Ricorso dello Stato per legittimità costituzionale n. 91 del 14 novembre 2005

N. 91 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 14 novembre 2005.

(GU n. 49 del 07.12.2005 )

Ricorso per questioni di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 14 novembre 2005 (del Presidente del Consiglio dei ministri)

Appalti pubblici - Norme della Regione Valle d'Aosta per l'affidamento di lavori pubblici d'interesse regionale, d'importo pari o inferiore a Euro 1.200.000, mediante procedura ristretta nel caso in cui il numero dei candidati qualificati sia superiore al massimo fissato nel bando di gara - Modalita' di selezione dei candidati ammissibili alla licitazione privata (un terzo mediante sorteggio e per i restanti due terzi sulla base di tre criteri concorrenti: la migliore idoneita' economico finanziaria, la migliore idoneita' tipologica e la migliore idoneita' di localizzazione) - Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri - Lamentata introduzione di un ingiustificato sistema protezionistico a danno dei soggetti non localizzati nel territorio attraverso l'adozione del criterio della migliore idoneita' di localizzazione (premiando, di fatto, il concorrente che dispone di un maggior numero di dipendenti locali) - Denunciata lesione degli obblighi internazionali - Violazione dei principi di uguaglianza e di parita' di trattamento - Violazione dei principi in materia di libera circolazione di persone e cose e di liberta' del lavoro - Violazione della tutela della concorrenza e delle liberta' di circolazione e stabilimento previste dal Trattato CE - Violazione del principio di imparzialita', efficienza e buon andamento della Pubblica Amministrazione - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 207 del 2001.

- Legge della Regione Valle d'Aosta 5 agosto 2005, n. 19, art. 25, sostitutivo della legge della Regione Valle d'Aosta 20 giugno 1996, n. 12, art. 26.

- Costituzione, artt. 3, 97, 117, primo comma, e 120; Statuto della Regione Valle d'Aosta, art. 2; Trattato CE artt. 2, 3, 4, 39 e segg., 81 e segg.

Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso per mandato ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici ha il proprio domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ricorrente;

Contro la Regione Valle d'Aosta, in persona del presidente della giunta regionale attualmente in carica, resistente, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 26 della legge regionale 5 agosto 2005, n. 19, recante modificazioni alla legge regionale 20 giugno 1996, n. 12 - legge regionale in materia di lavori pubblici, pubblicata nel B.U.R., n. 36 del 6 settembre 2005.

Nell'esercizio della propria competenza legislativa esclusiva la Regione Valle d'Aosta ha provveduto ad emanare sin dal 1996 una disciplina organica e generale in materia di lavori pubblici di interesse regionale.

Detta legge e' stata gia' oggetto di ripetute modifiche, da ultimo e recentemente con legge regionale 20 gennaio 2005, n. 1.

Con ulteriore provvedimento legislativo di modifica, questa volta di natura assai articolata e diffusa, la regione e' ulteriormente intervenuta a novellare l'intera materia, dettando appunto con la legge n. 19/2005 una serie di disposizioni correttive ed integrative della disciplina vigente.

Tra le disposizioni novellatrici della legge n. 19/2005 si pone l'art. 26, il quale ha integralmente sostituito l'art. 25 della legge n. 12/1996 e ha dettato nuova completa disciplina per l'affidamento dei lavori pubblici regionali mediante procedura ristretta.

La nuova norma distingue tra lavori di importo superiore a Euro 1.200.000, per l'affidamento dei quali possono concorrere tutti i soggetti che ne abbiano fatto richiesta e che abbiano i requisiti richiesti dal bando, e lavori di importo pari o inferiore a Euro 1.200.000, per l'affidamento dei quali l'amministrazione aggiudicatrice puo' (deve?) restringere gli inviti ad un numero di candidati compreso tra cinque e ventuno, numero che deve preventivamente essere fissato dal bando di gara.

Si tratta della nota «forchetta», consentita dalle norme comunitarie ed invece non prevista dalla legge quadro nazionale in materia di lavori pubblici, ispirata a criteri di massima concorrenza.

Se dunque per gli appalti di valore pari o inferiore alla soglia degli Euro 1.200.000 i candidati qualificati sono in numero superiore a quello previsto dal bando e collocato all'interno della «forchetta», l'art. 25 della legge regionale, come modificato dall'art. 26 della legge n. 19/2005, detta i criteri cui deve attenersi l'amministrazione aggiudicatrice per operare la selezione di ingresso alla licitazione.

Dispone infatti la norma che un terzo dei concorrenti da invitare alla licitazione privata venga sorteggiato pubblicamente, e che i restanti due terzi siano scelti sulla base di tre criteri concorrenti, cui attribuire punteggio sulla base di modalita' la cui definizione e' demandata a successiva deliberazione della giunta regionale.

I criteri previsti dal nuovo art. 26 sono: a) la migliore idoneita' economico-finanziaria, determinata in base alla cifra d'affari in lavori realizzata nel quinquennio precedente l'anno di pubblicazione del bando di gara; b) la migliore idoneita' tipologica, determinata in base alla classifica di qualificazione riportata dall'attestato SOA e riferita alla categoria di lavorazione indicata come prevalente dal bando di gara; c) la migliore idoneita' di localizzazione, determinata sia in «valore assoluto» sia in relazione all'organico, cioe' come rapporto tra numero totale dei dipendenti e numero dei dipendenti iscritti presso la sede regionale della cassa edile.

Come si vede, dei tre criteri cui affidare la selezione dei candidati da invitare a presentare offerta alla licitazione privata, due rispondono a criteri oggettivi di natura tecnico-economica gia' recepiti e dalle norme comunitarie in materia di qualificazione e dalle norme nazionali (d.P.R. 20 febbraio 2000 n. 34), mentre il terzo risponde ad una logica esclusivamente territoriale, premiando il concorrente che dispone di un maggior numero di dipendenti locali.

Sennonche', cosi' disponendo, la legge regionale prevede un trattamento differenziato ratione loci, e viene ad integrare uno strumento che crea di fatto una «barriera discriminatoria» a danno dei soggetti non localizzati nel territorio regionale.

E quindi per questo specifico aspetto, la norma in esame si presenta illegittima in primo luogo relativamente ai limiti ed ai principi del proprio Statuto, che all'art. 2 impone alla potesta' legislativa esclusiva il limite del rispetto della Costituzione e degli obblighi internazionali.

Inoltre, la stessa norma, pur in un ambito indiscutibilmente rimesso alla potesta' legislativa esclusiva della regione, si presenta illegittima sia sotto il profilo del mancato rispetto dei principi e delle norme costituzionali in materia di uguaglianza e parita' di trattamento (art. 3 Cost.) nonche' in materia di libera circolazione di persone e cose e di liberta' del lavoro (art. 120 Cost.), sia sotto il profilo della violazione delle norme e delle regole comunitarie (art. 117 della Costituzione in relazione ai principi del Trattato CEE sulla tutela della concorrenza, sulla libera circolazione e sulla liberta' di stabilimento).

Sotto questo secondo aspetto, non vale certo a giustificazione la considerazione del fatto che la norma qui censurata si riferisce ad appalti di valore non significativo ai fini dell'applicazione delle direttive comunitarie, in quanto - come piu' volte la giurisprudenza della Corte di Giustizia CEE ha ricordato - indipendentemente dal campo di azione delle direttive non possono essere lesi i diritti ed i principi che discendono direttamente dal Trattato.

Il Trattato CE, infatti, nel Titolo VI della parte terza (artt. 2, 3, 4, 39 ss. e 81 ss.) disciplina la tutela della concorrenza come situazione conseguente alla parita' di accesso e di libera prestazione nel mercato degli operatori economici che non devono essere discriminati in base alla loro nazionalita' e alla ubicazione territoriale dell'azienda. La liberta' di «stabilimento» ivi menzionata, in particolare, rientra tra le c.d. quattro liberta', essendo riconducibile a quella di libera circolazione dei servizi, a salvaguardia della quale non possono essere accettate l'esistenza o la creazione di barriere geografiche possano compartimentare il mercato e creare inaccettabili distinzioni al suo interno.

Peraltro, si tratta qui di fare richiamo a principi che la Regione Valle d'Aosta dovrebbe ormai ben conoscere, dato che la Corte costituzionale li ha dettati proprio nel censurare un precedente legislativo della stessa regione in materia di qualificazione delle imprese, laddove il sistema di qualificazione introdotto dalle norme regionali sui lavori pubblici aveva generato un sistema ad effetto discriminatorio e penalizzante a danno delle imprese localizzate al di fuori del territorio regionale. In quella occasione la Corte costituzionale ebbe ad affermare come «richiedere, per la partecipazione alle gare d'appalto, la sussistenza di un'organizzazione aziendale stabile sul territorio regionale equivale a discriminare le imprese sulla base di un elemento di localizzazione territoriale, contrario al principio di eguaglianza nonche' al principio in base al quale la regione non puo' adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le regioni», e quindi la stessa Corte ebbe ad enunciare il «divieto, per i legislatori regionali, di frapporre barriere di carattere protezionistico alla prestazione, nel proprio ambito territoriale, di servizi di carattere territoriale, di servizi di carattere imprenditoriale da parte di soggetti ubicati in qualsiasi parte del territorio nazionale (nonche', in base ai principi di diritto comunitario sulla liberta' di prestazione di servizi, in qualsiasi Paese dell'Unione europea)». (Corte cost. 26 giugno 2001 n. 207).

Detto divieto, dunque, limita anche le regioni a statuto speciale e cio' e' tanto piu' vero in quanto si consideri che la previsione normativa impugnata, crea un ingiusto sistema protezionistico per nulla giustificato con ragioni di efficienza ed economicita'.

Basti considerare che l'art. 25 della legge regionale sui lavori pubblici n. 12/1996, nel testo modificato dalla norma che qui si censura, oltre a prevedere un indice discriminatorio del tutto indefinito ed irragionevole (come l'idoneita' di localizzazione «in valore assoluto»), consente l'attribuzione di un punteggio che differenzia i concorrenti sulla scorta della regionalita' del proprio personale, in palese contrasto con il principio della parita' di trattamento di situazioni identiche e di uniformita' di disciplina e di trattamento nei confronti degli operatori economici su tutto il territorio nazionale.

Cio' significa che un candidato a presentare offerta ad una gara ristretta per l'affidamento di lavori pubblici regionali potrebbe non essere ammesso alla licitazione per il solo fatto che il proprio personale dipendente non e' iscritto alla locale cassa edile (oppure che ne e' iscritta una percentuale di dipendenti inferiore alla percentuale di altro candidato).

E questa regola, oltre a non rispondere ad alcuna esigenza di concorrenzialita', e a non essere fondata su alcuna ragione tecnica, come s'e' detto, urta pure contro il principio di imparzialita', efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).

E poiche' le regioni (siano esse a statuto speciale oppure no), nell'esercizio della potesta' legislativa di cui sono titolari (in via esclusiva, concorrente o residuale), incontrano in ogni caso il limite dei principi della Costituzione, dell'ordinamento giuridico e delle norme fondamentali dell'ordinamento statale e comunitario, tra le quali sono senza dubbio da comprendere quelle poc'anzi enunciate, non v'e' dubbio che la disposizione qui impugnata leda il complesso di norme e principi che invece avrebbe dovuto rispettare.

P. Q. M.

Impugna ex art. 15 dello statuto speciale per la Valle d'Aosta la norma in epigrafe indicata e conclude affinche' l'art. 25 della legge regionale 5 agosto 2005, n. 19 (che ha modificato, sostituendolo, l'art. 26 della legge regionale Valle d'Aosta n. 12/1996) sia dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con l'art. 2 dello statuto, con gli articoli 3, 97, 117 primo comma, e 120 della Costituzione, nonche' - ove occorra - perche' confliggente con i principi comunitari in materia di libera concorrenza, libera circolazione e liberta' di stabilimento (artt. 2, 3, 4, 39 e segg., 81 e segg. del Trattato CEE).

Roma, addi' 2 novembre 2005

L'Avvocato dello Stato: Marco Corsini