Ricorso della Regione per legittimità costituzionale n. 16 del 17 febbraio 1994
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE N. 16 DEL 17 FEBBRAIO 1994.
(GU n. 10 del 02.03.1994 )
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 17 febbraio 1994 (della regione autonoma Valle d'Aosta)
Corte dei conti - Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti - Istituzione presso ogni regione, ove non gia' esistente, di una sezione giurisdizionale della Corte dei conti - Facolta' della Corte dei conti di delegare, per l'esercizio delle sue funzioni, adempimenti istruttori a funzionari di pubbliche amministrazioni e di avvalersi di consulenti tecnici - Mancata tutela delle minoranze linguistiche della regione ricorrente - Invasione della sfera di autonomia regionale e lesione dei principi della tassativita' e insuscettibilita' di estensione da parte del legislatore dei controlli sulla regione - Adozione dello strumento del decreto-legge in assenza dei presupposti di necessita' ed urgenza.
- (Legge 14 gennaio 1994, n. 19, di conversione del d.l. 15 novembre 1993, n. 453).
- (Cost., artt. 77, 100, 103, 108, 116 e 125; statuto speciale regione Valle d'Aosta, art. 38).
Ricorre la regione autonoma Valle d'Aosta, in persona dell'on.le presidente della giunta regionale, sig. Dino Viérin, debitamente autorizzato in forza di delibera della giunta regionale n. 869 del 4 febbraio 1994, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Gustavo Romanelli, e presso di lui elettivamente domiciliato in Roma, alla via Cosseria n. 5, in forza di procura per atto notar Bastrenta di Aosta, in data 9 febbraio 1994, rep. 15327 contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dell'on.le Presidente del Consiglio pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, palazzo Chigi, nonche' presso l'avvocatura dello Stato, via dei Portoghesi n. 12 per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della legge 14 gennaio 1994, n. 19, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, parte I, n. 10 del 14 gennaio 1994, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453 (Disposizioni in materia di giurisdizione e di controllo della Corte dei conti).
La regione autonoma Valle d'Aosta, come in epigrafe rappresentata e difesa, espone quanto segue.
IN FATTO
Il d.l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 (meglio specificata in epigrafe) oggi impugnata, ha costituito il quinto tentativo nel corso dell'anno 1993 da parte del Governo centrale di intervenire radicalmente in una materia tanto delicata quanto quella degli strumenti di garanzia della legittimita' amministrativa; esso ha fatto seguito ai precedenti decreti-legge nn. 54, 143, 232 e 359 del 1993, via via impugnati avanti codesta ecc.ma Corte. Nell'ambito di tali decreti, il n. 453/1993 e' stato tuttavia il solo pervenuto alla conversione con la richiamata legge n. 19 del 14 gennaio 1994, n. 19, oggetto della presente impugnazione.
Rispetto in particolare ai decreti nn. 359 e 232 che l'avevano preceduto, il d.l. n. 453 si caratterizzava per una certa compressione della latitudine di contenuti, e per il cambiamento dell'intestazione (che nelle precedenti versioni recava "disposizioni in materia di legittimita' dell'azione amministrativa"): tali accorgimenti non hanno tuttavia fatto venire meno la massima parte dei profili di illegittimita' che erano stati denunziati nei confronti dei precedenti decreti. Ne' l'illegittimita' e' venuta in alcun modo meno attraverso le (del resto limitate) modifiche apportate dalla legge di conversione oggi impugnata.
Con il decreto in questione veniva infatti ancora tentata una riforma radicale di una fondamentale giurisdizione del nostro ordinamento, quale e' quella della Corte dei conti, prevedendo fra l'altro che in tutte le Regioni vengano istituite sezioni giurisdizionali della Corte dei conti (art. 1), presso le quali, ai sensi del successivo art. 2, comma 2, e' chiamato a svolgere le funzioni di pubblico ministero un vice Procuratore generale della Corte dei conti (Procuratore generale), od un altro magistrato assegnato all'ufficio. Alla previsione della istituzione delle sezioni regionali di cui all'art. 1, evidentemente per rimediare alla situazione di fatto creatasi in base ai precedenti decreti non convertiti, la legge di conversione ha aggiunto l'inciso "ove non gia' esistenti" (ed a tale intervento correttivo nel primo comma corrisponde altro intervento correttivo del medesimo segno al terzo comma del medesimo art. 1, volto a disciplinare la situazione delle sezioni gia' istituite).
I giudizi relativi ai residenti all'estero sono stati devoluti, ai sensi dell'art. 1, sesto comma, del decreto, alla competenza della sezione regionale per il Lazio.
L'attivita' dei procuratori regionali e' coordinata, in base al terzo comma dello stesso art. 2, dal procuratore generale della Corte dei conti.
L'ultimo comma dell'art. 2 del decreto prevede che la Corte dei conti possa delegare, per l'esercizio delle sue funzioni, adempimenti istruttori a funzionari di pubbliche amministrazioni ed avvalersi di consulenti tecnici.
Deve peraltro evidenziarsi come il decreto-legge n. 453/1993, anche in cio' non corretto dalla legge n. 19/1994, contenga norme di tutela delle minoranze linguistiche limitatamente alle sole Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti con sede nel territorio della regione Trentino-Alto Adige (art. 1, secondo comma).
La disciplina teste' richiamata e' lesiva delle attribuzioni della regione autonoma Valle d'Aosta ed e' illegittima per violazione degli artt. 77, 100, 103, 108, 116 e 125 della Costituzione, nonche' per violazione dei principi dello statuto della regione autonoma della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), ed in particolare dei suoi artt. 2, 3, 4, 29, 38, 43 e 46, primo comma.
IN DIRITTO
1. - Occorre preliminarmente contestare come il Governo abbia inteso adottare con le forme del decreto-legge delle misure che vengono a fortemente incidere sugli assetti istituzionali, e che per di piu' violano illegittimamente, la sfera di autonomia speciale della ricorrente regione, con disposizioni in larga parte (in particolare per quanto si riflette sull'organizzazione e la struttura della Corte dei conti), di palese non immediata applicabilita': appare quindi evidente come siano stati travalicati i confini alla decretazione d'urgenza richiamati dall'art. 15, terzo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che reca la disciplina dell'attivita' di Governo e l'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Tale vizio (violazione del precetto dell'art. 77 della Costituzione, che fa divieto al Governo di emanare decreti che abbiano valore di legge) si riflette evidentemente anche sulla legge di conversione oggi impugnata, che fra l'altro presuppone e in parte convalida situazioni createsi ed atti posti in essere in base al decreto-legge convertito e ai decreti-legge precedenti di analogo (anche se non uguale) contenuto.
La ricorrenza degli estremi della necessita' e dell'urgenza appare anche piu' contestabile, se si considera che il decreto oggi impugnato fa parte di quella stessa serie di decreti-legge, di contenuto analogo, che ormai da diversi mesi si stanno susseguendo l'uno all'altro, tutti sull'onda di una dichiarata, ma indimostrata, urgenza. A tale serie appartengono infatti, come si e' ricordato in premessa, i decreti-legge, non convertiti, dell'8 marzo 1993, n. 54, del 15 maggio 1993, n. 143, del 17 luglio 1983, n. 232 e, infine, del 14 settembre 1993, n. 359. Sia pure con sfumature in parte diverse i primi, evocando anch'essi la stessa supposta "straordinaria necessita' ed urgenza", esprimevano in buona parte la medesima accentuata, ed illegittima, tendenza a comprimere le autonomie regionali. D'altronde, sembra di poter intravedere nelle modifiche apportate dalla legge di conversione l'ammissione della piena consapevolezza dell'abuso nel caso di specie nel ricorso alla decretazione d'urgenza, tant'e' che alcune delle previsioni piu' controverse sono state estrapolate dal testo del decreto, ed adottate ex novo con legge ordinaria (legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante "disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti", pubblicata nella stessa Gazzetta Ufficiale n. 10 del 14 gennaio 1994, di seguito alla legge di conversione del decreto).
Puo' aggiungersi che il decreto-legge n. 453/1993, e quindi la legge di conversione oggi impugnata, si pongono in contrasto anche con il secondo comma dell'art. 125 della Costituzione. Tale norma (come e' evincibile tenuto conto della classificazione degli organi giurisdizionali di cui all'art. 103 della Costituzione) prevede su base regionale soltanto l'istituzione di organi di giustizia amministrativa che si inquadrano nella prevista giurisdizione del consiglio di Stato, quali sono gli odierni t.a.r., e non anche per quanto concerne la giurisdizione della Corte dei conti (del resto, sia pure rispetto ad altra questione, si era' gia' correttamente escluso che la struttura su base regionale della giustizia amministrativa di cui all'art. 125 fosse applicabile anche alla Corte dei conti: v. Corte costituzionale, 7 marzo 1984, n. 52; Corte dei conti, sez. rin., 19 aprile 1988, n. 576/A).
2. - Deve comunque rilevarsi che il d.l. n. 453 del 1993, convertito con la legge oggetto della presente impugnativa, ha un ambito di applicazione che coincide largamente con quelle materie per cui operano le riserve di legge di cui agli artt. 100, secondo e terzo comma, nonche' 103, secondo comma, e 108 della Costituzione: in base a tali norme costituzionali, sono riservate alla legge (in senso formale), rispettivamente, la determinazione dei casi e delle forme in cui la Corte dei conti puo' partecipare al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria e l'indipendenza della Corte medesima di fronte al Governo, l'ambito della giurisdizione della Corte dei conti al di fuori della contabilita' pubblica e, infine, l'ordinamento giudiziario e di ogni magistratura in genere.
Occorre comunque contestare che lo strumento del decreto-legge possa tener luogo di una legge formale, dato che le riserve di legge in questione (tenuto conto, fra l'altro, che sono finalizzate anche a garantire l'indipendenza della Corte dei conti rispetto al Governo) non possono che essere assolute, ne' l'adozione del provvedimento con decreto-legge puo' in alcun modo essere sanata dalla legge di conversione, che presuppone ed opera sul preesistente decreto-legge oggetto di conversione.
Inoltre, anche a voler prescindere dai nuovi contenuti previsti dell'azione della Corte, e' lo stesso disegno delle modalita' di esercizio che mette fortemente in pericolo la sfera di autonomia regionale su cui l'attivita' della Corte dei conti quale prevista e regolata dal decreto-legge convertito verrebbe ad incidere fortemente.
Giova del resto osservare che mancano persino sufficienti garanzie in ordine all'indipendenza dell'esecutivo nazionale di chi in concreto e' chiamato ad operare funzioni essenziali anche nell'ambito delle competenze giurisdizionali della Corte dei conti. Si e' infatti disposto, con l'art. 2, quarto comma, del decreto convertito con la legge impugnata, che la Corte dei conti possa avvalersi, per adempimenti istruttori, di personale delle pubbliche amministrazioni (e si trattera' facilmente di personale di amministrazioni statali). Tale previsione, in quanto applicabile all'attivita' che la Corte dei conti sarebbe chiamata a svolgere rispetto alle regioni ed agli enti locali, appare in contrasto con la garanzia di indpendenza anche delle giurisdizioni speciali, di cui all'art. 108, secondo comma, della Costituzione, espressamente estesa tanto ai pubblici ministeri che "agli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia".
3. - L'art. 38 dello statuto di autonomia speciale della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), al primo comma, espressamente sancisce, in armonia del resto con il piu' generale principio della tutela delle minoranze linguistiche, di cui all'art. 6 della Costituzione della Repubblica, l'equiparazione nella Valle d'Aosta della lingua francese a quella italiana: il che significa che, nel territorio della Valle, non e' attribuita una posizione di preminenza ne' alla lingua italiana, ne' alla lingua francese (v. in tali termini Corte costituzionale, 22 dicembre 1969, n. 156, in consiglio di Stato, 1969, II, 209), essendo entrambe lingue ufficiali (cosi': Barbagallo, la regione Valle d'Aosta, Milano, Giuffre', 1991, 119). Come ha ben evidenziato la Corte costituzionale, in Valle d'Aosta, contrariamente a quanto accade in altre regioni o provincie autonome (ed in particolare in Friuli-Venezia Giulia e nella provincia di Bolzano), si ha un bilinguismo perfetto (cfr. Corte costituzionale, 22 dicembre 1969, n. 156, cit.).
Il principio costituzionale in questione appare violato dal decreto e relativa legge di conversione impugnati, che si sono limitati a prevedere (all'art. 1, secondo comma) il rispetto della normativa in materia di tutela delle minoranze linguistiche, esclusivamente per il territorio della regione Trentino-Alto Adige, non prevedendo per la regione Valle d'Aosta nemmeno norme di tutela di segno analogo.
Si chiede pertanto: Piaccia all'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge 14 gennaio 1994, n. 19 (conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 15 novembre 1993, n. 453, recante disposizioni in materia di giurisdizione e di controllo della Corte dei conti), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, parte I, n. 10 del 14 gennaio 1994, con particolare riguardo ai suoi artt. 1 e 2, per violazione degli artt. 77, 100, 103, 108, 116 e 125 della Costituzione, nonche' per violazione dei principi dello statuto della regione Autonoma della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), ed in particolare del suo art. 38, con ogni relativa conseguenza e con ogni connessa pronunzia.
Roma, addi' 11 febbraio 1994
Avv. prof. Gustavo ROMANELLI