sono stato torturato dai dubbi e la mattina dopo, lunedì, alle nove del mattino, io ho telefonato a chi di dovere e ho detto testualmente questo: "Quella questione del premio puzza. La prego di fare una indagine".
Alcuni giornalisti hanno detto che io ho dichiarato di aver telefonato al Capitano dei Carabinieri.
Io questo non l'ho detto. Io conosco, e questo lo dico senza stupide modestie, io conosco il mio mestiere e so quello che posso dire e quello che non devo dire. Nell'esercizio delle funzioni che mi sono conferite dall'articolo 44 dello Statuto speciale per la Valle d' Aosta, io so quello che devo fare, quello che devo dire e quello che devo tacere. Quindi io non ho parlato di Carabinieri. Io ho detto: "Ho telefonato a chi di dovere".
Subito dopo ho mandato a chiamare il Sovrintendente Regionale agli Studi e gli ho detto: "Lei deve telefonare immediatamente al Provveditore agli Studi di Torino e chiedere se sa cosa è questa Associazione dei Piccoli Compositori".
Ho mandato a chiamare un altro impiegato della Regione e gli ho detto: "Lei deve telefonare immediatamente a Firenze, a quel tale. Quell'impiegato, per mio ordine, non ha telefonato ad un solo Bertelli, ha telefonato a tre Bertelli. Un Bertelli diceva di non avere mai sentito parlare di questo premio; ad un altro numero telefonico, indicato dal Meloni e dagli altri, rispondeva una voce di donna che diceva: "Ma come, mio padre è morto due anni fa". Poi si è telefonato ad un altro Bertelli. E così la cosa è venuta fuori piano piano.
Allora, immediatamente, lunedì stesso, salvo errore, ho convocato il padre dei ragazzo che evidentemente è in preda ad una forma di megalomania, di mitomania.
Se certi padri dessero ai figli certi scappellotti per tempo, questi fatti non succederebbero. Ma ormai si è formata, attraverso la televisione, attraverso gli spettacoli del tipo di "lascia o raddoppia" o di altri spettacoli di basso conio che si danno alla televisione (la televisione oggi, salvo poche eccezioni, è diventata veramente uno spettacolo per menti sottosviluppate e a causa di questi spettacoli decade il livello mentale della gente), si è formata una stupida mentalità per cui si crede che si debba cogliere la fortuna, che non occorra studiare, ma che basti fare un temino e c'è subito l'americano che arriva con i 50 milioni e con la Cadillac.
Questo è malcostume! Si parla tante volte qui di malcostume; ebbene queste sono forme di malcostume che sono penetrate largamente, in ceti profondi del popolo.
Dunque, mando a chiamare il padre dei ragazzo e dico: "Scusi, Lei da chi ha saputo che avevano assegnato a suo figlio questo premio?"
"L'ho saputo dal Meloni".
Faccio uscire il padre e faccio entrare il Meloni, al quale domando: "Lei da chi ha saputo dell'esistenza di questo premio?". Il Meloni mi risponde: "L'ho saputo dal padre".
Allora interrogo nuovamente il padre: "Che cos'è questa storia della macchina? Ma è vero che suo figlio ha già ricevuto in premio un'Alfa Romeo?".
Il padre afferma che il ragazzo ha ricevuto in premio un'Alfa Romeo sei mesi fa e che questa macchina gli è stata consegnata dal Concessionario in Aosta dell'Alfa Romeo.
Mando a chiamare il Concessionario in Aosta dell'Alfa Romeo e gli domando: "Scusi! Lei ha dato una macchina a questo ragazzo? E in base a che cosa?". Il Concessionario mi risponde: "Ma, perché mi ha telefonato una persona da Firenze, dicendo di rappresentare una certa Associazione, della quale però io non ho chiesto il nome. La macchina poi è stata pagata dal padre del ragazzo".
Dopo aver avuto queste risposte, io ho ordinato agli uscieri di non lasciare uscire quei due Signori e ho di nuovo telefonato a chi di dovere, che è venuto da me, e gli ho consegnato quei due Signori; li ha accompagnati in un certo luogo e li ha interrogati. Ma ormai tutto era stato scoperto.
Quindi, la storia della nostra pretesa dabbenaggine è una favola e tutta questa manovra è stata una sconcia speculazione, per motivi politici, su di un fatto sul quale io posso rivendicare di essere stato l'unico e il primo ad avere capito qualche cosa. E questo lo dico senza stupide vanterie, perché la sconcia speculazione imbastita da certi giornali pretesi seri, da certi rotocalchi che hanno dato prova della loro bassezza, della loro malafede e della loro cachessia intellettuale, questa sconcia speculazione, dico, non è che una vendetta e una rappresaglia per i fatti Torrione-Gheis e soci, i magnifici sei o sette o quanti sono, ed è una vendetta ed una rappresaglia per il caso Brédy.
Noi sappiamo benissimo che certi organi e certe persone, quando sono toccati, quando sono scottati sul vivo (come sono stati e saranno sempre di più bruciati e scottati, facendo delle pessime figure) hanno bisogno di vendicarsi, hanno bisogno di diffamare e denigrare non solo il Presidente della Giunta; perché, in questo caso, si è diffamata la Valle d'Aosta, si sono diffamati i Valdostani, si sono diffamate le Autorità valdostane, si è diffamata l'Autonomia.
E la prova di questo è che un giornalista, di cui potrei fare il nome, mi ha detto: "Vedrete che ci sarà una campagna di stampa contro l'Autonomia, perché voi date prova di non sapere discernere il bene dal male".
Ah! no. Noi abbiamo saputo, in questo caso, discernere; e questa campagna è stata sciocca, è stata diffamatoria, denigratoria.
Ometto di dire quello che mi è successo, cioè di essere stato avvicinato, in un Caffè di Aosta, da due corrispondenti di una Rivista ai quali ho risposto educatamente: "Se volete parlarmi, venite al palazzo regionale, chiedete udienza e vi riceverò immediatamente".
Più tardi sono stato ancora avvicinato da due pretesi corrispondenti di un'altra Rivista e, siccome ho dato loro la stessa risposta, sono stato da costoro ingiuriato, aggredito verbalmente e offeso. Io ho telefonato al Direttore di quella Rivista, perché non potevo credere che il Direttore di una grande Rivista dell'Alta Italia fosse stato così sfortunato nello scegliere i suoi corrispondenti, che si sono dimostrati dei villani della peggiore risma , e gli ho detto che avrei presentato una denuncia contro quei due corrispondenti perché mi avevano fermato, ingiuriato, offeso e oltraggiato non come Avvocato Caveri, ma come Presidente della Giunta Regionale, che è un pubblico Ufficiale; pertanto io presenterò una denuncia per oltraggio a pubblico Ufficiale.
Questi sono i fatti ed io non aggiungo altro.
Non siamo noi, Valdostani, non siamo noi Autorità valdostane che abbiamo fatto brutta figura; hanno fatto brutta figura gli altri, sempre gli altri, che ci odiano. Lo sappiamo che ci odiano. Ebbene, noi a questo odio rispondiamo con un freddo disprezzo".
Il Consigliere PEDRINI osserva come il Presidente della Giunta, Caveri, abbia trattato, con grande maestria, i delicati argomenti indicati nell'interpellanza in discussione.
Ritiene che i due casi in discussione debbano però essere distinti, perché, più ancora che al caso Beneyton, alla questione riguardante il Signor Brédy Livio è stata data una netta impostazione politica, mentre detta questione avrebbe dovuto interessare unicamente la Magistratura.
Osserva, infatti, che la posizione del Signor Brédy Livio è completamente estranea al Consiglio Regionale, mentre non lo era la posizione dei Consiglieri Gheis e Torrione, in quanto i medesimi erano membri del Consiglio Regionale.
Ribadisce il parere che questi due Consiglieri regionali avrebbero dovuto sentire il dovere di rassegnare le proprie dimissioni, dimissioni che il Consiglio stesso avrebbe potuto respingere, in attesa della prosecuzione dell'istruttoria da parte della Magistratura.
Osserva che, se era naturale che il Consiglio Regionale prendesse in esame la questione riguardante i Consiglieri regionali Gheis e Torrione, non altrettanto naturale è il fatto che il Presidente della Giunta abbia portato in discussione in sede di Consiglio Regionale la questione riguardante il Signor Brédy Livio.
Esprime il parere che il modo di agire del Presidente della Giunta, in questo caso, sia da porsi in relazione alla situazione politica esistente presso il Comune di Aosta e ai suoi possibili sviluppi in sede regionale.
Fa presente che sono in atto delle trattative a livello delle Direzioni di partito per la costituzione di una Giunta di centro-sinistra al Comune di Aosta.
Forse per evitare che siano raggiunti degli accordi in tale senso, egli osserva, il Presidente della Giunta, Caveri, ha pensato di colpire i suoi avversari politici, creando appunto il Caso Brédy, che non rappresenta altro che la prosecuzione dell'impostazione politica già data alla questione riguardante i Consiglieri regionali Gheis e Torrione, questione che a suo tempo aveva già fatto interrompere le iniziative per la costituzione di una Giunta di centro-sinistra al Comune di Aosta.
Riferendosi sempre al caso Brédy, chiede se quel collaboratore del Signor Brédy Livio, citato dal Presidente della Giunta, abbia consegnato spontaneamente al Presidente stesso i tre noti telegrammi, oppure se detto collaboratore non sia stato indotto a compiere tale azione.
Chiede ancora se detto collaboratore non abbia presentato una domanda di partecipazione ad un concorso pubblico recentemente bandito dall'Amministrazione Regionale e, nel caso affermativo, se non esistano le condizioni per una incriminazione del collaboratore medesimo a norma degli articoli 616 e 618 del Codice Civile.
Prescindendo da queste interrogazioni, ribadisce, comunque, che il Presidente della Giunta non avrebbe dovuto portare in discussione in sede di Consiglio Regionale il caso Brédy, che doveva interessare la Magistratura.
Dichiara che, evidentemente, il Presidente della Giunta cerca di sfruttare a suo vantaggio la questione del Signor Brédy Livio per distogliere l'attenzione della pubblica opinione dalla questione Beneyton.
Osserva che il Presidente della Giunta, parlando dei fatti che sono successi in questi ultimi tempi in Valle d'Aosta e che hanno tanto nociuto in Italia e all'estero al buon nome di questa Regione, finora citata sovente come esempio di austerità e di serietà in campo politico e amministrativo, dovrebbe cessare dal fare continue allusioni a persone che a Roma e ad Aosta avrebbero gravi responsabilità in questi fatti o dovrebbe precisare i nominativi di questi presunti corresponsabili.
Dichiara che i Consiglieri regionali del Gruppo Liberale non hanno nulla da nascondere a proposito di questi fatti, né hanno alcuna costrizione di coscienza, ma desiderano soltanto conoscere la verità.
Prega, pertanto, il Presidente della Giunta a voler essere più esplicito e preciso nelle sue dichiarazioni in merito a questi fatti.
Concorda con quanto detto dal Presidente della Giunta sulla impostazione data da certi organi di stampa sui recenti fatti successi in Valle d'Aosta, impostazione decisamente denigratoria e diffamatoria non solo nei confronti del Presidente della Giunta Regionale, ma nei confronti di tutta la Valle di Aosta.
Rileva, però, che questa campagna diffamatoria e denigratoria c'è stata e ha raggiunto i suoi scopi.
A proposito della questione Beneyton non ritiene che questa campagna diffamatoria sia stata voluta esclusivamente da Roma e da certi organi di stampa, come ha affermato il Presidente della Giunta, perché il Presidente stesso aveva dato motivo, con certe sue recenti dichiarazioni, ad una reazione da parte di certi organi di stampa.
Dichiara che non si deve porre sullo stesso piano tutta la stampa che si è interessata di questi fatti.
Dà atto che il Presidente della Giunta ha esposto con molta obiettività e con onestà i fatti riguardanti la questione Beneyton, fatti che in gran parte erano già noti.
Rileva però che il Presidente della Giunta non ha riferito tutti i particolari della questione perché, nella sua esposizione, ha dimenticato, ad esempio, di parlare del suo breve discorso fatto presso la sede del Comune di Aosta dopo la cerimonia della premiazione avvenuta nel Cinema Italia; ha dimenticato di parlare della poesia da lui scritta e consegnata, con particolare dedica, al ragazzo premiato; non ha detto di aver portato con sé questo ragazzo a partecipare alla cerimonia inaugurativa di una opera pubblica in una località della Valle d'Aosta.
Questi episodi, taciuti dal Presidente della Giunta, egli aggiunge, stanno a dimostrare che il Presidente stesso aveva poi in parte abbandonato quella posizione diffidente che la presenza di certe persone alla cerimonia di premiazione gli avevano suscitato, posizione di diffidenza che il Presidente stesso ha particolarmente sottolineato.
Osserva, comunque, che non è il caso di drammatizzare tale episodio, ma che, per il bene della Valle d'Aosta, è bene riportarlo alle sue giuste dimensioni.
Dichiara però che, in questo spirito di obiettività, non può esimersi dal muovere appunti alla condotta tenuta nell'intero episodio dal Presidente della Giunta, il quale prima di partecipare alla cerimonia di premiazione, avrebbe dovuto assumere le necessarie informazioni del caso, soprattutto perché la stampa si stava già occupando della questione.
Ritornando sul caso del Signor Brédy Livio, dichiara di non approvare il viaggio fatto a Ginevra dall'Assessore Andrione, su invito del Presidente della Giunta, né la partecipazione dell'Assessore stesso alla riunione dell'Union Valdôtaine di Ginevra senza esservi stato invitato.
In proposito, riferisce di aver ricevuto, come Consigliere regionale, una lettera sottoscritta da alcuni membri di detta Associazione, di cui ritiene che il Presidente del Consiglio avrebbe potuto dare lettura in questa sede, anche per consentire all'Assessore Andrione di dare risposta alle accuse contenute nella lettera medesima.
Concludendo, ribadisce il suo convincimento che il Presidente della Giunta Regionale ha dato una impostazione politica ai due fatti in questione allo scopo di mantenere determinate posizioni politiche e ritiene che la condotta tenuta dal Presidente della Giunta in questo episodio sia stata priva di quella necessaria prudenza, che la sua alta posizione richiede, per impedire che la stampa approfitti di determinati fatti di cronaca per gettare il discredito sull'intera Regione e sulle sue istituzioni.
Il Presidente, MARCOZ, osserva che, se la questione Beneyton non avesse avuto ad Aosta quell'epilogo che tatti ormai conoscono, si sarebbe probabilmente arrivati al premio mondiale che la fervida fantasia degli interessati stava già organizzando, senza che la polizia scientifica italiana scoprisse l'inganno.
Ritiene, pertanto, che sotto questo aspetto sia stata positiva l'azione del Presidente della Giunta.
Il Presidente della Giunta, CAVERI, dichiara quanto segue:
"Si direbbe quasi che sia diventato io l'imputato in questa faccenda e che io stia subendo un interrogatorio di terzo grado.
Quel tale collaboratore del Signor Brédy Livio si è presentato a me spontaneamente: io prima non lo conoscevo. Mi piacerebbe poi sapere per conto di chi parla il Consigliere Pedrini, perché io non ho ancora ben capito se è un difensore di ufficio del Signor Brédy, se è un suo difensore o se è un difensore di tutti coloro che hanno ricevuto, ricevono o riceveranno fondi neri.
Parliamoci chiaro anche a questo riguardo.
Io non mi scandalizzo che il nostro Stato abbia dei fondi segreti, perché tutti gli Stati hanno dei fondi segreti; tutti gli Stati hanno delle spie e delle contro spie; tutte le Polizie del mondo hanno dei confidenti che sono delle sotto-spie delle spie perché, in genere, i confidenti sono dei ladri e delle prostitute, cioè appartengono all'ultimo livello sociale.
Quindi, io non mi scandalizzo che il Signor Brédy abbia ricevuto dei fondi da tutte le parti.
Li ha chiesti anche a noi, a suo tempo, come possono dimostrare certe lettere in possesso dell'Assessore Fosson, lettere che non sono di poco peso come quella che il Signor Brédy, facendo una discriminazione, ha oggi inviato ai soli Consiglieri di minoranza.
Abbiamo delle lettere, ed io pregherei l'Assessore Fosson di dare lettura di queste lettere, che il Signor Brédy aveva il toupet di inviare al Presidente della Giunta, Avvocato Marcoz, e allo stesso Assessore Fosson ai tempi della precedente Amministrazione Regionale.
Anche in queste lettere si tratta di richieste di milioni, richieste che la Giunta Regionale presieduta dall'Avvocato Marcoz si era rifiutata, giustamente, di prendere in considerazione, perché l'Amministrazione Regionale è una Amministrazione onesta, una Amministrazione pubblica che non ha dei fondi neri, che non ha dei fondi segreti.
Quando noi diamo dei soldi a qualcuno, lo facciamo con regolare e motivata deliberazione, che viene pubblicata all'Albo Pretorio e che viene trasmessa al visto di legittimità della Commissione di Coordinamento per la Valle d'Aosta.
Noi non facciamo della politica sporca di questa specie. Ed aggiungo che questi soldi sono spesi molto male.
Io ho saputo, per una combinazione, che uno di quelli che hanno ricevuto, ad Aosta, somme sui famosi fondi neri, è un povero essere proveniente dalla Provincia di Bolzano, una Provincia dove si spendono molto i fondi segreti, con i beni risultati che poi si raccolgono.
Si deplorano poi le esplosioni al plastico e anche noi le deploriamo, perché noi apparteniamo ad una vecchia civiltà fondata sul diritto e non useremmo mai la violenza, ma se certe cose avvengono è perché si fa una politica sbagliata nelle Regioni autonome e nelle Regioni di confine.
Non è assoldando questi miserabili che si difende la cosiddetta italianità nella Valle d' Aosta e nell'Alto Adige.
Allora, ritornando a questo individuo che veniva dalla Provincia di Bolzano, il quale ha costituito ad Aosta delle Cooperative, una più fasulla dell'altra, tanto che tutte hanno fatto fallimento, anche questo individuo era diventato un informatore e riceveva regolarmente dei fondi. Tristi esempi!
Lei, come Liberale, queste cose le dovrebbe deplorare.
E poi veniamo alla stampa. Io non ho detto che tutta la stampa si era comportata male nelle questioni su cui discutiamo.
Io so distinguere i vari giornalisti, i veri e onesti professionisti, che sono delle degne persone, da altri pennivendoli che si credono giornalisti perché sono stati bocciati all'esame di licenza liceale e non sanno più dove battere la testa, tanto che scribacchiano e vendono i loro servizi; questi non sono giornalisti.
Ora, io rispetto i primi, ma non rispetto, anzi disprezzo, i secondi.
Nella prima categoria dei veri giornalisti, io non esito a mettere quell'inviato speciale della Stampa il quale, avendomi chiesto udienza, entrando nel mio ufficio con un altro suo collega giornalista, ha avuto la lealtà di dire: "Lei è la sola persona che ha capito qualche cosa nel caso Beneyton e che ha fatto scoppiare questa grossa vescica"; e anche quell' inviato speciale di quel quotidiano torinese, che, dopo aver riconosciuto realmente i fatti, così come erano, ha chiuso un suo articolo deplorando che qualcuno dei suoi colleghi si fosse servito di questo stupido episodio per una manovra di evidente natura politica, perché di politico in quel fatto non vi era proprio niente.
Per quanto riguarda il viaggio a Ginevra dell'Assessore Andrione, io non voglio anticipare le argomentazioni che farà l'Assessore stesso.
Io ripeto, però, che l'Assessore Andrione è andato a Ginevra perché io, d'accordo con la Giunta, l'avevo pregato di andare a Ginevra.
In proposito, credo che siamo padroni, Presidente della Giunta e Assessori, se vogliamo, di andare a Ginevra e di partecipare ad una riunione degli emigrati valdostani in quella Città senza dover chiedere il permesso ai Signor Brédy, il quale non ha l'esclusiva della protezione e dell'assistenza degli emigrati valdostani all'estero.
Io dichiaro che manderò ancora gli Assessori all'estero a trovare gli emigrati valdostani, perché questo rientra in quanto dispone l'articolo 6 della Costituzione della Repubblica Italiana, che recita testualmente: "La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche". In questo spirito, gli Amministratori delle Regioni Autonome, dove esistono delle minoranza etniche e linguistiche, hanno non solo il diritto, ma il sacrosanto dovere di visitare e assistere gli emigrati.
Se così non fosse, andando di questo passo, noi non avremmo neanche più il diritto di celebrare la festa degli emigrati valdostani e di offrire loro quel pranzo che offriamo annualmente.
Io non ho niente altro da aggiungere".
Il Consigliere PEDRINI dichiara che non ha inteso e che non intende assumere le difese del Signor Brédy, né di alcuna altra persona tra quelle citate dal Presidente della Giunta, ma che in questa sede egli ha semplicemente inteso difendere il libero cittadino, il quale delle sue azioni deve rispondere solo davanti alla Giustizia e non davanti al Consiglio Regionale.
Così, per quanto riguarda la questione del Signor Brédy Livio, ribadisce che si tratta di una costrizione di coscienza e di persona che non può assolutamente tollerare.
Osserva, infatti, che il Presidente della Giunta era nel diritto di denunciare alla Magistratura il Signor Brédy Livio e sarebbe stato nel diritto di indire una conferenza stampa su tale argomento, ma non doveva portare la questione stessa in sede di adunanza del Consiglio Regionale.
Conferma di essere del parere che il Presidente della Giunta ha agito in questo modo unicamente per motivi politici, per continuare quella azione politica contraria al centro-sinistra già intrapresa con la questione Gheis - Torrione.
Ritiene necessario che la politica non entri in questa aula consiliare, come già ebbe a dire nel suo discorso programmatico il Presidente della Giunta, Caveri, perché in sede di Consiglio bisognerebbe fare solo della buona amministrazione.
Richiamandosi alla propria dichiarazione di voto fatta nella prima adunanza consiliare della legislatura in corso, conferma ancora oggi che tutte le volte che la Giunta Regionale presenterà alla approvazione del Consiglio proposte di buoni provvedimenti, i rappresentanti del gruppo consiliare del Partito Liberale si schiereranno a favore della Giunta in carica, non dal lato politico, ma dal lato amministrativo, nell'interesse della Valle d'Aosta.
Deplora che il Presidente della Giunta, nella sua esposizione, abbia cercato di fare apparire l'esistenza di una presunta connivenza nella questione del Signor Brédy Livio, connivenza che i rappresentanti del gruppo consiliare liberale respingono nettamente.
Non mette in dubbio che il Presidente della Giunta e gli Assessori abbiano il diritto di assistere gli emigrati valdostani all'estero e di partecipare alle riunioni tenute dai medesimi, ma solo nel caso che a dette riunioni siano stati invitati dagli interessati oppure nel caso che si tratti di riunioni indette dalle Autorità regionali.
In caso contrario, egli aggiunge, nemmeno i rappresentanti della Giunta Regionale hanno il diritto di presenziare a queste riunioni, se non sono desiderati.
L'Assessore ANDRIONE dichiara quanto segue
"Per emettere dei giudizi sulla mia partecipazione alla Assemblea degli emigrati valdostani di Ginevra è necessario sentire le argomentazioni di entrambe le parti, perché, se si sentono le argomentazioni di una sola parte, si possono fare delle affermazioni inesatte.
Io vorrei, però, parlare prima del caso Beneyton e assumermi alcune responsabilità.
Sarò brevissimo su questo caso.
In occasione della prima premiazione di questo ragazzo, avvenuta nella scorsa estate, il Beneyton era venuto da me e io, trovandomi occupato, l'avevo indirizzato al Sovraintendente regionale agli Studi.
Il ragazzo, accompagnato dal Meloni, andò a dire al Sovraintendente agli Studi che l'Assessore era d'accordo per la cerimonia di premiazione; in seguito dichiararono ai Presidi dei vari Istituti che il Sovraintendente agli Studi aveva dato il suo consenso a questa cerimonia. Dai Presidi passarono al Parroco della Parrocchia della Cattedrale, affermando che i Presidi avevano aderito a detta cerimonia, e così di seguito... in modo che è stata creata la grande questione che tutti conosciamo.
Quello che a me più dispiace è il fatto che quegli stessi giornali che avevano riferito che era stato lo stesso Ministro della Pubblica Istruzione della Repubblica Federale Tedesca a correggere la formidabile prova di questo ragazzo e che hanno creato il caso Beneyton, perché sono loro che hanno creato questo caso, quegli stessi giornali hanno poi improvvisamente riversato la colpa dell'accaduto sull'Amministrazione Regionale.
Approfittando della distrazione dell'Assessore alla Pubblica Istruzione, che invia il Sovraintendente agli Studi alla prima premiazione di questo ragazzo, senza fare alcuna indagine in merito, perché in genere non si fanno indagini in questi casi in quanto ogni settimana avviene una cerimonia di premiazione o di assegnazione di una borsa di studio da parte dell'ENAL o di altri Enti del genere, questi giornali creano prima il caso e, poi; riversano la colpa sull'Avvocato Caveri, che vuole colpire non tanto come Presidente della Giunta, ma come Presidente dell'Union Valdôtaine.
Questo, per quanto riguarda il caso Beneyton.
Per quanto riguarda il caso Brédy, la questione è molto breve.
A parte l'incarico che io ho ricevuto dalla Giunta Regionale, io a quella riunione degli emigrati valdostani, a Ginevra, avrei partecipato ugualmente, perché la Corale degli emigrati valdostani di Ginevra, che era stata invitata alla riunione, ma che in mattinata aveva rassegnato le dimissioni dall'Associazione, mi aveva invitato a presenziare alla riunione stessa.
Io non sono entrato nella sala di riunione senza farmi annunciare; il Presidente di questa Corale, Signor Cesare Vittaz, di Antey-St-André, è andato ad annunciarmi.
Io ho fatto dire: "L'Assessore Andrione è qui presente ed intenderebbe prendere la parola".
Il Signor Brédy, con quella insigne impudenza che lo contraddistingue, ha risposto che lui per me aveva la polizia.
Io non ho un temperamento molto facile: in questi casi, se un piccolo delinquente di quella specie parla di polizia, io entro e chiedo la parola.
Il Signor Brédy, dopo aver fatto una piccola presentazione, mi ha dato la parola, per cui, avendomi egli stesso data la parola in quella riunione (alla quale, tra l'altro, io ero stato invitato), non deve poi lamentarsi e dire "non è invitato", perché anche lui, ad un certo momento, deve avere il coraggio delle proprie opinioni.
Ora, quella faccia di tela cerata del Brédy, perché in questo caso ha dimostrato proprio di avere una faccia di tela cerata fino a quando io ho parlato di certe sue operazioni e di certe sue cose, sorrideva con un busto napoleonico, guardando il soffitto, perché quelle cose a lui non interessavano. Non gli interessava, per esempio, che il secondo Presidente dell'Associazione Emigrati Valdostani di Ginevra, Signor Aristide Roncallí, si fosse dimesso perché non riusciva ad avere la contabilità di un viaggio di un certo pullman, che il Signor Brédy voleva farsi pagare da due Enti differenti, e che si fosse dimesso per questo motivo.
Al Signor Brédy non interessano queste cose; ci è abituato.
Quando, invece, io ho chiesto che fosse convocata una riunione di tutti gli emigrati valdostani di Ginevra, che sono poi circa una quarantina, (a parte quelle persone la cui firma avete visto in fondo a quella lettera e che non appartengono più a quella Associazione, in quanto si sono tutti dimessi, a cominciare da questo Signor Roncalli, che è qualcuno a Ginevra), allora i Signori Brédy, Rolle e i suoi amici si sono messi a gridare, seguiti, purtroppo, anche da membri della Corale.
Dopo alcuni vani sforzi per ristabilire il silenzio, perché io volevo finire la mia esposizione, visto che venivano fuori degli scambi di complimenti, quali "salaud, voleur, ecc.", io me ne sono andato tranquillamente a bere una birra; dopo di che gli altri mi hanno raggiunto.
Ora, chiedendo una riunione degli emigrati valdostani di Ginevra, (tra l'altro, la loro Società, che una volta era una Società di mutuo soccorso, non risponde più allo scopo, tanto che deve trasformarsi, così almeno mi hanno detto gli emigrati di Ginevra con i quali ho parlato), io non potevo ovviamente fare della politica, perché l'80 % di quei 35 emigrati, cioè 27 persone sono naturalizzati svizzeri e non votano in Italia. Quindi non potevo fare della politica.
Io conosco le Autorità elvetiche del Cantone di Ginevra e vogliamo organizzare delle Mostre; tra l'altro vogliamo organizzare a Ginevra la Mostra delle fotografie della Collegiata di Sant'Orso, di Aosta, e degli Stalli della Chiesa Cattedrale, di Aosta.
Io avrei voluto che la Società degli emigrati valdostani prendesse parte a questa iniziativa e la propagandasse.
Per questo noi andiamo a trovare gli emigrati valdostani e non già per mendicare dei voti di cui, tra l'altro, non abbiamo proprio bisogno.
Non è per fare del male a una persona, anche se quella persona è un delinquente di piccolo cabotaggio, ma è semplicemente per avere dei rapporti normali con gli emigrati valdostani, e dato che io sono stato in diverse riunioni con gli emigrati valdostani di Parigi, posso dire che, quando ci vado, anche se non sono invitato, mi accolgono con gentilezza".
Il Consigliere PEDRINI osserva:
"Per quanto riguarda gli emigrati valdostani di Parigi, si tratta di un altro paio di maniche".
L'Assessore ANDRIONE precisa:
"No, a Ginevra è questione di paia di soldi e se qualcuno crede...".
Il Consigliere PEDRINI rileva:
"Allora, perché andiamo a metterci con un delinquente di piccolo cabotaggio, come dice Lei? Il Presidente della Giunta ha fatto male a mandarLa a quella riunione".
L'Assessore ANDRIONE conclude:
"No, perché quel piccolo delinquente non deve fregiarsi del simbolo dell'Union Valdôtaine di Ginevra.
In proposito, io non ho violato la neutralità svizzera.
Sui giornali si scrivono delle cose che, se uno avesse voglia, dovrebbe proprio dire che viviamo in un paese di matti.
Io violo la neutralità svizzera quando chiedo una riunione degli emigrati valdostani a Ginevra? Ma insomma, non ho mica fatto una dichiarazione di guerra alla Repubblica Federale Svizzera e al Cantone di Ginevra, intendiamoci bene!
Ad ogni modo, io vi garantisco che della questione mi occuperò ancora e che l'Union Valdôtaine di Ginevra sarà rappresentata da qualcuno che non sia un delinquente di piccolo cabotaggio".
Il Consiglio prende atto.
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