Legge regionale 8 agosto 1989, n. 58 - Testo storico

Legge regionale n. 58 del 08 08 1989

Bollettino ufficiale 22 8 1989 n. 37

Piano di politica del lavoro per il triennio 1989/1991.

Art. 1

1. È approvato il piano di politica del lavoro per il triennio 1989/1991, di cui all’articolo 3 della legge regionale 17 febbraio 1989, n. 13 recante riorganizzazione degli interventi regionali di promozione all’occupazione, allegato alla presente legge.

2. È approvata la relativa spesa complessiva di L. 6.400.000.000 per il triennio 1989/ 1991 come è finanziata dall’articolo 18 della legge regionale 17 febbraio 1989, n. 13.

La presente legge sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione.

È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Autonoma Valle d'Aosta.

PIANO DI POLITICA DEL LAVORO TRIENNIO 1989/ 1991

PARTE PRIMA

LE ATTUALI PROBLEMATICHE OCCUPAZIONALI DELLE AREE SVILUPPATE

1. Le tendenze recenti

Nella fasi più recenti di sviluppo e trasformazione della struttura produttiva italiana i diversi fattori che influenzano il mercato del lavoro, possono essere sinteticamente raggruppati in due grandi categorie: fattori che esercitano effetto nei medio e lungo periodo (i cosiddetti fattori strutturali) e i fattori di natura congiunturale.

I primi, che determinano cambiamenti secondo logiche evolutive che procedono lentamente e senza brusche inversioni di tendenza, continuano a rappresentare, nella seconda metà degli anni ottanta, aspetti problematici per l’occupazione, solo in alcuni casi in via di attenuazione.

Fra questi fattori, i principali possono essere considerati:

- il permanere degli effetti dell’elevata natalità degli anni sessanta, che genera un flusso di entrata annualmente rilevante e che, secondo i demografici, si attenuerà solo verso la metà degli anni 90;

- gli effetti derivanti dal progressivo aumento della partecipazione femminile alle attività extra domestiche; il che significa che a parità di flusso demografico il tasso di attività risulta più rilevante;

- le conseguenze dei cambiamenti tecnologici e in particolare i mutamenti qualitativi richiesti alla composizione della manodopera, che aumentano fortemente le possibilità di mancato incontro tra domanda e offerta di lavoro.

I fattori congiunturali, nella fase più recente, si sono invece evoluti in maniera molto più favorevole rispetto alla prima metà degli anni ottanta, ma i loro effetti positivi sono avvertibili solo in maniera parziale sul piano occupazionale, a causa del permanere delle tendenze strutturali sopra menzionate.

Questo aspetto contrastante è messo in evidenza da una elasticità dell’occupazione rispetto al reddito apparentemente asimmetrica, nel senso che la disoccupazione aumenta rapidamente nei periodi di bassa crescita del reddito, ma stenta a decrescere alla ripresa del ciclo economico.

Infatti, nel periodo 1980- 84, a fronte di una crescita media annua del prodotto interno lordo pari allo 0,9 percento, il tasso di disoccupazione è peggiorato di 2,4 punti percentuali, passando dal 7,6 percento del 1980 al 10 percento dell’84.

Nel periodo 84- 88, invece, nonostante una netta ripresa nella crescita del prodotto interno lordo (+ 3,2 percento medio annuo), il tasso di disoccupazione è continuato a peggiorare passando dal 10 percento del 1984 al 12 percento del 1988.

Va tuttavia precisato che questo valore del tasso di disoccupazione era già stato raggiunto l’anno precedente e che, dunque, solo dopo un quinquennio particolarmente favorevole di crescita stabile dell’economica, si cominciano a manifestare effetti tangibili sul piano occupazionale.

Questi andamenti, che riguardano l’economica Italia nel suo complesso, sono però il prodotto di andamenti piuttosto divergenti sul piano territoriale.

Infatti si deve sottolineare che nel corso degli anni ottanta l’evoluzione dei tassi di disoccupazione nell’ambito delle tre grandi circoscrizioni geografiche nazionali appare estremamente differenziato.

Tab. 1 - Tassi di disoccupazione per aree geografiche

Anni Nord Centro Sud e Isole

1981 6,1 8,4 12,3

1986 8,0 9,7 16,5

1987 7,8 9,7 19,2

1988 6,9 9,9 20,6

(Fonte ISTAT - Rilev. trim.)

Come si vede dai dati della tabella l’aumento della disoccupazione nella prima parte degli anni ottanta, seppur proporzionalmente differente, riguarda tutte le aree.

Nell’ultimo triennio invece, le aree forti per prime manifestano i segni di una inversione di tendenza, mentre nelle aree del centro, e più ancora nelle aree deboli del sud i sintomi della congiuntura favorevole stentano ad apparire.

Il peso degli elementi congiunturali sul complesso della tematica occupazionale gioca quindi un ruolo diverso nelle regioni settentrionali dove fenomeni di strozzature dal lato dell’offerta sono già stati rilevati soprattutto nelle aree industriali e a più elevata terziarizzazione.

Questo dato di disomogeneità del mercato dal lavoro trova ulteriore conferma nei cambiamenti della composizione della disoccupazione.

Se infatti consideriamo l’evoluzione dei due gruppi principali che compongono la disoccupazione, ovvero chi cerca occupazione in senso stretto (disoccupati che hanno perso un precedente lavoro e persone in cerca di prima occupazione) e lavoratori scoraggiati (persone che cercano lavoro in maniera saltuaria e non formalizzata), possiamo osservare andamenti pur sempre differenziati, ma che tuttavia delineano alcuni tratti comuni nell’evoluzione delle fasce più svantaggiate di lavoratori.

Tab. 2 - Composizione della disoccupazione (Tassi di variazione 1986/ 87)

Nord Centro Sud e Isole

Persone in cerca di occupazione - 7,2 1,3 33,7 Lavoratori scoraggiati 15,0 22,0 53,4 (Fonte ISTAT - Rilev. trim.)

Anche considerando la vera e propria componente di lungo termine della disoccupazione, si trae l’indicazione che, a differenza dei tassi totali che mostrano forti divergenze nelle varie circoscrizioni geografiche, la sua incidenza percentuale sul totale dei disoccupati è pressoché identica nelle tre aree.

Da ciò si può dedurre quindi che un andamento congiunturale favorevole relativamente duraturo dell’economia tende ad alleviare la disoccupazione in generale, ma incide in modo insufficiente sul nocciolo duro della stessa, che risulta essere invece più strutturalmente connesso alle tendenze di fondi delle economie mature.

LE ATTUALI PROBLEMATICHE OCCUPAZIONALI DELLE AREE SVILUPPATE

2. I caratteri qualitativi della disoccupazione

Questa combinazione di fattori di breve e lungo periodo lascia una situazione ancora prevalentemente centrata su problematiche di ordine quantitativo nelle aree più deboli, mentre nelle aree forti tende a spostare il cuore del problema della disoccupazione sugli aspetti di carattere qualitativo.

Questa constatazione non vuole negare l’esistenza di punti di crisi specifici dove anche gli aspetti quantitativi hanno un peso e che si collegano nella maggior parte dei casi a situazioni di chiusura di impianti di settori maturi, ma vuole cogliere l’aspetto tendenziale più tipico e per il quale si è meno attrezzati dal punto di vista degli strumenti.

A questo proposito va tenuto in considerazione anche il fatto che la soluzione di specifiche situazioni di crisi ha maggiori prospettive di esito favorevole quando è collocata nel contesto di un mercato del lavoro dinamico.

In altri termini, come è riscontrabile anche in altre aree sviluppate di molte nazioni europee (Gran Bretagna in modo particolare, Repubblica Federale Tedesca, Francia), il problema dell’ordine del giorno, non è più il livello generale della disoccupazione, ma il suo concentrarsi su alcuni segmenti della forza lavoro, ed ha caratteristiche di malattia cronica.

Il problema fondamentale dunque è l’aumento sensibile della quota di persone che, per caratteristiche proprie o per una serie di circostanze apparentemente sfavorevoli legate al contesto territoriale e ambientale in cui si trovano, non rientrano (o rientrano con estrema difficoltà ) nel mercato del lavoro nella fase di ripresa economica.

Il fenomeno del mancato rientro di molti disoccupati nella fascia attiva del mercato del lavoro nella fase alta del ciclo, mette in evidenza che il dato qualitativo critico della disoccupazione è la sua durata.

Infatti, la figura emergente sullo scenario del mercato del lavoro delle economie sviluppate è quella del disoccupato di lungo periodo.

La definizione comunemente accettata di disoccupato di lungo periodo è quella di una persona in cerca di occupazione per un periodo di un anno o superiore all’anno.

La quota di disoccupati di lungo periodo sul totale della disoccupazione, va aumentando continuamente.

A questo si accompagna un progressivo allungamento della durata media della disoccupazione.

L’incidenza percentuale dei disoccupati di lungo periodo sul totale di disoccupati si aggira, per quanto riguarda la media europea intorno al 50 percento; l’Italia la supera di poco, la Val d’Aosta è interno al 27 percento con tempi di attesa medi di tre o quattro mesi e con un’alta componente di sottoccupazione e di occupazione stagionale.

È un processo cumulativo che sta caratterizzando sempre più gli anni ottanta e che gli osservatori ritengono ormai un dato permanente, rilevante sia in termini assoluti che per complessità del fenomeno.

Ci si trova infatti di fronte ad un circolo vizioso: tanto più tempo un individuo è stato disoccupato, tanto maggiori saranno le difficoltà a trovare un impiego.

Si crea di fatto una " coda " di disoccupati che attendono di trovare un posto di lavoro; in fondo a questa coda è possibile rintracciare i segmenti più deboli della manodopera.

Inoltre, il lungo periodo (più di un decennio) di grave crisi occupazionale, associata ad una continua espansione dei tassi di attività, ha reso ancora più difficile la situazione in quanto il rallentamento della domanda e gli accresciuti nuovi ingressi nel mercato del lavoro hanno accentuato i problemi dell’eccesso di offerta.

Di conseguenza, i meno attrezzati sono stati sospinti indietro nella graduatoria dei senza lavoro e progressivamente sono scivolati nella disoccupazione di lungo periodo.

C’è una differenza enorme tra ricercare un nuovo lavoro e ottenere un lavoro da una posizione di disoccupato:

tanto più lunga è la disoccupazione, tanto maggiore è questa differenza.

I motivi di questo fenomeno sono molteplici, ma possono essere sintetizzati nel seguente modo:

- perdita di motivazioni e incentivi: tale processo è connesso agli aspetti psicologici legati alla ricerca di un posto di lavoro; infatti è immediatamente rintracciabile una relazione stretta tra la durata del periodo di disoccupazione e lo scoraggiamento nella possibilità di trovarlo, la perdita di fiducia in se stessi, problemi di benessere mentale; agli aspetti più tipicamente psicologici va aggiunto che la ricerca di un posto di lavoro ha un costo materiale e che, quindi, chi è disoccupato da più tempo ha sempre meno risorse da dedicarvi;

- atteggiamenti di sfiducia e di diffidenza da parte degli imprenditori nei confronti di coloro che sono rimasti senza lavoro per un lungo periodo di tempo: gli imprenditori tendono a ritenere infatti che il rifiuto ad occupare un lavoratore a lungo disoccupato sia causato dalle sue personale caratteristiche;

- reale atrofizzazione e invecchiamento delle capacità professionali del lavoratore, la cui riqualificazione è spesso percepita come un costo eccessivo dalle imprese (qui si accenna solo al problema che verrà affrontato più dettagliatamente in seguito);

- problemi di informazione legati a meccanismi di socializzazione segreganti tra occupati e disoccupati: non solo i lavoratori occupati hanno una migliore conoscenza del mercato del lavoro, ma c’è una ulteriore aggravante dovuta al fatto che l’attività lavorativa è una forma primaria di socializzazione che preveda meccanismi di comunicazione delle informazioni diversi da quelli dei disoccupati e a cui questi ultimi possono difficilmente accedere; da un lato è difficile che l’informazione su alternative di lavoro circoli dagli occupati ai disoccupati che vivono in genere una situazione di atomizzazione e di scarsa comunicazione.

La precedente discussione riguardante le ragioni che costringono un disoccupato in fondo alla graduatoria di coloro che cercano un lavoro ci fornisce molto materiale per comprendere quali siano le caratteristiche peculiari del disoccupato di lungo periodo.

Esse vengono in generale individuate in base a vari criteri di cui i principali, corrispondenti alle più rilevanti caratteristiche di base, sono: il sesso, l’età, il grado di istruzione e la capacità professionale, la localizzazione e il gruppo etnico.

Esiste inoltre una vasta letteratura a livello internazionale, rivolta alla definizione degli aspetti psicologici del disoccupato di lungo periodo, che ha ampiamente dimostrato come per questi gruppi di persone tutti gli indicatori di disagio sociale siano sistematicamente più accentuati.

Tale fatto sottolinea ancor di più come il perdurare della disoccupazione abbia effetti complessi sui soggetti coinvolti e che, pertanto, le azioni rivolte a contrastarla, non possono essere in genere limitate ad un puro e semplice intento di reintegrazione in un qualsiasi posto di lavoro.

Per quanto riguarda il sesso va ricordato che il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro sta crescendo enormemente (e ad un ritmo molto più elevato di quello degli uomini) e che, di conseguenza, i tassi di disoccupazione femminile, crescono altrettanto rapidamente.

A questo punto va aggiunto il fatto che permangono, nonostante una crescente legislazione a favore dell’occupazione femminile, forme più o meno esplicite di segregazione in base al sesso.

In sostanza oltre ad esservi un numero minore di posti di lavoro offerti alle donne, le prospettive di inserimento tendono ad essere fortemente concentrate su alcune posizioni di lavoro rinforzando le divergenze tra domanda e offerta di lavoro.

Per quanto riguarda l’età, il disoccupato di lungo periodo, in Europa, nella fase più recente, tende ad essere principalmente un adulto.

Al contrario, nel decennio 1975- 1985 i giovani hanno rappresentato una quota crescente della disoccupazione di lungo periodo - l’Italia è stato uno dei paesi dove questo fenomeno è stato più evidente - a causa della crisi generale delle economie sviluppate che, oltre a colpire tutti i gruppi di età e non solo quelli in età avanzata, ha ristretto in particolare le opportunità di primo impiego.

Il problema occupazionale nell’ambito dei paesi CEE durante gli anni ?70 infatti veniva affrontato in primo luogo in termini di disoccupazione giovanile.

Da un lato, i giovani erano meno appetibili per le imprese per una lunga serie di motivi perché venivano considerati più conflittuali, scarsamente preparati (in conseguenza di una profonda sfiducia nel sistema informativo) e quindi più costosi da inserire: il modello di reclutamento dominante manteneva un sostanziale profilo gerarchico dal punto di vista dell’ingresso e dell’avanzamento di carriera.

Dall’altro lato la ridotta creazione di offerta di lavoro riducendo le possibilità di mobilità volontaria, spingeva le persone in attività a rinforzare i vincoli istituzionali a salvaguardia del posto di lavoro occupato, con influenza negativa sul ricambio generazionale.

In tempi recenti si registra una netta tendenza alla diminuzione della quota dei giovani sul totale dei disoccupati di lungo periodo e sul totale dei disoccupati in generale.

Questo è dovuto al miglioramento delle condizioni economiche generali e al mutamento della struttura d’età della popolazione.

È inoltre cambiato l’atteggiamento delle imprese, almeno in parte come conseguenza di misure di incentivazione e di flessibilizzazione del mercato del lavoro introdotte in tempi recenti tra cui molte specificamente indirizzate a favore dell’occupazione giovanile.

Il giovane, in realtà, tende sempre meno a costituire in sé una caratteristica di disoccupazione, mentre sono altri connotati (titolo di studio, gruppo sociale, localizzazione geografica) che determinano le probabilità di trovare un posto di lavoro conforme alle aspettative.

Va in ogni caso ricordato che anche per i giovani disoccupati il rischio di diventare disoccupati di lungo periodo tende a crescere al crescere del periodo di disoccupazione: esistono in altri tempi fattori di circolarità negativi che spesso possono innescare processi di crescente marginalizzazione.

Per quanto riguarda capacità professionale e livello di istruzione, persone con bassa qualifica o dequalificati e scarsa istruzione tendono ad essere sovrarappresentati tra i disoccupati di lungo periodo per fattori sia di domanda che di offerta.

Da un lato, infatti, alcuni cambiamenti in corso nelle economie sviluppate, tendono a contrarre la domanda di mansioni a bassa qualifica; dall’altro, i lavori socialmente meno gratificanti tendono ad essere in alcuni casi rifiutati da coloro che vivono in paesi ad elevato reddito medio, dotati di un sistema di sicurezza sociale consolidato.

Quest’ultimo fenomeno può assumere particolare rilievo nei casi di ristrutturazione aziendale e di mobilità forzata, dove molte qualifiche formali, acquisite per mansioni che sono specifiche di un determinato sistema di produzione, vengono perse.

In tali casi risulta per i lavoratori dequalificati estremamente difficile accettare una nuova situazione nella quale non venga riconosciuto la status precedentemente acquisito: situazioni che del resto è difficile ricreare, poiché i casi di ristrutturazione si verificano in genere con maggior frequenza nei settori in declino.

È opportuno, inoltre, sottolineare che la stretta correlazione esistente tra posizione occupazionale e ruolo sociale può determinare un decadimento, non solo di reddito, ma anche della fiducia nelle proprie capacità e nel modo di percepire la propria immagine sociale, da parte dei lavoratori che perdono qualifica, con negative ripercussioni sulla convinzione e sulle forme con cui viene effettuata la ricerca per un posto di lavoro alternativo.

LE ATTUALI PROBLEMATICHE OCCUPAZIONALI DELLE AREE SVILUPPATE

3. Lavoro, disoccupazione, mercato del lavoro

In termini di politiche del lavoro le considerazioni fatte in precedenza hanno due importanti implicazioni:

- è sempre più necessario individuare con grande precisione le fasce più deboli del mercato del lavoro per modellare sulle loro caratteristiche gli strumenti da attivare; è necessario quindi spostare l’accento da politiche di sostegno indirizzate verso grandi (e quindi in qualche modo generiche) fasce di utenti (ad esempio i giovani) a politiche rivolte a specifici segmenti dell’offerta di lavoro. Nella situazione specifica assume quindi un’importanza cruciale la possibilità di raggiungere sulle condizioni del mercato del lavoro in Val d’Aosta un approfondito livello di conoscenza che andrà continuamente aggiornato e affinato;

- il fatto che l’insieme del mercato del lavoro delle regioni settentrionali si trovi in una situazione ben diversa da quella dell’emergenza occupazionale che ha caratterizzato il decennio a cavallo tra gli anni settanta e gli anni ottanta, non vuol dire naturalmente che la politica attiva del lavoro debba concentrarsi solo su alcune fasce di disoccupati particolarmente svantaggiate.

Questo per due ordini di motivi: innanzi tutto perché si deve approfittare della situazione sostanzialmente favorevole che stiamo attraversando allo scopo di rafforzare tutti i soggetti presenti sul mercato del lavoro per dare loro la possibilità di affrontare in maniera più adeguata una eventuale prossima fase discendente del ciclo; in secondo luogo perché il continuo mutamento delle condizioni generali del mercato del lavoro richiede un altrettanto rapido adattamento della manodopera che, sia pure in misura differente, deve coinvolgere tutti i suoi segmenti.

La situazione attuale impone a tutte le istituzioni che sono impegnate sul terreno delle politiche del lavoro un grande sforzo di comprensione delle complesse dinamiche in corso e, nello stesso tempo, di creatività nell’individuazione degli strumenti.

Questa duplice necessità è imposta dal fatto che il lavoro e il " non lavoro ", sono mutati profondamente e mutato è anche il modo di concepirli sia da parte degli studiosi che da parte dei soggetti attivi.

Le figure sociali definite in base alla collocazione rispetto al lavoro hanno contorni molto più sfumati di quelli che pretendeva avessero, o che in realtà avevano, solo pochi anni fa.

Infatti è aumentato significativamente il numero di figure che si collocano a cavallo delle tre aree dell’occupazione, della disoccupazione e dell’inattività.

Ad esempio, tra occupazione e disoccupazione stanno sia coloro che sono alla ricerca di un lavoro stabile e a tempo pieno, ma nel frattempo fanno lavori precari e irregolari, sia i lavoratori in cassa integrazione con scarse possibilità di rientro in fabbrica.

Mentre tra occupazione e inattività si possono considerare gli studenti e i pensionati che fanno lavori saltuari e part - time e le casalinghe con un lavoro a domicilio o un’attività extra domestica.

Infine a metà strada tra disoccupazione e inattività si collocano sia le casalinghe e gli studenti con una ricerca di lavoro scarsamente attiva, sia chi cerca lavoro, ma soltanto a particolari condizioni, rifiutando ogni altra occasioni.

Nel complesso si può dunque dire che le più recenti trasformazioni del quadro economico e sociale configurano sempre più un mercato del lavoro dove ruoli, mansioni e professionalità non appaiono univocamente definiti e stabili nel tempo, ma in continua evoluzione, in un contesto di progressiva frammentazione e molto più complesso che in passato.

Questo ragionamento sulle figure sociali rimanda alla più generale relazione fra le economiche che molti studiosi hanno individuato come distintive delle società industriali " mature ": l’economia formale, struttura e regolare; l’economia nascosta, centrata sul lavoro nero; l’economia domestica e comunitaria, dove si produce solo parzialmente per il mercato, ma, principalmente, per la famiglia, il gruppo, la comunità.

Anche a questi confini vanno stemperandosi e variano nel tempo: una stessa attività può essere svolta in modo abbastanza simile in ciascuna delle tre economie, perciò l’andamento dell’occupazione nell’economia formale e in quella nascosta dipende anche dall’andamento di quella domestico - comunitaria.

Fino a pochissimo tempo fa obiettivo delle politiche d’intervento era riportare ogni cosa all’interno di una economia formale e strutturata.

Ancora oggi, naturalmente, sottrarre spazio alle degenerazioni del lavoro nero è un obiettivo politico e sociale prioritario, ma, nelle finalità degli interventi economico-sociali, per l’attivazione di tutte le risorse, si riconosce l’importanza decisiva di fattori non direttamente scambiabili sul mercato.

In tal senso, tutte le indagini sui fattori sociali, culturali e istituzionali della crescita e del successo della piccola imprese in alcune regioni italiane hanno ampiamente dimostrato l’importanza delle radici tradizionali e comunitarie per lo sviluppo locale di attività produttive, spesso all’avanguardia anche da un punto di vista tecnologico.

LE ATTUALI PROBLEMATICHE OCCUPAZIONALI DELLE AREE SVILUPPATE

4. Le linee guida dell’intervento

L’insieme delle considerazioni finora svolte rappresenta un punto di riferimento imprescindibile quando si devono progettare le linee per un concreto intervento in un contesto locale da parte di una Agenzia del lavoro.

La prima considerazione è che la Val d’Aosta ha problemi occupazionali in cui gli aspetti qualitativi predominano largamente sugli aspetti quantitativi.

Il mercato del lavoro valdostano, pur essendo di ridotte dimensioni, denota la stessa complessità sotto il profilo evolutivo riscontrabile in ogni altra economia matura.

In esso infatti è presente, anche se su scala ridotta, un ampio panorama di tipologie lavorative e di professionalità (per settore e per qualifica) ed esiste inoltre un insieme complesso di figure sociali che hanno una molteplicità di rapporti con il mercato del lavoro.

Le fasce di disoccupazione sono differenziate sotto il profilo dei bisogni: esistono persone orientate esclusivamente alla ricerca di un nuovo posto di lavoro stabile ed altre per le quali il problema è invece più ampio e investe aspetti di reintegrazione sociale e di sostegno psicologico.

Il rapporto con il lavoro diventa quindi un elemento essenziale per lo sviluppo della personalità che richiede oltre alle necessarie componenti formative della professionalità, anche attenta calibratura dagli elementi che rinforzano l’autoconvizione e la gratificazione personale.

I compiti dell’Agenzia del lavoro non possono essere perciò pensati solo in funzione allocativa o riallocativa, con una attenzione esclusivamente rivolta al " posto " fisso, conquistato stabilmente una volta per sempre nella vita lavorativa.

Tale approccio infatti appare riduttivo nei confronti delle caratteristiche individuali estremamente differenziate che sono presenti nell’offerta di lavoro; confligge sempre più spesso con le aspettative e con i modi di vita di una quota crescente di lavoratori (in particolare i giovani e le donne); ed infine non riesce a valorizzare appieno le differenti potenzialità di creazione di lavoro insite nelle comunità locali.

L’elemento propulsivo dell’Agenzia deve dunque essere la capacità di dare una risposta flessibile e adattabile ai bisogni locali, per un insieme di problematiche il cui carattere fondamentale, come è stato ampiamente sottolineato in precedente, è la mutevolezza.

LE ATTUALI PROBLEMATICHE OCCUPAZIONALI DELLE AREE SVILUPPATE

5. I soggetti

Sullo sfondo del ragionamento precedente riguardante le modificazioni intervenute nel mercato del lavoro e nella struttura della disoccupazione (oltreché nel modo di concepire entrambi) è stata disegnata una tipologia in base a età, sesso, livello di istruzione, capacità professionale, situazioni particolari di svantaggio.

Sono stati infatti individuati cinque gruppi di destinatari per le politiche di intervento nel mercato del lavoro. I primi tre soggetti rientrano o tendono a rientrare, a diversi livelli di gravità nell’ambito dei disoccupati di lungo periodo. Il quarto e il quinto gruppo di soggetti presentano, oltre a caratteristiche particolari, alcune potenzialità.

1) svantaggiati da un punto di vista professionale e culturale - attitudinale:

a) bassa qualifica o dequalificati, età matura;

b) giovani con bassa scolarità;

2) svantaggiati sociali (emarginati, tossicodipendenti, ex detenuti etc.) e portatori di handicap;

3) lavoratori adulti temporaneamente estromessi dal mercato del lavoro (cassintegrati e licenziati).

4) donne nelle fasce centrali di età ed in particolare quelle che decidono di entrare nel mercato del lavoro, senza una qualifica specifica ad un certo punto della loro vita;

5) giovani con medio - alto livello di istruzione e buone attitudini (elevata presenza femminile).

È utile sottolineare che, nonostante le palesi diversità esistenti tra i vari segmenti di forza lavoro presi in considerazione, la tendenza oramai largamente condivisa è quella di affrontare in maniera globale e integrata i problemi del mondo del lavoro: l’operare delle politiche attive del lavoro deve contribuire a superare ogni forma di segregazione nel rispetto delle singole necessità, possibilità, vocazioni.

Illustriamo ora brevemente alcune caratteristiche dei soggetti individuati che non sono emerse con sufficiente chiarezza dall’analisi precedente.

Svantaggiati da un punto di vista professionale e culturale-attitudinale

Questo gruppo di persone in cerca di lavoro viene diviso in due segmenti:

- lavoratori già da lungo tempo attivi nel mercato del lavoro le cui difficoltà attuali possono essere fatte risalire alla scarsa qualificazione professionale o al deperimento della qualifica già raggiunta causato dal cambiamento tecnologico o dalle mutate esigenze della domanda di mansioni;

- giovani con basso livello di istruzione, molti dei quali non hanno terminato nemmeno la scuola dell’obbligo.

Svantaggiati sociali (emarginati, tossicodipendenti, ex detenuti etc.) e portatori di handicap

L’approccio tradizionale nei confronti di questo gruppo consiste in interventi volti a compensare la ridotta produttività causata dalle varie situazioni di svantaggio, oppure in iniziative di tipo assistenziale - terapeutico, volte a scongiurare forme di devianza.

Dal punto di vista dei bisogni individuali, invece, obiettivo dell’intervento deve essere la massima valorizzazione possibile delle potenzialità del soggetto e la costruzione di una sua autonomia sociale e professionale.

Quest’ultimo punto ha rilevanti implicazioni anche per il sistema economico nel suo complesso. Infatti, il problema del rapporto con il mondo del lavoro di questo tipo di svantaggiati, non si pone tanto in termini di ridotta produttività, quanto invece in termini di possibilità o meno di svolgere una qualche forma di attività lavorativa.

In realtà, gli appartenenti al gruppo in esame, possono trovare una loro produttiva collocazione sia nell’ambito di quella che abbiamo chiamato economia domestica e comunitaria, riuscendo spesso a fornire servizi che né lo Stato, né il mercato sono in grado di offrire, sia in iniziative parzialmente soggette alle leggi del mercato, a condizione che esse vengano progettate tenendo conto delle caratteristiche di svantaggio.

Lavoratori adulti temporaneamente estromessi dal mercato del lavoro

L’elemento unificante per questo gruppo, sostanzialmente formato da lavoratori licenziati o in cassa integrazione, va ricercato nel fatto che tutti i soggetti che vi rientrano hanno alle spalle una precedente attività lavorativa struttura con associata una qualifica formare e determinati livelli retributivi, fattori di status e di reddito materiale che in genere rappresentano vincoli rilevanti ai processi di mobilità extra - aziendali. Tra tutti i soggetti deboli del mercato del lavoro i licenziati e i cassintegrati sono quelli che maggiormente risentono dei problemi psicologici legati alla perdita di status sociale e lavorativo.

Detto questo è però necessario sottolineare che all’interno di questo gruppo regna una profonda differenziazione, con una contemporanea presenza di fasce con caratteristiche comuni a quelle di altri gruppi di lavoratori con problemi occupazionali.

Donne nelle fasce centrali di età

Oltre all’età, la caratteristica distintiva di questo gruppo risiede nel rapporto saltuario o addirittura episodico, e comunque non formalizzato con il mercato del lavoro.

Si è fatto cenno in precedenza al grande sommovimento creato nel mercato del lavoro dal massiccio ingresso delle donne.

In particolare ci troviamo di fronte ad una costante che è l’ingresso delle donne sposate e nelle fasce centrali d’età.

Questo fenomeno può essere spiegato da diversi fattori. In primo luogo si assiste ad uno spostamento delle attitudini sociali: la rivendicazione del lavoro come diritto complementare alla famiglia, accompagnato da desiderio di un miglioramento nel tenore di vita spingono le donne verso il lavoro. Le aumentate possibilità di lavoro part - time facilitano la transizione da " casalinga " a occupata. Esiste poi un effetto aggiuntivo dell’aumentare della disoccupazione: se il capofamiglia perde il lavoro, viene a mancare il reddito fondamentale del nucleo familiare e, nel tentativo di surrogare le mancate entrate, la donna si trova costretta a lavorare. Va osservato che se le cause della disoccupazione del capofamiglia dipendono dalla localizzazione in un’area di crisi, esiste un rischio significativo che anche la moglie non abbia la possibilità di avere un lavoro, con la conseguenza di un reddito familiare che si approssima allo zero.

Molte donne che rientrano nella categoria qui individuata, hanno conosciuto e conoscono forme di lavoro nero o stagionale, l’obiettivo di politica del lavoro è in questo caso ricondurle ad una situazione di lavoro permanente e garantito.

All’interno di questo gruppo le donne che si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro si segnalano per particolari esigenze di carattere formativo. È stata notata in molteplici esperienze una tendenza radicata da parte di queste donne a sottovalutare l’esperienza acquisita in numerose attività suscettibili di avere una forte ricaduta in termini professionali. Si può arrivare al caso limite di donne che hanno condotto per anni aziende familiari e che non menzionano questa esperienza all’atto di scrivere un curriculum. L’obiettivo formativo sarà in questi casi la ricostruzione della percezione della professionalità potenziale propedeutica ad ulteriori iniziative di qualificazione.

Giovani con medio alto livello di istruzione e buone attitudini

Si è già detto che i giovani non devono essere più considerati una indistinta categoria comunque destinataria di politiche di intervento, e che anzi, nelle regioni settentrionali, esiste una domanda inevasa di giovani lavoratori. Questo gruppo si segnala per essere un segmento forte all’interno del mercato del lavoro; sono giovani che hanno un diploma di scuola superiore, o che comunque hanno compiuto un significativo iter scolastico dopo la terza media (non si esclude affatto che possano rientrare in questo gruppo anche giovani laureati).

All’interno di questo gruppo c’è una significativa presenza femminile che rispecchia gli andamenti dei tassi di scolarità oltre che, naturalmente, i profondi mutamenti intervenuti nel rapporto tra donne e mondo del lavoro. I soggetti qui descritti non soffrono quindi di particolari situazioni di svantaggio.

Questo gruppo, in primo luogo, può essere destinatario di interventi formativi di punta, tali da porsi come obiettivo miglioramenti nella produttività delle aziende della Valle d’Aosta. Con una formazione di questo tipo inoltre si contribuirebbe a sopperire alle eventuali richieste insoddisfatte di lavoro qualificato. In entrambi i casi compito dell’Agenzia sarebbe di agire in collaborazione con il sistema delle imprese, assumendo anche un ruolo di consulenza per l’attivazione di determinate mansioni.

Le caratteristiche peculiari di questo gruppo ne fanno anche un utente privilegiato per le iniziative di creazione di impresa. Le modalità di intervento di questo tipo sono specificate nel paragrafo relativo alle politiche. In questa sede si può far cenno alle potenzialità contenute nel gruppo in questione utilizzabili, con opportuni incentivi per la localizzazione di imprese, in zone in cui sia necessario ricostituire o rilanciare un tessuto produttivo.

LE ATTUALI PROBLEMATICHE OCCUPAZIONALI DELLE AREE SVILUPPATE

6. Le politiche

Per delineare convincenti linee di politica del lavoro gli strumenti da utilizzare per affrontare il problema occupazionale devono essere disegnati in maniera aderente alle caratteristiche dei destinatari dell’intervento. Perché questo avvenga occorre individuare un adeguato set di strumenti il più possibile articolato e flessibile e studiare delle efficaci modalità di attuazione per ciascun strumento.

Per quanto riguarda il set di strumenti vanno fatte due considerazioni preliminari.

La prima è che gli strumenti della politica del lavoro si prefiggono degli obiettivi specifici, sostanzialmente il superamento del mancato incontro tra domanda e offerta del lavoro e non si sostituiscono - bensì si integrano - alle politiche macroeconomiche, alle politiche sociali, alle politiche industriali, alle politiche territoriali. Alcuni strumenti utilizzati nell’ambito delle politiche del lavoro con il sostegno alla creazione di nuove imprese, si configurano tipicamente come intersezione di differenti politiche di intervento (in questo caso politica territoriale, industriale e del lavoro), ma deve sempre essere chiara la necessità di attivare un set omogeneo di strumenti per obiettivi determinati.

La seconda considerazione è che è comunque auspicabile l’attivazione di un ampio ventaglio di strumenti. Non si può pensare di associare un singolo strumento ad un particolare tipo di disoccupato, confidando in tal modo di risolvere il suo problema; l’approccio non può che essere multidimensionale, sia perché la disoccupazione è un fenomeno molto articolato, sia perché la lotta alla disoccupazione si configura come un processo piuttosto che come un tentativo di trovare soluzioni ad effetto immediato.

A proposito invece delle modalità di attuazione è utile porre in evidenza che molte delle iniziative di lotta alla disoccupazione che hanno avuto successo, particolarmente quelle rivolte a categorie svantaggiate, si sono fondate su una struttura organizzativa di tipo innovativo. Infatti la partecipazione e il diretto coinvolgimento dei destinatari degli interventi, insieme con lo staff preposto ad attuarli, spesso rappresentano un impulso decisivo per un comportamento più efficace e creativo, in grado di generare risposte più flessibili a bisogni specifici della comunità e degli individui. Insostituibile quindi diventa il ruolo e l’azione degli agenti di sviluppo che, lungi dal rinchiudersi in una perdente attività di sportello devono essere in grado di funzionare da catalizzatori di energie.

L’ultima considerazione da fare prima di passare a delineare una tipologia degli strumenti che caratterizzano la politica attiva del lavoro, riguarda la dimensione territoriale dell’intervento.

In Italia si registra la persistente mancanza di un legislazione nazionale, volta ad offrire assistenza specifica ai disoccupati di lungo periodo. Questo fatto ha dato vita alla presente varietà di leggi regionali, aventi lo scopo di contrastare problemi del mercato del lavoro specifici e localmente caratterizzati. La dimensione locale è ormai quasi da tutti considerata quella da privilegiarsi per gli interventi di politica del lavoro. La Regione Valle d’Aosta, come accennato in più punti di questo documento, risulta perfettamente dimensionata per consentire un intervento soddisfacente.

Un tentativo di affrontare nazionalmente il problema del nocciolo dura della disoccupazione, in realtà una risposta solo teorica, era stato fatto con il meccanismo di avviamento al lavoro su richiesta numerica (legge n. 264/ 1949 e articoli 33- 34 dello Statuto dei Lavoratori), strutturato in modo da favorire in graduatoria chi è da più tempo iscritto come disoccupato presso l’Ufficio di Collocamento. Ma, come è noto, il meccanismo dell’avviamento al lavoro su richiesta numerica in pratica non ha funzionato o ha funzionato solo su quote ridottissime di mercato. Anzi, tra le ragioni principali del suo mancato funzionamento era possibile rintracciare proprio il fatto che esso poneva ai primi posti in graduatoria i lavoratori disoccupati da più tempo, cioè quelli meno appetiti dalle imprese; da qui il rifiuto di queste di attingere dalle liste ufficiali dei disoccupati secondo l’ordine di graduatoria. La realtà è che nessun meccanismo automatico è ormai da considerarsi efficace per contrastare i problemi occupazionali che abbiamo di fronte.

Gli interventi di politica attiva del lavoro possono essere classificati secondo la seguente tipologia:

A) azioni informative

B) orientamento

C) formazione

D) incentivi

E) lavori temporanei e socialmente utili

F) creazione di nuove imprese e promozione di lavoro indipendente.

Le politiche vincolistiche, un tradizionale strumenti di politica del lavoro, non sono state incluse in questa tipologia per due ordini di motivi: il primo, di carattere giuridico, risiede nell’impossibilità, per le regioni di attuarle; il secondo trova fondamento nel fatto che esse risultano oramai estranee ad una logica di politica del lavoro come quella qui adottata. Gli obblighi all’assunzione di determinate categorie di lavoratori hanno avuto un ruolo più esteso, sotto il profilo dei destinatari, nel corso della seconda parte degli anni 70 come elemento di attenuazione del conflitto, nei più complessi fenomeni di ristrutturazione aziendale. Da allora anche a seguito delle critiche mosse da più parti a questa forma di intervento, le politiche vincolistiche tendono sempre più a concentrarsi sul sostegno delle fasce di disoccupazione con caratteristiche che rendono particolarmente difficile la loro collocazione, da un lato creando fenomeni di rigetto da parte delle imprese, e dall’altro risultando di ostacolo alla ricostruzione di un qualsiasi percorso lavorativo non totalmente assistito.

Azioni informative

Le azioni per migliorare i sistemi informativi nel mercato del lavoro sono prevalentemente rivolte a quei lavoratori che, in funzione delle loro caratteristiche hanno apprezzabili chanches di trovare autonomamente occupazione (giovani con titolo di studio, adulti temporaneamente disoccupati o in cerca di un nuovo lavoro, etc.). L’intento di queste politiche è soprattutto quello di migliorare lo scambio di informazioni tra i diversi segmenti del mercato del lavoro, riducendo in tal modo tempi e costi di ricerca dell’occupazione. In realtà pero, questa è una concezione molto tradizionale di questo strumento, collegata prevalentemente ad una attività di sportello, con scarsissima interazione gli utenti. Come già accennato in precedenza i disoccupati, particolarmente quelli che da più tempo cercano un’occupazione, sono tagliati fuori dai principali meccanismi di trasmissione delle informazioni riguardanti il mercato del lavoro. È di grande importanza quindi individuare forme e modalità di comunicazione capaci di superare il relativo isolamento del disoccupato. Non più quindi solo azioni informative nei confronti di settori forti dell’offerta di lavoro, ma anche attività rivolta verso gruppi svantaggiati. L’informazione intesa in questo senso, avrà innanzitutto l’obiettivo di far conoscere il modo di operare dell’Agenzia del Lavoro ed i servizi che essa offre. In secondo luogo, se non sarà intesa come pura attività di sportello, ma realizzerà veri e propri contatti con i potenziali utenti (favoriti peraltro dalle ridotte dimensioni del mercato del lavoro della Valle d’Aosta) si configurerà anche come preselezione per altre iniziative, per esempio di carattere formativo e si connoterà come prima forma di orientamento. Questa modalità più diretta di informazione è stata sperimentata con grande successo in Francia dall’ANCE (Association Nationale pour la Création d’Emplois), e in Gran Bretagna, oltre che dalla Manpower Service Commission, anche dalla miriade di " Job Club ", " Job Agency ", " Workshop ", che la grande ristrutturazione degli anni 70 ha fatto nascere.

Orientamento

L’orientamento riguarda un po’ tutte le fasce di lavoratori, anche se gli interventi per i più svantaggiati o per i portatori di handicap tendono ad essere in genere più guidati e direttamente collegati a particolari sbocchi.

Al pari delle azioni di formazione tuttavia, l’orientamento può essere usato come strumento permanente volto al superamento di alcune delle difficoltà di incontro tra domanda e offerta del lavoro. Una buona conoscenza delle caratteristiche di entrambi i lati del mercato del lavoro, unita all’attenta considerazione delle esigenze e delle potenzialità del singolo utente, sono le condizioni necessarie perché questo tipo di iniziative abbiano successo.

Formazione

La formazione, nelle sue versioni alternative di addestramento e riqualificazione, che ha avuto una larghissima applicazione nel corso degli anni 70 a seguito dell’esplosione della disoccupazione giovanile e dei processi di ristrutturazione industriale, è tuttora una componente pressoché costante di ogni insieme di strumenti per le politiche della manodopera. Sul piano qualitativo esistono sostanziali differenze - di organizzazione e di programmi - negli interventi di addestramento e riqualificazione, ma, per periodi di tempo e con obiettivi diversi, quasi tutte le fasce di lavoratori in cerca di occupazione ne hanno usufruito.

La riqualificazione e in generale tutte le forme di addestramento che riguardano svantaggiati in senso lato, cioè volte a recuperare un disoccupato al mondo del lavoro, devono sempre tenere in considerazione lo stato generale del mercato del lavoro: una persona riaddestrata sarà sempre in competizione con altri che stanno cercando lavoro con la stessa specializzazione. L’intervento formativo quindi. dovrebbe comunque fondarsi anche su di un’analisi delle effettive possibilità dell’individuo riqualificato di " viaggiare " in futuro nel mercato del lavoro.

È particolarmente importante per l’Agenzia del Lavoro promuovere direttamente programmi di formazione che coprano le fasce estreme del mercato del lavoro, in pratica formazione di base rivolta a lavoratori in qualche modo svantaggiati, e formazione di punta come quella cui si è accennato più sopra nel paragrafo sui progetti, a a proposito dei giovani con medio - alto livello di istruzione e buone attitudini. Si è visto infatti, sulla scorta di numerose analisi, che queste sono le aree che in generale le imprese lasciano maggiormente scoperte concentrandosi sulla fascia intermedia. Inoltre l’Agenzia potrà varare alcuni progetti speciali di formazione legati ad esigenze specifiche del mercato del lavoro.

Incentivi

Gli incentivi, quando sono indirizzati al reclutamento, hanno soprattutto come destinatari i gruppi più svantaggiati e i giovani. La ragione di cui è evidente, in quanto questa politica è pensata proprio come rimedio al gap di produttività, che si presume debba esistere tra fasce forti e fasce marginali di forza lavoro. Gli incentivi alla mobilità sono invece prevalentemente diretti a lavoratori con prospettive di tempi di ricerca o di durata della disoccupazione nella norma, e hanno lo scopo di porre a carico della collettività una parte dei costi privati legati al cambio di posto di lavoro, così da rendere più fluidi i processi di mobilità.

Lavori temporanei e socialmente utili

I lavori temporanei e socialmente utili sono forme di intervento perseguite soprattutto dalle amministrazioni locali (regioni, province e, in alcuni casi, comuni), come rimedio di breve periodo alle situazioni in cui i problemi della disoccupazione risultano particolarmente difficili da risolvere, vuoi per le caratteristiche dell’area, oppure per la composizione qualitativa della disoccupazione. Queste iniziative finora sono state rivolte, secondo le circostanze, a quasi tutti i tipi di lavoratori, ma con una frequenza e una durata direttamente proporzionale alla posizione di svantaggio delle diverse fasce di disoccupati. In una prima fase tali misure erano principalmente rivolte ai bisogni dell’individuo: la speranza era quella di superare i pregiudizi degli imprenditori, ridare fiducia ai disoccupati, ricostruire loro una qualche forma di professionalità. Pure nel mantenimento di queste caratteristiche, ora l’enfasi è maggiormente posta sull’efficacia potenziale di tali iniziative nel rivitalizzare il mercato del lavoro locale, attraverso la trasformazione di sforzi episodici in attività permanenti.

Si guarda ai lavori temporanei e soprattutto a quelli di utilità sociale come anticamera per la realizzazione di imprese e soprattutto cooperative e come incubatori per lo sviluppo di una risorsa strategica come l’imprenditorialità.

Il " cliente " di queste nuove unità economiche molto spesso diventa la comunità stessa portatrice di nuovi bisogni da soddisfare come quelli ambientali; in altri casi queste iniziative offrono prodotti innovativi nel campo dei servizi e, a questo proposito, un caso emblematico è quello del turismo. Risultano evidenti le connessioni, in questo processo, tra i lavori socialmente utili, gli strumenti a sostegno della creazione di attività economiche, la formazione, in particolare quella imprenditoriale.

Creazione di nuove imprese e promozione di lavoro indipendente.

La creazione di nuove imprese e la promozione del lavoro autonomo svolgono, nell’insieme dei rapporti tra politiche e soggetti destinatari degli interventi, un ruolo abbastanza peculiare. Esse ricorrono ad alcuni degli strumenti che apparentemente costituiscono il fulcro di altre forme di intervento (ad esempio: informazione, orientamento, addestramento, incentivi), ma li impiega con modalità diverse finalizzate ad obiettivi specifici, nei quali rispetto al lavoro dipendente e alla qualificazione di mestiere, è prevalente l’attenzione verso il lavoro non dipendente e la conduzione di impresa. Le realizzazioni concrete di questo tipo di politiche sono anch’esse diverse e vanno dalla costituzione di imprese in forma capitalistica, alle imprese cooperative e alle attività autonome di contenuto artigianale e professionale. Proprio questa diversità di forme (e implicitamente di strumentazione occorrente per ciascuna forma) è l’elemento che distingue i gruppi di persone in cerca di occupazione cui questo tipo di intervento si rivolge. Le attività imprenditoriali più spiccatamente orientate verso il mercato, tendono infatti ad avere come interlocutori privilegiati i giovani, con un buon livello di istruzione, e i lavoratori di aziende medio - grandi che, in fase di riprogettazione dei propri sistemi di produzione, promuovono attività esterne, più o meno integrate, affidandole ad exdipendenti. Sull’altro versante, vi è invece la tendenza a coinvolgere i gruppi più svantaggiati, o giovani spinti da motivazioni e aspirazioni diverse, in attività di tipo gestionale e, più in generale, verso iniziative che vengono sostenute, con opportuni " filtri ", per creare parziali protezioni dalle pressioni del mercato.

Il sostegno alla nascita di nuova imprenditorialità e all’auto impiego ha bisogno in particolar modo di formazione (basti pensare a come il nostro sistema scolastico sia tutto tagliato sulle esigenze del lavoro dipendente) e di sostegno, in termini di servizi reali e finanziari, nella fase di avvio delle nuove attività.

PARTE SECONDA

IL MERCATO DEL LAVORO NELLA REGIONE VALLE D’AOSTA

1. Andamento demografico

La Regione Valle d’Aosta, al pari di altre regioni d’Italia è caratterizzata da un basso livello di natalità che ha comportato nell’ultimo decennio, e presumibilmente continuerà a comportare nel prossimo futuro, un assottigliamento dei contingenti di popolazione in età giovanile e un progressivo invecchiamento della popolazione residente.

Contestualmente si è verificata e continuerà ancora a verificarsi per i prossimi anni un aumento della popolazione in età lavorativa a seguito del saldo naturale positivo registrato per tutti gli anni ?60.

Altre caratteristiche che paiono accomunare questa regione ad altre aree territoriali nazionali (e non solo nazionali) è la proliferazione di nuclei familiari di minime dimensioni.

In ogni caso i principali mutamenti strutturali intervenuti dal punto di vista demografico riguardano la denatalità (basti dire che nel decennio 1976- 1986 il contingente di popolazione 0- 14 anni si è ridotto di oltre il 24 percento) che si è accompagnata e si accompagna ad un fenomeno di immigrazione netta proveniente dall’esterno della regione.

Il fenomeno migratorio presenta in Valle d’Aosta un’importanza maggiore che nelle altre regioni del centro - nord Italia e questo ha determinato un incremento netto demografico che trova riscontro in altre poche realtà regionali (Trentino Alto Adige, Lazio, Umbria, Marche).

L’immigrazione prevalente è di maschi relativamente giovani, a testimonianza che la Valle d’Aosta esercita una discreta attrazione sia dei confronti di figure dirigenziali e impiegatizie (specie nel terziario) e di diplomati e laureati (ma i due fenomeni in parte coincidono), che di manodopera con un più basso livello di qualificazione che si indirizza verso il settore delle costruzioni e soprattutto verso il settore turistico alberghiero (la stragrande maggioranza di costoro sono caratterizzati da una permanenza in Valle soltanto temporanea, ma il loro afflusso è comunque indice di una tensione sul mercato del lavoro e di un’offerta di lavoro locale insufficiente anche per quanto riguarda segmenti di offerta di lavoro a non elevata qualificazione).

Questo flusso migratorio positivo si è indirizzato e si indirizza, come era lecito attendersi, verso i comuni con un maggior sviluppo economico, mentre i comuni di alta e media montagna (fatta eccezione per quelli interessati dal fenomeno turistico) risentono maggiormente di un basso indice di fecondità e di un alto indice di invecchiamento.

2. La struttura produttiva

La Regione Valle d’Aosta si presenta come un’area territoriale dove le attività terziarie prevalgono nettamente, sia per quanto riguarda l’apporto al prodotto interno lordo regionale che sotto il profilo occupazionale (nel 1987, su 47.500 occupati complessivi più del 60 percento si concentrava nel terziario).

Lo sviluppo industriale, che ha subito un’importante battuta d’arresto nell’ultimo decennio è coinciso con lo sviluppo dell’industria pesante (in particolare attività siderurgiche e in misura minore lavorazioni chimiche di base), grazie alla disponibilità di potenziale idroelettrico e a cospicue risorse minerarie.

Questi due settori hanno perso nell’ultimo quadriennio circa 3.000 posti lavoro (per tre quarti occupati da maschi): emblematico in tal senso risulta l’esempio della Deltacogne che è passata da 4.546 dipendenti nel 1981 a 2.400 dipendenti nell’aprile 1989, dei quali 286 in cassa integrazione straordinaria a zero ore.

Per il resto risulta un insufficiente radicamento di un’industria leggera (numerose aziende tessili hanno cessato l’attività nel biennio 1983- 84) da ricercare in parte anche nell’assenza di tradizioni imprenditoriali e di qualificate professionalità tecniche locali.

Parimenti carenti risultano un tessuto di imprese artigianali di produzione e soprattutto una presenza significativa di industrie di seconda trasformazione, al punto che si può affermare non esista una sistema di piccole imprese.

Tutti questi elementi si accompagnano, per il settore industriale, ad una carenza di terziarizzazione interna alle imprese e ad una carenza di servizi esterni propri del cosiddetto terziario avanzato.

In seno al settore industriale i legami funzionali maggiormente strutturati si possono attualmente rinvenire nella filiera alimentare e in quella che fa capo all’edilizia, entrambe alimentate dalla domanda turistica.

La crisi dell’industria valdostana è quindi dovuta principalmente al mix strutturale delle diverse attività produttive in cui essa si è articolata, appunto produzioni siderurgiche e chimiche che più di altre hanno risentito nei primi anni ?80 di una congiuntura sfavorevole.

Tale congiuntura sfavorevole si è accompagnata anche ad una crisi nel settore tessile che ha comportato la chiusura di alcune imprese, determinando una caduta dell’occupazione femminile.

Un ruolo di contenimento dell’occupazione industriale, anche in funzione anticongiunturale, è stato giocato dal settore delle costruzioni, anche perché sorretto dalla committenza pubblica e dallo sviluppo della domanda turistica.

L’importanza delle costruzioni sul versante occupazionale è misurabile, oltre che dal contributo dato da questo settore alla formazione del prodotto interno lordo regionale, la cui quota risulta accresciuta negli anni ?80, anche dal numero degli avviamenti verificatisi nel settore come rilevati dagli uffici di collocamento.

All’interno di una crescita complessiva degli avviamenti registrata in Valle d’Aosta per tutti i settori (da 13.596 avviamenti registrati nel 1980 ai 17.310 del 1987), il settore delle costruzioni mantiene sostanzialmente inalterato il proprio peso, a differenza del comparto manifatturiero.

Infatti l’industria manifatturiera, in particolare nel biennio 1983- 1984, aveva registrato un vero e proprio crollo nel numero degli avviamenti e si era passati da 1.807 avviamenti nel 1980 a soli 624 nel 1984, parzialmente mitigato dall’inversione di tendenza del triennio successivo (per questo triennio peraltro gli avviamenti nel manifatturiero non sono disaggregati da quelli delle costruzioni e si registrano, nel 1987, 5.608 avviamenti nell’industria, costruzioni comprese, a fronte dei 4.421 avviamenti complessivi - manifatturiero e costruzioni - registrati nel 1984).

Le nuove iniziative di reindustrializzazione della Regione e che interessano la media e bassa Valle (Tecdis, Conner, Eliprint, ecc.) comporteranno nel breve periodo una significativa inversione di tendenza nell’andamento occupazionale del settore industriale.

L’espansione del terziario (soprattutto dei servizi destinabili alla vendita, cioè del ramo di attività relativo al commercio) è stato facilitato dallo sfruttamento delle potenzialità turistico - commerciali della regione e si è accompagnato ad un incremento della quota di lavoratori autonomi e ad una sempre più marcata esposizione dell’economia regionale al discontinuo andamento stagionale della domanda turistica.

Tali oscillazioni sono rilevabili anche sul versante occupazionale se si considerano gli andamenti delle iscrizioni alle liste di collocamento che presentano un coefficiente di variazione mensile costantemente in crescita nell’ultimo decennio, ad indiretta conferma del crescere dei lavori stagionali e a termine, alimentati appunto da uno sviluppo del terziario, e più in generale di una domanda di lavoro di breve durata (oltre che nel comparto turistico-alberghiero, anche nell’edilizia, nei lavori di forestazione e in agricoltura).

In questo contesto i tempi medi di attesa per l’avviamento al lavoro degli iscritti alle liste di collocamento appaiono particolarmente contenuti, con valori di poco superiori ai due mesi; vale a dire che un iscritto alle liste di collocamento attende, in media, due mesi prima di essere avviato al lavoro.

All’interno del terziario è da rilevare infine una modesta presenza del cosiddetto terziario avanzato, soprattutto servizi alle imprese.

3. Peculiarità del mercato del lavoro regionale e alcune tendenze

Nel periodo 1981- 88 l’evoluzione complessiva delle forze di lavoro ha risentito da un lato dell’incremento dei contingenti di popolazione in età 14- 24 anni e dall’altro della maggior propensione al lavoro della popolazione femminile, soprattutto della classe centrale d’età, grazie a motivazioni di natura sociale e culturale.

Questa maggior partecipazione si presenta tuttavia con una dinamica più contenuta rispetto alla media nazionale quanto meno per il periodo 1981- 86; dai dati più recenti questa maggior propensione femminile a ri) entrare e/o permanere sul mercato del lavoro pare destinata ad accentuarsi, colmando il divario nei tassi di attività e di occupazione femminili che la Valle d’Aosta registra rispetto ai valori che si riscontrano nell’Italia nord - occidentale.

Non a caso i dati ISTAT relativi al 1987 indicano un incremento dell’offerta di lavoro femminile più elevata degli anni precedenti: circa 2.000 soggetti in più rispetto al 1986 (seppure con le necessarie cautele dovute agli arrotondamenti al migliaio superiore o inferiore dell’indagine campionaria), che si concentrano nella classe centrale di età e che per una buona metà hanno trovano appunto lavoro nel terziario come lavoratori dipendenti, e la quota rimanente è confluita tra i soggetti alla ricerca di lavoro, facendo aumentare il numero di questi soggetto rispetto all'anno precedente, con un saldo netto dovuto esclusivamente all’aumento per le forze di lavoro della componente femminile.

L’incremento dei contingenti di popolazione in età 14- 24 anni è destinato in un prossimo futuro a contrarsi progressivamente a causa degli andamenti negativi del saldo naturale in atto in Valle d’Aosta dal decennio ?70; l’aumento della partecipazione femminile è prevedibile invece che persisterà anche nei prossimi 3- 5 anni, accompagnandosi, per la componente giovanile, ad una lievitazione delle aspettative occupazionali connesse all’andamento, in aumento, dei tassi di scolarità nella scuola media superiore.

Questi incrementi dell’offerta di lavoro saranno potenzialmente compensati da una minor propensione al lavoro, per i maschi della classe d’età con più di 50 anni.

L’incremento dell’offerta di lavoro di questi ultimi anni, oltre che riflettersi in un incremento dei tassi di attività (dal 42,4 percento nel 1980 al 45,1 percento nel 1987), si è accompagnata anche ad un aumento del tasso di disoccupazione (che rimane comunque inferiore al dato nazionale), a causa di un scompenso creatosi tra offerta e domanda di lavoro, perché quest’ultima è cresciuta meno dell’offerta di lavoro e tale crescita si è registrata nell’ultimo triennio, rimanendo sostanzialmente stabile nella prima metà degli anni ?80.

La stabilità prima, e la crescita contenuta poi, degli occupati nasconde una variazione significativa nella composizione della domanda che, come si è visto, ha registrato in un decennio una consistente contrazione nell’industria.

IL MERCATO DEL LAVORO NELLA REGIONE VALLE D’AOSTA

4. Offerta di lavoro alla ricerca di un’occupazione

Il fenomeno della disoccupazione appare contenuto in termini assoluti.

Si tratta di circa poco più di 2.000 soggetti che mediamente negli ultimi anni dichiarano di essere alla ricerca di occupazione.

Il tasso di disoccupazione nel 1987 è pari al 5,9 percento che sale al 9 percento, se con i soggetti alla ricerca di lavoro vengono conteggiati anche i lavoratori in cassa integrazione straordinaria (un tasso in ogni caso inferiore a quello nazionale che risulta pari per lo stesso anno al 12 percento).

Quasi la metà dei soggetti alla ricerca di lavoro sono giovani inoccupati, cioè alla ricerca del primo impiego.

Tuttavia il dato saliente del decennio ?80 riguardo alla disoccupazione è che essa non pare caratterizzarsi come fenomeno esclusivamente giovanile.

Innanzitutto sono cresciuti i disoccupati in senso stretto, dove un peso particolare rivestono i 503 disoccupati speciali (aprile 1989) composto in maggioranza di donne.

C’è da aggiungere che, se il fenomeno della ricerca di occupazione e soprattutto del primo impiego, riguarda prevalentemente la componente giovanile, circa i due terzi di tutti i soggetti alla ricerca di lavoro sono femmine.

L’immagine offerta da questi dati è di una piena occupazione maschile, se si prescinde dalla presenza dei lavoratori in cassa integrazione; di una difficoltà, presumibilmente temporanea, di inserimento nell’occupazione per i giovani nella fase di transizione scuola - lavoro; e infine di una presenza non insignificante tra i soggetti alla ricerca di occupazione, anche alla ricerca del primo impiego, della componente femminile della classe centrale d’età.

Un’analisi sulla disoccupazione dovrebbe tener conto anche della sua durata.

In effetti i dati di stock dei disoccupati, sia relativi alla media annua delle quattro rilevazioni trimestrali sulle forze di lavoro come fornita dall’ISTAT, che alle medie mensili di iscritti al collocamento a fine mese, rischiano di essere fuorvianti in un contesto dove le opportunità di lavoro a carattere stagionale non sono insignificanti; di conseguenza l’entrata verso l’occupazione e l’uscita dall’occupazione sono numerose, determinando cambiamenti di stato (da disoccupato a occupato e viceversa) in un arco temporale tutto sommato limitato (in questo senso vanno anche ridimensionati i dati ISTAT che registrano tra i giovani disoccupati una presenza più numerosa di diplomati rispetto ai giovani in possesso di sola licenza media; il dato in sé fotografa la semplice evidenza che ogni anno un gruppo di alcune centinaia di diplomati in uscita dalla scuola superiore si presenta sul mercato del lavoro alla ricerca di un’occupazione, ma da solo questo dato non ci permette di capire né la durata di questa ricerca né se questa sia più difficoltosa rispetto ai coetanei disoccupati privi di diploma).

Per quanto riguarda i disoccupati di lunga durata, cioè alla ricerca di occupazione da più di un anno, essi ammontano a poco più di un quinto dei disoccupati medi complessivi registrati mensilmente: si tratta di circa 600 soggetti, composti in prevalenza da lavoratori in disoccupazione speciale (che ad aprile 1989 ammontavano a 503 soggetti).

Tra i disoccupati di lunga durata la componente femminile è due volte più numerosa di quella maschile (circa 400 donne contro i 200 maschi, dei quali 150 in disoccupazione speciale); inoltre sia tra i maschi che tra le femmine i disoccupati da più di un anno sono in valori assoluti (il che appare abbastanza scontato per il peso dei lavoratori in disoccupazione speciale) ma anche relativamente, più numerosi tra i disoccupati che hanno la sola licenza dell’obbligo, piuttosto che tra i disoccupati con un diploma di scuola media superiore.

Il problema della disoccupazione per i giovani disoccupati in possesso della sola licenza media sembra in ogni caso riguardare più un problema di qualità dell’occupazione che di quantità della stessa.

Se l’offerta di lavoro alla ricerca di un’occupazione presenta queste caratteristiche, pare corretto individuare tre segmenti che presentano a vario titolo difficoltà di inserimento e reinserimento sul mercato del lavoro e meritevoli di attenzione: i lavoratori espulsi dai processi produttivi in cassa integrazione straordinaria a zero ore o in disoccupazione speciale; la componente femminile della classe centrale d’età, con un basso livello di scolarità, della quale una quota, che in parte coincide con i soggetti in disoccupazione speciale, è anche disoccupata da più lungo tempo; i giovani, con o senza un titolo di studio post - obbligo.

L’analisi che segue cercherà di mettere in luce alcune caratteristiche di queste tre segmenti particolari dell’offerta.

4.1 Transizione scuola - lavoro e disoccupazione giovanile

Tra i licenziati dalla scuola dell’obbligo, in media nel quinquennio passato (leve degli anni scolastici compresi tra il 1982/ 83 e fino alla leva dell’anno 1987/ 88) oltre l’80 percento si è iscritto alle scuole medie superiori.

Il tasso di prosecuzione degli studi è in aumento costante e passa dal 74,1 percento per la leva dei licenziati dell’anno scolastico 1982/ 83 all’83,8 percento per la leva dei licenziati dell’anno scolastico 1987/ 88.

Tra chi prosegue dopo la licenza media la prevalenza (circa il 50 percento dei licenziati, ma con un andamento crescente nel tempo) si orienta verso le scuole secondarie e la parte restante (30 percento dei licenziati) verso gli istituti professionali regionali.

La propensione a proseguire gli studi è più elevata nelle femmine di circa 15 punti percentuali rispetto ai maschi, raggiungendo la componente femminile tassi di prosecuzione dopo la terza media superiori al 90 percento.

Nel quinquennio il tasso di abbandono medio è stato pari al 38 percento degli iscritti al primo anno delle superiori.

Vale a dire che, ragionando sui dati medi del quinquennio considerato, al gruppo di coloro che non proseguono gli studi dopo la terza media (circa 210 soggetti l’anno) si sommano ogni anno questi drop - pits che non terminano il ciclo di studi superiori.

Per il quinquennio 1982/ 87 gli usciti con licenza media sono stati circa 1.400 l’anno.

In media circa 210 soggetti l’anno sono subito entrati sul mercato del lavoro (o come apprendisti o con contratto di formazione e lavoro se occupati; o alla ricerca del primo impiego), con una drastica riduzione nel quinquennio, indice che i tassi di scolarità dopo la licenza media sono aumentati costantemente.

Infatti da 288 soggetti che non hanno proseguito gli studi superiori o della formazione professionale tra i licenziati della terza media dell’anno scolastico 1982/83 si è passati a 131 per la leva di licenziati dell’anno scolastico 1987/ 88, pur in presenza di una sostanziale stabilità dello stock di licenziati complessivo.

Si tratta, in media, di circa 450 ragazzi e ragazze per un totale medio di circa 670 giovani soggetti che ogni anno si presentano sul mercato del lavoro muniti di sola licenza media.

Per dare un ordine di grandezza sarà sufficiente affermare che si tratta di un numero di soggetti sostanzialmente analogo a quello di chi conclude gli studi superiori (escludendo gli usciti dai corsi di prima qualificazione professionale verso cui si indirizzano un centinaio di soggetti l’anno).

Ai due gruppi di coloro che proseguono gli studi superiori o entrano sul mercato del lavoro subito dopo aver concluso la scuola dell’obbligo, si aggiunge un terzo gruppo di soggetti, composto appunto di un centinaio di ragazzi e ragazze, che si iscrivono ai corsi di prima qualificazione professionale della durata biennale e in qualche caso annuale o triennale.

C’è da aggiungere che circa la metà di questo centinaio di soggetti, a conclusione dei corsi di prima qualificazione professionale prosegue gli studi iscrivendosi alle scuole superiori.

4.1.1 Entrata sul mercato del lavoro di giovani diplomati o qualificati

L’analisi condotta in regione sugli esiti occupazionali di due leve scolastiche di diplomati e qualificati ha evidenziato che dopo un anno dal conseguimento del diploma o della qualifica i soggetti alla ricerca di lavoro rappresentano una quota esigua.

Per le due leve di diplomati analizzati (anni scolastici 1982/ 83 e 1983/ 84) la quota di soggetti alla ricerca di lavoro dopo un anno era rispettivamente pari al 6,7 percento e al 4,9 percento; dopo due anni dal diploma per entrambe le leve la quota di soggetti alla ricerca di lavoro ammonta al 2 percento.

Per quanto riguarda invece i qualificati, comprendendo sia coloro che hanno conseguito una qualifica negli istituti professionali regionali che nei corsi di prima qualificazione professionale, la quota di soggetti alla ricerca di lavoro è si più elevata di quella riscontrata per i diplomati, ma tuttavia ugualmente contenuta: 6,2 percento di non occupati dopo un anno al conseguimento della qualifica; 3,6 percento dopo due anni.

La relativa maggior difficoltà riscontrata dai qualificati è interamente imputabile alla componente femminile (tra le segretarie d’azienda ad es. si registra dopo un anno una percentuale di soggetti alla ricerca di occupazione pari al 15 percento, e una ragione di questa specifica difficoltà è forse da ricerca nell’effetto di spiazzamento nelle assunzioni che queste qualificate subiscono dalle diplomate e dai diplomati dell’istituto tecnico commerciale).

In ogni caso, alla luce di questi dati, sembra non si possa parlare di disoccupazione intellettuale e tanto meno di disoccupazione intellettuale di lunga durata, sebbene il periodo di rilevazione, dopo un anno e dopo due anni dal conseguimento della qualifica o del diploma, possa aver contribuito a sottostimare la quota di disoccupati coincidendo la rilevazione con la stagione estiva; un periodo in cui le opportunità di lavoro a carattere stagionale o saltuario sono più numerose e hanno senz’altro coinvolto anche questi diplomati e qualificati (infatti la quota di occupati instabili registrata dopo un anno dalla conclusione degli studi era pari al 23 percento e dopo due anni al 17 percento).

Le difficoltà relativamente maggiori, ma notevolmente più contenute che in altre realtà territoriali, riguardano le diplomate delle magistrali; mentre la particolare configurazione della domanda di lavoro, con il peso notevole rivestito in primo luogo dal terziario (pubblico e privato) e in secondo luogo dalle costruzioni, hanno favorito e tendono a favorire soprattutto diplomi come quelli dei ragionieri e dei geometri.

Il fatto che il mercato del lavoro locale garantisca, in tempi relativamente rapidi, un assorbimento di questi diplomati, si riflette negativamente, per chi si è iscritto all'università nel fenomeno degli abbandoni o nel ritardo rispetto alla durata legale del corso universitario: se gli abbandoni entro quattro anni dall’iscrizione universitaria ammontano al 30 percento, una quota superiore al 40 percento degli iscritti risulta fuori corso o comunque in ritardo rispetto alla durata legale.

Che il dato degli abbandoni degli studi universitari o del ritardo, possa essere letto come esistenza in loco di opportunità di lavoro per i diplomati, è confermato dagli indici di permanenza in veste di studenti universitari a quattro anni dall’iscrizione dei geometri e ragionieri, i cui diplomi scontano le minori difficoltà di inserimento occupazionale (costoro ad es. si riducono da un 18 percento di studenti universitari sul totale dei diplomati al primo anno dal conseguimento del diploma, al 6 percento dopo quattro anni).

La quota di ritardi e abbandoni degli studi universitari non si discosta da quella rilevata in altre realtà (sul 70 percento anche il dato registrato da alcune ricerche a livello nazionale), ma ciò che qui assume rilevanza rispetto ad altri contesti, per cui la quota di ritardi e abbandoni risulta relativamente più elevata, è la più bassa percentuale di studenti che dopo il ciclo di scuola media superiore si iscrivono all’università, in particolare fra i diplomati ad indirizzo professionalizzante (in primo luogo periti, geometri, ragionieri); con ciò creando le premesse di un’ulteriore carenza, nel breve e medio periodo, di quadri e figure professionali medio - alte.

Questa carenza è già oggi evidente, ove si consideri che i tassi di scolarità universitaria sono in Valle d’Aosta di circa 10 punti percentuali inferiori rispetto al dato nazionale e che la popolazione munita di laurea è di quattro punti percentuali inferiore.

Soffermando ancora l’attenzione sui diplomati va rilevato, come è già stato anticipato, che è la componente femminile (diplomate delle magistrali e in parte diplomati professionali ad indirizzo amministrativo) che spiega interamente la differenza negli esiti occupazionali tra maschi e femmine.

In ogni caso anche la situazione delle diplomate delle magistrali non appare drammatica, trovando esse sbocchi occupazionali anche come impiegate presso l’ente pubblico; a riprova che, qui come altrove, il terziario pubblico non solo garantisce una domanda di lavoro per la componente femminile, ma anche che l’ente pubblico svolge in Valle d’Aosta un ruolo di compensazione rispetto alle difficoltà occupazionali che la componente femminile munita di diploma incontra sul versante della domanda privata.

Non è un caso infatti che dalla ricerca condotta sugli esiti occupazionali dei diplomati, all’aumentare dell’intervallo temporale dal conseguimento del titolo aumentino gli occupati proprio nel terziario pubblico, e diminuiscono nel contempo gli occupati, ma soprattutto le occupate, nel terziario privato, a riprova che molti lavori instabili registrati ad un anno o a due anni dal diploma si concentravano proprio in questo settore.

Infine, per quanto attiene agli esiti occupazionali dei diplomati e dei qualificati, va rilevato che l’industria assume diplomati in misura inferiore al proprio peso relativo e che non tutti questi (pochi) diplomati assunti risultano occupati in veste di tecnici o impiegati amministrativi, piuttosto che come operai.

Per quanto riguarda invece i qualificati c’è da registrare un dato che appare ancora più marcato che tra i diplomati, e cioè che esiste una corrispondenza quasi biunivoca tra sesso e qualifica conseguita (ai maschi le qualifiche artigianali o industriali, alle femmine quelle più legate al terziario amministrativo).

Questo aspetto di segregazione formativa, che prelude ad una successiva segregazione occupazionale e ad un diverso grado di difficoltà per un positivo inserimento occupazionale sul mercato del lavoro, rimanda alla necessità di una capillare azione di orientamento scolastico in fase di accesso agli indirizzi scolastici post - obbligo.

Se, come si è detto, sono soprattutto le qualifiche conseguite dalle ragazze che scontano maggiori difficoltà occupazionali, per quanto riguarda i qualificati maschi essi hanno risentito della battuta d’arresto subita dall’industria nel decennio ?80 soprattutto in termini di qualità dell’occupazione svolta, come ben registra la ricerca sugli esiti occupazionali di questi soggetti che evidenzia quote significative di occupati incoerenti e in mansioni non adeguate alla qualifica, in particolare come braccianti nei lavori di forestazione.

4.1.2 Entrata sul mercato del lavoro dei giovani in possesso della sola licenza media

Lo stock di apprendisti rilevato in regione per il 1988 ammonta circa a un migliaio di ragazzi, che si ripartiscono nell’artigianato di produzione e nei servizi.

Oltre il 60 percento degli apprendisti occupati presso imprese artigiane opera nei settori delle costruzioni e installazioni di impianti e nel meccanico; oltre il 70 percento degli apprendisti occupati in imprese non artigiane opera invece nel settore del commercio.

Accanto allo stock di apprendisti, come in tutta l’Italia settentrionale, si registra nell’ultimo quadriennio un forte incremento di giovani assunti con contratto di formazione e lavoro( cfl).

Nel 1987 si sono registrati in regione 1589 avviamenti al lavoro con tale istituto contrattuale (circa il 10 percento degli avviamenti complessivi registrati dagli uffici di collocamento nell’anno).

Tra gli assunti con cfl si ha una prevalenza di maschi, che rappresentano una quota superiore al 60 percento; prevale la fascia d’età 19- 24 anni (superiore ai due terzi), mentre negli ultimi anni si è andata assottigliando ulteriormente la fascia d’età 15- 18 anni, da un lato per la ripresa di assunzioni con il contratto di apprendistato, dall’altro per l’aumento dei tassi di scolarità che ha ridotto il numero delle forze di lavoro in questa fascia di età.

La quota di assunti con cfl è prevalentemente in possesso di sola licenza media (e questo è un’indiretta conferma che anche chi possiede solo la licenza media si può permettere in qualche caso di abbandonare gli studi confidando in opportunità di lavoro.

C’è però da aggiungere che la quota dei diplomati assunti, pur perdendo di peso relativo rispetto ai giovani con la sola licenza media, è costantemente cresciuta nell’ultimo triennio in valori assoluti e sembrerebbe insufficiente a soddisfare la domanda; se si tien conto delle assunzioni nell’ente pubblico e delle iscrizioni all’università, quest’ultima affermazione non suoni strana se si considera che nel 1987, su un totale di circa 450 soggetti che hanno conseguito un diploma nelle scuole secondarie della regione o negli istituti professionali regionali (quindi escludendo i diplomati che hanno frequentato istituti ubicati fuori regioni e i qualificati dei corsi di prima qualificazione professionale) si sono registrati 442 avviamenti con contratto di formazione e lavoro di giovani muniti di diploma.

Stando alla motivazione principale adottata dalle imprese per l’assunzione di giovani con contratto di formazione e lavoro (soprattutto mancanza di personale, specializzato o non) sembrerebbe che parte di queste assunzioni, oltre ad innescare maggiori processi di mobilità individuale tra un’occupazione e l’altra, amplificando il numero delle opportunità di lavoro a termine, si siano risolte anche in quote di occupazione aggiuntiva.

Una stima prudenziale dello stock di giovani in forza con contratto di formazione e lavoro presso le imprese (circa 1.500- 1.700 contrattisti), sommato allo stock di apprendisti, farebbe ammontare a circa 2.000- 2.500 soggetti il potenziale bacino di utenza interessato ad un’eventuale ipotesi formativa di alternanza studio - lavoro, come già realizzata per gli apprendisti del settore artigiano.

4.2 Soggetti in cassa integrazione straordinaria a zero ore e in disoccupazione speciale

I lavoratori espulsi dai processi produttivi che versano in questa condizione ammontavano nel mese di aprile 1989 rispettivamente a 485 cassaintegrati e a 503 disoccupati speciali.

Fra i cassaintegrati si registrano due blocchi di provenienza più o meno paritari: il gruppo di lavoratori dell’ILSSA (254 unità ) e quello della Deltacogne (231 unità ); questa particolare composizione giustifica come una quota pari al 95 percento dei lavoratori cassaintegrati siano maschi.

Viceversa tra i disoccupati speciali la componente femminile supera il 70 percento (ad aprile 1989 precisamente 354 soggetti), indice di una valutazione da parte del CIPI di una minore " rilevanza sociale ", ai fini di un’eventuale proroga dell’integrazione salariale per il gruppo delle imprese tessili a prevalente manodopera femminile.

La distribuzione territoriale di questi soggetti ricalca l’ubicazione delle imprese di provenienza, configurando delle aree dove la concentrazione di cassaintegrati e disoccupati speciali è particolarmente significativa: così per i cassaintegrati, in corrispondenza delle due imprese interessate dalla CIGS si tratta di lavoratori quasi esclusivamente residenti rispettivamente a Pont - Saint - Martin e Aosta e dintorni; mentre per i soggetti in disoccupazione speciale, parimenti le concentrazioni si hanno rispettivamente a Châtillon, e, nella comunità montana Evançon, ad Arnad, Issogne, Verrès.

Soprattutto tra i disoccupati speciali e in modo meno marcato tra i lavoratori cassaintegrati il gruppo maggioritario di soggetti si raccoglie nella classe centrale d’età.

Quanto al gruppo a maggiore rischio occupazionale, che, associando le due variabili sesso/ età, è da individuare nei disoccupati speciali e nei cassaintegrati con più di 45 anni d’età, esso è composto da circa un centinaio di soggetti tra i disoccupati speciali, e si tratta in prevalenza di donne, e da circa 230 unità tra i cassaintegrati, quasi esclusivamente maschi.

Riguardo ai cassaintegrati ultraquarantacinquenni c’è da dire che un gruppo consistente, a breve termine (3- 5 anni) potrà utilizzare di forme di pensionamento anticipato uscendo definitivamente dallo stato di cassaintegrato.

Nell’ultimo triennio si è assistito ad una calo costante nel numero di lavoratori in cassa integrazione e disoccupazione speciale, ma meno significativo rispetto alle uscite registrate nel 1986, anche in coincidenza con il varo della legge regionale n. 4/ 1986.

Un flusso in uscita meno marcato, pur in presenza di una ripresa della congiuntura economica e di un aumento dell’occupazione complessiva, presumibilmente trova delle spiegazioni da un lato nel comportamento della domanda e dall’altro in taluni elementi di rigidità dell’offerta.

È lecito supporre che questi lavoratori cassaintegrati e in disoccupazione speciale (e questo vale soprattutto per i maschi) abbiano subito un effetto di spiazzamento da parte dei giovani assunti dalle imprese con contratto di formazione e lavoro e dall’altro siano poco propensi a rioccuparsi in una piccola impresa artigiana, come del resto affermato dagli stessi lavoratori cassaintegrati a suo tempo intervistati.

Le preferenze per una futura occupazione espresse da questi soggetti con una relativamente alta anzianità aziendale e dove il primo lavoro per lo meno stabile, è coinciso con l’assunzione nell’impresa dove poi saranno posti in cassa integrazione, erano orientate decisamente verso il settore industriale per svolgere una mansione quanto più simile alla precedente.

C’è da chiedersi quanto questa classe operaia non più tanto giovane, nata e cresciuta in imprese manifatturiere di grandi dimensioni, con un’alta fedeltà aziendale, sia disponibile a rioccuparsi in una piccola impresa artigiana dal momento che, date le caratteristiche del tessuto produttivo regionale, non esistono i presupposti per un possibile inserimento in una grande impresa simile a quella di provenienza.

Sembrerebbe cioè che le poche opportunità occupazionali stabili che possono essere garantite a questi lavoratori cassaintegrati del settore meccanico o del manufatturiero provengano da una domanda che si presenta come estremamente selettiva nei loro confronti (preferendo orientarsi su giovani da assumere con contratto di formazione e lavoro); al tempo stesso questa domanda proveniente da piccole imprese o addirittura da imprese artigiane non pare in grado di esercitare un’attrazione sufficiente per gli stessi lavoratori cassaintegrati.

Un intervento di politica del lavoro potrebbe quanto meno contribuire a ridurre la selettività della domanda introducendo degli incentivi monetari in grado di abbassare le soglie di convenienza delle imprese per una loro assunzione.

4.3 La componente femminile della classe centrale d’età

Si è già avuto modo di sottolineare la crescita di partecipazione femminile al mercato del lavoro registrata negli ultimi anni e come tale partecipazione sia ancora presumibilmente destinata a crescere, non solo perché crescono i tassi di scolarizzazione femminili delle giovani generazioni, ma anche per una più ampia disponibilità a rimanere, o a rientrare, sul mercato del lavoro da parte delle donne della classe centrale d’età.

Questo segmento di offerta di lavoro appare connotato in modo molto marcato da una partecipazione al mercato del lavoro caratterizzato da una condizione di disoccupazione - sottoccupazione perché spesso non può prescindere da alcune rigidità imposte dai legami e dalle incombenze familiari, in sostanza dagli impegni che comporta la sfera riproduttiva della famiglia e dalle difficoltà di conciliare tale ambito con il lavoro.

Questa è anche una delle ragioni per cui questo segmento di offerta di lavoro non occupata presenta maggiori elementi di rigidità, come ad esempio una scarsa propensione alla mobilità territoriale e una maggiore disponibilità per occasioni di lavoro a tempo parziale; rigidità che si risolvono spesso in occupazioni di carattere saltuario e a termine in quei settori (in primo luogo il comparto turistico - alberghiero e il commercio) dove la selettività della domanda è più bassa.

A riprova di questa situazione basterebbe citare la ricerca condotta in regione su un campione di iscritti alle liste di collocamento, da cui risulta che numerose donne, appartenenti alla classe centrale d’età, sono coinvolte in lavori di tipo saltuario, a differenza di maschi che lo sono quasi esclusivamente nella fascia di età più giovane.

Nonostante questi elementi di rigidità soggettiva è incontrovertibile che tra gli iscritti alle liste di collocamento la componente femminile presenti una percentuale di disponibilità al lavoro costantemente superiore al 90 percento in tutti i mesi dell’anno, con una media superiore di circa 20 punti percentuali rispetto alla quota di iscritti disponibili per la componente maschile.

Tra i disoccupati di lunga durata la componente femminile è due volte più numerosa di quella maschile, anche grazie al folto gruppo di lavoratrici di disoccupazione speciale.

Una partecipazione al mercato del lavoro e proposte di politica di lavoro che fossero in grado di coniugare le caratteristiche di una certa domanda di lavoro, quella caratterizzata da una più bassa selettività come ad esempio quella riscontrabile nel commercio e in alcuni servizi, e la disponibilità condizionata di questo segmento di offerta di lavoro, potrebbe garantire una più alta partecipazione femminile al mercato del lavoro.

In proposito va rilevato che nel corso del 1987 si sono registrati più di un migliaio di contratti stipulati a tempo parziale che hanno coinvolto nella stragrande maggioranza manodopera femminile; si tratta di un numero molto elevato, sia se confrontato con il numero di avviamenti complessivi, sia se confrontato con il numero di avviamenti con contratto di formazione e lavoro.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 34

5. Spunti di sintesi ed alcune proposte

Dopo aver delineato i possibili segmenti dell’offerta di lavoro maggiormente meritevoli di attenzione da parte di eventuali misure di politica attiva del lavoro, tentando di

quantificarne anche l’entità, è opportuno richiamare l’attenzione si alcuni aspetti particolari che emergono dall’analisi

del mercato del lavoro locale regionale e spingono

a considerare i possibili intrecci che le misure di politica del lavoro, in particolare rivolte a segmenti di offerta in condizione di debolezza strutturale, potrebbero avere con

misure tendenti a facilitare una politica di sviluppo e l’equilibrio territoriale, in grado di attivare contestualmente

le leve locali della politica economica, industriale e territoriale. L’esaurirsi delle vocazioni legate a specifiche risorse, in particolare per quanto riguarda l’industria, non è stata sostituita in regione da un altrettanto forte elemento di attrazione,

il che rende necessario l’affermarsi di attività in specifici settori locali, preferibilmente di piccole dimensioni, a ridotto impatto ambientale e ad alto contenuto tecnologico. L’eventuale disattenzione portata per politiche di sviluppo non selettive, potrebbe accompagnarsi, amplificandoli,

a consistenti fenomeno di immigrazione, data la tensione occupazionale che già si avverte in alcuni segmenti

dell’offerta di lavoro, tanto di medio - alto livello che di manodopera generica; in questo senso è da rilevare che già ora circa il 30 percento dei lavoratori avviati in regione nel corso dell’anno proviene da altre regioni.

La selettività dell’intervento e le stesse misure di politica del lavoro dovrebbero indirizzarsi prioritariamente verso specifiche aree territoriali, che alla luce dei dati esposti in precedenza sembrano potersi individuare nelle Comunità Montane del Marmore (Châtillon), dell’Evançon (Arnad,

Issogne e Verrès), Monte Rosa (Pont - Saint - Martin)

e Valdigne (Morgex).

Una particolare attenzione inoltre dovrebbe essere posta alle risorse umane valorizzando meglio lo strumento formativo, anche strutturando rapporti funzionali tra scuola e mondo del lavoro.

Come precedentemente sottolineato si avverte nella Regione un’insufficiente presenza di figure professionali con

qualifiche medio - alte in pressoché tutti i settori produttivi e in particolare nell’industria, ma si avverte anche la carenza di nuove professioni legate al turismo e alla valorizzazione dei beni naturali e storico - artistici; questa carenza

si accompagna ad un tasso di scolarità universitaria inferiore a quella media nazionale e si riflette nella debolezza

di un terziario avanzato di servizi alle imprese in particolari aree strategiche funzionali alla produzione (ricerca

e sviluppo; servizi tecnici; consulenze legali).

In regione non esiste una struttura permanente destinata alla formazione professionale di secondo e terzo livello (post - diploma e post - universitario), anche se essa è in corso di progettazione; le stesse strutture formative a carattere permanente per i corsi di prima qualificazione

professionale appaiono limitate e carenti specie per le attività industriali e dell’artigianato di produzione, sebbene

a tale carenza si sia tentato di ovviare da un lato con un intervento di alternanza scuola - lavoro sugli apprendisti e dall’altro con l’attuazione di una serie di corsi finanziabili dal Fondo Sociale Europeo.

In proposito va rilevato che il segmento di offerta di

lavoro giovanile in possesso della sola licenza media, che peraltro si ammette essere a maggior rischio occupazionale, è quello a cui vanno rivolte maggiori attenzioni nella predisposizione delle attività formative.

Se mancano soprattutto qualifiche medio - alte e se va potenziata la formazione di primo livello e l’alternanza

scuola - lavoro, pare opportuna anche un’iniziativa di orientamento scolastico, o riorientamento scolastico, tesa da un

lato a contrastare una segregazione formativa (alla luce soprattutto delle relative maggiori difficoltà di inserimento

lavorativo che devono scontare alcuni diplomi, in particolare conseguiti dalla componente femminile) e dall’altro

a contrastare e ridurre fenomeni di precoce inserimento sul mercato del lavoro e fenomeni di abbandono degli studi post - obbligo.

PARTE TERZA

PROPOSTA DI PIANO TRIENNALE

DI POLITICA DEL LAVORO

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 35

Introduzione

Il presente piano di politica del lavoro è predisposto

ai sensi dell’articolo 3 della legge regionale 17 febbraio 1989, n. 13 concernente la " Riorganizzazione degli interventi regionali di promozione all’occupazione ".

Esso ha durata triennale, è scorrevole a viene aggiornato annualmente, preferibilmente in correlazione con l’approvazione del bilancio annuale di previsione della Regione

Autonoma Valle d’Aosta.

La sua attuazione è affidata all’Agenzia del Lavoro.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 36

Disposizioni generali

Salvo diversa specificazione e fermi restando i requisiti indicati in ciascun progetto, per essere ammessi ai benefici previsti è necessario il possesso dei seguenti requisiti generali:

1. Per le persone fisiche:

essere residenti nella Regione Valle d’Aosta;

2. per gli Enti non territoriali, le imprese ed i datori di lavoro:

avere sede legale e amministrativa nella Regione Valle

d’Aosta e, ove richiesto, il riconoscimento, le iscrizioni ai pubblici registri, omologhe, etc.

Possono essere considerati anche Enti non territoriali,

imprese e datori di lavoro con sede fuori della Regione limitatamente ad attività svolte nella medesima a favore di

lavoratori residenti in Valle d’Aosta.

La perdita dei requisiti soggetti, ovvero il mancato rispetto delle condizioni cui sia subordinata l’ammissione agli interventi del piano prima della scadenza dei medesimi, determina l’interruzione dell’intervento e la revoca di eventuali rate contributive non ancora maturate per intero. La parziale esecuzione di attività assistite da contributo determina la proporzionale riduzione del medesimo salva

la facoltà di revocare l’intero contributo qualora la parte eseguita risulti non idonea al conseguimento degli obiettivi degli interventi.

L’Agenzia del Lavoro effettua verifiche e controlli sul rispetto delle modalità e dei requisiti cui sono subordinati e destinatari degli interventi del piano.

Tutte le richieste di intervento devono essere presentate all’Agenzia del Lavoro.

Ogni domanda può riguardare i benefici relativi ad un

solo progetto e deve essere fatta utilizzando i modelli allo scopo predisposti dall’Agenzia del Lavoro.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 37

1. Interventi per l’informazione

e per l’orientamento professionale

1) Riferimenti legislativi

Articolo 4 della legge regionale 17 febbraio 1989, n. 13

2) Finalità

Costituzione di un centro servizi rivolto all’utenza esterna in grado di soddisfare le esigenze di informazione ed orientamento professionale. In una prima fase gli obiettivi sono così individuati:

1) sperimentazione delle procedure di funzionamento del servizio di promozione dell’incontro tra domanda ed offerta e messa a punto di un sistema di informazione collettiva

e personalizzata;

2) attivazione di una strategia di comunicazione nei confronti delle imprese e nei confronti dei lavoratori.

3) Descrizione degli interventi

IN primo luogo si punta alla costruzione e la messa a

regime di un servizio di informazione sui posti vacanti che, facilitando l’incontro da domanda ed offerta di lavoro, diminuisca i tempi di disoccupazione e renda, in generale,

il mercato del lavoro più fluido e trasparente.

Il servizio non si pone l’obiettivo di sostituirsi ad altri canali utilizzati per il reclutamento, bensì, d’intesa ed in collaborazione con l’Ufficio Regionale del Lavoro e della Massima Occupazione e con altri operatori del settore, intende attivare interventi di informazione tali da fornire all’utenza una migliore conoscenza sui temi che riguardano

il lavoro, la ricerca di lavoro, i vari interventi di politica del lavoro ecc. al fine di promuovere l’auto - orientamento e l’autocollocamento da parte dei singoli.

4) Tipologia degli interventi

4.1. Promozione dell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro.

Il carattere innovativo, l’ampiezza, e la diversità del

mercato potenziale di questo servizio, richiedono una sperimentazione ed un avvio graduale dell’attività che tenga

conto anche delle capacità di risposte concrete dell’Agenzia.

A tal fine esso è inizialmente rivolto al settore turistico alberghiero nonché ai lavoratori posti in cassa integrazione guadagni e disoccupati di lunga durata.

A tal fine appare fondamentale garantire:

- riservatezza dell’informazione sui posti vacanti;

- bontà dell’informazione e semplicità dei meccanismi di trasmissione delle informazioni;

- tempestività del servizio.

Il servizio potrà inizialmente essere erogato tramite la

sede centrale dell’Agenzia del Lavoro e solo a seguito della crescita dell’attività si potrà considerare, per motivi di efficienza, l’opportunità di procedere all’apertura di altre sedi articolate sul territorio.

4.2. Le attività di informazione.

Le tipologie dell’informazione possono riguardare le

varie iniziative dell’Agenzia del Lavoro, la normativa del rapporto di lavoro, gli interventi previsti dal piano di politica del lavoro, caratteristiche della domanda di lavoro e

delle professionalità richieste del mercato del lavoro locale, gli sbocchi occupazionali, i singoli percorsi formativi

ed i concorsi pubblici banditi.

L’attività di informazione può essere collettiva oppure personalizzata. La prima concerne l’attivazione di una strategia di comunicazione nei confronti della popolazione e

dell’utenza potenziale al fine di condurre un’azione di sensibilizzazione e di orientamento al lavoro tramite l’ausilio dei mass - media. La seconda riguarda la realizzazione di

un’attività informativa sulle tematiche sopra evidenziate che si caratterizzano per la capacità di risposta del servizio alle richieste di informazione personalizzata degli

utenti.

5) Disposizioni attuative

Gli interventi di informazione collettiva possono essere effettuati utilizzando canali e supporti diversi: stampa. radio, televisione.

L’Agenzia del Lavoro provvede inoltre a curare apposite pubblicazioni di carattere informativo.

PROPOSTA DI PIANO TRIENNALE

DI POLITICA DEL LAVORO

2. Iniziative di formazione professionale ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 38

1) Riferimenti legislativi

Artt. 5 e 6 della legge regionale 17 febbraio 1989 n. 13

e legge regionale 5 maggio 1983 n. 28 e successive modificazioni ed integrazioni.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 39

2) Finalità

Realizzazione di interventi di formazione professionale

volti ad accrescere le capacità dell’offerta del lavoro anche al fine di adeguarla puntualmente alle esigenze della

domanda.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 40

3) Descrizione degli interventi

Le iniziative sono volte in particolar modo a:

- agevolare il reinserimento nell’attività lavorativa delle fasce deboli dell’offerta di lavoro e in particolare disoccupati di lunga durata, cassaintegrati e disoccupati speciali, licenziati per riduzione di personale o cessazione

di attività;

- realizzare forme di integrazione, di alternanza e di transizione fra studio e lavoro nelle quali il momento formativo

è concepito come occasione per rafforzare la

qualificazione professionale anche in rapporto alle esigenze espresse dal mercato.

L’obiettivo può essere raggiunto attraverso:

1) la costituzione di un centro servizi per la progettazione formativa che offre un supporto concreto all’organizzazione

di percorsi formativi;

2) l’attuazione di specifici interventi formativi volti sia a favorire percorsi verso un inserimento stabile nel mondo

del lavoro, sia a sostenere il reinserimento nel processo produttivo;

3) la realizzazione di attività formative idonee a perseguire più efficacemente gli obiettivi a cui tendono le tipologie di intervento previste dagli altri progetti del piano

di politica del lavoro.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 41

4) Tipologia degli interventi

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 42

4.1 Servizi per la promozione di iniziative formative. Allo scopo di promuovere la realizzazione di attività di formazione professionale l’Agenzia del Lavoro svolge

attività di consulenza e progettazione di interventi formativi finalizzati all’occupazione, alla qualificazione e riqualificazione anche per:

a) iniziative formative promosse dalla Regione;

b) iniziative formative proposte da imprese ed Enti pubblici economici, anche tramite loro consorzi.

L’Agenzia può inoltre realizzare specifiche iniziative rivolte alla qualificazione e specializzazione di formatori da

impegnare nell’attività di formazione professionale.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 43

4.2 Servizi reali

Sono attivabili specifici interventi di formazione professionale al fine di sostenere le azioni promosse sulla base

degli altri progetti del piano di politica del lavoro. In

tale caso la formazione rappresenta uno degli elementi essenziali per l’attuazione di una politica attiva capace di garantire

il buon esito degli interventi.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 44

4.3 Particolari interventi di formazione professionale

4.3.1 Iniziative volte a favorire il passaggio dei giovani verso un inserimento stabile nel mondo del lavoro.

a) Corsi per apprendisti nel settore artigiano.

Vengono attuate attività di professionalizzazione rivolte

a giovani apprendisti del settore artigiano in conformità a quanto previsto dall’articolo 6 della legge regionale 17

febbraio 1989, n. 13

. La formazione professionale degli apprendisti attuata nei laboratori delle imprese artigiane o

nelle botteghe - scuola artigiane deve essere conforme ad un progetto di professionalizzazione opportunamente concordato

con l’Agenzia del Lavoro.

b) Corsi per lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro.

Per i giovani assunti con contratti di formazione e lavoro possono essere realizzate iniziative di formazione secondo la seguente articolazione:

1) Iniziative formative per giovani in possesso di diploma

di scuola media superiore o laurea che richiedano particolari percorsi di adeguamento della professionalità

in riferimento alla gestione amministrativa, finanziaria

e fiscale, all’andamento della produzione, al marketing, all’amministrazione del personale. In attuazione o ad integrazione del progetto formativo approvato dalla Commissione Regionale per l’Impiego possono essere

attuate attività formative di alternanza tra studio e lavoro in parte realizzate in azienda e in parte in strutture formative extraziendali. Tali interventi devono prevedere un minimo di 140 ore di formazione teorica extraziendale organizzato dall’Agenzia del Lavoro e/ o concordato

con la medesima.

Per ogni giovane coinvolto nell’iniziativa può essere riconosciuto, al datore di lavoro, un rimborso per le spese formative sino ad un massimo di L. 1.500.000.

2) Iniziative formative sperimentali, per giovani che non hanno proseguito gli studi dopo l’obbligo scolastico o

che hanno interrotto il corso di studi delle scuole postobbligo, assunti con contratto di formazione e lavoro.

In attuazione o ad integrazione del progetto formativo approvato dalla Commissione Regione per l’Impiego relativamente all’assunzione con contratto di formazione

e lavoro, l’Agenzia del Lavoro, in accordo con le aziende proponenti, progetta interventi formativi di non meno di 200 ore di cui almeno 80 di formazione teorica extraziendale organizzata dall’Agenzia del Lavoro anche in connessione con i corsi per apprendisti del settore artigiano.

L’azione è da porre in funzione sia della professionalità

da raggiungere che dell’arricchimento culturale del lavoratore. Per ogni giovane coinvolto nell’iniziativa può essere riconosciuto, al datore di lavoro, un rimborso per le spese

formative sino ad un massimo di L. 2.000.000.

c) iniziative formative per diplomati e laureati volte ad

elevare il livello di professionalità dei giovani, particolarmente in funzione dell’esercizio di attività che richiedano

l’impiego di nuove tecnologie e di moderne tecniche

di gestione. Tali obiettivi possono essere perseguiti mediante la predisposizione di corsi di formazione professionale o mediante concessione di borse di studio

in Italia o all’estero. Ai partecipanti ai corsi di formazione è riconosciuto un assegno di studio secondo

la normativa del Fondo Sociale Europeo;

d) iniziative di integrazione scuola - lavoro per studenti delle scuole secondarie superiori e degli istituti professionali, tramite esperienze formative in azienda da attuarsi

sia durante il periodo scolastico che durante il periodo estivo. Ai partecipanti alle iniziative di formazione in azienda è concesso un assegno di studio secondo la normativa del Fondo Sociale Europeo.

4.3.2. Attività di riqualificazione e aggiornamento professionale dei lavoratori cassaintegrati o disoccupati.

a) Corsi di riqualificazione e aggiornamento professionale.

I corsi sono rivolti a gruppi di disoccupati di lunga durata,

di lavoratori collocati in cassa integrazione guadagni

o in disoccupazione speciale e di licenziati per riduzione

di personale o cessazione di attività. Tali attività formative possono comprendere anche periodi di formazione sul

lavoro ed hanno una durata definitiva dall’Agenzia del Lavoro

in relazione ai contenuti della professionalità da acquisire.

Il contributo riconosciuto al datore di lavoro per la formazione dei lavoratori in ogni caso non potrà superare L.

2.000.000 per ciascun soggetto coinvolto.

b) Tirocinio guidato per lavoratori collocati in cassa integrazione guadagni.

Per i lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria

si prevedono anche brevi tirocini individuali di reinserimento lavorativo della durata massima di tre mesi direttamente finalizzati alla copertura di precisi spazi occupazionali. Le aziende richiedenti presentano un progetto di

professionalizzazione in cui siano indicati uno o più tutors aziendali al sostegno del processo di reinserimento lavorativo. 4.3.3 Formazione volta a favorire l’approccio al mondo del lavoro di soggetti portatori di handicap segnalati dai competenti servizi ai sensi della legge regionale 11 agosto 1981,

n. 54.

a) Corsi formativi individuali o di gruppo.

Tali attività sono organizzate dall’Agenzia del Lavoro

in collaborazione con Enti pubblici ed aziende al fine di fornire una preparazione idonea a consentire, per questi soggetti, un inserimento nel mondo del lavoro e, ove possibile, il raggiungimento di livelli produttivi soddisfacenti.

b) Tirocinio guidato

Il tirocinio la cui durata massima è di due anni, è rivolto a lavoratori di età inferiore ai 25 anni. Costituisce

un’esperienza di esclusivo addestramento professionale sul luogo di lavoro ed è sostenuto, ove necessario, da momenti di formazione teorica.

La Regione sostiene la spesa derivante dalla presenza

della persona nell’ambiente di lavoro mediante:

- corresponsione al tirocinante di una borsa di tirocinio quantificata in L. 500.000 mensili;

- copertura totale di eventuali costi di insegnamento di nozioni e mansioni inerenti l’addestramento, per un totale minimo di 100 ore;

- supervisione dell’addestramento, anche tramite la collaborazione di esperti esterni.

Di norma è esclusa la reiterazione di tirocini pratici

presso lo stesso datore di lavoro e per le stesse mansioni, salvo deroghe motivate da una verificata capacità didattico formativa espressa dall’ambiente lavorativo.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 45

5. Disposizioni attuative

Gli interventi di cui ai punti 4.2- 4.3 sono gestiti con le seguenti modalità.

Fatto salvo quanto espressamente stabilito dall’articolo 6 comma 3 della legge regionale 17 febbraio 1989, n.

13, per le attività sopra previste, l’Agenzia del Lavoro si avvale di strutture formative pubbliche o private, di imprese o loro consorzi anche operanti in ambito extra regionale od extra nazionale.

Oltre a quanto espressamente stabilito alla lettera b) della tipologia 4.3.3 sono ammessi rimborsi spese in favore di lavoratori a copertura del costo di trasporto, mensa, indumenti di lavoro.

Ai lavoratori in cassa integrazione guadagni o in disoccupazione speciale è concessa un’integrazione salariale

nella misura prevista dall’articolo 1/ bis della legge 24 luglio 1981, n. 390 e dalla legge 27 febbraio 1984, n. 18.

L’erogazione dei contributi avviene a saldo, a seguito

della presentazione di documentazione comprovante le spese sostenute. La copertura assicurativa INAIL ed RCT eventualmente necessaria ai corsisti è a totale carico della Regione.

PROPOSTA DI PIANO TRIENNALE

DI POLITICA DEL LAVORO

3. Concessione di contributi per favorire l’assunzione di lavoratori appartenenti a fasce deboli

del mercato del lavoro

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 46

1. Riferimenti legislativi

Articolo 8 legge regionale 17 febbraio 1989 n. 13.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 47

2. Finalità

Il presente intervento intende agevolare l’assunzione dei soggetti che presentano maggiori difficoltà nell’accesso al lavoro.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 48

3. Descrizione degli interventi

Concessione di contributi per l’assunzione a tempo indeterminato, anche part - time, dei soggetti indicati ai punti

successivi. I contributi hanno lo scopo di alleggerire i costi di inserimento ed adattamento e sono differenziati

nell’ammontare e nella durata in relazione al grado di difficoltà nell’inserimento al lavoro dei soggetti coinvolti.

Per i soggetti di cui al punto 4.2 i contributi sono concessi anche per assunzioni a tempo determinato.

PROPOSTA DI PIANO TRIENNALE

DI POLITICA DEL LAVORO

3. Concessione di contributi per favorire l’assunzione di lavoratori appartenenti a fasce deboli

del mercato del lavoro

4. Tipologia degli interventi

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 49

Per ogni rapporto instaurato da datori di lavoro, operanti

nella Regione, con lavoratori residenti nella Regione

Valle d’Aosta ed appartenenti alle categorie sotto indicate, essere può essere concesso un contributo determinato nel modo seguente:

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 50

4.1 Contributi all’assunzione di disoccupati di lungo periodo, di lavoratori che usufruiscono del trattamento speciale

di disoccupazione ai sensi della legge 5 novembre

1968, n. 1115 e successive modificazioni ed integrazioni,

di lavoratori ammessi all’intervento straordinario della cassa integrazione guadagni e di lavoratori licenziati per riduzione di personale o per cessazione di attività.

4.1.1 Lavoratori con più di 45 anni che usufruiscono del trattamento speciale di disoccupazione, che sono ammessi

all’intervento straordinario della cassa integrazione guadagni o licenziati per riduzione di personale o cessazione

di attività:

Contributo complessivo: Maschi L. 18.000.000 Femmine L. 20.000.000 4.1.2 Lavoratori con più di 29 anni che usufruiscono del trattamento speciale di disoccupazione o che sono ammessi

all’intervento straordinario della cassa integrazione guadagni, lavoratori che sono disoccupati da più di 12 mesi

o licenziati per riduzione di personale o cessazione di attività: Contributo complessivo: Maschi L. 14.000.000 Femmine L. 17.000.000 Nel caso di assunzione di lavoratori di cui ai punti precedenti in attuazione di accordi sindacali e/ o di convenzioni

con la Regione che prevedano programmi di assunzione

con l’indicazione del numero e delle tipologie dei soggetti interessati, il contributo è maggiorato del 20 percento.

4.1.3 Sono esclusi dai benefici di cui ai punti 4.1.1. e 4.1.2. i lavoratori che usufruiscono delle analoghe provvidenze previste dal Decreto legge 1o aprile 1989, n. 120, convertito in legge 15 maggio 1989, n. 181.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 51

4.2 Contributi alla assunzione di portatori di handicap fisici, psichici o sensoriali e di persone soggette ad emarginazione sociale.

I datori di lavoro che concordano con l’Agenzia del Lavoro progetti di inserimento comprendenti eventuali fasi

di formazione teorica e pratica dei lavoratori, possono beneficiare, per ciascun lavoratore assunto, dei seguenti contributi:

4.2.1 Portatori di handicap:

a) con una diminuzione permanente della capacità lavorativa superiore al 66 percento, segnalati dai competenti servizi

dell’Assessorato della Sanità ed Assistenza sociale

- Contributo: quanto previsto dall’articolo 4 della legge regionale 11 agosto 1981 n. 54 e successive modificazioni;

b) fisici, psichici e sensoriali con una diminuzione permanente della capacità lavorativa compresa tra il 46 percento

e il 66 percento segnalati dai competenti servizi dell’Assessorato alla Sanità ed Assistenza Sociale - Contributo pari

al 30 percento del costo complessivo del lavoro per due anni, prorogabile di un altro anno nel caso di assunzione a tempo indeterminato.

4.2.2 Ex tossicodipendenti segnalati dai competenti servizi delle Unità Sanitarie Locali( NOT), detenuti ammessi

al lavoro esterno, dimessi da carcere, soggetti già sottoposti a provvedimenti amministrativi dell’Autorità Giudiziaria Minorile - Contributo pari al 25 percento del costo complessivo

del lavoro per un anno, prorogabile di un altro anno

in caso di assunzione a tempo indeterminato.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 52

4.3 Contributi all’assunzione a tempo parziale, per un tempo non inferiore alle 20 ore settimanali o ai 6 mesi annui,

e con contratto a tempo indeterminato di disoccupati da parte di imprese appartenenti al settore terziario privato:

a) disoccupati da almeno 12 mesi - Contributo per due anni pari al 30 percento del costo complessivo del lavoro se maschi e pari al 40 percento se femmine;

b) disoccupati da almeno 3 mesi - Contributo per due anni pari al 15 percento del costo complessivo del lavoro se maschi e pari al 20 percento se femmine.

PROPOSTA DI PIANO TRIENNALE

DI POLITICA DEL LAVORO

3. Concessione di contributi per favorire l’assunzione di lavoratori appartenenti a fasce deboli

del mercato del lavoro

5. Disposizioni attuative

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 53

I datori di lavoro devono presentare all’Agenzia del Lavoro, prima dell’assunzione, un progetto che espliciti l’intenzione dell’impresa di avvalersi degli interventi sopra indicati, individui i tempi e le modalità delle assunzioni, il

numero e la tipologia dei lavoratori coinvolti.

L’erogazione degli incentivi avviene nel seguente modo:

per i punti 4.1, 4.2, 4.3 l’erogazione nel corso di un biennio in due rate semestrali posticipate per il primo anno e

una rata posticipata per il secondo anno;

per il punto 4.2.1 b) l’erogazione nel corso di un triennio in rate semestrali posticipate.

Le rate in via di maturazione non vengono erogate nel

caso di cessazione di attività da parte dell’impresa o del rapporto di lavoro del dipendente interessato.

Lo stato di disoccupazione deve essere certificato dall’iscrizione nelle liste di collocamento.

Gli interventi non possono essere effettuati per l’assunzione del coniuge, di parenti o affini entro il quarta grado del titolare o dei soci dell’impresa.

Non possono accedere agli interventi di datori di lavoro

che abbiano effettuato licenziamenti - salvo che per giusta causa o giustificato motivo soggettivo - nei dodici mesi precedenti l’assunzione e l’erogazione delle singole rate. Alle imprese non rientranti nell’ambito di applicazione della legge 15 luglio 1966, n. 604 e successive modificazione ed integrazioni è richiesta la dichiarazione che non abbiano effettuato licenziamenti, salvo che per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, resa dal legale rappresentante dell'

impresa o dal datore di lavoro stesso, con firma autenticata. Alle imprese è fatto obbligo di applicare nei confronti

dei propri dipendenti i contratti collettivi e gli accordi nazionali e regionali stipulati fra le organizzazioni sindacali

dei datori di lavoro e quelle dei lavoratori maggiormente rappresentative in Valle d’Aosta.

Eventuali assunzioni dovute a modifica della ragione

sociale, a fusione, a trasformazione o trasferimento di azienda non danno diritto ai contributi previsti dal presente intervento; gli eventuali incentivi in corso vengono trasferiti alla nuova impresa rapportati proporzionalmente ai periodi maturati presso la stessa.

Possono essere presi in esame:

- richieste di interventi riferite all’assunzione di personale che, pur non in possesso di tutti i requisiti formali

di cui al punto 4.1 del presente progetto, integrino in modo comprovato e comunque conosciuto i presupposti di una situazione sotto il profilo sostanziale analoga alle tipologie di cui al medesimo punto 4.1;

- richieste di interventi da parte di imprese ove si prefiguri un sostanziale trasferimento di azienda o prosecuzione

di attività di aziende preesistenti;

- richieste di interventi in caso di trasferimento di azienda, con non più di 10 lavoratori, ai qua sia stata data disdetta ai sensi dell’articolo 2112 del Cod. Civ.

Sono escluse dalle agevolazioni le aziende che hanno lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria salvo che l’assunzione riguardi lavoratori con qualifiche diverse da quelle possedute dai lavoratori sospesi nonché nei

casi previsti dal punto 4.2.

PROPOSTA DI PIANO TRIENNALE

DI POLITICA DEL LAVORO

4. Azioni di sostegno alla nuova imprenditorialità ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 54

1. Riferimenti legislativi

Articolo 9 legge regionale 17 febbraio 1989, n. 13.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 55

2. Finalità

Promuovere e sostenere l’avvio di nuove iniziative di lavoro autonomo o di piccola impresa da parte di lavoratori

ammessi all’intervento straordinario della cassa integrazione guadagni a zero ore o in disoccupazione speciale

(L. 5 novembre 1968, n. 1115), di disoccupati da più di tre mesi e di licenziati per riduzione di personale o cessazione di attività.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 56

3. Descrizione degli interventi

Promozione di nuove attività imprenditoriali mediante l’erogazione di contributi e di servizi reali.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 57

4. Tipologia degli interventi

A seguito di presentazione di uno specifico progetto,

possono essere concessi contributi relativi a:

1) spese per la preparazione e definizione di progetti di fattibilità. Il contributo è pari all’80 percento del costo ed, in ogni caso, non potrà superare l’importo di 5.000.000;

2) spese avvio attività.

Il contributo è pari al 90 percento delle spese ammissibili e in

ogni caso non potrà superare i 10.000.000. Si ritengono ammissibili, ai fini della determinazione dei costi di avvio attività le spese relative ad investimenti mobiliari o immobiliari, a costi per la costituzione della società, l’adattamento dei locali, l’installazione degli impianti e le spese di gestione (escluso il personale, materie prime, ammortamenti, costi figurativi, poste compensative, liberalità ), sostenute entro un limite massimo di un anno

dall’avvio attività. I finanziamenti sono erogati " una tantum " e sono cumulabili con gli interventi previsti a favore delle categorie dei lavoratori autonomi e dei piccoli imprenditori dalla legge regionale 30 dicembre 1982,

n. 101, recante costituzione di fondi di rotazione per l’artigianato, il commercio, e la cooperazione, e successive modificazioni ed integrazioni, con esclusione dei benefici

di cui alla legge regionale 6 giugno 1977, n. 41, recante provvidenze a favore dell’artigianato e successive modificazioni e integrazioni.

3) per ogni lavoratore ammesso all’intervento straordinario della cassa integrazione guadagni straordinaria o che usufruisce del trattamento speciale di disoccupazione

e coinvolto nella nuova attività, è concesso un sostegno temporaneo al reddito stabilito in L. 14.000.000 per i maschi e L. 17.000.000 per le femmine, decurtato del

10 percento per ogni anno goduto di CIGS e/ o DS a far data

dal primo settembre 1989.

Sono esclusi dai benefici di cui ai precedenti punti 2)

e 3) i lavoratori che usufruiscono delle analoghe provvidenze previste dal DL 1o aprile 1989, n. 120 convertito

in legge 15 maggio 1989, n. 181.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 58

5. Disposizioni attuative

I contributi sopra indicati sono erogati nel modo seguente:

il 40 percento all’inizio dell’attività ed il saldo dopo la presentazione di idonea documentazione comprovante le spese

sostenute.

Ai fini del presente progetto si ritengono ammissibile

tutte le forme di società con non più di 18 soci lavoratori

e/ o dipendenti e non più di L. 200.000.000 di capitale sociale, ad esclusione delle società per azioni e le società in accomandita per azioni; per le società in accomandita semplice

e quelle a responsabilità limitata, nello statuto deve

essere previsto il divieto di trasferimento delle quote per atto tra vivi per il periodo di due anni dalla prima erogazione del contributo.

Sono esclusi dai benefici i lavoratori che intraprendono nuove attività acquisendo la proprietà o subentrando

ad attività nelle quali siano stati presenti, in qualità di titolari o soci, parenti ed affini entro il 1o grado; questa disposizione non si applica a chi intraprende l’attività di coltivatore diretto.

Ai lavoratori in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria

e in Disoccupazione Speciale (L. 5 novembre 1968,

n. 1115), pur a fronte della sussistenza delle condizioni previste al comma precedente, è erogato il contributo di sostegno temporaneo al reddito.

Per ottenere i benefici sopra previsti, gli interessati devono presentare un progetto, sulla base di uno schema tipo predisposto dall’Agenzia del Lavoro, nel quale siano stati specificati le attività da intraprendere, i costi previsti per l’avvio, il numero dei lavoratori e la relativa tipologia, le eventuali esigenze di assistenza, consulenza e formazione professionale.

È condizione per l’erogazione dei benefici la risoluzione

del rapporto di lavoro o la cancellazione dalle liste di collocamento.

L’avvio dell’attività deve essere documentato dall’iscrizione, ove previsto, al Registro delle Ditte e/ o all’Albo delle imprese artigiane e/ o al Registro delle Società Cooperative

e dei loro Consorzi.

PROPOSTA DI PIANO TRIENNALE

DI POLITICA DEL LAVORO

5. Misure di sostegno alla costituzione e all’avvio di nuove cooperative

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 59

1. Riferimenti legislativi

Articolo 10 legge regionale 17 febbraio 1989, n. 13.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 60

2. Finalità

promuovere e sostenere l’avvio di cooperative di produzione e lavoro, di servizio ed agricole, formate da almeno

il 40 percento di soci lavoratori disoccupati da più di tre mesi e/ o lavoratori ammessi all’intervento straordinario della cassa integrazione guadagni e/ o disoccupati speciali (L. 5

novembre 1968 n. 1115) e/ o licenziati per riduzione di personale o cessazione di attività.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 61

3. Descrizione degli interventi

Sostegno alla costituzione ed all’avvio di cooperative mediante l’erogazione di contributi e di servizi reali. ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 62

4. Tipologia degli interventi

A seguito di presentazione di uno specifico progetto

di costituzione ed avvio della nuova impresa cooperativa possono essere concessi contributi relativi a:

1) spese per la preparazione e definizione di progetti di fattibilità; il contributo è pari al 90 percento del costo ed, in ogni caso, non può superare l’importo massimo di 15.000.000;

2) spese di avvio dell’attività; il contributo è pari all’80 percento

delle spese ammissibili e viene con cesso nella misura massima di 10.000.000 per ogni socio lavoratore appartenente alle categorie privilegiate, e comunque per un

importo massimo non superiore a 60.000.000 elevabile

a 90.000.000 nel caso di cooperative di produzione e lavoro del settore industriale.

Sono ammissibili le spese per investimenti mobiliari o immobiliari, di costituzione della società, di adattamento dei locali, di installazione degli impianti e di gestione (escluso il costo del lavoro, delle materie prime, degli ammortamenti, dei costi figurativi, delle poste compensative e liberalità ) sostenute entro un limite massimo

di un anno dall’avvio dell’attività;

3) Spese relative a consulenze per organizzazione del lavoro, produzione, marketing, finanza, ricerca e sviluppo;

per un importo pari:

- al 95 percento delle spese per il primo anno;

- al 75 percento delle spese per il secondo anno;

- al 50 percento delle spese per il terzo anno;

e comunque fino al limite massimo di L. 15.000.000

annui;

I contributi sono erogati " una tantum " e sono cumulabili con gli interventi previsti a favore della cooperazione dalla legge regionale 30 dicembre 1982, n. 101, e successive modificazioni, recante sostituzione di fondi

di rotazione per l’artigianato, il commercio e la cooperazione, con l’esclusione dei benefici di cui agli articoli

5 e 7 della legge regionale 17 agosto 1987, n. 80, recante interventi a favore della cooperazione.

4) Per ogni lavoratore ammesso all’intervento straordinario della cassa integrazione guadagni straordinaria o che usufruisce del trattamento speciale di disoccupazione

e coinvolto nella nuova attività, come socio lavoratore, è concesso un sostegno temporaneo al reddito stabilito in L. 14.000.000 per i maschi e in L. 17.000.000 per le femmine, decurtato del 10 percento per ogni anno goduto a far data dal primo settembre 1989.

Sono esclusi dai benefici di cui ai precedenti punti 2)

3) e 4) i lavoratori che usufruiscono delle analoghe provvidenze previste dal DL 1o aprile 19089 n. 120 convertito

in legge 15 maggio 1989, n. 181.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 63

5. Disposizioni attuative

I contributi concessi verranno erogati nel seguente modo:

il 40 percento all’inizio dell’attività e il saldo dopo la presentazione di idonea documentazione comprovante le spese

sostenute.

Per ottenere i benefici sopra previsti, gli interessati devono presentare un progetto, sulla base di uno schema tipo

predisposto dall’Agenzia del Lavoro, nel quale siano specificati l’attività da intraprendere, i costi previsti per l’avvio,

il numero dei lavoratori e la relativa tipologia, le eventuali esigenze di assistenza, consulenza e formazione professionale. È condizione per l’erogazione dei benefici la risoluzione del rapporto di lavoro o la cancellazione delle liste di collocamento.

L’avvio dell’attività deve essere documentato dall’iscrizione al Registro delle Ditte e/ o al Registro delle Società Cooperative e dei loro Consorzi.

PROPOSTA DI PIANO TRIENNALE

DI POLITICA DEL LAVORO

6. Impiego temporaneo di lavoratori

in opere o servizi di pubblica utilità

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 64

1. Riferimenti legislativi

Articolo 11 legge regionale 17 febbraio 1989, n. 13.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 65

2. Finalità

Consentire l’impiego temporaneo di lavoratori disoccupati o di lavoratori ammessi all’intervento straordinario della Cassa Integrazione Guadagni o in Disoccupazione Speciale (L. 5 novembre 1968 n. 1115) in opere o servizi

di pubblica utilità, anche tramite la realizzazione di cantieri di lavoro e di cantieri scuola di cui alla legge 29 aprile

1949, n. 264, d’intesa ed in collaborazione con gli Assessorati regionali competenti.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 66

3. Descrizione degli interventi

Concessione di contributi per l’attuazione di opere o servizi di pubblica utilità.

Sono principalmente considerate socialmente utile le attività attinenti i seguenti campi:

- ecologico, manutenzione e/ o sistemazione di sentieri

di montagna, costruzione e/ o manutenzione di aree verdi attrezzate e/ o di interesse turistico;

- iniziative di carattere culturale;

- lavori amministrativi eccezionali;

- servizi alle persone, alle famiglie e alle Comunità, di carattere eccezionale e non previsti da specifiche leggi in materia socio - assistenziale;

- servizi di protezione civile.

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 67

4. Tipologia degli interventi

Gli enti locali possono presentare all’Agenzia del Lavoro progetti per la realizzazione di opere o servizi di pubblica utilità mediante l’impiego di lavoratori appartenenti alle categorie sopra indicate.

Per i progetti approvati può essere erogato un contributo pari al 90 percento delle spese sostenute per la realizzazione

delle opere e servizi di pubblica utilità, ivi compresi il vitto ed il trasporto dei lavoratori.

Possono essere rimborsati inoltre agli Enti Locali le spese assunte per l’applicazione dell’articolo 1/ bis della legge

24 luglio 1981, n. 390 e della legge 27 febbraio 1984, n. 18. ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 68

5. Disposizioni attuative

La Giunta regionale, su proposta dell’Agenzia del Lavoro, emana un apposito regolamento per l’attuazione

delle opere e dei servizi di pubblica utilità. PROPOSTA DI PIANO TRIENNALE

DI POLITICA DEL LAVORO

7. Conoscenze del mercato del lavoro

e supporto della programmazione

degli interventi di politica del lavoro

ATTO ALLEGATO SUBARTICOLO 69

L’Agenzia del Lavoro svolge attività di indagine, studio e ricerca sulle tematiche inerenti il mercato del lavoro al fine sia di programmare, in sede di predisposizione del

piano e dei relativi aggiornamenti, gli interventi di politica del lavoro, sia di verificare con sistematicità l’efficacia e l’efficienza degli stessi nonché di quelli previsti dalla legislazione statale.

Le priorità individuate sono le seguenti:

1) Verifica di efficacia degli interventi di politica del lavoro. A questo fine saranno esaminati e studiati i seguenti

temi:

a) Esiti occupazionali dei contratti di formazione e lavoro

e analisi delle trasformazioni dei contratti di formazione

e lavoro attivati in Regione e giunti a scadenza

in un arco temporale limitato.

b) Verifica dell’efficacia degli interventi di cui al titolo I della legge regionale 9 gennaio 1986, n. 4.

c) Verifica dell’efficacia degli interventi di cui al titolo II della legge regionale 9 gennaio 1986, n. 4:

d) Verifica dell’efficacia degli interventi di cui al titolo III della legge regionale 9 gennaio 1986, n. 4.

2) Quadro conoscitivo dinamico dei lavoratoti in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria e in Disoccupazione

Speciale.

L’obiettivo è fornire un quadro costantemente aggiornato

delle caratteristiche socio professionali dei lavoratori

in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria e in Disoccupazione Speciale.

3) Quadro conoscitivo dell’offerta di lavoro femminile.

Obiettivo:

analisi quantitativa e qualitativa dell’occupazione e disoccupazione femminile locale, con particolare attenzione

alle tendenze in atto per cogliere i mutamenti più significativi delle figure professionali, dell’andamento dei livelli

di istruzione e dell’attuazione delle pari opportunità di

lavoro.

4) L’Agenzia del Lavoro provvede a curare la pubblicazione

dei risultati delle ricerche attraverso appositi bollettini e organizza seminari di studi e convegni.