Resoconto integrale del dibattito dell'aula

Oggetto del Consiglio n. 345 del 15 febbraio 1989 - Resoconto

OGGETTO N. 345/IX - INVITO AGLI AMMINISTRATORI COINVOLTI NEL RECENTE PROCESSO SULLA GESTIONE DELLA CASA DA GIOCO A RASSEGNARE LE DIMISSIONI DALLE CARICHE PUBBLICHE RICOPERTE. (Reiezione di mozione).

PRESIDENTE:Do lettura della mozione in oggetto, presentata dal Consigliere Riccarand ed iscritta al punto 22 dell'ordine del giorno della seduta odierna.

MOZIONE

APPRESO che, il 31 gennaio 1989, il Tribunale di Torino ha concluso il lungo processo sulle vicende relative alla gestione della Casa da Gioco di Saint-Vincent;

ESAMINATO il dispositivo della sentenza;

EVIDENZIATA la necessità di chiudere un brutto capitolo della storia politica valdostana;

il Consiglio regionale

PRENDE ATTO

del fatto che il Tribunale di Torino ha confermato il grave coinvolgimento di numerosi componenti della Giunta regionale in carica negli anni 1978-1983 negli illeciti che hanno caratterizzato in quegli anni la conduzione e la gestione della Casa da Gioco di Saint-Vincent;

RITIENE

di dover ricavare dalla lunga e dolorosa vicenda dell'Affaire-Casinò un monito ad una azione amministrativa caratterizzata da una maggiore limpidezza e trasparenza e da un rispetto rigoroso delle norme;

INVITA

l'ex Presidente della Giunta regionale, Mario Andrione, a rassegnare le proprie dimissioni dal Consiglio per non far gravare ulteriormente sul principale organo di autogoverno regionale il condizionamento di una vicenda che avrà ancora lunghi strascichi giudiziari;

INVITA

la Giunta regionale a provvedere alla sostituzione dell'attuale Presidente della FINAOSTA;

INVITA

l'ex Assessore Chabod a rassegnare le proprie dimissioni dalla carica, di designazione consiliare, di consigliere di amministrazione della R.A.V. S.p.A.

PRESIDENTE:Ha chiesto la parola per mozione d'ordine il Consigliere Gremmo; ne ha facoltà.

GREMMO (UAP):Presento una mozione d'ordine in merito all'articolo 22 e, sulla base dell'articolo 61 del Regolamento, sollevo una questione procedurale di irricevibilità. Ritengo infatti che la mozione presentata dal Consigliere Riccarand sia irricevibile, perché lede il secondo comma dell'articolo 109 del Regolamento e lo lede nella prima parte dell' "invita", dove l'invito riguarda materie estranee alla competenza degli organi regionali.

Se non ho capito male, il documento del Consigliere Riccarand invita una persona a fare un qualche cosa che compete e concerne la sua coscienza e non certamente le leggi e le regole di questo Consiglio; quindi è irricevibile il fatto che si vada a chiedere un qualche cosa che è al di fuori delle competenze del Consiglio regionale. Quest'ultimo, infatti, non ha competenza sulla coscienza di un individuo, nel senso che non credo che siamo arrivati fino a questo punto. Così com'è formulata la mozione, quindi, secondo me è irricevibile.

Se fosse passata quella parte che, secondo me, contrasta con i limiti di operatività del Consiglio, allora, sempre secondo me, sarebbe ricevibile. Nei termini in cui essa è scritta, invece, non esiste la possibilità di metterla in discussione.

Per cui , richiamandomi all'art. 60, io chiedo che venga attuata la procedura che attivi la remissione della mozione del Consigliere Riccarand.

PRESIDENTE:Ha chiesto la parola il Consigliere Riccarand; ne ha facoltà.

RICCARAND (NS):Io trovo molto strane ed inopportune queste dichiarazioni del Consigliere Gremmo, perché sarebbe veramente il colmo se il Consiglio regionale della Valle d'Aosta, dopo la conclusione di un processo, che è stato così importante per le sorti politiche della nostra Regione, si sottraesse ad una valutazione di quello che è successo e si esimesse dal fare considerazioni e ad assumere alcune decisioni.

La mia mozione è l'unico atto presentato in questo Consiglio che di fatto permette una discussione sull'argomento. Per questo motivo, quindi, io ritengo che sia del tutto inopportuna la richiesta del Consigliere Gremmo.

Al di là di questo, va detto che la mozione costituisce l'espressione di una volontà politica. Del resto in questo Consiglio regionale non ne abbiamo discussa solo una, ma ne abbiamo discusse a decine di mozioni di questo genere. Io stesso ho presentato una mozione con caratteristiche molto simili nel settembre del 1978. Questo per dire che mozioni di questo genere sono sempre state discusse e votate dal Consiglio con estrema tranquillità.

Mi sembra, perciò, che le argomentazioni sollevate dal Consigliere Gremmo siano totalmente pretestuose. Del resto il Presidente del Consiglio, che ha ricevuto la mozione, l'ha ritenuta ricevibile e l'ha iscritta all'ordine del giorno, per cui non ritengo che ci sia un valido motivo per accettare le considerazioni del Consigliere Gremmo.

PRESIDENTE:Un Consigliere si è espresso contro ed uno a favore della ricevibilità della mozione presentata dal Consigliere Riccarand.

Colgo l'occasione per dare lettura del punto 2 dell'articolo 109 del Regolamento interno, che concerne le condizioni di ammissibilità delle interrogazioni, interpellanze e mozioni. Esso recita testualmente:

"2. Non sono ammesse interrogazioni, interpellanze e mozioni formulate con frasi ingiuriose o sconvenienti. Non sono parimenti ammesse interrogazioni e interpellanze che riguardino materie estranee alla competenza degli organi regionali".

Poiché la mozione non rientra nella fattispecie testé letta, è stata regolarmente iscritta al punto 22 dell'ordine del giorno.

Ha chiesto la parola il Consigliere Gremmo; ne ha facoltà.

GREMMO (UAP):Io credo che i casi di coscienza non siano ancora di competenza del Consiglio regionale della Valle d'Aosta.

Non discuto la questione nei termini posti dal Consigliere Riccarand, nel senso cioè che la questione andava affrontata. Per carità, è giustissimo; ma, così come sono formulate, quelle quattro righe del primo "invita" sono al di fuori delle competenze istituzionali del Consiglio. Non si scappa.

Il fatto di muovere un invito alla coscienza di una persona va al di fuori della competenza del Consiglio. Senza quelle quattro righe, l'argomento va benissimo e può essere trattato. Infatti, io non ho messo in discussione gli altri due "invita", che invece riguardano atti del Consiglio.

Mi sembra strano, pertanto, che la mozione venga presentata in questi termini.

PRESIDENTE:Voglio precisare che il punto 4 dell'articolo 109 non coinvolge la mozione, ma solo l'interrogazione e l'interpellanza rivolte al Consiglio.

GREMMO (UAP):No, anche la mozione.

PRESIDENTE:No, il punto 4. non lo dice ed infatti recita:

"4. Nel caso di materia ritenuta estranea alla competenza degli organi regionali viene data lettura dell'interrogazione o dell'interpellanza...".

Pertanto la mozione, per consuetudine ormai consolidata, viene ammessa sulla base dei criteri del punto 2 del l'articolo 109 del Regolamento interno.

GREMMO (UAP):Ma allora votiamo la mozione d'ordine, perché io ho confermato...

PRESIDENTE:Certo, votiamo la mozione d'ordine riguardante l'ammissibilità della mozione.

Ha chiesto la parola il Consigliere Mafrica; ne ha facoltà.

MAFRICA (PCI):Io non credo che il Regolamento interno possa essere interpretato ad uso e consumo dei Consiglieri. In questo caso il Regolamento è preciso e dice: "2. Non sono ammesse interrogazioni, interpellanze e mozioni formulate con frasi ingiuriose o sconvenienti. Non sono parimenti ammesse interrogazioni e interpellanze..." e non fa più cenno alle mozioni. Evidentemente chi ha steso il Regolamento ha inteso distinguere le interpellanze e le interrogazioni, che hanno un certo significato, dalle mozioni, che sono uno strumento del tutto differente.

Credo pertanto che non sia opportuno votare, perché si introdurrebbe una prassi che potrebbe portarci a discutere sulla mozione, che è uno strumento importante del Consiglio regionale e che serve proprio per denotare la volontà politica del Consiglio regionale.

PRESIDENTE:Benissimo, allora passiamo alla discussione della mozione in oggetto.

Ha chiesto la parola il Consigliere Riccarand; ne ha facoltà.

RICCARAND (NS):Io pensavo che dopo la sentenza del Tribunale di Torino dello scorso 31 gennaio, che ha posto finalmente un punto fermo anche sul piano giudiziario all' affaire Casinò, da parte di tutti i gruppi consiliari ci sarebbe stata la preoccupazione di esprimere le valutazioni su quello che era successo, cioè sulla conclusione giudiziaria della vicenda, proponendo un documento all'esame ed al voto del Consiglio.

Rimango sorpreso, anzi quasi stupefatto, nel notare non solo che Nuova Sinistra è stato l'unico gruppo a presentare un oggetto in materia, ma che addirittura un Consigliere proporrebbe di abrogare la discussione con delle argomentazioni molto bizantine. Sta di fatto che deve essere fatta una valutazione su quello che è successo, perché bisogna esaminare, valutare e trarre insegnamento da una vicenda che è stata lunga, tormentata e che ora è finalmente approdata ad una sentenza da parte di un tribunale.

Io credo che sia molto preoccupante questo silenzio, questa volontà di non fare i conti con quanto è successo e con quanto è stato accertato dal Tribunale; così come è preoccupante, a mio avviso, che la forza politica di maggioranza relativa, cioè l'Union Valdôtaine, non abbia mai avuto il coraggio, in questi cinque anni, quanto è durata la vicenda dell' affaire Casinò, di ammettere esplicitamente i gravi errori compiuti dal suo ex Presidente della Giunta e che anzi, di fronte a fatti che sono inequivocabili, si sia stretta attorno al suo ex capo in una ormai lunga serie di dichiarazioni di solidarietà.

Non riconoscere e non ammettere i propri errori significa porsi nella condizione migliore per ripeterli. In effetti, non solo qui dentro, ma soprattutto all'esterno, si ha l'impressione che gli uomini dell'Union Valdôtaine cambino, ma che i metodi tendano a rimanere sempre gli stessi. Permane soprattutto una sorta di culto e di abuso del potere, permane il rifiuto della chiarezza e della trasparenza, il disprezzo nei confronti delle norme e delle leggi e permane una volontà di ridurre il Consiglio regionale ad un'assemblea silenziosa, che ratifica volontà provenienti dall'alto.

A mio avviso, dietro questi metodi ci sono certamente delle propensioni personali, però bisogna anche chiedersi come mai questi atteggiamenti vengano avallati e difesi ufficialmente da un intero movimento e per giunta dal movimento di maggioranza relativa in Valle d'Aosta. Credo che in questo ci sia un segno di debolezza e di paura, una visione sbagliata di una Valle d'Aosta che sarebbe accerchiata ed aggredita da malvagi spiriti antiautonomistici, che l'Union Valdôtaine - non si sa bene in base a quale investitura - ed il suo Presidente della Giunta pro tempore devono combattere con tutti i mezzi, siano essi leciti o meno. E' stato stupefacente, a mio avviso, constatare come subito dopo la sentenza - ma c'erano delle avvisaglie anche prima - molti si siano affannati a parlare di sentenza politica oppure di attacco all'autonomia valdostana.

Naturalmente è stato ed è impossibile spiegare per quale motivo i giudici istruttori di Torino, il pubblico ministero ed i giudici del Tribunale avrebbero dovuto essere animati da un livore antivaldostano o antiautonomistico o da una volontà punitiva nei confronti della ex nostra Giunta regionale e del suo Presidente. Questa cosa non esiste e quindi non è dimostrabile.

In realtà io credo che ai giudici di Torino non importi assolutamente nulla dei nostri equilibri politici e dei nostri problemi istituzionali, e credo che abbiano giudicato in base alle norme del codice penale e non in base alle lotte intestine dell'Union Valdôtaine o fra l'Union Valdôtaine e gli altri partiti che si muovono in Valle d'Aosta.

Eppure, le affermazioni che ho detto prima (sentenza politica, attacco all'autonomia valdostana...) sono state fatte e, con l'insistenza con cui sono venute fuori, non esprimevano soltanto dei punti di vista di persone prezzolate. Effettivamente c'è un tipo di cultura di questo genere in Valle d'Aosta. C'è chi, per principio, chiude gli occhi di fronte alla realtà e preferisce affidarsi a slogan rassicuranti; così per l'Union Valdôtaine , che ha detto all'inizio ed ha continuato a ripetere per tutti questi cinque anni: "A Saint-Vincent non è mai successo niente. Il Movimento ed i suoi uomini non hanno nessuna responsabilità. La sentenza è una forzatura...". Anche in questi giorni, così si è espresso in merito il Comité Exécutif dell'Union Valdôtaine: "... il frutto di un clima torbido, il frutto di pesanti pregiudizi e di una volontà di condanna di un imputato, di un'assenza di serenità di giudizio".

Poi si è detto, naturalmente, che tutto questo verrà spazzato via da una sentenza di secondo grado, che ribalterà tutto quanto, eccetera.

Per qualcuno, e mi riferisco in modo particolare all'Union Valdôtaine, a Saint-Vincent non è mai successo niente di illecito e di grave. Ora, poiché questo è esattamente il contrario di quello che è successo, io vorrei fare un passo indietro e vorrei che tutti quanti cercassimo di tornare indietro, all'autunno del 1983, cioè al Casinò visto da prima del blitz della Guardia di Finanza, al Casinò come era dipinto in questo Consiglio regionale dal Presidente Mario Andrione e dalla sua Giunta, subito dopo le elezioni del 1983 e prima del blitz della Guardia di Finanza.

Com'era descritto questo Casinò? Lo ricordo per sommi capi; molti qui ce l'hanno presente, altri forse un po' meno perché sono arrivati dopo, però è bene comunque rimettere a fuoco come allora era visto qui dentro il Casinò.

Il Casinò era una macchina che funzionava non diciamo alla perfezione, ma quasi alla perfezione, perché qualche intoppo c'è sempre. I rapporti tra la Regione e la SITAV erano buoni e la SITAV rispettava scrupolosamente la convenzione che la legava con la Regione e versava una barca di quattrini alla Regione. Erano stati fatti, ed erano appena terminati, i colossali lavori di ampliamento, eseguiti perfettamente e con grande celerità. I controllori regionali controllavano con il massimo scrupolo. l'ispettore alle manifestazioni vigilava con pignoleria su tutto quello che succedeva.

Accanto ed in concorrenza con la SITAV era stata introdotta un'altra società, che si chiamava SAISET, che aveva lo scopo di spezzare il monopolio della SITAV, che rischiava di diventare asfissiante. Molti ricordano le liti furibonde, ancora nel 1983, tra il rappresentante della SITAV, Masi, ed il rappresentante della SAISET, Vegezzi, in sede di Commissione. Infine, per attirare nuovi clienti si erano scoperte anche nuove manifestazioni: pugilato, tiro al piccione, eccetera.

Tutto a posto, tutto perfetto, tutto limpido e chiaro, tanto che il 7 novembre del 1983, tre giorni prima dell'intervento della Guardia di Finanza, quando c'era già a livello nazionale un subbuglio totale, di fronte ad una mozione presentata dal Partito comunista italiano, che aveva sentito dichiarazioni fatte nientepopodimeno che dal Ministro dell'Interno Scalfaro, che diceva: "I Casinò sono usati per il riciclaggio del denaro dei sequestri", ebbene, di fronte ad una mozione che chiedeva di affidare alla Commissione affari generali un'indagine conoscitiva sulla gestione del Casinò, tanto per vedere che cosa succedeva e se c'era qualcosa che non funzionava, visto che se ne sentivano di tutti i colori, io ricordo come fosse adesso che il Presidente della Giunta disse: "No, non c'è nessuna verifica da fare, nessuna indagine da fare, non c'è niente da approfondire, perché c'è già la Giunta che sta controllando, che sta verificando e che sta tenendo tutto sotto controllo. Non sta succedendo assolutamente niente". Tutto era a posto.

Fatto il quadro di com'era fino al 7 novembre del 1983, vediamo che cosa abbiamo scoperto pochi mesi dopo, nel 1984 e nel 1985, per renderci conto di qual era la falsità delle cose che venivano dette in Consiglio regionale.

Non dico cose che sono frutto della nostra analisi, ma riferisco le cose che emergono dalla relazione fatta dalla Commissione consiliare di indagine, presieduta dal Consigliere Beneforti, poi approvata praticamente da tutto il Consiglio.

Per quanto riguarda le convenzioni SITAV-Regione e le opere, è venuto fuori semplicemente questo: che la SITAV non versava regolarmente le decadi, ma le versava in ritardo, guadagnandoci sugli interessi; che la SITAV non versava il 25% delle decadi; che la SITAV gestiva un tavolo, il più redditizio della Casa da Gioco, il punto e banco, senza convenzione, senza nessuna forma di autorizzazione, né del Consiglio, né della Giunta; che la metà del prezzo dei biglietti d'ingresso veniva sottratta, com'era doveroso, alla ripartizione fra SITAV e Regione Valle d'Aosta e si trattava di miliardi; che una parte consistente delle opere di ampliamento era stata realizzata in modo difforme da quello che era stato deciso dal Consiglio regionale, per ben tre miliardi; che opere realizzate al Casinò, a spese della Regione, erano state poi trasformate dalla SITAV con funzioni completamente diverse (pensiamo al salone delle feste poi trasformato in sala per i giochi americani), con la richiesta alla Regione di pagare di nuovo la trasformazione; miliardi per impianti (come quello per il tiro al piccione) mai autorizzati dalla Regione... Questo per quanto riguarda la convenzione.

Per quanto riguarda i controlli della Regione, si è scoperto: che c'era una totale inadeguatezza ed un totale stravolgimento del sistema dei controlli regionali ed in più che i controllori erano rimasti invischiati in erogazioni fuori busta; che dei tavoli, come il punto e banco di cui dicevo prima, erano sottratti a priori al controllo dei dipendenti della Regione; che i conteggi sugli incassi e sui soldi venivano fatti il giorno successivo e non alla sera, come sempre era stato fatto; che non c'era alcun controllo sull'ufficio fidi; che c'era un libero scorrazzare di prestasoldi all'interno del Casinò; che c'era un ispettore alle manifestazioni, che, invece di controllare, si è scoperto essere poi azionista della società che doveva controllare, cioè della SAISET.

E per quanto riguarda l'assetto societario, che cosa si è scoperto? Si è scoperto che la SAISET non proveniva affatto dalle Antille, da Roma o da Milano, come avevano detto in Consiglio il Presidente Andrione e gli Assessori Ramera e Pollicini, ma che era una "roba" tutta nostra, una società messa su tra Aosta, Saint-Vincent, Verrès e forse Chamonix, e che era al 78% di Masi, Chamonal e Giovannini, cioè degli stessi che erano all'interno della SITAV, contro la quale la SAISET era stata concepita in funzione alternativa.

Si è ancora scoperto che in vari settori dei giochi americani, gestiti dalla SAISET, i signori del Casinò rubavano a man bassa, rubavano quanto e come volevano, sottraendo miliardi alla ripartizione della Regione. I giudici hanno accertato sottrazioni di 20 miliardi in tre anni.

Questo è il quadro! Tant'è vero che tutto il Consiglio, compresi gli stessi Consiglieri dell'Union Valdôtaine, il 15 maggio 1984, alla conclusione dei lavori della Commissione di indagine, votò un ordine del giorno in cui si diceva: "Considerato che sono state riscontrate numerose irregolarità nell'applicazione delle convenzioni in atto...". Tutto il Consiglio votò quell'ordine del giorno in cui si diceva espressamente "sono state riscontrate numerose irregolarità"; si astennero solo i Consiglieri Aloisi e Baldassarre, ma per altre questioni. Tutto il Consiglio quindi, a parte queste due astensioni, concordò su questa constatazione.

Del resto, nel corso del 1984 e del 1985, mentre l'ex Presidente della Giunta era a Nizza e gli Assessori della sua Giunta si dimettevano alla spicciolata, il Consiglio regionale ha dovuto cambiare quasi tutto quello che era stato deciso prima, all'interno della gestione del Casinò. Anche qui io voglio ricordare puntualmente una serie di cose che sono state fatte tra il 1984 ed il 1985 per capovolgere la situazione che si era determinata.

E' stata messa in mora la SITAV, perché questo ha deciso il Consiglio dopo un lungo braccio di ferro. Abbiamo messo in mora la SITAV e l'abbiamo minacciata di rescissione del contratto se non versava i debiti che aveva accumulato (e si trattava di miliardi!) nei confronti della Regione nel 1982 e nel 1983. E' stato imposto il conteggio totale dei biglietti d'ingresso, e non solo del 50%. E' stata realizzata la chiusura dei tavoli del punto e banco; sono stati definiti dei tempi precisi e raccorciati per i versamenti decadali della SITAV.

Per quanto riguarda i controllori, è stato eliminato il "fuori busta", è stato ripristinato il conteggio immediato dei biglietti ed è stato sostituito l'ispettore alle manifestazioni. E, per quanto riguarda le società di gestione, sono state sensibilmente modificate le percentuali della ripartizione Regione-SAISET sui giochi americani e la convenzione con la SAISET è stata revocata. Credo che questo sia un fatto che possa indicare la dimensione della gravità di quanto è successo: siamo arrivati ad una revoca della convenzione ed all'affidamento dei giochi, attraverso una nuova quota spettante alla Regione, ad una società controllata direttamente dalla SITAV.

Ora, io credo che da un punto di vista politico ed amministrativo, nella primavera del 1985, con la revoca della convenzione SAISET-Regione Valle d'Aosta, tutto era già stato detto. Chi aveva gestito e difeso fino all'ultimo una situazione completamente fuori legge non aveva più, a livello politico ed amministrativo, nessun titolo per fare il pubblico amministratore. Chi aveva sostenuto coscientemente, in questo Consiglio, l'operazione SAISET, non aveva più nessun titolo per fare l'amministratore della Regione Valle d'Aosta.

L'unico dubbio che rimaneva era quello di dare una spiegazione al comportamento del Presidente Andrione e della sua Giunta. Si potevano fare sostanzialmente tre ipotesi. Prima ipotesi: o non si erano accorti di niente, o non potevano sapere, o non potevano immaginare. Può essere una tesi, poteva essere allora una tesi.

Seconda ipotesi: si erano accorti che qualcosa non andava bene, ma non erano intervenuti perché non avevano avuto la capacità di intervenire

Terza ipotesi: non solo si erano accorti di quello che era successo e che stava succedendo, ma avevano partecipato attivamente all'operazione di Masi e della sua compagnia.

Io credo che la prima ipotesi, quella cioè di dire: "Ma, il nostro Presidente ed i suoi Assessori non si erano accorti di niente, non potevano sapere e non potevano immaginare...", sia subito da scartare, non solo perché in sede istruttoria è emerso che i nostri Assessori ed il Presidente della Giunta ben sapevano chi c'era dietro la SAISET, perché sono emersi gli accordi fra il Presidente Andrione e Masi per le trattenute decadali, per i fuori busta, ma perché, ancora prima dell'indagine dei giudici, c'erano stati dei segnali chiari e precisi.

Io ricordo che nel dicembre del 1982 c'era stato l'attentato al pretore Selis e, dopo alcuni mesi, la Procura di Milano aveva mandato le comunicazioni giudiziarie a due uomini del Casinò. Ricordo alcuni fatti ben precisi: nel gennaio del 1983, a due gruppi consiliari, al gruppo di Nuova Sinistra ed al gruppo del Partito Comunista Italiano, era arrivata una lettera anonima che, a rileggerla adesso, diceva delle cose di estrema importanza. Ne rileggo i passi più significativi.

"Fine gennaio 1983. Sono un controllore regionale presso la Casa da Gioco di Saint-Vincent. Il mio compito è quello di tutelare gli interessi della Regione nella Casa da Gioco. Attualmente si è venuta a creare una situazione tale per cui questi interessi non sono più tutelabili. La mia funzione è quella di non vedere, tacere e così via. Questo mi obbliga, per il momento, a conservare l'anonimato. I fatti sono i seguenti:

a) la Giunta regionale ha permesso la creazione di una nuova società per gestire i nuovi giochi. La percentuale spettante alla Regione per questi giochi è del 43%, contro il 75% usuale;

b) uno di questi giochi, il punto e banco, è stato appaltato dalla Giunta, per la modica somma di lire 500.000 al giorno. Questo gioco rende alla SAISET circa 50.000.000 di lire al giorno. E' un vero e proprio furto ai danni della Regione;

c) i due nuovi direttori si sono inoltre industriati di elaborare una serie di riforme atte a rendere più difficile il controllo sul movimento del denaro e quindi un minore controllo da parte nostra. In passato, ad esempio, i biglietti cambiati al tavolo venivano contati dagli impiegati tecnici, controllati da noi e da un membro della direzione. L'utile della Regione era conosciuto subito da tutti i presenti (6 o 7 persone), firmato, datato ed imbucato ai destinatari.

Ora, approfittando di una rivendicazione da parte dei tecnici, i due direttori, col consenso del Commissario regionale, hanno stabilito che i biglietti vengano contati non più alla sera, ma al mattino, da estranei. All'interno della Casa da Gioco, fra gli impiegati circola una frase molto colorita sul nuovo metodo, dicono che si presta alla serenata col palanchino.

Che dire poi dei prestasoldi, noti a noi tutti...?".

Salto e vengo alla conclusione:

"Questa grave situazione dovrebbe essere denunciata dal Commissario regionale, mio superiore, il quale non è per nulla preoccupato, mentre lo sono i miei colleghi e gli impiegati di gioco. Infatti la nostra unica preoccupazione è la tutela del posto di lavoro: non vogliamo che in futuro ci vengano addebitate responsabilità o complicità che non abbiamo e non vogliamo avere. Noi affermiamo che gli autori di tali concessioni (la Giunta) sono degli incompetenti o dei disonesti. In tutti e due i casi non tutelano di certo gli interessi della Regione".

Perché ho letto tutta o quasi tutta questa lettera? Perché questa lettera è arrivata nel gennaio del 1983. Non era poi di un controllore regionale; ma ciò non va a merito dei controllori regionali, che si preoccupavano quasi tutti di firmare una dichiarazione per smentire di aver scritto questa lettera. In effetti non era stata fatta da un controllore regionale, ma da un'altra persona del Casinò. Questa lettera, però, che venne poi discussa anche in Consiglio, diceva già gran parte delle cose che poi si è scoperto essere vere.

Ma questo non è stato l'unico segnale preciso di quello che stava succedendo. Io ricordo che, nel febbraio del 1983, alcuni Consiglieri della maggioranza, che in parte adesso siedono nei banchi della Giunta, ed esattamente i Consiglieri Fosson, Lanivi, Martin e Maquignaz, presentarono una mozione per chiedere di rivedere le quote della SAISET, perché essi stessi ritenevano scandalosa la quota assegnata alla Regione.

Anche in quell'occasione l'operazione non andò in porto, pur essendo partita dall'interno della stessa maggioranza, perché ancora una volta il Presidente della Giunta disse: "No, rinviamo tutto; andiamo in Commissione; vediamo...". Siamo arrivati al blitz, ma le quote erano ancora le stesse ed abbiamo dovuto aspettare il dopo Andrione per cambiare le quote della SAISET.

Infine, come ricordavo prima, abbiamo l'ultimo atto, il 7 novembre 1983, con la mozione del Partito Comunista Italiano in cui si diceva: "Andiamo a vedere chi c'è dietro la SAISET...". Mi ricordo come fosse adesso che, quando si diceva: "Chi c'è dietro la SAISET?", il Presidente Andrione ci diceva: "Andate a vedere al Tribunale". Ricordo anche -la battuta del Consigliere Baldassarre, che chiedeva: "Signor Presidente, ci dica che cosa c'è dietro l'angolo"; così come ricordo tutta una serie di amenità di questo genere.

Allora, io credo che ci siano tutti gli elementi per affermare che il Presidente della Giunta regionale di allora ed una gran parte degli Assessori sapevano esattamente che cosa stava succedendo; eppure non sono intervenuti. Quindi le ipotesi o le alternative che dicevo prima si riducono sostanzialmente a due: o non sono intervenuti, come diceva giustamente la persona che ha scritto quella lettera, perché erano degli incapaci, oppure non sono intervenuti perché erano dei disonesti. Le alternative, infatti, non sono altre.

Però, di fronte a questa alternativa, o incapacità o disonestà, io credo che noi siamo già completamente al di fuori da un terreno di riflessione politica. Non è consentito, e credo che non dovrebbe essere consentito, né ad un incapace, né ad un disonesto, di rivendicare il posto in un Consiglio regionale, in un organo di autogoverno importante come quello della Valle d'Aosta; tanto meno poi se queste persone erano contemporaneamente un po' incapaci ed un po' disoneste.

Di fatto, al di là delle votazioni in Consiglio, nel 1984-1985 inevitabilmente si impose il ricambio politico: fuori Andrione, fuori Chabod, fuori Pollicini, fuori più tardi Borbey, e quindi avemmo un'altra Giunta, in gran parte nuova.

E' vero quindi che quasi tutti gli effetti politici prodotti dall' affaire Casinò in un certo senso si erano prodotti ed anche consumati ben prima della sentenza del Tribunale di Torino, però il dato è che neppure se da Torino fosse venuta fuori una sentenza di piena assoluzione in sede penale, ciò avrebbe potuto cancellare le irregolarità, gli abusi, le omissioni, ma anche le menzogne che ormai noi, in sede politica ed amministrativa, avevamo ampia mente accertato.

Come ci si può fidare (io parlo politicamente ed amministrativamente) di una persona che ha difeso fino in fondo la messinscena della SAISET, mentendo spudoratamente al Consiglio e facendo credere al Consiglio quello che non era?

Io ho sottomano l'interrogatorio del Consigliere Mario Andrione al Tribunale di Torino del 7 giugno del 1988, tratto da "La Stampa", che credo sia una fonte non sospetta.

"Il presidente del tribunale chiede ad Andrione: 'quando sentì parlare della SAISET e dei giochi Americani?'

Andrione. 'Masi me ne ha parlato subito'.

Presidente: 'Le aveva detto di essere socio e che lo erano anche Giovannini e Chamonal?'

Andrione: 'Sì'.

Presidente: 'E perché lo negò sempre?'

Andrione: 'Il Consiglio non è il tribunale, non si dice sempre la verità "'.

Ma come, noi abbiamo una persona, che è stata Presidente della Giunta e che continua ad essere Consigliere, che va ad asserire in un tribunale che in Consiglio non si dice la verità? Io rimango esterrefatto di fronte a questa affermazione! Come ci si può fidare di chi decideva sulle opere, sui soldi e sugli stipendi dei controllori, all'oscuro di tutto il Consiglio e forse persino all'oscuro di una parte della sua Giunta? Come si può affidare, come abbiamo fatto recentemente, il compito di lavorare alla revisione dello Statuto speciale della Valle d'Aosta ad una persona che ha dimostrato così assoluto disprezzo per le norme, le leggi, le regole ed i doveri istituzionali?

Ripeto che tutto questo non c'entra niente con la sentenza del 31 gennaio 1989. Questi sono fatti accertati e verificati precedentemente. Il giudizio politico era già stato espresso prima, da tutto il Consiglio. La sentenza penale, cioè la sentenza del Tribunale, completa e colloca nella sua giusta cornice quella che era una valutazione politica ormai acquisita, che diventa persino noioso ripetere.

L'ordinanza di rinvio a giudizio e poi la sentenza del Tribunale hanno individuato il dolo, hanno individuato cioè la piena responsabilità dei pubblici amministratori nel commettere i reati; in particolare hanno individuato e punito la partecipazione attiva dell'ex Presidente della Giunta a tutto 1' affaire Casinò.

Ripeto che, a nostro avviso, come abbiamo detto in diversi atti discussi anche in Consiglio, già prima della sentenza l'ex Presidente della Giunta si sarebbe dovuto mettere politicamente da parte.

Noi riteniamo che sia stata grave la decisione dell'Union Valdôtaine di ripresentarlo in lista per un posto in Consiglio regionale; però a maggior ragione noi riteniamo che queste dimissioni da un organismo come il Consiglio regionale diventino necessarie e doverose dopo una sentenza che condanna l'ex Presidente della Giunta a 6 anni e 8 mesi, al risarcimento dei danni alla Regione ed all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, riconoscendolo responsabile di truffa, peculato, corruzione e falso in atto pubblico.

Non c'è affatto bisogno di attendere, come qualcuno va dicendo, il deposito della sentenza, le argomentazioni, eccetera, perché ci si rende subito conto della gravità delle responsabilità accertate dal Tribunale: basta esaminare il dispositivo della sentenza, basta vedere per quali reati è stato condannato. Si tratta di reati gravi, di reati che confermano le conclusioni preoccupanti per la Valle d'Aosta e per noi tutti, alle quali erano arrivati i giudici istruttori.

Tornerò fra poco, nella conclusione dell'intervento, sulla gravità di quello che si è verificato al Casinò di Saint-Vincent e che ancora adesso alcuni vogliono pervicacemente sottovalutare. Prima di fare quest'ultima considerazione, vorrei però anche accennare ad alcuni aspetti giuridici che, al di là delle valutazioni politiche, noi dobbiamo tener presenti, anche se sono secondari rispetto alle valutazioni politiche.

Già nella precedente legislatura era stata sollevata la questione dell'ineleggibilità del Consigliere Andrione. In effetti, l'articolo 7 della legge 1257 del 1962, che disciplina le norme per le elezioni del Consiglio regionale della Valle d'Aosta, quindi la legge che sta alla base dell'esistenza di questo Consiglio, è chiaro e dice in modo inequivocabile: "Sono ineleggibili coloro che hanno lite pendente con la Regione".

Sono stati richiesti dei pareri ad alcuni avvocati, al momento della convalida e prima della convalida, dopo queste elezioni. Due avvocati consultati dalla Presidenza del Consiglio, Claudio Dal Piaz e Giuseppe Pericu, hanno spiegato entrambi che la posizione del Consigliere Mario Andrione, nei cui confronti allora pendeva un procedimento penale, con costituzione della Regione come parte civile, era di chiara e lampante ineleggibilità.

Ora, questa condizione di ineleggibilità viene oggi ulteriormente aggravata dalla sentenza che condanna l'ex Presidente della Giunta a risarcire i danni della Regione, in separato giudizio, secondo un ammontare che sarà appunto stabilito in quella sede.

Se non ci saranno le dimissioni del Consigliere Mario Andrione dal Consiglio, noi ci troveremo in questa situazione: ci sarà un ulteriore processo, in cui il Consigliere Mario Andrione sarà chiamato a risarcire i danni ad un'amministrazione, della quale però egli continuerebbe ad essere amministratore. E' una situazione assurda, in totale ed aperto contrasto con la legge, con il buonsenso ed io direi anche con la decenza, e poi rientra proprio in quei casi di ineleggibilità previsti dalla legge.

Vorrei anche far notare che la sentenza di primo grado non deve affatto essere interpretata come una fase del tutto interlocutoria. Si dice: "Ma bisogna aspettare la sentenza definitiva...". In numerosi casi, la sentenza di primo grado produce degli effetti immediati per chi ricopre delle cariche amministrative.

Io ho qui sottomano due leggi, la legge n. 286 del 1° giugno 1977, "Norme sulla sospensione, sulla decadenza degli amministratori degli enti locali, in dipendenza di procedimenti penali", che dice:

"I sindaci, i presidenti delle giunte provinciali, gli assessori comunali e provinciali ed i componenti degli organi esecutivi dei consorzi fra enti locali, sono sospesi dalle funzioni quando siano condannati con sentenza di primo grado ed una pena restrittiva superiore a mesi 6, per delitto commesso nella qualità di pubblico ufficiale." Qui non abbiamo 6 mesi, ma abbiamo 8 anni e 6 mesi.

La legge n. 765 dell'11 novembre 1986 ha esteso le norme della legge precedentemente citata ad ulteriori soggetti:

"Le disposizioni contenute nella legge 1° giugno 1977, n. 286, sulla sospensione e decadenza degli amministratori degli enti locali in pendenza di procedimenti penali (quindi non in presenza di giudizio definitivo) si applicano anche ai presidenti ed ai componenti del comitato di gestione delle UU.SS.LL., ai presidenti ed ai componenti dell'organo esecutivo della comunità montana, ai presidenti dei consigli circoscrizionali, ai presidenti ed ai componenti degli organi esecutivi delle associazioni fra enti locali ed ai presidenti ed ai componenti degli organi esecutivi di aziende municipalizzate comunali e provinciali".

In queste norme non esistono le parole "consigliere regionale", perché se no non saremmo neanche qui a discutere: sarebbe decaduto automaticamente. Però, se le leggi hanno un senso ed una razionalità - ed io credo che in questa sede noi facciamo dell'attività legislativa, per cui dovremmo concepire le leggi in questo modo e non capziosamente, nel senso che dovremmo concepire la razionalità e la volontà politica che esse vogliono esprimere -, io credo che sia evidente a tutti che, se al presidente di un consiglio di circoscrizione non è consentito di ricoprire la sua funzione se viene condannato a 6 mesi per un reato commesso nella sua qualità di pubblico ufficiale, a maggior ragione un consigliere regionale, che ha ricevuto una sentenza o una condanna del tipo che dicevo prima, dovrebbe lasciare il suo posto e non dovrebbe più ricoprire quella carica.

Non ci interessa molto questo discorso sotto l'aspetto giuridico e, detto questo, voglio subito precisare che noi non intendiamo presentare ricorsi in sede di Corti d'Appello o di tribunali vari per allontanare dal Consiglio regionale il Consigliere Andrione o altre persone. Noi ci aspettiamo però - avremmo voluto che ci fossero e ci auguriamo che ci siano - delle dimissioni come scelta politica, come espressione di una volontà politica e come atto necessario e doveroso.

La mozione che abbiamo presentato, infatti, non è una dimissione decretata da parte del Consiglio, che fra l'altro non ne avrebbe neanche il potere, ma è un invito che questa assemblea in coscienza politicamente deve o dovrebbe fare. Evidentemente poi, in coscienza, starà all'individuo o al suo movimento trarre le opportune valutazioni.

Allo stesso modo noi invitiamo l'ex Consigliere regionale Guido Chabod a dimettersi dal Consiglio di amministrazione della società per azioni R.A.V., carica cui è stato nominato dal Consiglio regionale. Noi ci chiediamo che senso abbia mantenere nel Consiglio di amministrazione della R.A.V., che gestisce centinaia di miliardi, come rappresentante della Regione, una persona che ha dichiarato pubblicamente davanti ai giudici che lui di bilanci non capisce nulla, che non li guarda neppure. Proprio questo ha dichiarato l'ex Consigliere Chabod e credo che tutti siamo convinti che diceva assolutamente il vero. Allora credo proprio che dobbiamo chiederci che senso ha che continui a rappresentare la Regione all'interno della R.A.V. S.p.A.

Ugualmente noi invitiamo la Giunta regionale a sostituire, o comunque a valutare i modi per prevedere una sostituzione del Presidente della Finaosta, cioè dell'ex Assessore Borbey. Anche in questo caso è veramente singolare che una persona, che non si è ripresentata alle elezioni perché aveva la pendenza dell'ordinanza di rinvio a giudizio ed aveva il processo, sia stata nominata di corsa, anzi di gran corsa, dalla Giunta alla presidenza di un organismo importante come la Finaosta, che sostanzialmente ha un valore pari a quello di un Assessorato regionale. Gli è stato cambiato il posto, ma la funzione è rimasta sostanzialmente la stessa.

Per concludere io vorrei tornare un momento sulla gravità di quello che è successo al Casinò di Saint-Vincent e questo perché si afferma frequentemente che, tutto sommato, non è vero quello che si diceva all'inizio e che quindi tutta questa inchiesta si è venuta un pochino sgonfiando.

All'inizio si parlava di associazione a delinquere di stampo mafioso e di riciclaggio di denaro proveniente dai sequestri, mentre poi tutto si è ridotto e si è ridimensionato a qualche illecito amministrativo. Queste sono voci che circolano. Poi si aggiunge ancora: "Ma se è solo una questione di vizio amministrativo, quale amministratore non commette questi illeciti? Chi non li ha commessi scagli la prima pietra!".

Chi afferma queste cose o non conosce e non ha seguito la vicenda oppure mente spudoratamente. Il Tribunale di Torino ha condannato Franco Chamonal per associazione a delinquere, cioè lo ha ritenuto responsabile di aver costituito con Masi, Giovannini ed altre persone, un'associazione finalizzata ad operare contro la legge. E' vero che Chamonal è stato l'unico ad essere condannato per questo reato, ma perché? Perché Giovannini non ha ricevuto l'estradizione dalla Svizzera per questo tipo di reato e quindi non ha potuto neppure essere processato per questo reato. Sappiamo poi che Masi, che era il principale imputato di tutto l'affaire, non è stato sottoposto al processo per le sue condizioni di salute; eppure, Franco Chamonal, che era rimasto l'unico ad essere imputato per questo tipo di reato, si è visto condannare per associazione a delinquere. Non solo, ma è rimasta una imputazione estremamente grave: i furti e le appropriazioni indebite alle slot-machines, al black-jack ed al punto e banco.

Io credo che se è roba da poco avere lasciato il Casinò più grande d'Europa, il Casinò più redditizio, la più grande macchina per far soldi che c'è attualmente in Europa, nelle mani di un'associazione a delinquere, che rubava a man bassa, io mi chiedo allora che cosa sia un reato grave. A noi questa sembra essere una cosa di enorme gravità e diciamo che per fortuna c'è stato l'intervento della Magistratura e che per fortuna c'è stata una lunga ed accurata indagine.

Teniamo presente che Masi, Chamonal e Giovannini e chi c'era con, dietro, sotto, sopra ed intorno a loro (perché evidentemente la questione è molto complessa), erano appena agli inizi della loro impresa al Casinò di Saint-Vincent, che era appena stato ristrutturato, ampliato e dotato di nuove macchine, che soltanto dal 1982 ha cominciato a funzionare a pieno regime e che soltanto allora cominciava realmente a rendere. Proviamo ad immaginare che cosa avrebbe significato per la Valle d'Aosta mantenere quell'associazione a delinquere come padrona del Casinò per 5, 6 o per 10 anni: padrona di rubare come e quanto voleva e capace di inserirsi, come già aveva cominciato a fare, nelle varie pieghe dell'economia valdostana. Qualcuno ricorderà sicuramente: Alluver, Trinver, Incoval, società varie, punti franchi, progetti... Del resto, noi non sappiamo ancora tutto dei traffici di Masi, Chamonal e Giovannini e di quello che c'era dietro.

E' di queste ultime settimane una notizia che conferma ulteriormente la gravità di quanto è successo ed è stato accertato dai giudici al Casinò di Saint-Vincent. Tutti noi sappiamo che l'inchiesta di Torino sul Casinò di Saint-Vincent era solo una parte di un'inchiesta più grande che era stata divisa: della parte su Saint-Vincent si occupavano i giudici istruttori di Torino e della parte che riguardava in particolare Campione e Sanremo si occupavano i giudici istruttori di Milano. Questa inchiesta più grande è stata divisa per economia di lavoro, altrimenti, invece che 5 anni, ne sarebbero occorsi molti di più per fare un unico processo. Ebbene, dall'inchiesta di Milano, che ci riguarda direttamente, che cosa è venuto fuori? Leggo due brani di giornale.

Nell'articolo di Paola Boccardo, su "L'Unità" del 2 febbraio 1989, giovedì, si legge:

"Proprio mentre i giornali riportavano notizia delle condanne inflitte a Torino per la corruzione del Casinò di Saint-Vincent, gli inquirenti milanesi, con uno scarno comunicato stampa, informavano di aver rinviato a giudizio 52 persone per altre storie del Casinò, quelle relative a Campione ed a Sanremo. Questa volta, secondo le conclusioni dei giudici Arbasino e Riva Crignola, sono storie di mafia. Per mafia si intendono proprio i massimi livelli: Nitto Santapaola, boss dei catanesi, Salvatore Enea e Giuseppe Bono, padrini di "Cosa Nostra" palermitana, impegnati nella corsa per assicurarsi il controllo del Casinò di Sanremo, nel momento in cui la Giunta della città dei fiori ne decretava il passaggio alla gestione privata.

I catanesi, che nella persona di Bruno Masi già controllavano il Casino de la Vallée, danno la scalata al Casinò di Campione, affidandolo alle cure di Lucio Traversa, appoggiato dalla banda Corallo-Legnaro, e poi, quando l'appalto sta per scadere ed ha fruttato quello che poteva fruttare, puntano su Sanremo. Il loro uomo sarà Michele Merlo, che fonda per l'occasione la SIT".

"La Repubblica" dello stesso giorno, in un articolo di Fabrizio Revelli, dice:

"L'inchiesta sulla mafia dei Casinò si può dividere in due filoni, ma l'organizzazione a livello affaristico-mafioso è la stessa. I nomi di Gaetano Corallo, di Ilario Legnaro, di Giorgio Sacco e di Bruno Masi compaiono su entrambe le scene. La ricostruzione dei giudici è questa. In quegli anni '70, un gruppo di esperti del ramo gioco d'azzardo, con solidissimi legami mafiosi, si impadronì del Casinò di Campione e tentò poi di prendere anche quello di Sanremo. Quando si dice mafia, in questo caso si dice Benedetto Santapaola, detto Nitto, il boss dei catanesi, che è ritenuto il principale mandante dell'omicidio del generale Dalla Chiesa e di sua moglie Emanuela Setti Carraro.

A Campione il gruppo la faceva da padrone. Quando Sanremo, dopo lo scandalo dei croupiers, indisse una gara d'appalto, l'organizzazione decise di tentare, tra l'altro, controllava già anche il Casinò di Saint-Vincent. A Sanremo, dicono i giudici, venne creata dopo una società pulita, la SIT di Michele Merlo, giocatore sfrenato, proprietario di una ditta che produce componenti elettroniche per uso militare (ASTAC) e che per questo era ben noto ai servizi segreti".

Questo è detto dai giornali, ma tutto era già scritto in un servizio uscito l'anno scorso su "Il Mondo" ed era già tutto contenuto nella requisitoria del pubblico ministero. Io ho chiesto al Presidente del Consiglio, e spero che la cosa possa essere fatta al più presto, di chiedere una copia dell'ordinanza di rinvio a giudizio dei giudici di Milano, perché lì dentro ci sono materie che ci interessano direttamente, perché lo stratega di tutta questa operazione era il general manager della SITAV, Bruno Masi; e gli uomini ed i personaggi che qui ritroviamo sono gli stessi che ritrovavamo a Saint-Vincent: Giorgio Sacco era azionista della SAISET nella sua prima fase di attività; Michele Merlo era uomo di Masi ed era un frequentatore abituale del Casinò di Saint-Vincent. Saint-Vincent, Campione e Sanremo erano inserite nello stesso giro malavitoso.

Quindi, altro che vicenda sgonfiata, altro che attacco contro l'autonomia della Valle d'Aosta! Ripeto, invece: per fortuna c'è stata un'inchiesta che ha quantomeno scardinato questo bubbone che si era creato e che stava penetrando in tutti i gangli della società valdostana.

Per quello che aveva appurato la Commissione consiliare di indagine nel 1983-'84-'85, per quello che ha sentenziato il Tribunale di Torino, per quello che è emerso nell'inchiesta di Milano, noi rinnoviamo, con pacatezza, però anche con fermezza e convinzione, l'invito all'ex Presidente della Giunta, Mario Andrione, a rassegnare le dimissioni da questo Consiglio.

Dico questo precisando anche molto chiaramente che nel nostro invito non c'è nessuna ostilità, rancore o fatto personale. Noi non abbiamo nulla di personale nei confronti dell'ex Presidente della Giunta, così come dico molto esplicitamente che non abbiamo ora e non abbiamo mai avuto nulla di personale quando abbiamo rimproverato al Partito Socialista Italiano di aver ripescato nella segreteria Bruno Milanesio e di averlo ricandidato al Consiglio regionale. Noi abbiamo dato un giudizio politico che era e rimane negativo, allo stesso modo in cui diamo un giudizio negativo sul ruolo svolto dall'ex Presidente Mario Andrione e sulle scelte dell'Union Valdôtaine di riportarlo in Consiglio regionale.

Diciamo molto chiaramente che non si tratta dell'uomo, che noi rispettiamo, però si tratta della funzione, che noi vogliamo che sia ricoperta in modo corretto.

Noi non abbiamo nulla in contrario su alcune dichiarazioni che sono state fatte e che pure abbiamo letto. Il giornalista Mancini (mi sfugge il nome), ad esempio, ha scritto su "La Vallée" un corsivo interessante, intitolato: "Io ad Andrione darei il portafogli". Noi non abbiamo nessuna obiezione in merito, del resto qualsiasi cittadino può legittimamente dare in deposito il proprio portafogli all'ex Presidente della Giunta; quello però che noi non possiamo accettare è che all'ex Presidente della Giunta venga ancora data la possibilità di amministrare il denaro pubblico, cioè la funzione di amministrare il denaro della Regione. E' questo che noi non possiamo concepire ed accettare, perché evidentemente l'esame di quello che è emerso in questi anni ha dimostrato che, nell'esercizio di queste funzioni politiche, l'ex Presidente Mario Andrione ha provocato dei gravi sconquassi nella nostra Regione e quindi noi gli rinnoviamo l'invito a che rassegni le dimissioni.

PRESIDENTE:Ha chiesto la parola il Consigliere Mafrica; ne ha facoltà.

MAFRICA (PCI):Sono passati 5 anni, lunghi e difficili, che hanno provocato dibattiti in questo Consiglio, dibattiti che hanno certamente influito sulla vita di tante persone. Adesso ci troviamo a dover dare un giudizio su un primo verdetto del Tribunale di Torino.

Noi vogliamo fare uno sforzo per mantenere quella correttezza di giudizio, quella lucidità e quell'aderenza ai fatti che abbiamo cercato di avere in tutti questi anni. Non vogliamo dire che c'è una conferma di quanto avevamo intravisto già prima del blitz con numerose iniziative, però vogliamo rilevare che la sentenza del Tribunale di Torino è un'ulteriore conferma di quanto era stato accertato da questo stesso Consiglio.

Dall'indagine della Commissione presieduta dal Consigliere Beneforti era emersa una gestione disordinata ed accentrata delle decisioni relative alla Casa da Gioco. Un gruppo ristretto di amministratori, dirigenti e azionisti della Casa da Gioco, aveva fatto delle scelte senza rispettare procedure e regolamenti. Questo è un punto che credo non possa essere dimenticato. In quel periodo il Casinò aveva assunto un ruolo che compenetrava e sovrastava il potere politico regionale, mentre quest'ultimo avrebbe dovuto poter decidere autonomamente e liberamente. Illeciti ed irregolarità sono stati accertati dalla Commissione d'indagine: non li ricordo, perché il Consigliere Riccarand ne ha fatto una lunga esposizione ed ha ricostruito tutta la vicenda, per cui mi esimo dal farlo.

Voglio sottolineare che questi illeciti e queste irregolarità non sono stati negati da nessuno. Gli stessi imputati, nel corso del dibattimento, hanno ammesso che si erano verificati determinati fatti. L'ex Presidente Andrione si è assunto la responsabilità di aver deciso l'astuzia contabile di lasciare nelle mani della SITAV il 25%. In Consiglio, l'ex Presidente della Giunta ha ammesso di essere stato a conoscenza dei reali azionisti della SAISET e di non averli resi noti al Consiglio, perché il Consiglio non è un tribunale. I fatti, quindi, ci sono stati e sono quelli di cui abbiamo discusso.

Si trattava di vedere se questi fatti avevano anche dei risvolti penali, ma questo compito toccava solo ai giudici ed in merito il Consiglio non è mai voluto intervenire. I giudici ora hanno ritenuto che questi illeciti e queste irregolarità amministrative avessero dei risvolti penali e c'è stata una prima sentenza.

E' chiaro che nella giurisprudenza italiana la sentenza non è ancora definitiva, però è un primo accertamento della verità, fino a che essa non sia mutata. Potrà anche mutare, ma, fino a quel momento, la verità cercata dai giudici, che è una verità rispetto alle leggi e quindi non è assoluta, può essere considerata come l'unica esistente.

Diciamo che di questo fatto noi potremmo anche non parlare in Consiglio, perché la parte amministrativa l'avevamo esaminata a fondo in modo unitario nel corso di tutti questi anni. Come mai però si torna ancora a parlare della vicenda Casinò? Se ne parla perché non tutti gli amministratori dell'epoca hanno avuto la sensibilità di mettersi temporaneamente da parte.

Durante la campagna elettorale noi avevamo detto che non sarebbe stato opportuno ripresentare candidature di persone inquisite nella vicenda Casinò ed oggi ribadiamo che ciò sarebbe stato utile, perché il Consiglio regionale si troverebbe in una posizione diversa se tutti gli amministratori dell'epoca avessero fatto come, in modo apprezzabile, ha fatto il Consigliere Pollicini, decidendo cioè di difendersi al di fuori di questo Consiglio e tenendosi da parte.

Io credo che queste cose debbano essere dette e che quindi vada chiarito che il discorso non riguarda le persone, ma il loro ruolo. Le persone possono anche essere soggettivamente oneste, nel senso che possono ritenere di operare per il bene pubblico; però si possono commettere dei reati anche ritenendo di essere nel giusto, perché vengono violate delle leggi.

Ora, quando la Regione Valle d'Aosta si costituisce parte civile contro uno dei suoi amministratori, quando un tribunale stabilisce che questo amministratore ha danneggiato la Regione in cui è coinvolto nella responsabilità di gestione, noi riteniamo che ci sia una situazione di contraddizione che deve essere risolta. Perciò noi concordiamo con il senso della mozione, nella quale c'è un invito alle dimissioni, rivolto all'ex Presidente della Giunta, come fatto di opportunità politica.

Non vogliamo trarre altre illazioni che riguardino la sua onestà personale, ma vogliamo solo dire che dal punto di vista politico, quando la Regione si è costituita parte civile, quando la Regione ha ottenuto una certa sentenza, tutti dovrebbero trarne le conseguenze. E' un invito politico ed anche noi non siamo dell'idea che sia il caso di passare alla battaglia delle carte bollate, ma ci auguriamo di trovare una certa sensibilità a questo tipo di inviti.

Dobbiamo sottolineare anche un altro aspetto. Noi riteniamo che in questo contesto sia ipocrita il comportamento di quegli amministratori che, pur non essendosi presentati alle elezioni regionali, dichiarando di voler essere più liberi di difendersi, hanno subito trovato modo di ottenere altri incarichi, altrettanto importanti. Ci pare che questo sia il tipico modo di far rientrare dalla finestra quello che era uscito dalla porta.

Noi vorremmo che questo invito, che facciamo sinceramente e con pacatezza, venisse accolto, perché sarebbe un segno di sensibilità morale di un certo livello. Vorremmo che ciò avvenisse anche perché questo Consiglio regionale da oggi in poi potrebbe guardare al futuro e non più essere continuamente ripreso dal vortice di vicende che ormai fanno parte del passato.

Noi, come forza politica, vogliamo guardare al futuro, perché davanti a noi ci sono problemi importanti che ci interessa approfondire. Alcuni di questi riguardano la Casa da Gioco: sta per scadere la convenzione, bisognerà riaprire tutte le trattative è si tratterà di vedere qual è la forma di gestione più idonea. Se vogliamo che tutte queste discussioni e tutte queste scelte avvengano in modo razionale e tranquillo, nell'interesse della Regione, sarebbe opportuno che tutti i fatti relativi al passato fossero tolti di mezzo.

La scelta dipende soprattutto dalle persone e dalla forza politica cui queste persone appartengono; ma se questo non avverrà, sicuramente anche questa legislatura continuerà a recare il pesante segno della questione Casinò, che per tanti anni ha in parte anche logorato il dibattito politico di questo Consiglio.

Rivolgiamo quindi con assoluta tranquillità il nostro invito, sereno e pacato, affinché tutte le persone che ancora hanno incarichi di livello regionale, autonomamente decidano di mettersi da parte e lascino a questo Consiglio la possibilità di andare avanti, senza che continuamente il passato ricada come un peso sulle nostre spalle.

PRESIDENTE:Ha chiesto la parola il Presidente della Giunta, Rollandin; ne ha facoltà.

ROLLANDIN (UV):Encore une fois nous avons écouté, cet après-midi, l'intervention de M. Riccarand qui a repris, point après point, ce qu'il avait déjà dit à maintes reprises dans ce Conseil; il a exposé son attitude par rapport à ce que représente le Casino et il a donné sa vérité tranchante sur ce qui est, à son avis, la réponse à un problème comme celui de l'affaire Casino.

Sans doute, en écoutant le Conseiller Riccarand, encore une fois on a l'idée que les personnes qui ont la possibilité de dire non seulement qu'elles connaissent la vérité, mais aussi qu'elles sont la vérité, sont très peu nombreuses. En effet, à chaque instant, il a pris n'importe quelle déclaration comme la vérité et il a rapporté les affirmations des uns et des autres, qui concernaient les différents passages du procès, en donnant ces déclarations comme définitives. Par conséquent, le jugement n'a absolument pas la possibilité de recourir aux différentes phases qui sont prévues à n'importe quel niveau.

Au contraire, je crois que le Conseil régional a discuté tous les problèmes, a proposé pendant ces cinq années des modifications du règlement, a modifié la convention, a présenté une relation administrative qui suivait une enquête revenant aux possibilités du Conseil et à son activité politique; en outre, je pense que les Conseillers ont toujours souligné l'exigence de partager les compétences des juges, de l'enquête pénale, de l'enquête administrative et du devoir politique qui est de chaque Conseiller. Le sens de la fonction des Conseillers est dans l'esprit politique et dans l'activité qui découle de ce sens profond de la politique. Au contraire, quelqu'un veut toujours confondre le rôle des Conseillers qui devraient devenir à l'instant des juges dans des questions qu'ils connaissent seulement en partie et que, selon quelqu'un, devraient connaître mieux.

Sans doute, pendant ces cinq années, il y a eu une attitude différente, sans doute on a dû reprendre une activité de contrôle sur la Maison de jeu et cela a permis aux Conseillers de faire une évaluation de ce qui s'est passé jusqu'à présent. Pendant ces années on a souhaité qu'on arrivât à une sentence le plus tôt possible, mais, au moment où on est arrivé à cette sentence, je crois qu'il serait un acte incompréhensible de juger comme définitive cette première sentence.

Chacun peut faire les commentaires qu'il veut sur les résultats de ce jugement, mais je crois que la Constitution a encore un rôle et que l'article 27 a encore un sens: "L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva", et cela n'est pas une invention du Conseil régional, ni une loi spécifique concernant les conseils communaux, là où, par décision autonome, ils ont décidé de prendre des précautions par rapport à certaines attitudes, mais plutôt il s'agit d'une loi constitutionnelle.

Je voudrais aussi rappeler que pendant cette année on a déjà commencé à célébrer le bicentenaire de la Révolution française, notamment patrimoine surtout de certaines prises de position et de certaines pensées philosophiques. Je crois qu'au moins une partie de la Révolution française a été examinée jusqu'au fond: il s'agit de la déclaration universelle des droits de l'homme. Et il faut aussi rappeler l'article 9: "Tout homme est présumé innocent jusqu'au moment où il est déclaré coupable".

Quand on veut faire découler de certains événements le rôle de la démocratie, le rôle de l'état de droit, il est fondamental de donner la possibilité de ne pas s'arrêter au premier degré, à la première sentence. Cette position politique ne signifie pas méconnaître ce qui s'est passé, ne signifie pas sous-évaluer le fait qu'il y a eu une sentence: au contraire cela signifie la possibilité de se référer au droit constitutionnel, la possibilité d'arriver jusqu'au bout, là où il y a eu le commencement d'un procès et certains faits que quelqu'un a voulu rappeler d'une façon particulière.

Mais, au-delà de cette attitude, depuis toujours on a dit qu'on voulait attendre la sentence définitive et maintenant on veut maintenir cette attitude, ce qui ne signifie pas (je le répète) refuser de prendre acte d'une certaine situation et de considérer qu'il y a une sentence.

Je crois que chacun a son rôle et celui des juges, pour ce qui est de l'enquête pénale, est très clair, mais, selon moi, personne peut nier le fait qu'on a le droit d'attendre la partie finale de ce procès.

Donc, il n'y a pas grand-chose à ajouter par rapport à une invitation qu'on veut repousser. Dans ce sens il n'y a aucune contradiction par rapport à ce qui s'est passé jusqu'à présent: au contraire, je crois que depuis toujours on a soutenu que pas seulement les hommes politiques mais aussi les dépendants régionaux attendaient la solution définitive et on n'a absolument pas pris des décisions définitives qui pouvaient nuire à n'importe qui, au moins jusqu'au moment où il y aura la sentence finale.

Je crois que s'arrêter au premier degré de jugement serait incompréhensible par rapport a ce qui est des droits de n'importe qui; c'est dans ce sens que nous refusons certaines affirmations qui ont été faites jusqu'à présent et on est encore une fois de l'avis que faire les juges politiques est toujours très difficile. Je regrette qu'il y ait, de la part de M. Riccarand, une attitude si tranchante, car on en a déjà constaté les conséquences, là où certaines personnes ont cru d'être la vérité et, en croyant d'être la vérité, se sont portées en conséquence.

Cette attitude, cette vieille mentalité de voir la vérité, qui est quelque chose de sacré, que seulement quelqu'un a, dressée en faveur de l'erreur et de la mensonge, est une mentalité que ne nous appartient pas. Au contraire, dans le respect de la dignité de l'homme, dans le respect de ses droits politiques, je crois qu'il est fondamental d'attendre la sentence finale.

PRESIDENTE:Ha chiesto la parola il Consigliere Aloisi; ne ha facoltà.

ALOISI (MSI):Con la sentenza di primo grado si è posto fine al primo atto di questa vicenda, che ha danneggiato molto l'immagine della nostra Regione. I Consiglieri della scorsa legislatura, soprattutto i Capigruppo, hanno vissuto per cinque anni, hanno approfondito, hanno potuto capire ed analizzare sino in fondo tutta la problematica del processo Casinò. Abbiamo potuto accertare, vedere e constatare le varie irregolarità che sono state citate dai colleghi che mi hanno preceduto. Da questa sentenza, quindi, emergono precise responsabilità, soprattutto politiche.

Tuttavia, io non voglio ritornare al discorso ed ai problemi che sono già stati accennati, ma vorrei fare alcune considerazioni su un altro aspetto, cioè sulla questione morale. Il Presidente della Giunta ha ricordato che nessuno può essere ritenuto colpevole fino alla condanna definitiva; lo prevede anche la Costituzione e noi siamo d'accordo. Ritengo però che sopra a tutto ci debba essere la moralità, la questione morale: noi siamo qui per amministrare il denaro e la vita della collettività e della società valdostana. Ognuno di noi pertanto deve essere immune da qualsiasi accusa, da qualsiasi attacco e soprattutto da qualsiasi condanna.

Non è accettabile che un Consigliere regionale possa sedere su questi banchi con alle spalle una condanna penale emessa solo pochi giorni fa. Non è accettabile che qualcuno abbia ancora il coraggio di sostenere che questa è stata una sentenza politica; come non è accettabile che qualcuno possa sostenere che questo sia un attacco all'autonomia della Valle d'Aosta.

E' vero: oggi si vive in una società nella quale non esistono più valori, dove esiste soltanto del degrado, specie morale. Solo così posso capire certi atteggiamenti e certe prese di posizione, anche di partiti politici, nel sostenere la presunta innocenza. Del resto, nel quadro generale così degradante della nostra Italia, in cui non passa giorno che ci siano ruberie, intrallazzi e cose varie, dove non passa giorno che ci siano amministratori implicati e messi in galera, ebbene, in questo quadro generale ci siamo anche noi. Ormai è diventato normale che uno rubi, vada in galera, poi rimanga lì e quindi ricontinui a fare l'amministratore. Si tratta di una questione prettamente morale.

Inviterei il Consiglio, anzi in questo caso inviterei il Consigliere Andrione, a riflettere attentamente su questo aspetto, perché purtroppo la legge è dalla sua parte. Nel momento in cui il Consigliere Andrione, come gli altri, ricorre in appello, la sentenza viene sospesa e, sempre in base alla legge, nessuno gli può vietare di rimanere in Consiglio. Questa purtroppo è la realtà.

Ma c'è la questione morale e noi in quest'aula dobbiamo emettere una sentenza morale, ovviamente sul piano politico, perché la morale può essere intesa anche in senso personale; però qui noi siamo degli amministratori pubblici e dobbiamo rendere conto alla popolazione del nostro operato e della nostra posizione.

In questo contesto ed in questa visione io mi associo alla richiesta delle dimissioni del Consigliere Andrione e mi auguro che egli possa poi in appello dimostrare la sua innocenza; però oggi, qui, chiunque amministra deve essere immune da attacchi o da atti di colpevolezza. Mi associo, pertanto, alla richiesta rivolta al Consigliere Andrione a rassegnare le proprie dimissioni.

Allo stesso modo invito la Giunta regionale a prendere dei seri provvedimenti anche nei confronti del presidente della Finaosta. Non è accettabile, infatti, che un ente finanziario così importante come la Finaosta sia amministrato da un personaggio anche lui condannato ed implicato in questa vicenda, che probabilmente non si è presentato alle elezioni per vergogna, ma sottobanco gli è stato concesso un posto così importante come la presidenza della Finaosta. Questi metodi di gestione sono inaccettabili! Posso capire gli equilibri interni e gli equilibri di potere, ma si abbia perlomeno il coraggio di salvare la faccia!

La posizione del MSI è soprattutto di rigore morale: noi dobbiamo rendere conto alla gente ed alla popolazione del nostro operato; dobbiamo essere immuni da attacchi e soprattutto da sentenze o cose del genere, perché amministriamo la cosa pubblica.

Dal punto di vista morale, chiedo quindi al Consigliere Andrione di rassegnare personalmente le proprie dimissioni; chiedo anche alla Giunta di prendere provvedimenti nei confronti dell'ex Consigliere Borbey, ora presidente della Finaosta, e dell'ex Consigliere Chabod, che è rappresentante della Regione nel consiglio di amministrazione della società autostradale. Grazie.

PRESIDENTE:Ha chiesto la parola il Consigliere Gremmo; ne ha facoltà.

GREMMO (UAP):Signor Presidente e colleghi, avevo ragione nel sollevare una questione di irricevibilità, perché, come spesso capita di sentire in altri posti, anche se non mi era mai capitato fino ad ora di sentire in Valle d'Aosta - cosa di cui mi rammarico - temevo che si sarebbe partiti da un fatto determinato per innescare una sarabanda pirotecnica che avrebbe portato a discutere dei massimi sistemi, a coinvolgere questioni morali e non morali, e quindi a divagare ed a spaziare a destra e sinistra, di sopra e di sotto.

A me sembrava, e continua a sembrare, che, per quanto attiene alle mozioni, fosse inopportuno stravolgere quello che dovrebbe essere il senso delle attività, che dovrebbero riguardare ed attenere a questioni su cui abbiamo competenza, per entrare nel merito di una questione che, torno a dire, non è di competenza del Consiglio regionale.

Questi ragionamenti, queste chiacchiere, queste divagazioni e questi dati bisognava darli agli elettori. come qualcuno ha fatto, prima delle elezioni, e allora bisognava fare in modo che il Consigliere Andrione non avesse i voti; ma siccome siamo in democrazia, e non in una dittatura, e mi pare che alcune migliaia di elettori della Valle d'Aosta abbiano ritenuto che il Consigliere Andrione avesse il diritto di essere qua, non c'è nessuna mozione, non c'è nessun invito, non c'è nessuna reprimenda di tipo morale che gli possa togliere questo diritto: ecco tutto.

Ci sono altre strade - alcuni hanno detto che non ritengono opportuno percorrerle, anche perché non possono percorrerle - per sollevare questioni dal punto di vista giuridico e per porre il problema dell'incompatibilità della presenza di un Consigliere in questo consesso.

E' diverso il ragionamento che ha fatto il collega Riccarand, per quanto attiene a varie presidenze, anche limitate, rispetto alla funzione di un Consigliere regionale. L'ultimo dei presidenti, ad esempio, di un consiglio scolastico maneggia fisicamente del denaro, perché ha un ruolo esecutivo. Un Consigliere regionale non maneggia denaro, perché ha un ruolo legislativo, propositivo, di formazione di decisioni, e quindi è logico, dire pertinente ad una concezione del diritto, che opportunamente separa i ruoli esecutivo, in questo caso la Giunta, rispetto al nostro ruolo di Consiglieri.

Diverso sarebbe il discorso se il Consigliere Andrione fosse stato proposto, per esempio, alla carica di Assessore: evidentemente a quel punto l'incompatibilità sarebbe stata certa; ma siccome il suo ruolo è quello (che è anche il mio) di portatore di idee e di istanze, nel momento in cui ci sono stati migliaia di cittadini della Valle d'Aosta che hanno ritenuto che lui dovesse portare avanti le loro istanze, non c'è nessuna mozione di questo Consiglio che possa ledergli quello che sarebbe un diritto individuale suo e collettivo dei suoi elettori.

Diverso, come dicevo prima, è il discorso per quanto attiene al secondo ed al terzo invito. In questo caso, evidentemente, si è nel merito e quindi, siccome queste persone occupano i posti ricordati prima per nomina del Consiglio regionale, se quest'ultimo ritiene di addivenire a decisioni diverse da quelle assunte in precedenza, può farlo ed è legittimato a farlo. Ecco perché, signor Presidente, prima io sollevavo la questione dell'irricevibilità del punto relativo al Consigliere Andrione.

Detto questo, proprio perché volevo essere chiaro rispetto al Consigliere Riccarand, anche perché non pensasse che io volevo sottrarmi ad un ragionamento (anche se voglio entrare nel merito dei ragionamenti sempre sapendo che posso farlo), io devo dire che provo un disagio veramente profondo nel pensare che stiamo entrando nel merito di questioni che non attengono al Consiglio regionale - è sbagliato pensare di porre qui la questione morale -, ma che attengono alla sfera dei rapporti tra la coscienza di un individuo ed al fatto di rispettare un mandato che egli ha ricevuto dai suoi elettori.

Io credo che la grande contraddizione che sta vivendo oggi il Consigliere Andrione sia proprio questa: la sua coscienza evidentemente lo porta ad essere in una posizione di volere il giudizio, per arrivare in fretta ad avere certezza della sua posizione e certezza delle sue convinzioni, mentre dall'altra parte svolge un ruolo (e credo in modo abbastanza sofferto) che gli è stato affidato dai suoi elettori. Era ai suoi elettori che bisognava spiegare le cose che qualcuno riteneva di spiegare.

Per quanto mi riguarda, io ho sempre detto che, con tutto quello che riguarda il Casinò o cose del genere, francamente non ne ho mai voluto capire molto, non ne capisco niente e non voglio entrarci in nessuna maniera. Secondo me, l'autonomia della Valle d'Aosta più sta lontana dai tavoli del Casinò, più ne guadagna; più quel mondo ci è estraneo e meglio è. Io abito a cento metri dal Casinò, ma non ci sono mai andato; ne subisco, come gran parte dei cittadini di Châtillon e di Saint-Vincent, le conseguenze, alle tre del mattino, quando decine e decine di giocatori, arrivati da fuori, strombazzano, e non solo, sotto casa nostra. Per carità! Io non voglio entrare nel merito di quelle cose, che sono una delle macchine peggiori: per carità!

Tuttavia, fatta salva questa posizione, che è più morale che altro (e qui, sì, ha senso la questione morale), io provo disagio nel fatto che questo Consiglio regionale, come è stato opportunamente ricordato dal Presidente, dopo aver espletato tutte quelle che erano e possono essere le sue peculiarità istituzionali, cioè aver cercato di cambiare il più possibile le possibilità di intervento, di aver attivato le possibilità di controllo al massimo grado, ed aver cercato (ne abbiamo parlato anche recentemente) di intervenire, venga trasformato - ed è questo l'imbarazzo che io provo nella discussione di oggi - in una chambre d'accusation.

Io qui non ho sentito i Consiglieri Aloisi o Riccarand entrare nel merito di una propositività, magari per quanto attiene ad un migliore funzionamento di questo meccanismo: io qui ho sentito dei pubblici ministeri fare delle arringhe o ripetere delle arringhe fatte da altri.

Ma allora intendiamoci un momentino: se voi volete che il Consiglio regionale diventi una camera di magistrati, ce lo dite prima, così andiamo tutti a laurearci in legge, facciamo la carriera in magistratura e diventiamo magistrati. Dovete dircelo prima. Io, che sono più lento di riflessi, ci metterò più tempo di altri, ma così cercheremo di diventare magistrati. Adesso però non lo siamo, e neppure possiamo diventarlo. Se così fosse, il dibattito qui dentro diventerebbe un'altra cosa. Invece stiamo utilizzando due, tre o quattro ore del tempo che abbiamo a disposizione, da un lato per delle divagazioni morali di tipo puramente propagandistico - è chiaro che qualcuno non si poteva lasciare scappare l'occasione di fare uno show propagandistico: la questione morale va sempre bene, è sempre utile e riempie la bocca - , mentre dall'altro sentiamo i pubblici ministeri che vengono a ripetere qui le loro arringhe.

Io non nascondo il mio disagio, che credo sia diffuso anche in mezzo alla gente della Valle d'Aosta. Ho sentito centinaia di commenti, ma il più diffuso è chiaramente quello di non riuscire ad avere certezza delle competenze e delle cose. Anche se il Consiglio regionale travalica i suoi limiti ed i suoi ambiti e diventa un'occasione per un pot-pourri dove qualunque ruolo viene stravolto - abbiamo giudici che si improvvisano, censori che vengono fuori all'ultimo momento, fustigatori di pubblici costumi che arrivano a darci lezione... - anche se noi quindi diventiamo un'altra cosa rispetto a quello che dobbiamo essere, la gente ne capisce ugualmente ancora di meno, e allora può darsi che la prossima volta si confonda di nuovo nel votare e voterà in modo non opportuno o non come qualcuno magari preferirebbe.

Poiché la certezza delle cose è sempre utile ed interessante, allora io dico che il Consiglio regionale della Valle d'Aosta, nel momento in cui ha attivato e continua ad attivarsi nella direzione che ha detto il Presidente, che ringrazio per averlo detto, ha svolto in pieno il suo compito istituzionale. Tutto il resto è aria fritta; ed io non ero d'accordo nell'inserimento di questa mozione proprio perché, da quando sono qua, non avevo mai sentito tanta aria fritta. Devo subire qualche volta i tentativi propagandistici di qualcuno: pazienza; ma di aria fritta se n'era fatta poca.

Tutte le volte che sono al Consiglio provinciale di Torino rimprovero i miei colleghi dicendo: "Imparate dalla Valle d'Aosta, dove finalmente vedo amministrare bene; vedo della gente che si pone i problemi secondo i bisogni, le esigenze ed i ruoli". Invece oggi abbiamo divagato, c'è stato un pubblico ministero, c'è stato l'altro...

Ho quasi finito, ma devo ancora dire che, proprio come temperamento personale, io sono abituato a pensare che la dignità di una persona è un grande bene. Qualcuno stamattina richiamava i grandi valori italici; ebbene, una delle poche cose che io salvo nella storia che ci viene insegnata a scuola è la famosa vicenda di Maramaldo, che qualche volta è bene ricordare, anche perché ci dimentichiamo troppo spesso l'ammonimento che lo riguarda: infierire in modo disarticolato rispetto a chi secondo me è già in una certa condizione, credo che non sia veramente nello stile della gente della Valle d'Aosta.

Io non sono d'accordo e non sono assolutamente capace di adeguarmi a questo modo di considerare i rapporti, la vita politica ed il modo di considerare le cose. Questo non è il sistema migliore per muoverci in una direzione che possa vivificare e dare forza alle nostre cose.

Ho ricordato la vicenda di Maramaldo, ma voglio ancora ricordare un altro aspetto della cultura italiana, che in questo caso può essere utile e che ricordo non per i Consiglieri presenti, ma per qualche Consigliere assente. Una frase molto bella del Petrarca ad un certo punto dice: "Certe volte una bella morte o una bella uscita di scena può nobilitare un'intera vita".

PRESIDENTE:Ha chiesto la parola il Consigliere Vallet; ne ha facoltà.

VALLET (UV):Je ne pensais pas d'intervenir au nom du Groupe de l'Union Valdôtaine sur cet argument, étant donné que le Président du Gouvernement régional a déjà fait une précise mise au point sur la question et étant donné aussi que la position de notre Mouvement, au sujet du jugement prononcé par le Tribunal de Turin, a été exprimée dans le communiqué du Comité exécutif du 2 février dernier. Mais, vis-à-vis des affirmations de M. Riccarand, je dirais même des lourdes appréciations faites à l'égard de notre Mouvement, on ne peut pas garder le silence. Je sens donc le devoir de préciser encore une fois le point de vue de notre Mouvement à cet égard.

Je voudrais avant tout rappeler que jamais l'Union Valdôtaine n'a parlé de sentence politique: nous avons simplement souligné un certain nombre d'événements qui nous ont frappé. Sans vouloir nous exprimer sur le fond de la sentence, nous ne pouvons pas nous cacher que cette sentence nous surprend, d'autant plus que, lors du jugement, il y a eu un considérable changement des hypothèses accusatoires. Je ne veux pas rappeler ici l'emploi instrumental, fait par le Conseiller Riccarand, des accusations du type "associazione a delinquere di stampo mafioso" ou "riciclaggio di denaro sporco", pour conduire sa guerre sainte contre le Casino et la majorité: je souligne seulement que ces accusations ne paraissaient même plus dans l'ordonnance de "rinvio a giudizio".

Pour ce qui est de la démission, nous attendons avec confiance les instances successives du procès et finalement un jugement serein et définitif qui puisse éclairer cette affaire et qui puisse mettre le Conseiller Andrione hors de cause.

Je termine en réaffirmant la solidarité de notre Mouvement à l'égard de l'homme et du Conseiller Mario Andrione. Nous jugeons tout à fait instrumentale et inutile la motion du Conseiller Riccarand et donc je déclare l'abstention de notre Groupe

PRESIDENTE:Se nessuno chiede la parola, pongo in votazione la mozione in oggetto.

ESITO DELLA VOTAZIONE

Presenti: 28

Votanti: 8

Favorevoli: 7

Contrari: 1

Astenuti: 20 (Agnesod, Beneforti, Bich, Bondaz, Faval, Lavoyer, Louvin, Maquignaz, Marcoz, Martin, Milanesio, Mostacchi, Perrin, Rollandin, Rusci, Trione, Vallet, Vesan, Viérin e Voyat)

Il Consiglio non approva