Ricorso della Regione per conflitto di attribuzioni n. 33 del 15 settembre 1993

RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE N. 33 DEL 15 SETTEMBRE 1993.

(GU n. 41 del 06.10.1993 )

Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 15 settembre 1993 (della regione autonoma Valle d'Aosta)

Sanita' pubblica - Definizione dei livelli di assistenza sanitaria - Determinazione delle prestazioni di assistenza sanitaria (collettiva, di base, specialistica, semiresidenziale e territoriale, ospedaliera, ecc.) che devono essere garantite dalle regioni a decorrere dal 1› gennaio 1993 - Mancata previsione del riferimento di dette prestazioni alla previsione di spesa sanitaria per l'anno 1993 e alle quote di finanziamento assegnate alle regioni per l'attivita' sanitaria - Accollo alle regioni dell'onere economico conseguente all'erogazione di livelli di assistenza sanitaria superiori a quelli uniformi e all'adozione di modelli organizzativi diversi da quelli assunti come base per la determinazione del parametro capitario di finanziamento - Invasione della sfera di attribuzioni regionali in materia di assistenza sanitaria e lesione dell'autonomia finanziaria della regione.

- (D.P.R. 24 dicembre 1992 (Gazzetta Ufficiale n. 153 del 2 luglio 1993)).

- (Cost., artt. 77, 100, 103, 108, 116, 117, 119 e 125; statuto Valle d'Aosta, artt. 2, 3, 4, 29, 38, 43 e 46).

Ricorso per la regione autonoma Valle d'Aosta, in persona del suo presidente della giunta regionale pro-tempore on. Dino Viérin, a cio' autorizzato da delibera n. 7117 del 20 agosto 1993, rappresentata e difesa nel presente giudizio dall'avv. prof. Gustavo Romanelli, presso il cui studio in Roma, via Cosse'ria n. 5, e' elettivamente domiciliata giusta procura Notaio dott. Guido Marcoz di Aosta, rep. n. 108889 contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona l'on. Presidente del Consiglio pro-tempore, rappresentato ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, per la risoluzione del conflitto di attribuzioni derivante dall'emanazione del d.P.R. 24 dicembre 1992, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 153 del 2 luglio 1993, e per l'annullamento del suddetto atto.

F A T T O

L'art. 6 del d.l. n. 384/1992 (convertito nella legge n. 438/1992) ha demandato al Governo dello Stato di definire, di intesa con la conferenza permanente per i rapporti Stato-regioni, i livelli uniformi di assistenza sanitaria da garantire a tutti i cittadini a decorrere dal 1› gennaio 1993. Tale determinazione era gia' stata in precedenza prevista dall'art. 4, primo comma, della legge n. 412/1991 (con effetti decorrenti dal 1› gennaio 1992) nell'ambito di un piu' generale riordino della materia, comprendente, fra l'altro, la definizione degli standard organizzativi e di attivita' da utilizzare per il calcolo del parametro capitario di finanziamento di ciascun livello assistenziale.

Viceversa, nella normativa successiva (il citato d.l. n. 384/1992 e il d.lgs. n. 502/1992) era stato eliminato ogni riferimento a tali standard, rendendo pertanto l'intervento legislativo sbilanciato e incompleto.

In relazione alla definizione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria prevista dal decreto legge n. 384/1992, le posizioni in seno alla conferenza permanente Stato-regioni sulla valutazione di alcuni elementi chiave per la determinazione del costo dei servizi sanitari sono peraltro risultati differenti; ed il Governo, valendosi di una specifica (ma non legittima) previsione del citato decreto-legge n. 384/1992, ha provveduto ad emanare, senza alcuna preventiva intesa con le regioni, l'impugnato d.P.R. 24 dicembre 1992.

Tale provvedimento, anziche' ridefinire i livelli di prestazioni sanitarie cui i cittadini hanno diritto, di fatto si limita ad elencarli, rifacendosi ai tipi ed ai vincoli gia' previsti dalla legislazione in vigore. Manca peraltro qualsiasi strumento che consenta di individuare sotto l'aspetto quantitativo le prestazioni erogabili; con la conseguenza che, in concreto, detto d.P.R. non consente di predeterminare con sufficiente approssimazione ne' la spesa sanitaria ne' i suoi fattori.

Tale circostanza, nella sua necessaria correlazione con il decreto legislativo n. 502/1992, fa si' che il d.P.R. impugnato non consenta assolutamente di determinare, neppure approssimativamente la quota capitaria necessaria a tali livelli di assistenza; con la conseguenza, non essendo possibile una predeterminazione quantitativa delle prestazioni dovute, non viene neppure garantita la congruenza fra i livelli di prestazione dovuti e le quote di finanziamento.

Il risultato concreto di tale provvedimento e' quindi di obbligare le regioni a sostenere i costi del servizio senza che siano disponibili le risorse necessarie, e comunque senza poter ridefinire le prestazioni dovute, che rimangono vincolate dal provvedimento dello Stato.

Con il d.P.R. 24 dicembre 1992, emanato senza il previo accordo con le regioni, lo Stato ha dunque invaso le competenze costituzionali sancite a favore delle regioni dall'art. 117 della Costituzione.

Pertanto la regione autonoma Valle d'Aosta chiede l'annullamento di tale atto e l'affermazione della propria competenza in materia sulla base delle seguenti considerazioni di

D I R I T T O

A) Violazione dell'art. 117 della Costituzione.

L'art. 117 della Costituzione come e' ben noto attribuisce alle regioni (fra le altre) la competenza in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. Tale competenza deve essere esercitata nei limiti dei principi fondamentali sanciti dalle leggi dello Stato, e non in contrasto con l'interesse nazionale e delle altre regioni.

Per l'esercizio di tali attribuzioni, l'art. 119 della Costituzione nel sancire l'economia economica delle regioni, stabilisce che ad esse siano attribuiti tributi erariali in relazione ai bisogni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni.

Nel caso di specie, il d.P.R. n. 384/1992 appare illegittimo per contrasto ad entrambe le norme costituzionali.

Piu' in particolare appare indubbio che la definizione dei livelli di assistenza sanitaria sia di competenza regionale ex art. 117 della Costituzione.

La necessita' che essi siano uniformi sul territorio nazionale non significa certamente che per essi le regioni debbano spogliarsi della propria competenza, ma semplicemente che le relative norme siano frutto di intese fra di esse e lo Stato.

Del resto, la necessita' di armonizzare le competenze regionali con il piu' ampio quadro normativo nazionale puo' esplicarsi in molti modi. Fra questi, di frequente ricorrenza e' l'adozione di provvedimento promulgati dallo Stato previa intesa con le regioni interessate.

Tali intese sono generalmente previste dalle leggi sulla cui base tali provvedimenti dello Stato traggono fondamento; e devono ritenersi indispensabili qualora detti provvedimenti incidano su materie di competenza esclusiva regionale.

Correttamente dunque il d.l. n. 384/1992 aveva previsto che il d.P.R. oggi impugnato venisse promulgato previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti Stato-regioni; ma altrettanto illecitamente ha poi previsto che, qualora detta intesa non fosse stata raggiunta entro un dato termine, il Governo avrebbe potuto autonomamente definire i livelli uniformi di assistenza sanitaria disattendendo le indicazioni delle regioni.

Di fatto, tale illegittima previsione ha privato le regioni della propria competenza in materia, in quanto ha consentito al Governo, trascorso il prefissato periodo di tempo senza il raggiungimento di una intesa, di emanare comunque i propri provvedimenti.

Nel caso di specie, e' poi di tutta evidenza che tale facolta' di azione del Governo, prevista nel caso di inerzia della conferenza permanente per i rapporti Stato-regioni non e' stata assolutamente utilizzata secondo la sua ratio, ma bensi' strumentalmente, per superare le fondate obiezioni portate dalle regioni al provvedimento.

Lungi dall'essere inerti, le regioni avevano infatti mosso ben precisi e puntuali rilievi alle proposte del Governo, il quale, anziche' esaminarle e cercare di raggiungere un punto di intesa, ha preferito imporre unilateralmente il proprio punto di vista, invadendo le attribuzioni regionali.

Il d.P.R. 24 dicembre 1992 e' dunque per tali motivi illegittimo, e come tale va quindi annullato, con affermazione della competenza regionale in materia.

B) Violazione dell'art. 119 della Costituzione.

Del resto, i puntuali rilievi delle regioni erano piu' che fondati.

La competenza regionale nelle specifiche materie rimane del tutto vuota se le regioni non sono poste nelle condizioni finanziarie di adempiere alle loro funzioni; e sulla base di tale basilare principio, l'art. 119 della Costituzione impone allo Stato di fornire alle regioni dei mezzi finanziari necessari ad adempiere le loro funzioni.

Secondo il sistema delineato dal d.lgs. n. 502/1992, l'ammontare del finanziamento statale alle regioni viene determinato sulla base dei livelli di assistenza e della correlativa quota capitaria. Il d.P.R. impugnato, che tali livelli definisce, e' quindi essenziale nella determinazione del finanziamento della spesa sanitaria che le regioni dovranno sostenere.

Mancando la predeterminazione quantitativa delle prestazioni dovute, si verifichera' indubitabilmente una discrepanza fra il livello di prestazioni rese dalle regioni e quanto lo Stato finanziera' al riguardo.

A cio', che di per se' e' gia' motivo di illegittimita', si aggiunge la assoluta arbitrarieta' dei parametri utilizzati dal Governo per i propri calcoli.

Manca del tutto nel decreto (non avendo la relativa parte superato il visto della Corte dei conti) l'indicazione del parametro capitario di finanziamento per ciascuno dei settori di prestazione sanitaria; cosa che di per se' impedisce di verificare la congruenza fra le prestazioni previste ed i costi coperti dai finanziamenti.

Il decreto contiene soltanto l'indicazione del parametro di finanziamento capitario globale lordo; il quale peraltro, anziche' essere determinato sulla base del costo effettivo delle prestazioni che ragionevolmente le regioni dovrebbero fornire, appare semplicemente ottenuto suddividendo le somme disponibili fra la popolazione.

Cio' rende evidente la quota capitaria del tutto inidonea alla sua funzione di criterio di finanziamento da parte dello Stato delle prestazioni sanitarie minime che le regioni devono fornire ai cittadini.

A conferma della inattendibilita' dei criteri adottati dal d.P.R. impugnato, bastera' sottolineare il fatto che tutte le valutazioni effettuate dalle regioni portano generalmente a cifre ben superiori a quelle calcolate dal Governo.

Queste ultime prendono le mosse dalla spesa storica precedente, assumendo peraltro su base nazionale voci di spesa per prestazioni che in realta' risultano erogate solo in alcune regioni; col risultato di ridurre del tutto artificiosamente i relativi parametri capitari (si sottolinea al riguardo che dagli stessi studi ministeriali risulta un divario di circa 1.600 miliardi fra i costi delle prestazioni previste - tutte confermate - e quanto reso disponibile dalla legge finanziaria).

Tali rilievi, come detto, erano gia' stati puntualmente e tempestivamente espressi dalle regioni a suo tempo. Per rispettare le competenze sancite dalla Costituzione, il d.P.R. impugnato avrebbe dovuto statuire sia sui livelli minimi di assistenza sanitaria, sia sulle relative quote capitarie, con l'imprescindibile intesa delle regioni.

In mancanza di tale intesa esso costituisce una illegittima invasione della sfera di competenza delle regioni, e come tale deve essere annullato.

Si chiede pertanto: piaccia all'Ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale del d.P.R. 24 dicembre 1992, pubbicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 153 del 2 luglio 1993 perche' gravemente lesivo delle attribuzioni della regione Valle d'Aosta e per violazione degli artt. 77, 100, 103, 108, 116 e 125 della Costituzione, nonche' per violazione dei principi dello statuto della regione autonoma Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 4) ed in particolare dei suoi artt. 2, 3, 4, 29, 38, 43 e 46; dichiarare che le attribuzioni in contestazione sono di spettanza della regione autonoma Valle d'Aosta. Con ogni relativa conseguenza e con ogni connessa pronuncia.

Roma, addi' 27 agosto 1993

Avv. prof. Gustavo ROMANELLI