Oggetto del Consiglio n. 2175 del 2 ottobre 1996 - Resoconto
SEDUTA POMERIDIANA DEL 2 OTTOBRE 1996
OGGETTO N. 2175/X Invito al Parlamento a procedere alla riforma dello Stato in senso federale. (Reiezione di risoluzione)
Risoluzione Il Consiglio regionale della Valle d'Aosta
Invita il Parlamento a licenziare in tempi brevi una proposta di modifica dell'attuale struttura dello Stato in una struttura di tipo federale e regionale, di reale decentramento dei poteri che garantisca la piena partecipazione dei cittadini al Governo dello Stato.
Si pronuncia contro la secessione nel rispetto dello Statuto Speciale e del dettato costituzionale.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Chiarello.
Chiarello (RC) A dire la verità avevo presentato le ultime due righe di questa risoluzione...
(...Ilarità dell'assemblea...)
.... poi di nuovo per una mediazione sono uscite altre quattro righe.
Dico questo perché queste quattro righe, alla luce di quello che è successo l'ultimo Consiglio, dove è stata approvata una mozione sul federalismo, mi sembrano qualcosa di troppo; ma se si vogliono tenere non ho problemi.
Quello che volevo ottenere, era che questo Consiglio si pronunciasse contro la secessione; siccome da qualche parte, per fortuna non da molte parti, viene ventilata questa famosa secessione e siccome personalmente, forse perché ho avuto fin dalle elementari insegnanti che mi hanno fatto amare questa nostra Italia, nonostante la classe politica che l'ha governata per 40 anni, devo dire che da allora ad oggi nessuno mi ha dimostrato che sia un vantaggio per l'Italia la secessione, anzi ho avuto chiaro negli ultimi anni che la Germania ha fatto uno sforzo enorme per riunificare le due Germanie. Allora, mentre gli altri stanno pagando per riunificare, noi vogliamo dividere.
In questo Consiglio si sono avute diverse discussioni sul federalismo, forse ci scontreremo perché io sono per l'autonomia mentre altri parlano di federalismo, però emerge da tutti i testi che il federalismo è un obiettivo per unire la nazione. Ebbene, il secessionismo non è senz'altro l'obiettivo per unire una nazione, non vorrei che si confondessero le parole, che invece devono essere chiare, e vorrei che il Consiglio si pronunciasse rispetto a questa parola: secessione, e rispetto a questo stato di cose.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Linty.
Linty (LNPIAP) Visto che presumo di essere l'oggetto tirato in ballo dall'ultimo paragrafo di questa risoluzione, vorrei dire intanto che, leggendo il testo che era stato presentato la volta scorsa e poi quello che è stato il parto della mediazione, la differenza non è che sia così abissale: insipida era una, insipida è questa.
Giustamente però devo dare atto al Consigliere Chiarello che le prime quattro righe potevano anche essere omesse, dal momento che in questo Consiglio qualche ordine del giorno circa il riassetto del paese su un sistema federale sia già stato approvato, quindi questo non sarebbe niente di più di ciò che è già stato discusso. Sarebbe stata più corretta sicuramente una risoluzione che chiamava questo Consiglio, per quelli che condividono, a pronunciarsi contro la secessione.
Ma entrando nel merito di questa risoluzione, intanto sarebbe stato più completo spiegare secessione da cosa, perché se non scriviamo da cosa vogliamo secedere, o meglio da cosa il Consiglio regionale ritiene di condannare la secessione, diventa difficile inquadrare il problema, perché approvando un ordine del giorno di questo tipo il Consiglio regionale si pone contro qualunque tipo di secessione in qualunque parte del mondo. Qui si parla di secessione, e non si dice da cosa: sì, nel rispetto dello statuto, ma cosa vuol dire se non è scritto l'oggetto?
Poi sarebbe il caso di cominciare (io per primo, dal basso della mia ignoranza, lo ammetto) a parlare più o meno la stessa lingua, perché federalismo, regionalismo e decentramento per me sono tre cose antitetiche fra di loro, perché se prendiamo come principio del federalismo l'autodeterminazione dei popoli, non possiamo non considerare il fatto che magari in una regione costituita geograficamente ed anche amministrativamente possano convivere ad oggi più popoli. Allora, se parliamo di federalismo come autodeterminazione dei popoli, come facciamo a dire regionalismo? Federalismo per me - posso sbagliarmi, e c'è sicuramente gente più titolata di me per parlare a questo riguardo - vuol dire parlare dei popoli, vuol dire partire dal primo livello, mentre il regionalismo si riferisce ad una cosa già precostituita.
Oltre a questo credo che proprio il principio dell'autodeterminazione dei popoli, che deve ispirare il federalismo, faccia sì che chi condivide un progetto politico, chi condivide il sistema federale come assetto ideale per la propria realtà, non possa pronunciarsi contro la secessione, perché secessione significa che un popolo, o più popoli decidono un giorno di autodeterminarsi, di scegliere la forma di governo, con chi stare o con chi non stare. E questo non è scritto nei programmi delle forze politiche: mi risulta che l'articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite, il trattato di Helsinki, preveda questa possibilità per i popoli del mondo, oppure no?
Allora, se uno si professa federalista, non può poi dire che i Ceceni non hanno diritto all'autodeterminazione o il Quebec non ha diritto di diventare provincia indipendente o autonoma.
Però il lato positivo di questa risoluzione sta nelle firme, perché questo documento non fa altro che fugare ogni dubbio, non fa altro che smascherare chi usa il federalismo perché non sa cos'altro dire, o perché ha una concezione di federalismo che parte dal decentramento. Già, decentramento e federalismo, qui stiamo proprio guardando gli opposti: il federalismo parte dalla periferia, mica dal centro...
(...Interruzione del Consigliere Voyat, senza microfono...)
... chiedo scusa, ho ammesso i miei limiti, Consigliere Voyat.
Per quanto mi riguarda, la differenza fra decentramento e federalismo, avendo imparato che il decalogo del federalista parte dall'uomo, dalla famiglia, dal comune, dalla regione fino allo Stato, sta nel fatto che io parto dall'uomo, non potendo certamente partire dallo Stato, mentre il decentramento parte inevitabilmente dallo Stato.
Mi dispiace per gli insegnamenti sulla patria che hanno impartito al Consigliere Chiarello, io ho fatto anche il servizio militare, lo dico perché non siamo in tanti qui ad averlo fatto, quindi ho adempiuto a tutti gli obblighi che questo stato mi ha chiesto, però guardiamo com'è questa Italia. Sono 160 anni che questo paese è così come la conosciamo noi, e mai nella storia passata è stata così disegnata, e guardiamo come si è addivenuti all'unità d'Italia, ovvero quanti cittadini del tempo sono stati interpellati se erano d'accordo di vivere in una nazione così. Nessuno. L'unità d'Italia è stata decisa dal buon Camillo Benso, Conte di Cavour, che ha spedito il Giuseppino a Marsala.
Secondo il mio modo di vedere, questa risoluzione contiene degli elementi tra di loro contrastanti o quanto meno vi consiglio - come sapete, voterò contro questa risoluzione - di non utilizzare aggettivi così contrastanti fra di loro. Ripeto, parlo per la forza politica che rappresento e non mi permetto di parlare a nome di altri colleghi.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Perrin Carlo.
Perrin C. (UV) L'ordre du jour qui a été présenté par M. Chiarello a certainement de grandes contradictions, et nous ne l'avons pas souscrit surtout pour cela. Mais je crois que nous sommes obligés à faire une brève analyse des événements, qui ont porté à cette journée clou où M. Bossi a déclaré l'indépendance de la Padania, parce que je pense que la résolution dérive surtout des affirmations faites en cette circonstance.
J'ai eu l'occasion de définir cette journée un week-end de spectacle, dont l'acteur principal a été certainement M. Bossi, lequel a célébré la naissance de la Padania avec un rite particulier et avec toute une chorégraphie, à partir des drapeaux de la Ligue, des chemises vertes, d'une foule de curieux et aussi d'une foule de journalistes et de médias qui ont eu surtout le souci de déclarer la faillite de cette journée. Je crois que quand même ce spectacle n'a pas été un spectacle violent et là c'est un grand mérite de Bossi; il faut aussi dire que le message politique qui en a été conséquence a été un message fort, qui a fait discuter l'Italie ainsi que de nombreuses nations autour de l'Italie.
Mais cette journée nous a réservé beaucoup d'autres contre-spectacles, qui par certains aspects m'ont presque plus préoccupé, parce que M. Fini à Milan avec 150 mille personnes - et je crois que la presse était même disposée à lui en accorder plus - s'est substitué à M. Prodi qui était engagé à l'inauguration de quelques Moto Guzzi, et il s'est substitué aussi à M. D'Alema qui ce jour-là a dit que la place ne lui convient plus: c'est peut-être suite à son petit pèlerinage aux Etats Unis qu'il a changé d'avis. Et puis un autre contre-spectacle curieux a été celui de M. Casini, qui voulait faire repartir les Mille de Marsala pour reconquérir le Nord.
Je veux dire aussi une petite boutade à propos de la manifestation des Verts: ils sont certainement pour la qualité de l'environnement, mais je crois que notre ami, Alexander Langer, aurait mérité un peu plus de public pour son souvenir.
Nous avions invité ce jour-là les valdôtains à rester en Vallée d'Aoste, M. Linty dit que 500 personnes ont participé, moi je ne les ai pas comptées, je fais fois à ses déclarations, et nous les avions même invité à faire quelques promenades sur quelques cols qui sont des lieux magiques, parce que Bossi a choisi le Po, nous généralement choisissons les cols, sauf un, le col du Mont, qui ce jour-là il avait été violé par les français qui avaient osé passer par le col du Mont et nous n'avions plus nos capitaines à défendre nos cols. Ils ont trouvé quand même quelqu'un à les accueillir: c'était surtout notre presse qui est vraiment soucieuse de donner toutes les informations aux valdôtains, et qui cette fois était en bonne compagnie parce qu'il y avait les carabiniers qui ont fait leur devoir et ont emprisonné les intrus.
Etant donné aussi la curiosité de M. Tibaldi vis-à-vis de ces groupes et des rapports qu'ils pourraient avoir en Vallée d'Aoste, je fais quelques affirmations à ce propos, en profitant de cet épisode. Je crois que si ces étrangers français se préoccupent du sort du Val d'Aoste, ils ont une déformation nationaliste et ils ont confondu notre soutien à la francophonie avec notre sympathie pour la grande France. Mais ils ne savent pas peut-être que nous sommes contraires à tout impérialisme, que nous sommes fédéralistes dès notre naissance, nous sommes surtout solidaires avec toutes les minorités qui veulent s'affirmer, y compris les Corses, les Bretons, nos cousins savoisiens (je ne dis pas nos frères parce que Bich se fâche, mais on pourrait aussi les appeler nos voisins, si des rapports de parenté peuvent nous donner quelques problèmes).
Je crois vraiment que ce dimanche 15 a été une journée mémorable et quand je me suis réveillé le lundi matin, j'étais convaincu d'appartenir à cette république libre de la Padania. J'ai fait un petit examen de conscience, j'ai même lu dans la liste des peuples appartenant à la Padania le nom (cette fois correctement écrit) de la Vallée d'Aoste, et je me suis demandé si mon identité me portait vers le peuple de la Padania, vers le peuple de l'ancienne Gallia Cisalpina.
J'ai découvert qu'avec ce peuple nous avions eu dans notre histoire bien peu de relations, mais cela n'est pas important; nous avons quand même partagé avec eux l'aventure italienne, nous avons été les premiers parce que nous étions les fidèles de la maison de Savoie, donc nous avons fait partie des chefs de file de l'unité de l'Italie, c'est une contradiction quand même c'est vrai, et il y a eu beaucoup d'autres peuples appartenant à la Padania qui sont arrivés à l'Italie dans des circonstances de guerre et de violence, circonstances qui sont à oublier.
En faisant ce petit examen de conscience j'ai redécouvert mon appartenance à ce pays situé entre les montagnes, ce pays qui a très peu de choses à partager avec la pleine du Po, sauf le respect pour ces populations et pour les décisions que librement ces populations souhaiteraient prendre, pourvu que ces populations n'imposent pas à d'autres peuples un système sans leur consentement.
Je crois que ces événements ont quand même mis "il dito sulla piaga" et ils ont reproposé l'urgence d'arriver à une reforme totale en sens fédéraliste, mais vraiment en sens fédéraliste: justement on faisait noter des contradictions entre la parole de décentralisation et entre toute une série de définitions fédéralistes, qui ne sont que des fédéralismes partiels qui ne résolvent pas absolument le problème.
Je me suis demandé aussi quelle est la réponse que le gouvernement a donnée à ces faits. Nous avons entendu des déclarations assez superficielles et je dirais même préoccupantes, parce que M. Prodi a affirmé que tout ce qui est applicable du fédéralisme sera fait par la prochaine loi financière: si le fédéralisme n'est qu'une décentralisation des possibilités de taxer, c'est un pauvre fédéralisme. Je crois que ce n'est pas une réponse sérieuse et je ne sais pas si nous pouvons espérer dans la Bicamerale, j'ai quelques doutes. J'ai peur que la Bicamerale aille encore une fois "insabbiare" - comme dans les expériences passées - tous ces processus de reforme institutionnelle que quand même nous espérons.
La région autonome du Val d'Aoste ne peut pas être absente dans ce moment délicat et d'ailleurs ce Conseil s'était déjà unanimement exprimé il y a quelques années sur la nécessité et l'urgence de transformer cette république dans une république fédérale. Je crois que nous devons aujourd'hui viser encore un peu plus haut, viser à l'Europe, et Bich ne m'en veuille pas si je suis d'accord sur une collaboration transfrontalière et sur les régions d'Europe, des régions homogènes, et sur des collaborations qui favorisent cette intégration européenne. Je ne crois pas qu'on entre en Europe avec la tasse sur l'Europe, je crois que cela c'est une autre farce.
Donc nous avons la nécessité de collaborations différentes qui sont nécessaires pour bâtir cette Europe; là le fédéralisme, avec les principes de subsidiarité, de solidarité, de coopération, pourra trouver la clef de la collaboration et pourra garantir l'épanouissement de l'identité de tous les peuples, le respect réciproque et un développement économique équilibré, parce que nous voyons dans ces jours, même en lisant les titres d'aujourd'hui: France-Italie c'est duel, et c'est un duel entre états-nations qui ont fini leur rôle historique.
Aujourd'hui je pense qu'il n'a pas beaucoup de sens de parler de séparation brutale ou de fou indépendantisme, parce que les échanges, l'économie et la culture nécessitent d'un dialogue entre hommes et surtout entre communautés libres: ça à mon avis c'est le résumé du fédéralisme.
Mais le fédéralisme n'est pas applicable sans le principe de l'autodétermination (et je veux réaffirmer ce principe), qui pourrait même aboutir à une séparation pour élaborer ensuite des pactes libres. Le fédéralisme ne se peut pas faire par un état qui distribue des compétences, mais, selon le principe de subsidiarité, aux degrés supérieurs ne reviennent que les compétences que le premier degré n'est pas à même de gérer et qu'il décide de déléguer.
Nous proposons donc que ce Conseil se penche de nouveau sur un projet de reforme fédéraliste à proposer au parlement, sans attendre que d'autres nous imposent leurs projets. Nous sommes contraires à cet ordre du jour, car il banalise la possibilité d'une reforme fédérale de l'état, et aussi pour toutes les contradictions et la confusion que ce document peut engendrer. Ce document ne veut qu'être un acte d'accusation contre la sécession proposée par la Lega.
Notre projet politique se différencie de celui de la Lega, mais, selon les principes des droits de l'homme sanctionnés par l'ONU, nous revendiquons la liberté de l'autodétermination à tout peuple qui veuille librement choisir son avenir.
Cela dit, notre groupe votera contre cet ordre du jour, mais nous sommes disponibles dès à présent à travailler autour d'un projet réellement fédéraliste.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Florio.
Florio (VA) Credo che questo ordine del giorno dovrebbe essere per certi versi discusso ed esaminato insieme all'altro, presentato dai consiglieri di opposizione, relativo alla legge finanziaria. Perché questo? Perché credo che nel nostro paese da una parte non si riesca a fare ancora il conto fino in fondo con le conseguenze derivanti da vent'anni di dilapidazione della ricchezza nazionale, di cui sono principali responsabili la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista, che intorno a questo strumento, alla dilapidazione della ricchezza nazionale, hanno per decenni costruito il loro consenso, e dall'altra non si tenga conto del fatto che le tendenze espresse dalla Lega costituiscono - è inutile che ce lo nascondiamo - il comune sentire di una parte di questo paese, e segnatamente di una parte di questo paese che abita, lavora, vive nel Nord dell'Italia.
Per anni ho sentito alcune delle argomentazioni delle quali Bossi è portatore liberamente espresse in numerosi bar di numerosi paesi di questa regione; in sé non mi stupiscono le affermazioni, 1 le richieste, possiamo ritenere un po' ridicolo il rituale messo in piedi, ma bisogna anche riuscire a guardare, se vogliamo fare politica seriamente, al di là e oltre il filtro della sacralità con cui la Lega ha voluto sottolineare quella giornata.
Da quando Bossi e la Lega hanno cominciato a cavalcare questa soluzione della secessione, mi sono sempre chiesto che cosa succederebbe nel nostro paese se alla data di compimento dei rapporti fissati con il Trattato di Maastricht il nostro paese non riuscisse ad entrare nella cosiddetta Europa. Mi sono sempre chiesto cosa succederebbe nel Nord del nostro paese, mi sono sempre chiesto cosa succederebbe nei rapporti fra i forti squilibri economici e per certi versi di responsabilità esistenti fra il nord e il sud di questo paese. E non credo che sia possibile esorcizzare i rischi derivanti dalle proposte politiche della secessione sostenendo che l'Italia deve essere unita, cioè competizioni di principio ugualmente gridate quanto quelle della secessione.
Non credo che sia possibile affrontare questo problema in questi termini, ma credo che si debba serenamente, con coraggio e con forza invece, affrontare ciò che si è e ciò che dobbiamo fare per riuscire a rimanere in piedi in questa Europa. Qui credo che il disastro sia sovrano nel nostro paese: alla crisi economica si è sommata la crisi istituzionale, e venire fuori da un bailamme di questo tipo, in piedi, in fretta, rispettando la democrazia e salvaguardando i livelli di reddito della stragrande maggioranza della popolazione del nostro paese credo sia impresa se non disperata, almeno disperante.
Allora mi stupisce un po' l'atteggiamento e il commento che il Consigliere Perrin ha fatto di questi fatti. Dividerei il suo discorso in due pezzi, il primo è rivestito di ironia: ogni tentativo, ogni proposta che viene fatta dalle cosiddette forze politiche stato-nazionali, o comunque ad esse assimilabili, viene visto con ironia e addirittura con una certa dose di superiorità, quasi che dal guardare dai colli si veda la realtà del nostro paese, dell'Europa e del mondo intero in modo più chiaro che non guardandola dalle sponde del Po o dalle coste della Sicilia. Non credo che sia così.
Credo che il nostro modo di guardare ai problemi del nostro paese ponendosi su un colle possa essere complementare al modo di guardare ai problemi del nostro paese, dell'Europa e del mondo intero, dalle sponde del Po o dalle rive della Sicilia. Rivendicare comunque e sempre una primogenitura, una bontà quasi manichea nelle proprie posizioni rispetto alle posizioni degli altri, mi sembra un atteggiamento assai poco federalista. Bisognerebbe riuscire invece ad essere portatori di proposte coerenti e definitive dal punto di vista della loro definizione, avendo il coraggio di metterle sullo stesso piano delle altre proposte, avendo il coraggio di mettersi anche in discussione. Elemento questo della posizione dell'Union Valdôtaine, della forza politica di maggioranza relativa, della forza politica autonomista per eccellenza presente in questa regione, che non registro quasi mai, che non mi pare di toccare quasi mai, che non sento palpabile. Mi sembra sì una posizione appassionata, ma tutta contenuta all'interno del ridotto fortificato rappresentato dalla realtà istituzionale della regione autonoma Valle d'Aosta. Assai più comprensibile è la posizione che ad esempio poco fa in una battuta il Consigliere Mostacchi mi faceva, che è per l'indipendentismo, mi sembrava di aver capito con estrema chiarezza.
L'altra posizione è una posizione quasi professorale, quasi di insegnamento, e credo che in materia ben pochi possano realmente insegnare.
Perché poi collegavo il discorso dell'assetto dello Stato al problema della legge finanziaria? Perché mi sembra che anche qui ci sia un continuo scaricare sugli altri responsabilità che sono comunque collettive. C'è chi rivendica l'esigenza di poter decidere in casa propria contro quelle che vengono comunque definite tendenze accentratrici. C'è chi deve difendere il ridotto rappresentato dalle parti sociali, dalle quali si ritiene derivi il proprio consenso....
(...Interruzione di un Consigliere, senza microfono...)
... sì, è chiaro, ma non coerente con il principio che sottende una popolazione che ha comunque deciso di vivere insieme. Qui mi sembra che venga meno quel motto, che andava per la maggiore nella sinistra extraparlamentare di molti anni fa: da ciascuno secondo le possibilità, a ciascuno secondo i propri bisogni. É chiaro che oltre a chiedere che venga dato a ciascuno secondo i propri bisogni, bisognerà pur incominciare a chiedere in questo paese che da tutti venga ciò che può essere dato, quindi utilizzando delle proprie braccia, delle proprie capacità, della propria intelligenza.
Non ci devono essere sacche di privilegio, ridotti nei quali sia possibile nascondersi, sistemi di aggiramento per tentare di rimanere in piedi cercando di lavorare il meno possibile. É chiaro che questo è un elemento che la sinistra soprattutto dovrà sottolineare: certamente a ciascuno secondo i bisogni, ma soprattutto da ciascuno secondo le possibilità.
Questa è un'altra cosa che viene messa in disparte, e non viene messa in disparte solo quando si ragiona di questioni connesse con l'economia, ma anche quando si ragiona di questioni connesse con l'assetto dello Stato, ad esempio, con i rapporti fra realtà territoriali diverse quali le regioni italiane. Quando noi nel passato facevamo delle riflessioni in ordine al riparto fiscale, alle leggi che lo definivano, ai criteri che ne avevano determinato i parametri, e ponevamo delle domande, venivamo subito accusati di anti-autonomismo non tenendo come base, secondo me, quel ragionamento che facevo poco fa dei bisogni e dei doveri di ciascuno di noi.
C'è poi un ultimo aspetto ed è il discorso più propriamente della secessione. Non credo che ci possa essere un ordine costituito, che autonomamente decida di fare harakiri, non è mai esistito questo e credo che non potrà mai esistere in sé, perché l'ordine costituito rappresenta comunque un nodo di potere e il potere non è mai cosa buona; dobbiamo usarlo, ci deve essere, deve essere organizzato e gestito perché è l'unico sistema probabilmente per consentirci di vivere insieme meglio che non nella savana, ma in sé non è mai cosa buona. É difficile, quindi, che un potere decida di mettersi autonomamente e fino in fondo in discussione, per cui è certo che non si può rifiutare il diritto a separarsi, ma deve essere di una popolazione nel suo insieme, deve essere di un nucleo di cittadini consistente e considerevole, che deve avere una sua diffusione su un determinato territorio.
Il grosso limite della secessione di cui si parla in questa risoluzione è determinato essenzialmente dal fatto che si tratta di una forza politica, che rappresenta certamente un sentire diffuso nel nord del paese, ma estremamente ridotto, ridottissimo in termini percentuali. Ecco perché allora me la sento di dire che sono contro quel tipo di secessione. Ma se l'organizzazione federale dello Stato italiano possibile, futura, riconoscesse l'esistenza di due, tre, quattro realtà indipendenti federate, allora il discorso dell'autonomo pronunciamento da parte di queste due, tre, quattro indipendenze federate non potrebbe non essere secondo me riconosciuto.
Si dà atto che, dalle ore 18,00, presiede il Vicepresidente Marco Viérin.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Ferraris.
Ferraris (GV-PDS-SV) Credo che il motivo di questa risoluzione sia evidente: in questo paese c'è stato un quindici di settembre che ha visto un evento, qualcuno ha detto anche un evento molto spettacoloso sul piano della politica, che ha posto all'ordine del giorno della discussione il problema della secessione.
Non vorrei spendere molte parole su questo, nel senso che credo che la secessione sia una risposta sbagliata ad un problema vero, e il problema vero è quello di uno Stato che è eccessivamente pervasivo e inefficiente; che anche sul problema dell'entrata in Europa, che credo che sia una cosa che tutti condividiamo, rappresenta un costo in più. Qualcuno si è divertito a fare dei conti e dice che abbiamo sul nostro apparato produttivo dei costi che sono intorno al 2 percento superiori proprio per l'inefficienza del nostro Stato.
Allora il problema è indubbiamente di porre.....
(...Interruzione della registrazione...)
... dicevo che anche gli esempi di secessione che si sono visti in Europa sicuramente non sono stati positivi, ma credo anche che una secessione basata su modelli di nuovi egoismi, cioè in sostanza non pagare le tasse, come si è sentito spesso dire nella giornata del quindici, oppure su discorsi del tipo: cacciamo gli insegnanti meridionali, e si potrebbe continuare con l'elenco, indubbiamente non credo che aiutino la causa della secessione stessa.
L'ordine del giorno che è stato contestato, rispetto al fatto che si diceva che non era sufficientemente preciso dal lato del federalismo, però pone con chiarezza una questione. Ora, si può riformulare la prima fase, lo si può scrivere meglio, e non è la prima volta che questo Consiglio regionale si pronuncia rispetto ad una necessità di una riforma federale dello Stato, però rispetto a questa riforma bisogna chiarirsi rispetto ad una cosa. Se si fa la secessione, non si fa uno Stato federale, si fa una confederazione di Stati diversi, che è una cosa fondamentalmente diversa da uno Stato federale.
Prima il Consigliere Perrin poneva il problema dicendo che lui non è d'accordo rispetto a questo ordine del giorno; io concordo con Chiarello nel dire togliamo anche la prima frase, riformuliamola meglio, ma su una questione ci dobbiamo intendere: il federalismo e la secessione sono due cose che insieme non stanno, questo è un dato evidente. Quindi penso che la discriminante da questo punto di vista non ci sia, lo stesso Bossi su questo è stato estremamente chiaro, perché nel momento in cui ha abbracciato la secessione, ha deciso che la questione federale, almeno per quanto riguarda la Lega, non esiste più nel nostro paese.
Ritengo che questa sia la questione che vada posta a questo Consiglio: noi siamo perché ci sia una riforma federale dello Stato, ma questa riconosce una doppia potestà, una potestà di un livello generale e una potestà di livello statale più definito a livello regionale, come noi usiamo dire nel nostro paese, che però non comprende la possibilità di costituire degli stati confederati, che sono altra cosa, decisamente diversa dal federalismo. É una strada anche questa, ma noi una strada di questo genere sicuramente non la condividiamo e soprattutto la consideriamo anacronistica nel momento in cui parliamo d'Europa; prima si diceva che è un po' riduttivo pagare le tasse per entrare in Europa, ma la strada che si sta percorrendo è quella di andare verso una unificazione europea che deve passare attraverso la moneta, che deve passare attraverso una unificazione di carattere politico, e che affronti anche questioni di altro genere.
Per cui ritengo, ricollegandomi a quanto diceva Chiarello, che la questione fondamentale di questa risoluzione sia nel secondo capoverso, dove si chiede se siamo oppure no contrari alla secessione. Ovviamente il riferimento è al nostro paese, del resto la stessa Union Valdôtaine ha presentato un disegno di legge al parlamento italiano, in cui sicuramente non parla di costituzione di stati confederali, per cui richiamo ad una coerenza anche il movimento rispetto a posizioni che fino adesso ha sempre affermato.
Si dà atto che, dalle ore 18,14, riassume la Presidenza il Presidente Stévenin.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Bich.
Bich (RV) Certo l'argomento che stiamo trattando meritava una scenografia un po' più wagneriana, invece siamo caduti di nuovo nell'operetta: quando andavamo a fare i ritiri spirituali, si evocava il demonio e andava via sempre la luce, ed anche qui oggi che trattiamo di un punto centrale del nostro dibattito politico, chissà mai perché piano piano si smorza l'energia e arriviamo quasi ad una atmosfera da venerdì santo con un buio profondo.
Buio profondo anche sugli interventi, perché in effetti questo breve ordine del giorno e quelli che si intersecano con questo meritavano un dibattito più approfondito: come abbiamo fatto su tante cose, anche sul federalismo si poteva magari fare una sessione monografica del Consiglio e forse sarebbe stato più adeguato. Ma non voglio rubare tempo alle dichiarazioni.
Ho sottoscritto questo ordine del giorno, e hanno già parlato diversi capigruppo; ho sentito con attenzione le dichiarazioni fatte dal capogruppo dell'Union Valdôtaine, che rimettono in pista un dibattito che da molto tempo si sta facendo. Sul fatto che l'autonomia sia tutela di minoranze, qui qualche volta si è anche un po' equivocato; alle origini dello statuto c'era la minoranza etnica, oggi la tutela della minoranza etnica in sé è un po' fuori da quello che può essere il contorno di una comunità come la nostra e l'etnia valdostana oggi va precisata meglio perché non è più solo l'etnia del cognome oppure quella determinata dalla nascita e dalla lingua, patrimoni inestimabili che non vogliamo assolutamente mettere in discussione. Tuttavia la nostra è una comunità in evoluzione, ci sono stati molti matrimoni misti, la lingua si è un po' edulcorata, non è più solo la lingua dura e pura delle nostre vallate, c'è qualche suono più variegato e intersecato con altre esperienze. Allora non possiamo neanche più usare i toni da "Annibale alle porte", né andarci ad appoggiare ad esperienze come quella del Sud Tirolo - e chissà perché qui diciamo Sud Tirolo quando dappertutto si dice Alto Adige, non è mica un dramma dire Alto Adige, Sud Tirolo lo dicono in Sud Tirolo, mentre se qui diciamo Alto Adige non è una scelta politica, ma è una individuazione geografica.
Allo stesso tempo non si può liquidare una questione così importante come quella che stiamo trattando oggi, richiamata in un ordine del giorno molto scarno, senza dire assolutamente niente sul momento che viviamo. Né penso sia gratificante l'analisi che ha fatto il collega Florio, quando dice che c'è stata in Italia la dilapidazione del patrimonio fatta da due partiti: il Partito Socialista e la Democrazia Cristiana.
Insomma, cerchiamo di fare una valutazione un po' più complessa della situazione politica, e allora: il sindacato non esiste? Non sono esistiti in questo paese altri poteri al di fuori dei partiti? Il sindacato che ha proclamato per 50 anni in Italia il salario come variabile indipendente, ora si trova a dover fare i conti con una realtà economica che non è assolutamente quella dell'indipendenza del salario: i contratti non sono chiusi (ricordo l'ordine del giorno dell'altra seduta), la mondializzazione dell'economia come si suol dire nelle frasi fatte avviene sulle spalle di tutti, il rapporto meritocratico nel lavoro (cioè va avanti e guadagna di più chi lavora meglio e chi lavora di più) non c'è, è saltato, eccetera. E in questo contesto il Consigliere Florio pensa di poter liquidare il tutto dicendo che solo due sigle, DC e PSI, hanno creato tutto questo disagio, questo sovvertimento dei lavori, questa caduta di ideali eccetera? Anche qui andiamoci piano.
La realtà è che qui si stanno scontrando due visioni dello Stato, una è quella tardo-rinascimentale, dove si pensava che con l'unità della nazione, con il proclamare certi valori, si arrivasse anche ad una maggiore omogeneità delle istituzioni, si arrivasse ad una rivalutazione dello spirito italiano. Inoltre siamo stati educati in una scuola predisposta con programmi culturali ispirati all'idea di una Italia unita, solidale, addirittura come il Gioberti proclamava sotto il primato del Papa.
Ormai queste cose non stanno più in piedi, ma non sta neppure in piedi il "klein ist gut", ovvero "il piccolo è bello", come non sta più in piedi la tutela del particolarismo, la tutela del meglio, la tutela del privilegio, la tutela delle condizioni migliori di vita così come si realizzano nelle zone più opulente. Allora non possiamo venire in quest'aula e dire che è sparita la Conner perché i movimenti mondiali dell'economia portano a quello, non possiamo venir qui a sostenere che la crisi dell'acciaio getta in crisi anche la base della nostra economia, e poi soffermarci semplicemente ad un dibattito di tutela delle nostre prerogative statutarie, ed anche qualcosa di più, in un ambito di uno Stato intramontano, che si collega coi vicini, il Vallese, l'Alta Savoia, ma che di fatto non vuole prendere atto che è necessario andare al di là di questi confini, di quelle che sono le visioni egoistiche per arrivare a qualcosa di nuovo.
Concludendo, queste poche parole vogliono dire solo no alla secessione, ed è vero quello che ha sostenuto Ferraris; vogliono dire anche che ci sono le condizioni politiche per arrivare ancora ad un largo accordo senza secessione e senza guerre, questo con la Lega e con i più accesi visionari del centralismo. Però per carità di Dio è indispensabile che ci sia chiarezza, che non si giochi su tutti i tavoli: non si può giocare sul tavolo su cui gioca Bassanini, il quale sostiene con tre decreti di aver creato il federalismo; non si può accettare la posizione superficiale di chi dice che con la Bicamerale possiamo affrontare tutti i problemi che vengono posti da questo difficile momento politico; non possiamo neppure ritenere che attraverso una ipotetica, ma fino adesso respinta, assemblea costituente si possano affrontare certi problemi giocando sempre sul doppio binario, dicendo cose che non sono precise, che non vogliono arrivare alla definizione della forma di Stato.
Noi abbiamo sostenuto che la forma in questo momento più adatta è quella della repubblica federale, che i contorni geografici di questa espressione politica devono essere quelli determinati dalla storia, quindi quelli derivanti dall'attuale espressione regionale, cioè non è che si possa andare a macroregioni o ad ipotizzare forme nuove di definizione geografica. Ma soprattutto dovremmo affermare che il federalismo deve essere qualcosa di endogeno, perché noi siamo ad un passo dal federalismo: i poteri che ci sono stati conferiti dallo Stato, dalla costituzione, i poteri che ci siamo presi sopra o sotto il banco attraverso la deviazione di flussi economici, di flussi finanziari e quant'altro mai, tutto questo ci porta al confine direi quasi impercettibile del federalismo, siamo quasi uno Stato federale dell'ipotetica repubblica federale italiana; però io vorrei sapere che uso facciamo di questo potere.
Se cioè il principio della sussidiarietà, che spesso sbandieriamo, se il principio della non prevaricazione sul piccolo, sulla tutela della minoranza, anche sulle strade regionali, interpoderali o poderali, su quant'altro mai, vengono rispettati anche qui da noi sul comune, sul municipio, sulla frazione, sulla comunità montana, insomma su tutte le espressioni economiche, politiche, civili, che esistono nella nostra regione.
Abbiamo già la repubblica federale italiana e una di queste stelle sappiamo già essere, oltre alle due province autonome, la Valle d'Aosta, non so a quante arriveremo, non so se a 50 come negli Stati Uniti o meno, però noi siamo già una, dove ci sono moltissimi poteri. Che uso abbiamo fatto dell'autonomia economica, civile, culturale eccetera? Secondo me l'uso è stato gravato da molto abuso e secondo me si può fare molto meglio, richiamandoci ai valori ed anche alla nostra identità, però non vorrei essere solo io a dirlo e a dirlo anche in senso autocritico, ma vorrei che lo dicesse anche parte di questa assemblea.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Marguerettaz.
Marguerettaz (PpVA) Diciamo che più il tempo passa e più le forze di maggioranza, o perlomeno quelle dirimpettaie sono favorite, perché qui comincia ad essere difficile vedere gli appunti.
A parte la battuta, mi sono ritrovato in molti, o perlomeno in parte dei molti interventi fin qui uditi, soprattutto in un fil rouge che ha attraversato gli ultimi interventi - sì, stranamente di sinistra, ma noi non abbiamo preconcetti... - là dove si è cercato molto opportunamente di riportare il senso di questa risoluzione al significato originario che essa aveva e che essa voleva avere.
Se non c'erano gli avvenimenti del quindici settembre oggi non saremmo qui a parlare di questo, quindi questa risoluzione presentata da Chiarello ed altri aveva un unico obiettivo politico, quello di richiamare il Consiglio regionale della Valle d'Aosta su un fatto che era accaduto, che a mio avviso - e come mi è parso di capire anche ad avviso di altri - era grave e meritava una presa di posizione da parte di quest'organo.
In questo senso, quando il Consigliere Chiarello suscitando anche un po' di ilarità - ma è normale - diceva che la risoluzione lo convinceva quasi di più così come l'aveva pensata lui, forse quelle due righe in cui dicevamo semplicemente che non condividevamo questa presa di posizione e quindi ci dichiaravamo contro la secessione, sarebbero state di maggiore efficacia. Tuttavia mantengo un punto di domanda, soltanto come ipotesi, non ne sono certo, perché sentendo anche determinati interventi qualche dubbio mi è venuto.
Innanzitutto, voglio semplicemente dire che possiamo fare tutti i discorsi possibili ed immaginabili, con riferimenti storici, culturali, letterari, ma in quella data e direi ormai da diverso tempo vi è una forza politica in Italia che, con un consenso minimo rispetto alla massa, parla a nome dei popoli del nord e, amici dell'Union Valdôtaine lo avete sentito anche voi, parla quindi anche a nome nostro, a nome del popolo valdostano. Allora il Consiglio, non l'Union Valdôtaine, ma il Consiglio regionale della Valle d'Aosta come istituzione di un popolo valdostano non può non pronunciarsi sulla gravità di questa affermazione, andando poi a disquisire sull'altro tipo di discorso, che è quello che a mio avviso ha sviato completamente questa discussione, non so se artatamente o no.
Una riflessione che voglio fare è questa. Dopo aver sentito le dichiarazioni dell'Union Valdôtaine, ho la sensazione che questa forza politica in questo periodo - lo dico senza vena polemica alcuna - si trovi un attimo in difficoltà paradossalmente su questi argomenti, un po' come - mi perdonerete il parallelismo - il PCI e di conseguenza la DC si sono trovati un po' a bagno maria quando è caduto il muro di Berlino. Qualcuno mi ha preceduto dicendo che almeno apparentemente in questa fase politica e storica per il nostro paese si sta affrontando il discorso del federalismo con una maggiore decisione rispetto ad ogni tempo del passato e l'Union Valdôtaine, da quando ho cominciato a masticare di politica, ma credo che mio padre e mio nonno potrebbero testimoniare altrettanto, ha sempre tenuto in alto la bandiera del federalismo.
Oggi, quando ci sono delle condizioni più favorevoli sicuramente rispetto a dieci o anche a cinque anni fa, l'obiettivo dell'Union Valdôtaine mi sembra spostarsi leggermente. Succede un po', in maniera più elegante e molto più suffragata da argomenti, quello che sta succedendo alla Lega in campo nazionale, che era partita in tempi molto più recenti brandendo l'idea del federalismo, e oggi piuttosto rozzamente dice che il federalismo non va più bene, ci vuole la secessione. L'Union Valdôtaine forse con maggiore eleganza dice: va bene il federalismo, però questi già ci lasciano scettici e poi adesso cominciamo a parlare di euroregioni, dobbiamo guardare all'Europa eccetera.
É una sensazione che ho di questo impaccio dell'Union Valdôtaine, del quale mi dispiaccio perché a fronte di una risoluzione di questo genere credo sia necessario superare queste difficoltà. É una sensazione che ho avuto anche quando abbiamo fatto insieme la campagna elettorale per le elezioni politiche, dove ho potuto toccare con mano nei diversi paesi in cui si organizzavano gli incontri con gli elettori nei quali veniva posta da parte degli elettori di fede unionista questa domanda sull'indipendenza; e lì, non so se per la coalizione che c'era, non so per quale motivo, vedevo un attimo di difficoltà nel dover rispondere a questa domanda. In genere i candidati alla camera e al senato se la cavavano egregiamente dicendo, giustamente, che non era quello il problema in discussione in quel momento, il problema era invece realizzare il federalismo.
A questa domanda che oggi lentamente sta salendo dalla base dell'Union Valdôtaine, o perlomeno da una parte di essa, non vorrei che qualcuno della classe dirigente unionista avesse già trovato un altro tipo di risposta nelle elezioni politiche - leggasi: successo relativo, anche comunque innegabile e inaspettato per certi versi dei candidati della Lega nella nostra regione - e non vorrei che questo sviasse il tema principale di questa risoluzione.
É stato detto attenzione, il decentramento non è il federalismo, e sono perfettamente d'accordo; il decentramento credo che la nostra regione lo abbia sempre avuto, anzi da qualche tempo ogni anno, siccome non ci danno più tanti soldi, ci decentrano delle competenze.
Ma giustamente non è questo - come più volte abbiamo tutti detto - quello che il Consiglio regionale, votando la risoluzione, voleva raggiungere. Si tratta quindi di partire dal basso ed anche qui stento a capire la politica dell'Union Valdôtaine in questa fase. Il Consiglio scorso abbiamo approvato quei 12 referendum; eravamo tutti concordi nel dire che non passa attraverso questi la realizzazione del federalismo, ma che ha comunque un alto significato politico richiedere assieme ad altre regioni quei 12 referendum, cioè significa che realtà territoriali regionali hanno necessità di fare questo passo.
Allora chiedo all'Union Valdôtaine, modificando, trovando le formule migliori che possano garantire tutti, così come siamo stati chiari una settimana fa nel saper individuare il significato politico che aveva la richiesta dei 12 referendum, di essere altrettanto capaci oggi di saper cogliere il significato politico che ha per il Consiglio regionale della Valle d'Aosta dire che è contro la secessione, soprattutto se proposta da una forza politiche che non può ergersi ad essere il rappresentante dei popoli del nord e tanto meno del popolo della Valle d'Aosta.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Dujany.
Dujany (PVA) Il gruppo Pour la Vallée d'Aoste non condivide il contenuto di questo documento. Vi è una preliminare preoccupazione che riguarda il fatto che questa risoluzione avrebbe come destinatario il parlamento, cioè si invita il parlamento ad una certa attenzione.
La preoccupazione riguarda il fatto innanzitutto che questo documento tende a comprovare che gli articoli 39 e 40 del nostro statuto e cioè la conoscenza integrale, oltre che del francese, della lingua italiana non appartiene a questa comunità, poiché questo documento è un documento sul piano del contenuto pieno di contraddizioni e scritto con un lessico a dir poco incomprensibile.
Si parte con un invito a licenziare in tempi brevi una proposta di modifica dell'attuale struttura dello Stato: licenziare è un termine che riguarda abitualmente la cessazione di un rapporto di lavoro. Si propone la modifica dell'attuale struttura dello stato: cosa significhi questo, se ci si riferisca ad un ordinamento giuridico o ad una dimensione fisica interna dello stato, non è dato capire. Salvo poi immediatamente dopo portare una precisazione che costituisce una contraddizione in se ipsa, nel senso che sembrerebbe voler da una parte una strutturazione dello stato in senso federale, dopo di che una strutturazione dello stato in senso regionale, dopo di che si passa ad un reale decentramento dei poteri e quindi ad uno stato organizzato sul decentramento amministrativo.
Ma con quale finalità tutto questo? Con la finalità di garantire, si dice, la piena partecipazione dei cittadini al governo dello stato. Cosa c'entri qui il governo Prodi, quali siano le vicinanze dei sottoscrittori Viérin Marco, Piccolo e Lanièce con il governo Prodi è veramente un enigma riuscire a capirlo.
Prosegue poi il documento pronunciandosi contro la secessione - e non si capisce bene da che cosa - nel rispetto dello statuto speciale e del dettato costituzionale, quindi facendo presente che la situazione istituzionale attuale sta bene ai sottoscrittori della risoluzione.
A me pare che come esempio di mancata conoscenza, al di là dei contenuti pieni di contraddizioni, ma di mancata conoscenza dell'italiano credo che questo documento rappresenti un effettivo contributo e prova innanzitutto.
Ma non è solo questo che mi porta a non condividerne il suo contenuto, perché lo stesso contribuisce a creare una grande confusione sul tema del federalismo. Questa grande confusione l'abbiamo già rilevata un po' tutti, prendendo visione dei giornali in questi giorni, in cui l'informazione sta presentando alla gente la proposizione dei referendum di iniziativa di alcune regioni a statuto ordinario, che questo Consiglio ha fatto anche propri, come un'idea di realizzazione del federalismo in Italia. Ecco qui che rientriamo in quella grande confusione, che è tipica di questo documento.
Allora cosa vogliamo? Questi referendum non hanno nient'altro come finalità, che ottenere un decentramento dallo stato, non si va al di là di questa impostazione. Ma tutti tendono a fare una grande confusione, per prima l'informazione stessa, e questo documento con il suo contenuto non fa nient'altro che riportare tutte queste contraddizioni che si rilevano anche dai mezzi di informazione. Quindi, sotto questo profilo non possiamo certamente aderire.
Vorrei poi fare una ulteriore osservazione all'intervento che ha fatto Florio, nel senso che si possono leggere tutti i trattati sul federalismo, ma se c'è un sistema approntato alla massima solidarietà è proprio quello federale, costituito da questo patto tra comunità che, pur riconoscendosi diverse per cultura, per gli aspetti più diversi, decidono di collaborare nel pieno rispetto di ognuna. É sufficiente guardare al sistema che abbiamo a pochi chilometri da noi, il sistema svizzero, per rendersi conto come questo sia improntato al massimo aiuto reciproco che tiene conto delle comunità deboli e di quelle più forti.
Quindi non possiamo assolutamente farci abbindolare da quelle provocazioni, dal linguaggio che possono usare la Lega e lo stesso Bossi, ma che sono ben lontani dall'essere i migliori interpreti del sistema federale; non possiamo permetterci di cadere in questa enorme contraddizione.
Un ultimo aspetto che volevo sollevare è che questo documento, nella sua più totale contraddizione, è totalmente irrispettoso del principio di autodeterminazione dei popoli, che si inserisce in una irreversibile caduta degli stati nazionali e in una logica di realizzazione dell'Europa, che vedrà proprio le comunità di confine fare da cerniera e diventare attrici dell'Europa medesima.
Presidente Non ho più nessun iscritto a parlare, adesso ha chiesto la parola il Consigliere Tibaldi, ma si tratta di vedere cosa si intende fare, perché o c'è un'intesa e si arriva alla votazione, luce permettendo, oppure si rinvia il Consiglio a domani mattina, dal momento che il Consiglio è convocato anche per domani. Però si tratta di vedere, dato che l'altra risoluzione ha trovato l'intesa del Consiglio, quanta gente ancora intende parlare su questo argomento o se vogliamo rinviare il dibattito a domani mattina.
Ha chiesto la parola il Consigliere Tibaldi.
Tibaldi (Ind) Ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi e mi ha particolarmente colpito quello del segretario dell'Union Valdôtaine, nonché Consigliere regionale dello stesso movimento. Un intervento con una impostazione fortemente didattica ed anche ironica soprattutto nella prima parte, come ha giustamente sottolineato qualcuno prima di me.
Penso che in questo intervento però si debbano rilevare altri aspetti, che sono stati invece sottaciuti e sui quali mi soffermerò nella seconda parte delle argomentazioni che voglio sottoporre al Consiglio.
Anzitutto qui si parte da una premessa, si tende a riconoscere l'unità dello stato italiano e a negare conseguentemente quello che è un diritto di secessione. Dico subito che voterò favorevolmente questo documento, anche se ritengo che l'impostazione dello stesso sia a livello di premessa che a livello di dispositivo sia eccessivamente lapidaria e sbrigativa e avrebbe senz'altro dovuto essere oggetto di maggiore approfondimento e di elaborazione da parte di coloro che lo hanno presentato.
Il diritto di secedere è uno dei diritti fondamentali che è in stretta connessione con l'altro diritto fondamentale che è quello di autodeterminazione dei popoli, diritti entrambi che sono riconosciuti dai principali trattati internazionali. La Lega e Bossi pongono questo diritto a fondamento di quella che è la loro valutazione del riconoscimento di un'area geografica ben precisa, la Padania. Allora mi chiedo per prima cosa se effettivamente si può parlare dell'esistenza di un popolo padano, cioè il popolo padano viene riconosciuto sulla base di quali elementi: dello ius sanguinis, quindi la consanguineità, dello ius soli, quindi la residenza o la nascita al nord del Po? Con quali criteri viene individuato un popolo? Questo è il primo quesito che mi sono sempre posto e che pongo anche all'attenzione di questo Consiglio, perché l'individuazione di un popolo è fondamentale per poter determinare il suo diritto di secessione da una determinata entità geografica.
Penso che non si possa parlare dell'esistenza di un popolo padano, ma si debba parlare dell'esistenza della questione settentrionale, che vede una parte del paese oberata di gravami fiscali, vede una parte del paese nucleo produttivo e trainante dell'Italia e naturalmente motrice del paese nell'ambito della cornice europea e nell'ambito del mondo, motrice che deve trainarsi anche un rimorchio pesante: sono 50 anni che si parla di questione meridionale e per 50 anni non si è mai parlato di questione settentrionale.
Ebbene, la migliore risposta e quindi la migliore soluzione alla questione settentrionale a mio avviso non è rappresentata dalla secessione, ma da una riforma dello Stato. Abbiamo oggi un governo, una coalizione di maggioranza a Roma, che non so quanto sia in grado di rispondere alle imminenti esigenze di riforma in senso politico, istituzionale ed economico dello Stato, ed è quindi naturale che questa carenza di risposte faccia il gioco della Lega.
Per tornare alle osservazioni fatte dal Consigliere Perrin, anch'io ho colto questa sensazione di una Union Valdôtaine stretta in questo momento fortemente fra il suo ruolo ministeriale (quindi esercitato a livello romano tramite la doppia rappresentanza parlamentare ed esercitata a livello aostano con la responsabilità del governo della nostra regione) e la sua anima separatista che sta lievitando sempre più rumorosa a livello di base. A questo punto sarà anche compito dell'Union scegliere quella che è la sua vocazione: federalista come ama definirsi quando è sui tavoli romani, oppure separatista non solo quando, come diceva qualcuno, nei bar si fanno certi discorsi ma anche oggi, come è stato dimostrato ampiamente, che si analizza a livello di Consiglio regionale.
Perché se la scelta deve essere quella del separatismo e della secessione, del diritto che è stato poc'anzi riconosciuto dal Consigliere Perrin, mi chiedo come mai determinati rappresentanti dello stesso movimento (mi riferisco ad es. al Presidente) accettino di ricoprire la carica di Prefetto, che è la longa manus del Ministero dell'interno qui ad Aosta. Mi chiedo come mai questo Consiglio abbia approvato una risoluzione a maggioranza perché un parlamentare valdostano fosse presente nella Bicamerale, anche se organo statuale per la riforma dello Stato in senso federale. Mi chiedo come mai, sempre attraverso i rappresentanti di questo movimento, si sia dato l'appoggio ad un governo che ha forti elementi di statualità e di centralismo, o si appoggi magari una finanziaria che, attraverso questo massacro fiscale che ci sta prospettando, Prodi vuol far passare come un inizio di riforma dell'Italia in senso federale. Mi chiedo come mai, sempre facendo riferimento ad una interpellanza presentata stamani da Linty, l'Union Valdôtaine fortemente separatista questo pomeriggio non abbia ancora aperto un contenzioso con l'Enel e non abbia quindi tutelato, o meglio difeso quel diritto di avere una riduzione del sovrapprezzo termico, peraltro riconosciuta da una legge dello Stato.
Qui mi sembra che si sia facendo il doppio giochetto: a Roma si usa una maschera e ad Aosta se ne usa un'altra. É bene che ci siano dei chiarimenti da parte degli esponenti dell'Union, in particolare mi rivolgo al Segretario, che non indossi l'abito ministeriale quando si tratta di strappare privilegi, e si spogli di questo e metta la camicia separatista quando invece si tratta di rinsaldare la base politica.
Concludo dicendo che voterò favorevolmente questa risoluzione, anche se non ne condivido l'impostazione; è una impostazione frettolosa, fortemente lacunosa sotto numerosi profili che sono stati sottolineati in maniera molto puntuale da chi mi ha preceduto, ed avanzo anche una proposta: la miglior risposta alla secessione è stata quella avanzata dal Presidente della regione Lombardia, che ha lasciato la decisione ai cittadini, anziché prenderla in stanze ristrette come possono essere questo Consiglio o altre stanze, pertanto chiedo che anche il Presidente della Giunta proponga un referendum sulla secessione a livello valdostano, vedremo quanti sono d'accordo, quanti lo approvano, quanti si sentono di sposare questa separazione dall'Italia e creare questa Euroregione oppure di appartenere alla Padania che ha disegnato Bossi, e quanti invece lo ritengono un progetto assolutamente non praticabile.
Solo in questa maniera, andando oltre le classiche dichiarazioni di principio, proponendo atti concreti, possiamo avere una risposta da coloro che sono direttamente interessati, i cittadini; altrimenti ci limitiamo a fare un dibattito di dichiarazioni molto, molto fredde, molto distaccate da quella che è la realtà che ogni giorno ci riguarda. E non giochiamo nemmeno a spostare semplicemente i baricentri: da Roma a Mantova o da Roma al Monte Bianco, altrimenti ci divertiamo solo a fare dei disegni di geometria politica, che non rispondono alle esigenze immediate che chiede una popolazione, come quella largamente rappresentata dalla Lega, che sta lamentando il disagio della cosiddetta questione settentrionale.
Presidente Collega Chiarello, non ho più nessuno iscritto a parlare, quindi devo chiudere la discussione generale.
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiarello per il secondo intervento.
Chiarello (RC) Propongo quello che aveva chiesto il Presidente del Consiglio prima, cioè di rimandare a domani mattina il Consiglio. Interrompere per oscurità era un motivo valido?
Presidente Ma se non c'è più nessuno iscritto a parlare....
Chiarello (RC) ... ma io ho chiesto di parlare. E quando parlo, posso anche prima fare la mozione d'ordine oppure no? Non lo so, Presidente.
Presidente Mi hanno preannunciato che fra cinque minuti ci sarà di nuovo la luce.
Chiarello (RC) Ho fatto una richiesta, lei mi dice che non sospendiamo e va bene.
Presidente Nessuno è contrario a rinviare a domani mattina la discussione, a condizione che ci sia qualcuno iscritto a parlare, altrimenti non ha senso.
Chiarello (RC) Va bene, Presidente, io comincio a parlare poi veda lei.
Volevo rispondere a Linty, che nel suo intervento ha detto che ce l'avevo con lui.
Io ce l'ho con quella corrente di pensiero che si arrogava di rappresentare il popolo della Padania, che secondo me è una corrente di pensiero pericolosa, perché parlare di separatismo mi fa già paura, ma parlare di separatismo e contestualmente mandare via gli insegnanti del sud, mandare via i portalettere del sud, questa è la cosa che mi fa paura, questo è separatismo. Ho già detto che un federalismo egoista mi fa paura, effettivamente di un federalismo solidale potremmo discutere.
Un punto su cui sono d'accordo con Bich è che sono diversi anni che in Valle d'Aosta abbiamo questa autonomia, che assomiglia un po' al federalismo; è vero, non abbiamo tutto quello che ci permetterebbe il federalismo, anche se poi ci dobbiamo intendere sul tipo di federalismo che vorremmo, però chiedo: pensiamo di essere maturi per il federalismo perché abbiamo utilizzato bene la nostra autonomia e tutto quello che lo Stato ci dava? A me sembra di no.
Scusa Dujany, prima ancora dei referendum avevo presentato due righe dove si chiedeva a questo Consiglio di pronunciarsi contro la secessione, nel rispetto dello statuto speciale e del dettato costituzionale, ma in entrambi questi testi non c'è scritto secessione da nessuna parte. Lei che lo ha letto, mi dica che c'è scritto secessione da qualche parte, se c'è scritto di mandare via i maestri meridionali dalle scuole valdostane, se c'è scritto di mandare via i portalettere, se c'è scritto di mandare via quelli che hanno lavorato in miniera per la Cogne, quelli che abitano nel quartiere Cogne per far piacere alla Lega, perché sono la spazzatura di Aosta.
Era solo su quello che volevo che questo Consiglio si dichiarasse, perché come ha detto Florio, qui mi sento di rappresentare una parte di popolazione, o almeno io spero di rappresentarla, magari non sempre la rappresenterò bene, ma tutti qui siamo stati votati per rappresentare questa popolazione, allora bene o male quando usciamo da qui dobbiamo avere sentore di cosa pensa la popolazione valdostana. Io penso di rappresentare una parte di popolazione che dice no alla secessione, ed allora mi sono sentito di presentare questo documento; ognuno di noi faccia un esame di coscienza e dica quello che pensa.
Presidente Ha chiesto la parola il Vicepresidente Marco Viérin.
Viérin M. (PpVA) Non volevo intervenire perché era già intervenuto Marguerettaz, che ha già bene illustrato la nostra posizione e quello che sta emergendo in quest'aula di diverso rispetto ad altre occasioni; volevo solo rispondere ad un passaggio del collega Dujany, il quale si dichiara a favore dell'autodeterminazione ma contrario ad un discorso secessionista, e dichiara di non essere d'accordo su questa proposta di risoluzione per come è formulata, per motivi che adesso non riprendo.
Ebbene, Dujany, siccome si sono fatte varie volte altre modifiche o intese su queste cose, penso che le si potrebbero fare anche su questo documento, se si ha il coraggio almeno di dire agli elettori, come diceva Chiarello, cosa pensiamo noi. A questo punto si può fare una sospensione in modo che i capigruppo si confrontino e raggiungano un'intesa, perché non siamo contro una certa autodeterminazione. Quindi se è questo il nocciolo, lo possiamo affrontare trovando un accordo fra le forze politiche interessate.
Presidente Ha chiesto la parola il Consigliere Squarzino Secondina.
Squarzino (VA) Solo due notazioni per completare il quadro finora presentato.
Quando sento dei consiglieri, come in questo caso il Consigliere Dujany, che analizzano punto per punto la forma, mi viene sempre in mente che in genere, quando uno non è d'accordo sul contenuto, comincia a dire che la forma non va, e a trovare le varie imperfezioni linguistiche che forse ci sono per la fretta con cui è stata formulata questa risoluzione.
Però il nucleo di questa risoluzione sta proprio nel discorso della secessione, cioè è su questo punto che bisogna pronunciarsi, perché è proprio questo il terreno su cui le forze regionaliste etnocentriche anche a livello europeo stanno andando; cioè si passa dall'affermazione del federalismo al concetto di indipendenza, dopo di che si giunge al concetto di secessione. Quando si parla di secessione non siamo più nel federalismo, a meno che non si consideri il federalismo integrale, che è un tipo di federalismo che fa riferimento ai cittadini di una comunità come un popolo unito da caratteristiche etniche; quindi si torna veramente indietro da un punto di vista culturale, si retrocede a quelle che erano le ispirazioni dei movimenti nazionalisti e si giunge allora a parlare di autodeterminazione come un concetto collegato con il federalismo, cosa che non è assolutamente vera.
Quando si parla di autodeterminazione, automaticamente si accoglie anche il concetto di secessione, cioè nel momento in cui riconosco ad un gruppo umano di autodeterminarsi senza tener conto dei legami che ha stretto con gli altri cittadini di comunità con cui è in rapporto, rompo dei legami normativi, dei vincoli che sono stati insieme decisi.
Fra l'altro il disegno di legge presentato alla camera da parte dell'Union è un disegno di legge che contiene implicitamente il concetto di secessione, perché al primo articolo si parla proprio dei popoli delle regioni, come se fossero delle realtà diverse, autonome le une dalle altre.
Quando l'ONU inizia la sua Carta costituzionale, parla di "noi popolo delle Nazioni Unite", per indicare che non si vuole distinguere all'interno di uno stato, non si vuole dare alla popolazione che vive su un territorio una fisionomia legata solo a principi di carattere etnico.
Presidente Se nessuno chiede la parola, chiudo la discussione generale.
(...Interruzione del Consigliere Tibaldi, senza microfono...)
... no, mi dispiace, collega Tibaldi, eravamo nella discussione generale, sta facendo un errore nel senso che non l'avevo ancora chiusa la discussione generale, l'ho chiusa adesso.
Pongo in votazione la risoluzione in oggetto:
Presenti: 27
Votanti: 25
Favorevoli: 11
Astenuti: 2 (Dujany e Lavoyer)
Contrari: 14
Il Consiglio non approva