Ricorso dello Stato per legittimità costituzionale n. 67 du 5 juin 2019

N. 67 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 giugno 2019

(GU n.30 del 24-7-2019 )

Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 5 giugno 2019 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

Impiego pubblico - Norme della Regione autonoma Valle d'Aosta Previsioni di modifica alla legge di stabilita' regionale 2019/2021 - Possibilita', nell'anno 2019, per gli enti locali di avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzione ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 70 per cento della media della spesa sostenuta nel triennio 2007/2009 per le medesime finalita'.

Impiego pubblico - Norme della Regione autonoma Valle d'Aosta - Disposizioni di modifica della legge di stabilita' regionale 2018/2020 - Procedure selettive interne - Modifica dell'efficacia temporale della disciplina inerente alla progressione verticale del personale dipendente.

- Legge della Regione autonoma Valle d'Aosta 27 marzo 2019, n. 1 ("Modificazioni alla legge regionale 24 dicembre 2018, n. 12 (Legge di stabilita' regionale per il triennio 2019/2021), e altre disposizioni urgenti"), artt. 1, comma 4, e 2.

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale 80188230587) presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12;

Contro la Regione Valle d'Aosta, in persona del presidente della regione pro tempore, domiciliato per la carica presso il Palazzo regionale in Piazza Deffeyes, 1 - 11100 Aosta;

Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della legge regionale del 27 marzo 2019, n. 1 recante modificazioni alla legge regionale 24 dicembre 2018, n. 12 (legge di stabilita' regionale per il triennio 2019/2021) pubblicata sul BUR n. 15 2 aprile 2019, come da delibera del Consiglio dei ministri adottata nella seduta del 30 maggio 2019.

In data 2 aprile 2019 e' stata pubblicata sul B.U.R. n. 15 della Regione Valle d'Aosta, la legge regionale del 29 marzo 2019 n. 1 intitolata Modificazioni alla legge regionale 24 dicembre 2018, n. 12 (Legge di stabilita' regionale per il triennio 2019/2021), e altre disposizioni urgenti.

L'art. 1, comma 4 della predetta legge dispone quanto segue: «Art. 1 (Modificazioni all'art. 6 della legge regionale 24 dicembre 2018, 12).

[...].

"5-bis. Per l'anno 2019, gli enti locali possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 70 per cento della media della spesa sostenuta nel triennio 2007/2009 per le medesime finalita'."».

L'art. 2 dispone poi quanto segue:

«Art. 2 (Contribuzione facoltativa a favore della previdenza complementare).

1. Ai consiglieri regionali eletti a decorrere dalla XVlegislatura che ne facciano richiesta e' trattenuto, a titolo di contribuzione previdenziale, un importo pari all'8,80 per cento dell'indennita' di carica di cui all'art. 2, comma 1, della l.r. n. 33/1995, da versare a sostegno della rispettiva previdenza complementare indicata dal Consigliere unitamente alla contribuzione a carico del Consiglio regionale, fissata nella misura del 24,20 per cento.

2. Il versamento della contribuzione di cui al comma 1 non e'effettuato nel caso in cui il Consigliere sia titolare di pensione diretta.

3. La contribuzione a carico del Consiglio regionale di cui alcomma 1 e' versata per un periodo massimo di 15 anni, tenuto conto anche degli anni di mandato esercitati dal Consigliere antecedentemente alla XV legislatura.».

Il Presidente del Consiglio ritiene che le disposizioni contenute negli articoli 1, comma 4 e 2 della legge siano illegittime per contrasto con diverse disposizioni costituzionali (indicate in relazione a ciascun articolo impugnato); pertanto propone questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma 1 Cost.

per i seguenti

M o t i v i

L'art. 1, comma 4, nell'inserire il comma 5-bis all'art. 6 della l.r. n. 12/2018, attribuisce agli enti locali la facolta', per il 2019, di avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 70% della media della spesa sostenuta nel triennio 2007-2009 per le medesime finalita'.

Ebbene la predetta disposizione contrasta con varie disposizioni normative statali.

In primo luogo ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 5, comma 1, lettera a) e 22, comma 8, del decreto legislativo n. 75/2017, che hanno introdotto il comma 5-bis all'art. 7, del decreto legislativo n. 165/2001, e' stato fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, a decorrere dal 1° luglio 2019.

Inoltre, la disposizione non e' in linea con la disciplina posta dall'art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001, che, anche dopo la modifica ex art. 1, comma 147, della legge n. 228/2012, limita la possibilita' per la pubblica amministrazione di ricorrere ai contratti di collaborazione, e cio' al fine di scongiurare alla radice il rischio di ricorso abuso alle collaborazioni esterne pur in presenza di un elevato numero di dipendenti pubblici (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 43/2016).

La disposizione regionale, pertanto, contrasta con la riserva esclusiva posta a favore del legislatore statale, dall'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione in materia di ordinamento civile.

Tale conclusione non potrebbe essere superata invocando la potesta' legislativa regionale sull'ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione (art. 2, Statuto speciale) o quella di integrare e attuare le leggi della Repubblica (successivo art. 3). Ed in effetti - malgrado alcune risalenti contrarie pronunce del giudice del merito (ad esempio la sentenza dell'11 settembre 2005 del tribunale di Aosta che aveva affermato la competenza regionale in materia di personale degli enti locali sulla base della ritenuta esistenza di una riserva ai sensi dell'art. 73 del decreto legislativo n. 29/1993 (ora art. 70, comma 1, del decreto legislativo n. 165/2001 cit.) - la Corte costituzionale ha ormai chiarito da tempo che il rapporto di impiego alle dipendenze di regioni ed enti locali, in quanto privatizzato ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001, e' pur sempre retto dalla disciplina generale dei rapporti di lavoro (Corte cost. sentenza n. 95 del 21 marzo 2007). Ne consegue che la legge statale, in tutti i casi in cui intervenga a conformare gli istituti del rapporto di impiego attraverso norme che si impongono all'autonomia privata con il carattere dell'inderogabilita', costituisce un limite gravante anche sui rapporti di impiego dei dipendenti delle regioni a statuto speciale e, dunque, sulla relativa competenza residuale regionale in materia, e cio' per «l'esigenza, connessa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformita' nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati» (sentenze n. 234 e 106 del 2005; n. 282 del 2004).

Inoltre, l'art. 9, comma 28 del decreto-legge n. 78/2010 prevede in generale un limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalita' nel 2009 e all'ultimo capoverso, solo per le amministrazioni che nel 2009 non hanno sostenuto spese per le finalita' previste ai sensi del presente comma, consente di computare il limite in parola (del 50%) con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalita' nel triennio 2007-2009.

Al riguardo, da un'interrogazione dei dati relativi al costo per lavoro flessibile sostenuto dalla regione Valle d'Aosta nel 2009, non risulta che la stessa ricada nella possibilita' prevista dall'ultimo capoverso dell'art. 9, comma 28 del decreto-legge n. 78/2010, dal momento che la Regione risulta aver sostenuto tali tipologie di spesa, il che impedisce di avvalersi della facolta' prevista dall'art. 9, comma 28 citato.

Dunque l'applicazione della disposizione regionale in esame comporterebbe maggiori oneri dato che, dai calcoli effettuati sui dati estrapolati dal conto annuale, il 70% della media della spesa sostenuta nel triennio 2007/2009 risulta maggiore rispetto al 50% della spesa sostenuta per le stesse finalita' nel 2009.

Giova ribadire che le disposizioni di cui all'art. 9, comma 28 del decreto-legge n. 78/2010 costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica, cui la Regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non puo' derogare.

Cio' posto, si ritiene che la disposizione regionale in esame si ponga anche in contrasto con la potesta' legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, conclusione non contraddetta dalla sentenza della Corte n. 260/2013.

L'art. 2 della legge in parola dispone modificazioni all'art. 5-bis della legge regionale 22 dicembre 2017, n. 21, in materia di procedure selettive interne, prevedendo, in particolare, la sostituzione - nella rubrica e nel comma 1 dello stesso art. 5-bis delle parole «per il triennio 2018/2020» con le seguenti: «per il triennio 2019/2021».

Tale modifica ha l'effetto di determinare la proroga di un anno della disciplina relativa alle progressioni verticali prevista dall'art. 22, comma 15, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, che prevede che «Per il triennio 2018-2020, le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalita' interne, possono attivare, nei limiti delle vigenti facolta' assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno. Il numero di posti per tali procedure selettive riservate non puo' superare il 20 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. In ogni caso, l'attivazione di dette procedure selettive riservate determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno, utilizzabile da ogni amministrazione ai fini delle progressioni tra le aree di cui all'art. 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tali procedure selettive prevedono prove volte ad accertare la capacita' dei candidati di utilizzare e applicare nozioni teoriche per la soluzione di problemi specifici e casi concreti. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni, l'attivita' svolta e i risultati conseguiti, nonche' l'eventuale superamento di precedenti procedure selettive, costituiscono titoli rilevanti ai fini dell'attribuzione dei posti riservati per l'accesso all'area superiore».

Il sopra riportato art. 22, comma 15, introduce una particolare ipotesi di progressione verticale (per un tempo delimitato: il triennio 2018/2020), che costituisce una deroga rispetto alla disciplina ordinaria prevista dall'articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, secondo il quale: «( ... ) Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilita' per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dell'attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l'accesso all'area superiore». In sintesi, «l'art. 22 (rubricato: Disposizioni di coordinamento e transitorie), comma 15 del decreto di riforma del pubblico impiego (Decreto Madia) reintroduce, in buona sostanza, ancorche' per un periodo limitato, le progressioni verticali, attraverso la previsione di concorsi interamente riservati al personale interno, cosi' come previsto dalla previgente normativa (ante Riforma Brunetta), piuttosto che mediante riserva di posti in concorsi pubblici» (cfr. Corte conti, Sez, contr., delib. 23 marzo 2018, n. 42).

Orbene, la giurisprudenza costituzionale e' costante nell'affermare che, in materia di pubblico impiego, «gli interventi legislativi che ( ... ) dettano misure relative a rapporti lavorativi gia' in essere» devono essere ricondotti alla competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile.

Nel caso di specie, l'art. 2 della legge regionale in oggetto contiene un'estensione dell'efficacia temporale della disciplina contenuta nell'art. 22, comma 15, del decreto legislativo n. 75 del 2017, incompatibile con l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, dal momento che prevede, per l'anno 2021, una disciplina delle progressioni di carriera del personale dipendente (nella specie, le c.d. progressioni verticali tra le aree mediante concorsi interamente riservati) difformi da quelle previste dal legislatore nazionale.

Inoltre la disposizione in esame, nel contemplare un'ultrattivita', per il solo territorio regionale, della disciplina derogatoria delle previsioni di cui all'art. 52, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, contenuta nell'art. 22, comma 15, del decreto legislativo n. 75 del 2017 finisce per introdurre una disciplina di favore per il personale della sola Regione Valle d'Aosta, incompatibile sia con l'art. 3 della Costituzione, sia con gli articoli 51, primo comma, e 97, quarto comma, della Carta fondamentale.

Infatti, poiche' la disciplina speciale contenuta nel prefato art. 22, comma 15, nel perseguire l'obbiettivo di valorizzare le professionalita' interne alle pubbliche amministrazione, realizza (sia in ragione della sua temporaneita', sia in considerazione del numero limitato di posti destinato ai concorsi cd. riservati) un ragionevole bilanciamento tra i principi di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, quello secondo cui «tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge» di cui all'art. 51, primo comma, della Costituzione e quelli di buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione e di accesso al pubblico impiego mediante concorso di cui all'art. 97 della Costituzione, non sembra possibile dubitare del fatto che esso debba essere qualificato come «principio dell'ordinamento giuridico della Repubblica» cui deve uniformarsi la Regione nell'esercizio della potesta' legislativa nelle materie di cui all'art. 2 della legge costituzionale n. 4 del 1948.

Sebbene in passato il giudice delle leggi abbia ritenuto ammissibili procedure integralmente riservate (cosi' sentenze n. 228 del 1997, n. 477 del 1995 e ordinanza n. 517 del 2002), comunque sempre in considerazione della specificita' delle fattispecie che di volta in volta venivano in rilievo (ed esigendo, inoltre, che le stesse fossero coerenti con il principio del buon andamento dell'amministrazione), la piu' recente giurisprudenza costituzionale ha sottolineato come sia necessario, affinche' «sia assicurata la generalita' della regola del concorso pubblico disposta dall'art. 97 Cost.», che «l'area delle eccezioni» alla regola sancita dal suo primo comma sia «delimitata in modo rigoroso» (cosi' la sentenza n. 363 del 2006; nonche', piu' di recente, la sentenza n. 215 del 2009) (cfr. Corte costituzionale, 17 marzo 2010, n. 100).

Per quanto precede, le disposizioni regionali contenute all'art. 1, comma 4 ed all'art. 2, oltre ai parametri costituzionali citati, eccedono dalla competenza legislativa esclusiva della Regione di cui all'art. 2 dello Statuto della Valle d'Aosta (Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4).

Per i motivi esposti le norme regionali sopra indicate devono essere impugnati dinanzi alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 127 della Costituzione.

P. Q. M.

Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi e conseguentemente annullare gli articoli 1, comma 4 ed 2 della legge regionale n. 1 del 27 marzo 2019, per i motivi illustrati nel presente ricorso.

Con l'originale notificato del ricorso si depositera':

1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri 6 settembre 2018.

Roma, 31 maggio 2019

L'Avvocato dello Stato: De Socio