Oggetto n° 58 del 6 aprile 1956 (protocollo n° 923 del 11 maggio 1956)

2 Legislatura

Protocollo n. 923 in data 11/05/56

Riferimento oggetto n. 58

Disegno di legge regionale n. 2 in materia di acque pubbliche, approvato dal Consiglio regionale della Valle d'Aosta nell'adunanza del 6.4.1956 n. 58.

[rilievi]

Dall'esame del disegno di "Legge regionale recante norme procedurali relative all'utilizzazione delle acque pubbliche nella Regione della Valle d'Aosta", approvato con deliberazione di codesto Consiglio regionale in data 06/04/1956 n. 58, si rileva che esso eccede i limiti della facoltà legislativa attribuita alla Regione dalla Costituzione della Repubblica e dallo Statuto regionale promulgato con legge costituzionale 26.2.1948 n. 4.

Invero, passando all'esame dei singoli articoli si osserva quanto segue:

A) art. 2, I° comma - Esso prescrive, fra l'altro, che le domande di concessione e di subconcessione per l'utilizzazione delle acque pubbliche nella Regione e "così anche le domande per varianti ad utilizzazioni già concesse", debbono essere dirette all'Amministrazione regionale e presentate all'Assessorato dei Lavori Pubblici - Ufficio Regionale Acque.

Ciò, contrasta, evidentemente, per quanto riguarda le domande per varianti ad utilizzazioni già assentite dallo Stato e sempre che le varianti stesse non implichino un aumento della portata dell'acqua concessa, col secondo comma dell'art. 7 dello Statuto regionale il quale ha esplicitamente sottratto alla disponibilità della Regione le acque che alla data del 7 settembre 1945 avevano già formato oggetto di riconoscimento di uso e di concessione.

Inoltre, si rileva l'inesattezza della dizione usata quando si parla di "demanio regionale" per quanto concerne le acque a scopo irriguo e potabile. Lo scrivente ritiene che parlare di demanio regionale delle acque a scopo irriguo e potabile non sia rispondente ad una retta interpretazione degli articoli 5 e 7 della legge costituzionale 26.2.1948 n. 4 citata.

Infatti, con le succitate disposizioni il legislatore non ha inteso trasferire dal demanio statale a quello regionale la proprietà delle acque a scopo irriguo e potabile - trasferimento che d'altra parte, non potrebbe essere realizzabile per varie considerazioni tecniche - bensì i diritti sulle acque pubbliche relativi alle utilizzazioni ad uso irriguo e potabile.

B) Art. 2 - 2° comma - E' ovvio che i versamenti depositi e i canoni relativi alle concessioni di acque di pertinenza del "demanio regionale" e alle subconcessioni delle acque concesse per novantanove anni alla Regione debbono essere versati, come attualmente avviene, alla Amministrazione regionale. Non peraltro, i sovracanoni che, in base all'articolo 53 del testo Unico di leggi 11 dicembre 1933 n. 1775 e in base alla legge 27 dicembre 1953 n. 959, debbono essere versati o ai Comuni rivieraschi o ai consorzi del bacino imbrifero montano della Valle d'Aosta, già costituiti per la Regione Autonoma Valle d'Aosta e per la provincia di Torino, ai sensi della legge n. 959. La disposizione in parola verrebbe a creare contrasti con gli interessi del Piemonte e perciò la legge regionale è illegittima anche ai sensi del 4° comma dell'art. 31 dello Statuto della Valle d'Aosta.

C) Art. 3 - La norma in esso contenuta e secondo la quale l'utilizzazione industriale delle acque deve effettuarsi nell'ambito della Regione, è in aperto contrasto con l'art. 117 della Costituzione della Repubblica, con l'art. 120, secondo comma, della Costituzione medesima, con l'art. 2 primo comma dello Statuto speciale della Valle d'Aosta e coi successivi art. 3 primo comma ed 8, terzo comma dello Statuto stesso. Si richiama, in particolare, l'attenzione sull'art. 3 dello Statuto regionale, il quale ha chiaramente limitato la potestà legislativa della Regione in materia di disciplina delle acque pubbliche ad uso idroelettrico, alla sola emanazione di norme di integrazione e di attuazione delle legge della Repubblica.

La norma in esame, invece, verrebbe, fra l'altro, a modificare sostanzialmente e profondamente le vigenti norme statali in materia.

D) Art. 5 - Nella parte in cui si riferisce al Demanio idrico statale e alle varianti ad utilizzazioni in atto assentite dallo Stato, la norma viola apertamente il 2° comma dell'art. 7 dello Statuto regionale.

Si richiama al riguardo quanto è stato osservato per il precedente articolo 2.

L'articolo deve essere modificato precisandosi che la competenza a procedere sulle domande di qualsiasi variante alle utilizzazioni in atto assentite dallo Stato restano di competenza dell'Amministrazione statale.

E) Art. 6 - L'articolo in parola dispone, fra l'altro, che il Presidente della Giunta regionale provvede, con proprio decreto, alla reiezione e all'accoglimento delle domande per varianti ad utilizzazioni in atto già assentite dallo Stato.

Si richiama al riguardo quanto è stato rilevato per gli articoli 2 e 5. Anche l'articolo 6 deve essere modificato precisandosi che la competenza a provvedere sulle domande di qualsiasi variante alle utilizzazioni in atto assentite dallo Stato restano di competenza dell'Amministrazione statale.

F) Art. 7 - La disposizione contenuta nel detto articolo eccede, a parere dello scrivente, i limiti della potestà legislativa conferiti alla Regione dall'articolo 3 dello Statuto regionale.

Il nulla osta dell'Amministrazione regionale per la cessione o trasferimento di piccole e grandi derivazioni ad uso idroelettrico non può, infatti, essere considerato come una semplice norma di attuazione o di integrazione delle vigenti norme del T.U. 11.12.1933 n. 1775. Inoltre, per le concessioni già assentite dallo Stato, la disposizione in parola violerebbe anche il 2° comma dell'art. 7 dello Statuto stesso.

G) Art. 8 - Deve essere soppresso l'art. 8 concernente il sovracanone a favore dei Comuni rivieraschi, di cui all'art. 53 del Testo Unico 11 dicembre 1933 n. 1775, e ciò per le seguenti due considerazioni.

a) non sarebbe possibile adottare, limitatamente alla Regione di Aosta, un criterio diverso da quello costantemente applicato in tutto il territorio della Repubblica per quanto concerne il raggio di 15 Km. dell'energia trasportata dai Comuni rivieraschi, tale raggio, infatti secondo la retta interpretazione del citato art. 53, deve essere calcolato non alla sede comunale (come è detto nel disegno di legge in esame) ma dal confine del territorio dei Comuni medesimi al luogo in cui l'energia viene consumata.

b) sembra superfluo imporre alle società subconcessionarie l'obbligo della denuncia all'Assessorato ai Lavori Pubblici dell'inizio del trasporto dell'energia, a meno che da tale obbligo non sia da desumersi che la Regione ritenga di sua competenza provvedere, per le subconcessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico, alla liquidazione e ripartizione del sovracanone in questione.

Ma la tesi non potrebbe essere condivisa dal Ministero delle Finanze; infatti, dati i particolari scopi che il sovracanone di cui trattasi intende perseguire, nonché la sua specifica natura giuridica, e, soprattutto, considerato che il provvedimento di liquidazione e di ripartizione del sovracanone stesso è, dalla legge, rimesso anche per quanto concerne la misura da applicare, alla discrezionalità del Ministero delle Finanze per la prudente valutazione, tra l'altro, degli interessi sia degli Enti locali che di quelli nazionali, lo scrivente ritiene che, neanche per le subconcessioni delle grandi derivazioni di acqua a scopo idroelettrico, la Regione possa, ai sensi degli articoli 3 e 4 dello Statuto, avere competenza in tale materia.

Per i motivi suddetti, a norma ed agli effetti di cui all'articolo 31 comma 4° dello Statuto speciale regionale, si rinvia il disegno di legge approvato da codesto Consiglio regionale con deliberazione n. 59 del 6.4.1956.