Legge regionale 4 settembre 2001, n. 18 - Testo storico

Legge regionale 4 settembre 2001, n. 18

Bollettino Ufficiale regionale 06 09 2001 n. 39

Approvazione del piano socio-sanitario regionale per il triennio 2002/2004.

INDICE

CAPO I

PIANO SOCIO-SANITARIO REGIONALE 2002/2004

Art. 1 - Approvazione del piano

CAPO II

SERVIZI SOCIALI

Art. 2 - Definizione

Art. 3 - Fondo regionale per le politiche sociali

Art. 4 - Partecipazione dei cittadini alla spesa sociale

Art. 5 - Competenze della Regione

Art. 6 - Competenze dei Comuni

Art. 7 - Equiparazione dei diplomi di educatore professionale

CAPO III

MODIFICAZIONI DI DISPOSIZIONI VIGENTI

Art. 8 - Modificazioni della legge regionale 25 ottobre 1982, n. 70

Art. 9 - Modificazioni della legge regionale 27 agosto 1994, n. 59

Art. 10 - Modificazioni della legge regionale 4 settembre 1995, n. 41

Art. 11 - Modificazioni della legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5.

CAPO IV

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 12 - Interpretazione autentica dell'articolo 2 della legge regionale 7 dicembre 1979, n. 70

Art. 13 - Abrogazione di norme

Art. 14 - Entrata in vigore

CAPO I

PIANO SOCIO-SANITARIO

REGIONALE 2002/2004

Art. 1

(Approvazione del piano)

1. Ai sensi dell'articolo 2 della legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 (Norme per la razionalizzazione dell'organizzazione del Servizio socio-sanitario regionale e per il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali prodotte ed erogate nella Regione) ed in armonia con il piano sanitario nazionale e con i principi fondamentali della legislazione statale in materia sanitaria e sociale, è approvato il piano socio-sanitario regionale per il triennio 2002/2004, allegato alla presente legge.

2. La Giunta regionale è autorizzata ad apportare gli eventuali adattamenti al piano di cui al comma 1 che si renderanno necessari a seguito dell'entrata in vigore del piano sanitario nazionale 2001/2003 e del piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001/2003.

3. I progetti obiettivo e le azioni programmate previsti dal piano socio-sanitario regionale 1997/1999 sono prorogati fino al momento del loro completamento o della loro modificazione con deliberazione della Giunta regionale.

CAPO II

SERVIZI SOCIALI

Art. 2

(Definizione)

1. Per servizi sociali si intendono tutte le attività, escluse quelle svolte dal Servizio sanitario regionale, relative alla predisposizione e alla erogazione di servizi, gratuiti e a pagamento, o di prestazioni economiche volte a garantire la qualità della vita, le pari opportunità, la non discriminazione, i diritti di cittadinanza e destinate a rimuovere e a superare le situazioni di bisogno che la persona incontra nel corso della sua vita.

Art. 3

(Fondo regionale per le politiche sociali)

1. A decorrere dall'esercizio finanziario 2002, è istituito il Fondo regionale per le politiche sociali.

2. Confluiscono nel Fondo tutti gli stanziamenti, spese correnti e spese di investimento, del bilancio pluriennale della Regione afferenti a interventi in materia di servizi sociali e socio-educativi, ad eccezione di quelli necessari per l'assolvimento delle funzioni trasferite ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d'Aosta).

3. Il Fondo è ripartito tra gli enti locali in base al periodo di vigenza del bilancio pluriennale della Regione con possibilità di aggiornamenti annuali, fatta salva una quota di spettanza della Regione per l'espletamento delle funzioni di sua competenza.

4. I criteri di ripartizione del Fondo sono stabiliti dalla Giunta regionale, tenendo conto che gli enti locali devono garantire quote di cofinanziamento degli interventi.

Art. 4

(Partecipazione dei cittadini alla spesa sociale)

1. La Giunta regionale, al fine di assicurare uniformità ed equità dei trattamenti, definisce le soglie d'accesso alle prestazioni agevolate e individua i servizi gratuiti e quelli che comportano il pagamento di una quota di compartecipazione da parte dei cittadini che ne fruiscono, dei componenti la loro famiglia anagrafica, nonché dei loro ascendenti, discendenti e coniugi di questi ultimi.

2. La condizione economica dei soggetti tenuti alla compartecipazione alla spesa sociale è determinata sulla base dell'indicatore regionale della situazione economica.

3. Gli enti erogatori dei servizi richiedono ai soggetti di cui al comma 1 la dichiarazione sostitutiva contenente gli elementi necessari a determinare l'indicatore di cui al comma 2.

Art. 5

(Competenze della Regione)

1. Nel rispetto dei principi di cui alla legge regionale 23 ottobre 1995, n. 45 (Riforma dell'organizzazione dell'Amministrazione regionale della Valle d'Aosta e revisione della disciplina del personale):

a) il Consiglio regionale determina gli indirizzi politici e programmatici delle politiche sociali, individuando le relative risorse finanziarie;

b) la Giunta regionale:

1) svolge funzioni di programmazione, di indirizzo operativo, di coordinamento e di controllo;

2) definisce gli standard strutturali e gestionali dei servizi sociali e socio-educativi;

3) assicura l'assistenza tecnica, su richiesta degli enti gestori dei servizi sociali, nonché i compiti di raccordo in materia di informazione e circolazione dei dati ai fini della valutazione delle politiche sociali;

4) promuove l'istituzione di un apposito organismo partecipativo e consultivo nel settore delle politiche per anziani, con il coinvolgimento degli enti locali, del terzo settore e delle parti sociali;

5) disciplina il coordinamento funzionale tra il Servizio sociale regionale e il Servizio sociale del Comune di Aosta;

6) provvede all'assegnazione e all'erogazione delle risorse finanziarie, mediante la ripartizione del Fondo regionale per le politiche sociali;

7) provvede all'attuazione dei programmi dell'Unione europea o di altri organismi internazionali nei settori delle politiche sociali, anche con il coinvolgimento degli enti locali;

8) promuove azioni per il sostegno e la qualificazione degli organismi del terzo settore;

9) definisce le soglie d'accesso alle prestazioni sociali agevolate e determina i criteri di partecipazione alle spese di funzionamento dei servizi sociali e socio-educativi da parte dei beneficiari e dei loro familiari;

10) esercita funzioni e competenze in materia di:

10.1 servizio sociale, ferme restando le competenze del Comune di Aosta;

10.2 formazione ed aggiornamento degli operatori sociali e socio-educativi;

10.3 adozioni e affidamenti familiari, comunità, altre strutture di accoglienza e assistenza educativa per i minori;

10.4 inserimento in strutture di accoglienza di adulti in situazione di disagio;

10.5 invalidi civili, ciechi civili e sordomuti;

10.6 servizi di interesse regionale per disabili psichici, nonché informazione in materia di accessibilità ed ausili;

10.7 prestazioni economiche, escluse quelle per le quali non vi è alcuna valutazione discrezionale di natura specialistica.

Art. 6

(Competenze dei Comuni)

1. Al conferimento delle funzioni non espressamente mantenute in capo alla Regione ai sensi dell'articolo 5, si provvede con le modalità previste dall'articolo 11 della legge regionale 7 dicembre 1998, n. 54 (Sistema delle autonomie in Valle d'Aosta).

Art. 7

(Equiparazione dei diplomi di educatore professionale)

1. In attuazione dell'articolo 2, comma primo, lettera r), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), e nel rispetto delle disposizioni di cui alla legge 21 dicembre 1978, n. 845 (Legge-quadro in materia di formazione professionale) e al decreto ministeriale 8 ottobre 1998, n. 520 (Regolamento recante norme per l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'educatore professionale, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), il diploma regionale rilasciato al termine dei corsi biennali per educatori professionali è equiparato, nell'ambito dell'ordinamento regionale, a quello rilasciato al termine del corso triennale 1995/1998.

CAPO III

MODIFICAZIONI DI DISPOSIZIONI VIGENTI

Art. 8

(Modificazioni della legge regionale

25 ottobre 1982, n. 70

)

1. L'articolo 15 della legge regionale 25 ottobre 1982, n. 70 (Esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di medicina legale, di vigilanza sulle farmacie ed assistenza farmaceutica), è sostituito dal seguente:

"Art. 15

(Disciplina per l'impiego di sorgenti di radiazioni di categoria B)

1. Al rilascio dei nulla osta previsti dall'articolo 29, comma 1, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 (Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Eura-tom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti) provvede il dirigente della struttura regionale competente in materia di igiene pubblica, con proprio provvedimento, previo parere della Commissione tecnica regionale costituita presso la stessa struttura.

2. La Commissione tecnica regionale di cui al comma 1, che esprime parere anche sulle richieste di nulla osta di competenza prefettizia previsti dall'articolo 29 del d.lgs. 230/1995, è composta dai sottoelencati soggetti, o loro delegati:

a) il dirigente della struttura regionale competente in materia di igiene pubblica, con funzioni di presidente;

b) un ingegnere della struttura regionale competente in materia di assetto e tutela del territorio;

c) il dirigente della struttura competente in materia di igiene e sanità pubblica dell'Azienda USL della Valle d'Aosta;

d) un medico specializzato in radiologia, designato dall'Azienda USL della Valle d'Aosta;

e) il responsabile della Sezione radiazioni e rumore dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA);

f) un funzionario designato dalla Direzione regionale del lavoro;

g) il comandante del Corpo valdostano dei vigili del fuoco.

3. Con deliberazione della Giunta regionale sono definite, in conformità a quanto disposto dall'articolo 29, comma 2, del d.lgs. 230/1995, le modalità di presentazione delle richieste dei nulla osta, le modalità ed i tempi per l'istruttoria ed il rilascio, nonché le modalità di presentazione delle richieste per l'eventuale riesame delle richieste respinte e le modalità ed i tempi per il riesame.".

Art. 9

(Modificazioni della legge regionale

27 agosto 1994, n. 59

)

1. Dopo il comma 1 dell'articolo 1 della legge regionale 27 agosto 1994, n. 59 (Acquisto dall'Ordine Mauriziano di Torino dell'immobile sede del presidio ospedaliero regionale, in comune di Aosta), è aggiunto il seguente:

"1bis. Al fine di incrementare le entrate proprie di parte corrente del bilancio, l'Azienda USL della Valle d'Aosta è autorizzata ad adottare i provvedimenti necessari all'affidamento della gestione della farmacia di cui al comma 1, nel rispetto della normativa vigente. Tali provvedimenti devono contenere apposito piano finanziario, da sottoporre preventivamente al giudizio di congruità da parte delle competenti strutture regionali.".

Art. 10

(Modificazioni della legge regionale

4 settembre 1995, n. 41

)

1. Dopo la lettera l) del comma 1 dell'articolo 4 della legge regionale 4 settembre 1995, n. 41 (Istituzione dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) e creazione, nell'ambito dell'Unità sanitaria locale della Valle d'Aosta, del Dipartimento di prevenzione e dell'Unità operativa di microbiologia), sono aggiunte le seguenti:

"lbis) lo svolgimento delle attività tecniche ed analitiche di supporto all'attività di controllo e di vigilanza svolta dal Corpo forestale valdostano, senza oneri a carico dello stesso;

lter) il monitoraggio sul territorio regionale dei parametri correlabili con le dinamiche globali di cambiamento meteo-climatico;

lquater) i controlli strumentali delle emissioni prodotte dagli impianti di riscaldamento per le finalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203 (Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183) ed al titolo II della legge 9 gennaio 1991, n. 10 (Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia).".

2. L'articolo 8 della l.r. 41/1995 è sostituito dal seguente:

"Art. 8

(Nomina)

1. Il Direttore generale dell'ARPA è nominato con le modalità di cui all'articolo 13 della legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 (Norme per la razionalizzazione dell'organizzazione del Servizio socio-sanitario regionale e per il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali prodotte ed erogate nella Regione).".

3. L'articolo 11 della l.r. 41/1995 è sostituito dal seguente:

"Art. 11

(Rapporto di lavoro)

1. Il rapporto di lavoro conseguente alla nomina di Direttore generale è a tempo pieno, regolato da contratto di diritto privato a termine, di durata quinquennale, non rinnovabile per più di due volte consecutivamente e non prorogabile oltre il settantesimo anno di età.

2. I contenuti del contratto di cui al comma 1 sono stabiliti con deliberazione della Giunta regionale con la quale sono fissati, altresì, gli emolumenti, il cui ammontare è determinato fino ad un massimo del 70 per cento del compenso e delle eventuali maggiorazioni fissati per il Direttore generale dell'Azienda USL della Valle d'Aosta.".

4. Gli articoli 9, 10, 13 e 14 della l.r. 41/1995 sono abrogati.

5. La lettera l) del comma 1 dell'articolo 29 della l.r. 41/1995 è abrogata.

6. La lettera d) del comma 1 dell'articolo 30 della l.r. 41/1995 è sostituita dalla seguente:

"d) le verifiche connesse con l'esercizio e la manutenzione degli apparecchi a pressione di vapore e di gas e degli impianti di riscaldamento.".

7. Dopo la lettera d) del comma 1 dell'articolo 31 della l.r. 41/1995 è aggiunta la seguente:

"dbis) formulazione del parere di idoneità ai fini dell'autorizzazione sanitaria ai sensi dell'articolo 2 della legge 30 aprile 1962, n. 283 (Modifica degli articoli 242, 243, 247, 250 e 262 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande) e dell'articolo 25 del relativo regolamento di esecuzione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327.".

Art. 11

(Modificazioni della legge regionale

25 gennaio 2000, n. 5

)

1. La lettera j) del comma 3 dell'articolo 6 della l.r. 5/2000 è sostituita dalla seguente:

"j) i rimborsi relativi alle prestazioni in forma indiretta da erogare con i limiti e nei termini previsti dalla normativa statale in materia.".

2. Al comma 2 dell'articolo 30 della l.r. 5/2000 le parole "i cui ambiti territoriali sono stabiliti dal piano socio-sanitario regionale" sono soppresse.

3. Il comma 7 dell'articolo 42 della l.r. 5/2000 è sostituito dal seguente:

"7. Le disposizioni in materia di utilizzo della certificazione di piena conoscenza della lingua francese di cui all'articolo 7 della legge regionale 3 novembre 1998, n. 52 (Disciplina dello svolgimento della quarta prova scritta di francese agli esami di Stato in Valle d'Aosta), recate dall'articolo 8 della medesima l.r. 52/1998 e dall'articolo 2 della legge regionale 8 settembre 1999, n. 25 (Disposizioni attuative dell'articolo 8, comma 3, della legge regionale 3 novembre 1998, n. 52), sono estese, con le modalità di cui ai commi 8 e 9, alle procedure di accesso all'impiego del personale del Servizio sanitario nazionale presso l'azienda USL.".

4. Il comma 8 dell'articolo 42 della l.r. 5/2000 è sostituito dal seguente:

"8. Il possesso della certificazione di cui all'articolo 7 della l.r. 52/1998 esonera permanentemente dalla prova di accertamento della conoscenza della lingua francese prescritta per l'assunzione nelle qualifiche del personale del Servizio sanitario nazionale per l'accesso alle quali è richiesto un diploma di istruzione secondaria di secondo grado o un titolo di studio inferiore.".

5. Il comma 9 dell'articolo 42 della l.r. 5/2000 è sostituito dal seguente:

"9. Il possesso della certificazione di cui all'articolo 7 della l.r. 52/1998, se accompagnato dal compimento di uno dei percorsi formativi di cui al comma 10, esonera permanentemente dalla prova di accertamento della conoscenza della lingua francese prescritta per l'assunzione nelle qualifiche del personale del Servizio sanitario nazionale per l'accesso alle quali è richiesto un diploma di laurea o un diploma universitario.".

6. Il comma 10 dell'articolo 42 della l.r. 5/2000 è sostituito dal seguente:

"10. I percorsi formativi possono consistere in corsi di formazione in lingua francese appositamente organizzati dall'azienda USL, secondo modalità definite con deliberazione della Giunta regionale e comunque in armonia con le disposizioni di cui all'articolo 5 della l.r. 25/1999, ovvero in percorsi interni alla formazione universitaria riconosciuti a coloro che sono in possesso di uno dei seguenti titoli:

a) laurea o diploma universitario conseguiti in corsi universitari convenzionati con l'Amministrazione regionale o in corsi dell'Università della Valle d'Aosta-Université de la Vallée d'Aoste per i quali sia stata individuata, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, della l.r. 25/1999, la sussistenza di rilevanti percorsi di studio in lingua francese;

b) laurea o diploma universitario conseguiti in università o istituti universitari francofoni;

c) laurea o diploma universitario conseguiti al termine di percorsi formativi che abbiano previsto periodi riconosciuti di studio in università o istituti universitari francofoni;

d) titolo di specializzazione post-laurea conseguito presso università o istituti universitari francofoni;

e) laurea in scienze della formazione primaria conseguita nei corsi svolti per la Valle d'Aosta;

f) diploma rilasciato dalla scuola di specializzazione per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria conseguito nei corsi svolti per la Valle d'Aosta;

g) laurea o diploma universitario riconosciuti contemporaneamente in Italia e in Francia a seguito di accordi bilaterali;

h) laurea in lingue valida per l'accesso all'insegnamento della lingua francese nelle scuole secondarie.".

7. Il comma 11 dell'articolo 42 della l.r. 5/2000 è sostituito dal seguente:

"11. Ai soli fini dell'accesso alle qualifiche amministrative, per le quali è richiesto un diploma di laurea o un diploma universitario, sono esonerati dalla prova di accertamento di conoscenza della lingua francese coloro che risultino in possesso della certificazione attestante il compimento del percorso formativo previsto dall'articolo 5 o dall'articolo 6 della l.r. 25/1999.".

8. Dopo il comma 11 dell'articolo 42 della l.r. 5/2000 è aggiunto il seguente:

"11bis. Il possesso dei titoli di conoscenza linguistica di cui ai commi 8, 9 e 11 è utile ai fini della corresponsione, al personale assunto in servizio, dell'indennità di bilinguismo prevista dalla legge regionale 9 novembre 1988, n. 58 (Norme per l'attribuzione dell'indennità di bilinguismo al personale della Regione).".

9. Dopo il comma 11bis dell'articolo 42 della l.r. 5/2000, inserito dal comma 8, è aggiunto il seguente:

"11ter. Limitatamente al personale sanitario e tecnico sanitario, nell'ambito delle procedure di selezione per titoli finalizzate all'assunzione di personale a tempo determinato ed al conferimento di incarichi di supplenza provvisori connessi ad esigenze straordinarie o a progetti a termine, gli aspiranti sprovvisti del prescritto requisito di conoscenza della lingua francese sono inclusi in apposite graduatorie aggiuntive da utilizzare, esclusivamente per assunzioni a tempo determinato, in caso di esaurimento delle corrispondenti graduatorie ordinarie dei candidati in possesso di tutti i requisiti richiesti.".

10. Dopo il comma 11ter dell'articolo 42 della l.r. 5/2000, inserito dal comma 9, è aggiunto il seguente:

"11quater. Al personale assunto a tempo determinato per effetto delle disposizioni di cui al comma 11ter non può essere corrisposta l'indennità di bilinguismo fintanto che non abbia sostenuto, con esito positivo, la prova di accertamento della conoscenza della lingua francese.".

11. Dopo il comma 11quater dell'articolo 42 della l.r. 5/2000, inserito dal comma 10, è aggiunto il seguente:

"11quinquies. Il conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore sanitario o di direttore amministrativo dell'azienda USL è subordinato al preventivo accertamento della conoscenza della lingua francese, secondo modalità definite dalla Giunta regionale.".

CAPO IV

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 12

(Interpretazione autentica dell'articolo 2 della legge regionale 7 dicembre 1979, n. 70)

1. L'articolo 2 della legge regionale 7 dicembre 1979, n. 70 (Provvidenze a favore dei nefropatici cronici in dialisi iterativa o sottoposti a trapianto renale) va interpretato nel senso che l'assegno mensile di assistenza integrativa regionale non può, comunque, avere decorrenza anteriore alla data di presentazione della relativa istanza da parte del paziente.

Art. 13

(Abrogazione di norme)

1. Dalla data di approvazione della deliberazione della Giunta regionale di cui all'articolo 3, comma 4, sono abrogate le seguenti leggi regionali:

a) 15 dicembre 1982, n. 93;

b) 21 dicembre 1990, n. 80;

c) 26 maggio 1993, n. 46.

2. Dalla data di approvazione della deliberazione della Giunta regionale di cui all'articolo 3, comma 4, sono altresì abrogate le seguenti disposizioni:

a) gli articoli 35, 36 e 38 della legge regionale 15 dicembre 1994, n. 77;

b) il comma 5 dell'articolo 16 della legge regionale 12 gennaio 1999, n. 1;

c) il comma 1 dell'articolo 5 della legge regionale 27 gennaio 1999, n. 4;

d) l'articolo 38 della legge regionale 3 gennaio 2000, n. 1.

3. Le disposizioni di cui all'articolo 30, commi 1, 3, 6 e 7 della l.r. 13/1997, la cui efficacia è stata prorogata dall'articolo 48, comma 1 della l.r. 5/2000, come modificato dall'articolo 13 della l.r. 1/2001, sono ulteriormente prorogate fino alla data di approvazione della deliberazione della Giunta regionale di cui all'articolo 3, comma 4.

4. Gli articoli 3, 5 e 30, comma 2, della l.r. 13/1997, la cui applicazione è stata prorogata dall'articolo 48, comma 1, della l.r. 5/2000, come modificato dall'articolo 13 della l.r. 1/2001, cessano di avere efficacia dalla data di entrata in vigore della presente legge.

5. Le disposizioni di cui all'articolo 4 della l.r. 13/1997, la cui applicazione è stata prorogata dall'articolo 48, comma 1, della l.r. 5/2000, come modificato dall'articolo 13 della l.r. 1/2001, sono ulteriormente prorogate fino alla data di approvazione delle deliberazioni della Giunta regionale di cui all'articolo 11 della l.r. 54/1998.

6. Al comma 3 dell'articolo 7 della legge regionale 27 maggio 1994, n. 19 (Norme in materia di assistenza economica), le parole "integrata da due sanitari di livello apicale di cui uno specialista nella patologia interessata," sono soppresse.

Art. 14

(Entrata in vigore)

1. La presente legge sarà pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione ed entrerà in vigore il 1° gennaio 2002, ad eccezione dell'articolo 7 e dei commi 2, 3 e 4 dell'articolo 10, che entreranno in vigore il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione.

Allegato

(Bollettino Ufficiale Regionale 18 10 2001 n. 46 - edizione straordinaria)

PIANO SOCIO-SANITARIO

della

VALLE D’AOSTA

2002-2004

PREMESSA

I principi ispiratori del Piano Socio Sanitario Regionale

2002 - 2004

Per l’ideazione e l’architettura del presente Piano, oltre ai riferimenti normativi nazionali e regionali, hanno rappresentato motivo conduttore i seguenti principi, ritenuti elementi imprescindibili di una corretta politica di programmazione socio sanitaria:

Garantire una distribuzione equilibrata dei servizi sul territorio per facilitare la massima accessibilità agli stessi e la più ampia libertà di scelta delle persone;

Individuare la prevenzione come momento fondamentale di approccio ai problemi e come criterio di impostazione degli interventi;

Sviluppare il sistema di conoscenza e di valutazione dello stato di salute e dei bisogni sanitari e sociali sul territorio regionale;

Promuovere l’efficienza e la qualità degli interventi e attuare una verifica di efficacia anche riguardo alla soddisfazione delle persone e all’attività di autovalutazione degli operatori;

Valorizzare il coordinamento tra le istituzioni e tra gli operatori ai fini dell’integrazione degli interventi dedicati a persone, famiglie e gruppi sociali;

Assicurare l’ulteriore crescita del servizio sanitario regionale anche attraverso il completamento ed il monitoraggio del processo di aziendalizzazione della USL;

Sviluppare la diffusione e la qualità dei servizi sociali, promuovendo l’autonomia e la responsabilità di gestione degli enti locali e il ruolo di indirizzo e coordinamento della Regione;

Riqualificare e razionalizzare lo stato sociale regionale, con particolare attenzione alla rete dei servizi sociosanitari e dei servizi alla persona, nell’ottica di una tutela dei soggetti meno protetti, come previsto dal "Patto per lo sviluppo della Valle d’Aosta".

Nota metodologica

Il Piano per il prossimo triennio 2002 - 2004 è stato predisposto tenendo in considerazione la storia e l’esperienza dei servizi regionali, i principi dello statuto, le recenti normative in materia sanitaria e sociale, la necessaria integrazione tra i servizi sanitari e sociali, la politica di gestione delle risorse, ma soprattutto le analisi di quanti, in prima persona, hanno ruoli di responsabilità diretta nell’erogare servizi al cittadino.

L’intenzione, e al tempo stesso l’elemento di novità di questo Piano, è stato il metodo:: nel paragrafo denominato "Le finalità strategiche del nuovo Piano" sono stati individuati alcuni elementi programmatori innovativi per la sanità e i servizi sociali regionali nel triennio 2002-2004, verificati, nella loro capacità di attuazione e nella pertinenza, con i responsabili dei servizi interessati ed inseriti, sotto forma di azioni, in un modello socio-sanitario ed assistenziale il più possibile vicino alle esigenze che la popolazione ha manifestato nel tempo.

La metodologia attraverso la quale sono state raccolte le proposte e le indicazioni operative, costituisce inoltre la base per l’individuazione di futuri indicatori e parametri utili alla valutazione della rispondenza dei servizi con i bisogni dell’utenza e dei risultati economico gestionali, nonché alla individuazione delle cause dei relativi disservizi e dell’attività svolta.

Per effettuare una corretta analisi di stato dei livelli quali quantitativi dell’assistenza erogata dall’area sanitaria e socio assistenziale sono state predisposte delle schede per la rappresentazione delle attività, con particolare attenzione agli elementi di criticità, alle aree di eccellenza e alle eventuali proposte operative suggerite .

Le schede hanno raccolto informazioni circa le azioni e, in alcuni casi, i prodotti attinenti i livelli essenziali di assistenza, oltre agli ambiti di attività "trasversali" e le rispettive articolazioni interne dell’offerta.

Per ciascuna di queste schede, una prima parte ha riguardato l’analisi della situazione esistente, che ha costituito la base per una conoscenza dell’attività svolta, con indicazioni sul fabbisogno informativo in termini di indicatori utili a svolgere i compiti di monitoraggio e valutazione, mentre la seconda parte ha dato spazio alle proposte di soluzione delle aree di criticità emerse dall’attività sul campo.

L’esigenza di monitorare e valutare le prestazioni nasce non solo dalla necessità di verificare il rispetto degli impegni contrattuali definiti in sede di adozione degli strumenti di programmazione, ma anche, ed essenzialmente, di promuovere una crescita "culturale" che, passando attraverso i medesimi procedimenti di descrizione, contribuisca ad implementare la qualità dei livelli di prestazione attesi.

Questo processo può realizzarsi solo attraverso sistemi di controllo esaustivi, attenti cioè all’insieme delle prestazioni erogate, flessibili, cioè in grado di adattarsi alle dinamiche in corso, oggettivi, e per questo anche confrontabili, ma soprattutto compatibili con i sistemi informativi già esistenti.

Questo obiettivo ambizioso, che un Piano triennale non può sicuramente portare a termine entro lo scadere del periodo di validità, può però essere avviato partendo dall’individuazione e dall’applicazione periodica di un insieme minimo di indicatori per ciascuna area. Il Piano infatti demanderà a strumenti tecnici successivi la realizzazione di un elenco di indicatori validi per ciascun livello di assistenza fornendo sia all’azienda, che all’amministrazione regionale, uno strumento oggettivo di valutazione.

La scelta di un Piano a contenuto prescrittivo prevalentemente strategico, è dettata dalla volontà, oltre che dalla necessità, di favorire lo sviluppo della progettualità dell’Azienda sanitaria, impegnata nella delicata fase di transizione dai vecchi ruoli agli spazi decisionali decisi dalla legge regionale n. 5/2000, che impongono una gestione manageriale e al tempo stesso pertinente alle aspettative locali di salute della popolazione.

Rispetto al perseguimento del modello di assistenza socio-sanitaria regionale per il prossimo triennio, ciascun ambito di intervento è stato ripartito in obiettivi ed azioni.

Gli obiettivi, consistono in traguardi da raggiungere nel periodo di validità del Piano in merito a condizioni di salute o di disagio della popolazione, ma possono rappresentare anche traguardi conoscitivi o organizzativi che rappresentano la componente strumentale del sistema socio-sanitario regionale.

Le azioni sono interventi tecnici, in ambito sanitario o socio assistenziale, che derivano dall’obiettivo indicato dal Piano e sono volti al suo raggiungimento; possono consistere in tipologie di intervento, adeguamenti quali-quantitativi delle prestazioni, o altro ancora, purché ad esse corrispondano coerenti strategie gestionali, adeguatamente sostenute da risorse umane, strumentali e finanziarie.

L’Azienda USL e i servizi socio assistenziali avranno come "mission" principale la funzione di tutela della salute dei cittadini residenti che dovrà prevalere rispetto alla pura produzione delle prestazioni, le quali, per altro, andranno viste in un contesto misto di offerta pubblica e privata, garantito dal rispetto dei requisiti per l’autorizzazione e l’accreditamento, ma volto a garantire la massima libertà di scelta al cittadino e lo stimolo all’aumento della qualità e dell’efficienza dei servizi.

A fronte di uno scenario a risorse sempre più limitate, l’efficienza produttiva dei servizi si pone come utile strumento per recuperare risorse da destinare alla realizzazione di obiettivi di consolidamento e sviluppo della salute e del benessere sociale della popolazione regionale.

Continuità e punti di contatto con il precedente Piano Socio Sanitario Regionale

Il presente Piano si pone in continuità con quello precedente, di cui riprende le scelte di fondo, delineando tuttavia un percorso graduale di transizione verso un servizio socio-sanitario regionale innovato sotto numerosi aspetti.

I punti di contatto con il precedente piano sono:

Il decongestionamento dell’ospedale da tutte le prestazioni improprie e a basso contenuto clinico e la conferma del modello satellitare;

La valorizzazione e il potenziamento dei servizi territoriali;

L’integrazione socio-sanitaria.

Gli aspetti innovativi sono:

Il ruolo di committenza assegnato al distretto come interprete principale dei bisogni socio-sanitari;

La valorizzazione delle strategie di prevenzione e di tutela ambientale;

Lo sviluppo della riabilitazione;

L’impulso dato ai sistemi per la conoscenza e la comunicazione, quali l’osservatorio epidemiologico e per le politiche sociali e il sistema informativo socio-sanitario regionale;

La regolamentazione di una politica basata sulla razionalizzazione e sulla responsabilizzazione della spesa a fronte di precisi livelli qualiquantitativi di prestazioni da erogare.

Sotto il profilo operativo gli elementi introdotti implicano un importante ed impegnativo mutamento nelle concezioni, ancora prima che nelle azioni, ed è per questo che la gradualità si impone come criterio necessario a garantire quella razionalità dei processi che potrà condurre, a medio e lungo termine, al successo del percorso innovativo avviato.

Sul versante del metodo l’elemento innovativo del presente Piano, è stato il coinvolgimento il più possibile esteso e partecipato alle scelte che governeranno la sanità valdostana del prossimo triennio. Ed è proprio dalla forza che deriva dal coinvolgimento e dal confronto che è possibile delineare questo processo di trasformazione senza eccessive incertezze e indugi.

Analisi della struttura socio demografica regionale

La popolazione regionale è la meno numerosa d’Italia, sia in valore assoluto che in termini di densità abitativa, e rappresenta lo 0,2% della popolazione nazionale. Al 31.12.1999 ammontava a 120.342 abitanti, di cui il 49,3% maschi e il 50,7% femmine ed una densità abitativa di 37 abitanti per Kmq. La distribuzione demografica per distretto indica che il 15% della popolazione risiede nei 17 comuni dell’Alta Valle, il 52,2% nel capoluogo e nei 22 comuni limitrofi, il 13,8% nei 12 comuni della Media Valle ed infine il 19% nei rimanenti 22 comuni della Bassa Valle .

Rispetto al censimento del 1991 la crescita demografica è stata di circa 5000 unità attribuibile a fenomeni di tipo immigratorio senza i quali ci sarebbe stato un saldo naturale negativo tra i nati vivi e i deceduti nello stesso anno.

La forte valenza sanitaria e assistenziale di questo dato è da attribuire al fatto che gli immigrati modificano in modo "innaturale" la struttura demografica della popolazione regionale, inserendosi prevalentemente tra i maschi in età adulta lavorativa. Ne consegue una riduzione proporzionale della quota di giovani (il 12% contro una media nazionale del 15%) ed una accelerazione del cosiddetto "rovesciamento della piramide demografica" che, nel medio termine, porterà ad un considerevole incremento della popolazione ultra sessantacinquenne, notoriamente a maggiore consumo di servizi sanitari, sociali e socio-assistenziali.

Nel 1999 la popolazione di ultra sessantacinquenni ha inciso per un valore del 18,5 % sul totale (con un incremento rispetto al 1991 di oltre 2 punti percentuali) e l’indice di vecchiaia ha registrato negli ultimi 7 anni rapidi incrementi passando da un valore di 130 anziani ogni 100 giovani nel 1997, a quasi 146 nel 1999. Tale valore, più alto della media nazionale di circa 28 punti, è strettamente correlato a due fenomeni demografici rilevanti come la contrazione delle nascite e l’allungamento della vita media, ma anche a fenomeni di tipo sanitario che sono: l’aumento dei tassi di mortalità grezza e l’aumento della quota di soggetti affetti da una patologia cronico-degenerativa correlata all’invecchiamento.

Dall’analisi per sesso emergono importanti spunti per la programmazione sanitaria e socio assistenziale. Fino a 59 anni vi è nella popolazione regionale una maggiore presenza di maschi rispetto alle femmine, probabilmente a seguito dei fenomeni immigratori di origine lavorativa. Superata questa soglia di età, già dalla classe quinquennale successiva, la proporzione si ribalta a favore delle femmine e la quota di maschi sul totale si riduce drasticamente a seguito della maggiore frequenza di patologie letali. Contestualmente, le femmine, divenute prevalenti, dimostrano una longevità che, dopo gli 85 anni, si traduce nella presenza di circa 6 donne ogni 10 "grandi vecchi", che equivale ad affermare che i maschi muoiono di più ed in età più precoce.

Alla caratteristica di anzianità della popolazione valdostana si associa il fenomeno della bassa fecondità, al punto che l’attuale dinamica demografica non garantisce il ricambio generazionale. In Valle d’Aosta l’indice di carico di figli per donna feconda, inteso come numero di bambini con meno di 4 anni ogni 100 donne fertili, è pari al 23,7%, inferiore quindi alla soglia standard del 30% ritenuta già indicativa di una popolazione anziana e a bassa fecondità.

Anche le caratteristiche sociali del trend sull’abortività spontanea non lasciano pensare ad una ripresa delle nascite. In circa 20 anni in Valle d’Aosta il numero di aborti nelle nubili è rimasto quasi invariato, mentre si è ridotto di circa il 68% nelle coniugate; inoltre, mentre 20 anni fa il 78,8% delle donne che abortiva aveva almeno un figlio, oggi solo poco più della metà ha avuto parti precedenti. I determinanti di questo fenomeno sono sicuramente molteplici e interdipendenti, ma le politiche regionali in materia sanitaria e socio assistenziale non intendono ignorare la tendenza che attualmente porta a contare in un anno 1.012 parti a fronte di 272 interruzioni volontarie di gravidanza.

Attribuire a fenomeni economici la bassa numerosità delle nascite è sicuramente fuorviante. Il numero medio di componenti di una famiglia valdostana è di 2,4 soggetti, contro i 2,8 della media nazionale e i 2,7 della media del nord e del centro Italia. Il reddito pro capite regionale, pari a 35,8 milioni, è di quasi 10 milioni più elevato della media nazionale per cui le motivazioni sono più complesse e chiamano in causa aspetti reali e percettivi della qualità e dello stile di vita locale.

Per rispondere ai bisogni di assistenza della famiglia, intesa soprattutto come portatrice di valori umani e sociali da tutelare all’interno di una collettività, la Regione ha emanato la l.44/1998, con la precisa finalità di sostenere un’istituzione in cui solitamente giace una forma antica di solidarietà funzionale ad assetti umani migliori.

Il tasso di disoccupazione, pari al 5,6% risulta nettamente inferiore a quello nazionale, su cui sappiamo però incidere pesantemente la situazione del mezzogiorno d’Italia. Degli uomini solo il 3,2% risulta disoccupato mentre nelle donne il tasso di disoccupazione risulta più elevato e pari all’8%. I rispettivi valori nazionali sono per gli uomini il 9,4% e per le donne il 16,6.

Ad una lettura di questi dati più attenta ai bisogni socio assistenziali emerge come, a fronte di un tasso di disoccupazione sicuramente trascurabile per le età produttive, il dato sull’occupazione complessiva della popolazione generale si traduce in un indice di dipendenza particolarmente elevato, pari al 46%. Ciò significa che 36.657 soggetti valdostani sono in condizione di "non autonomia" o comunque dipendono da 79.684 cittadini appartenenti alla fascia di età teoricamente produttiva (15-64 anni).

Sotto il profilo sanitario e socio assistenziale l’obiettivo è quindi quello di garantire ai primi assistenza e ai secondi, assicurare salute.

Da ultimo è opportuno sottolineare la significatività assistenziale con particolare riguardo all’emergenza-urgenza determinata dai consistenti flussi turistici che interessano il territorio valdostano.

Mortalità e morbosità

L’analisi di mortalità costituisce il parametro di riferimento privilegiato per la valutazione di efficacia degli interventi di sanità pubblica.

Questa prassi è dovuta sia al fatto che nello studiare l’evento morte si ha il vantaggio di osservare un evento certo, sia al fatto che una distribuzione regionale, per sesso e cause di morte, che mostra uno scostamento sensibile da uno standard medio nazionale, può legittimamente autorizzare una analisi sulle cause che lo hanno determinato, siano esse imputabili al livello di qualità dei servizi, sia ad abitudini e stili di vita che poco hanno a che vedere con l’efficacia dei servizi, ma che invece richiedono opportune campagne di sensibilizzazione per essere modificati.

In Valle d’Aosta si evidenzia da molto tempo un tasso complessivo di mortalità più elevato rispetto alla media nazionale (anche se in linea con le altre aree del Nord) che è da attribuire essenzialmente ai maschi, poiché per le femmine tale valore è lievemente inferiore.

Anche se per entrambi i sessi le cause di morte riferibili al sistema circolatorio e ai tumori costituiscono, al pari delle altre aree di confronto nazionale, rispettivamente la prima e la seconda causa di morte, esiste uno "specifico regionale" a cui le azioni di politica sanitaria e socio sanitaria intendono rivolgersi per offrire una risposta operativa concreta.

Per cogliere le caratteristiche regionali della mortalità, possiamo esprimere l’evento morte con l’indicatore "Anni Produttivi di Vita Perduti", in quanto unisce la frequenza dell’evento all’età con cui si verifica e fornisce la misura del peso sociale e umano che le singole patologie producono portando alla morte degli individui ancora in età lavorativa.

Ciò che caratterizza la Valle d’Aosta è l’elevato numero di anni di vita perduti attribuibili a cause esterne (traumatismi) che colpiscono essenzialmente le classi giovani e che sono state, per i maschi residenti, la prima causa responsabile degli anni di vita perduti dal 1992 al 1997. A seguire i tumori, le malattie del sistema circolatorio e le malattie dell’apparato digerente.

Diversamente per le femmine, sulla cui longevità si è già detto, la prima causa degli anni di vita perduti sono i tumori, anche se i traumatismi e gli avvelenamenti assumono anche per questo sesso un peso rilevante.

In base invece all’analisi proporzionale della mortalità in Valle d’Aosta l’86,5% dei decessi nei maschi e l’84% nelle femmine è attribuibile alle 5 grandi cause di morte che sono, nell’ordine : le malattie del sistema circolatorio, i tumori, i traumatismi e gli avvelenamenti, le malattie dell’apparato respiratorio e le malattie dell’apparato digerente per cui anche per la nostra regione risulta appropriata l’indicazione di priorità di impegno suggerita dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 nella lotta a queste patologie.

L’analisi della frequenza dei ricoveri ospedalieri specifici per patologia conferma il peso che tale gruppo di patologie assume anche sulla domanda di assistenza in regime di ricovero. Nei casi in cui sia presente uno scostamento evidente tra la frequenza di decessi e la frequenza di ricoveri per quella stessa causa, il Piano offre un indirizzo teso o a ridurre la mobilità passiva o a creare dei progetti di dipartimentalizzazione sia aziendale che interaziendale.

Considerando un arco di tempo di 7 anni la Valle d’Aosta ha quindi fatto registrare per le malattie del sistema circolatorio e per i tumori rispettivamente il primo e il secondo posto tra le cause di morte, con tassi lievemente superiori nei maschi.

Al terzo posto compaiono le malattie dell’apparato respiratorio per entrambi i sessi.

Per i maschi le patologie letali dopo il quarto posto, costituito dai traumatismi, sono quelle relative all’apparato digerente, cause maldefinite, ghiandole endocrine, disturbi psichici, sistema nervoso e apparato genito-urinale, seguite da cause a minore frequenza.

Per le femmine il quarto posto è occupato dalle malattie dell’apparato digerente, seguono i traumatismi, le cause mal definite, ghiandole endocrine, disturbi psichici dove per queste ultime tre cause i tassi osservati sono maggiori dei corrispondenti osservati nei maschi.

Nella classe di età intermedia, 35-64 anni, è evidente una rilevanza relativa maggiore per i tumori, cui seguono le malattie del sistema circolatorio, dell’apparato digerente e i traumatismi. Essendo questa la classe di età a maggiore peso umano e sociale e anche quella privilegiata per un monitoraggio della mortalità utilizzabile a fini di Sanità pubblica, è sulla riduzione della mortalità specifica per queste cause che il Piano orienterà i principali obiettivi di salute.

Preponderante infine la frequenza dei traumatismi nella fascia 0-34 anni specie nei maschi, seguita a distanza da ghiandole endocrine e tumori dove, per i traumi si ipotizza una causa riconducibile agli incidenti stradali e alla pratica di sport e sulle altre due cause si profila la necessità di avviare studi analitici di mortalità differenziale per sesso, età e area di residenza.

Il distretto comprendente Aosta ad esempio, e seppure in misura minore quello della Media Valle, evidenziano un rischio di mortalità minore rispetto ai distretti della Alta e Bassa Valle: ciò vale sia per "tutte le cause" che per le singole categorie di causa di morte più frequenti, ad eccezione di "disturbi psichici" che classificano il distretto di Aosta come distretto maggiormente a rischio per tale affezioni. Poiché le analisi descrittive fino ad ora compiute non consentono in nessun caso di avanzare ipotesi eziologiche sulla mortalità differenziale, il Piano prevede la prosecuzione dell’analisi sulla mortalità anche in questa direzione.

Il quadro normativo nazionale

L’attuazione del Piano Socio Sanitario Regionale per il triennio 2002 - 2004 dovrà tenere conto del mutato scenario legislativo che si va definendo su scala nazionale ed internazionale.

Dalla seconda riforma sanitaria (D.lgs n.502/1992 e successive modificazioni) fino ai principi ispiratori del D.lgs n.229/1999, il ruolo assegnato alle Regioni è profondamente cambiato.

La legge n. 421 del 23 ottobre 1992 aveva delegato il Governo a provvedere, attraverso l’emanazione di uno o più decreti legislativi, "ad una ottimale e razionale utilizzazione delle risorse destinate al servizio sanitario nazionale, al perseguimento della migliore efficienza del medesimo a garanzia dei cittadini, all’equità distributiva ed al contenimento della spesa sanitaria, assicurando a tutti i cittadini il libero accesso alle cure e la gratuità del servizio nei limiti e secondo criteri previsti dalla normativa vigente in materia".

Su queste basi il Governo ha predisposto il D.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, riguardante il riordino della disciplina in materia sanitaria che, con le modifiche introdotte l’anno successivo, con il D.lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, può essere considerata la seconda riforma sanitaria italiana.

Le linee fondamentali del riordino del 1992, come è noto hanno riguardato:

la separazione delle attività di indirizzo da quelle di gestione con un rafforzamento della competenza regionale e l’istituzione delle Aziende Sanitarie (Aziende USL e Aziende ospedaliere) dotate di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica;

un nuovo sistema di finanziamento a prestazione sulla base di tariffe definite dalle singole Regioni, tenuto conto dei costi delle prestazioni medesime, che riflette lo schema della ripartizione dei poteri tra Stato e Regioni;

l’istituzione delle figure del direttore sanitario aziendale e del direttore amministrativo, nominati direttamente dal direttore generale e la creazione della dirigenza del ruolo sanitario articolata in due livelli;

l’introduzione del sistema dell’accreditamento con una apertura del mercato sanitario alla libera concorrenza tra strutture pubbliche e private e l'adozione sistematica del metodo di verifica e revisione della qualità e della quantità delle prestazioni;

l’istituzione dei Dipartimenti di Prevenzione cui vengono affidate le prestazioni di igiene e sanità pubblica, prevenzione e sicurezza in ambienti di lavoro, igiene degli alimenti e della nutrizione e veterinaria.

Successivamente, con la l.. 419/1998, il Parlamento ha tracciato i principi generali della nuova riforma attraverso quattro deleghe al Governo:

la prima, volta ad emanare appositi decreti di modifica ed integrazione del decreto di riordino del servizio sanitario nazionale;

la seconda, volta a riordinare la medicina penitenziaria;

la terza, volta a ridefinire i rapporti tra Servizio Sanitario Nazionale e Università;

la quarta, volta all’emanazione di un testo unico delle leggi e degli atti aventi forza di legge concernenti l’organizzazione e il funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale.

Tra gli atti attuativi di tali deleghe, il D.lgs 229/1999, meglio noto come riforma Bindi o terza riforma sanitaria, è senza dubbio quello più significativo. Pur riprendendo gli argomenti trattati nel riordino del 1992, e confermando i principi in esso contenuti, tale decreto ha apportato alcune modifiche di rilievo.

I principali contenuti della Riforma -ter possono così essere riassunti:

conferma del carattere aziendale delle Unità Sanitarie Locali e introduzione dell’autonomia imprenditoriale in sostituzione delle precedenti autonomie "organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica";

istituzione del Collegio di direzione che coadiuva il direttore generale affiancandosi al preesistente Consiglio dei sanitari;

partecipazione degli Enti locali al processo di programmazione sanitaria regionale anche in materia di valutazione dell’attività del direttore generale;

individuazione di criteri per la disciplina, da parte delle Regioni, dell’articolazione e dell’attività dei distretti sanitari;

definizione delle prestazioni socio sanitarie distinguendo in prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, che appartengono al settore sanitario, e prestazioni sociali a rilevanza sanitaria che appartengono al settore assistenziale;

conferma della validità del sistema di contabilità economico patrimoniale;

rafforzamento del ruolo del Dipartimento di Prevenzione ;

previsione dell’esercizio della libera professione anche per i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta ;

esplicitazione della necessità dell’autorizzazione ad attivare strutture sanitarie e conferma dell’accreditamento come requisito necessario per esercitare, attraverso appositi accordi contrattuali, attività sanitarie per conto del Servizio Sanitario Nazionale;

abolizione dell’assistenza sanitaria in forma indiretta;

disciplina di forme di assistenza sanitaria integrative mediante nuovi criteri;

definizione di una nuova disciplina per la dirigenza sanitaria che viene collocata in un unico livello e per la quale viene prevista l’esclusività del rapporto di lavoro con il servizio sanitario.

Sul versante della spesa, nonostante il decreto sia sostanzialmente teso al raggiungimento dell’obiettivo del contenimento e del riequilibrio dei costi nel settore, di fatto l’individuazione dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza viene effettuata contestualmente all’individuazione delle risorse finanziarie destinate al Servizio Sanitario Nazionale, compatibilmente alle risorse della finanza pubblica, quasi che il diritto alla salute si ponesse come "un diritto finanziariamente condizionato".

Per la Regione Autonoma Valle d’Aosta, dove da anni si è concretizzato un federalismo fiscale in materia sanitaria, questo condizionamento risulta solo apparentemente più sfumato, poiché i vincoli e gli standard definiti a livello centrale, , agiscono anche sulla nostra realtà e l’esistenza di una autonomia statutaria infatti non è sufficiente a garantire una reale autodeterminazione in materia sanitaria, riducendosi invece sempre di più alla sola funzione di autofinanziamento e autoripianamento di disavanzi spesso indotti da scelte esterne all’ambito locale.

In questo contesto va ad inserirsi il contributo fornito dall’ultimo Piano Sanitario Nazionale 1998 -2000 che, nello spirito di favorire un "Patto di solidarietà per la salute" tra tutte le regioni italiane che sia il più possibile indipendente dai singoli contesti socio economici e politici a carattere locale, ha alla base dei principi fondamentali che anche il Piano della Valle d’Aosta ha fatto propri.

Tali principi sono:

l’universalità di accesso alle cure, basato sulla valutazione del bisogno e non dell’eleggibilità sociale o economica;

l’eguaglianza nella accessibilità ad un ampio spettro di servizi uniformemente distribuiti, eliminando il più possibile le barriere geografiche dalla programmazione dei servizi;

la condivisione del rischio finanziario, perché il sistema di finanziamento deve garantire che il contributo individuale sia indipendente dal rischio di malattia e dai servizi ricevuti, ma determinato esclusivamente dalla capacità contributiva

Per quanto attiene le politiche sociali, la l. n.328/2000, legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, si pone al culmine di un processo che ha avuto inizio nel biennio 1990-1992 con l’emanazione di una corposa serie di provvedimenti legislativi di carattere nazionale che ridisegnano il rapporto pubblico-privato, ridefinendone responsabilità e competenze, nella gestione dei servizi pubblici territoriali. E’ l’insieme stesso dei confini tra le due sfere di relazione che viene messo in discussione e riformulato. Il complesso di rapporti biunivoci che lega i cittadini al proprio territorio di appartenenza e le modalità di governo e di gestione del territorio stesso mutano radicalmente. Si tratta di una stagione legislativa che non ha paragoni nella recente storia del nostro Paese se non con la fase di istituzione dello stato sociale nella seconda metà degli anni ’70.

I capisaldi di questo processo di innovazione legislativa sono stati:

la legge sull’ordinamento delle autonomie locali;

la legge riguardante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi;

la legge-quadro sul volontariato;

la legge di disciplina delle cooperative sociali;

la legge-quadro in materia di tossicodipendenza;

la legge riguardante gli interventi per i minori a rischio di coinvolgimento in attività criminose;

la legge-quadro sull’handicap.

A questa normativa vanno aggiunte le leggi in materia di infanzia e adolescenza riguardanti la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza e quella riguardante l’istituzione dell’Osservatorio nazionale e di quelli regionali per l’infanzia, approvate nel 1997, nonché la disciplina dell’immigrazione, introdotta nel 1998.

Gli aspetti fondamentali che emergono dalle leggi summenzionate possono essere così sintetizzati:

"mix pubblico privato", che riguarda la ridistribuzione di ruoli e funzioni tra i diversi soggetti delle politiche sociali. Le problematiche inerenti a questa area sono espresse in modo efficace dalle risposte alle seguenti domande:

chi eroga?

chi regolamenta?

chi finanzia?

modalità di partecipazione e controllo della cosa pubblica da parte dei cittadini.

Gli atti normativi regionali

Uno degli aspetti più importanti del D.lgs. 229/99 è quello di aver accentuato il ruolo di governo e di controllo delle regioni, a fronte di una più ampia autonomia gestionale attribuita alle aziende sanitarie locali, e di aver previsto una maggiore partecipazione degli enti locali alla programmazione e alla valutazione dei servizi sanitari.

La Regione Valle d’Aosta è stata tra le prime a dare attuazione alla "riforma ter" con la l.r. 25 gennaio 2000, n. 5 (Norme per la razionalizzazione dell’organizzazione del Servizio socio-sanitario regionale e per il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali prodotte ed erogate nella Regione).

Con la l.r. 5/2000 la Regione ha applicato i principi fondamentali della riforma prevedendo l’ulteriore sviluppo ed il completamento dei processi di:

regionalizzazione dell’organizzazione dei servizi sanitari;

aziendalizzazione dell’Unità sanitaria locale;

responsabilizzazione economica delle strutture;

integrazione fra prestazioni sanitarie ed azioni di protezione sociale;

coordinamento fra servizi sanitari e servizi di protezione dell’ambiente.

La l.r. 5/2000 ridefinisce i ruoli e le modalità di negoziazione tra Regione, USL e Comuni, introducendo procedure in grado di responsabilizzare i singoli enti e indirizzarli verso livelli maggiori di funzionalità. La copertura dei bisogni di salute e di assistenza e la qualità dei servizi sono garantiti da un tavolo di negoziazione in cui la Regione, perdendo antiche competenze gestionali, si profila come ente di indirizzo e di controllo, ovvero come una sorta di "cliente" dell’Azienda USL, che, a sua volta contratta le risorse a disposizione a fronte dei livelli di assistenza richiesti. Il tutto in una logica di coinvolgimento delle autonomie locali nel processo di programmazione, secondo modalità proprie dell’autonomia regionale.

La puntuale applicazione della l.r. 5/2000 e la sua verifica, anche alla luce di eventuali ulteriori mutamenti del quadro normativo nazionale, sono quindi, al di là di quanto sviluppato in alcuni punti del presente piano, obiettivi fondamentali della Regione per il prossimo triennio.

Oltre che dalla l.r. 5/2000 il quadro della principale normativa di riferimento in materia sanitaria è costituito dalla l.r. 70/1982 in materia di igiene e sanità pubblica, dalla l.r. 3/1996, relativa alla profilassi e cura delle malattie degli animali, e della l.r. 41/1995, istitutiva dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente.

Obiettivo del presente piano è la revisione anche in adeguamento alle modifiche intervenute nella normativa statale di riferimento di alcuni ambiti della legislazione regionale.

La legislazione regionale in materia di politiche sociali appare in perfetta coerenza con quella nazionale quando non avviene addirittura una diretta applicazione della normativa statale, come nel caso della l.104/92 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).

Per contro, vi sono settori di attività non coperti da norme statali per i quali ha supplito la legislazione regionale: anziani (l.r. 93/82 e successive modificazioni, concernente la gestione dei servizi e l.r. 80/90 in materia di opere pubbliche destinate agli anziani), assistenza economica (l.r. 22/93 e l.r. 19/94), famiglia (l.r. 44/98), asili-nido (l.r. 77/94 e successive modificazioni), formazione degli operatori socio-assistenziali (l.r. 10/87).

Vi è poi da rimarcare che con il D.lgs. 320/94, riguardante norme di attuazione dello Statuto speciale, sono state trasferite alla Regione le funzioni relative alle provvidenze a favore di invalidi civili, ciechi civili e sordomuti con la conseguente emanazione di norme regionali in materia (l.r.11/99).

Obiettivo del presente Piano è la revisione complessiva della legislazione in materia di assistenza economica con l’istituzione, tra l’altro, dell’indicatore regionale della situazione economica.

Le finalità strategiche del nuovo Piano

Il futuro assetto del servizio socio-sanitario della Valle d'Aosta prende avvio da una serie di linee guida di strategia programmatoria.

I sistemi sanitari dei paesi industrializzati sono uniformemente interessati da processi di progressiva specializzazione dei servizi ospedalieri verso un aumento della capacità di risposta ad emergenze cliniche, problemi acuti, interventi diagnostici e terapeutici ad alta complessità. Contestualmente si sta registrando un progressivo aumento delle problematiche legate alla disabilità ed alle malattie croniche che determinano una crescente domanda di servizi di assistenza a lungo termine ed a basso contenuto sanitario.

Questa situazione, di ampio contesto socio-assistenziale, deriva dai fenomeni sopra caratterizzati, entrambi conseguenti alla evoluzione della scienza medica, che impone di affrontare non solo il problema della specializzazione tecnologica dei servizi sanitari, ma anche quello di organizzare e gestire modelli di "long-term care" (o "assistenza a lungo termine") in ambienti sempre più professionali che riescano a garantire una qualità dell'assistenza costantemente aderente alle necessità della popolazione.

In questo capitolo generale sono descritti la visione generale ed i contenuti ispiratori del Piano Socio Sanitario Regionale per il triennio 2002 - 2004 che derivano da un confronto dell'analisi della situazione regionale esistente, ancora in parte condizionata dalle carenze del sistema informativo - comunicativo regionale, con la politica programmatoria nazionale e delle altre Regioni e l'evidenza scientifica in materia di allocazione ordinata e validata delle risorse.

Tutto il canovaccio programmatorio è stato sviluppato in una ipotesi di macro contesto caratterizzato dalla ricerca continua dell'integrazione tra assistenza sociale e assistenza sanitaria perché capace di garantire risposte:

equamente distribuite nella popolazione;

efficaci perché sinergiche;

complementari e quindi efficienti.

Le dinamiche dei nuovi bisogni sono evidenziate dalla necessità di servizi assistenziali per cure a lungo termine che sono in aumento costante perché condizionate da quattro fondamentali fattori :

L'invecchiamento generale della popolazione;

La riduzione della potenzialità di assistenza da parte dei nuclei familiari;

La caratterizzazione del sistema ospedaliero verso l'assistenza agli acuti con livelli sempre più spinti di specializzazione e di tecnologia;

L'aumento, specifico per classi di età, dell'aspettativa di vita media dei cittadini affetti da malattie croniche e disabilitanti.

In ogni contesto sociale studiato, l'invecchiamento della popolazione è sempre accompagnato da un incremento assoluto e relativo della popolazione disabile e della prevalenza delle malattie croniche. A sua volta esso determina l'aumento della aspettativa di vita dei cittadini affetti da patologie croniche disabilitanti (diabete, arteriosclerosi, scompenso cardiaco, malattie degenerative del sistema nervoso, lesioni midollari, emiplegie post-ictali, forme tumorali), spesso associate tra di loro o con altre malattie.

Con l'aumento dell'età media cresce inoltre il rischio di malattie disabilitanti, prima tra tutte l'ictus, con un forte incremento di domanda di assistenza nell'anno che segue l'evento disabilitante acuto.

L'incremento della popolazione anziana disabile, che cresce in Italia ad un ritmo del 2% l'anno (dato sostanzialmente analogo alla Valle d'Aosta) impone il problema della sua gestione continuativa di base, ma anche quello della assistenza nelle fasi di post - acuzie seguenti la ricorrenza di altre malattie o traumi.

Nel corso degli ultimi anni si è registrata peraltro una progressiva riduzione del numero medio dei componenti i nuclei familiari ed un aumento del lavoro femminile con la conseguente caduta delle tradizionali forme di assistenza familiare.

E' inoltre aumentata la consapevolezza dei bisogni e la gamma degli interventi clinico - terapeutici realizzabili a domicilio e nelle fasi post-acute, con necessità di un approccio più professionale alle cure domiciliari.

Analoga "vision" emerge dallo studio coordinato dall’Assessorato della Sanità, Salute e Politiche Sociali in merito alla realizzazione di Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) nel nostro territorio.

Per questi motivi, l’assistenza a domicilio è divenuta più complessa e condizionata dalla necessità di forti supporti esterni.

A questi fattori di ordine demografico e sociale si sono poi sovrapposte le nuove strategie organizzative della struttura ospedaliera, sempre più orientata alla gestione delle fasi acute di malattia o di interventi diagnostico-terapeutici di elevata complessità ed impegno che si contrappongono alle forme di assistenza fino ad ora prestate, parzialmente impegnate a soddisfare bisogni assistenziali non sufficientemente coperti dalla rete di servizi distrettuali territoriali. Anche in questo caso la realtà regionale trova analogie con quella nazionale ed è opportuno evidenziare come attualmente la struttura ospedaliera si fa responsabilmente carico, all'interno della struttura per acuti, di bisogni tipicamente lungodegenziali e riabilitativi a valenza programmatoria tipicamente territoriale.

La diversità delle necessità strutturali, professionali, organizzative e gestionali tra acuzie ed "long term care" obbliga tuttavia ad un ripensamento programmatorio capace di distinguere le due principali fasi assistenziali ma anche di integrarle in una rete di servizi coordinata e funzionale in continuità con quanto affermato dal precedente piano socio-sanitario regionale valdostano.

Si pone quindi con urgenza assoluta il problema dello sviluppo della assistenza sociosanitaria a lungo termine (domiciliare, intermedia e residenziale) di più ampie fasce e tipologie di cittadini, con almeno tre diverse necessità:

Gestione a breve/medio termine di cittadini anziani, disabili, in fase di convalescenza post-acuta o post-chirurgica, o comunque con necessità di eseguire terapie programmate in un ambiente con assistenza infermieristica;

Riabilitazione in fase post-acuta;

Gestione a lungo termine di cittadini non autosufficienti.

Le modalità di intervento variano naturalmente in relazione alle diverse tipologie di cittadini assistiti ed ai loro specifici bisogni, ma appaiono sempre riconducibili all'originario concetto di Salute, richiamato anche recentemente dall'Organizzazione Mondiale della Sanità nel programma "Health for all", capace di integrare l'assenza di malattia e la prevenzione dei rischi con il benessere fisico, psichico e sociale.

Le modalità di sviluppo della domanda di servizi di assistenza a lungo termine si concretizzano in risposte strutturali che possono variare tra due estremi: da un ambiente domiciliare adeguatamente attrezzato e seguito da équipes sociosanitarie professionali di riferimento, a soluzioni di ricovero in strutture autonome collegate al contesto di un complesso ospedaliero per acuti.

In Europa e in Italia le cure domiciliari hanno visto sperimentare modelli assistenziali diversi, che vanno dalla semplice ADI, (Assistenza Domiciliare Integrata) ad esperienze di vera ospedalizzazione domiciliare, passando attraverso esperienze settoriali quali l'hospice, l'ospedale di comunità (country hospital), i letti di sollievo (inserimento temporaneo presso strutture residenziali).

Negli ultimi anni si è quindi registrato in Italia un progressivo incremento dell'utilizzo di servizi domiciliari, con una spesa che è salita del 38% dal 1996 al 1998, passando dal 1,56 al 2,12 % del Fondo Sanitario Nazionale (stima su Dati Ministero della Sanità), per una quota di cittadini assistiti in ADI che costituisce circa il 3,5% della popolazione anziana.

Per quanto concerne le attività di degenza nel corso degli ultimi anni, in assenza di una precisa strategia di sviluppo del long - term care, si sono affermati in Italia diversi modelli assistenziali realizzati in parte in sede ospedaliera ed in parte in strutture residenziali.

Nel corso degli ultimi anni si è registrato un forte incremento della degenza ospedaliera classificata come cod. 60 (Lungodegenza) e cod. 56 (Riabilitazione), con un incremento annuo medio di ricoveri del 9,5% nel triennio 1995-1997 (Fonte: Banca Dati SDO, Ministero della Sanità).

Per quanto concerne le strutture extra-ospedaliere, in una situazione in cui l'Italia si presenta ancora come uno dei paesi europei con maggior carenza di servizi per l'assistenza continuativa, la tipologia organizzativa delle RSA appare tuttora abbastanza "incerta", con forti differenze regionali.

Il contesto valdostano ha tuttavia trovato risposta efficiente nella realizzazione delle Microcomunità, risposta organizzativa quest'ultima capace di adeguarsi alla variegazione del territorio, di mantenere le radici e di promuovere lo sviluppo di attività lavorative locali. Nonostante l'indice di sviluppo di strutture extra-ospedaliere dedicate sia molto aumentato negli ultimi anni, esso risulta ancora molto inferiore rispetto ai dati di utilizzo di paesi con sistemi più avanzati di "continuing care", come il Canada, o verso paesi europei come la Francia, la Gran Bretagna o l'Olanda, dove circa il 15-20% della popolazione anziana riceve assistenza continuativa a domicilio o in residenze specializzate .

Anche se questi dati possono essere viziati da un diverso modello socio-familiare e di tradizioni assistenziali, l'analisi strutturale dei bisogni assistenziali della popolazione disabile porta a prevedere un'ulteriore crescita della domanda, negli anni, in questi settori di attività, in rapporto più che proporzionale all'aumento degli indici di invecchiamento e di disabilità della popolazione .

Sul versante della specializzazione, che presuppone lo studio di tipologie edilizie, percorsi assistenziali, formazione specifica del personale, bisogna sviluppare una sperimentazione capace di valutare, o definire se inesistente, l’adozione di sistemi di riparto della spesa sociosanitaria basati sulla tipologia dei cittadini assistiti, studiati rispetto non alla diagnosi clinica ma al carico assistenziale

La programmazione sanitaria deve inoltre prevedere la realizzazione di strutture destinate alla gestione sociosanitaria integrata di specifiche problematiche clinico - assistenziali come i nuclei assistiti speciali per l’Alzheimer, o specifiche forme di assistenza per cittadini con comi. Il collegamento di queste strutture con il sistema ospedaliero dovrà essere di tipo sia strutturale che organizzativo. Se la loro localizzazione più adeguata appare infatti fuori dall'ospedale, avrà valore fortemente strategico che esse mantengano con l'ospedale una connessione funzionale, nell'ambito di programmi di gestione della malattia (Disease Management) e di gestione del singolo caso clinico (Case Management) che garantiscano continuità assistenziale, appropriatezza delle cure e garanzia dei livelli assistenziali necessari.

La situazione come sin qui delineata obbliga la funzione programmatoria a disegnare una rete dei servizi sanitari che preveda:

una forte funzione di analisi dei bisogni;

una funzione preventiva capace primariamente di contrastare i fattori di rischio delle malattie cronico - degenerative e secondariamente di riconoscerne le iniziali manifestazioni;

una funzione distrettuale capace di governare la domanda ed organizzare la produzione di assistenza primaria e di cure a lungo termine;

una funzione ospedaliera efficace ed efficiente nella cura dell'acuzie ed in grado di fornire il corretto supporto alle strutture extra ospedaliere di assistenza sociosanitaria.

Per quanto attiene la prevenzione, da molti anni le attività di cui è nota l’efficacia, si sono moltiplicate e ampliate anche al di là dell’ambito classico dell'igiene pubblica, storicamente centrato su interventi di contrasto delle patologie infettive.

Rilevanti sono al riguardo i risultati ottenuti con il controllo dell'approvvigionamento idrico, dell'allevamento del bestiame, e dell'inquinamento da inquinanti dell'aria e con le vaccinazioni.

Questo Piano vuole consolidare i risultati raggiunti dalle numerose campagne di prevenzione, da quelle per i tumori femminili, a quelle contro l’abuso di alcol e droghe, a quelle contro gli infortuni e gli incidenti stradali e perfezionare la valutazione dei programmi attuati anche mediante la valorizzazione del servizio comunicativo ed informativo verso la popolazione e gli operatori del settore.

La vera novità consiste però nella possibilità di contrastare alcune forme patologiche cronico-degenerative che costituiscono ormai la parte preponderante della mortalità generale.

Se fin dall'antichità era noto che gli stili di vita e l'alimentazione potevano condizionare la salute, non nota era l'entità del beneficio preventivo che alcuni di questi fattori possono indurre.

E' possibile infatti sapere di quanto l'attività fisica moderata o l'alimentazione corretta possono ridurre la mortalità per incidente cardiaco acuto, quanto l'abitudine al fumo di sigaretta incide sulla prevalenza e sull'incidenza del tumore del polmone.

Per quanto riguarda altre forme di esposizione al rischio, l'esperienza di Nazioni vicine e delle stesse campagne avviate in territorio valdostano in applicazione delle indicazioni del precedente Piano, dimostrano l'efficacia di estendere la prevenzione dei rischi agli infortuni domestici e stradali, divenuti entrambi una delle maggiori cause di morte per la popolazione attiva.

Riguardo agli interventi di tipo secondario, l'efficacia di screening, effettuati sulla base di esami diagnostici sempre più sensibili e specifici, è sicuramente fondata per patologie tumorali femminili che sempre più possono essere affrontate con successo quanto più precoce è la loro diagnosi.

Tuttavia la funzione programmatoria deve tenere in considerazione le due principali criticità che limitano la penetrazione e l'applicazione di programmi preventivi efficaci e di alto valore morale e finanziario:

le attività di prevenzione per essere efficaci devono essere applicate in maniera vasta e continua;

le attività di prevenzione comportano un disagio certo per un gran numero di persone in vista di un vantaggio che sarà distribuito statisticamente.

Molti dei fattori di rischio delle patologie cronico - degenerative sono costituiti da abitudini particolarmente piacevoli o socialmente premianti, ne consegue che gran parte della popolazione è fortemente riluttante a modificare i propri stili di vita preferendo la soddisfazione immediata ad un ipotetico e statistico vantaggio futuro.

La valenza strategica prioritaria appare quindi essere la costruzione di un paradigma culturale di riferimento e, di conseguenza, di operatori di prevenzione che siano in grado di mettere in discussione l'attuale impianto generale (normativa, abitudini degli operatori, percorsi formativi universitari) orientato esclusivamente alla repressione.

La strategia ipotizzata nel presente piano si fonda sui seguenti presupposti:

Attenzione specifica all'interazione con i destinatari della prevenzione grazie alla quale definire strategie veramente efficaci di intervento

Formazione degli operatori volta a sviluppare tecniche di approccio alla popolazione che possano condurre a risultati concreti.

Il distretto

Il D.lgs 229/99 individua il Distretto come una delle principali macrostrutture dell’ Azienda USL, che, in un definito ambito territoriale, governa la domanda sanitaria e organizza la produzione di "assistenza primaria" erogata dai servizi territoriali.

Viene quindi a delinearsi la nuova funzione del distretto quale struttura organizzativa preposta all'erogazione dell'assistenza primaria e all'integrazione tra i servizi e la rete sociale di solidarietà, formale ed informale.

In tale ambito si esplica e si valorizza il ruolo assegnato, anche dalla normativa , all'assistenza sociale, ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta, quali referenti diretti per la salute delle persone e delle famiglie, indirizzo e guida all’ utilizzazione dei servizi e agenti delle funzioni educative e di promozione della salute.

Oltre alle funzioni di produzione e di integrazione fra i servizi sanitari e sociali, il Distretto è chiamato a garantire ai propri cittadini utenti l'accesso ai servizi reputati necessari per avere una risposta appropriata ai loro bisogni di salute. Questa funzione si configura in termini di 'committenza' e rende il Distretto "porta di accesso" privilegiata alle reti dei servizi regionali, aziendali e degli enti locali.

Il Distretto dovrà quindi assicurare la funzione di produzione, la funzione di committenza e la funzione di integrazione socio - sanitaria sviluppando modelli di integrazione orizzontale che garantiscano l'appropriatezza, l'adeguatezza e la continuità degli interventi multiprofessionali.

E' opportuno sottolineare come sarà importante valorizzare l'autonomia del Distretto nell'ambito del consolidamento da parte dell'azienda delle funzioni di programmazione e di controllo delle attività svolte e degli obiettivi perseguiti.

Lo strumento organizzativo più idoneo al perseguimento degli obiettivi di salute indicati risiede nella rete integrata dei servizi del Distretto.

Il modello prevede che i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta operino all'interno del Distretto e che vengano poste le basi per la realizzazione delle reti integrate dei servizi che ipotizzino l'instaurarsi di relazioni funzionali fra équipes multiprofessionali orientate ai processi di cura degli utenti.

Ne deriva che l'organizzazione distrettuale deve definire chiaramente i percorsi diagnostico - terapeutici ed assistenziali, assicurando sia l'accesso tempestivo a tutti i servizi sia la continuità delle cure.

E' quindi automaticamente favorito uno stile di lavoro per équipes multiprofessionali che sviluppino programmi ed obiettivi orientati al cittadino ed all'applicazione al cittadino

dei percorsi assistenziali standardizzati all'interno di dipartimenti misti ospedale - territorio.

Troverà così solide basi di sviluppo il modello delle reti cliniche integrate che prevede che la maggior parte delle attività sanitarie svolte sul territorio sia caratterizzata da bassa complessità sanitaria e da alta complessità assistenziale.

Il concetto di bassa complessità sanitaria fa riferimento alla bassa intensività delle cure e si distingue, rappresentandone contestualmente la complementarietà, dall'alta complessità sanitaria, riferita alla intensività delle cure, proprie dell'assistenza ospedaliera.

L'alta complessità assistenziale fa riferimento invece alla molteplicità dei professionisti dell'ambito sanitario e sociale coinvolti e ai fattori di contesto ambientale.

La programmazione secondo reti di servizi si deve applicare:

a livello aziendale, evidenziando la necessità di integrare i piani di attività delle diverse unità operative secondo programmi orizzontali orientati a sottogruppi di popolazione focalizzati sul servizio reso, anziché sulla prestazione prodotta;

a livello del singolo servizio, favorendo l'organizzazione per team multiprofessionali orientati all'utilizzatore e per processo , anziché per ambiti di competenze e/o per linee gerarchiche proprie degli ordinamenti professionali.

La "mission" del Distretto è quella di governare la domanda di salute della popolazione di riferimento assicurando i servizi di assistenza primaria relativi alle attività sanitarie e sociosanitarie che il D. lgs. n. 229/99 richiama ed elenca all'art. 3-quinquies, e che sono riprese e specificate all'art. 30, comma 4, della l.r. 5/ 2000.

Le funzioni derivanti dall'impianto normativo che rientrano nella "mission" del Distretto comprendono sia attività strettamente gestionali, sia attività riferibili alla funzione strategica aziendale.

E’ necessario pertanto distinguere le responsabilità proprie della produzione di servizi a valenza territoriale dalle funzioni di committenza.

Queste ultime si richiamano:

all'esercizio della funzione di programmazione dei servizi necessari per la popolazione di riferimento

alla funzione di integrazione istituzionale dei servizi sanitari e sociali

alla titolarità dei rapporti con le rappresentanze istituzionali della popolazione e con le forme di aggregazione spontanea.

al monitoraggio delle attività e alla valutazione dei servizi prodotti.

Per conseguire la sua "mission" il Distretto:

Valuta sistematicamente i problemi di salute della popolazione di riferimento al fine di governare la domanda di servizi;

Coordina e integra fra loro le attività di assistenza sanitaria territoriale con l'assistenza sociale e valorizza l'integrazione tra i servizi e la rete sociale di solidarietà formale e informale;

Garantisce l'assistenza primaria alla popolazione di riferimento attraverso le strutture ed i servizi presenti sul territorio destinati all'assistenza sanitaria di primo livello ed all'assistenza sociosanitaria a rilievo sanitario;

Assicura l'equità di accesso, la tempestività, l'appropriatezza e la continuità delle cure per la popolazione di riferimento ovvero organizza l'accesso dei cittadini a tutte le prestazioni ed i servizi direttamente gestiti secondo programmi intersettoriali promossi congiuntamente con gli enti locali;

Definisce i servizi necessari per la popolazione di riferimento;

Programma le attività territoriali sulla base di priorità, obiettivi e risorse definiti tra la Regione, l’Azienda USL e gli Enti locali;

Valuta l'efficacia dei servizi attraverso la verifica delle attività svolte e dei risultati raggiunti;

Promuove la comunicazione nei confronti dei cittadini degli obiettivi di salute e dell'accessibilità ai servizi sanitari e sociosanitari all'interno di un sistema aziendale integrato di comunicazione.

Al fine di perseguire efficacemente detti obiettivi risulterà necessario operare in un contesto che preveda una funzione di governo clinico inteso come strumento di realizzazione della qualità dei servizi prodotti dall'Azienda sanitaria.

Il governo clinico è l'insieme di comportamenti, responsabilità e azioni che l'organizzazione e i professionisti si danno per garantire il miglioramento continuo dei servizi erogati e la salvaguardia degli standard assistenziali.

Gli strumenti del governo clinico sono:

linee guida condivise redatte grazie alla medicina basata sulle evidenze;

procedure definite;

chiara definizione delle linee di responsabilità organizzative;

programma di miglioramento continuo della qualità;

piani per la formazione professionale permanente;

politiche per la gestione dei rischi e per affrontare adeguatamente i problemi di scarsa performance;

valutazione multidimensionale dei problemi e dei bisogni del cittadino;

presenza di chiare linee di responsabilità per la qualità dell'assistenza, tenendo conto del ruolo dei cittadini e degli assistiti nel definire e valutare la qualità percepita;

audit clinico sui singoli casi.

La funzione di committenza che il Distretto deve assumere è intesa come la definizione dei servizi necessari per rispondere ai bisogni di salute della popolazione di un determinato territorio e come lo strumento indispensabile per la programmazione.

Si ritiene opportuno riportare all'interno dell'Azienda sanitaria l'esercizio della funzione di committenza e il Distretto è la sede elettiva per l'esercizio di detta funzione.

In questa luce si evidenzia la necessità di spostare i centri decisionali per la determinazione dell'offerta dai luoghi di cura (Ospedale) ai luoghi dove nasce e si rileva il bisogno (Distretto).

Il governo di questo complesso processo fa capo ai direttori del Distretto, in stretta connessione con le altre articolazioni aziendali e con la struttura regionale competente in materia di politiche sociali; la direzione generale ne assicura il coordinamento, la coerenza con i bisogni di salute e la compatibilità con le risorse disponibili.

La funzione di committenza ha in sé tutto il potenziale di forte leva per il cambiamento, poiché può accelerare l'evoluzione di servizi equi ed efficaci necessari a migliorare la salute della popolazione di riferimento e orientare tutta l'attività del servizio sanitario regionale verso quel "guadagno in salute " che è l'obiettivo centrale del piano sanitario.

Il fine della committenza è quello di fare l'uso migliore delle risorse per migliorare la salute e prevenire la malattia, sia acquisendo e negoziando i servizi necessari, sia cercando di influenzare altre organizzazioni affinché contribuiscano a questo scopo, in una visione di sistema che pone la salute di una determinata popolazione come preoccupazione globale dell'intero sistema sociale e non solo della sanità.

Per il successo della funzione di committenza è necessaria: l'aggregazione organizzativa e funzionale di quanto è ora svolto frammentariamente nel Distretto e in altre strutture tecniche dell'Azienda USL, un riordino delle attività del sistema informativo distrettuale - compreso quello relativo alla rilevazione delle attività di integrazione socio-sanitaria - una precisa individuazione delle modalità di verifica delle attività e di monitoraggio degli accordi contrattuali di fornitura. Nel Distretto dovranno risiedere le competenze per la lettura e valutazione dei bisogni della popolazione residente, collegate strettamente alle conoscenze distrettuali ed aziendali preposte alle valutazioni epidemiologiche.

Le conoscenze dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e degli specialisti convenzionati relative al governo clinico delle malattie afferenti alle cure primarie saranno un costante supporto per la definizione qualitativa e quantitativa dei volumi di prestazioni e di attività necessarie per affrontare le patologie prevalenti.

L’ospedale

Di fronte a cambiamenti che riguardano ormai tutto lo scenario in cui l'ospedale opera, appare improcrastinabile una profonda revisione del suo ruolo futuro.

L'ospedale che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni è destinato a mutare profondamente sotto la spinta di una crescente domanda, sia di autonomia nelle scelte fondamentali, sia di integrazione tra ospedale e territorio, capace quest’ultima di garantire continuità assistenziale e cura.

Criticità relative a carenze di professionalità sia mediche (anestesisti, radiologi, cardiologi, ) sia assistenziali (infermieri professionali, tecnici dei servizi, ) imputabili ad errate scelte programmatorie centrali ed universitarie, impongono una rivisitazione delle scelte organizzative improntata su soluzioni di tipo dipartimentale sia all’interno che all’esterno dell’ospedale (dipartimenti strutturali, per obiettivo, misti, interaziendali).

Uno degli elementi centrali nel processo di trasformazione è costituito dalle esigenze di continuità della cura e di equità allocativa, cioè di pari opportunità di accesso alle prestazioni .

Un altro elemento di rilievo è senza dubbio quello tecnologico, dato che l'ospedale non può non essere la sede di concentrazione delle tecnologie complesse, pur in presenza della necessità di consentire l'accesso ad esse ad una gamma vasta ed anche remota di cittadini.

Tutto ciò porta ad individuare modelli organizzativi futuri profondamente diversi dagli attuali, in cui si perderanno i rapporti fra la complessità delle prestazioni erogate e la dimensione delle sedi di erogazione, fra specializzazione e governo autonomo dei processi di cura, fra territorialità e distribuzione delle specialità.

In questo contesto appare molto complessa la sfida proposta agli operatori del settore, che richiede apertura culturale, capacità di accettazione del rischio e determinazione nella creazione di nuovi sistemi valoriali di riferimento capaci di riconoscere nel pubblico un interlocutore abilitato a scegliere ed a giudicare.

Varie e diversificate possono essere le ipotesi di scenario organizzativo in cui calare la definizione ottimale del futuro ruolo dell’ospedale.

La prima implica un’attenzione privilegiata all’interazione tra ospedale e ambiente sociale di riferimento sotto il profilo del management gerarchico, partendo dalla riverifica periodica della mission aziendale, delle prospettive di privilegio in positivo e in negativo del ruolo istituzionale (core business) e dei processi di selezione della complessità visti in riferimento alle sfide ambientali.

Un’ipotesi diversa tende invece a privilegiare il sistema sociale di area vasta e presenta, al riguardo, due principali forme organizzative:

la prima è quella che corrisponde alle esperienze del welfare state del dopoguerra in Europa occidentale con un sistema sanitario nazionale organizzato attorno ad un forte potere statale, gestore anche diretto delle cure ;

la seconda, più recente, appena introdotta anche in Italia, vede il sistema sociale ad area vasta come una "rete di nodi" in cui l’ospedale costituisce solo uno dei nodi. Il sistema sociale della rete esprime al meglio un processo di continuo autoadattamento reciproco in funzione dei bisogni della popolazione, in una continua ridefinizione dei percorsi assistenziali individuati grazie alla scelta del latore della domanda (Distretto) tra tutti i servizi offerti dalle strutture sia pubbliche che private.

Un primo aspetto da considerare riguarda il problema, fondamentale di ogni organizzazione, di come raccordare le motivazioni individuali a quelle del gruppo che, per l'ospedale, si pone in forma particolarmente importante per via del radicale mutamento degli scopi che esso sta attraversando come istituzione.

Il vissuto soggettivo dei cittadini s'intreccia infatti con quello degli operatori ed il governo del personale ha effetti diretti sull'utenza; il problema è come promuovere l’identità e l’appartenenza degli operatori in modo che contribuiscano in parallelo a rafforzare l’identità e l’ appartenenza dei cittadini.

Per definire il ruolo dell'ospedale, e di conseguenza il suo assetto organizzativo e strutturale, sarà quindi sempre più necessario basarsi su di una analisi epidemiologica dei bisogni di salute che sono talvolta inespressi e quindi non sempre coincidenti con la domanda effettivamente rivolta agli operatori del settore.

Un secondo aspetto significativo della nuova "vocazione" ospedaliera, in parte derivante dall’aspetto appena descritto è comune al territorio ed è quello che riguarda la promozione della salute intesa secondo i dettati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità come benessere della persona riguardo al fisico, alla psiche, all’integrazione sociale, alla umanizzazione dei servizi.

Sarà quindi necessario porre attenzione ai problemi riguardanti l’appropriatezza delle prestazioni, ma anche sviluppare intensamente modelli organizzativi ed assistenziali che promuovano l’adeguatezza dei modelli assistenziali al target di cittadini interessati.

Sarà quindi sempre più necessario diversificare e rendere flessibile l’offerta anche in funzione della qualità percepita e delle caratteristiche della popolazione servita; se infatti l’offerta di assistenza diurna (day hospital) per una operazione di cataratta può apparire congrua in un soggetto giovane, per un anziano si tradurrà in un problema assistenziale di non facile soluzione.

L’ospedale sarà inoltre nel futuro sempre più coinvolto in iniziative di cultura della salute in ambiti sia divulgativi, che preventivi e curativi quale catalizzatore non prevaricante o partner scientifico paritario.

La struttura dell'offerta sanitaria, in specie quella ospedaliera, deve quindi essere organizzata in funzione del soddisfacimento dei bisogni complessivi di salute della popolazione, sulla quale incidono naturalmente, in modo più o meno rilevante, fattori esterni quali l’età, l'ambiente, il lavoro, il tempo libero,

La medicina moderna si trova oggi ad affrontare il conflitto fra l'esigenza di garantire continuità tanto nella cura quanto nella conoscenza dell'ammalato e quella di operare in contesti ad alto contenuto in tecnologia e ad alta specializzazione.

Le forme organizzative funzionali alle due esigenze sono diverse e non facilmente compatibili l'una con l'altra.

A titolo di esempio si può, affermare che patologie a bassa intensità di cura e caratterizzate da cronicità, dovrebbero essere prevalentemente trattate fuori dall'ospedale, pur dovendo garantire anche ad esse un accesso alla migliore tecnologia e alla migliore competenza professionale.

La maggior parte delle patologie croniche richiede inoltre l’integrazione di competenze diverse, in parte non mediche, in parte non sanitarie. Il requisito della comunicazione diviene quindi determinante e dominante ai fini del conseguimento della qualità del servizio e del rapporto con i cittadini.

Nella definizione dei modelli di funzionamento degli ospedali e di quelli di integrazione fra ospedale e territorio, si incontra dunque la contraddizione per cui la maggior parte della competenza medica risiede nell'ospedale ed è poco abituata a fornire prestazioni all'esterno in un contesto di bassa intensità di cura, mentre invece la domanda di cure nasce prevalentemente sul territorio e richiede l'accesso alla competenza medica e alla tecnologia ospedaliera in modo limitato, ma preciso.

Il problema centrale è quindi quello di definire processi clinico - assistenziali in cui l'obiettivo della conservazione di uno stato sufficiente oltre che adeguato di salute e di autosufficienza sociale venga affidato ad un "gestore del processo" (owner of the process) che abbia accesso all'ottenimento di tutte le prestazioni occorrenti al conseguimento del risultato (Distretto).

Pur essendo ipotizzabile, nel breve periodo, l'esistenza di diversi livelli possibili di ospedale , il modello tendenziale è quello tecnologico; con il tempo, gli altri tipi di ospedale dovranno scomparire ed essere assorbiti nell'attività territoriale così da lasciare all'ospedale (per quella parte non gestibile in day hospital o in ambulatorio) lo svolgimento di attività ad elevato contenuto tecnologico non solo chirurgica, ma anche relativa alla medicina per acuti.

Pertanto, gli elementi fondamentali che verranno considerati per la ridefinizione della mission ospedaliera sono:

l'intensità di cura;

la stratificazione dei tipi di casistica trattata;

l'accesso a tecnologie complesse all'interno di un sistema a rete;

il dimensionamento operativo;

il modello organizzativo;

l'esigenza didattica.

Per quanto riguarda infine la sovrapposizione tra alcune attività erogate in sede ospedaliera e funzioni proprie di altri livelli assistenziali, questo rappresenta oggi un continuum operativo che spesso garantisce al cittadino opzioni differenziate di scelta, ma non contribuisce ad una visione organica e razionale del servizio.

I problemi della riabilitazione, della lungodegenza e delle attività di Hospice, costituiscono aree di grande interesse, non solo per la fragilità dei cittadini coinvolti, ma anche per la penalizzazione che la carenza di tali servizi pone all'efficienza gestionale dell'attività ospedaliera.

In particolare, per quanto riguarda il ruolo da riservare alla riabilitazione dovrà essere studiata in Valle d’Aosta l’applicazione di modelli organizzativi riguardanti :

la localizzazione extra-ospedaliera per la riabilitazione estensiva ed intermedia;

la qualificazione ospedaliera per processi di riabilitazione intensiva per patologie gravi (con strutture mono o polispecialistiche);

l'inserimento in ospedale della riabilitazione ad alta specialità.

Lo sviluppo di tali ipotesi organizzative è destinato ad accentuare sia l'integrazione intraospedaliera (diagnosi, terapia medica o chirurgica, riabilitazione ad alta intensità) sia la territorializzazione delle cure.

Nell'organizzazione interna dell'ospedale, considerati il D.lgs 229/99 e la l.r. 5/2000, che delineano l’esistenza di una figura organizzativa dipartimentale forte, sarà necessario propendere per un'organizzazione di tipo dipartimentale, in particolare per coinvolgere i medici nelle responsabilità gestionali.

Il numero delle specialità e delle sub-specialità mediche e chirurgiche è in continuo aumento e solo l'interazione dei vari specialisti e sub-specialisti può garantire ai cittadini un'assistenza moderna.

Dal punto di vista organizzativo e gestionale il Dipartimento consente di superare le barriere funzionali e l’attribuzione vincolata di personale e di attrezzature all'interno delle singole specialità, che hanno provocano perdite di efficienza ed elevati costi. Inoltre, l'attribuzione dei posti letto alle diverse specialità tende a dilatare le degenze, con relativi oneri, in un periodo in cui le moderne tecniche chirurgiche e le nuove metodologie organizzative consentono di contrarre i posti letto e di diminuire i costi di degenza.

Anche dal punto di vista della ricerca e della didattica, i vantaggi della dipartimentalizzazione potranno essere considerevoli; quest’ultima può infatti far meglio decollare la ricerca biomedica che è fondamentale per la realizzazione di un'efficace politica di sviluppo e di miglioramento dell'attività assistenziale.

In questa logica sarà necessario perseguire l'integrazione della migliore evidenza, desumibile dagli studi disponibili (medicina basata sulle evidenze), con la pratica clinica, definita alla luce della esperienza di ciascun medico, e con la valutazione delle preferenze del cittadino e del rapporto costo - efficacia delle procedure.

La valutazione dell'attività svolta dovrà considerare anche elementi di soddisfazione della popolazione servita, di adeguatezza, di umanizzazione e di qualità della vita ospedaliera.

L'innovazione tecnologico - comunicativa rappresenta una fondamentale opportunità per consolidare la fiducia del cittadino nel medico, nei servizi sanitari e nell'ospedale quale servizio pubblico.

Occorre gestire con sistematicità l'informazione ai cittadini sull'accessibilità ai servizi sanitari, gestire l'informazione sulla malattia e sui percorsi diagnostico-terapeutici e informare i cittadini stabilendo con essi una relazione di aiuto.

Il modello teorico ideale dell'organizzazione professionale moderna è quello in cui l'informazione, coniugata alla responsabilità, sostituisce la gran parte dei meccanismi autoritari e burocratici di controllo. L'informazione e la comunicazione permettono di orientare il comportamento dei professionisti agli obiettivi strategici dell'azienda e quindi anche all'efficacia ed all'efficienza.

Queste riflessioni confortano la considerazione che sarebbe errato un approccio tutto autoreferenziale all'ospedale rispetto al restante: l'ambiente dell'ospedale sarà sempre meno passivo specie al crescere del livello di istruzione e di reddito dei cittadini (si pensi ad esempio alla crescita della prevenzione e dell'interesse personale del cittadino alla cura).

La configurazione dell'ospedale, basata sul decentramento e sulla deospedalizzazione, richiede infatti un potenziamento della capacità di collegamento interno - esterno (teleconsulto, teleassistenza) ed una diversa forma di aggregazione delle varie unità di produzione sanitaria, che non vivono più in interazione con un ambiente chiuso (l'ospedale tradizionale), ma con un numero pressoché infinito di altre esperienze e competenze.

L'esplicitazione delle linee programmatorie strategiche non può prescindere da un accenno al progetto di costituzione di una rete assistenziale sanitaria interaziendale ed interregionale che porti al superamento di alcune criticità che hanno origine dalla conformazione del territorio, si accentuano a seguito delle difficoltà di reperimento di professionalità sanitarie ed infine si radicalizzano sulla base di sovrapposizioni, o carenze, di offerta assistenziale.

L'opportunità offerta dalla messa in rete delle strutture assistenziali valdostane e canavesane appare quindi una valida risposta a tali esigenze garantendo strutture capaci di rispondere in maniera integrata al fabbisogno assistenziale della popolazione di riferimento.

Il modello sperimentatale e la specificazione delle motivazioni che supportano una tale ipotesi programmatoria sono descritti nel capitolo appositamente dedicato all'interno del capitolo degli "obiettivi trasversali" del presente Piano.

Il management in sanità ha una funzione strumentale rispetto al fine di tutela della salute: serve a realizzare, tramite un aumento dei livelli di efficienza e di produttività, condizioni più favorevoli per produrre risposte ai problemi di salute delle singole persone e delle diverse comunità; contribuisce, insieme ad altri tipi di conoscenze, a governare la distribuzione e l’impiego delle risorse economiche in modo da perseguire il massimo rapporto tra benefici e costi.

I sistemi di management sono sistemi di conoscenze, competenze e abilità che consentono, se utilizzati correttamente, o impediscono, se al contrario mal utilizzati, agli operatori sanitari di combinare al meglio le risorse per ottenere risultati finali dopo essere passati attraverso risultati intermedi.

L’art.3 comma 1 ter del D.lgs. 229/99 rinforza ulteriormente quanto sancito dalla precedente normativa in tema di principi informativi della attività di gestione della sanità pubblica; esso infatti, testualmente recita : " Le Aziende informano la propria attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità e sono tenute al rispetto del vincolo di bilancio ,attraverso l’equilibrio di costi e ricavi, compresi i trasferimenti di risorse finanziarie. Agiscono mediante atti di diritto privato?.. omissis?.."

Il nuovo ambiente istituzionale ed economico impone lo sviluppo di capacità aziendali orientate al budgeting, al controllo di gestione, alla contabilità analitica , al reporting (per i centri di responsabilità e per la direzione), alla valutazione e all’analisi dei dati, al miglioramento dei flussi informativi, ai collegamenti tra budget e salario di risultato, al supporto ai centri di responsabilità, al collegamento tra budget e bilancio preventivo, al collegamento tra contabilità generale e contabilità analitica, alle analisi di convenienza economica. Tutto ciò al fine di coniugare gli obiettivi di qualità delle prestazioni erogate ad un buon grado di efficienza nella gestione delle risorse.

Questo Piano ritiene indispensabile trattare specificatamente alcuni degli strumenti del management sanitario al fine di rendere finalità prioritarie della direzione aziendale e di tutti gli attori dell'assistenza sociosanitaria i seguenti principi:

lo sviluppo di una cultura professionale che integri le conoscenze clinico - assistenziali con i concetti della corretta gestione imprenditoriale di un'azienda di servizi;

l'applicazione di tali strumenti al fine di raggiungere una equità distributiva del prodotto sanitario che poggi sull'ottenimento di soddisfacenti livelli di efficienza conseguiti grazie alla scelta di opzioni efficaci sotto il profilo diagnostico, terapeutico, riabilitativo, e sociale.

Nell’ambito della programmazione regionale è sembrato quindi rilevante porre particolare attenzione alla fase di negoziazione interna degli obiettivi (budgeting), alla verifica della attuazione (controllo di gestione), al ruolo del nucleo di valutazione.

Sono state altresì analizzate in modo specifico, ed approfondite in paragrafi dedicati, le valenze programmatorie relative all'utilizzo delle linee guida ed al rapporto tra queste ultime e la medicina basata sulle evidenze.

Concetti, questi ultimi, che sostanziano trasversalmente tutto l'impianto programmatorio del Piano 2002 - 2004.

Il ruolo delle politiche sociali

Come ovunque in Italia, la Valle d’Aosta è oggi al centro di complessi fenomeni di mutamento sociale, dovuti in parte a motivi endogeni alla realtà locale, in parte a cause esterne, ma con notevoli ripercussioni sugli assetti regionali.

Il primo fenomeno è quello relativo all’andamento demografico che, pur tenendo conto dei mutamenti in atto in Italia, presenta caratteri specifici a livello locale, sia per quanto riguarda l’invecchiamento, sia per quanto riguarda il perdurante mantenimento di livelli di natalità tra i più bassi a livello nazionale.

L’altro fenomeno, che ormai non rappresenta più una improvvisa emergenza, ma un dato costante della realtà sociale regionale negli ultimi anni, è quello della immigrazione extracomunitaria, caratterizzata anche da una sensibile componente di irregolari.

In questo caso, alla presenza di sensibili fenomeni di devianza, si aggiunge la richiesta di una integrazione nel sistema economico e sociale della regione e di una difesa delle specificità culturali da parte di molte delle popolazioni immigrate.

Invecchiamento e calo delle nascite sono tendenze che sempre più influenzeranno il quadro dei bisogni sociali, così come dovranno essere affrontate altre forme del disagio sociale dovute, pur in presenza di una situazione socio-economica sostanzialmente positiva, alle crescenti difficoltà nella ricerca del lavoro, con possibili cadute dei redditi familiari, e alla esistenza di sacche di povertà talvolta misconosciute.

Gli strumenti tradizionali per far fronte a queste realtà si scontrano talvolta con una riduzione nei soggetti interessati della capacità di iniziativa e di relazioni interpersonali, come si riscontra maggiormente nei settori più di frontiera che si occupano delle forme di devianza legate alle dipendenze e al disagio psichico.

Tali tendenze sociali, che producono rischi di esclusione, possono essere contrastate attraverso politiche inclusive, volte al sostegno delle persone e delle famiglie.

Occorre tenere presente, infatti, che il grado di sviluppo di una determinata area si misura non soltanto in relazione a tradizionali indicatori economici ma anche, e non meno, in relazione all’offerta di servizi educativi, formativi e sociali.

In epoca di straordinarie innovazioni tecnologiche e grandi mutamenti nell’organizzazione del lavoro e della vita quotidiana diventano dirimenti la capacità di coniugare insieme il binomio libertà-equità, l’abbattimento delle barriere che a tutt’oggi ingessano la società a scapito delle persone più sfavorite, la promozione di nuove reti di solidarietà e inclusione.

La coesione sociale appare sempre più non solo un segno distintivo e irrinunciabile di civiltà, ma anche uno straordinario fattore di competitività economica.

In questo senso le politiche sociali si inseriscono nelle strategie di promozione della qualità sociale e dunque dello sviluppo complessivo del paese con profonde implicazioni, quindi, sul versante della promozione di nuova occupazione.

Già nel 1993 il piano Delors individuava nell’imprenditoria sociale uno strumento per accrescere, a fronte di mutati bisogni delle persone e delle famiglie, l’offerta di servizi, stimando la possibilità di creare, per questa via, circa 3 milioni di nuovi posti di lavoro nei paesi dell’Unione Europea (UE).

Il più forte investimento nella produzione di servizi, che resta una misura di efficacia concepita per accrescere le opportunità di vita delle persone più fragili e delle loro famiglie consiste nell’ aprire spazi nuovi di iniziativa nell’economia sociale, anche con riferimento agli obiettivi posti dalla Comunità europea per il periodo 2000-2006.

La situazione degli interventi sociali in Italia è attualmente caratterizzata da:

accentuata disparità dei sistemi locali quanto a erogazioni di prestazioni e modalità di accesso alle stesse, con l’effetto di rendere il luogo di nascita o di residenza fattore discriminante per la soddisfazione dei bisogni sociali;

prestazioni erogate in ragione dell’appartenenza ad una categoria con effetti di difformità di risposte a parità di bisogni, anche nel versante dei trattamenti economici continuativi derivanti da invalidità, età, mancanza di reddito;

accentuato squilibrio fra prestazioni economiche, che assorbono gran parte delle risorse, e prestazioni di servizi;

frammentazione e incertezza nella titolarità delle competenze istituzionali, sia a livello centrale che locale, con effetti di diseconomicità e inefficacia per l’intero sistema;

interventi non sempre e non ovunque capaci di misurarsi con aspettative e bisogni mutati, anche in relazione alle trasformazioni demografiche e alle nuove strategie di convivenza familiare, segnate da una sempre più difficile conciliazione fra impegni di cura e impegni professionali, all’origine dello scarto crescente fra desideri e decisioni procreative.

La situazione regionale è caratterizzata da una sostanziale uniformità dei servizi sul territorio e il luogo di nascita o di residenza non è mai stato fattore discriminante nei confronti della persona fruitrice degli interventi sociali.

La quantità della spesa sociale pone l’esigenza di una sua diversa composizione all’interno del modello di welfare e la sua qualità interna costringe a processi di ricomposizione, riordino e qualificazione ai quali si intende dare risposta, a livello nazionale, con la legge n.328/2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

Le politiche sociali si legano alle altre politiche territoriali (casa, studio, lavoro) e incontrano problemi che derivano dalla oggettiva complessità degli assetti istituzionali e dalle incertezze tra i modelli di gestione via via adottati. Anche le possibili soluzioni che emergono, dipendenti appunto da scelte organizzative, stentano ad affermarsi e generalizzarsi. All’ente gestore dei servizi risulta molto difficile l’approccio, sui terreni che non governa direttamente, ad una rete integrata, dove le politiche sociali devono appoggiarsi a politiche e servizi promossi e gestiti da altri. Del resto la storia e la dimensione territoriale delle altre istituzioni che gestiscono servizi sul territorio hanno prodotto logiche di ottimizzazione delle risorse proprie, senza considerazione per il dialogo con gli altri.

I criteri guida sono:

la costruzione di legami organizzativi dentro l’ente medesimo;

la costruzione degli interventi rivolti alle persone in difficoltà all’interno della rete dei servizi rivolti alla generalità dei cittadini.

Ciò comporta accordi tra istituzioni diverse che scelgono, in relazione anche alle loro dimensioni, tra produzione diretta di servizi e creazione di un circuito integrato di prestazioni, fornite da una pluralità di soggetti messi in rete.Va sottolineato il rapporto cruciale con l’azienda sanitaria; solo questa raggiunge infatti la dimensione ottimale con la tipologia dei servizi che eroga, e risulta evidente che lo squilibrio organizzativo tra sociale e sanitario ha sviluppato una vera e propria egemonia anche culturale dell’approccio sanitario rispetto all’approccio sociale. I fattori critici dell’integrazione delle politiche sociali emergono ai diversi livelli delle organizzazioni del sistema:

a livello regionale si rileva:

la complessità del percorso di integrazione del sistema dei servizi sociali con gli altri sistemi di politiche sociali;

la difficoltà a far convergere verso i soggetti svantaggiati l’offerta integrata dei servizi disponibili;

a livello locale si rileva:

una scarsa visibilità dei legami organici che dovrebbero collegare i servizi sociali con gli altri servizi comunali;

un ritardo nel coordinamento e nella razionalizzazione degli sportelli di accesso del cittadino ai servizi ed alle prestazioni di un sistema di rete informatica di offerta.

Vi è comunque, in Italia come in Valle d’Aosta, la questione della ridistribuzione di responsabilità e risorse tra le istituzioni pubbliche e private al fine di assicurare un livello di benessere coerente con le società civili avanzate che presentano un forte grado di differenziazione interna.

Il sistema dei servizi sociali è organizzato secondo il principio di universalità, è strutturato cioè per consentire l’accesso a tutti i cittadini, anche se riserva priorità di risposta ai cittadini più deboli che non hanno possibilità di provvedere da soli alle proprie esigenze; ci si riferisce a quelle situazioni nelle quali le persone si trovano in stato di povertà, con incapacità di provvedere alle proprie necessità per inabilità fisiche o psichiche, con difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro, oppure a quei soggetti che ogni comunità locale, sulla base di una attenta lettura dei bisogni, inserisce tra le persone meritevoli di protezione sociale.

Il passaggio da una società nella quale i ruoli del pubblico e del privato erano nettamente distinti (e il pubblico si manifestava quasi esclusivamente con provvedimenti autoritari) a una società nella quale il pubblico e privato sono elementi di un complesso sistema di responsabilità per la realizzazione di una società solidale (cioè senza confondere ruoli e responsabilità specifiche), richiede l’individuazione di strumenti che superino l’individualismo e la frammentazione degli interventi. Per la realizzazione dei servizi e delle prestazioni sociali in forma unitaria e integrata devono essere adottati come metodo la programmazione degli interventi e delle risorse oltre che all’operatività dei progetti, la verifica e la valutazione dei risultati.

Solo in un sistema integrato dei servizi sociali sono veramente valorizzati il ruolo dei soggetti pubblici e le forme di partecipazione dei soggetti privati.

Nel rapporto tra soggetti pubblici e privati si assiste ad una richiesta, specie da parte dei soggetti privati del terzo settore, di ottenere sempre maggiori opportunità di intervento nella gestione dei servizi pubblici, in forza della legittimazione loro conferita dal ruolo e dalla capacità di rappresentare le istanze sociali, di cogliere i bisogni emergenti, di costituire rapporti con i diversi soggetti della comunità locale.

Abbiamo una serie di ragioni, in negativo e in positivo, che sostengono un ridisegno del sistema dei servizi sociali in grado di passare dal "welfare state" di tipo istituzionale al "welfare community".

Le tre ragioni in negativo riguardano:

l’impossibilità a mantenere l’attuale livello e qualità di prestazioni con il modello di erogazione dei servizi finora attuato che vede nel pubblico il principale se non l’unico erogatore di servizi;

l’impossibilità a far affidamento sulle tradizionali forme di partecipazione alla gestione e controllo della cosa pubblica basate sul concetto di rappresentanza;

l’impossibilità a considerare i beneficiari delle prestazioni come utenti passivi o come mere categorie di assistiti.

E’ necessario attuare una separazione tra i vari momenti di realizzazione delle politiche sociali riservando i momenti della definizione delle politiche, della verifica e del controllo in prevalenza all’ente pubblico, che risulta così ridimensionato nei compiti ma rafforzato nella capacità di intervento, e affidando il momento della gestione ad una pluralità di attori istituzionali e non, a fini di lucro e non. Vi è qui una preferenza per i soggetti del terzo settore che presentano carattere di imprenditorialità privata non finalizzata al profitto economico, consentendo nel contempo di ridurre i costi unitari del servizio. E’ necessario infine prevedere per la funzione del finanziamento una ridistribuzione delle responsabilità tra enti pubblici (Regione ed Enti locali), forze economiche private, fondazioni e famiglie, che dovranno contribuire in modo differenziato alla copertura delle spese di servizi differenziati.

Vi è inoltre una riformulazione complessiva delle forme e delle modalità di accesso e di controllo dei cittadini singoli od organizzati alla definizione delle politiche di welfare. Le norme sul procedimento amministrativo che prevedono anche modalità privilegiate di coinvolgimento dei soggetti associativi (vedi la figura giuridica della concertazione) riservano alle associazioni di volontariato e alle cooperative sociali un ruolo preminente quali partner nella definizione e nella determinazione delle linee guida e degli standard quanti-qualitativi dei servizi.

Si pone con forza quindi una concezione attiva del ruolo dei destinatari dei servizi, strettamente legata alla dimensione della responsabilità. Si riconosce che la comunità di appartenenza è il referente ed il luogo più qualificato per la risoluzione dei problemi della persona: il territorio è visto non unicamente come bacino di utenza, ma come rete di relazioni interdipendenti, come comunità che costituisce al contempo l’ambito in cui sorgono i bisogni, ma anche la fonte delle risorse per soddisfarli. Le associazioni di volontariato e le cooperative sociali si pongono come catalizzatori ed attivatori di queste risorse potenziali frammentate.

Le tre ragioni in positivo consentono il superamento di tre stereotipi che caratterizzano la rappresentazione collettiva circa il sistema pubblico di welfare in Italia. I tre stereotipi sono i seguenti:

politico è sempre sinonimo di male e tecnico è sinonimo di bene, per cui la soluzione diventa : sostituire il più possibile politici con tecnici;

pubblico è sempre sinonimo di male e privato (o privato non profit) è sinonimo di bene. Con un corollario, una espansione del privato non profit si accompagna sempre con una riduzione del pubblico (tra i due settori vi è, in sostanza, un gioco a somma zero);

il volontariato è gratuito, quindi non costa nulla. Concezione strumentale che serve per far risparmiare il pubblico.

Circa il primo aspetto, le innovazioni del quadro normativo possono contribuire ad una maggiore chiarezza tra i due ruoli del politico e del tecnico e ad una rivalutazione della funzione della politica come via democratica di mediazione di interessi espressi dai molteplici soggetti della società civile.

Il secondo aspetto riguarda la questione della privatizzazione (gestione dei servizi da parte dei privati che possono convenzionarsi con la pubblica amministrazione) o esternalizzazione (gestione pubblica indiretta, affidando il servizio a un organismo privato) dei servizi pubblici. Anche questo problema è stato sin qui posto in modo fuorviante tanto più che le riflessioni finora avanzate hanno dimostrato l’infondatezza del corollario "più privato uguale meno Stato". Rivelando con chiarezza che tra pubblico e privato esiste un rapporto di gioco a somma positiva per cui il rafforzamento e l’espansione dell’uno si accompagna con il rafforzamento e l’espansione dell’altro, la questione è dunque: su quali basi e in quali ambiti è necessario riarticolare le rispettive competenze e responsabilità? A questo proposito le associazioni di volontariato e le cooperative sociali possono porsi come istanza di razionalizzazione e riorganizzazione del sistema di allocazione del welfare pubblico in una data comunità, ponendosi come partner qualificati di un ente pubblico rafforzato nelle sue capacità decisionali.

In effetti, le amministrazioni pubbliche, anche per alcune loro caratteristiche strutturali (poca flessibilità, grandi dimensioni, attenzione agli atti formali) hanno adottato sempre più, negli ultimi anni, politiche di esternalizzazione dei servizi alla persona; in particolare hanno affidato al privato sociale gran parte della gestione dei servizi per gli anziani, i minori, i disabili, i tossicodipendenti, gli immigrati.

Il terzo stereotipo infine si basa su una interpretazione superficiale del fenomeno del volontariato che associa la gratuità della prestazione del volontariato singolo con l'assenza di costi nell’erogazione del servizio. Una simile concezione è erronea per almeno due motivi: il primo perché il volontariato ha comunque un suo costo, non solo e non tanto in termini monetari diretti ma anche indirettamente, in termini gestionali ed organizzativi ed ancora di più in termini programmatori ed operativi; in secondo luogo perché esso, benché essenziale, non è sempre in grado di assolvere a compiti e funzioni di tipo istituzionale per le quali occorrono invece garanzie di universalismo, equità e continuità che sono proprie dell’intervento pubblico. Le cooperative sociali e le organizzazioni di volontariato potranno operare in modo efficace quanto più ne saranno riconosciute specificità e differenze.

La cooperazione sociale, in particolare, presenta vantaggi specifici rispetto sia alle pubbliche amministrazioni, sia alle altre organizzazioni del terzo settore e soprattutto alle organizzazioni di volontariato. Il vantaggio rispetto alle pubbliche amministrazioni è dato dalla sua capacità di ottimizzare i costi, grazie alla flessibilità organizzativa e a una più contenuta ed economicamente più corretta remunerazione dei fattori produttivi.

Il vantaggio rispetto alle altre organizzazioni del terzo settore, in particolare a quelle di volontariato, è dato dal fatto che la cooperativa sociale ha interesse ad operare in settori dove il bisogno non é così eclatante da far scattare quello spirito di solidarietà che è alla base dell’attività volontaria e dove quindi è impensabile un impegno delle organizzazioni di volontariato. In sintesi si può affermare che la funzione principale delle organizzazioni del terzo settore è quella di essere corpi intermedi tra la dimensione pubblica e privata della vita sociale, di essere indispensabili strumenti di mediazione tra i cittadini e le istituzioni pubbliche, la cui funzione, peraltro, va rivisitata alla luce di un diverso rapporto tra Stato-comunità e Stato-apparato. In passato si è ritenuto che lo Stato, inteso come apparato istituzionale, contenesse la comunità, mentre una concezione moderna dello Stato riconosce che le istituzioni, nazionali, regionali e locali, sono una parte dello Stato-comunità che si autoorganizza anche in molte altre forme. Lo Stato, infatti, è l’insieme dei cittadini che partecipa collettivamente al presidio del bene comune con gli strumenti adeguati, tra cui le istituzioni pubbliche. Appare prioritario far ruotare una parte considerevole del sistema pubblico-privato dei servizi su uno specifico progetto sociale relativo alle politiche per la famiglia: sostenere e rendere possibile il lavoro di assistenza, senza che questo abbia a penalizzare i soggetti femminili della famiglia e in modo tale da ridurre solo a casi estremi le pratiche di istituzionalizzazione dei componenti deboli e non autosufficienti del nucleo di convivenza. Non bisogna poi dimenticare come spesso il benessere delle quote "deboli" del nucleo familiare venga a dipendere anche dallo "star bene" degli adulti "normali". Tale progetto presuppone la realizzazione di una organizzazione sociale che riesca a far dialogare continuamente i circuiti familiari-parentali con i servizi pubblici ed i soggetti del privato, con particolare attenzione al terzo settore. Anche le pratiche professionali e le culture specifiche degli operatori dovranno confrontarsi con la necessità di dar vita a "nuove generazioni" di servizi che dovranno superare la logica dello "sportello". Alla base di tutto ciò occorrerà andare alla ricerca e rendere possibili modalità collaborative profonde fra tutti i soggetti, superando logiche strettamente contrattualistiche.

Inoltre occorre ampliare l’area dei bisogni presi in considerazione verso le forme di disagio dei soggetti cosiddetti "normali": le trasformazioni socio-economiche, demografiche e culturali in atto hanno infatti ormai ampliato notevolmente l’area del disagio di giovani, adulti ed anziani al di là delle forme note e conclamate sulle quali si sono fino ad oggi modellati l’offerta dei servizi e la formazione degli operatori. E’ necessario quindi riorganizzare la rete dei servizi immettendovi nuove capacità volte all’ascolto, al dialogo, all’informazione, al consiglio, all’orientamento, all’accompagnamento mediante centri promotori di cittadinanza agili, snelli, diffusi capillarmente sul territorio.

Da tutto ciò consegue il grande obiettivo del Piano: progettare e realizzare un sistema di servizi per tutti coloro che abitano nella regione, laddove, evidentemente, l’universalismo dell’offerta si concilia perfettamente con una partecipazione differenziata al sostegno economico delle prestazioni.

Il ridisegno dei ruoli che ciascun attore assume nelle politiche sociali porta a riconsiderare il problema della qualità dei servizi.

Porre attenzione alla qualità dei servizi sociali diventa essenziale in un sistema complesso in cui:

il settore pubblico sempre più interagisce con il privato non profit ed eventualmente, con il privato profit;

diventa sempre più necessario un utilizzo efficace ed efficiente delle risorse;

l’utente si trasforma in cittadino, quindi diventa soggetto attivo che interagisce in posizione interlocutoria con i produttori dei servizi.

Quando si cerca di definire la qualità nel campo dei servizi sociali occorre essere consapevoli che applicarvi la logica dell’industria o del commercio sarebbe un errore.

I servizi pubblici non possono porsi sullo stesso piano del libero mercato perché ciò vorrebbe dire non considerare i valori di solidarietà e il rispetto per le persone qualunque sia la loro condizione personale, sociale, etnica e culturale.

Si possono quindi individuare come criteri di qualità relativi ai servizi sociali :

l’equità;

la soddisfazione del cittadino;

l’efficacia delle prestazioni;

l’efficienza, che comprende l’accessibilità alle prestazioni in termini di facilità,

chiarezza, rispetto, rapidità, attenzione ai bisogni.

Per valutare la qualità dei servizi occorre valutare tutte le fasi del percorso e non soltanto il prodotto finale; quest’ultimo può infatti essere insoddisfacente anche se sono stati usati metodi e strumenti altamente qualificati.

La valutazione dell’intero percorso assume quindi importanza come capacità di autoanalisi da parte di tutti gli attori che hanno preso parte all’intervento.

Nel campo dei servizi, inoltre, la qualità è determinata dalla relazione, dalla comunicazione, dal rapporto, dall’ascolto, in definitiva, dall’investimento umano.

Ciò significa che per valutare la qualità nel settore dei servizi sociali occorre considerare due parametri complementari, uno più tecnico-scientifico, misurabile, l’altro più intuitivo ed emotivo collegato alle relazioni interpersonali.

In effetti la qualità non è determinata dai tecnici e dagli specialisti ma dal cittadino ed è in relazione alla soluzione, anche parziale, del bisogno o del problema reale.

In definitiva, si possono individuare alcune linee guida delle politiche sociali in Valle d’Aosta, tenendo conto che l’obiettivo cui si tende è l’autonomia della persona e il suo diritto ad una vita autodeterminata.

Le pari opportunità ed il diritto alla propria individualità:

I servizi devono mirare a migliorare le pari opportunità per i cittadini, indipendentemente dalle loro condizioni, secondo il dettato dell’art. 3 della Costituzione, in modo che tutti abbiano, nei limiti del possibile, le stesse possibilità di sviluppo individuale. Ciascuno deve essere in grado di decidere autonomamente della propria vita, secondo i propri bisogni individuali, la propria scala di valori e le proprie capacità.

Le situazioni di partenza individuali sono diverse, come peraltro differiscono i bisogni e gli obiettivi personali. Bisogna concedere a ciascuno il diritto alla propria individualità e nell’ambito dell’assistenza sociale, va riconosciuto il diritto a soluzioni individualizzate rispetto alle problematiche.

L’aiuto all’auto-aiuto:

I servizi devono essere imperniati sul principio secondo cui i cittadini adulti possono e devono provvedere autonomamente ai propri bisogni ed eventualmente ai bisogni della propria comunità familiare, che ha diritto ad essere assistita. Solo al venire meno della capacità all’autonomia, all’indipendenza ed alla partecipazione sociale la collettività deve attivarsi sostenendo, secondo il principio della sussidiarietà, il ripristino dell’autonomia dell’individuo.

L’auto-aiuto presuppone, oltre ai mezzi finanziari, anche conoscenze e competenze. Le informazioni e le consulenze dei servizi sociali sono quindi un importante strumento di mantenimento o di ripristino della capacità del soggetto di agire autonomamente. Bisogna fare in modo che l’offerta di informazioni e di consulenze abbia una "bassa soglia" e sia accessibile a tutti, in modo da facilitare il compito a chi ne ha bisogno.

La priorità della prevenzione ed il coordinamento interdisciplinare

- Lo scopo generale dell’attività dei servizi sociali è quello di prevenire la comparsa di situazioni di bisogno e di eliminare le situazioni di bisogno già esistenti. Si tende ad un superamento di un orientamento prevalentemente intervenzionistico delle prestazioni, a favore di un approccio preventivo, sia pratico che teorico. I problemi devono essere affrontati e risolti quanto più precocemente possibile, nel luogo dove si manifestano.

- La prevenzione deve essere considerata un compito di tutta la società. Si tende ad un coordinamento quanto più soddisfacente possibile dell’offerta dei servizi sociali, sia pubblici sia privati, con i servizi del settore sanitario; inoltre, si mira ad una maggiore cooperazione con altre istituzioni della società, nel campo dell’educazione, della formazione, della giustizia, del lavoro.

L’attenzione per l’ambiente circostante anziché la lotta contro i sintomi:

Il punto di riferimento dell’assistenza sociale non devono più essere soprattutto determinate categorie di soggetti bisognosi di aiuto. Il sostanziale orientamento della domanda di aiuto deve essere smantellato, a favore di una visione che abbracci la vita nel suo complesso e l’insorgere delle problematiche, orientando di conseguenza le offerte di sostegno (approccio ambientale o situazionale). Una premessa importante è data dalla collaborazione interdisciplinare.

La prossimità ai cittadini e l’adeguatezza ai bisogni:

Tutte le prestazioni sociali devono ispirarsi al principio della prossimità ai cittadini. Le prestazioni devono essere erogate il più vicino possibile al domicilio degli interessati e devono essere quanto più adeguate possibile ai loro particolari bisogni. Ecco perché i bisogni vanno rilevati nelle comunità locali, vicino a dove vivono le persone.

Il principio della prossimità ai cittadini porta alla seguente gerarchia delle prestazioni assistenziali: l’offerta di un aiuto istituzionalizzato qualificato deve avvenire solo quando il potenziale di auto-aiuto e le reti sociali di sostegno sono giunti al limite. In un primo momento, nei limiti del possibile, l’aiuto deve essere offerto in forma domiciliare o semi-residenziale; l’assistenza residenziale deve limitarsi allo stretto necessario. Vale il principio: tanta assistenza semi-residenziale o domiciliare possibile, quanto assistenza residenziale necessaria. Anche per l’assistenza residenziale bisogna mirare ad una struttura dell’offerta il più decentrata possibile, senza mai perdere di vista il criterio dell’economicità.

Le persone bisognose di assistenza dovrebbero poter scegliere, nel quadro delle possibilità e delle strutture dell’offerta di volta in volta disponibili, tra le diverse prestazioni e gli offerenti, quelle e quelli che meglio rispondono alle loro esigenze personali.

L’informazione e la sensibilizzazione della popolazione:

La premessa perché le offerte di sostegno siano utilizzate, è che i cittadini e le cittadine siano informati della loro esistenza e che sappiano come accedervi. Le informazioni sulle prestazioni dei servizi sociali devono essere diffuse capillarmente sul territorio, in prossimità dei cittadini, essere comprensibili da tutti e rendere trasparente l’offerta di misure di sostegno.

Un compito importante dei servizi sociali è anche quello di sensibilizzare la popolazione, tramite un lavoro di informazione, nei confronti dei bisogni e dei problemi dei gruppi socialmente svantaggiati.

La creazione di solidarietà:

In una società solidale la responsabilità sociale non deve essere lasciata solo alle persone competenti, ma deve diventare un interesse di ogni cittadino o cittadina.

Si tratta di promuovere e sviluppare solidarietà e non semplicemente di organizzare l'assistenza. La disponibilità dei singoli cittadini di prendere in considerazione i desideri degli altri, senza limitarsi ad imporre direttamente i propri interessi, fa parte di un "capitale sociale" che deve essere organizzato per contribuire in modo più efficace a migliorare la qualità dei servizi. In tale ambito un ruolo determinante è assunto dal Centro di Servizio per il Volontariato della Valle d'Aosta per il sostegno progettuale che fornisce alle organizzazioni di volontariato ed agli enti locali per iniziative di rilevante impatto sociale.

I servizi di assistenza sociale non vanno confusi e assimilati agli interventi di assistenza economica. E’ anzi necessario superare una visione residuale delle politiche sociali, collocando le prestazioni (a favore di singole persone, delle famiglie, del loro lavoro di assistenza) in un più ampio quadro di servizi finalizzati alla promozione, al trattamento e alla integrazione sociale di chi è in difficoltà, favorendo la sua autonoma capacità di affrontare i problemi.A questo scopo le eventuali erogazioni economiche dovranno essere definite nel quadro di un più ampio progetto di sostegno e di servizio, contrastando la dipendenza assistenziale ed evitando le erogazioni meccanicamente collegate a meri accertamenti formali.

Pertanto i servizi e gli operatori sociali, a fronte delle domande loro rivolte, dovranno analizzare in modo globale il bisogno, individuare i problemi da affrontare e, tenendo conto delle priorità stabilite in sede politica e delle risorse disponibili, intervenire con la metodologia di lavoro per progetti. Nelle diverse fasi attuative del Piano, si dovrà perseguire una chiara distinzione tra titolarità politiche e responsabilità gestionali, in modo da garantire al sistema dei servizi chiarezza nelle responsabilità e maggiori possibilità di verifica dei risultati. Si dovrà inoltre procedere ad una analisi sistematica delle ricadute economiche delle decisioni e del loro impatto sociale. A questo scopo la Regione fornisce criteri e supporti per favorire processi di verifica e di valutazione sistematica dei servizi e dei benefici prodotti a vantaggio delle persone, delle famiglie, delle comunità locali.

LE RISORSE

Le risorse umane

Il ruolo del personale nell’ambito dell’assistenza sanitaria assume particolare rilevanza in quanto il fattore umano costituisce un elemento strategico che influisce direttamente sulla quantità e qualità dell’assistenza, oltre che sul grado di soddisfazione delle persone che usufruiscono dei servizi.

I processi di cambiamento del sistema sanitario e della pubblica amministrazione impongono una valorizzazione ed un uso efficiente delle risorse umane attraverso strategie coerenti con le linee strategiche di evoluzione del SSN e che abbiano rilevanza e ricaduta sia sul sistema produttivo che sulla situazione sociale locale.

A livello locale, l’analisi del quadro delle risorse umane anche alla luce della carenza di talune figure professionali sanitarie, consente di individuare le seguenti necessità ed esigenze:

Una precisa valutazione del fabbisogno per ciascuna specifica figura professionale tenuto conto dell’elevato livello di spesa sostenuto per il personale;

La necessità di sviluppare cultura e competenze professionali finalizzate allo sviluppo dell’assistenza territoriale-distrettuale;

Lo sviluppo delle capacità e competenze gestionali ed amministrative adeguate all’evoluzione delle modalità organizzative nell’azienda sanitaria;

Lo sviluppo di capacità e competenze per garantire l’appropriatezza delle prestazioni e l’efficienza nell’uso delle tecnologie sanitarie innovative;

Lo sviluppo di una adeguata programmazione strategica della formazione di base finalizzata a garantire la copertura del fabbisogno di personale e ad evitare squilibri e tensioni imputabili ad eccessi di offerta per alcune figure professionali;

La flessibilità dell’impiego delle risorse umane tenendo conto dei ruoli previsti e riconosciuti dalla contrattazione.

Sul piano degli obiettivi operativi più generali si possono quindi individuare:

La definizione di politiche per la individuazione dei livelli di responsabilità individuale e di gruppo omogenee nel territorio regionale e compatibili con le necessità e risorse disponibili ;

Il potenziamento dei processi di formazione finalizzati al superamento della carenza di specifiche figure professionali indispensabili, oltre che al mantenimento delle attività erogate, anche all’attivazione di nuovi servizi, nonché al miglioramento continuo delle culture professionali in rapporto al completamento del processo di aziendalizzazione.

Per quanto attiene la formazione il riordino del sistema sanitario, iniziato con il D.lgs 502/1992, proseguito con il D.lgs. 229/1999, nonché i processi di evoluzione dei rapporti di lavoro nella pubblica amministrazione hanno attivato, come è noto, un profondo cambiamento istituzionale ed organizzativo.

E’ riconosciuto che il nodo critico fondamentale di qualsiasi processo innovativo sul versante istituzionale e organizzativo è rappresentato dalla formazione. Infatti nessuna modificazione istituzionale ed organizzativa può essere efficace in termini di risultati se non è accompagnata da un processo parallelo di formazione che attiene i destinatari, i contenuti, le metodologie, gli obiettivi principali del cambiamento.

La formazione attraverso la professionalizzazione degli operatori, a partire dalla loro formazione di base, consente il miglioramento continuo dei valori di riferimento ed accompagna e sostiene i programmi di sviluppo dei servizi.

Rispetto alla formazione di base la Regione Autonoma Valle d’Aosta intende potenziare la collaborazione con l’Università sviluppando protocolli d’intesa in ordine :

alla formazione di base nei corsi di diploma universitario

alla formazione dei medici specialisti

alla definizione del fabbisogno formativo di operatori tenuto conto delle esigenze della programmazione regionale e dello svolgimento del tirocinio presso le strutture dell’Azienda USL.

Tale attività di formazione dovrà tenere conto nel corso del triennio dell’istituzione e della conseguente operatività della "Università della Valle d’Aosta - Université de la Vallée d’Aoste ".

Appositi accordi tra la Regione Autonoma Valle d’Aosta e l?Università di Torino regoleranno, inoltre, la realizzazione di corsi annuali di perfezionamento universitari in medicina di montagna rivolti a laureati in medicina e chirurgia con l’obiettivo di sviluppare specifiche professionalità tra il personale addetto al servizio di soccorso sanitario in zone di montagna.

Restando nell’ambito del settore dell’emergenza sanitaria la Regione Autonoma Valle d ?Aosta dovrà dotarsi di nuovi strumenti operativi per la qualificazione del personale volontario afferente al sistema dell’emergenza sanitaria al fine di migliorare, attraverso un’implementazione dei contenuti formativi, il servizio offerto soggetto a continui mutamenti determinati dall’evoluzione della domanda sanitaria e delle conoscenze scientifiche e tecnologiche.

Rispetto alla formazione del medico di medicina generale, tenuto conto della specificità del ruolo di tale figura professionale, la Regione Autonoma Valle d’Aosta intende perseguire una formazione professionalizzante mirata :

al miglioramento del rapporto medico-cittadino con particolare riferimento ai malati terminali e critici ;

alla razionalizzazione dei percorsi diagnostico-terapeutici ;

alla realizzazione dell’integrazione ospedale-territorio ;

all’integrazione nel sistema informativo ed epidemiologico ;

all’acquisizione di capacità gestionali e budgetarie.

Tenuto conto del numero esiguo di risorse da formare nella regione si ritiene di addivenire alla stipula di appositi accordi con la Regione Piemonte per consentire l’attività formativa, a completamento di quella effettuata in sede, presso strutture piemontesi.

L’attività di formazione continua degli operatori costituisce un elemento strategico dell’Azienda USL per favorire e promuovere il processo di innovazione e di costante adeguamento ai cambiamenti determinati dall’evoluzione della domanda sanitaria e delle conoscenze scientifiche e tecnologiche.

I percorsi e le azioni formative a livello aziendale vanno elaborati in coerenza con gli obiettivi generali determinati annualmente dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta tenuto conto che la formazione continua comprende:

l’aggiornamento professionale ovverosia l’attività successiva al corso di prima formazione, diretta ad adeguare per tutto l’arco della vita professionale le conoscenze professionali ;

la formazione permanente ovverosia l’attività svolta al fine di migliorare le competenze, le abilità cliniche, tecniche e manageriali degli operatori sanitari.

La Regione Autonoma Valle d’Aosta, nell’ambito della determinazione degli obiettivi generali per l’attività di formazione continua, ritiene che debba essere assegnata priorità agli interventi che favoriscono i processi di riorganizzazione aziendale, quali :

la gestione economica ed aziendale delle strutture e dei servizi ;

la programmazione, il budgeting e il controllo aziendale ;

l’organizzazione del lavoro per processi avendo riguardo non alla singola prestazione ma alla centralità del cittadino e alla globalità dei percorsi diagnostico-terapeutici e all’efficacia e appropriatezza delle prestazioni;

il miglioramento delle capacità relazionali tra operatori sanitari e cittadini;

l’integrazione e la valorizzazione delle risorse umane e del lavoro in équipe ;

la verifica, revisione e miglioramento della qualità intesa quale metodo permanente di lavoro;

l’introduzione e l’incentivazione dell’uso sistematico di linee-guida cliniche nei percorsi diagnostico-terapeutici ;

il sistema informativo e la gestione di strumenti informatici ;

la formazione manageriale rivolta alle categorie di operatori più direttamente impegnate nella gestione delle risorse e dei servizi.

Ovviamente la formazione deve essere diffusa presso tutte le figure professionali in coerenza con le specifiche competenze ed il ruolo ricoperto. L’accesso del personale agli interventi di formazione deve essere programmato secondo criteri di pertinenza e di priorità rispetto alle funzioni assolte dallo stesso ed alla necessità di acquisire per lo svolgimento di queste ultime le conoscenze ed abilità proposte dalle iniziative formative.

Potranno essere promosse iniziative che per i contenuti, la metodologia e la valutazione consentano di mettere a punto moduli formativi da mettere a disposizione dei servizi.

L’Azienda dovrà dare particolare importanza alle iniziative strutturate quali stage e frequenze presso servizi esterni che consentono di acquisire esperienza, abilità.

Come sopra ricordato il D.lgs. 502/1992 e successive modificazioni nonché la l.r. n. 5/2000 hanno portato a compimento il processo di aziendalizzazione, attribuendo "autonomia imprenditoriale" alle aziende sanitarie ponendo in capo al direttore generale la loro organizzazione interna, inclusa la gestione delle risorse umane.

Nel settore sociale il personale, ancor più che in ogni azienda, rappresenta la risorsa più importante poiché la qualificazione e la motivazione degli operatori incidono sostanzialmente sulla qualità del servizio erogato alle persone in quanto in questi servizi il rapporto tra operatore e cittadino, proprio perché caratterizzato per la sua personalizzazione, diventa fondamentale affinché le risposte ai bisogni siano corrette nella loro globalità.

Le complessità del sistema sociale e dei bisogni della popolazione, in costante cambiamento, impongono, quindi, risposte nuove, creative, flessibili, diversificate. Ne consegue che l’investimento sulle risorse umane, che devono essere appropriate qualitativamente e quantitativamente, e sulla loro manutenzione, in termini di accompagnamento formativo permanente, è una necessità irrinunciabile.

La Regione Autonoma Valle d’Aosta si pone come compito prioritario quello di promuovere attivamente in tutti gli operatori, tecnici e amministrativi, l’attenzione al cittadino e alle prestazioni, facendo in modo che ai soggetti gestori dei servizi sia messo a disposizione personale qualificato e motivato dotato di competenze professionali che consentano di far fronte alla realtà dinamica della società e dei servizi in relazione all’analisi e lettura delle situazioni, alla progettazione e alla programmazione, alla organizzazione e alla gestione, alla verifica e alla valutazione.

Una particolare attenzione va posta alle aree di intervento trasversali: l’integrazione socio-sanitaria, l’integrazione tra i servizi sociali e la scuola, la multiculturalità come caratteristica innegabile della società, la nascita e la crescita diversificate, per offerta e modalità di gestione, di nuovi servizi, la qualità, lo sviluppo di studi, ricerche e sperimentazioni, lo scambio di esperienze a livello interregionale ed europeo.

Non va dimenticato, peraltro, che la formazione in senso lato, intesa quale strumento di ottimizzazione delle risorse umane e di cambiamento organizzativo, deve essere rivolta anche a chi, a livello istituzionale, ha compiti di definizione degli obiettivi e di gestione degli interventi.

Per raggiungere questi obiettivi ci si avvale di diversi strumenti di sviluppo del personale, fermo restando che tutti gli aspetti retributivi prescindono dall’ambito di competenza del Piano: la formazione di base, la riqualificazione, l’aggiornamento professionale, la collaborazione con l’università, le strategie per il reperimento del personale.

Per quanto attiene la formazione di base, il processo di apprendimento nella fase che precede l’ingresso nel mondo del lavoro (prima formazione) si rivolge a figure che dovranno essere preparate a svolgere ruoli nuovi o diversi nell’ambito di vecchi e nuovi servizi; per esempio: tate familiari, mediatori interculturali, assistenti alla persona disabile.

Particolare attenzione è riservata alla formazione dell’operatore socio-sanitario (OSS). Questa sarà la figura che riunirà i due profili già esistenti di operatore tecnico dell’assistenza (OTA) e dell’assistente domiciliare e dei servizi tutelari (ADEST) e svolgerà la sua attività sia nel settore sociale che in quello sanitario per soddisfare i bisogni primari della persona. Opererà in servizi di tipo socio-assistenziale e socio-sanitario, residenziali e semiresidenziali, in ambiente ospedaliero e al domicilio dell’individuo malato, in collaborazione con gli altri operatori professionali, secondo il criterio del lavoro multiprofessionale.

Nella formazione di queste figure professionali, il ruolo della Regione Autonoma Valle d’Aosta potrà essere di volta in volta diverso in base alla titolarità delle singole iniziative: promozione, progettazione e sperimentazione, attuazione, collaborazione ad iniziative di altri enti o progetti europei.

Per quanto attiene la riqualificazione il processo di professionalizzazione per gli operatori socio-assistenziali e socio-educativi che da tempo lavorano nei servizi e quindi hanno acquisito esperienza professionale non sostenuta da una adeguata formazione, intende fornire conoscenze teoriche, competenze metodologiche, tecniche e relazionali, riconosciute formalmente con il rilascio della qualifica professionale.

L’amministrazione regionale continuerà ad impegnarsi su questo fronte nel settore pubblico, in quello privato convenzionato e nel privato sociale, tenendo conto degli orientamenti regionali e delle eventuali indicazioni ministeriali, compresa la nascita di nuove figure professionali.

In modo particolare, conseguentemente alla nascita della nuova figura professionale dell’OSS, verranno avviati percorsi di riqualificazione specifici, in considerazione delle conoscenze e delle competenze acquisite dagli operatori con formazioni pregresse e/o direttamente sul campo.

Per quanto attiene la formazione in servizio, aggiornamento e formazione permanente, questa ha come obiettivo di fornire nuove conoscenze e competenze metodologiche, tecniche e relazionali, legate ad esigenze differenti interne ai singoli servizi per sviluppare tematiche emergenti e far fronte a problemi specifici o di tipo istituzionale, per favorire principalmente uniformità di interventi, forme di valutazione e integrazione fra servizi.

La programmazione degli interventi di aggiornamento per il personale socio-assistenziale, socio-sanitario e socio-educativo avviene attraverso un piano annuale.

In particolare le singole iniziative mirano a raggiungere risultati professionalizzanti anche per gli operatori impegnati in ruoli di coordinamento o chiamati a svolgere funzioni specifiche, ad orientare inoltre la nascita di servizi e ad accompagnare il cambiamento e/o il consolidamento degli stessi, con una metodologia che prevede apporti teorici e analisi di modalità operative.

Nell’ambito dell’aggiornamento possono essere previsti moduli di specializzazione o di formazione in ingresso per operatori che, in possesso di una preparazione di base, iniziano a lavorare con tipologie di utenza per la quale risulta importante approfondire conoscenze e capacità di intervento modulate a bisogni specifici.

Per quanto attiene la collaborazione con le Università, l’impegno dell’Amministrazione regionale nell’ambito della formazione dell’educatore professionale si concretizza attualmente nella collaborazione con le Università di Torino e di Genova, per la realizzazione di tirocini degli studenti del Corso di laurea in Scienze dell’Educazione con indirizzo di educatore professionale.

Inoltre, per quanto concerne la formazione degli assistenti sociali, la struttura regionale competente collabora con alcune sedi universitarie per la realizzazione e la supervisione dei tirocini degli allievi del Diploma Universitario in Servizio Sociale.

L’Amministrazione regionale intende sia consolidare i rapporti di collaborazione con le Università per la formazione dell’educatore professionale e dell’assistente sociale, tenendo conto degli eventuali sviluppi connessi all’applicazione della riforma dell’università, attualmente in corso, sia favorire scambi e attivare collaborazioni per studi e ricerche; infatti la collaborazione tra l’Università e la struttura regionale competente potrebbe prevedere anche scambi di esperienze, arricchenti per la realtà dei servizi.

L’Amministrazione regionale, vista da un lato l’esigenza dei servizi di avere personale professionalmente qualificato e dall’altro la propria esperienza nel settore della formazione degli educatori, si impegnerà attivamente per raggiungere l’obiettivo di dotare i servizi educativi di personale adeguatamente formato, intensificando i rapporti con le Università, assicurando la propria disponibilità per nuove forme di collaborazione e incentivando gli studenti valdostani ad avvicinarsi alle professioni sociali e socio-educative.

Quando si considera il reperimento e l’immagine delle risorse umane, è importante soffermarsi anche sull’aspetto relativo all’immagine del lavoro sociale e delle relative professioni che emerge costantemente e spesso in maniera "non controllabile" dalla realtà quotidiana (rappresentata dai mezzi di informazione e dal "sentito dire" della gente), con il rischio che vengano posti in evidenza solo alcuni aspetti a scapito dell’intera situazione nel suo complesso.

Nella realtà occupazionale della Valle d’Aosta, i servizi socio-assistenziali costituiscono comunque un ambito di impiego sempre più ricercato, soprattutto da parte della popolazione femminile. In modo particolare tale tendenza coinvolge le donne che, precedentemente assorbite dagli impegni familiari legati alla crescita dei figli, si orientano verso un successivo reinserimento lavorativo. Parallelamente, la crescente richiesta in tale settore, rimanda, ancora prima della formazione e dell’aggiornamento, ad impegni legati sia alla selezione del personale, sia all’immagine collettiva che le stesse professioni sociali riflettono all’esterno.

Per il reperimento del personale diventa fondamentale adottare modalità di selezione che siano in grado di evidenziare, oltre che il livello motivazionale ed il possesso di requisiti di partenza necessari all’apprendimento previsto in sede formativa, capacità ed attitudini adeguate al contesto lavorativo socio-assistenziale, in modo da poter maggiormente garantire la qualità dei servizi stessi e, nello stesso tempo, tutelare personalità inidonee o comunque fragili di fronte al lavoro di assistenza, a maggior ragione se protratto nel tempo.

Altro aspetto di cui tenere conto, considerato che il personale dei servizi sociali, socio-assistenziali e socio-educativi è prevalentemente femminile, è la necessità di permettere alle persone, su cui gravano maggiormente le responsabilità familiari, sia in sede formativa che in sede lavorativa, di conciliare concretamente e non solo sulla base di dichiarazioni di principio, le suddette responsabilità e gli impegni professionali o professionalizzanti con misure adeguate, come orari di corso o di lavoro raccordati con gli orari ed i calendari scolastici, prevedendo per quanto possibile una flessibilità effettiva.

In relazione all’attuazione del presente Piano, un’attenzione particolare va posta alla qualificazione del personale dell’Assessorato Sanità, Salute e Politiche Sociali sia in termini quantitativi che qualitativi.

Le risorse finanziarie

Il governo economico e il controllo della spesa costituiscono un presupposto imprescindibile nell’ambito di un bisogno crescente di razionalizzazione delle risorse economiche a fronte di costi per la sanità e per le politiche sociali in progressivo aumento.

La variazione negli anni del rapporto tra la spesa sanitaria procapite regionale e il Pil procapite nazionale mostra come da sempre la Valle d’Aosta si sia posizionata al di sopra dei valori medi di riferimento nazionali; ciò è dovuto solo in parte all’invecchiamento demografico della popolazione regionale, quanto piuttosto alla differenza nelle caratteristiche quali quantitative dell’offerta e alla diversa propensione al consumo sanitario.

Dai dati a confronto tra le regioni emerge chiaramente come da alcuni anni la Valle d’Aosta presenti valori per la spesa sanitaria procapite, al netto e al lordo della mobilità, tra le più elevate in Italia. Nel 1999 si sono spesi al netto della mobilità 2.504.131 lire pro capite a fronte di 2.018.156 lire medie nazionali. Questi valori elevati, che non a caso la accomunano ad altre due piccole realtà autonome che sono la Provincia Autonoma di Trento e la Provincia Autonoma di Bolzano, dimostrano che una politica sanitaria basata, non su economie di scala, ma sulla personalizzazione dell’offerta in base ai bisogni della popolazione e alle particolarità morfologiche del territorio servito, incide significativamente sulla spesa, specie se rapportata ai piccoli numeri della popolazione residente.

L’analisi della composizione delle spese correnti per grandi aggregati di spesa, mostra come, anche per la Valle d’Aosta, la spesa per il personale sia la componente più importante e in crescita costante dal 1995. La Valle d’Aosta è inoltre tra le regioni che negli ultimi anni hanno fatto registrare gli aumenti di personale più elevati e quindi ha maggiormente avvertito il peso economico di questa voce sul bilancio per la sanità. L’indicatore, espresso come numero di dipendenti rispetto alla popolazione, risente dell’esiguità numerica della popolazione residente a fronte invece di un’entità numerica pressoché costante di personale da impiegare a parità di servizi resi. Nonostante le carenze di specifiche professionalità che accomunano molte regioni, la Valle d’Aosta registra un rapporto pari a 1 medico dipendente d’azienda (ospedaliero o territoriale) ogni 2 posti letto e, considerando l’intero comparto sanitario, il rapporto è di 14,8 dipendenti ogni 1000 abitanti, contro gli 11,5 della media nazionale con un’incidenza della spesa di circa il 50% sul totale regionale per la sanità a fronte del 40,1 % della media nazionale.

In generale si è verificato come un peso relativo della spesa per il personale superiore alla media nazionale, si correla anche a pesi relativi della spesa per l’acquisto di beni e servizi superiore alla media nazionale, che è quanto si registra a livello regionale dal 1992.

Dal 1994, con la l 724, la Valle d’Aosta non partecipa più alla ripartizione del fondo sanitario nazionale e utilizza per il finanziamento dell’assistenza sanitaria, in via prioritaria le entrate derivanti dalle quote IRAP e di addizionale IRPEF ad essa attribuite e, ad integrazione, il proprio bilancio. Come noto, le entrate relative all’IRAP si sono rivelate inferiori alle previsioni e quindi hanno determinato una riduzione nelle entrate che, se è stata tale per tutte le regioni, ha avuto nel 1999 un ripiano da parte dello Stato per le sole regioni a statuto ordinario.

Per tutte le regioni l’aumento della spesa è stato determinato da fattori generali quali:

l’aumento di personale a contratto per periodi di tempo determinato e per specifiche figure professionali (infermieri ed anestesisti) dovuto alla mancata disponibilità sul mercato;

il rinnovo contrattuale per la sanità, il cui aumento della spesa può trovare copertura finanziaria a livello regionale solo mediante interventi normativi finalizzati;

la ripresa della spesa farmaceutica, che ormai non può più essere controllata solo attraverso provvedimenti nazionali, ma che richiede invece precise azioni di responsabilità locale e un continuo monitoraggio dei prescrittori oltre che l’adozione di protocolli terapeutici e linee guida mirate.

Per far fronte a questa maggiore spesa sanitaria, la Regione Autonoma Valle d’Aosta ha emanato una legge di ripiano con cui, oltre a dare totale copertura al disavanzo di gestione dell’Azienda per l’anno 1999, ha attribuito per il 2000 una maggiore quota indistinta, che tenga conto quindi dei costi sostenuti nell’esercizio precedente e che consenta la copertura dei costi del rinnovo contrattuale delle convenzioni per medici e veterinari che verranno definiti a livello nazionale. Con questo intervento normativo straordinario e con le indicazioni fornite dalla l.r. n.5/2000 sugli strumenti e le metodologie per la programmazione sanitaria regionale che sono l’accordo di programma e il Piano attuativo locale, si sono volute creare le premesse economico finanziarie, ma anche gestionali ed amministrative, per dare avvio al processo di riordino e di razionalizzazione della spesa sanitaria regionale.

Il Piano si inserisce in questo contesto con importanti variazioni sotto il profilo degli attuali assetti organizzativi e funzionali.

Alla razionalizzazione degli strumenti e delle procedure di programmazione fa quindi seguito un riordino dei servizi e della domanda che a questi deve rivolgersi secondo criteri di adeguatezza ed appropriatezza.

Tali interventi consistono principalmente nel:

miglioramento della efficacia delle prestazioni territoriali;

incentivazione dei regimi di assistenza alternativi al ricovero ospedaliero (ADI);

traslazione funzionale dell’assistenza riabilitativa dagli attuali e spesso impropri ambiti ospedalieri a quelli più appropriati ed a minore costo dell’assistenza territoriale.

Più in generale, attraverso le prime due tipologie di intervento, si intende liberare e/o trasferire risorse oggi allocate nella funzione di ricovero ospedaliero verso altri e più appropriati livelli assistenziali meno costosi, migliorando i livelli di assistenza attuali ed ottimizzando il rapporto costo/efficacia degli interventi.

Per quanto attiene invece la nuova definizione dei ruoli assunti dall’ospedale e dal territorio, quest’ultimo riconosciuto dal presente Piano come ambito di competenza primaria in fase di definizione del bisogno e di committenza, incide sulla definizione e ripartizione del fondo sanitario regionale.

Il processo che prende avvio dal presente Piano infatti, oltre ad attuare programmi di qualificazione del servizio, predispone una "traslazione funzionale" di alcune competenze, tra tutte quella riabilitativa, dall’ospedale per acuti alle strutture territoriali prevedendo, in una prima fase preparatoria, la necessaria sovrapposizione tra i due ambiti istituzionali, con conseguenti effetti sulla spesa.

Questa sovrapposizione funzionale che indurrà inizialmente ad una maggiore spesa, ha però le caratteristiche di un "costo fisiologico" limitato ad un preciso arco temporale, necessario cioè ad una riorganizzazione funzionale che non può attendere oltre, pena il lievitare progressivo e, in questo caso definitivo, della spesa sanitaria per effetto degli elevati costi oggi prodotti per prestazioni inappropriate erogate dalla struttura per acuti.

In base alla l.r. n. 5/2000 la Giunta provvederà al finanziamento dell’organizzazione e delle attività necessarie a garantire i livelli essenziali ed appropriati di assistenza tenendo conto che, al fine di riportare alcune prestazioni entro gli ambiti propri di competenza ed adeguatezza, si renderà necessario prevedere, per il prossimo triennio, una maggiore spesa (pari al 5% del totale attribuito alla sanità e alle politiche sociali) dovuta alla momentanea sovrapposizione di alcune competenze tra la struttura ospedaliera e gli ambiti territoriali. Ci si riferisce in modo particolare alle prestazioni di lungodegenza, riabilitazione o a quelle rivolte a malati terminali che oggi vengono erogate all’interno della struttura ospedaliera per acuti ma che gradatamente verranno ricondotte negli ambiti di un’offerta appropriata tanto sotto il profilo umano quanto sotto il profilo dell’efficienza gestionale. Alla fine del triennio, per effetto del trasferimento predisposto nel periodo precedente, sarà possibile prevedere un’inversione della curva del trend della spesa ottenuta grazie ad una ridistribuzione dell’offerta di ricovero ed una razionalizzazione delle prestazioni.

L’impatto economico atteso dalla traslazione funzionale delle competenze riabilitative e di altre prestazioni dall’ospedale al territorio sulla riduzione del tasso di spedalizzazione e sulla eliminazione di posti letto ospedalieri per acuti, deriva dall’assunto che il tasso di spedalizzazione è funzione del miglioramento della efficacia dei servizi sul territorio e delle incentivazioni di regimi alternativi al ricovero stesso.

Se ci si aspetta, come ragionevole, una riduzione del 10 % dei ricoveri nel triennio 2002-2004 per effetto della razionalizzazione prodotta, le quantificazioni economiche dei risultati possono essere stimate nel recupero di circa 42.000 giornate di degenza (di cui 22.000 prodotte attualmente da outliers per metà ultrasessantacinquenni e 20.000 degenze ordinarie) e nella riduzione di posti letto.

I guadagni attesi sul piano finanziario, sono condizionati da:

i livelli di attuazione del Piano;

l’evoluzione del quadro normativo nazionale.

Se sul versante nazionale permangono incertezza e una ridotta capacità di controllo, per quanto attiene il primo punto, le condizioni hanno natura infraregionale e possono essere controllate dagli strumenti messi in campo dalla l.r. n. 5/2000 con l’accordo di programma e il piano attuativo locale.

Parallelamente a questo generale processo di riordino, andranno avviati o potenziati se già esistenti, alcuni strumenti finalizzati alla razionalizzazione della spesa e al governo economico della stessa.

I principali di questi, a cui successivi documenti daranno opportune specifiche e finalità, sono:

la politica locale delle tariffe;

l’osservatorio sulla spesa;

l’osservatorio prezzi e tecnologie.

Per quanto attiene la politica locale delle tariffe fino ad ora la Valle d’Aosta si è basata su determinazioni nazionali. A questo punto si rende necessario uno sforzo volto a conoscere i reali volumi delle prestazioni, misurandone la compatibilità con i livelli di finanziamento al fine di ricorrere ad eventuali aggiustamenti tariffari utilizzando la politica delle tariffe come importante strumento di orientamento dell’offerta.

Sarà fondamentale conoscere, anche mediante il potenziamento della contabilità analitica aziendale, l’intensità dell’impiego dei fattori per prestazione, incentivando le prestazioni secondo gli obiettivi del Piano regionale con particolare riferimento a quelle che, a parità di efficacia, si inseriscono in processi assistenziali a minore consumo di risorse e che quindi premiano l’efficienza e la qualità dei processi stessi.

In questa logica sarà utile sperimentare una modalità di classificazione delle prestazioni che metta in evidenza il consumo di risorse legato all’intensità della gravità clinica del cittadino e alla complessità della struttura erogante la prestazione stessa. Nella gamma ed appropriatezza delle prestazioni erogate, in particolare si individua come prioritario il ruolo svolto dal sistema di emergenza. In questa sede va ricordato che una politica delle tariffe che risulti efficace non può disgiungersi dagli obiettivi di Piano e, in particolare da:

una razionalizzazione della politica dei ricoveri verso una maggiore appropriatezza;

l’applicazione di sistemi premianti per gli operatori che disincentivano il ricorso al ricovero;

l’applicazione di sistemi premianti per chi disincentiva la mobilità passiva per le specialità di base;

l’applicazione di strumenti periodici di controllo sulla appropriatezza dei ricoveri;

il potenziamento dei servizi territoriali;

la riduzione dei molteplici e differenziati fattori di sistema che incentivano il ricovero.

L’osservatorio sulla spesa ha avuto recentemente una sperimentazione straordinaria nel gruppo di lavoro regionale e aziendale che ha analizzato le cause del disavanzo prodottosi nel 1999. Si è trattato di un’esperienza estemporanea e soprattutto "a valle" di un processo ormai già compiutosi con finalità quindi conoscitive, anche se non ispettive, invece che programmatorie. A seguito di tale esperienza si procederà con iniziative finalizzate al contenimento e alla valorizzazione delle risorse a fronte di obiettivi regionali concordati. Per quanto concerne l’Osservatorio prezzi e tecnologie (O.P.T.) l’Azienda USL ha avviato una convenzione con la Regione Piemonte per la partecipazione all’Osservatorio prezzi e delle tecnologie della Regione stessa con finalità di raccolta, analisi e monitoraggio di dati inerenti la distribuzione, le caratteristiche tecniche ed i prezzi medi di acquisto delle tecnologie biomediche di maggiore diffusione nelle strutture sanitarie.

Quanto sopra è stato avviato per avere un monitoraggio ed aggiornamento dei dati tecnico-economici inerenti le tecnologie biomediche, per una corretta inventariazione ed acquisizione delle stesse e per il contenimento dei costi connessi al loro utilizzo.

Vista l’importanza di tale strumento il presente Piano ne ribadisce l’utilità e la necessità del monitoraggio dei risultati attesi.

Per quanto attiene le risorse economiche aggiuntive il mondo della sanità pubblica italiana è stato teatro in questi ultimi anni di modificazioni sensibili spingendo sempre di più verso l’aziendalizzazione delle strutture, obbligando così le aree organizzativo-manageriali a ripensare il loro ruolo. La riforma ter e la legge finanziaria 2000 vedono entrare in campo il nuovo concetto della capacità di attivazione di risorse aggiuntive da destinare al miglioramento della qualità delle prestazioni. Dovranno quindi essere sviluppati modelli tipici dei settori no profit quali:

fund raising (reperimento fondi);

contratti di sponsorizzazione;

pubblicità;

accordi economici con attori pubblici e privati;

attivazione di finanziamenti dell’Unione Europea

Il versante della spesa per le politiche sociali si è finora caratterizzato in Valle d’Aosta per la frammentazione, ossia per l’articolazione dei finanziamenti in un gran numero di capitoli, e per la "summa divisio" fra spesa diretta della Regione e trasferimenti agli enti locali, ricadenti sotto la disciplina della finanza locale, sia per le spese di gestione che per quelle d’investimento.

A fronte di una spesa per il 2000, al netto di specifici finanziamenti statali, di lire 103.875 milioni (poco meno del 5% del totale della spesa regionale) i trasferimenti agli enti locali rappresentano poco più del 51% Non va sottaciuto, peraltro, che le pensioni assistenziali a favore di invalidi civili, il cui onere ricade totalmente sul bilancio regionale a seguito del trasferimento di funzioni dallo Stato (D.lgs. 320/94), rappresentano il 64% della spesa corrente diretta, ovvero oltre il 30% di tutta la spesa sociale regionale. Ne consegue che i trasferimenti agli enti locali rappresentano oltre il 74% della spesa sociale al netto del suddetto onere.

Il trasferimento di fondi agli enti locali è avvenuto, sino al 1999, avendo come unico criterio, per le spese correnti, il ripiano a piè di lista dei disavanzi mentre, per le spese di investimento, la Regione Autonoma Valle d’Aosta contribuisce fino al 90% per i servizi per anziani e per il 100% per gli asili-nido. Le modifiche legislative introdotte nel corso di quell’anno hanno portato, nel 2000, all’introduzione del finanziamento delle spese correnti per quota capitaria nel settore dei servizi per anziani e in quello degli asili-nido.

In questo quadro si inserisce l’istituzione del fondo regionale per le politiche sociali come modalità di gestione finanziaria che tende a:

valorizzare l’autonomia decisionale degli enti locali preposti alla gestione dei servizi sociali e socio-educativi secondo le forme definite dalla programmazione regionale;

consentire l’esercizio delle funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo da parte dell’amministrazione regionale;

semplificare e rendere più veloci le modalità di erogazione dei finanziamenti e di verifica sui livelli e sulla qualità della spesa.

Il fondo regionale per le politiche sociali è in linea con gli orientamenti nazionali, espressi dalle legislazioni di altre Regioni e dalla recente introduzione, con la legge finanziaria dello Stato per il 1998, del fondo unico anche sul piano statale. I destinatari del finanziamento sono gli enti locali, ad eccezione di una quota di spettanza della Regione per l’espletamento delle funzioni di sua competenza.

I criteri di ripartizione, stabiliti dalla Giunta regionale, dovranno tenere conto:

della popolazione complessiva (numero residenti);

della popolazione anziana residente (ultra65enni);

della popolazione minorile residente (minori di 18 anni);

della popolazione disabile residente (handicap gravi ai sensi della l. 104/92);

degli indicatori di povertà (p.e. numero dei disoccupati; numero di pensioni sociali);

degli indicatori di disagio sociale (p.e. tasso di dispersione scolastica, numero di minori coinvolti in attività criminose, numero di famiglie monoparentali);

dei servizi attivati e della loro valenza territoriale.

L’istituzione del fondo deve essere accompagnata da azioni da parte della Regione Autonoma Valle d’Aosta che orientino l’utilizzo dei finanziamenti e siano corredate della adozione di un set di indicatori per verificare l’efficienza e l’efficacia complessiva della spesa sociale. Per salvaguardare al tempo stesso l’autonomia delle amministrazioni locali nell’assunzione di scelte relative all’operatività dei servizi, tali azioni possono essere rese operative in una prima fase attraverso la definizione di limiti percentuali minimi e massimi da rispettare per l’utilizzazione in singole aree o settori di intervento. Questi limiti percentuali, la cui definizione sarà data con separato atto, dovranno essere valutati in rapporto agli effettivi obiettivi della programmazione in modo tale da garantire l’adeguata copertura dei bisogni delle diverse aree della popolazione. La Regione si riserva una quota della disponibilità complessiva del fondo, oltre che per le proprie attività gestionali, per attività destinate ad incentivare e sostenere proposte di carattere innovativo promosse dagli enti locali, ovvero per promuovere attività sperimentali di interesse regionale. Nel triennio di validità del Piano, la concessione dei finanziamenti a valere su questa riserva sarà condizionata alla presentazione di progetti da enti locali tenendo conto dei seguenti criteri:

Vengono finanziate attività che possono essere realizzate con il concorso di più risorse, servizi, soggetti pubblici e di privato sociale secondo pratiche di integrazione territoriale e funzionale.

I progetti devono contemplare: definizione di obiettivi, individuazione di enti e soggetti partecipanti alla realizzazione del progetto; strumenti, risorse; ruolo dei diversi soggetti gestionali e servizi coinvolti; definizione dei limiti di tempo entro i quali sono attesi i risultati; interessamento di più fasce/gruppi di popolazione, categorie di utenti interessate.

Per l’accesso ai fondi di incentivazione si definisce un sistema di priorità così configurato in relazione alle caratteristiche dei progetti:

area distrettuale priva di servizi o con servizi insufficienti;

area territorialmente significativa

coinvolgimento di più enti locali con formalizzazione dei rapporti (convenzione, accordo di programma, delega);

coinvolgimento del privato sociale funzionale alla messa a punto ed alla gestione del progetto;

coinvolgimento della popolazione nella progettazione o nella gestione del progetto;

finalizzazione preventiva del progetto.

La programmazione regionale tiene conto degli apporti finanziari derivanti dal Fondo nazionale per le politiche sociali (Fondi speciali quali ad esempio il fondo per l’infanzia e l’adolescenza, il fondo per le politiche migratorie, il fondo per l’integrazione delle persone disabili): nel determinare le quote di rispetto per le singole aree di intervento (percentuali di finanziamento destinate alle singole aree di servizi) e nell’assicurare l’omogeneità dei criteri di utilizzo rispetto alle regole generali della gestione finanziaria. Per quanto attiene in particolare a questo secondo elemento, vengono richiamati i seguenti principi:

riconduzione dei finanziamenti ad aree omogenee (Comune di Aosta e comunità montane);

semplificazione delle procedure di attribuzione dei finanziamenti;

semplificazione delle procedure di valutazione dell’utilizzo dei finanziamenti.

L’amministrazione regionale farà ricorso ad ogni ulteriore finanziamento derivante da disposizioni nazionali o dell’Unione Europea per sostenere attività orientate al potenziamento e rafforzamento del sistema dei servizi sociali con azioni coerenti alle linee della programmazione regionale. In tale linea l’amministrazione regionale potrà promuovere attività di ricerca, di formazione o di sperimentazione nel settore dei servizi alla persona, alla famiglia ed alla comunità, ovvero sostenere ed agevolare simili attività proposte da enti, organizzazioni e soggetti impegnati nel settore.

Le risorse strutturali

La dotazione complessiva di posti letto del presidio ospedaliero necessaria alla Regione Valle d’Aosta, in base al progetto di ampliamento dell’ospedale approvato con delibera della Giunta regionale n. 3433 del 9 ottobre 2000, tenuto conto dei bisogni della popolazione valdostana, di un tasso di ospedalizzazione di 170 ricoveri/1000 abitanti, di una durata media di ricovero di 8-9 giorni per cittadino assistito e di una occupazione dei posti letti > 75% e in considerazione degli standards nazionali, è di 567 posti letto di cui 447 nell’ospedale per acuti di viale Ginevra e 120 nell’ospedale per la riabilitazione e lungodegenza del Beauregard.

Per quanto concerne il presidio ospedaliero di Viale Ginevra, per raggiungere la dotazione di posti letto sopraindicata sarà necessario razionalizzare e ristrutturare gli spazi attuali oltre a realizzare nuove aree mediante ampliamento della struttura esistente per trasferire le unità funzionali attualmente collocate al presidio ospedaliero Beauregard e l’U.B. di psichiatria, attualmente collocata presso lo stabile "Ex Maternità", in modo da ottenere un riassetto funzionale e generale delle unità operative e il loro accorpamento secondo specifiche aree di terapia, cura e servizi. Tale previsione programmatoria è articolata in più interventi compresi in varie fasi temporali (Iª, IIª e IIIª fase).Nell’ambito degli interventi previsti nella Iª fase sono stati conclusi i lavori inerenti la ricollocazione delle UU.BB. di anatomia patologica e medicina legale all’interno del presidio ospedaliero di Viale Ginevra (palazzina "infetti").

Sempre per la Iª fase attualmente sono in atto:

Il secondo intervento nel corpo originario e principale del presidio comprendente la ristrutturazione parziale dell’ala nord est per la collocazione delle UU.BB. di oncologia medica e gastroenterologia oltre a interventi di riordino e potenziamento dei percorsi orizzontali e verticali nonché la messa a norma delle zone di intervento per l’antincendio e l’abbattimento delle barriere architettoniche;

la ristrutturazione parziale del piano seminterrato della "Piastra" per l’U.B. di radiologia con la previsione di nuove apparecchiature per la Risonanza Magnetica Nucleare e la TAC spirale nonché interventi sistematori civili e impiantistici;

la parziale ristrutturazione del piano interrato della "Piastra" per la realizzazione dei nuovi spogliatoi ospedalieri e dei magazzini e depositi oltre alla razionalizzazione dei nuovi percorsi orizzontali, e interventi di messa a norma antincendio e per l’abbattimento delle barriere architettoniche;

gli interventi parziali e locali di messa a norma antincendio in alcune aree a rischio.

Per quanto concerne la IIª fase sono in fase di aggiudicazione i seguenti interventi:

ristrutturazione del piano seminterrato dell’ala nord per la ricollocazione provvisoria della farmacia;

realizzazione delle nuove centrali tecnologiche generali nell’area esterna a sud ovest del presidio oltre alla previsione dei locali per il servizio di manutenzione ospedaliera;

parziale ristrutturazione e ampliamento, ad ovest e a sud, del corpo originario dell’ospedale per la realizzazione del servizio di radioterapia, della nuova farmacia, della nuova centrale di sterilizzazione, degli ambulatori di oncologia, per il potenziamento della medicina di urgenza con nuove sale radiologiche e una nuova sala operatoria dedicata, nonché per nuovi locali di servizio, socializzazione per le utenze e per il personale. Inoltre verrà realizzato il riordino e la previsione di nuovi collegamenti orizzontali e verticali, oltre alla messa a norma antincendio e all’abbattimento delle barriere architettoniche.

Sempre per la IIª fase sono in previsione i seguenti interventi:

ristrutturazione del piano terreno e seminterrato dell’ala nord est e realizzazione di un corpo in ampliamento su tre piani fuori terra e un interrato fra le ali nord e nord est del presidio. Quanto sopra comprenderà la ristrutturazione e l’ampliamento dell’U.B. di dialisi, la realizzazione delle nuove endoscopie generali ospedaliere, la ricollocazione dell’U.B. di nefrologia nonché il potenziamento dei percorsi orizzontali e verticali e la messa a norma antincendio e l’abbattimento delle barriere architettoniche;

realizzazione del terzo intervento nel corpo originario del presidio comprendente la ristrutturazione del piano secondo e terzo dell’ala nord per la ricollocazione della "medicina uomini" oltre alla messa a norma antincendio e all’abbattimento delle barriere architettoniche e la realizzazione di un’elisuperficie sulla copertura del corpo di collegamento fra l’edificio originario e l’ala chirurgica direttamente collegata all’U.B. di medicina d’emergenza mediante specifico montaletti;

ricollocazione nell’ambito dell’area ospedaliera in specifici spazi dei depositi e apparecchiature per i gas medicali.

I suddetti interventi sono finanziati per la maggior parte con fondi ex art. 20 L. 67/88 e con integrazione di fondi regionali.

La IIIª fase comprenderà tutti quegli interventi di ristrutturazione e ampliamento destinati alla ricollocazione e riunificazione delle aree funzionali attualmente presenti nel presidio ospedaliero Beauregard (ostetricia e ginecologia, pediatria, neonatologia, geriatria, dermatologia) e dell’U.B. di psichiatria, attualmente collocata presso lo stabile "Ex Maternità"oltre a interventi sistematori di riordino e riassetto per l’accorpamento delle unità operative secondo specifiche aree.

Per quanto concerne il presidio ospedaliero Beauregard sarà necessario realizzare tutti quegli interventi per la trasformazione degli spazi liberatisi con il trasferimento delle unità operative nel presidio di Viale Ginevra. Il presidio ospedaliero Beauregard sarà riorganizzato con 60 posti letto per la riabilitazione e 60 per la lungodegenza. L’avvio di tali interventi potrà quindi avvenire solo dopo la conclusione delle opere relative alla IIIª fase nel presidio ospedaliero di Viale Ginevra. La IIIª fase di intervento troverà copertura finanziaria nei pertinenti capitoli del bilancio della Regione in aggiunta a fondi statali ex art. 20 della l.67/88 per l’edilizia sanitaria. Nel triennio di riferimento del presente piano saranno ultimati gli interventi relativi alla Iª e alla IIª fase e sarà dato l’avvio alla progettazione della IIIª fase.

Il presidio denominato "Ex Maternità", che ospita tra l’altro attualmente l’U.B. di psichiatria, sarà oggetto di un ampio intervento di sistemazione generale.

I servizi che saranno localizzati in tale struttura sono:

Centro di salute mentale;

Centro diurno per pazienti psichiatrici (day center);

Hospice;

Scuola per infermieri professionali;

Attività psicomotorie, logopedia;

Consultorio;

Aule di aggiornamento;

Area volontariato.

Obiettivo del presente piano è la realizzazione dell’hospice o struttura per le cure palliative, per la cui realizzazione è assegnato alla Regione Autonoma Valle d’Aosta uno specifico finanziamento statale di lire 1.120 miliardi ai sensi della l. n. 39/1999,. Tale opera verrà realizzata a stralcio dell’intero progetto di riassetto generale del presidio "Ex Maternità". Nel triennio di riferimento del presente piano sarà inoltre acquisita e approvata la progettazione esecutiva delle opere di riassetto generale dell’edificio stesso. Tutti gli interventi sopracitati saranno realizzati in modo articolato e graduale secondo un programma di interventi funzionali e troveranno copertura finanziaria nei pertinenti capitoli del bilancio della Regione Autonoma Valle d’Aosta in aggiunta a fondi statali ex art. 20 della l. 67/88 per l’edilizia sanitaria.

Gli interventi sulle strutture esterne all’ospedale per acuti riguardano:

la rete dei presidi poliambulatoriali e consultoriali;

il sistema di emergenza sanitaria 118;

i centri traumatologici;

il dipartimento di prevenzione;

la struttura comunitaria residenziale per alcolisti;

i servizi di salute mentale;

le strutture sanitarie per soggetti non acuti ad elevato bisogno sanitario assistenziale;

le strutture per anziani (Microcomunità);

i centri socio-educativi;

le strutture per la prima infanzia.

Gli interventi relativi ai presidi poliambulatoriali e consultoriali concernono:

la riconversione della struttura di Via Guido Rey, n. 3, sede dell’ex dispensario antitubercolare, in poliambulatorio;

la costruzione di un nuovo presidio socio-sanitario ad Aosta in zona Brocherel;

l’individuazione dei poli vaccinali in sedi accreditate presso gli attuali presidi consultoriali.

E’ prevista la ricollocazione della centrale operativa "118" presso la caserma dei Vigili del fuoco ad Aosta nella quale sarà realizzata la sede della "centrale unica di soccorso". Sarà inoltre ristrutturata e ampliata la sede del 118 di Châtillon presso la struttura di proprietà regionale denominata "Ex casa De Matteis". E’ prevista l’apertura dei centri traumatologici di Ayas, Gressoney Saint-Jean e Valtournenche.

Le attività e le unità operative facenti parte del dipartimento di prevenzione, attualmente dislocate in più sedi (servizio assistenza veterinaria, igiene pubblica, igiene degli alimenti) saranno ricollocate al fine di una razionalizzazione dei costi di gestione in un’unica sede extraospedaliera, presso lo stabile denominato "Ex scuola Cogne" in Aosta.

E’ prevista l’apertura di una struttura comunitaria polivalente per alcolisti nella quale saranno svolti i programmi riabilitativi individuali.

Nell’ambito del progetto di ristrutturazione e ampliamento del poliambulatorio di Donnas è prevista la realizzazione degli spazi per un’unità protetta e un centro diurno psichiatrico. Sarà inoltre realizzata in Alta Valle, nel comune di Morgex, una struttura residenziale terapeutico-riabilitativa. Oltre all’apertura di una RSA in Comune di Antey Saint-André, finanziata con fondi ex art. 20 della l. 67/88, si prevede la realizzazione di una RSA per ciascuno degli altri 3 distretti. In particolare è prevista la costruzione di una struttura nel comune di Aosta in regione Gotrau e la ristrutturazione di strutture esistenti nei distretti 1 e 4 (Hône e un comune da individuare nell’Alta Valle). Si prevede il potenziamento della rete di strutture a servizio delle persone anziane nei distretti 2, 3 e 4 con la ristrutturazione e ampliamento della microcomunità di Verrayes, di Gaby e di Gignod (fraz.Variney), con l’apertura delle microcomunità di Roisan e Challand Saint-Anselme, con la realizzazione di comunità alloggio nei Comuni di Aosta - zona Brocherel, Arnad, Courmayeur, Saint-Marcel e Issogne. Si prevede, inoltre, la realizzazione di interventi sistematori di messa a norma delle strutture socio-assistenziali ai criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro ai sensi del DM del 10 marzo 1998 e del D.lgs 626/94. E’ previsto l’ampliamento della sede del Centro Educativo Assistenziale (CEA) o (in passato denominato Centro Socio Educativo o CSE) di Châtillon presso la struttura di proprietà regionale denominata "Ex casa De Matteis", l’apertura di una struttura in Alta Valle nonchè la realizzazione di una struttura da adibire a CEA nel Comune di Hône. E’ previsto infine l’ampliamento della comunità per minori di Aosta, in via Cerise, grazie al trasferimento del Centro Diurno per Disabili Psichici presso la struttura denominata Ex Maternità, laddove verrà trasferito anche il Centro di Quart. L’ampliamento della Comunità per minori consentirà inoltre la suddivisione per età dell’utenza in due sezioni (0-6 anni e 7-12 anni).

L’INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA

I principi

L’integrazione socio-sanitaria è una priorità strategica del Piano poiché essa è condizione indispensabile per superare prassi settoriali e integrare competenze e servizi diversi grazie all’unitarietà e alla globalità degli interventi, consentendo una maggiore attenzione ai soggetti deboli e alla loro tutela. Gli attori dell’integrazione sono la Regione, nella veste di ente di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo delle attività socio-assistenziali e sanitarie, gli enti locali e l’Azienda USL, gestori dei servizi.

Le scelte qualificanti per l’integrazione devono andare nel senso di riequilibrare le responsabilità nelle politiche per la salute, attribuendo un nuovo ruolo agli enti locali rispetto all’Azienda USL. Ciò significa riorientare i flussi delle decisioni, mettendo gli enti locali nella condizione di essere parte attiva nelle scelte di attuazione e di valutazione degli interventi che coinvolgono i servizi socio-assistenziali.

L’integrazione socio-sanitaria definita dal D.lgs 229/99 riguarda, infatti, "tutte le attività atte a soddisfare, mediante un complesso processo assistenziale, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione". Le prestazioni socio-sanitarie vengono classificate sulla base della prevalenza dei bisogni e delle risorse implicate nei processi assistenziali. Avremo pertanto prestazioni sanitarie a rilevanza sociale quando l’efficacia dell’intervento sanitario dipende dalla capacità di integrazione con altri fattori sociali. Avremo prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, quando l’intervento sociale avviene in presenza di problemi collegati allo stato di salute che possono trovare soluzioni efficaci solo con processi di inserimento e integrazione sociale.

Le aree dell’integrazione socio-sanitaria riguardano le attività afferenti al settore materno-infantile, agli anziani, ai disabili, alla salute mentale, alla tossico e alcol dipendenza, alle patologie che richiedono una assistenza prolungata e continuativa, con particolare riferimento a quelle oncologiche,alle infezioni da HIV e ai trapiantati.

L’integrazione socio-sanitaria si attua a tre livelli: istituzionale, gestionale, professionale.

L’integrazione istituzionale si basa sulla necessità di promuovere collaborazioni fra istituzioni diverse (Regione, Azienda sanitaria, Enti locali) che si organizzano per conseguire comuni obiettivi di salute. Può avvalersi di strumenti giuridici quali le convenzioni e gli accordi di programma.

L’integrazione gestionale, disciplinata dall’art. 36 della l.r. n.5/2000, sia a livello centrale che distrettuale, riguarda le seguenti unità operative: la struttura competente in materia di politiche sociali e gli uffici ad essa facenti capo, da un lato, e i servizi dell’Azienda USL dall’altro. Ciò comporta l’individuazione di configurazioni organizzative e meccanismi di coordinamento atti a garantire l’efficace svolgimento delle attività, dei processi e delle prestazioni. Per ciascuna area dell’integrazione socio sanitaria, è opportuno quindi costituire un gruppo tecnico interistituzionale, composto, in maniera equilibrata, di rappresentanti dell’Azienda USL, degli Enti locali e della struttura regionale competente in materia di politiche sociali.

L’integrazione professionale avviene a livello di operatori sociali e sanitari.

Condizioni necessarie dell’integrazione professionale sono: la costituzione di unità valutative integrate, la gestione unitaria della documentazione, la valutazione dell’impatto economico delle decisioni, la definizione delle responsabilità nel lavoro integrato, la continuità assistenziale tra ospedale e territorio, la predisposizione di percorsi assistenziali appropriati per tipologie d’intervento, l’utilizzo di indici di complessità delle prestazioni integrate. Se non vengono predisposte condizioni istituzionali e gestionali per coordinare gli interventi dei diversi settori impegnati nella produzione di servizi, l’integrazione professionale non può bastare per migliorare la qualità e l’efficacia delle risposte; pertanto, la Regione incentiva la collaborazione istituzionale entro un ambito territoriale adeguato che è quello distrettuale mediante il piano di zona dei servizi che diviene strumento per ottimizzare le risorse e facilitare le responsabilizzazioni e le collaborazioni.

In tale ambito la Regione incentiva e promuove la partecipazione delle organizzazioni di volontariato, con il sostegno del Centro di Servizio per il Volontariato della Valle d’Aosta, alla predisposizione dei piani di zona.

Il piano di zona è volto a:

favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi;

definire criteri di ripartizione della spesa a carico degli enti locali, della Azienda USL e, eventualmente, degli altri soggetti firmatari dell’accordo di programma, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obiettivi;

proporre iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.

La dimensione distrettuale e l’integrazione tra le professioni sono condizioni operative necessarie per produrre diagnosi e valutazioni multidimensionali, selezionando risposte appropriate con riferimento alle diverse condizioni di bisogno. A questo scopo la personalizzazione degli interventi deve tenere conto del livello di non autosufficienza e della non disponibilità di risorse (economiche, personali, familiari, comunitarie o di altra natura). Va inoltre perseguita una sistematica riduzione degli sprechi di risorse derivanti dalle cronicità evitabili, adottando soluzioni che rispondano a criteri di efficacia, economicità e umanizzazione; anche per questo, i ricoveri nelle strutture sono giustificabili solo quando non siano praticabili altre forme di intervento di natura ambulatoriale, semiresidenziale e domiciliare.

Infine, una particolare attenzione va destinata alla gestione delle risorse umane in quanto il rapporto operatore-cittadino è fortemente caratterizzato dal grado di personalizzazione, di appropriatezza e di umanizzazione delle prestazioni. Il fattore umano è, quindi, elemento strategico che influisce direttamente sulla quantità e qualità dell’assistenza nonché sul grado di soddisfazione delle persone .

Il processo di cambiamento che l’integrazione innesca richiede:

la responsabilizzazione individuale e di gruppo, nel caso di prestazioni integrate, in ordine alla quantità e alla appropriatezza dei servizi prodotti;

il superamento delle visioni settoriali, centrate su interessi particolari di singoli profili professionali;

la flessibilità dell’impiego delle risorse umane, senza ancorarle a spazi, tempi e ambiti predefiniti, tenendo conto dei ruoli previsti e riconosciuti dalla contrattazione.

Lo strumento di ottimizzazione delle risorse umane e di cambiamento organizzativo non può che essere la formazione.

Materno infantile

La ricerca di una piena integrazione socio-sanitaria per quanto riguarda gli interventi rivolti ai minori emerge anche alla luce delle indicazioni della normativa nazionale (Piano Sanitario Nazionale, l. 285/97) e regionale (l.r. 5/2000).

L’integrazione socio-sanitaria a livello gestionale comporta l’attivazione di intese ed accordi tra la struttura regionale competente in materia di politiche sociali, l’Azienda USL, nelle sue articolazioni ospedaliere e territoriali, la struttura regionale competente in materia scolastica, gli Enti locali (Comuni e Comunità Montane) e gli organismi del terzo settore attuatori degli interventi, finalizzati a concordare comuni obiettivi di tutela dei minori da realizzarsi mettendo in campo le rispettive competenze e risorse.

Gli accordi suddetti devono favorire l’attivazione ed il coinvolgimento delle risorse formali ed informali presenti sul territorio, facilitando così la partecipazione dei cittadini fin dalla fase di progettazione degli interventi nell’ottica di quanto indicato dalla l. 285/97.

L’integrazione gestionale viene realizzata sia a livello distrettuale che nell’ambito di specifici servizi rivolti ai minori (Comunità per minori, servizio di assistenza domiciliare educativa, consultorio adolescenti, servizio affidi), mediante la creazione di modelli organizzativi condivisi e omogenei e forme di coordinamento e di accompagnamento alla realizzazione degli interventi.

L’integrazione professionale tra operatori sociali e sanitari deve essere facilitata dalla maggiore definizione e conoscenza circa le rispettive competenze e responsabilità e dalla costruzione condivisa di prassi operative e dall’utilizzo di strumenti. Anche in base alle evoluzioni intercorse rispetto al Piano 1997/1999, successivamente prorogato, ci si pone i seguenti obiettivi:

Ridefinire, alla luce del progetto obiettivo materno infantile del Piano Sanitario Nazionale 1998/2000, il dipartimento materno infantile.

Il dipartimento deve garantire nella sua composizione:

l’equilibrio tra il livello ospedaliero e quello territoriale;

l’equilibrio tra la componente sanitaria e quella socio-assistenziale;

Promuovere e sensibilizzare una cultura comune tra tutti i soggetti istituzionali e non coinvolti nelle problematiche minorili;

Aumentare la conoscenza e promuovere la diffusione di tutte le informazioni relative agli interventi, ai servizi e alle iniziative concernenti le problematiche minorili.

Anziani

L’integrazione socio-sanitaria consente di perseguire gli obiettivi di efficacia ed efficienza già delineati dal precedente Piano. In tal senso va completato il processo di trasferimento sull’intero territorio regionale del modello di lavoro sperimentato nell’ambito del progetto Itaca, con particolare riferimento all’estensione dell’assistenza domiciliare integrata.

Fermi restando i compiti che la legge di attuazione del presente Piano attribuisce all’Azienda USL e agli Enti locali, occorre procedere alla stesura e all’approvazione di accordi di programma tra tutti i soggetti interessati che per ogni distretto svolgano la funzione di piani di zona dei servizi. Si dovrà quindi:

mettere a fuoco gli obiettivi che si intendono raggiungere;

individuare le risorse che ciascun attore può mettere a disposizione;

individuare i percorsi di attività, con i relativi tempi di attuazione e di verifica;

individuare ed attuare le iniziative di formazione ed aggiornamento per gli operatori, finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.

Un altro elemento che può concretamente concorrere al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi è costituito dalla gestione unitaria in ambito distrettuale.

Un incentivo a tale gestione è stato dato dalla Regione con l’approvazione della l.r.54/98. Allo stato attuale, sono 4 le Comunità Montane che hanno assunto la delega della quasi totalità dei relativi Comuni per la gestione dei servizi di cui si tratta. In futuro la Regione si assumerà il ruolo di accompagnare e promuovere una gestione unitaria dei servizi che trova ancora qualche difficoltà per via di una cultura ancora prevalentemente centrata sui particolarismi locali. L’integrazione gestionale va perseguita anche curando in dettaglio, nei confronti degli attori dell’interazione (enti gestori dei servizi, Azienda USL, coordinatori dei servizi per anziani, UVG), la chiarificazione dei rispettivi ruoli e responsabilità, al fine di evitare la creazione sia di ambiti di intervento non riconosciuti come propri sia di ambiti di intervento sovrapposti.

Si ritiene pertanto indispensabile individuare delle strategie per affrontare e risolvere nel modo più opportuno alcune situazioni che si sono rivelate problematiche sia sul piano culturale che sul piano organizzativo: a tal fine sono state valutate come utili le iniziative finalizzate ad una migliore conoscenza reciproca da parte delle diverse professionalità coinvolte (medici, infermieri professionali, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione, Adest). A tal riguardo è particolarmente importante completare la trasferibilità sull’intero territorio regionale del modello di lavoro sperimentato nell’ambito del progetto Itaca, rivelatosi molto efficace nel creare collaborazioni miste tra professionalità anche molto diverse tra loro, tenendo conto delle criticità e dei nodi problematici emersi nel corso dei vari anni di sperimentazione e, in particolare:

delle difficoltà di integrazione, all’interno delle équipe di base, tra le componenti sanitarie e quelle socio-assistenziali;

dei problemi di funzionamento delle Unità di Valutazione Geriatrica (UVG) sia a livello tecnico, ossia di operatività delle stesse, sia a livello di carichi di lavoro, molto differenziati tra i vari distretti sociosanitari;

del problema del rapporto tra l’ospedale ed il territorio.

Occorrerà quindi porre particolare attenzione ai fattori che fanno parte del processo di cambiamento innescato dalla integrazione sociosanitaria come:

la responsabilizzazione individuale e di gruppo in merito alla quantità ed alla appropriatezza dei servizi prodotti;

il superamento delle visioni settoriali a favore di un approccio sistemico e multidisciplinare.

Disabili

La presenza di disabilità, soprattutto se in forma grave, richiede una molteplicità di interventi che, nel caso di disabilità psichica, quasi sempre riguardano l’arco dell’intera vita.

Tali interventi concernono sia aspetti sanitari che aspetti educativi, sociali ed assistenziali. La molteplicità delle problematiche da affrontare porta inevitabilmente all’intervento di più soggetti istituzionali (Azienda USL, Regione, Comuni, Scuole, Associazioni, ), di più tipologie di servizi (territoriali, specialistici, educativi, riabilitativi) e di differenti figure professionali (insegnanti, medici, riabilitatori, psicologi, assistenti sociali, educatori, ). Al fine di evitare la parcellizzazione degli interventi e di salvaguardare la lettura unitaria e globale della persona disabile, nonché di consentire a quest’ultima e alla sua famiglia di ipotizzare un progetto di vita caratterizzato dalla riabilitazione e dall’integrazione sociale, risulta necessario operare in modo integrato a livello di progettazioni istituzionali, di gestione operativa e di collaborazione professionale.

A livello istituzionale occorre:

organizzare le risposte ai bisogni in ambiti territoriali comuni;

avvalersi di specifiche professionalità dell’area socio-assistenziale che affianchino il Direttore del distretto nell’azione di integrare l’assistenza a livello territoriale.

A livello gestionale occorre:

individuare i referenti territoriali responsabili dell’erogazione delle prestazioni e del lavoro in équipe;

adottare modalità condivise di raccolta e analisi dei dati mediante il diario dell’équipe per il disabile;

prevedere protocolli relativi agli interventi che gli operatori dell’Azienda USL devono assicurare alle strutture educative non scolastiche nei riguardi degli utenti inseriti.

A livello professionale occorre:

operare per la presa in carico multiprofessionale delle situazioni di handicap di minori e adulti;

realizzare percorsi di formazione rivolti agli operatori socio-sanitari per acquisire modalità di lavoro comune (lavoro per progetti).

Salute mentale

Per quanto concerne la salute mentale l'integrazione socio-sanitaria tende a:

garantire l'equilibrio integrato delle risorse pubbliche, private, familiari ed individuali al fine di aumentare l'accessibilità, la continuità e l'efficacia dell'assistenza;

costruire un programma di lavoro condiviso e di cui sia possibile verificare periodicamente l'andamento.

A livello istituzionale occorre:

garantire una programmazione sistemica ed integrata attraverso la predisposizione di linee guida;

promuovere attività di formazione, informazione, sensibilizzazione ed aggiornamento continue a vari livelli;

garantire la tutela dei diritti economici dei malati e delle loro famiglie predisponendo normative e ridefinendo le procedure di attuazione delle leggi esistenti.

Il livello gestionale, riguardante le competenze e il ruolo del Dipartimento di Salute Mentale, è volto in particolare alla predisposizione di linee guida relative sia alle procedure diagnostiche, sia ai trattamenti terapeutici, farmacologici, riabilitativi al fine di garantire l'appropriatezza ed il riconoscimento delle malattie psichiche nella fase iniziale.

Il livello professionale riguarda infine il momento del coinvolgimento degli operatori pubblici e del terzo settore nella concreta prestazione dei servizi. A tal riguardo l’attuazione di protocolli operativi con e tra i soggetti interessati, all'interno delle strutture e nel territorio si configura come strumento indispensabile.

Tossico e alcoldipendenza

Per poter definire le modalità di integrazione delle competenze, delle risorse e degli interventi nell'ambito della tossicodipendenza e dell'alcoldipendenza è necessario far riferimento a quanto previsto dal DPR 309/90, "Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza", con gli opportuni adattamenti alla realtà istituzionale della Valle d'Aosta.

In questo contesto trova la sua corretta dimensione la necessità di un accordo di programma fra le varie istituzioni coinvolte (Amministrazione regionale, sistema scolastico, Azienda USL, Enti Locali, amministrazione penitenziaria), al fine di definire gli obiettivi, il ruolo, le sedi di programmazione degli interventi, gli impegni finanziari di ciascuno, le azioni e le modalità di integrazione gestionale e professionale.

Si ritiene che l’integrazione socio-sanitaria possa essere raggiunta attraverso:

la definizione di linee guida relative alla pratica clinica ed all'integrazione tra competenze sanitarie e sociali;

la programmazione e il coordinamento di attività di formazione e aggiornamento degli operatori;

la programmazione di interventi di prevenzione primaria nelle scuole, nei quartieri, nei gruppi;

l’effettuazione di interventi in carcere e a favore di ex detenuti;

lo svolgimento di attività volte a favorire l'inserimento scolastico e lavorativo (recupero dispersione scolastica, formazione professionale e inserimento lavorativo);

la definizione di protocolli operativi volti a favorire gli inserimenti in strutture socio-assistenziali, semiresidenziali e residenziali;

il potenziamento dell'assistenza domiciliare con finalità di aiuto alle famiglie e di aiuto domestico.

Cronici oncologici e HIV

Diversi atti normativi nazionali ed in particolare il Decreto del Ministero della Sanità del 28 settembre 1999, ribadiscono il concetto di unità operative di cure palliative: si tratta di centri di riferimento per la cura di malati in fase avanzata o terminale con lo scopo di migliorare la qualità di vita del cittadino ammalato e sostenere la famiglia nel difficile compito dell’assistenza.

Queste unità, collocate sia in ambito ospedaliero che territoriale, devono prevedere cure ambulatoriali, domiciliari, day hospital e hospice e devono assicurare la necessaria continuità terapeutica nell’erogazione di prestazioni pertinenti ai diversi livelli di assistenza. Occorre quindi potenziare il ruolo del volontariato e del Terzo settore attivando un modello centrato sul cittadino assistito nel rispetto della sua dignità che favorisca la permanenza nel contesto famigliare e riduca significativamente il ricorso al ricovero in struttura ospedaliera. Inoltre, l’integrazione diventa strumento strategico per attuare il progetto "hospice", nel senso della valorizzazione delle conoscenze, delle competenze, della professionalità di ciascuno per un più corretto ed efficace uso delle risorse.

L’hospice può infatti qualificarsi come una struttura ove l’équipe multidisciplinare può operare integrando la struttura di ricovero e l’assistenza domiciliare, per garantire la continuità e la flessibilità delle cure palliative, secondo percorsi assistenziali personalizzati.

Per quanto attiene invece i malati di AIDS, le necessità di contrastare la diffusione dell'infezione mediante attività di prevenzione attraverso idonei interventi di assistenza alle persone affette da tale patologia, e di rispondere a questi bisogni in maniera sempre più personalizzata e diversificata, impone di sviluppare un sistema "a rete" che ha le sue basi fondamentali, oltre che nell'integrazione tra sociale e sanitario, nella valorizzazione di tutte le competenze e le risorse dei soggetti singoli, delle famiglie, del volontariato, dei gruppi e delle associazioni. A proposito dell'assistenza ai malati di AIDS si cita l'art. 1, comma 2, della l. 35/1990, che recita testualmente: "(omissis) le UU.SS.LL, sulla base di indirizzi regionali, promuovono la graduale attivazione dei servizi per il trattamento a domicilio di soggetti affetti da AIDS e patologie correlate. (omissis). Il trattamento a domicilio ha luogo mediante l'impiego, per il tempo necessario, del personale infermieristico che opererà secondo la stessa norma prevista per l'ambiente ospedaliero con la consulenza dei medici di reparto stesso, la partecipazione all'assistenza del medico di famiglia e la collaborazione, quanto possibile, del volontariato e del personale tecnico dei servizi territoriali".

I soggetti con malattia avanzata sono portatori di un insieme di problematiche che vanno dalla necessità di trattamenti farmacologici al supporto psicologico, dall'alimentazione al bisogno sociale, dall'importanza di trascorrere nell'ambiente familiare il maggior tempo possibile al bisogno di aiuti per lo svolgimento di pratiche assistenziali di tipo personale ed infermieristico.

Concretamente, l’integrazione socio-sanitaria si esplica nel:

programmare azioni coordinate sul versante dell'assistenza domiciliare e di sostegno domestico;

attivare iniziative di supporto assistenziale mirate all'integrazione sociale;

programmare azioni di formazione ed aggiornamento del personale direttamente coinvolto estendendola anche ad altri operatori.

Trapiantati ed emodializzati

La legge n.91 del 1 aprile 1999 ("Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti"), abrogativa della legge n.644/1975 e successive modificazioni, enunciando per la prima volta che "le attività di trapianto di organi e di tessuti ed il coordinamento delle stesse costituiscono obiettivi del servizio sanitario nazionale", ha di fatto sottratto l’attività di prelievo ai ristretti e selezionati ambiti del passato, in cui veniva demandata alle capacità e alle sensibilità di singoli medici e amministratori, per conferirle lo status di terapia garantita dal SSN ai propri assistiti; tutto ciò anche se a distanza di due anni permangono numerosi aspetti della legge che attendono di essere normati ed applicati.

Con il riconoscimento dell’attività di prelievo come prestazione garantita dal servizio sanitario nazionale e con il conseguente aumento di soggetti portatori di dialisi o di trapianto, nasce la necessità di offrire delle forme di risposta organizzata a quei bisogni che, pur non appartenendo espressamente all’area clinico assistenziale, a questa si collegano direttamente e che posssono essere concretizzati nel sostegno psicologico, ad opera di psicologi e di operatori professionali opportunamente formati, nei riguardi delle persone portatrici di trapianti d’organo, di tessuto, dei dializzati e dei loro famigliari, al fine di sostenerli durante tutto il difficile percorso di vita che va dall’evidenziarsi della malattia, all’attesa e alla conquista del trapianto, per concludersi attraverso le diverse fasi che lo seguono fino alla riabilitazione.

Dal punto di vista dei bisogni del cittadino è stata inoltre evidenziata l’assenza di una struttura che svolga il ruolo di "centro di riferimento e di ascolto" tanto per i cittadini emodializzati, quanto per le persone che attendono o che già hanno subito un trapianto, in quanto, allo stato attuale, a soddisfare tale bisogno sono solitamente le strutture nelle quali si è svolto il trapianto o dove si effettua la dialisi, con evidenti problemi di inadeguatezza sia per la struttura che per il cittadino. In realtà, oltre agli organismi istituzionali già presenti all’interno del servizio socio sanitario regionale, la legge n.91/1999 attribuisce alle associazioni di volontariato un’importanza strategica nella relazione con le istituzioni sanitarie sul versante della promozione, dell’informazione e del sostegno alle persone e ai loro familiari attraverso un’attività di promozione dei loro diritti fondamentali. Nel riconoscerne il ruolo di tali associazioni, il presente Piano individua in esse un punto di riferimento essenziale per ottenere informazioni corrette, essere indirizzati alle strutture sanitarie più adeguate alla specifica condizione patologica, segnalare carenze e bisogni.

Concretamente, l’integrazione socio-sanitaria che potrà essere realizzata come risposta ai bisogni delle persone emodializzate o con esperienza di trapianto si esplica nel:

programmare ed attivare azioni di sostegno psicologico coordinate tra il versante dell'assistenza clinico sanitaria, quello dell’assistenza sociale e quello delle associazioni di volontariato;

programmare azioni di formazione e di aggiornamento del personale direttamente coinvolto.

IL GOVERNO DELLA SALUTE

Gli obiettivi generali di salute e di tutela sociale

La concretizzazione dell'azione programmatoria in Valle d'Aosta, caratterizzata dall'approvazione e dall'attuazione del Piano, si colloca in un contesto di evoluzione dello scenario normativo, finanziario e contrattuale della sanità in Italia.

La contestualizzazione delle indicazioni programmatorie derivanti dal Piano Sanitario Nazionale impone di definire a priori gli obiettivi generali di salute che dovranno trovare concreta applicazione nella definizione dei livelli di assistenza, ma soprattutto nelle azioni ad essi collegate, tenendo conto che l’ottica del Piano regionale è quella dell’integrazione tra servizi sanitari e sociali.

Obiettivo 1.

Prevenzione e promozione della sicurezza

Una quota importante di costi in termini di salute, sociali ed economici è imputabile a cause che possono essere rimosse, in tutto o in parte, con interventi di prevenzione.

Questo tipo di interventi consente di aumentare la sicurezza dei cittadini rispetto ai rischi per la salute presenti negli ambienti di vita e di lavoro. Obiettivo di questo Piano è quello di incrementare gli interventi di prevenzione ed il guadagno da essi prodotto in termini di salute.

Obiettivo 1.1 - Promuovere la sicurezza nell'ambiente domestico

Il fenomeno degli incidenti in ambiente domestico sta assumendo dimensioni particolarmente rilevanti a causa della elevata presenza di popolazione anziana residente. In Valle d'Aosta nel solo 1999 sono stati registrati 4802 casi denunciati d’infortunio entro le mure domestiche.

Il progressivo invecchiamento della popolazione, che è caratteristica costante della nostra realtà, risulta fattore predisponente se non contrastato da una opportuna opera di sensibilizzazione controllo e sorveglianza sul fenomeno, caratterizzata sia da campagne di educazione delle fasce di età a rischio, sia da iniziative di controllo degli impianti domestici e di adeguamento degli spazi di vita alla disabilità e/o ridotta funzionalità dei soggetti anziani.

Obiettivo 1.2 - Promuovere la sicurezza negli ambienti di lavoro

Malattie professionali e incidenti sul lavoro costituiscono cause di invalidità e di morte ancora troppo frequenti in Italia, seppure in progressiva riduzione.

Nella Regione Valle d’Aosta i casi di infortunio sul lavoro nell'industria denunciati nel 1998 all'INAIL sono stati pari a 4,5 /100 addetti rispetto a 5,9/100 in Italia.

Il quadro statistico non tiene conto della sottostima dovuta alla non rilevazione di alcune aree lavorative non assicurate all'INAIL e del fenomeno del sommerso.

Rilevante è ancora il problema delle malattie professionali anche in considerazione della manifestazione attuale di patologie a lunga insorgenza causate da esposizioni occorse nei decenni scorsi.

Appare quindi inderogabile il perseguimento nel triennio della riduzione percentuale della incidentalità professionale ponendo come limite minimo il decremento del 10% rispetto ai dati del 1999.

Presupposti imprescindibili sono: da un lato, l'effettivo incremento delle risorse destinate alla prevenzione collettiva e la loro adeguata ripartizione tra le diverse funzioni della prevenzione, dall'altro il potenziamento della struttura regionale di interfaccia con il Dipartimento di Prevenzione e dell'Osservatorio epidemiologico e per le politiche sociali anche avvalendosi dell’istituzione di un "Osservatorio Infortuni".

Le strategie d'intervento volte a ridurre il fenomeno infortunistico e delle malattie professionali si basano sui seguenti obiettivi:

realizzare una informazione continua e completa nei confronti dei lavoratori;

monitorare i parametri indicativi e la realizzazione di una funzionale rete epidemiologica occupazionale;

perseguire la piena realizzazione dell'adeguamento alle esigenze di prevenzione e sicurezza sancite dalla recente normativa di settore;

coordinare i diversi soggetti appartenenti alla Pubblica Amministrazione, con compiti in materia, anche attraverso la promozione dell'attività del comitato regionale di coordinamento di cui all'art. 27 del D.lgs. 626/1994;

garantire la migliore assistenza nelle fasi diagnostiche, riabilitative e di reinserimento lavorativo attraverso l'integrazione tra servizi sanitari, sociali e delle politiche del lavoro.

Obiettivo 1.3 - Promuovere la sicurezza sulle strade

In Italia la mortalità associata agli incidenti stradali rappresenta il 5%-7% della totalità dei decessi. Obiettivo triennale proposto è la riduzione della mortalità per incidenti stradali di almeno il 20%, con particolare attenzione alla classe di età tra i 15 e i 24 anni.

Gli obiettivi intermedi sono i seguenti:

sensibilizzare un crescente e corretto uso dei dispositivi di sicurezza (cinture, seggiolini e casco);

stimolare il miglioramento delle condizioni di viabilità (segnaletica stradale, illuminazione, condizioni di percorribilità, ) nelle zone ad alto rischio di incidenti stradali;

sensibilizzare in merito ai rischi indotti dalla guida in stato di ebbrezza in particolare nelle ore serali e notturne;

stimolare il potenziamento dei trasporti pubblici.

In Valle d’Aosta dovranno essere continuate le attività, già consistentemente poste in essere, aumentando il supporto agli Enti locali in materia di sicurezza stradale, incrementando le azioni di educazione stradale dei giovani anche grazie alla ricerca di sinergie con la scuola, le società di gestione autostradali, le associazioni di categoria e di volontariato e gli Enti locali stessi, provvedendo al potenziamento dei mezzi di trasporto pubblico accessibili alle persone disabili.

Obiettivo 1.4 - Promuovere la sicurezza nelle strutture sanitarie e sociali

Nelle strutture sanitarie e sociali la compresenza di lavoratori e utenti in condizioni di bisogno rende ancora più pressante il problema di raggiungere un effettivo grado di sicurezza nell'adeguatezza strutturale, tecnologica e organizzativa al fine di concretizzare un triplice risultato: garantire gli utenti, tutelare i lavoratori, migliorare la qualità delle prestazioni.

Il consistente piano di adeguamento ai requisiti tecnico - strutturali ed organizzativi, previsti dagli obblighi normativi contenuti nel DPR 14/01/1997, attualmente interessante la struttura ospedaliera regionale, appare rispondere concretamente a tali esigenze, tuttavia risulta indispensabile perseguire parallelamente l'obiettivo di contenere i rischi per la sicurezza nelle strutture extra ospedaliere, socio sanitarie e socio assistenziali e di ridurre il tasso di incidenza delle infezioni ospedaliere.

Obiettivo 1.5 - Promuovere la sicurezza nelle collettività

La percentuale di copertura vaccinale regionale è pari al 98% per quelle obbligatorie, mentre per quelle facoltative le percentuali sono il 97,8% per la pertosse, il 90,6% per il morbillo, il 66,7% per l’Hemophilus. Rispetto allo standard indicato dal Piano Sanitario Nazionale solo la pertosse supera il valore indicato del 95%, per le altre vaccinazioni facoltative tale valore soglia rimane da conseguire.

Due ulteriori problemi assumono inoltre particolare rilevanza e devono tradursi in obiettivi da perseguire:

la revisione dell’attuale sistema informativo delle malattie infettive che non consente una integrazione tra le diverse basi di dati al fine di valutare complessivamente l'andamento della patologia infettiva a livello regionale;

la patologia tubercolotica che risulta essere in incremento nella regione per la quale è opportuno garantire il trattamento antitubercolare a difesa dei malati e della collettività.

Obiettivo 1.6 - Promuovere l'incremento del livello della sanità animale

La salute del patrimonio zootecnico regionale mantiene il suo peso determinante, sia nell'ottica della tutela del patrimonio zootecnico stesso, quale risorsa economica, sia in quella dell'abbattimento del rischio di trasmissione di malattie zoonosiche all'uomo, per contatto diretto o tramite i prodotti di origine animale.

In quest'ultimo ambito, va considerata la crescente importanza nell'economia delle aree marginali della produzione di alimenti di origine animale ad uso locale (carni di animali da macello, selvaggina, derivati del latte, uova, miele).

Non va dimenticata infine l'importanza del controllo del livello di salute degli animali sinantropi, sempre allo scopo di diminuire il rischio di contagio per l'uomo.

Obiettivo 1.7 - Promuovere la sicurezza degli alimenti

Parametro fondamentale per il mantenimento del benessere psicofisico, che è alla base del concetto di salute, è la persecuzione di corrette abitudini alimentari che dipendono anche dalla sicurezza dell'alimentazione e dalla salubrità degli alimenti.

Risultano a questo proposito di interesse centrale il monitoraggio ed il controllo della produzione agricola, della lavorazione e della trasformazione industriale, della distribuzione e della conservazione sia dal punto di vista igienico che, più in generale, delle modalità di produzione.

A tal fine sono coinvolti tutti i rami di attività della filiera alimentare delle attività di ristorazione ed i consumatori stessi per quanto riguarda le fasi della preparazione, cottura, somministrazione e conservazione degli alimenti.

Le attività volte al contenimento del rischio alimentare appaiono quindi da consolidare sotto il profilo delle educazione sanitaria degli operatori del processo produttivo soprattutto stimolando i processi di autoverifica ed autovalutazione, percorso peraltro già da tempo indicato dall’Unione Europea.

Obiettivo 2

Promuovere il miglioramento del contesto ambientale

Un’importanza primaria assume sempre di più nel contesto della tutela della salute delle persone il miglioramento della qualità dell’ambiente.

E’ indubbio, infatti, che vi sia una stretta correlazione fra l’insorgere di talune malattie e la presenza di attività umane o produttive che possono essere all’origine di inquinamento ambientale.

L’impegno, pertanto, di raggiungere o di migliorare (laddove già raggiunti) gli standard minimi di qualità previsti dalle diverse disposizioni legislative comunitarie, nazionali e regionali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti, è uno degli obiettivi che il presente Piano si pone nell’ambito delle attività di prevenzione per la tutela della salute delle persone.

Obiettivo 2.1 - Promuovere una corretta gestione dei rifiuti

Una delle maggiori cause di inquinamento ambientale in senso lato è rappresentata dalla gestione dei rifiuti, sia urbani che speciali (derivanti cioè da attività diverse da quelle domestiche). La contaminazione del suolo provocata dall’abbandono dei rifiuti o dal non corretto smaltimento o recupero degli stessi può avere sia effetti diretti sulla salute delle persone (attraverso gli inconvenienti che si possono avere dal contatto involontario con i rifiuti, oppure dalla formazione di odori e dalla presenza di animali indesiderati - insetti, roditori, - a seguito della putrefazione di rifiuti organici mal gestiti), che effetti indiretti, conseguenti questi alla formazione di percolati che possono inquinare le falde acquifere.

Il rilevante lavoro svolto dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta sin dal 1982, sia dal punto di vista della riorganizzazione dei servizi di gestione dei rifiuti urbani che dal punto di vista dell’ottimizzazione dello smaltimento finale degli stessi, ha fatto si che la Valle d’Aosta risulta essere l’unica regione italiana che non presenta sul proprio territorio impianti di smaltimento abusivi, e che ha la piena conoscenza dell’intero flusso della gestione dei rifiuti urbani ed assimilabili.

Un’importante azione di riorganizzazione, rivolta alla migliore gestione sia igienico-sanitaria che economica dei rifiuti, è stata avviata presso le strutture dell’Azienda USL della Valle d’Aosta. Attraverso l’inserimento del nuovo sistema di raccolta dei rifiuti nei diversi reparti ospedalieri prima, e gradualmente in tutte le strutture territoriali dell’azienda, oltre ad aver raggiunto in breve tempo gli obiettivi di raccolta differenziata fissati per il 2003 dal D.lgs. n.22/97 e successive integrazioni e modificazioni, sono state evidenziate notevoli economie nella spesa fino ad ora sostenuta dall’azienda per tale servizio.

Principale obiettivo è pertanto quello di proseguire nella piena riorganizzazione dei servizi di gestione dei rifiuti con particolare riferimento ai rifiuti urbani, oltreché completare la riorganizzazione all’interno dei presidi e servizi dell’Azienda USL.

Obiettivo 2.2 - Promuovere il miglioramento della qualità delle acque

Così come risulta dalla situazione sullo stato della qualità delle acque superficiali predisposto dall’ARPA per l’anno 1998, la Regione ha mediamente già conseguito il livello qualitativo "buono" previsto dall’art. 4 del D.lgs. n. 152/99, con molto anticipo rispetto alla scadenza di legge. Tale norma, infatti, prevede il raggiungimento di tale obiettivo entro il 31 dicembre 2016.

In tale situazione, pertanto, obiettivo principale è quello del mantenimento e del miglioramento di tale situazione, attraverso il completamento degli impianti di depurazione delle acque reflue già previsti dal Piano regionale di risanamento delle acque.

Per quanto concerne le acque sotterranee, con particolare riferimento a quelle destinate al consumo umano, si precisa che le stesse sono regolarmente monitorate e che non sono mai stati evidenziati fenomeni di inquinamento di origine chimica. Gli unici casi di inquinamento che si rilevano sporadicamente ed esclusivamente nel periodo estivo, sono principalmente legati alle attività di pascolo e stazzo di bestiame negli alpeggi posizionati a monte o nelle vicinanze di punti di captazione.

In tale situazione l’obiettivo principale è quello di migliorare le modalità di captazione di dette acque, ponendo particolare attenzione a non penalizzare eccessivamente le attività di pascolo, in quanto risorsa primaria nell’economica generale valdostana.

Obiettivo 2.3 - Promuovere il miglioramento della qualità dell’aria

Come noto le principali cause dell’inquinamento atmosferico in Valle d’Aosta sono rappresentate dalle emissioni da attività civili (impianti di riscaldamento) e emissioni da traffico veicolare. Importanti risultano essere anche le emissioni di polveri diffuse, derivanti generalmente dalle diverse attività di lavorazione di materiali inerti e che risultano particolarmente fastidiose nei periodi maggiormente ventilati (da marzo a novembre). Per quanto concerne le emissioni in atmosfera di agenti inquinanti da impianti produttivi, si rileva che le imprese sono state regolarmente autorizzate e che tutte risultano rispettare i limiti e le prescrizioni fissate in sede di rilascio dell’autorizzazione.

Principale obiettivo è quello di predisporre il Piano regionale di tutela della qualità dell’aria e di avviare gli interventi finalizzati alla costituzione del catasto delle emissioni e le prime azioni rivolte alla riduzione dell’inquinamento del traffico veicolare.

Obiettivo 3

Promuovere sani stili di vita

La salute è un bene fondamentale per le persone e per la collettività, è quindi necessario promuovere l’adozione di comportamenti e stili di vita che favoriscono e sostengono la salute della popolazione.

Numerose condizioni di malattia, disabilità e mortalità prematura derivano da comportamenti e stili di vita sbagliati. Gli stili di vita sono importanti in quanto il mantenimento della salute è strettamente legato anche ai comportamenti dei singoli, sia in quanto individui sia in quanto parte di comunità. Significativi progressi in termini di riduzione della mortalità prematura e di disabilità in generale possono essere conseguiti attraverso l’adozione di stili di vita e comportamenti positivi condivisi ed appresi attraverso campagne di sensibilizzazione e di informazione unitamente a progetti specifici.

Obiettivo 3.1 - Promuovere una sana alimentazione

È scientificamente accertato che un'alimentazione squilibrata concorre ad aumentare il rischio di insorgenza di malattie, quali quelle cardiovascolari e tumorali. L'alimentazione ha influenza determinante anche su altre malattie, non meno importanti dal punto di vista del costo sociale e della qualità della vita dei singoli individui, quali: l'obesità, l'ipertensione, alcune malattie del ricambio, la carie dentale, le allergie, le intolleranze alimentari, l'osteoporosi, le anemie nutrizionali. E’ altrettanto importante, per una alimentazione sana, l'aspetto igienico, che deve essere garantito da tutti gli operatori della filiera alimentare e sempre tenuto presente anche dai consumatori durante la conservazione e la preparazione degli alimenti.

I tassi di incidenza nella popolazione valdostana delle patologie sopra menzionate evidenziano la necessità di promuovere e rafforzare appropriati comportamenti alimentari.

A questo proposito per la popolazione generale, devono essere previste azioni che contribuiscano a migliorare l'assunzione di calorie, grassi, carboidrati, sale, adeguandosi agli standard nutrizionali ottimali raccomandati dagli organismi scientifici, e a ridurre la percentuale di soggetti in sovrappeso definiti in base all' Indice di Massa Corporea (IMC).

Per i gruppi di popolazione a rischio si devono prevedere interventi volti a modificare abitudini alimentari al fine di ridurre condizioni di rischio specifiche, disporre di appropriate diete ed indicazioni dietologiche durante il periodo di ricovero, disporre di adeguato supporto nutrizionale, orale ed artificiale, nell'ambito dell’assistenza domiciliare.

Obiettivo 3.2 - Promuovere l'attività fisico-motoria

E' ormai universalmente accettato che l'attività motorio - sportiva permette una sana esistenza, promuove l'aspettativa di vita in anni e ritarda o modera gli effetti di malattie cronico-degenerative.

Nella giovinezza, l'eventuale opzione agonistica offre una ulteriore opportunità di maturazione psico-fisica. Nella vita adulta la pratica sistematica di attività fisico-motorie contrasta le manifestazioni e gli esiti della "malattia ipocinetica", che ha come bersagli l'apparato locomotorio, il sistema metabolico e quello cardiovascolare. Nella senilità l'esercizio fisico previene il declino delle capacità organico-funzionali e fornisce stimoli adeguati alla vita intellettiva ed affettiva, promuovendo l'indipendenza e l'autonomia fisica e mentale.

Coerentemente con quanto affermato gli obiettivi prioritari sono:

favorire l'educazione motoria a partire dalla prima infanzia;

garantire un orientamento allo sport che tenga conto delle caratteristiche e dei bisogni individuali;

ampliare l'offerta di sport per tutti;

estendere la tutela sanitaria al controllo di qualità dell'offerta di attività motorie;

incrementare la percentuale di popolazione che, in tutte le fasce di età, svolge regolarmente attività fisica nel tempo libero in particolare tra gli anziani.

Obiettivo 3.3 -Contrastare l'abitudine al fumo

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il tabacco come prima causa evitabile di malattia e morte nell’attuale società. La nicotina viene oggi riconosciuta al pari dell’alcol, cocaina, allucinogeni e oppiacei tra le sostanze psicoattive capaci di generare dipendenza fisica e psichica.

Prendendo in considerazione i dati tratti dalle indagini Multiscopo dell’ISTAT riferiti al periodo dal 1980 al 1996 in Italia si evidenzia una graduale riduzione del numero totale dei fumatori. Tale riduzione non ha seguito però il medesimo andamento nei due sessi :i maschi dal 54,3% sono passati al 34,9%, le femmine invece dal 16,7% al 17,9%. Sembra che solo il 3% delle fumatrici sia disposto ad abbandonare la sigaretta, mentre la disponibilità dei maschi a smettere di fumare è del 15%. Anche la Valle d'Aosta non si discosta in maniera significativa dalle tendenze nazionali.

L'ultima rilevazione effettuata dall’ISTAT, riferita all'anno 1996, riporta che le persone di età superiore ai 14 anni che dichiarano di fumare in Valle d'Aosta ammontano al 27,8% di cui il 98,1% sono fumatori di sigarette.

Un indicatore interessante provviene dai dati della Relazione Socio sanitaria annuale che evidenziano come le broncopneumopatie rappresentino un problema non trascurabile in quanto anticipatori di eventi patologici più letali quale, appunto, il tumore al polmone che potrebbe colpire in futuro più pesantemente, la popolazione femminile valdostana.

L'abitudine al fumo è causa di una quota rilevante di mortalità e morbosità evitabile e di costi sanitari dovuti a tumori, broncopneumopatie croniche e malattie cardiovascolari. La cessazione dell'abitudine al fumo anche in età adulta comporta importanti benefici poiché è stato verificato che il rischio degli ex-fumatori dopo 15 anni dalla interruzione dell'abitudine è prossimo a quello dei non fumatori anche se non vanno sottaciuti gli effetti dannosi del fumo passivo nei non fumatori e sulle persone in generale, specie nei bambini.

Un dato interessante è quello per cui la maggior parte dei fumatori acquisisce l'abitudine durante l'adolescenza.

Le azioni in materia dovranno tendere al raggiungimento dei seguenti obiettivi specifici:

La riduzione della percentuale dei fumatori;

La riduzione della prevalenza dei fumatori tra gli adolescenti (qualsiasi programma che voglia conseguire il recupero definitivo del fumatore deve contemplare un più rilevante impegno a dissuadere i possibili futuri fumatori);

La riduzione, tendendo a zero, della percentuale di donne in stato di gravidanza che fumano.

Tali azioni si concretizzeranno in opportune campagne di informazione e di sensibilizzazione nelle scuole, nelle sedi consultoriali dei distretti e attraverso i contatti con i medici di medicina generale e pediatri di libera scelta.

Obiettivo 3.4 - Contrastare l’abuso di alcol

Sussiste in Valle d’Aosta, come in tutta Italia, una estrema incertezza sui dati relativi al consumo di bevande alcoliche. Le stime epidemiologiche e di dati desumibili da recenti studi portano a considerare l’esistenza di una analogia tra i dati della Valle d’Aosta e quelli complessivamente riferibili all’Italia, come ha dimostrato anche lo studio "Alcol, produzione, consumi e morbosità", realizzato a livello regionale dall’Assessorato competente per valutare gli interventi di politica socio sanitaria sull’alcolismo.

Dalle ulteriori indagini risulta che la stragrande maggioranza dei consumatori è nella fasce d'età tra i 15 e i 24 (77,8%), percentuale che sale all'82,3% solo tra i 33 e 44 anni per poi diminuire intorno ai 54 anni al 72,3%.

L'aumento dei consumi di superalcolici è maggiore nei giovani fino a 34 anni con una accresciuta presenza femminile che passa dall'8,5% al 13,6%.

La birra è considerata la bevanda dei giovani (+ 6,2% fra i 15-24 anni), ma anche l'aumento del consumo degli aperitivi e digestivi (+ 2,4%) è più evidente fra la popolazione giovanile. Per tutti i tipi di bevande alcoliche diminuisce il consumo solitario. L'incidenza dell'abuso è valutabile attorno ai 4 milioni di persone e la mortalità correlata, che comprende, oltre alla mortalità per patologie croniche degenerative anche gli incidenti stradali, gli omicidi e i suicidi, viene valutata attorno ai 30 mila decessi l'anno, ma è di certo una sottostima se si pensa che una serie di cause sfugge alla correlazione con l'abuso etilico.

In Valle d'Aosta il tasso grezzo di mortalità mostra un aumento dal 1991 al 1992 (dal 5,2 per 10.000 al 6,4 per 10.000) confermato anche negli anni successivi (1993: 6,3 per 10.000abitanti , 1994: 6,1 per 10.000 abitanti ; 1995: 6,2 per 10.000 abitanti).

Negli anni considerati le cause di morte per alcol rappresentano complessivamente il 5% circa delle morti totali (non sono state considerate le cause violente quali incidenti stradali, omicidi, suicidi ) con un picco nel 1995 (5,68%).

L'analisi della mortalità per sesso evidenzia un aumento della percentuale di femmine decedute per queste cause dal 1994 in poi mentre gli anni a maggiore prevalenza di maschi sono il 1992 e il 1993; si potrebbe ipotizzare una modifica del "profilo" di consumo alcolico con una maggiore frequenza di donne bevitrici.

Per ridurre il consumo di alcol e di conseguenza i problemi correlati (patologie e mortalità precoce) possono essere assunte misure efficaci; queste offrono significative opportunità per un investimento mirato finalizzato al miglioramento della salute.

Per ridurre i livelli di consumo di alcol è possibile utilizzare un approccio basato su tutta la popolazione e misure specifiche nei confronti dei comportamenti a rischio elevato.

L'approccio a rischio elevato è primariamente interessato ad identificare e ad aiutare gli individui con problemi particolari.

L'approccio basato su tutta la popolazione è più produttivo in termini di guadagno in salute, non solo perché una riduzione complessiva dei consumi diminuisce i problemi che nascono da tutti i tipi di bevitori, ma anche perché i forti bevitori e i loro problemi sono particolarmente sensibili agli interventi basati su tutta la popolazione.

Un approccio basato su tutta la popolazione ha inoltre lo scopo di cambiare la percezione di quelli che sono considerati i livelli normali del consumo di alcolici e dei modelli culturali del bere.

Un contesto in cui l'uso ridotto del bere costituisse la norma, eserciterebbe una potente pressione sui forti bevitori a ridurre il loro livello di consumo di alcol, potenziando in questo modo l'approccio al rischio elevato.

Un approccio a rischio elevato è pertanto necessario quale complemento all'approccio basato su tutta la popolazione.

In questa cornice sono inclusi gli obiettivi del presente Piano che sono:

Rafforzare le azioni finalizzate alla prevenzione dei danni provocati dall'abuso di alcol;

Creare e sostenere ambienti che favoriscano la promozione della salute e rafforzino la motivazione e le capacità individuali ad evitare i danni provocati dall'abuso di alcol;

Rafforzare il sostegno pubblico per comportamenti più sicuri nel bere, attraverso programmi educativi;

Rafforzare il contributo dei sistemi sanitari e in particolare dell'assistenza sanitaria di base, alla prevenzione e al trattamento dei danni provocati dall'abuso di alcol;

Rafforzare il contributo dei servizi di assistenza sociale alla prevenzione dei danni provocati dall'abuso di alcol.

Tali obiettivi sono pertanto traducibili in azioni che proseguino e implementino quanto già in atto attraverso le campagne di prevenzione regionale, come la "Sbronza di Noé", l’opera dei servizi e degli operatori sul territorio, in particolare quelli del servizio di alcologia dell’azienda Usl della Valle d’Aosta.

Obiettivo 3.5 - Contrastare l’uso di sostanze stupefacenti

Il fenomeno droga investe tutti i piani della condizione umana, dagli aspetti filosofici a quelli etici, dagli aspetti politici a quelli sociali e l'estensione del fenomeno è crescente.

Le ricadute sul terreno sociale e nei luoghi di lavoro, significano quasi sempre, aumento della criminalità, grande e micro, crescita dell'economia illegale e mafiosa, rottura nei luoghi di lavoro di radicate culture di solidarietà, accentuazione di rotture intergenerazionali e familiari, crescita delle insicurezze.

La tossicodipendenza è stata definita come un classico fenomeno multifattoriale è necessario quindi sviluppare iniziative su tutto il terreno dell'organizzazione dell'intervento verso le tossicodipendenze tenendo conto che sta mutando il rapporto tra droghe e consumatore di droghe: tende cioè a crescere il numero dei consumatori che coabita con le droghe senza diventare nettamente tossicodipendente.

Su questi presupposti diventa prioritario affermare una politica d'intervento verso la dipendenza che spazia dalla prevenzione ed educazione, alla coprogettazione, accoglienza e continuità terapeutica, alla risocializzazione, all'inserimento lavorativo.

Solo così anche il rapporto tra pubblico e privato sociale può funzionare in maniera integrata, integrazione ancor più necessaria alla luce dell'evoluzione delle stesse modalità di consumo di droghe e della crisi delle consuete modalità terapeutiche.

Coerentemente con quanto finora espresso gli obiettivi prioritari sono:

aumento della percentuale di consumatori in contatto con i servizi, con particolare riferimento a coloro che fanno uso di "nuove droghe";

riduzione della mortalità e della morbosità;

aumento della quota dei soggetti in contatto con i servizi che iniziano e completano i trattamenti terapeutici previsti e recuperano un livello accettabile di integrazione sociale;

ampliamento della gamma delle alternative terapeutiche;

miglioramento della qualità di vita delle persone dipendenti.

Le azioni corrispondenti si traducono nel proseguimento e nel potenziamento, anche attraverso approcci interdisciplinari, dell’attività già svolta dal Servizio di alcologia e Tossicodipendenza (SerT) dell’azienda Usl della Valle d’Aosta e in azioni di prevenzione primaria da svolgersi presso le scuole e i centri di incontro per giovani, volte ad informare sui rischi derivanti dall’uso di sostanze stupefacenti, specie quelle di nuova generazione.

Obiettivo 4.

Contrastare le patologie cause di mortalità e di morbosità evitabile

Dal punto di vista epidemiologico si intende per mortalità evitabile la mortalità in soggetti deceduti ad una età inferiore a 65, o alla durata media della vita, riferendosi al concetto generale di anni di vita potenziale persi (APVP) per cause prevenibili con interventi appropriati di prevenzione, terapia e riabilitazione.

La struttura demografica valdostana, le abitudini di vita tipiche di una popolazione ad elevato sviluppo economico e le caratteristiche delle attività produttive attuali e pregresse, determinano gli aspetti più rilevanti dell'epidemiologia regionale, ovvero la preminenza di patologie cardiovascolari e cerebrovascolari e delle patologie oncologiche, che sono anche tra le prime cause di morte in regione.

Il trend epidemiologico della mortalità in Valle d’Aosta, calcolata rispetto all’indicatore "Anni di Vita Produttivi Perduti" è caratterizzato da un’elevata perdita di anni/uomo attribuibili, oltre che a cause esterne (traumatismi), ai tumori, alle malattie del sistema circolatorio, alle malattie dell’apparato digerente e a quelle dell’apparato respiratorio. Anche analizzando la mortalità secondo parametri proporzionali, il trend epidemiologico risulta simile a quello nazionale attribuendo nel complesso a queste 5 principali cause di morte l’86,5% dei decessi nei maschi e l’84% nelle femmine.

Obiettivo 4.1 - Ridurre la mortalità precoce per malattie del sistema cardiovascolare

Le malattie del sistema cardiocircolatorio (e le altre principali forme morbose comprese in tale raggruppamento, quali le malattie del cuore, la cardiopatia ischemica, le malattie circolatorie cerebrali) rappresentano la principale causa di morte nella Regione (il 39% dell’intera mortalità) anche se il miglioramento nelle capacità di controllo dei principali fattori di rischio, implicati nella loro genesi (diminuzione dell'abitudine al fumo, controllo dell'ipertensione, raccomandazioni dietetiche), potrà in futuro determinare un’inversione tendenziale rispetto ai valori attuali, che appaiono stazionari dal 1992. Tra tutte, le malattie cardiovascolari hanno, in termini assoluti, un'incidenza e una prevalenza elevate tanto che, dal 1992 al 1997, in Valle d’Aosta sono state la causa di 1428 decessi nei maschi e di 1526 nelle femmine e sono state responsabili mediamente di circa 240 decessi /anno tra i maschi e 250 nelle femmine, anche se la mortalità per questa causa e per lo stesso periodo ha evidenziato valori più bassi in entrambi i sessi rispetto a quelli nazionali. Dei 490 decessi complessivi annui, circa 270 sono da attribuire a soggetti ultaottantenni. Con il progressivo invecchiamento della popolazione aumenterà il numero assoluto di soggetti con malattie cardiache e soprattutto con malattie cerebrovascolari, particolarmente impegnative sul piano dell'assistenza a medio termine, di conseguenza non è da attendersi una futura diminuzione dell'elevato carico assistenziale sia in fase acuta sia in fase riabilitativa legato ad infarti, scompenso cardiaco e affezioni cerebrovascolari, neanche in presenza di un'eventuale diminuzione dei tassi standardizzati per età.

La situazione descritta impone una vigoroso impegno finalizzato al raggiungimento sia di obiettivi generali, quali:

la riduzione della mortalità derivante da malattie ischemiche del cuore;

la riduzione della morbosità derivante da disturbi circolatori dell'encefalo;

la riduzione della eventuale mortalità differenziale registrata fra aree geografiche o gruppi di popolazione;

che di obiettivi specifici, quali:

il miglioramento del profilo di rischio cardiovascolare con implementazione di interventi di prevenzione secondaria e di riabilitazione;

miglioramento della qualità dell'assistenza (tempestività ed efficacia) per gli eventi acuti;

il miglioramento della qualità della vita del cittadino assistito affetto da patologie cardio e cerebrovascolari anche mediante interventi di tipo sociale-assistenziale con sperimentazioni di assistenza "mista", cioè domiciliare, ma governata da un centro ospedaliero.

L'attuazione del Piano dovrà prevedere altresì la sperimentazione di forme sinergiche di assistenza ai malati colpiti da cerebrovasculopatie .

Obiettivo 4.2 - Ridurre la mortalità precoce per tumori

Le neoplasie rappresentano la seconda causa di morte in Italia e in Valle d’Aosta registrano, da sole, il 30% della mortalità complessiva regionale.

Nel periodo compreso tra il 1992 e il 1999, si sono registrati infatti in Valle 3.901 decessi per tumore, in particolare, rispetto ai valori nazionali, si rileva un eccesso di mortalità standardizzata nei tumori del cavo orale negli uomini, dell’esofago in entrambi i sessi, dell’intestino nell’uomo, delle vie biliari in entrambi i sessi, della laringe in entrambi i sessi, della pelle nelle donne, oltre che della mammella e della prostata.

Lo stile di vita e le tendenze demografiche registrate in Valle d’Aosta sono in grado di spiegare la più elevata mortalità differenziale nei maschi residenti in Valle d’Aosta rispetto ai valori nazionali (324 decessi ogni 100.000 abitanti in Valle d’Aosta contro 322,4/100.000 in Italia).

Coerentemente con quanto previsto dal Piano Sanitario Nazionale e tenuto conto del quadro epidemiologico locale, gli obiettivi tendenziali individuati dal Piano sono:

sviluppare, promuovere e coordinare le attività di prevenzione, diagnosi e cura delle neoplasie in particolare quelle a maggiore rilevanza epidemiologica in ambito regionale collegabili a fattori di rischio legati all’alimentazione, fumo, alcol e all’esposizione prolungata a raggi ultravioletti;

perfezionare la collaborazione con le strutture piemontesi di radioterapia e di screening oncologico mediante l’integrazione della Valle d’Aosta nella Rete Oncologica Piemontese;

ridurre la mortalità derivante da tumore maligno con particolare attenzione al tumore alla mammella, alla prostata, al polmone, all’esofago, al cavo orale, alla pelle;

avviare indagini epidemiologiche mirate alla comprensione delle disuguaglianze di incidenza e mortalità per tumore tra aree geografiche;

migliorare la qualità della vita del cittadino affetto da patologia oncologica.

Obiettivo 4.3 - Ridurre la mortalità e le conseguenze di altre patologie di rilievo sociale, quali:

Diabete - Il numero dei soggetti affetti da diabete mellito in Valle d’Aosta può essere stimati attraverso alcuni dati riferiti alle dimensioni del problema a livello regionale. Sono infatti 3.100 gli esenti ticket nel 2000 e 1.500 i casi seguiti dai servizi di diabetologia nello stesso anno.

Costituiscono quindi impegni prioritari per questo Piano, la riduzione e la cura delle complicanze del diabete (cecità, insufficienza renale cronica, amputazioni, patologia cardiovascolare che causano altissimi costi umani ed assistenziali ) e della mortalità associata mediante un’assistenza specialistica ospedaliera, territoriale ed integrata tra ospedale e territorio.

Insufficienza renale cronica - Si tratta di una patologia che si presenta con sempre maggiore frequenza per effetto di un consistente invecchiamento della popolazione. In Valle d’Aosta le dimensioni del problema possono essere riassunte dai dati del trend di nuovi casi che si sono presentati ai servizi negli ultimi anni e che ammontano ad oltre 150 l’anno nel triennio 1995 - 1997, mentre l’incidenza annuale di cittadini in terapia sostitutiva e stata di circa 140 soggetti nel 1998. Gran parte delle malattie renali ha la caratteristica della progressione verso l'insufficienza renale terminale, con necessità di terapia sostitutiva della funzione renale. Ne derivano costi elevatissimi di salute ed economici.

Considerata l’evidenza di una buona copertura assistenziale costituisce impegno del presente Piano: il mantenimento dei livelli quali-quantitativi raggiunti integrando tali azioni con l’adozione di linee guida per il riconoscimento e la prevenzione primaria e secondaria delle nefropatie progressive e per il rallentamento dell'evoluzione dell'insufficienza renale cronica; la realizzazione del Registro dell'insufficienza renale cronica; la valutazione dell’eventuale potenziamento della dialisi domiciliare.

Altre patologie - Si individuano altre patologie di rilevanza sociale che dovranno essere oggetto di definizione della domanda e di conseguente eventuale attuazione di progetti regionali mirati. Si tratta delle:

? malattie reumatiche croniche;

? malattie allergiche in età pediatrica;

? malattie dell'apparato respiratorio con particolare riguardo all'asma ed alla bronchite cronica;

? disturbi del comportamento alimentare, anoressia e bulimia;

? epatopatie di origine virale;

? fibrosi cistica, errori del metabolismo congenito o acquisito e celiachia;

? demenze, sclerosi multipla, neuropatie croniche, Morbo di Parkinson, epilessia.

Obiettivo 4.4 - Sorveglianza delle patologie genetiche e/o rare

Tra i settori per i quali sono richiesti sforzi organizzativi, cambiamenti culturali ed un importante intervento pubblico é stata inclusa la "Sorveglianza delle patologie rare", anche per adeguarsi e collegarsi ai programmi europei che da anni si occupano di queste malattie.

In letteratura sono identificate circa 5.000 malattie rare, per la maggior parte (90%) ad origine genetica.

Di particolare interesse per la Valle d’Aosta sarà lo studio della distribuzione delle patologie genetiche correlate all’età senile e presenile (es. Corea di Huntington, sindrome di Alzheimer, atassie cerebellari) e il progetto di ricerca per il "Rilevamento, predizione e prevenzione di alcune delle più comuni malattie endocrino - metaboliche" in convenzione con l’Ospedale Maggiore IRCCS di Milano, considerato l’impatto assistenziale sanitario e sociale che anche piccoli numeri impongono al sistema regionale per garantire la diagnosi appropriata e tempestiva, il pronto riferimento per la terapia presso centri specialistici, il consolidamento delle attività di prevenzione e il sostegno alla ricerca scientifica.

Obiettivo 5.

Migliorare la qualità della vita dei soggetti affetti da malattie croniche e invalidanti

Obiettivo 5.1- Migliorare la qualità della vita dei soggetti con malattie mentali e delle loro famiglie

Nella fase di avanzata deistituzionalizzazione nel campo della salute mentale sono ormai chiari i fenomeni che stanno emergendo. Innanzitutto quello di nuove forme di assistenza, più "morbide" rispetto ai vecchi istituti segreganti, quali case-famiglia, comunità protette. Il secondo aspetto, ben visibile, è che la fine del manicomio non significa fine del bisogno d'internamento.

Inoltre, in questi ultimi anni si stanno registrando nuovi approcci alla salute mentale, vista non solo come aspetto della vita del singolo, ma inserita in un'ottica di comunità, che possa riconoscere, valorizzare e potenziare le energie e le competenze degli stessi soggetti portatori del problema e, nello stesso tempo, promuovere e rafforzare le reti sociali, sia naturali (familiari curanti, amici, vicini, colleghi); che formali (servizi, associazioni, istituzioni).

Se a questi aspetti si aggiunge un'altra problematica rilevante nell'ambito della salute mentale quale è il suicidio, che è una tra le dieci principali cause di morte nei paesi sviluppati ed in via di sviluppo e che rappresenta la seconda o terza causa di decesso di adolescenti e giovani tra i 15 e 24 anni, l'inevitabile conclusione è che la mortalità per suicidio costituisce un serio problema di salute pubblica.

Il suicidio è un comportamento fortemente associato ai disturbi mentali e contribuisce ad incrementare i tassi di mortalità delle persone affette da disturbo psichico. La presenza di un disturbo mentale (incluso l'alcolismo e l'abuso di sostanze) rappresenta il più importante fattore di rischio per suicidio e per questo motivo la prevenzione ed il trattamento dei disturbi psichici ha un significativo effetto preventivo sul suicidio stesso.

Appare pertanto evidente che l'eterogeneità delle situazioni e delle problematiche inerenti la salute mentale rende necessaria una strategia globale che si avvale di una molteplicità di interventi. Tali tipi di interventi presentano caratteristiche e finalità specifiche attraverso tutti e tre i tipi di prevenzione primaria, secondaria, terziaria. Di fronte ad un fenomeno multi causale che origina nell'intero tessuto della società è preferibile avere un approccio che, accanto a specifici interventi sui gruppi a rischio, sia anche orientato sugli individui, sulle famiglie e sulla comunità.

Ciò premesso, in linea con il Progetto Obiettivo "Tutela della salute mentale" 1998-2000, i principali obiettivi di salute mentale che la Regione Autonoma Valle d’Aosta si propone di perseguire sono indicati di seguito:

sviluppare il momento assistenziale territoriale, con interventi di prevenzione, cura e riabilitazione;

incentivare una rete di servizi socio-sanitari territoriali coerente con i reali bisogni dell'utenza, privilegiando l'istituzione dei centri di salute mentale, dei punti ambulatoriali nonché delle strutture residenziali e semiresidenziali;

promuovere ogni possibile iniziativa finalizzata a soddisfare l'urgenza psichiatrica territoriale;

attivare un sistema di monitoraggio delle dimensioni del fenomeno dei disturbi mentali.

Obiettivo 5.2 - Migliorare l’attività di riabilitazione rivolta ai soggetti con disabilità

Con le linee-guida ministeriali per le attività di riabilitazione sono stati formulati indirizzi alle Regioni in particolare affinché provvedano:

a disciplinare l'attività riabilitativa in ambito ospedaliero;

a classificare i presidi di riabilitazione extra-ospedaliera pubblici e privati;

ad individuare le quantità e le tipologie di prestazioni che possono essere erogate nelle strutture pubbliche e private avvicinandosi con gradualità agli obiettivi posti dalle stesse linee-guida;

Le linee-guida nazionali identificano quattro fasi del trattamento riabilitativo:

fase della prevenzione del danno secondario e delle conseguenti menomazioni (nella fase acuta);

fase della riabilitazione intensiva (nella fase post-acuzie per persone clinicamente instabili con elevato potenziale di recupero);

fase della riabilitazione intermedia od estensiva (completamento del progetto di recupero e del progetto di riabilitazione);

fase di mantenimento (per persone clinicamente stabilizzati, finalizzata a prevenire la progressione della disabilità).

In relazione alla intensità e complessità assistenziale le attività di riabilitazione sono distinte in due tipologie:

attività di riabilitazione intensiva, diretta al recupero di disabilità importanti e modificabili con elevato impegno diagnostico e specialistico che si inseriscono nella fase dell’immediata post acuzie della malattia al fine di influire sui processi biologici che sottendono il recupero e/o riducono la disabilità e che richiedono il ricovero ospedaliero o il ricovero in presidi di alta specialità riabilitativa;

attività di riabilitazione estensiva o intermedia con moderato impegno terapeutico ed elevato impegno per il supporto assistenziale riguardante la fase di completamento del processo di recupero dove viene completato l’intervento riabilitativo con modalità non intensive. Rientrano in queste attività anche le fasi di mantenimentoe/ prevenzione della progressiva disabilità caratterizzate da diverse tipologie di interventi riabilitativi abitualmente integrati con l’attività di riabilitazione sociale.

Il trattamento intermedio o estensivo e di mantenimento deve essere garantito, secondo l’evidenza scientifica, operando in servizi degenziali, non degenziali o al domicilio

Obiettivo 6.

Adeguare i servizi all'evoluzione del contesto sociale ed allo sviluppo tecnologico

Obiettivo 6.1 - Tutela dei soggetti immigrati

Rispetto alle popolazioni migranti, gli aspetti più rilevanti di ordine sanitario riguardano quel complesso di situazioni legate alla povertà e alle difficili condizioni di vita relative all’inserimento sociale. Inoltre, l'estrema mobilità delle persone, comporta anche una estrema mobilità delle malattie, alcune di queste di difficile diagnosi perché pressoché sconosciute nel nostro paese.

Per garantire il miglioramento delle condizioni di salute di questi cittadini sia regolari che non regolari è necessario che gli interventi dell'ambito sanitario si integrino con interventi che affrontino complessivamente le problematiche degli immigrati, dal punto di vista sociale, scolastico e del lavoro. La Regione Autonoma Valle d’Aosta, riconoscendo la rilevanza che il fenomeno dell’immigrazione sta avendo anche sul proprio territorio, e consapevole del valore da riconoscere a società sempre più multietniche, ha previsto, all’interno di una legge più ampia la tutela dei soggetti immigrati. L’obiettivo è stato e sarà anche per il futuro, quello di garantire uniformità di accesso all'assistenza sanitaria a tutti gli immigrati, secondo quanto previsto dalla normativa vigente. Ai cittadini stranieri non in regola con le norme di ingresso e di soggiorno, la l. 40/1998, all'articolo 33 commi 3 e 6 assicura le cure ospedaliere urgenti o comunque essenziali qualora sprovvisti di mezzi sufficienti al proprio sostentamento. Le relative spese fanno carico al Ministero dell'Interno. Le rimanenti prestazioni, costituite dalle cure ambulatoriali urgenti o comunque essenziali e da tutte le patologie cliniche comprese nella tutela sociale della gravidanza e della maternità ai sensi delle leggi 405/1979 e 194/1978, la tutela della salute del minore ai sensi della l. 176/1991, le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzate dalle Regioni, la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai, gravano sul Fondo sanitario regionale senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani.

Riguardo alla prevenzione primaria dovrà essere garantita l’estensione della copertura vaccinale garantita alla popolazione italiana alla popolazione immigrata.

Obiettivo 6.2 - Garantire la sicurezza e la qualità dell'assistenza sanitaria ai viaggiatori ed turisti

Il turismo rappresenta una delle principali, oltre che tradizionali, fonti di reddito per la Valle d’Aosta. La regione, che registra un numero di cittadini residenti pari a 120.000 unità, nei periodi di massima attrazione turistica conta un numero di presenze che, ad agosto 1999, è stato di 771.031 soggiorni, equivalenti a 139.072 arrivi. Secondo una stima proveniente da questi dati, nei mesi estivi, in cui l’affluenza è massima, la popolazione che ogni giorno necessita di potenziale assistenza è pari quasi al doppio di quella abituale. Alla popolazione turistici in generale, sia essa passeggera o stanziale, il presente piano intende offrire un’assistenza ancora più attenda ai bisogni specifici. Per quanto riguarda nello specifico il turismo stanziale, per motivi ricreativo - culturali o alpinistico - sportivi, considerato l’elevato sviluppo della rete dell’emergenza sanitaria e lo stato di attuazione di alcuni progetti specifici attualmente in applicazione, è obiettivo di questo Piano il mantenimento dei centri già attivi e l’istituzione di altri nelle località definite dai programmi esecutivi sopracitati.

Per quanto riguarda invece il numero dei viaggiatori internazionali che prendono in considerazione la necessità di un programma di profilassi vaccinale o che richiedono informazioni sanitarie relative ai luoghi di soggiorno che li attendono il Piano ritiene necessario diffondere conoscenze e promuovere forme di aggiornamento a carattere specifico, oltre che sviluppare servizi atti a corrispondere alle esigenze dei viaggiatori affinché essi possano osservare le basilari misure di igiene, si sottopongano alle vaccinazioni consigliate e siano a conoscenza di particolari rischi riguardanti i territori che dovranno visitare.

Necessita quindi prevedere in questo Piano obiettivi riguardanti la riduzione dell'incidenza delle malattie infettive di importazione, la più rapida diagnosi di patologie poco frequenti nel nostro paese, l'adeguata informazione ed accessibilità delle prestazioni per la prevenzione ai turisti ed ai viaggiatori italiani e stranieri.

Obiettivo 6.3 - Attuazione Piano Nazionale Sangue 1998-2000

L'attività di indirizzo e coordinamento fino ad ora promossa, ha consentito di determinare, nell'ambito di un rapporto di piena collaborazione con i referenti tecnici ospedalieri e con le Associazioni dei donatori, una linea operativa efficace. Sono definiti annualmente i fabbisogni di emocomponenti e di farmaci plasmaderivati articolati per tipologia. E’ in atto la partecipazione della Regione all’Accordo interregionale coordinato dalla regione Veneto, per il servizio di ritiro, trasferimento nello stabilimento di lavorazione, trasformazione del plasma prodotto dalle strutture trasfusionali e produzione, stoccaggio e consegna di emoderivati . Il presente Piano prevede la stesura del Piano Regionale Sangue, il consolidamento dell’autosufficienza regionale di sangue ed emocomponenti e la partecipazione al raggiungimento dell’autosufficienza nazionale. A tal fine occorre valorizzare il ruolo delle Associazioni dei donatori alle quali è affidato il compito di diffondere l’informazione e l’educazione al dono del sangue nonchè favorire lo sviluppo della coscienza donazionale . E’ necessario promuovere presso gli operatori sanitari, attraverso il Comitato ospedaliero per il buon uso del sangue, la responsabilizzazione e la razionalizzazione dei consumi di sangue e dei suoi componenti o derivati.

Dovrà essere garantita inoltre la partecipazione della Regione agli scambi di sangue e di emocomponenti, attraverso la pianificazione nazionale e gli accordi interregionali (attualmente Piemonte e Sardegna), modulando a tal fine l’attività di produzione in rapporto al numero di donatori disponibili e al fabbisogno della propria struttura ospedaliera.

Il Piano è finalizzato a rendere sicura la trasfusione di sangue, come raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, attraverso la massima riduzione possibile del rischio trasfusionale ed infettivo, con l’attivazione quindi di standard e sistemi operativi che consentano la verifica sistematica della sicurezza e dell’efficacia terapeutica del sangue e dei suoi prodotti.

Infine il Piano stabilisce di garantire alla popolazione l’accesso a tutti i prodotti terapeutici derivati dal sangue alle condizioni più favorevoli per effettuare le terapie più appropriate.

Obiettivo 6.4 - Migliorare l'utilizzo delle tecnologie diagnostiche e favorire l'innovazione tecnologica

La presenza nelle strutture sanitarie valdostane di un sufficiente parco tecnologico diagnostico terapeutico è ancora caratterizzata da significativi elementi di criticità in ordine alla capacità del sistema pubblico regionale di assicurarne un utilizzo appropriato.

Le lunghe liste di attesa ed un ricorso elevato a strutture extra regionali, estere o private, soprattutto per gli accessi ambulatoriali, si accompagnano a volte a forme di sovrautilizzo di talune apparecchiature, dovuto a inappropriatezza o, al contrario, ad attrazione per l’elevato livello qualitativo offerto.

Vengono tuttavia a mancare alcune branche diagnostico - terapeutiche (radioterapia, RMN) che dovranno sicuramente trovare soluzione, o inizio di soluzione progettuale nel periodo di vigenza di questo Piano e permane una carenza generalizzata di alcune professionalità specialistiche; una situazione che incide sulla definizione dei livelli tecnologici in quanto sempre di più la struttura ospedaliera ed assistenziale in genere sarà costretta a proporsi in maniera sempre più tecnologicamente aggiornata, così da essere professionalmente attrattiva per i pochi professionisti presenti sul mercato del lavoro.

Sarà altresì indispensabile raggiungere livelli sufficienti di appropriatezza delle prestazioni diagnostico - terapeutiche e riabilitative attraverso l’applicazione dell’evidenza scientifica, della responsabilizzazione dei prescrittori, della integrazione tra ospedale e territorio.

Obiettivo 6.5 - Potenziare la dotazione tecnologica diagnostica

La Regione Autonoma Valle d’Aosta intende favorire l’aggiornamento e le tecnologie biomediche in grado di migliorare la diagnosi precoce ovvero di ridurre il ricorso a tecniche diagnostiche e terapeutiche invasive. In tale ambito appare prioritario sviluppare la diagnostica delle patologie invalidanti segnatamente oncologiche (la Tomografia a d Emissione di Positroni (PET) che fornisce importanti informazioni sulla funzione di organi e tessuti e la Risonanza Magnetica Nucleare(RMN) anche previa identificazione di accordi interregionali e/o interaziendali in grado di garantire un adeguato bacino di utenza

Obiettivo 6.6 - Ridurre la mobilità passiva per le alte specialità

La mancanza di alte specialità (cardiochirurgia, neurochirurgia, chirurgia plastica) da un lato comporta un flusso migratorio verso altre regioni anche per patologie non gravi, dall’altro limita fortemente lo sviluppo di alcune specialità di base e di servizi di supporto già presenti nell’ospedale regionale (es. emodinamica possibile solo per la fase diagnostica e non per la fase tarapeutica). Allo stato attuale la Valle d’Aosta esporta in un anno in mobilità passiva circa 130 angioplastiche (incluse le PTCA primarie), 80 ernie discali, circa 40 urgenze neurochirurgiche differibili, con disagi per il cittadino, necessità di trasporti da parte del 118, e costi elevati per l’amministrazione. L’ammontare dei rimborsi per le sole angioplastiche è di circa un miliardo e 240 milioni di lire annue. E’ necessario pertanto sviluppare tali attività altamente specialistiche fattibili in Valle d’Aosta attraverso la collaborazione interregionale e/o interaziendale per l’utilizzo di specialisti provenienti da altri centri,. Nonostante infatti allo stato attuale l’offerta regionale sia in grado di affrontare sotto il profilo diagnostico e terapeutico medico e chirurgico buona parte delle problematiche legate alla patologia vascolare, rimane ancora da risolvere il problema dell’emodinamica cardiaca, con particolare riferimento all’esecuzione di angioplastiche coronariche. Poichè ad oggi è possibile concepire tale tipologia di prestazioni senza la presenza di uno "stand by" cardiochirurgico, il presente Piano ipotizza, previo un adeguato periodo di formazione dei propri cardiologi intervenzionisti e angioradiologi presso centri qualificati, l’attivazione in loco di tali prestazioni con il supporto di un "tutor" e con uno "stand by" effettivo, intervenendo selettivamente su persone trattabili con PTCA senza "stand by" rimandando alla presenza di un cardiochirurgo i casi più complessi. Ciò permetterebbe inoltre di affrontare, in collaborazione con i chirurghi vascolari e gli angioradiologi, la parte di patologia cosiddetta "di confine" dell’aorta toracica (ascendente, arco e discendente) attualmente trattata in mobilità passiva.

Per quanto attiene gli accordi interregionali e/o interaziendali, l’obiettivo è quello di sviluppare tra aree geografiche amministrativamente distinte, accordi che portino alla creazione di poli specialistici di attrazione complementari tra le due aree nell’offerta globale di servizi per ottenere una migliore performance clinica, un ampliamento dei bacini di utenza ed un abbattimento dei costi di mobilità passiva.

In ambito ospedaliero regionale la sola specialità con rilevanza di unità budgetaria tra quelle previste dal presente obiettivo è la chirurgia maxillofacciale che, già presente nella dotazione attuale, vedrà, in attesa di una sua ricostituzione, una temporanea riorganizzazione funzionale all’interno dell’UB di otorinolaringoiatria per il solo trattamento di casi che necessitano una stabilizzazione clinica prima dell’invio ad un centro specializzato.

Si evidenziano quindi le seguenti attività:

Chirurgia maxillofacciale, ad integrazione dell’attività dell’UB di otorinolaringoiatria e per il solo periodo di tempo necessario a ricostituire l’UB maxillofacciale

Chirurgia plastica nell’ambito dell’UB di dermatologia;

Angioplastica coronarica e chirurgia dell’aorta toracica per le patologie cosiddette "di confine";;

Neurochirurgia ad integrazione dell’attività dell’UB di neurologia e del DEA

Obiettivo 6.7 - Realizzazione del Sistema Informativo Socio Sanitario Regionale

L'esigenza di conciliare la crescente domanda di qualità del Servizio sanitario e Sociale con il contenimento della spesa e il controllo dei costi, determina la necessità dell'utilizzo integrato dell'ICT (Information and Communication Tecnology) in ambito amministrativo e sanitario.

In virtù di tale ruolo la Regione intende favorire lo sviluppo e l’integrazione di un Sistema Informativo Socio Sanitario Regionale, articolato nei due livelli:

il livello Regionale, finalizzato al controllo ed alla programmazione, nell'ambito del quale vengono sviluppati i necessari sistemi di supporto decisionale;

il livello Aziendale USL, finalizzato alla gestione amministrativa ed al miglioramento dei servizi socio sanitari offerti dalla Azienda stessa.

A tale proposito, l’avvio e lo sviluppo delle attività dell’Osservatorio regionale epidemiologico e per le politiche sociali, favorirà l’individuazione di indicatori utili a descrivere i bisogni di salute e di assistenza sociale e ad individuare e sperimentare indicatori di qualità e di appropriatezza dei servizi sanitari e sociali a livello regionale che la Giunta regionale emanerà con successivo atto e che renderanno possibile il monitoraggio delle principali fasi del processo socio-sanitario. I cambiamenti delle politiche sanitarie succedutesi con frequenza a livello nazionale negli ultimi anni impongono infatti di innovare anche i sistemi di monitoraggio a livello locale. La regionalizzazione dei servizi sanitari impone a ciascuna regione di costruire un sistema di indicatori che, pur avendo un denominatore comune negli indicatori validi in tutti i contesti ha una valenza specifica alla propria realtà locale. Il processo in Valle d’Aosta avverrà per tappe successive e per livelli di assistenza in modo conforme ad esempio agli indicatori già disponibili e validati su scala nazionale. Si individua tuttavia una priorità per le misure relative all’appropriatezza delle prestazioni ospedaliere e all’assistenza distrettuale territoriale .

Obiettivo 7.

Supporto alle fasi della vita

Obiettivo 7.1 - Gestione della fase iniziale della vita

In Valle d’Aosta negli ultimi decenni il fenomeno della riduzione della natalità si è verificato con forte intensità. Se l'Italia è oggi il paese con la più bassa fecondità del mondo, la Valle d’Aosta, insieme alla Liguria, al Friuli Venezia Giulia, al Piemonte, all’Emilia Romagna e alla Toscana, si distingue per livelli di fecondità pari o inferiori ad un figlio per donna.

La riduzione delle nascite è confermata dal basso valore dell’indice di carico di figli per donna feconda, inteso come numero di bambini di età inferiore a 4 anni rapportato a 100 donne di età compresa tra 15 e 39 anni. Tale indicatore in Valle d’Aosta è pari al 23,7%, sensibilmente inferiore alla quota del 30%, ritenuta uno standard indicativo di popolazioni anziane ed a bassa fecondità.

Particolarmente interessante il fenomeno dell’interruzione volontaria di gravidanza. Tale fenomeno, in diminuzione in Valle d’Aosta fino al 1995, ha presentato in questi ultimi anni un leggero incremento (255 IVG nel 1995 e 306 nel 1999). Il tasso di abortività registrato nel 1999 è pari a 10,65 aborti ogni 1000 donne in età feconda (15-49 anni), superiore quindi al tasso nazionale del 1998 pari a 9,7.

Relativamente alle caratteristiche sociali delle donne che hanno fatto ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza va evidenziato che allo stato attuale, l’età più frequente nel ricorso all’IVG è più elevata rispetto a venti anni fa ; mentre prima si attestava tra i 20 ed i 24 anni, oggi l’età più frequente è quella compresa tra i 25 e i 34 anni ed inoltre, a differenza di venti anni fa, sono le donne nubili e non quelle coniugate a farne maggiormente ricorso incidendo maggiormente sulla propensione alla procreazione; mentre nel 1981 il tasso di interruzione di gravidanza nelle nubili era di 24,35 contro 71,38 nelle coniugate, oggi questo tasso si ribalta a favore delle nubili che registrano un valore del tasso di 45,12 contro 42,09 nelle coniugate.

Inoltre, se nel 1981 il 74% delle donne che ricorreva all’IVG aveva almeno un figlio, oggi tale percentuale è appena superiore al 50%.

Questo fenomeno è fortemente associato allo spostamento in avanti del processo riproduttivo, con un progressivo incremento dell'età media alla nascita del primo figlio che implica una riduzione nel numero di figli per coppia anche perché, col crescere dell'età, aumentano i rischi per la gravidanza. Oltre al calo della fecondità programmata, legato all'allungamento dei percorsi scolastici, e alla acquisizione della autonomia economica, lo spostamento "in avanti" del calendario riproduttivo ha determinato una quota crescente di infertilità.

Anche se la natalità è attualmente in lieve ripresa, non sembra da attendersi nel futuro un forte incremento della domanda di prestazioni sanitarie nel settore materno-infantile, mentre c’è da attendersi una richiesta di supporto e tutela ai genitori che lavorano con strutture adeguate all’accoglienza e all’intrattenimento (nidi, garderie d’enfance o altri servizi alternativi). Questo contesto non esime dalla necessità di garantire un'adeguata offerta di interventi e servizi a favore della coppia relativi alla gravidanza, al parto e alla prima infanzia.

In particolare, in ambito ospedaliero, deve essere concentrata l’attività connessa alla nascita, potenziando invece il territorio di tutte le attività di prevenzione e cure oltre ad ogni altra possibile forma di integrazione.

La progressiva riduzione della mortalità infantile, assestata a livello nazionale sul 9 per mille, come pure di quella perinatale, sul 6,4 per mille, ha seguito in Valle d’Aosta una tendenza analoga a quella nazionale e di altri paesi dell'Europa occidentale. E’ comunque in evidenza il problema dei bambini portatori di disabilità, per patologie congenite o acquisite, che richiedono una maggiore capacità di intervento precoce di natura intensiva e riabilitativa ed un qualificato monitoraggio.

Specifica attenzione deve essere dedicata nella prima infanzia alle cure primarie e ai disturbi dello sviluppo psichico nell'età evolutiva.

In tal senso occorre rivedere le prerogative del consultorio familiare sede di coordinamento di tutti gli interventi territoriali nell’area materno infantile nell’ambito del presidio socio-sanitario distrettuale, ridefinendo le peculiarità che lo differenziano da presidi di esclusiva natura ambulatoriale quali:

Priorità e prevalenza del carattere preventivo e riabilitativo dell’assistenza;

Garanzia di un lavoro di équipe sia tra figure sanitarie e sociali che tra queste e i servizi (reparti ospedalieri, scuola, asili nido .)

Posizione centrale sul piano organizzativo deve assumere il Dipartimento Materno Infantile quale entità tecnico funzionale che attiva azioni mirate al soddisfacimento dei bisogni della popolazione dell’area materno infantile secondo le indicazioni regionali. Il compito del Dipartimento è quindi quello di elaborare protocolli operativi coordinando le prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione a livello territoriale e ospedaliero garantendo:

La tutela della salute della donna in tutte le fasi e ambienti di vita;

La tutela della procreazione e della maternità e paternità responsabile;

La tutela della salute dei minori fino al raggiungimento dell’età adulta con particolare attenzione al minore disabile e ai soggetti socialmente deboli;

La prevenzione, la cura e la riabilitazione del disagio psichico e sociale dovuto a problematiche scolastiche, familiari e relazionali anche in riferimento agli abusi e maltrattamenti.

Obiettivo 7.2 - Gestione della fase dell’età anziana

Si conferma l’importanza di promuovere, in conformità agli indirizzi contenuti nel progetto obiettivo Anziani" il mantenimento/recupero dell’autosufficienza dell’anziano, di adottare politiche di supporto alle famiglie con anziani bisognosi di assistenza a domicilio, di promuovere l’assistenza continuativa ed integrata (intra ed extra ospedaliera) e socio-sanitaria.

In particolare nella nostra realtà occorre continuare ad investire nelle iniziative che hanno lo scopo di promuovere la salute e ridurre la mortalità e la disabilità, attribuibili a patologie per le quali disponiamo di interventi efficaci di prevenzione primaria o di diagnosi precoce.

Occorre inoltre migliorare l’esito dell’assistenza (prognosi e durata della malattia, disabilità, qualità della vita, soddisfazione dell’individuo) adeguando i processi di diagnosi e cura alle conoscenze scientifiche e alle risorse disponibili. Occorre creare le condizioni per evitare i ricoveri e le ospedalizzazioni non necessarie, garantire le dimissioni precoci dall’ospedale, migliorare l’assistenza a domicilio, nonchè garantire agli anziani ricoverati presso le strutture ospedaliere e socio-sanitarie assistenza, riabilitazione e cura di qualità.

Obiettivo 7.3 - Gestione della fase terminale della vita

Le persone con patologie evolutive irreversibili per le quali non esistono trattamenti risolutivi, necessitano di una assistenza finalizzata al controllo del dolore, alla prevenzione e cura delle infezioni, al trattamento fisioterapico e al supporto psicosociale.

L'attenzione, in questo campo, oltre alla persona in assistenza, va dedicata ai familiari nelle fasi terminali e dopo il decesso. Un'assistenza di buona qualità deve offrire la possibilità di trascorrere l'ultima parte della vita in famiglia, o quando questo non è più possibile, in strutture residenziali adeguate alla natura dei problemi sanitari.

Compito della Regione è: migliorare l'assistenza alle persone che affrontano la fase terminale della vita ed individuare le azioni conseguenti, adeguare il personale dedicato all’assistenza palliativa medica e infermieristica a domicilio, potenziare le risorse tecnologiche, definire linee - guida per interventi di terapia palliativa e antalgica e per il sostegno psicologico e per l’aiuto socio assistenziale a favore del malato e dei suoi familiari, definire direttive di coordinamento con il volontariato per l' assistenza ai malati terminali.

Con la delibera della Giunta regionale n.3239 del 25 settembre 2000 è stato approvato il programma per la realizzazione di un centro residenziale per cure palliative Hospice, ove sarà possibile garantire un alto grado di umanizzazione dell'assistenza ed una adeguata accoglienza, anche ai familiari tenendo conto delle convinzioni religiose dei soggetti per offrire assistenza e cura ad una categoria di persone ammalate e in fase critica che per diverse motivazioni non possono essere seguiti in regime domiciliare e per i quali il ricovero ospedaliero risulta non necessario ed inadeguato alle loro esigenze.

I livelli di assistenza

Governare lo stato di salute di una popolazione comporta la conoscenza epidemiologica dei principali determinanti della condizione di salute o di malattia di quella popolazione e, sotto il profilo dell’erogazione dei servizi, comporta una gestione della sanità coerente e conforme ai riferimenti obbligati del Piano Sanitario Nazionale e alle recenti leggi di riordino del servizio sanitario. Sotto il profilo epidemiologico i principi e gli obiettivi sanciti dalla prima legge di riforma sanitaria risultano tuttora validi, mentre sotto il profilo organizzativo i riferimenti del Piano nazionale indicano tre principali funzioni che corrispondono a raggruppamenti logici dei livelli essenziali ed appropriati di assistenza e che rispondono a tre aree di bisogno rispettivamente qualificanti :

la prevenzione, che fa riferimento prevalentemente al rischio e si caratterizza con interventi tendenzialmente di "iniziativa";

l’assistenza distrettuale, che risponde ai bisogni percepiti, li analizza in termini di "problemi" e li affronta con interventi tipici delle cure primarie, di iniziativa o di attesa su chiamata ai fini di prevenzione primaria o secondaria, di diagnosi e cura, con mandato specifico e riservato a garantire la continuità assistenziale e l’integrazione socio sanitaria;

l’assistenza ospedaliera, che fa riferimento alla malattia occasionale e alla patologia acuta, ha compiti integrativi di diagnosi e cura di alta intensità o complessità, e fa parte delle cure secondarie praticando solo interventi in regime di attesa o di emergenza.

La Regione Autonoma Valle d’Aosta, per il triennio 2002- 2004, si impegna ad assicurare livelli essenziali ed appropriati di assistenza relativi a servizi e prestazioni corrispondenti a specifiche condizioni cliniche, per i quali sono disponibili evidenze scientifiche circa i benefici in termini di salute, nel rispetto della dignità umana, del bisogno di salute, dell’equità dell’accesso all’assistenza, della qualità, appropriatezza ed economicità nell’uso delle risorse.

L’adesione a tali criteri comporta:

l’esclusione dai livelli di assistenza garantiti delle prestazioni e delle tipologie di assistenza che non soddisfano tali principi;

l’impegno collettivo per la promozione di linee guida che garantiscano il rispetto dei principi indicati anche in relazione alle singole prestazioni e ai percorsi assistenziali propri di specifiche condizioni cliniche.

Tale scelta è dettata dalla necessità di una valutazione di efficacia, a fronte di risorse sempre più limitate e di una spesa sanitaria crescente, che consente di meglio destinare le risorse verso interventi di pubblico beneficio.

Per la realizzazione di linee guida tecnico professionali la Regione si impegna ad adottare, nel triennio di validità del Piano, un programma coerente ed integrato con quello nazionale previsto dal Piano Sanitario Nazionale e che farà riferimento ai principi della medicina basata sulle evidenze (Evidence Based Medicine).

Questo percorso di razionalizzazione, che è vincolato all’impegno di tutti (cittadini utenti, operatori sanitari, amministratori e manager della sanità), se coerentemente portato avanti, determina, nel medio e lungo periodo, vantaggi tangibili per tutti gli attori menzionati:

ai cittadini garantisce una maggiore certezza circa l’uso di prestazioni diagnostico - terapeutiche prescritte, favorisce un consenso maggiormente informato e insegna una migliore gestione individuale della salute;

agli operatori sanitari fornisce delle indicazioni condivise e concordate a livello regionale su percorsi diagnostico-terapeutici specifici per tipo di patologia;

agli amministratori offre la certezza di contare su un sistema basato su obiettivi e scelte di organizzazione, pianificazione e allocazione delle risorse che tengano conto dell’efficacia sanitaria e che forniscano validi strumenti a supporto delle decisioni ;

ai manager consente una maggiore possibilità di pianificazione dell’offerta a fronte di un contesto a domanda predefinita sia dagli strumenti del Piano regionale che da quelli della pianificazione locale e quindi offre la possibilità di migliorare l’efficienza produttiva in un contesto di scelte trasparenti e stabili nel tempo.

Prevenzione collettiva in ambiente di vita e di lavoro

La prevenzione costituisce il più importante, complesso ed articolato progetto a favore della salute di una popolazione. La sua realizzazione, che presuppone il riconoscimento che i determinanti dello stato di salute si estendono ben oltre le possibilità di intervento dei servizi sanitari, impone una assunzione di responsabilità da parte di tutti - operatori e cittadini - tanto a livello individuale, che collettivo.

L’esito, non sempre di facile valutazione, è rappresentato da una riduzione nel tempo delle malattie, delle disabilità e delle morti che, con più frequenza, colpiscono la popolazione oggetto di prevenzione. Le difficoltà di valutazione di efficacia sono generate dalla finestra temporale, spesso molto ampia, con cui valutare i risultati e dalla ineliminabilità di azioni di cattivo uso individuale della propria vita che contribuiscono a determinare esiti di morte "evitabili".

Poiché quindi il concetto di "morte evitabile" è strettamente collegato a quello di prevenzione, e poiché molte malattie si possono prevenire è importante che l’indagine epidemiologica identifichi le malattie e le morti di maggiore peso umano e sociale, unitamente ai fattori di rischio che le producono e demandi al Piano Socio Sanitario Regionale le azioni utili a contrastarle.

Valutata quindi l’importanza di una prevenzione orientata a obiettivi di salute e all’utilizzo di strumenti efficaci, sono delineate le seguenti linee di indirizzo regionale.

Il Dipartimento di Prevenzione, istituito con l.r. 41/1995 è la struttura operativa dell’Azienda USL preposta alla tutela della salute collettiva attraverso il perseguimento degli obiettivi di promozione della salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità, miglioramento degli stili di vita.

Le azioni del Dipartimento, individuate e supportate da una lettura del territorio che solo l’analisi epidemiologica può garantire, devono coordinarsi con i Distretti, le strutture operative aziendali e la struttura delegata al controllo ambientale (ARPA).

Il Dipartimento contribuisce alle funzioni di prevenzione collettiva e sanità pubblica, anche a supporto dell’autorità sanitaria locale ed eroga attività di:

profilassi delle malattie infettive e diffusive;

tutela della collettività dai rischi negli ambienti di vita anche con riferimento agli effetti degli inquinanti ambientali;

tutela della collettività e dei singoli dai rischi infortunistici e sanitari connessi agli ambienti di lavoro;

sanità pubblica veterinaria;

tutela igienico sanitaria degli alimenti;

sorveglianza e prevenzione nutrizionale.

Il Dipartimento, nel promuovere le sue azioni preventive e di tutela, prevede il coinvolgimento di operatori di diverse discipline. A tal riguardo è precisa linea di indirizzo del Piano, la promozione di programmi di prevenzione interdisciplinari che consentano la transazione ad un modello integrato con tutti gli ambiti coinvolti, incluso quello sociale, caratterizzato da forme di autovalutazione, autocertificazione e di accreditamento di qualità.

Le priorità operative del Dipartimento vengono definite sulla base degli obiettivi di salute, locali e regionali, con la necessità di garantire interventi omogenei sul territorio di competenza.

Gli strumenti di intervento devono rispondere a criteri di efficacia dimostrata.

Le funzioni individuate devono essere supportate da una lettura epidemiologica del territorio garantita dalla struttura competente a livello regionale che è la premessa indispensabile per l’elaborazione di quei Piani di prevenzione in cui il Dipartimento esprime il proprio mandato istituzionale.

Profilassi delle malattie infettive e diffusive

La mortalità conseguente a malattie infettive e parassitarie in Valle d’Aosta rappresenta nei maschi lo 0,8% di tutti i decessi, mentre nelle femmine la percentuale è dello 0,5%. Superiore è invece la frequenza ospedaliera delle numerose patologie inscrivibili nel capitolo delle patologie di origine microbica: ogni anno una media di 330 residenti, di cui 180 maschi e 150 femmine pari, rispettivamente al 2,3% e all’1,8% di tutti i ricoveri a favore dei residenti, beneficiano di assistenza ospedaliera finalizzata alla cura di queste malattie.

I dati forniti dai servizi territoriali presentano purtroppo un problema di sottonotifica in quanto non tutti i medici di medicina generale e i pediatri inviano le notificazioni sui casi da loro accertati. La maggior parte delle notifiche proviene ovviamente dai pediatri, essendo queste malattie molto frequenti (75%) nella fascia di età fino ai 14 anni.

Per quanto attiene le malattie infettive di classe II, la frequenza più elevata è registrata dalla varicella (35,4%) che ha una presenza continua durante tutto l’anno, seguita a distanza da parotite (17,6%), pertosse e rosolia (11%), scarlattina (7,3%) e salmonellosi non tifoide (6,2%).

L’alta adesione alle campagne di vaccinazione in Valle d’Aosta ha determinato una frequenza del solo 4% di casi di malattia in soggetti vaccinati e un rapporto di 1 soggetto vaccinato su 79 ricoveri per le malattie soggette a vaccinazione.

La copertura vaccinale dell’influenza negli anziani ultra 65enni è attualmente in Valle d’Aosta del 45% e va incrementata fino a raggiungere il parametro previsto dal Piano Sanitario Nazionale del 75%.

La frequenza degli effetti indesiderati delle vaccinazioni è molto bassa a livello regionale: si segnalano meno di 3 casi in media dal 1996 ad oggi.

Infine, per quanto attiene il sistema di sorveglianza degli esiti del trattamento antitubercolare, avviato a livello nazionale a partire dal 1999, la Valle d’Aosta ha individuato l’unità di Pneumotisiologia come centro unico a cui far pervenire i dati che regolarmente devono essere inviati al Ministero da parte della Regione.

Vengono quindi individuati i seguenti:

Obiettivi

Diffondere, attraverso la Relazione Sanitaria e Sociale annuale (prevista dalla l.r. n.5/2000) l’analisi epidemiologica relativa all’incidenza e alla prevalenza delle malattie infettive presenti a livello regionale e all’individuazione dei principali fattori di rischio;

Mantenere ed elevare la copertura vaccinale obbligatoria per poliomelite, difterite, tetano, pertosse, epatite B, entro i 24 mesi di vita continuando a perseguire l’obiettivo tendenziale di una copertura del 100%;

Raggiungere e mantenere il 95% di copertura vaccinale facoltativa per morbillo, rosolia, parotite, pertosse ed Hemophilus influenzale per la popolazione di età inferiore ai 24 mesi di vita;

Estendere alle popolazioni immigrate i livelli di copertura vaccinale obbligatoria e facoltativa validi per la popolazione residente;

Raggiungere la copertura vaccinale per influenza del 75% della popolazione con oltre 64 anni di età;

Monitorare gli effetti indesiderati di tutte le vaccinazioni;

Monitorare i casi di infezione ospedaliera riguardo alle infezioni delle vie urinarie, infezioni da ferita chirurgica, polmoniti post operatorie o associate a ventilazione assistita e infezioni associate a cateteri intravascolari rispettando un’ incidenza sul totale dei ricoveri non superiore al 10% (limite massimo del range nazionale 5%-10%);

Proseguire il monitoraggio della frequenza di casi di tubercolosi e il relativo completamento del trattamento farmacologico rispettando, per quest’ultimo aspetto, il limite di almeno l’85% dei casi diagnosticati;

Implementare l’attuale sistema informativo delle malattie infettive con tutte le informazioni mancanti riguardo agli attuali debiti conoscitivi per farne strumento di osservazione epidemiologica attiva;

Migliorare l’esaustività delle notifiche e la tempestività dell’invio dei dati al fine di consentire un monitoraggio efficace delle patologie infettive sul territorio regionale.

Azioni

Rafforzamento del ruolo del Dipartimento di Prevenzione nella funzione di coordinamento e valutazione interna delle prestazioni erogate;

Adeguamento del servizio di Igiene e sanità pubblica dell’Azienda USL al fine di corrispondere alle decisioni della Comunità europea sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili e per mantenere la Regione Valle d’Aosta all’elevato livello raggiunto in tema di controllo delle malattie infettive;

Attivazione di sistemi informativi di rapida allerta collegati con gli analoghi europei ed extraeuropei;

Attuazione del progetto di riorganizzazione del sistema vaccinale che prevede l’individuazione di poli vaccinali in sedi accreditate;

Adeguamento ed integrazione dell’attuale sistema informativo delle malattie infettive con altre basi di dati sanitari in collaborazione con le strutture competenti dell’Assessorato in materia di informatica ed epidemiologia;

Consolidamento del sistema di monitoraggio per la sorveglianza epidemiologica e della farmacoresistenza della tubercolosi umana e predisposizione di linee guida per la profilassi ed il trattamento della TBC anche verso le popolazioni immigrate;

Attivazione di un programma per la sorveglianza, la prevenzione ed il controllo delle infezioni ospedaliere, orientato sia ai cittadini assistiti che agli operatori, con invio periodico dei dati alla struttura regionale competente. Tale programma rappresenta criterio di accreditamento della struttura e deve prevedere un Comitato di controllo, l’assegnazione di specifiche responsabilità gestionali a personale qualificato e la definizione di precise strategie di intervento con protocolli scritti.

Prevenzione ambientale

Essendo noto a tutti come qualsiasi contaminante presente nell’ecosistema interagisca con gli organismi viventi, l’attivazione di un processo finalizzato al mantenimento e al miglioramento dello stato di salute non può più prescindere dalla valutazione dei determinanti ambientali.

La qualità dell’ambiente dipende sostanzialmente dai modelli di vita e di produzione dei beni in essere sul territorio; essa è quindi direttamente orientata dalle scelte di governo del sistema. In generale, gli elementi descrittivi del sistema non sono attualmente sufficientemente conosciuti e, in particolare, mancano informazioni sulle correlazioni tra tali elementi, specie quando rappresentano fattori di rischio, e lo stato di salute della popolazione.

Anche utilizzando informazioni derivanti da esperienze già acquisite è necessario in via prioritaria colmare questo debito informativo.

Certo è che tra le diverse aree di competenza della prevenzione, quella relativa all’ecosistema costituisce senza dubbio il momento più critico. La Valle d’Aosta ha da sempre, come elemento costituente il proprio patrimonio culturale, una spontanea attenzione ed un profondo rispetto per l’ambiente, sicuramente anche in virtù dell’enorme patrimonio di cui è dotata e che si trova a dover difendere. Tutto ciò, pur non rappresentando un vuoto istituzionale, ha però prodotto, per questa specifica competenza :

Assenza di continuità di intervento;

Carenza di coordinamento e di interdisciplinarietà tra enti e azioni;

Incertezze circa l’esaustività delle azioni da intraprendere;

Mancanza di un "progetto quadro" unitario per l’ambiente

Sviluppo a velocità e complessità differenziate tra i diversi ambiti della prevenzione ambientale(aria, piuttosto che acqua, piuttosto che suolo).

Sono indiscutibili i meriti di questi ultimi anni che la campagna di gestione differenziata dei rifiuti e le azioni volte allo studio del loro smaltimento ha visto riconosciuti, tuttavia, rispetto alla totalità delle competenze verso la tutela e la salvaguardia degli altri elementi (acqua, aria ), costituiscono un’area di eccellenza a fronte di aree di criticità.

La mancanza di sistemi informativi organizzati e di un reale coordinamento tra operatori del settore non ha fino ad ora permesso di realizzare un sistema di collegamento a rete (con i diversi soggetti impegnati come "nodi") che consenta di valutare correttamente i rischi per la salute connessi alle matrici ambientali e la loro conseguente gestione. Si rende perciò indispensabile valutare, con adeguate "mappe", l’impatto di un inquinante sull’ecosistema, censire i punti o i fattori di rischio e graduarne il livello, stimare la popolazione coinvolta e la durata dell’esposizione e le eventuali correlazioni intercorrenti al fine di accertare i riflessi sanitari e l’eventuale entità del danno. Solo in questo modo è possibile gestire l’ipotetico rischio individuando, dove necessario, le possibilità di intervento (economico, giuridico, amministrativo, tecnico .).

A tal fine e per rendere coerenti i valori della cultura valdostana in merito al rispetto dell’ambiente con un progetto concreto ed integrato di azioni, il Piano Socio Sanitario 2002 - 2004 intende assegnare a questo ambito di competenza i seguenti :

Obiettivi

Promuovere le necessarie sinergie fra i soggetti interessati alla gestione delle problematiche ambientali, al fine di consentire una lettura uniforme dei dati di rilevamento della qualità ambientale, finalizzata all’individuazione delle necessità di intervento e di coordinamento per la tutela dell’ambiente dagli inquinamenti e la tutela della salute delle persone;

Individuare gli obiettivi di qualità dell’ambiente, distinti tra aria, acqua, suolo, radiazioni (ionizzanti e non ionizzanti), rumore;

Coordinare gli interventi di risanamento e miglioramento della qualità ambientale in attuazione del Piani di settore e per la predisposizione di mappe di rischio relative alle patologie più frequentemente legate a fattori di ordine ambientale.

Azioni

Predisposizione di un sistema di connessione a rete tra i diversi soggetti impegnati nel settore (Servizi regionali, Osservatorio Epidemiologico, Dipartimento di Prevenzione aziendale, Arpa);

Predisposizione dei Piani regionali di settore per l’individuazione degli obiettivi di qualità ambientale finalizzati in particolare modo alla tutela della salute delle persone, oltreché il potenziamento dell’attività del Gruppo tecnico di lavoro per il coordinamento degli interventi e delle attività per la tutela dell’ambiente dagli inquinamenti, già operante e coordinato dall'Assessorato regionale della Sanità, Salute e Politiche Sociali (composto dai rappresentanti di tutti i servizi competenti in materia di tutela dell’ambiente sia della Regione che di altri organismi quali Azienda USL, ARPA);

Per quanto riguarda i singoli elementi oggetto di prevenzione, si espone di seguito la politica decisa dal Piano.

Aria - L’inquinamento atmosferico derivante dal traffico urbano, dai sistemi di riscaldamento o dai sistemi di produzione industriale, rappresenta un noto fattore di rischio sia per l’eziologia del tumore polmonare (stimata con un eccesso di rischio fino al 33% per gli esposti), sia per l’insorgenza e l’aggravarsi di forme morbose a carico del sistema respiratorio, con esiti di cronicità o morte che producono elevati costi umani e non, un maggiore ricorso all’assistenza sanitaria e ospedaliera da parte delle popolazioni colpite.

Oltre ai già noti fattori di inquinamento dell’aria che arrecano potenziale rischio alla salute (anidride solforosa, ossido di carbonio, benzene, amianto e ozono), va inoltre ricordata l’importanza della qualità dell’aria negli ambienti confinati, in particolare l’inquinamento da fumo di tabacco e la contaminazione da radon.

Per il miglioramento della qualità dell’aria atmosferica nel triennio 2002 -2004 viene indicato il seguente:

Obiettivo

Fissare gli standard di risanamento e miglioramento della qualità dell’aria derivante sia da traffico veicolare che da emissioni civili e produttive, prevedendo anche il sostegno alle politiche dei trasporti basate sull’utilizzo di fonti energetiche alternative, il sostegno alle politiche di utilizzo di sistemi di riscaldamento o produttivi che prevedono la riduzione o l’eliminazione di emissioni nell’ambiente di agenti inquinanti.

Azioni

Predisposizione del Piano regionale di tutela della qualità dell’aria;

Attivazione del catasto regionale delle emissioni ed aggiornamento periodico dello stesso;

Predisposizione di un piano annuale di controllo delle emissioni di agenti inquinanti in atmosfera derivanti da attività produttive;

Predisposizione con il supporto dell’ARPA della relazione annuale sulla qualità dell’aria.

Acqua - Per quanto concerne il settore della tutela delle acque, la Regione, l’Azienda USL della Valle d’Aosta e l’ARPA hanno svolto, a partire dal 1982, successivamente all’approvazione del Piano regionale di risanamento delle acque, un grosso lavoro di monitoraggio e controllo della qualità delle acque superficiali, degli scarichi, delle acque destinate al consumo umano e delle acque di balneazione.

Pur non avendo ancora la Regione predisposto il Piano di tutela delle risorse idriche previsto dalle disposizioni di cui al D.lgs n. 152/1999 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento delle direttive concernente il trattamento delle acque reflue urbane e alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), che comporta un imponente lavoro di coordinamento fra i soggetti competenti in materia di concessioni e subconcessioni, di usi diversi (destinate al consumo umano, destinate alla balneazione, alla vita dei pesci, a scopo turistico e ricreativo, minerali e termali, ) di qualità delle acque di scarico, ha già comunque acquisito dati ed informazioni, riportati in diverse pubblicazioni, che costituiscono una base importante per il lavoro da svolgere.

Obiettivi

Classificare i corsi d’acqua superficiali ai fini della destinazione d’uso dei medesimi, secondo quanto previsto dal D. lgs. n. 152/99;

Mantenere i livelli di qualità delle acque superficiali raggiunti ed individuare gli interventi per il raggiungimento degli ulteriori livelli qualitativi;

Mantenere i livelli qualitativi delle acque destinate al consumo umano ed individuazione gli interventi per la riduzione e l’eliminazione degli inconvenienti derivanti dalle contaminazioni batteriche nei periodi estivi delle stesse, con particolare riferimento al coordinamento di interventi tecnici ed igienico-sanitari derivanti dall’uso dei suoli in prossimità di punti di captazione di acque destinate al consumo umano;

Individuare le potenzialità di sfruttamento di acque minerali e termali in Regione.

Azioni

Predisposizione, in collaborazione con i servizi regionali competenti, l’Azienda USL della Valle d’Aosta e l’ARPA, del Piano regionale di gestione e di tutela delle risorse idriche;

Predisposizione della nuova legge regionale per la gestione degli scarichi delle acque reflue.

Radiazioni - L’esposizione a sorgenti di radiazione comporta il rischio di insorgenza di manifestazioni patologiche sia nel breve che nel lungo periodo. E’ opportuno distinguere tra radiazioni ionizzanti (sostanze radioattive e macchine radiogene) e radiazioni non ionizzanti (campi elettromagnetici a bassa e alta frequenza) in relazione alla diversità delle caratteristiche di natura fisica e delle modalità di interazione con la popolazione.

Per le radiazioni ionizzanti è noto come il Radon costituisca la principale fonte di esposizione e di rischio. Per questa sostanza, alla quale gli studi epidemiologici assegnano un valore stimato dal 5% al 20% come fattore di rischio per l’insorgenza del tumore al polmone, esistono alcune azioni perseguibili che la Regione intende porre tra gli obiettivi di Piano.

Un’altra principale fonte di esposizione a radiazioni ionizzanti è costituita dal l’utilizzazione di radioisotopi o di macchine radiogene in ambito medico, verso le quali il Piano intende avviare un’azione di controllo.

Tra le fonti di esposizione alle radiazioni non ionizzanti le più comuni sono costituite dai raggi ultravioletti e dai campi elettromagnetici.

In entrambi i tipi di radiazioni, valutare gli effetti sulla salute è un obiettivo che la Regione reputa di grande rilevanza.

Per quanto attiene le radiazioni ionizzanti sono:

Obiettivi

Monitorare la radioattività ambientale da Radon mediante la preventiva individuazione delle situazioni con concentrazioni elevate e delle rispettive fonti di provenienza al fine di individuare opportuni interventi correttivi;

Attuare le nuove disposizioni emanate con il D.lgs. n.187/2000 sulla protezione dei lavoratori e delle persone da radiazioni ionizzanti.

Azioni

Predisposizione del Piano regionale di controllo dell’inquinamento ambientale da radon;

Promozione di una campagna informativa alla popolazione e alle categorie professionali interessate sui rischi da esposizione al Radon;

Promozione di una campagna di sensibilizzazione per la riduzione degli esami diagnostici non necessari;

Adozione di adeguati programmi che assicurino la qualità delle apparecchiature mediche, fonti di emanazione di radiazioni;

Attuazione dei programmi di formazione professionale obbligatoria per i medici ed i tecnici operanti in strutture pubbliche che effettuano la diagnostica con utilizzo di radiazioni.

Per quanto attiene le radiazioni non ionizzanti sono indicati i seguenti:

Obiettivi

Attuare la normativa regionale emanata contenente la regolamentazione per l’esercizio di impianti fissi e mobili di radiotelecomunicazioni;

Disciplinare in merito ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici derivanti da linee elettriche.

Azioni

Verifica della predisposizione dei piani comprensoriali di realizzazione dei siti attrezzati per l’installazione degli impianti per radiotelecomunicazioni previsti dalla nuova legislazione regionale;

Predisposizione di un’apposita legge regionale che disciplini, in attuazione delle disposizioni nazionali, i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici da elettrodotti (50 Herz).

Promozione di campagne di sensibilizzazione della popolazione al fine di modificare abitudini di vita e ridurre il rischio connesso con l’esposizione non protetta ai raggi UV, specie nella pratica sportiva e nelle attività lavorative e professionali che si svolgono all’aperto.

Rifiuti -La tutela del suolo dall’inquinamento é un aspetto rilevante ai fini sia della tutela della salute delle persone e che della salvaguardia dell’ecosistema locale. In questi ultimi anni sono state intraprese molte attività:

E’ stato predisposto ed approvato il documento preliminare contenente gli obiettivi e gli indirizzi per l’aggiornamento del Piano regionale di gestione dei rifiuti:

Sono state avviate le procedure per la predisposizione di tale nuovo Piano;

Sono stati approvati progetti per la realizzazione di impianti di smaltimento e recupero di rifiuti ed emanate circolari interpretative e di indirizzo per la corretta applicazione delle nuove norme in materia;

Sono state autorizzati impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti ed avviati controlli in collaborazione con l’ARPA sulle attività di discarica autorizzate nella regione;

E’ stato creato un sito Internet informativo per l’educazione al problema ed una corretta informazione.

Obiettivi

Rafforzare la cultura e l’informazione dei cittadini verso la differenziazione dei rifiuti, come già si sta facendo a partire dalle istituzioni scolastiche, fino agli amministratori e alle famiglie;

Potenziare le azioni di controllo ambientale, sia finalizzate ai controlli fiscali (attraverso il Corpo forestale regionale) che attraverso indagini e controlli preventivi (attraverso l’ARPA);

Favorire il coordinamento tra le azioni svolte in ambito di tutela del territorio e le indagini epidemiologiche condotte dalla struttura regionale competente, al fine di individuare possibili associazioni causali tra frequenza di malattie e esposizione a rischi ambientali.

Azioni

Attuazione, in via preliminare, degli interventi tecnici, amministrativi e informativi e formativi previsti dal Piano regionale di gestione dei rifiuti;

Predisposizione di un piano annuale di controllo coordinato per l’effettuazione di controlli finalizzati alla verifica delle modalità tecniche di gestione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, nonché al controllo ufficiale sugli stessi;

Predisposizione di piani di lavoro coordinati fra le strutture regionali competenti in materia di tutela dell’ambiente, l’Azienda USL, l’ARPA e la struttura regionale competente in materia epidemiologica per l’individuazione delle modalità tecnico-amministrative di predisposizione di una mappa di rischio legata alla frequenza di malattie ed esposizioni imputabili a problemi di carattere ambientale.

Tutela dai rischi infortunistici e sanitari connessi all’ambiente di vita e di lavoro

In Valle d’Aosta la mortalità associata a traumatismi è particolarmente elevata. L’8% dei decessi tra la popolazione maschile e il 5% tra quella femminile, riconoscono al decesso una causa traumatica o comunque violenta. Dall’analisi per fasce di età risulta che nessuna età è esente dalla mortalità traumatica e il dato preoccupante deriva dal fatto che nei maschi i valori assoluti rilevati, che raggiungono i massimi livelli intorno ai 20 anni, rimangono tali fino alle fasce di età più avanzate. Le percentuali più elevate si riscontrano tuttavia in età giovanile dove gli incidenti stradali e una pratica degli sport poco prudente determinano un differenziale di rischio superiore a quello delle altre classi di età. Nei maschi la percentuale di decessi per traumatismi è del 50% tra i 5 e i 14 anni, del 58% tra i 15 e i 29 anni con una flessione al 13% tra i 39 e i 65 anni. Lievemente inferiore, ma comunque elevata, la corrispettiva percentuale nelle femmine. La giovane età dei deceduti per traumi comporta un grande numero di anni produttivi di vita perduti e il pesante significato umano che rivestono.

Anche la frequenza ospedaliera dei ricoveri è pesantemente condizionata da questo fenomeno; infatti, il 10,7% della frequenza ospedaliera nei maschi e il 7,5% nelle femmine è determinata da affezioni traumatiche, una percentuale che sale al 37% dei ricoveri se si considerano solo i maschi in età compresa tra i 12 e i 18 anni.

A livello regionale si è cercato da tempo di individuare, attraverso la lettura analitica di questi dati, i probabili fattori di rischio a cui associare con maggiore frequenza l’evento traumatico. E’ stata avviata una campagna di prevenzione finalizzata all’uso del casco sui ciclomotori che si spera possa produrre, in un arco di tempo relativamente breve, una parziale riduzione del fenomeno nelle classi di età interessate. Occorrerà invece essere più incisivi nelle campagne di educazione alla popolazione sui rischi da infortunistica domestica e nella pratica degli sport.

Per quanto riguarda l’infortunistica domestica, sulla base della l.493/1999 che detta "Norme per la tutela della salute nelle abitazioni ed istituzione dell’assicurazione contro gli infortuni domestici" verrà sviluppato nel prossimo triennio un progetto denominato "Sicurezza nelle nostre case", approvato con deliberazione della Giunta regionale e articolato su tre filoni :

l?analisi del fenomeno "incidente domestico" come evento in cui il fattore "uomo - ambiente domestico" compromette repentinamente la salute dell’individuo;

l’educazione sanitaria intesa come prevenzione attiva, cioè come informazione sui rischi, sui comportamenti, sulle possibilità di intervento personalizzato, sulle modalità di primo intervento per evitare di peggiorare il danno da incidente;

la prevenzione passiva che vede impegnato l’ente pubblico, sia esso Regione , Azienda o Comune nel controllo sull’impiego dei dispositivi anche strutturali che contribuiscono al contenimento o all’eliminazione di alcuni rischi in ambito domestico.

Per quanto concerne gli aspetti assicurativi, occorrerà armonizzare alla normativa nazionale quella regionale che già prevede una copertura assicurativa in caso di infortunio e di ricovero alle casalinghe che risultano iscritte al Registro regionale delle casalinghe (art.10 l.r. 44/1998).

Molto ancora rimane da fare nel settore dell’infortunistica legata agli ambienti di lavoro. In base ai dati INAIL, che confrontano gli incidenti sul lavoro del primo semestre 2000 con quello analogo dell’anno precedente, la Valle d’Aosta è una delle poche regioni che ha fatto registrare un saldo negativo (-7,3 %) rispetto al 1999, anche se elevato rimane il numero di incidenti: 1.503 nel primo semestre 1999, 1.394 nel primo semestre 2000. L’elevata mortalità (in Italia 4 infortuni mortali al giorno) con alcune categorie come gli edili a maggiore rischio di infortunio, indica con chiarezza un obiettivo di prevenzione che non può essere tralasciato, anche se per intervenire è prioritario conoscere le reali dimensioni e le caratteristiche regionali del fenomeno, pertanto il sistema informativo sanitario regionale dovrà dotarsi dei dati utili a soddisfare questo bisogno .

Obiettivi

Ridurre la mortalità e la disabilità permanente conseguenti a incidenti stradali con particolare riguardo alla classe di età 15 -24 anni;

Ridurre gli infortuni domestici;

Monitorare i dati relativi all’infortunistica sul lavoro;

Ridurre gli incidenti sul lavoro;

Ridurre gli incidenti nell’attività sportiva.

Azioni

Campagna di informazione relativa all’utilizzo dei dispositivi di sicurezza;

Attivazione di uno sportello regionale sulla prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, con funzioni di monitoraggio e di controllo dell’applicazione delle disposizioni di cui al d. lgs. n. 626/1994, nonché di osservatorio infortuni, inteso questo come rete integrata di banche dati provenienti da archivi locali e da enti preposti a livello nazionale;

Sanità pubblica veterinaria

In Valle d’Aosta le attività di profilassi e di risanamento degli allevamenti bovini da tubercolosi e degli allevamenti bovini e ovi-caprini da brucellosi e da leucosi viene espletata efficacemente secondo i programmi regionali annuali di bonifica sanitaria del bestiame. Anche la prevenzione dalle encefalopatie spongiformi (sindrome della "mucca pazza") trasmissibili, viene regolarmente condotta. La Valle d’Aosta, inoltre, può vantare il fatto che tutte le aziende e tutti i capi di bestiame sono identificati e registrati con un apposito codice, consentendo così la costituzione di un’anagrafe regionale del patrimonio zootecnico ed una corretta verifica delle documentazioni sanitarie. Inoltre, al fine di prevenire e ridurre i rischi di frode, oltre che per esigenze di natura sanitaria, tutti i bovini e ovi-caprini della Valle d’Aosta verranno sottoposti anche all’identificazione elettronica prima della prossima campagna di bonifica sanitaria in base ad un progetto che ha già ricevuto l’approvazione della Commissione dell’Unione Europea.

A fronte di questi punti di eccellenza permangono alcuni punti di criticità nella collaborazione degli allevatori alla riuscita dei piani di profilassi, che questo Piano intende risolvere. Nonostante ciò i dati relativi all’attività svolta dai servizi veterinari a tal riguardo sono rassicuranti e indicano come prossimo l’obiettivo di eradicare dagli allevamenti della Valle d’Aosta la tubercolosi e la brucellosi. Per quanto attiene invece le mastiti bovine, non potendo ottenere la loro totale eradicazione, a causa della multifattorialità dei fattori di rischio, sarà obiettivo di questo Piano lavorare affinché ne venga ridotta l’incidenza. Buona risulta la condizione igienica delle strutture di ricovero degli animali durante il periodo invernale. Non altrettanto favorevole risulta invece la situazione delle strutture di alpeggio, mentre risulta buona l’igiene negli stabilimenti di macellazione, di trasformazione e di deposito di prodotti di origine animale, sottoposti regolarmente a vigilanza e controllo e in tempi diversi a disinfezione. In merito ai rifiuti di origine animale a rischio, asportati nel corso della macellazione, sui quali attualmente viene effettuato un controllo prima dell’invio fuori Valle per la distruzione, la Regione si è dotata di un proprio inceneritore situato in località Les Iles di Brissogne per offrire una risposta locale a queste importanti procedure per la tutela delle infezioni all’uomo.

Per quanto attiene la tutela delle condizioni igieniche dei mezzi di trasporto di animali e delle relative modalità per il trasporto, la Valle d’Aosta vanta un punto di eccellenza nella prossima attivazione di una stazione fissa di disinfezione presso il Foro Boario che consentirà di avere a disposizione un impianto in regola con le disposizioni sanitarie vigenti e con i requisiti previsti dalle norme in materia di tutela delle acque dall’inquinamento.

Con il recente decreto ministeriale del 4 ottobre 1999, é stato istituito presso la sede di Aosta dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta il "Centro di referenza nazionale per le malattie degli animali selvatici", cui spetta lo svolgimento di attività specialistiche nel settore della fauna selvatica a salvaguardia della salute di questi animali e dei possibili contatti con l’uomo. Occorrerà adeguare la legislazione regionale ai mutamenti della legislazione nazionale su questi istituti concertando le modifiche con le regioni Piemonte e Liguria.

La vigilanza, il controllo e la ricerca dei residui animali sono assicurati con le modalità previste dai dd.lgs. n.118/1992, 119/1992, 336/1999 e dal Piano nazionale dei residui.

Per quanto riguarda l’attività del canile e gattile regionale, questa risente dell’aumento dei casi di randagismo e di abbandono degli animali domestici da parte dei proprietari, nonostante rappresenti un punto di forza dell’azione regionale l’identificazione canina mediante tatuaggio elettronico.

Obiettivi

Potenziare il coordinamento delle azioni di controllo negli allevamenti e nei macelli previste dalle vigenti normative ai fini della prevenzione dalle encefalopatie spongiformi trasmissibili, volte a garantire la sicurezza e la salubrità delle carni, a salvaguardia non solo dei consumatori ma anche del patrimonio zootecnico;

Ridurre l’incidenza delle mastiti bovine e assicurare una corretta gestione dei farmaci veterinari antimastite;

Verificare e mantenere i livelli di igiene delle strutture di ricovero degli animali e degli stabilimenti per la fabbricazione di prodotti a base di latte, per la macellazione, trasformazione e deposito dei prodotti animali;

Adeguare le norme di igiene previste dal DPR 54/1997 delle casere di alpeggi e delle strutture non ancora in regola per la stabulazione bovina;

Ampliare il numero delle stazioni di disinfezione di mezzi per il trasporto degli animali;

Individuare le possibili forme di trasmissione all’uomo e conseguenti azioni preventive contro le patologie più frequenti negli animali presenti in Valle d’Aosta;

Sensibilizzare la popolazione al problema dell’abbandono degli animali di affezione e all’aumento delle colonie feline.

Azioni

Predisposizione di un programma di prevenzione basato sull’intesificazione dei controlli, sulla composizione qualitativa dei mangimi destinati ai bovini, sulla vigilanza negli allevamenti, sulla sottoposizione al test di diagnosi rapida per la malattia di tutti i bovini macellati in età superiore ai 24 mesi e sulla intensificazione della sorveglianza su mangimi, animali e carni importate da altre nazioni;

Predisposizione di un piano regionale di controllo e di profilassi delle mastiti bovine, di concerto con l’Assessorato competente in materia di zootecnia;

Predisposizione di un piano di controllo sulle strutture di ricovero degli animali e degli stabilimenti per la fabbricazione di prodotti a base di latte, per la macellazione, trasformazione e deposito dei prodotti animali;

Attivazione, in collaborazione con l’Assessorato competente in materia di zootecnia, delle iniziative miranti all’individuazione delle strutture ancora da adeguare ai sensi del DPR n. 54/97 e pianificazione dei relativi interventi;

Predisposizione di uno studio di fattibilità per l’individuazione di ulteriori due stazioni fisse di disinfezione dei mezzi che trasportano animali;

Predisposizione di uno studio epidemiologico sulle possibili forme di trasmissione all’uomo di patologie animali presenti in Valle d’Aosta;

Attivazione di iniziative di informazione e sensibilizzazione rivolte sia agli amministratori locali che alla popolazione sulle problematiche legate all’abbandono dei cani e dei gatti ed al conseguente aumento sul territorio dei fenomeni di randagismo.

Tutela igienico sanitaria degli alimenti

L’evoluzione delle disposizioni normative, sia comunitarie che nazionali, in materia di tutela igienico-sanitaria degli alimenti ha imposto una modificazione degli atteggiamenti sia da parte dei produttori dei prodotti alimentari che da parte degli organismi di controllo, spostando il livello di controllo alle fasi preliminari alla preparazione dei prodotti stessi rispetto al controllo fiscale ufficiale effettuato sino ad ora. Ciò ha comportato un maggior coinvolgimento dei produttori i quali, in applicazione del sistema di autocontrollo HACCP, hanno dovuto approfondire le proprie conoscenze sui cicli di produzione, confezionamento, somministrazione degli alimenti, cercando di individuare le eventuali fasi critiche responsabili di possibili contaminazioni. L’attuazione di tali disposizioni, con particolare riferimento al decreto legislativo n. 155/97, ha comportato l’avvio di una fase di formazione degli imprenditori che ha coinvolto tutte le associazioni di categoria e l’Azienda USL della Valle d’Aosta, la quale ha svolto un importante ruolo di informazione e formazione. La Regione, al fine di facilitare l’applicazione di dette nuove disposizioni, ha attivato presso l’Assessorato della Sanità, Salute e Politiche Sociali, un ufficio di consulenza gratuita alle imprese finalizzata alla predisposizione dei programmi aziendali di autocontrollo.

L’imponente lavoro promosso dalla Regione e dall’Azienda USL ha fatto si che ormai a quasi due anni dall’entrata in vigore della nuova normativa, tutte le aziende interessate all’applicazione della stessa hanno predisposto i piani di autocontrollo e che durante tutte le visite ispettive effettuate non sono state effettuate sanzioni.

Obiettivi

Potenziare la sorveglianza sanitaria nella produzione, confezionamento, manipolazione e somministrazione dei prodotti alimentari;

Consolidare la qualità sanitaria dei prodotti alimentari tradizionali

Potenziare l’attività di consulenza in materia di autocontrollo con l’applicazione del sistema HACCP, con particolare riferimento alle attività svolte da soggetti pubblici (mense scolastiche, servizi di preparazione pasti in comunità per anziani, attività di somministrazione svolta dalle pro-loco, )

Azioni

Predisposizione del piano annuale di controllo dei prodotti alimentari e delle bevande e del piano annuale di controllo dell’uso dei fitofarmaci sulle coltivazioni agricole;

realizzazione di un centro informatico dipartimentale aziendale finalizzato alla raccolta, classificazione e valutazione dei dati sugli alimenti;

Continuazione dell’attività di consulenza svolta dall’apposito ufficio istituto presso l’Assessorato regionale della Sanità, Salute e politiche sociali sull’applicazione del sistema di autocontrollo HACCP

Sorveglianza e prevenzione nutrizionale

Tra i fattori in grado di aumentare la capacità di mantenere e migliorare lo stato di salute, l’alimentazione riveste un ruolo fondamentale. L’alimentazione sana ed equilibrata è un fattore fondamentale per il mantenimento dello stato di salute. In Italia circa la metà delle morti precoci in età inferiore ai 65 anni è dovuta a patologie cui la dieta contribuisce in misura sostanziale.

Il conseguimento di alcuni standard nutrizionali raccomandati dalle "Linee guida per una sana alimentazione italiana" dell’Istituto Nazionale della Nutrizione nel 1997, appare in grado di determinare importanti riduzioni nell’incidenza e nella mortalità per patologie cardio e cerebrovascolari e per tumore del colon retto, oltre che per numerose altre patologie (diabete, ipertensione, ecc). Analogamente, la riduzione dell’obesità, che oggi inizia ad interessare anche i bambini, è un importante obiettivo di salute collegato all’alimentazione e all’attività fisica.

In Valle d’Aosta le neoplasie più strettamente correlate all’alimentazione come le neoplasie dell’apparato digerente, costituiscono il 32% dell’intera mortalità per tumori. Con una percentuale rispetto a tutti i decessi del 6,8% nei maschi e del 5% nelle femmine, la patologia digestiva si colloca al quinto posto tra le cause di morte dei valdostani. Poiché la letalità e la curabilità di tali malattie muta molto lentamente, una tendenza, anche se lieve, può essere prodotta intervenendo su uno dei fattori di rischio principali, cioè l’alimentazione.

Dalla consultazione degli elenchi degli residenti esenti dalla partecipazione alla spesa sanitaria regionale (esenti ticket) emerge che in Valle d’Aosta la patologia più frequente è l’ipertensione arteriosa resistente. Assumendo come denominatore la popolazione di età superiore a 40 anni, risulta che il 15% dei cittadini appartenenti a questa fascia di età è "teoricamente" affetto da ipertensione arteriosa controllabile solo farmacologicamente (9.246 soggetti). Al secondo posto, per frequenza di malattie socialmente rilevanti, si posiziona il diabete mellito (2.243 casi). Pur trattandosi di patologie attese in una popolazione tendenzialmente anziana, come quella valdostana, è evidente l’effetto dovuto all’esposizione ad un regime alimentare ipercalorico e a maggiore rischio.

Conoscere la frequenza di queste patologie e di altre di minore gravità (carie dentale e intolleranze da cibo), associandola alla proporzione di rischio attribuibile all’alimentazione è un obiettivo del presente Piano.

Obiettivi

Conseguire livelli corretti di assunzione di calorie, grassi, carboidrati e sale adeguandosi agli standard nutrizionali ottimali raccomandati dagli organismi scientifici;

Ridurre la percentuale di soggetti in sovrappeso (cioè con Indice di Massa Corporea >30);

Predisporre l’attivazione di un osservatorio regionale per il monitoraggio dei parametri antropometrici e dei fattori di rischio alimentare.

Azioni

Avvio di campagne di educazione sanitaria per una sana alimentazione;

Individuazione e stima nella popolazione regionale degli indicatori sullo stato di nutrizione, sull’adeguatezza della dieta, sui trend di consumo alimentare e sulle condizioni di rischio nutrizionale;

Predisposizione di strumenti per la rilevazione dei dati sull’abitudine alimentare nella popolazione;

Predisposizione di linee guida per il counseling negli ambulatori dei medici di medicina generale e pediatri finalizzato all’adozione di una corretta alimentazione in età adulta e pediatrica;

Inserimento di opportune indicazioni dietologiche nell’ambito delle linee guida per patologie sia in termini di prevenzione primaria che secondaria;

Predisposizione di linee guida per una corretta ed adeguata alimentazione nell’ambito dell’assistenza domiciliare, semiresidenziale e residenziale e dei servizi dell’infanzia;

Sviluppo di tutte le indicazioni dietologiche utili durante il periodo di ricovero, al fine di rispondere ai requisiti di adeguatezza ed appropriatezza dell’alimentazione offerta;

Assistenza territoriale distrettuale

L’integrazione dei servizi e delle competenze si realizza massimamente a livello territoriale e nei distretti.

Le forme di intervento che questo livello assistenziale comprende sono:

l’assistenza socio-sanitaria di base;

l’assistenza farmaceutica;

l’assistenza specialistica territoriale;

l’assistenza territoriale e semiresidenziale;

l’assistenza residenziale.

Il nuovo ruolo di committenza, che il presente Piano assegna a questo livello assistenziale, aggiunge una nuova centralità al Distretto e lo legittima a luogo privilegiato per l’individuazione, l’interpretazione e il dimensionamento dei bisogni di salute e di assistenza sociale che la popolazione regionale esprime. Spetta quindi al Distretto socio-sanitario tradurre in concreto il ruolo di tutela della salute dei cittadini residenti, facendolo prevalere sul piano culturale e dei valori a quello produttivo delle prestazioni erogate. Nel governo della salute questa centralità avvia un processo di trasformazione e di sovvertimento radicale degli attuali assetti organizzativi ed interpretativi del bisogno a lungo imperniati sul ruolo e sul potere attrattivo della struttura a maggiore costo, cioè l’ospedale per acuti, con importanti conseguenze sia sull’appropriatezza che sul controllo della spesa.

Il Distretto deve quindi assicurare la funzione di produzione, di committenza e quella di integrazione socio sanitaria, sviluppando modelli di integrazione orizzontale che garantiscano l’appropriatezza, l’adeguatezza e la continuità degli interventi multiprofessionali, diventando sempre di più per il cittadino:

centro di riferimento per tutte le prestazioni erogate e garantite dalla Regione, dall’Azienda sanitaria e dagli Enti Locali;

polo unificante di tutti i servizi sanitari e socio assistenziali e delle reti sociali di solidarietà formale ed informale;

garanzia di continuità e di globalità dell’assistenza, specie dopo il ricovero per acuzie, indipendentemente dalle sedi di erogazione, anche attraverso l’utilizzo dei medici di medicina generale e dei pediatri, da sempre considerati i principali mediatori tra bisogno e risposta organizzata;

garanzia di copertura dell’emergenza attraverso i medici di emergenza territoriale che svolgono un importante ruolo di filtro verso le strutture appositamente delegate;

punto di orientamento per l’accesso alle prestazioni ospedaliere specialistiche e integrative a carico del servizio socio-sanitario regionale.

Per assolvere efficacemente al suo mandato, il Distretto vede valorizzata la propria autonomia nell’ambito del consolidamento da parte dell’Azienda USL di tutte le funzioni di programmazione e di controllo delle attività svolte. Nell’ambito delle risorse assegnate esso è dotato di autonomia tecnico gestionale ed economico finanziaria, con contabilità separata all’interno del bilancio dell’Azienda USL.

Dal punto di vista organizzativo e gestionale l’Azienda sanitaria deve orientare il percorso evolutivo della struttura distrettuale in base a criteri che vedano:

la ridefinizione della direzione del distretto anche con competenze multidisciplinari, tali da garantire la rilevazione del bisogno sanitario e sociale, il corretto utilizzo delle risorse e l’analisi dei risultati e delle prestazioni erogate;

la collaborazione attiva tra i responsabili stessi del management direzionale dei distretti e tra questi e l’azienda;

la ridefinizione in forma integrata di ruoli e responsabilità delle varie figure professionali dell’équipe distrettuale tale da renderli funzionali ai nuovi obiettivi e criteri di operatività ;

la ridefinizione dei principali processi organizzativi e decisionali interni al distretto e relativi ai rapporti con gli altri servizi dell’Azienda USL e con i servizi sociali;

l’applicazione dei nuovi processi di programmazione, budgeting e controllo di gestione anche a livello distrettuale, anche in forma differenziata a seconda della dimensione demografica del distretto;

l’istituzione del sistema informativo distrettuale;

lo sviluppo dei contenuti e della qualità dei rapporti con i cittadini;

la valorizzazione e il coinvolgimento della rete informale di assistenza (famiglia, volontariato ).

La dotazione complessiva di servizi distrettuali non può essere stabilita in via teorica o a priori, né omogeneizzata per ciascun distretto, bensì deve essere valutata in relazione al bisogno, verificando in continuo l’efficacia assistenziale e l’esaustività in termini di interventi prodotti nel distretto stesso. Rispetto ai servizi distrettuali sono complementari tutti gli interventi integrativi di altri servizi dell’Azienda USL o del servizio sanitario regionale. La mobilità del personale costituisce la principale valenza della dotazione organica dei servizi precedentemente citati.

L’ Ufficio di Coordinamento distrettuale previsto dal comma 9 dell’art. 30 della l.r. 5/2000 è sede di valutazione comunitaria delle attività e della rispondenza ai bisogni del servizio distrettuale, contribuisce inoltre alla elaborazione e redige la relazione annuale di distretto.

L’Azienda USL stabilirà le cadenze e le forme della sua attività.

Per cittadini assistiti diversi da quelli già in carico all’Unità di Valutazione Geriatrica (UVG) e al fine di favorire un approccio multidisciplinare alle situazioni di scompenso socio-sanitario, l’Ufficio di Coordinamento, avvalendosi delle competenze specialistiche necessarie, affronta tali situazioni e programma gli interventi coordinati e coerenti al fine di :

prevenire lo scompenso socio-sanitario (passaggio dallo stato di autosufficienza alla dipendenza);

prendere in carico la persona;

definire percorsi ottimali di integrazione socio sanitaria..

Gli interventi dell’Ufficio di Coordinamento avvengono su proposta del medico di famiglia, della struttura ospedaliera alla vigilia di una dimissione protetta e degli assistenti sociali al fine di definire il percorso ottimale della persona in stato di bisogno tra le seguenti strutture: servizi ambulatoriali, servizi domiciliari, strutture residenziali e semiresidenziali, ospedale.

Assistenza socio sanitaria di base

A livello territoriale l’assistenza socio sanitaria assicura sia prestazioni specifiche sanitarie e sociali, sia prestazioni integrate, finalizzate a dare una risposta adeguata a dei bisogni di salute tipicamente a bassa complessità sanitaria e/o ad alta complessità assistenziale.

L’obiettivo che si intende perseguire risponde all’esigenza di costruire un sistema territoriale di servizi tra loro integrati in una logica di continuità assistenziale e di personalizzazione e umanizzazione degli interventi.

Nel prossimo triennio in Valle d’Aosta l’assistenza socio sanitaria di base dovrà mantenere i livelli quali-quantitativi raggiunti, che la qualificano tra le regioni italiane con buoni livelli di assistenza, grazie anche all’elevata disponibilità di personale e di servizi territoriali completamente pubblici, e dovrà potenziare l’offerta relativa ai minori e alla prima infanzia anche sulla base delle risultanze di uno specifico progetto (Projet Bébé) concluso nell’estate del 2000, concernente lo sviluppo dell’occupazione femminile e i nuovi servizi per l’infanzia. Per quanto attiene l’area minori, rispetto al precedente Piano Socio Sanitario Regionale va risolta la frammentazione degli obiettivi che si ritrovano in settori di competenza distinti e che a volte si sovrappongono con finalità analoghe, oppure risultano incompleti.

Sotto il profilo dell’istituzione di sistemi per la conoscenza, la comunicazione e la valutazione dei bisogni socio-assistenziali il triennio di validità del presente Piano vedrà come prima tappa l’attivazione dell’Osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza istituito con l.451/1997.

Sia per l’area sanitaria che per l’area delle politiche sociali, il prossimo triennio impone processi di ricomposizione, riordino e qualificazione, ai quali si intende far fronte a livello locale mediante una attenta programmazione, una ridistribuzione delle responsabilità e risorse tra le istituzioni pubbliche e private, ma soprattutto attraverso la definizione di linee guida e standard tramite cui valutare le tipologie di intervento a fronte di una crescente quantità di spesa sostenuta.

Le priorità organizzative e gestionali riguardano la sburocratizzazione dei servizi al fine di renderli più operativi verso l’utenza, il coordinamento degli stessi ed una prima valutazione sull’attività svolta.

Il Piano demanda a successive linee guida di settore e a standard gestionali regionali la definizione dei criteri per la razionalizzazione.

Obiettivi

Promuovere la salute e stili di vita corretti mediante attività di educazione sanitaria e attraverso ogni forma di comunicazione e momento di contatto dei cittadini con le istituzioni e gli operatori privilegiando la promozione della salute dei minori in famiglia e a scuola, il controllo degli incidenti sul lavoro, le cause delle malattie infettive e il potenziamento delle campagne di vaccinazione;

Trasmettere, attraverso gli operatori del territorio, la cultura dell’autopromozione della salute come processo teso allo sviluppo di capacità personali di controllo e di miglioramento della propria condizione psicofisica;

Rivedere le prestazioni socio-sanitarie nella loro globalità in relazione ai nuovi bisogni di salute e al soddisfacimento degli stessi;

Favorire la partecipazione dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta ai processi di sviluppo delle attività distrettuali e in particolare ai progetti di assistenza medica programmata e di assistenza domiciliare integrata;

Sviluppare e potenziare il sistema informativo territoriale;

Predisporre le condizioni per l’espletamento delle competenze previste dalla L. 476/98 sull’adozione internazionale e l’avvio del progetto affido, finalizzato a promuovere nuove disponibilità all’accoglienza di minori.

Azioni

Riordino e sviluppo delle attività da ricondursi ai consultori e ai presidi territoriali anche attraverso una nuova organizzazione del lavoro territoriale ipotizzando aree di specializzazione;

Predisposizione di accordi di programma tra Regione, Azienda USL ed Enti locali per la definizione di ruoli di coordinamento e delle rispettive competenze nell’ambito dell’attività distrettuale;

Sviluppo della medicina di gruppo di cui all’art.40 comma 6, lettera c del DPR del 28.7.2000, n.270 anche mediante la messa a disposizione, ove possibile, di locali idonei da parte dell’azienda Usl o degli enti locali;

Sviluppo dell’attività di prevenzione ed assistenza mediante iniziative di educazione sessuale, assistenza psicologica, consulenza legale, assistenza sociale professionale, assistenza ostetrico-ginecologica, pediatrica ed attività di screening;

Consolidamento attività consultoriale rivolta agli adolescenti ed ampliamento dell’offerta anche in Bassa Valle;

Individuazione di standard di funzionamento dei servizi e dei criteri di accesso da parte dell’utenza;

Individuazione degli indicatori per la valutazione dell’attività svolta;

Attivazione dell’osservatorio per l’infanzia e l’adolescenza;

Coinvolgimento dei medici di medicina generale e pediatri nel sistema di sorveglianza delle malattie infettive incrementando il numero di notifiche;

Responsabilizzazione dei medici di medicina generale e pediatri sull’appropriatezza e necessità delle prescrizioni di farmaci e diagnostica di laboratorio anche attraverso programmi formativi e meccanismi di budgeting;

Informatizzazione e collegamento in rete di tutti gli operatori a cominciare dai medici convenzionati.

Assistenza farmaceutica

La spesa farmaceutica ha assunto ovunque negli ultimi anni una crescita esponenziale con individuazione solo parziale dei determinati che la producono (adeguamento del costo dei farmaci, impiego di farmaci più costosi, aumento del numero di ricette e prescrizioni, impiego di nuovi farmaci ammessi alla rimborsabilità del SSN). Anche se la Valle d’Aosta registra parametri allineati a quelli nazionali è necessario conoscere le caratteristiche locali del fenomeno soprattutto in riferimento alle patologie più diffuse e quelle a maggior consumo di farmaci. E’ necessario altresì responsabilizzare i medici in merito al numero e all’appropriatezza delle prescrizioni.

La spinta ad una maggiore territorializzazione dell’assistenza vede in futuro la possibilità per le farmacie di costituirsi come nodi di erogazione di particolari prestazioni del servizio sanitario regionale quali la prenotazione di prestazioni specialistiche e diagnostiche collegandosi alla rete CUP, l’erogazione di ausili sanitari e l’esecuzione di alcuni semplici esami diagnostici di laboratorio, con notevoli vantaggi per il cittadino e per l’organizzazione che può in questo modo sgravare di queste attività alcune strutture centralizzate e distribuirne l’offerta in modo più omogeneo sul territorio.

La dislocazione capillare delle farmacie consente inoltre un loro efficace utilizzo come "sportelli per la prevenzione" di campagne che vengono messe sistematicamente in campo quali ad esempio quelle influenzali o vaccinali per le malattie infettive.

Obiettivi

Monitorare l’andamento delle prescrizioni e della spesa farmaceutica al fine di individuare eventuali distorsioni dalla media nazionale e adottare i conseguenti interventi correttivi;

Razionalizzare le risorse destinate all’assistenza farmaceutica mediante meccanismi di responsabilizzazione economica.

Utilizzare la rete delle farmacie convenzionate per l’attività di informazione ai cittadini sui servizi garantiti a livello locale e sulle modalità di accesso, nonché per la prenotazione di prestazioni specialistiche e diagnostiche in collegamento con il CUP, per l’erogazione di ausili sanitari e per l’esecuzione di alcuni esami di diagnostici di laboratorio.

Azioni

Attivazione di un osservatorio sulle prescrizioni anche in relazione alla spesa;

Adozione del budgeting per i singoli medici convenzionati e per centri di costo all’interno dell’ospedale, dei presidi ambulatoriali e distrettuali;

Individuazione di percorsi per i medici prescrittori anche attraverso lo strumento delle linee guida.

Assistenza specialistica territoriale

In Valle d’Aosta l’attività presente sul territorio comprende:

- l’assistenza specialistica ambulatoriale;

l’assistenza riabilitativa;

l’assistenza termale;

l’assistenza medico legale;

la medicina d’urgenza;

l’assistenza sanitaria a stranieri temporaneamente residenti;

la tutela sanitaria delle attività sportive.

Alcuni di questi ambiti di intervento presentano dei livelli di qualità e rispondenza al bisogno elevati con procedure gestionali già consolidate, per altri si tratterà di sviluppare e meglio orientare l’offerta sulla base del bisogno percepito o rilevato e predisporre dei meccanismi che ne consentano la valutazione.

Assistenza specialistica ambulatoriale - La copertura specialistica sul territorio in Valle d’Aosta, nonostante la carenza di alcune figure professionali, risulta sostanzialmente adeguata, nel senso che la quasi totalità di cittadini assistiti che lamentano disturbi correlati a patologie vascolari, malattie legate alla senescenza, condizioni di interesse ostetrico ginecologico, disturbi urologici, polmonari, trovano una risposta ambulatoriale ai loro problemi. Al pari si può dire per le patologie di interesse internistico, patologie otorinolaringoiatriche, pediatriche ed infettive. Adeguata risulta essere la sorveglianza assicurata ai residenti che necessitano di trattamento dialitico o comunque affetti da patologie di interesse nefrologico. Un ridotto ricorso a prestazioni ambulatoriali si registra per le patologie di interesse oculistico, odontoiatrico e dermatologico rispetto alla frequenza dei dati di morbosità specifica per queste cause nella popolazione, che potrebbe però essere giustificato dalla cultura del ricorso alla medicina privata. Il triennio di validità del presente Piano deve quindi assicurare pari copertura migliorando la tempistica delle risposte al bisogno e adottando modelli integrati con il resto del territorio e con l’ospedale. Deve in altre parole vedere la realizzazione sia sotto forma di adozione di protocolli diagnostico terapeutici uniformi che sotto il profilo della condivisione delle risorse il modello della continuità assistenziale tra ospedale e territorio già affermato dal precedente Piano.

Per quanto riguarda l’attività specialistica ambulatoriale, è da sottolineare che essa, nel sistema dei servizi sanitari regionali è presente in modo preponderante nel capoluogo, nell’ospedale e nel presidio di via G.Rey, sia in termini di risorse e prestazioni, che in termini di capacità di offerta pluridisciplinare e di intensità assistenziale.

Occorre, contemperando l’esigenza di garantire la capillarità della rete di servizi e la facile accessibilità da parte dell’utenza, ribadire che il fabbisogno e l’offerta dell’attività specialistica territoriale non può essere pensata in termini disgiunti da un raccordo tecnico professionale ed organizzativo con l’ospedale.

Quanto sopra implica l’esigenza di ridefinire, in termini di integrazione di risorse, l’apporto della specialistica convenzionata esterna, delle strutture ambulatoriali extra ospedaliere, ivi comprese quelle accreditate.

Principio fondamentale è che tutta l’attività specialistica ambulatoriale deve essere gestita in modo unitario a prescindere dalle molteplicità delle strutture erogatrici mediante formule organizzative stabilite nel Piano attuativo aziendale.

Obiettivi

Favorire la creazione di protocolli misti ospedale e territorio per la conoscenza e il trattamento di alcune patologie a rilevanza regionale e in particolare delle forme allergiche;

Riordinare l’attività specialistica capillarizzando e ristrutturando l’offerta di servizi e prestazioni, razionalizzando l’utilizzo delle risorse umane in rapporto all’appropriatezza delle prestazioni;

Incrementare quali-quantitativamente l’attività specialistica ambulatoriale;

Ridurre i tempi di attesa per l’accesso alle prestazioni;

Realizzare interventi per garantire idonee condizioni al miglioramento della qualità della vita in carcere.

Azioni

Individuazione e rispetto di protocolli uniformi delle prestazioni e delle refertazioni al fine di evitare le duplicazioni legate alla gestione frammentaria delle competenze della medicina specialistica;

Adozione di protocolli misti ed interdisciplinari tra ospedale e territorio per il trattamento delle principali patologie;

Definizione della tipologia delle prestazioni e dotazione delle attrezzature;

Organizzazione di un sistema informativo su base individuale mediante l’utilizzo di strumenti che consentano la registrazione delle prestazioni e dei relativi esiti su apposita cartella personale;

Revisione del tariffario delle prestazioni specialistiche;

Applicazione della disciplina che regola l’esenzione per patologia e per reddito;

Revisione ed aggiornamento delle prestazioni a regolamentazione regionale (ex aggiuntive);

Determinazione delle nuove tariffe da applicare sul territorio regionale per l’instaurazione dei nuovi rapporti previsti dall’art. 8 quater del D. lgs. 229/99;

Individuazione di modelli organizzativi atti ad assicurare il soddisfacimento della domanda di salute dei detenuti.

Assistenza riabilitativa - La molteplicità degli aspetti connessi alla riabilitazione richiede una definizione di due ambiti generali:

Interventi riabilitativi generici, orientati ad eliminare o ridurre qualunque forma di disabilità temporanea al fine di prevenire menomazioni permanenti alla persona;

Interventi riabilitativi specifici caratterizzati dal ricorso a tecniche, mezzi ed operatori impegnati alla soluzione di problemi medico riabilitativi più complessi.

Sulla base del DPR 14.1.1997 che articola le diverse strutture per tipologia e per livelli e coerentemente con quanto stabilito dalle linee guida occorre procedere, in relazione alle necessità assistenziali, a riorganizzare il settore riabilitativo extra ospedaliero razionalizzando l’utilizzo delle risorse e garantendo l’unitarietà dell’intervento.

Saranno pertanto inviati alle strutture territoriali i soggetti che necessiteranno di prestazioni riabilitative e diagnostiche finalizzate, che assicurino la presa in carico del soggetto con approccio interdisciplinare ed integrato. Le prestazioni potranno essere erogate in forma diversa e, se possibile anche al domicilio, secondo le specifiche presenti nelle linee guida regionali e dovranno assicurare la personalizzazione degli interventi al fine di raggiungere il più alto livello di autonomia funzionale possibile utile a restituire la persona, con ruolo attivo, nella vita familiare, lavorativa, scolastica e sociale.

Obiettivi

Razionalizzare il sistema di erogazione delle prestazioni riabilitative in funzione dei bisogni di base e specialistici;

Valutare l’efficacia di programmi di riabilitazione domiciliare e mista (domiciliare ma gestite da un centro di riferimento ospedaliero) per le patologie più frequenti (ad es.cardiologica e cardiovascolare) al fine di favorire la stabilità clinica e ridurre il rischio di successivi eventi patologici ed invalidità soprattutto nella popolazione che risiede lontana dal distretto comprendente l’ospedale regionale;

Garantire la copertura del fabbisogno di fisioterapisti.

Azioni

Definizione di linee guida regionali sulle attività di riabilitazione extra ospedaliere e sulle modalità di prescrizione, autorizzazione e controllo dei programmi riabilitativi con collegamenti funzionali ed operativi relativi all’attività riabilitativa intraospedaliera;

Avvio di programmi sperimentali di riabilitazione domiciliare e mista facilmente gestibili dal cittadino assistito, a basso costo per il servizio sanitario e con efficacia clinica paragonabile ai programmi riabilitativi standard;

Definizione delle procedure per la prescrizione, consegna, riutilizzo degli ausili in applicazione del D.M. del 27/8/99 e della l.r. 3/99 che detta norme per favorire la vita di relazione delle persone disabili;

Revisione delle modalità degli accordi con le strutture private accreditate per l’integrazione e razionalizzazione delle prestazioni;

Individuazione di attività di prevenzione delle patologie in ambito riabilitativo dell’età dello sviluppo come ad esempio gli screening sui minori per la prevenzione delle scoliosi;

Mantenere le convenzioni universitarie per la formazione di fisioterapisti.

Assistenza termale -Tra le priorità di questo settore vi è nel prossimo triennio l’individuazione dei requisiti minimi per la medicina termale in base a quanto previsto dalla legge n.323 del 24 ottobre 2000 "Riordino del settore termale". La legge prevede che le patologie per le quali sarà garantita l’erogazione da parte del SSN verranno indicate con apposito decreto, cui dovrà seguire l’adozione di protocolli diagnostico terapeutici per ciascuna patologia, prevedendo l’articolazione in cicli di applicazioni singoli o combinati. Così facendo le terme di Saint -Vincent, e in futuro anche quelle di Pré-Saint-Didier, potranno rappresentare un ulteriore nodo della rete dei servizi regionali con finalità terapeutiche.

In Valle d’Aosta la stagione termale a Saint-Vincent inizia ad aprile e termina a novembre e in questo periodo vengono offerte sia cure idropiniche inalatorie, tipiche del settore termale italiano, di cui i residenti beneficiano al 53%, mentre la rimanente quota è rappresentata dall’utenza attratta dal Piemonte e dalla Lombardia.

Considerati i benefici che questa forma assistenziale può produrre nelle patologie più frequenti nelle popolazioni che vivono in ambienti naturali a maggior rischio di allergie o in ambienti freddi, tipici delle zone di montagna e il potenziale attrattivo di tipo "turistico riabilitativo", è opportuno recepire quanto sancito dal testo di riordino delle attività termali che con 14 articoli istituisce il marchio di qualità per le acque termali, la specializzazione in termalismo per i futuri medici, il sostegno economico alle imprese attente all’ambiente ed incentivi per al turismo.

Obiettivi

Potenziare il servizio di assistenza termale aumentando l’attrazione della popolazione regionale e di quella extra regionale;

Adeguare l’attuale offerta alle disposizioni normative nazionali.

Azioni

Incentivazione della partecipazione a corsi di formazione specifici per medici e operatori termali per la specializzazione in medicina termale.

Predisposizione di campagne pubblicitarie sulle terme a livello regionale ed extra regionale.

Assistenza medico legale - La legge regionale n. 5/2000 istituisce all’art. 33 l’unità organizzativa per le attività di medicina legale, attribuendole funzioni anche di supporto all’attività del direttore del presidio ospedaliero in merito all’appropriatezza delle procedure clinico assistenziali effettuate dai servizi sanitari ed a tutela dei diritti degli utenti del servizio sanitario regionale oltre che di arricchimento multidisciplinare nella fase diagnostica.

Allo stato attuale il servizio rimane ancora molto confinato nello specifico disciplinare espletando prevalentemente compiti di accertamento clinico biologico e di certificazione.

Obiettivi

Armonizzare le funzioni valutative medico-legali con le attività delle strutture sanitarie e socio sanitarie;

Ampliare l’attività di controllo dell’esercizio delle professioni sanitarie e socio-sanitarie;

Ampliare e potenziare gli strumenti di indagine e controllo del Registro delle cause di morte.

Azioni

Definizione del ruolo del medico legale come supporto nelle future équipe valutative dell’appropriatezza e della qualità delle prestazioni;

Istituzione di una idonea rete informativa;

Integrazione dei concetti medico-legali nella formazione dei soggetti certificatori e dei medici curanti sia sul territorio che in ospedale.

Urgenza territoriale - In Valle d’Aosta l’attività del 118 presenta le caratteristiche tipiche di un’offerta efficace ad alto costo, situazione però non tollerabile indefinitamente. Infatti, se la qualità tecnica del servizio d’urgenza è da considerarsi ad un livello sostanzialmente medio alto, il volume delle risorse finanziarie impegnate per tale offerta è eccessivo, specie se rapportato alla frequente "traslazione istituzionale" del servizio verso la medicina di base.

E’ necessario quindi, a fronte di un mantenimento dei livelli qualitativi raggiunti e di un eventuale potenziamento dei centri traumatologici, passare da una situazione di efficacia ad alto costo, ad un’altra di ipocosto ad isoefficacia, grazie ad un’opera di razionalizzazione degli interventi, ad un recupero delle spese sostenute per prestazioni effettuate a non residenti ed infine ad una opportuna campagna di educazione degli utenti e dei medici in merito al corretto impiego del servizio stesso.

Obiettivi

Valorizzare i centri traumatologici attribuendo ad essi, oltre all’attuale ruolo di supporto sanitario alle stazioni sciistiche, il ruolo di effettive strutture di rete sanitaria, finalizzate a decentrare e decongestionare, con appropriata azione di filtro, prestazioni specialistiche oggi erogate impropriamente dalla struttura ospedaliera;

Ridefinire le tariffe per un graduale rientro finanziario del servizio senza perdite assistenziali;

Pianificare l’eventuale istituzione di ulteriori centri traumatologici.

Azioni

Responsabilizzazione dei medici prescrittori del servizio;

Avvio di campagne di informazione all’utenza;

Predisposizione di procedure necessarie al totale recupero dei crediti da mobilità attiva.

Assistenza temporanea a stranieri non iscritti al Servizio Sanitario Nazionale - Con la recente istituzione di uno sportello dedicato alla tutela della salute degli stranieri privi di iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, la Valle d’Aosta può registrare una punta di eccellenza del suo servizio sanitario regionale ed un elemento di coerenza con il progetto nazionale di portare la sanità in Europa. Il servizio infatti si rivolge al cittadino straniero come portatore di un bisogno di salute e non come soggetto in regola con i permessi di soggiorno. L’avere aperto questo canale di accesso anche agli stranieri non in possesso di regolare permesso ha consentito inoltre di controllare, seppure indirettamente, i rischi legati a quadri epidemiologici dei Paesi di origine e a culture o semplici abitudini, diverse dal Paese di accoglienza

Obiettivi

Promuovere la conoscenza dello sportello informativo per la salute degli immigrati (SISI);

Fornire alle popolazioni in ingresso le conoscenze necessarie ad una tutela del proprio stato di salute anche in relazione alle condizioni epidemiologiche e alla cultura del Paese di accoglienza.

Azioni

Avvio di campagne di informazione presso i centri operativi e di volontariato regionali preposti all’identificazione, accoglienza e supporto delle popolazioni straniere in transito sul territorio regionale;

Segnalazione alle strutture di competenza di eventuali rischi indotti da specifici problemi originati nel Paese di partenza che possono trovare nel Paese di destinazione condizioni di aggravamento (es.tubercolosi);

Istituzione dello sportello come osservatorio privilegiato dei bisogni di salute e di assistenza sociale delle popolazioni in ingresso.

Tutela sanitaria delle attività sportive - L'elevata attività sportiva presente in Valle d'Aosta, dimostrata dai dati forniti dal CONI relativi ai circa 6.000 sportivi - di cui circa 2.850 minori - sottoposti a visita per l'idoneità agonistica tra il giugno 2000 e il giugno 2001, ha determinato la necessità di una tutela sanitaria e di un controllo regolamentato da disposizioni regionali. Allo stato attuale sono state emanate disposizioni per la standardizzazione delle certificazioni di idoneità alla pratica sportiva e sono state individuate strutture accreditate operanti ad Aosta e in Bassa Valle per svolgere tale attività in convenzione con l'Azienda USL. E' stato inoltre adottato il libretto dello sportivo ed è stata istituita l'anagrafe dei medici sportivi.

Considerato il numero dei tesserati per le federazioni nazionali che praticano prevalentemente attività agonistica (17.500 circa in tutta la regione), pur sottraendo almeno 1.500 dirigenti e tecnici, è possibile presumere che siano ancora numerosi gli atleti che non si sottopongono alla visita di idoneità sportiva agonistica, la cui funzione di medicina preventiva è considerata molto importante.

Obiettivi

Ampliare la fascia di tutela anche agli anziani ultra sessantacinquenni e ai soggetti disabili che praticano attività agonistica;

Affrontare il problema della tutela dei minori che praticano attività sportiva non agonistica al di fuori dell’ambito scolastico;

Predisporre i necessari sistemi di sorveglianza per la tutela della pratica sportiva inclusi i controlli anti dopping;

Sensibilizzare le società e le strutture sportive all’utilità della visita preliminare all’attività sportiva.

Azioni

Campagne di informazione sui criteri di una corretta pratica sportiva anche in relazione allo stato di salute e ai rischi in presenza di determinate patologie.

Assistenza territoriale e semiresidenziale

In Valle d’Aosta l’assistenza territoriale e semiresidenziale comprende un’offerta ricca e multifunzionale articolata in:

servizi per la prima infanzia;

servizi socio-assistenziali ed educativi per minori ed adolescenti;

servizi diurni per disabili psichici;

servizi di assistenza psichiatrica;

servizi di assistenza per tossico e alcoldipendenti;

servizi per anziani;

assistenza domiciliare integrata (ADI).

Per tutte queste tipologie di offerta, la risposta che viene data allo specifico bisogno varia dalla prestazione sanitaria a quella esclusivamente sociale, con un continuum che include forme di risposta mista, adatte a soddisfare bisogni complessi ed interdipendenti tra la condizione patologica e il disagio sociale che ne può derivare.

Allo stato attuale si rileva una certa promiscuità di utenze rispetto alle sedi appropriate di risposta al bisogno e questo è particolarmente visibile nelle microcomunità. Obiettivo strategico del Piano sarà lo sviluppo consistente dell’assistenza domiciliare integrata al fine di evitare e contrastare l’istituzionalizzazione impropria e precoce di persone non autosufficienti.

Servizi per la prima infanzia - La Valle d’Aosta, a fronte di poco più di 1.000 nati all’anno, dispone di servizi per la prima infanzia (0-3 anni) che soddisfano la capienza potenziale massima di 577 posti (di cui 390 negli asili-nido e 187 nei servizi alternativi), ovvero il 18% circa della popolazione infantile interessata, con punte di oltre il 23% nel distretto n. 2 e dell’8,3% nel distretto n. 4.

In Valle d’Aosta i servizi collettivi, che ospitano gruppi di bambini in strutture, sono ubicati in misura più consistente nella città di Aosta e nei centri più popolati del fondovalle. Sono praticamente scoperte le zone di media ed alta montagna, soprattutto i Comuni meno popolati.

I servizi domiciliari attualmente disponibili sono organizzati privatamente da cooperative sociali o società di servizi sotto forma di baby sitter, qualificate secondo gli schemi previsti dall’organizzazione di appartenenza.

In prospettiva, come emerso dal già citato Projet Bébé, appare difficilmente ipotizzabile in alcune aree della regione l’implementazione di strutture tradizionali (asili-nido) per la prima infanzia. Le caratteristiche geografiche del territorio ed alcuni aspetti socio-demografici ed economici della popolazione suggeriscono infatti, per numerose aree territoriali, l’attivazione di forme innovative di servizi.

Peraltro, i risultati della ricerca suggeriscono un atteggiamento di prudenza nella messa a punto di una rete definitiva di nuovi servizi. L’eterogeneità del territorio e la diversificazione dei comportamenti familiari non permettono una dimostrazione certa della pertinenza delle strutture inedite, in rapporto alle diverse aree della regione. Per questo motivo sarà opportuno avviare una sperimentazione limitata in alcune aree del territorio, fermo restando una graduale tendenza ad omogeneizzare l’offerta di servizi nei diversi distretti.

Obiettivi

Garantire un’offerta omogenea di servizi nei vari distretti;

Mantenere gli standard di affidabilità garantiti dal modello educativo attuale;

Sviluppare modelli alternativi o integrativi agli asili nido (garderie; spazio gioco; tata familiare; nido condominiale, di villaggio o aziendale);

Migliorare la fase collaborativa tra gli asili nido e i nuovi servizi alternativi;

Migliorare la collaborazione tra famiglie ed operatori;

Azioni

Formalizzazione delle collaborazioni tra asili nido e servizi alternativi;

Predisposizione di materiale divulgativo e informativo sull’offerta di servizi;

Predisposizione di materiale formativo per le famiglie;

Sperimentazione del servizio di "Tata Familiare" e degli altri servizi alternativi e predisposizione di opportune metodiche di monitoraggio dell’iniziativa;

Definizione di standard per i servizi alternativi integrativi;

Nido aziendale per il personale dell’Azienda USL.

Organizzazione di garderies e attività ludico espressive o di animazione all’interno dell’azienda Usl .

Servizi socio-assistenziali ed educativi per bambini ed adolescenti - Garantire condizioni che rendano possibile l’armonico sviluppo del minore richiede l’offerta di interventi e servizi a supporto della famiglia nello svolgimento del suo ruolo genitoriale.

Attualmente sul territorio regionale gli enti locali hanno attivato servizi quali:

trasporto e refezioni in ambito scolastico;

centri estivi, soggiorni di vacanza, ludoteche;

spazi d’incontro bambini e famiglie.

La l.285/97 ha dato impulso, anche nella nostra regione, alla progettazione e attivazione di nuovi servizi innovativi sia nella tipologia che nelle modalità di collaborazione ed integrazione, tra soggetti istituzionali e non, nelle fasi progettuali e di attuazione; vi è però disomogeneità sia dell’offerta nelle varie zone che della modalità di accesso alle prestazioni erogate.

Emerge ancora la difficoltà di comprendere la valenza preventiva e di sostegno che i servizi suddetti rappresentano nei confronti delle famiglie e in particolare di quelle in situazioni di svantaggio.

In particolare il servizio di Assistenza domiciliare educativa (ADE) si inserisce nella rete degli interventi a favore di minori in difficoltà. Prevede interventi educativi finalizzati a :

mantenere il minore in famiglia, attraverso il recupero delle risorse potenziali della famiglia stessa ed il rafforzamento delle figure parentali;

attivare risorse e potenzialità rintracciabili nella famiglia e sul territorio;

costruire una rete di legami tra minori e famiglie di origine e tra queste e l’ambiente circostante (scuola, vicinato, comunità locale);

prevenire la cronicizzazione di situazioni di sofferenza psico-fisica sociale dei minori in difficoltà.

Il servizio, attivo nella città di Aosta e cintura dal 1993 e nel distretto 1 dal 1997 ad oggi registra un numero crescente di minori seguiti e un impegno da parte di educatori che operano in integrazione con le équipes territoriali.

Dal mese di settembre 2000 il servizio è stato esteso ai distretti n. 3 e n. 4 con l’assegnazione di un educatore per distretto.

Obiettivi

Garantire la diffusione e l’omogeneità della presenza dei servizi su tutto il territorio regionale operando in un ottica preventiva;

Garantire prioritariamente gli interventi a sostegno dei minori in situazioni di disagio e del loro nucleo familiare di origine;

Garantire la costante qualità ed evoluzione di servizi;

Estendere e potenziare il servizio di ADE su tutto il territorio regionale.

Azioni

Definizione di linee guida che individuino i livelli minimi da garantire e le modalità di accesso;

Monitoraggio costante della situazione dei servizi sul territorio anche attraverso l’osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza;

Implementazione del servizio di ADE nelle zone del distretto 2 in cui lo stesso non è ancora stato attivato (comunità montana "Gran Combin"e parte della comunità montana "Monte Emilius");

Potenziamento del numero degli educatori nei distretti n.3 e n.4 per il servizio di ADE.

Servizi diurni per disabili psichici - Considerando la persona disabile rispetto al suo ciclo vitale si devono mettere in atto interventi a favore suo e della sua famiglia per garantirne l’integrazione alla luce della legge n. 104/1992 e successive modificazioni e sostenere la famiglia sia in termini relazionali che assistenziali. In armonia con questi principi attualmente la Valle d’Aosta è dotata di Servizi diurni per disabili psichici denominati Centri socio-educativi (CSE) e Strutture Educative di Formazione e Orientamento (SEFO) a cui si accompagnano attività integrative e collaterali. Tenuto conto che i CSE svolgono non sola attività educative ma anche assistenziali, si ritiene opportuno modificarne la denominazione in Centri Educativo Assistenziali (CEA). La funzione assistenziale, seppure orientata al mantenimento delle capacità esistenti, è determinata sia dall’età di alcuni utenti che da molti anni sono inseriti in tali servizi e per i quali è necessario definire progetti con obiettivi prevalentemente assistenziali, sia dalla gravità dell’handicap di altri soggetti indipendentemente dalla loro età o dal periodo di permanenza nei servizi.

I CEA hanno una utenza complessiva pari a 55 posti che copre il 20% dell’ utenza potenziale. Pertanto, considerando anche l’innalzamento dell’aspettativa di vita dei disabili e al fine di rendere omogenea l’offerta sul territorio regionale, si prevede di incrementarne complessivamente la disponibilità di posti, CEA in particolare nel distretto 1 che ne è, al momento, sprovvisto.

Attualmente sono operanti 4 CEA gestiti dall’amministrazione regionale ed 1 centro diurno privato convenzionato che svolge attività simili a questi e 4 SEFO. E’ operante inoltre il Centro diurno di Ollignan in cui si esplicano attività finalizzate a potenziare le competenze utili per il mercato del lavoro e ad offrire possibilità occupazionali alle persone inidonee all’inserimento lavorativo ordinario.

Obiettivi

Potenziare la capacità ricettiva dei CEA;

Coinvolgere le famiglie nei processi di individuazione del bisogno;

Potenziare il lavoro di rete utilizzando risorse pubbliche e private,

Incrementare l’assistenza territoriale educativa;

Differenziare le prestazioni educative ed assistenziali dei CEA in relazione ai bisogni, alle potenzialità e all’età degli utenti;

rideterminare le figure professionali in relazione alla differenziazione tra ruoli educativi ed assistenziali;

Ridefinire il ruolo delle SEFO;

Sviluppare e regolamentare la collaborazione con gli istituti scolastici;

Favorire il sostegno alle famiglie e l’integrazione sociale dei disabili sia in contesti di lavoro che in contesti occupazionali;

Realizzare strutture produttive protette;

Prevedere, nei CEA, percorsi differenziati in modo da consentire il massimo sviluppo delle potenzialità per l’inserimento in ambiti esterni e, nel caso in cui ciò non sia possibile, la presa in carico in struttura o unità assistenziale;

Promuovere la commercializzazione dei prodotti realizzati nei servizi diurni per disabili psichici.

Azioni

Definizione degli standard di accesso e di funzionamento dei CEA;

Adozione di protocolli di lavoro integrato tra i membri dell’équipe di territorio;

Ricerca ed utilizzo delle risorse del territorio;

Costituzione di gruppi di utenti differenziati in base al prevalere dei bisogni assistenziali o educativi e dell’età al fine di prevedere percorsi individualizzati in modo da sviluppare le capacità per gli inserimenti in ambiti esterni o, per i casi più gravi, la presa in carico in specifica struttura assistenziale;

Individuazione di spazi idonei a consentire l’organizzazione delle attività in relazione alla capacità e all’età degli utenti;

Costituzione di un nucleo specifico di educatori professionali per l’assistenza territoriale educativa;

Costituzione e partecipazione a gruppi di studio interistituzionali;

Elaborazione di progetti condivisi con la scuola e con l’Azienda USL;

Organizzazione di soggiorni di vacanza per disabili maggiorenni;

Sviluppo di servizi di aiuto alla persona;

Organizzazione di laboratori per attività occupazionali;

Realizzazione di uno o più punti vendita di prodotti realizzati nei servizi diurni per disabili psichici.

Servizi di assistenza psichiatrica - L'assistenza psichiatrica territoriale comprende l'insieme degli interventi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione dei disturbi psichici.

Nel Dipartimento di salute mentale dell'Azienda USL Valle d'Aosta l'assistenza psichiatrica territoriale viene erogata attraverso un Centro di salute mentale, un day hospital, il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura, il Servizio di urgenza psichiatrica, una struttura protetta residenziale terapeutico-riabilitativa, una casa alloggio.

Tutte le attività territoriali ed ospedaliere dell'assistenza psichiatrica fanno capo al Dipartimento di salute mentale (DSM) .

Presso il Centro di salute mentale (CSM) vengono svolte attività di presa in carico del cittadino assistito da parte di una équipe multiprofessionale con programmi terapeutici personalizzati, comprendenti interventi di tipo psichiatrico e/o psicologico e/o sociale.

Il day hospital (DH) con 8 posti letto, è destinato a cittadini con psicopatologia subacuta, aventi necessità di intervento farmacologico e psicoterapico. Ha la funzione di evitare ricoveri a tempo pieno, nonché di limitarne la durata quando questi si rendono indispensabili.

Il Servizio di urgenza psichiatrica è attivo 24 ore su 24 ore presso il Dipartimento di emergenza accettazione del Presidio ospedaliero e presso la sede del CSM nell'orario di apertura dello stesso.

Per gli interventi in situazione di crisi (acuzie e riacutizzazioni) che necessitano di ricovero ospedaliero opera il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura (SPDC).

Il DSM si pone i seguenti:

Obiettivi

Ridurre i ricoveri;

Ridurre le cronicità e gli interventi assistenziali;

Incrementare gli interventi di rete sociale e familiare con riduzione della sofferenza e del disagio nel contesto di vita del cittadino assistito psichiatricamente;

Rilevare e valutare sotto l’aspetto epidemiologico l'attività svolta.

Azioni

Interventi terapeutici, farmacologici e riabilitativi rivolti direttamente al cittadino assistito per consentirgli di riappropriarsi o di appropriarsi di competenze nell'ambito personale e sociale;

Interventi rivolti alla famiglia finalizzati ad utilizzare le risorse del nucleo familiare nel trattamento a lungo termine del cittadino assistito e a ridurre l'impatto degli eventi stressanti che possono causare ricadute;

Interventi rivolti al contesto, quali creazione di laboratori di avviamento professionale, borse-lavoro, inserimento in cooperative sociali, facilitazioni ed addestramento nella ricerca del lavoro;

Interventi per la costruzione di una rete di servizi socio sanitari sul territorio, creando, coerentemente con i bisogni reali dell’utenza, i servizi e le strutture indicate dal progetto obiettivo "tutela della salute mentale 1998-2000".

Servizi di assistenza per tossico-alcoldipendenti - Il sistema dei servizi per le dipendenze si articola in una serie di strutture preposte alla prevenzione, alla cura ed al reinserimento sociale delle persone con problemi di dipendenza da sostanze stupefacenti, alcol e farmaci ed è costituito dal SER.T (Servizio Pubblico per le Tossicodipendenze) da una Comunità terapeutico-riabilitativa, da un Centro di prima accoglienza, da un Centro di reinserimento, da una Casa alloggio per malati di AIDS e da un Centro crisi.

Il SER.T costituisce il servizio di riferimento per gli assuntori di sostanze stupefacenti, le loro famiglie e tutti coloro che desiderano interessarsi del problema della tossicodipendenza. Vengono svolti interventi di carattere psicologico, di informazione e prevenzione, di controllo sulle patologie connesse alla tossico e alcoldipendenza, di terapia farmacologica e disintossicante.

Nel 1999 è stata attivata presso il SER.T una équipe di alcologia che ha potuto operare disponendo di personale appositamente dedicato; ciò ha avuto una ricaduta operativa evidente sia nell'aumento complessivo dei nuovi casi contattati e seguiti, sia nella qualità delle prestazioni offerte e dei nuovi Servizi attivati, quale il day hospital. Al fine di migliorare i servizi attivati nell’ambito dell’alcologia si prevede la riunificazione degli stessi in un Centro Polivalente che comprenda:

day hospital (6 posti)

night hospital (3 posti)

ambulatorio

centro diurno

centro residenziale (10 posti).

Presso il Centro di prima accoglienza, che opera in convenzione con l'Azienda USL Valle d'Aosta, viene svolta attività di accoglienza della persona e di valutazione della richiesta con interventi di tipo socio-educativo quali segretariato sociale, colloqui di sostegno individuale e/o familiare, sostegno educativo, predisposizione di inserimenti in comunità terapeutica in accordo con il progetto terapeutico elaborato dal SER.T.

Nell'ambito dell'assistenza territoriale se si vuole concretamente contrastare la dipendenza patologica e l'uso/abuso di sostanze psicoattive è necessario porsi i seguenti obiettivi.

Obiettivi

Sviluppare e rafforzare un sistema dei servizi, pubblici e del privato sociale, che costituisca il punto di riferimento reale per tutti coloro che, a qualsiasi livello, hanno problemi legati all'uso/abuso di sostanze psicoattive e che sia in grado di rispondere o concorrere a rispondere, o facilitare la risposta ai bisogni espressi dai soggetti che si rivolgono ai servizi stessi;

Sviluppare e rafforzare un sistema di servizi in grado di conoscere la tossicodipendenza nei suoi molteplici aspetti, nei modi e nelle forme in cui questa si sviluppa in generale e in ambito territoriale, e in grado di cogliere tempestivamente le trasformazioni e i cambiamenti del fenomeno;

Sviluppare un sistema di servizi in grado di informare e di sensibilizzare sull'andamento della tossicodipendenza e in grado di incidere sulla rappresentazione sociale del fenomeno.

Azioni

Formazione permanente del personale in servizio e adeguato inserimento e accompagnamento di quello di nuova assunzione;

Attuazione di programmi specifici per ridurre la mortalità e la diffusione della morbilità legata alla tossicodipendenza;

Partecipazione attiva dei servizi alle strategie locali di prevenzione primaria;

Raccolta dei dati finalizzati ad una comprensione delle caratteristiche dell'utenza dei servizi, del fenomeno a livello territoriale, della programmazione degli interventi;

Valutazione corrente dei risultati conseguiti a livello terapeutico e del raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Servizi per anziani - L’offerta dei servizi territoriali e semiresidenziali per anziani comprende centri diurni, centri d’incontro, soggiorni climatici, telesoccorso e teleassistenza.

Il centro diurno è un servizio socio-sanitario integrato che ospita, in regime diurno, soggetti adulti che non sono più in grado di permanere presso il proprio domicilio; sono previste prestazioni assistenziali, sanitarie e riabilitative. Tale servizio viene erogato attualmente presso strutture autonome solo nel Comune di Aosta. Nel resto della regione, esso viene erogato presso microcomunità che dispongono di spazi idonei alla frequenza da parte di utenti esterni (diurni); altre strutture autonome, impropriamente definite centri diurni forniscono principalmente il servizio di pasti caldi.

Il centro di incontro è un servizio sociale che offre attività ricreative e culturali per favorire la vita di relazione. È presente in Aosta ed in altri 18 comuni

I soggiorni climatici sono un servizio socio-sanitario che ha finalità di mantenimento e ristabilimento dello stato di salute nonché di socializzazione

Il telesoccorso e la teleassistenza sono un servizio socio-sanitario-assistenziale che assicura 24 ore su 24, tramite il telefono, interventi tempestivi sullo stato di salute degli utenti in caso di emergenza o di improvvisa difficoltà. Attualmente è disponibile ad Aosta e in 7 delle 8 Comunità montane.

Obiettivi

Rendere il centro diurno risorsa per risolvere situazioni di gravità e fornire sollievo alle famiglie, evitando l’istituzionalizzazione;

Favorire l’integrazione sociale delle persone anziane autosufficienti;

Potenziare il telesoccorso e la teleassistenza.

Azioni

Approvazione di standard gestionali;

Definizione di modalità di monitoraggio (numero e tipologia utenti) uniformi per tutta la regione;

Estensione dei servizi di telesoccorso e teleassistenza ad un numero maggiore di anziani;

Organizzazione di soggiorni climatici.

Assistenza domiciliare integrata (ADI) - L'attuale servizio di assistenza domiciliare, erogato da tutti i Comuni della Valle d’Aosta riguarda il complesso delle prestazioni socio-assistenziali e sanitarie, volte a mantenere la persona al proprio domicilio. Il servizio, rivolto a tutta la popolazione, può, in base alla valutazione multiprofessionale dei bisogni della persona interessata, prevedere solo interventi socio-assistenziali, solo interventi sanitari o interventi socio-sanitari integrati; questi ultimi sono in sintonia con la definizione di ADI data dal Piano Sanitario Nazionale. E’ in atto una sperimentazione nel Comune di Aosta che prevede la presa in carico multiprofessionale e comunitaria delle situazioni problematiche, l’integrazione socio sanitaria e l’avvio di un sistema informativo finalizzato alla valutazione dei servizi oggetto di sperimentazione.

Obiettivi

Valutare, mediante una analisi costi benefici, gli esiti della sperimentazione nel comune di Aosta;

Precisare i contenuti del servizio ed uniformarli su tutto il territorio regionale, ponendo attenzione al potenziamento dell’offerta (erogazione del servizio su 6 o 7 giorni alla settimana, flessibilità degli orari);

Migliorare le condizioni di applicabilità della normativa esistente per creare reti di risorse complementari al servizio pubblico quali alternative reali ai ricoveri.

Azioni

Approvazione di standard;

Elaborazione di procedure di semplice applicazione delle norme esistenti;

Formazione di risorse umane complementari al servizio pubblico.

Servizi per immigrati - Essendo la Valle d’Aosta una regione di confine e di transito verso altri Paesi, il fenomeno dell’immigrazione appare essenziale da regolamentare soprattutto alla luce dell’incremento registrato nelle richieste di servizi e prestazioni che ad esso si collega. Il dato delle presenze stabili, che si può considerare di 2.500 unità, registra una composizione di circa 1000 nuclei familiari ed una presenza progressivamente crescente nelle istituzioni scolastiche di minori stranieri.

I destinatari dei servizi sono i cittadini immigrati, anche non residenti, in possesso di regolare permesso di soggiorno. Al momento le attività svolte sono tutte concentrate nel capoluogo regionale e comprendono: la gestione del Centro Comunale Immigrati Extracomunitari, iniziative culturali di formazione e mediazione, concessioni di buoni pasto. Tra i punti di eccellenza del servizio si registra l’apertura di un centro di incontro.

Obiettivo

Verificare l’adeguamento dell’offerta della tipologia di servizi alle dinamiche dei bisogni che si esprimono in questa fascia di popolazione.

Impostare una continuità di servizio che tragga esperienza dall’attività di mediazione culturale compiuta dal Progetto Cavanh al fine di rendere effettivo un servizio di mediazione interculturale a favore dei singoli e dei servizi della Regione.

Azione

Monitoraggio dei servizi offerti ai cittadini immigrati.

Implementazione del servizio di mediazione interculturale e valutazione degli effetti di tale servizio.

Centro diurno per malati di Alzheimer - Su disposizioni della Giunta regionale all'Azienda USL e conseguente deliberazione del Direttore generale dell’Azienda è stato istituito a livello sperimentale il Centro diurno a favore dei malati di Alzheimer gestito in convenzione con un ente privato di assistenza. Si tratta di un servizio socio-sanitario finalizzato all'assistenza dei malati di Alzheimer e sindromi correlate con lo scopo di migliorare l’autonomia degli utenti e dare sollievo alle loro famiglie.

Obiettivo

Istituzionalizzare il servizio.

Azione

Definizione di standard gestionali e strutturali nonché di sistemi per la valutazione.

Assistenza residenziale

In Valle d’Aosta l’assistenza residenziale prevede:

le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA);

il centro residenziale di cure palliative

le Microcomunità;

le comunità alloggio ;

le comunità per minori;

la comunità protetta per disabili;

le comunità di recupero per tossicodipendenti;

la casa alloggio per affetti da AIDS;

la comunità riabilitativa per malati psichici;

il country hospital (ospedale di comunità)

Per tutte queste forme di residenzialità, il Piano pone i seguenti :

Obiettivi

Garantire il recupero di autonomia in soggetti non autosufficienti, il recupero e il reinserimento sociale dei soggetti dipendenti da sostanze stupefacenti, psicotrope e alcol, degli anziani, dei malati mentali, dei malati di Alzheimer nonché prevenire l’aggravamento del danno funzionale per le patologie croniche.

Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) - La Valle d’Aosta riconosce alle RSA il ruolo di strutture residenziali a lungo termine, con moduli di max 20 posti letto, per persone assistite non acute e ad elevato bisogno sanitario-assistenziale. A seguito di uno studio multidisciplinare promosso dalla Regione e finalizzato all’acquisizione di elementi utili alla stima del fabbisogno di posti letto per questa forma di assistenza residenziale, è emerso come i futuri utenti di queste strutture saranno i malati di Alzheimer, le demenze in genere e le persone affette da quelle patologie che la riorganizzazione dell’attuale utenza delle Microcomunità individua come "improprie". Per le persone affette da disturbi psichiatrici è previsto un modulo dedicato presso una struttura RSA a Verrès che opererà in forma coordinata anche con il Dipartimento di Salute Mentale. In altre parole, la risposta assistenziale offerta dalle RSA otterrà nel prossimo triennio un duplice obiettivo: il primo, dare risposta organizzata a specifiche tipologie di utenti, il secondo, ridurre la percentuale di utenza e di prestazioni inappropriate che oggi caratterizza l’interazione tra domanda e offerta di servizi.

Risulta inoltre opportuno riservare una quota di posti in una struttura adeguatamente attrezzata sotto il profilo alberghiero e riabilitativo per la temporanea accoglienza di persone assistite in ospedale in attesa del rientro al domicilio o altra struttura. Un successivo documento individuerà la struttura preposta regolamentando i requisiti di accesso e di dimissione.

Obiettivi

Attivare RSA anche al fine di sgravare le microcomunità da inserimenti impropri.

Azioni

Riconversione di strutture per anziani esistenti (ad Hône ed in un comune da individuare nell’Alta Valle) e l’edificazione di nuove strutture (ad Aosta in Regione Gotreau e ad Antey-Saint-André);

Definizione di protocolli tra ospedale e territorio per l’accoglimento in RSA di precise tipologie di persone assistite.

Centro residenziale di cure palliative - Si tratta di una struttura dove un’équipe multidisciplinare accoglie persone prioritariamente affette da patologia neoplastica terminale che non possono essere assistiti a domicilio e necessitano di cure finalizzate ad assicurare una migliore qualità della vita. Il centro residenziale si inserisce e si integra nell’ambito di una rete di servizi socio-sanitari già presente sul territorio al fine di garantire la continuità e la flessibilità delle cure palliative attraverso percorsi assistenziali personalizzati.

Obiettivo

Migliorare la qualità e l’appropriatezza dell’assistenza alle persone affette da patologie in fase terminale e ai loro familiari mediante l’utilizzo delle cure palliative e la personalizzazione del percorso assistenziale.

Azioni

Realizzazione di una struttura per le cure palliative che organizzi le aree in modo da garantire il benessere psicologico del cittadino assistito e dei suoi familiari, il comfort alberghiero, la sicurezza dell’utilizzo degli spazi e la tutela della privacy .

Microcomunità - A livello regionale le microcomunità costituiscono un servizio socio sanitario integrato a carattere residenziale destinato ad anziani in stato di non autosufficienza psicofisica che persegue gli obiettivi di :

ospitare, anche temporaneamente, anziani per i quali le famiglie non possono provvedere in modo adeguato a domicilio anche mediante ricorso ad altri servizi;

conservare e promuovere le loro capacità di autonomia;

contrastare il processo di decadimento psicofisico ed il peggioramento delle condizioni di salute attivando percorsi riabilitativi.

I destinatari sono le persone anziane di età superiore ai 65 anni non autosufficienti che:

presentano deficit funzionali tali da compromettere lo svolgimento autonomo degli elementari atti di vita quotidiana;

non sono assistibili a domicilio per carenze della famiglia e/o dei servizi territoriali;

necessitano di un’elevata assistenza tutelare o di specifici percorsi riabilitativi ma non di prestazioni sanitarie intensive.

La realizzazione delle RSA, darà risposta operativa nel prossimo triennio ad una parte delle criticità che queste strutture stanno registrando per effetto di una serie di dinamiche intervenute, tanto nella composizione per età e condizione di salute della popolazione ospitata, che per effetto dei cambiamenti in atto nelle forme di valutazione della risposta assistenziale.

Obiettivi

Sgravare le strutture esistenti da inserimenti impropri;

definire i ruoli, le funzioni, anche integrate, delle diverse figure professionali in esse presenti.

Azioni

Individuazione ed approvazione di standard e requisiti minimi gestionali;

Adeguamento delle strutture alle norme nazionali in materia di sicurezza sul lavoro e di impiantistica;

Definizioni di progetti e protocolli di integrazioni operative tra le diverse figure professionali.

Comunità alloggio - Si tratta di un servizio sociale composto da un insieme di piccole unità abitative, attrezzate in modo da permettere una vita autonoma, ma raggruppate in un’unica struttura residenziale, dotata di servizi comuni. Le strutture hanno una tipologia edilizia simile agli appartamenti e sono destinate ad anziani con sufficiente grado di autonomia, a soggetti psichiatrici in via di reinserimento sociale e a disabili fisici a cui viene assicurato il supporto domiciliare, compreso il servizio di aiuto alla persona e, eventualmente, il servizio di portineria. Con queste ultime modalità, il servizio è pienamente attivo solo nel Comune di Aosta.

Obiettivi

Consentire una vita autonoma in situazione protetta a persone anziane autosufficienti o lievemente non autosufficienti;

Favorire l’autonomia dei soggetti psichiatrici e disabili fisici;

Azioni

Definizione di standard strutturali e gestionali;

Comunità per minori - Le comunità per minori sono servizi destinati ad accogliere e ospitare minori in stato di abbandono temporaneo o definitivo, nell’attesa di un rientro in famiglia d’origine o di altra collocazione stabile. Le comunità offrono prestazioni di carattere educativo e stimolo psicologico, di accudimento e igiene personale, di accompagnamento scolastico e sanitario.

Sono presenti in Aosta due comunità cui fa riferimento il bacino di utenza dell’intero territorio regionale. Le strutture accolgono rispettivamente minori compresi tra gli 0 e i 12 anni l’una (con la disponibilità di 7 posti residenziali) e tra i 13 e i 18 anni l’altra (con la disponibilità di 6 posti residenziali).

Obiettivi

Migliorare l’incontro tra famiglie affidatarie e bambini;

Potenziare il numero di posti per la fascia 0-12 anni per ridurre gli inserimenti in strutture extra regionali;

Qualificare le prestazioni del servizio ponendo particolare attenzione alle esigenze delle diverse fasce di età.

Azioni

Individuazione di uno spazio protetto per gli incontri tra adulti e bambini ospiti.

Approvazione degli standard gestionali;

Sdoppiamento della comunità rivolta alla fascia di età 0-12 con suddivisione in due fasce di età, la prima compresa tra 0 e 6 anni e la seconda compresa fra 7 e 12 anni;

Predisposizione di strumenti operativi comuni a tutte le équipes socio- sanitarie di base per l’utilizzo corretto e omogeneo delle strutture;

Monitoraggio del servizio anche tramite l’osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza.

Comunità protette per disabili - E’ un servizio sociale rivolto a disabili con handicap psico-fisico e realizza un obiettivo prefissato dal precedente Piano.

Obiettivi

Rispondere ad esigenze di persone senza famiglia ovvero ad esigenze di riposo da parte delle famiglie dei disabili per evitare l’istituzionalizzazione.

Azioni

Definizione degli standard gestionali e strutturali del servizio;

Formazione di personale idoneo;

Individuazione di locali o strutture da adibire a comunità protetta.

Comunità di recupero per tossico-alcoldipendenti - E’ un servizio socio-sanitario che si pone come finalità il recupero del tossico-alcoldipendente attraverso interventi psicoterapeutici, rieducativi e di reinserimento lavorativo. I destinatari sono giovani di ambo i sessi residenti in Valle con possibilità di accogliere anche residenti fuori Valle qualora vi fossero posti disponibili o particolari esigenze. Vengono accolti anche giovani con situazioni giuridiche quali: arresti domiciliari ed affidamento sociale.

Due sono le comunità operanti in Valle d’Aosta; una è gestita da una cooperativa cui è affidata in convenzione una struttura di proprietà regionale ad Aosta che accoglie soggetti tossico e alcoldipendenti, l’altra è sita a Sarre ed è gestita da una cooperativa, che accoglie esclusivamente soggetti tossicodipendenti

L’accesso è disposto dal SER.T che elabora il progetto terapeutico, in collaborazione con gli operatori della comunità la cui gestione è affidata ad una cooperativa in convenzione con l’Azienda USL. Il criterio di ammissione è la motivazione al superamento della propria condizione di tossicodipendenza. Il tempo medio di durata del programma è di circa due anni e si snoda in tre fasi: accoglienza, vita comunitaria, reinserimento.

Il Centro crisi di Sarre è un servizio socio-sanitario di prima accoglienza rivolto a persone che intendono disintossicarsi dal metadone per l'ammissione in un programma riabilitativo e a persone con programmi alternativi concordati con il SER.T (naltraxone, terapie di mantenimento).

Prevede una permanenza massima di due o tre mesi, per rispondere ai bisogni immediati, che assicuri anche interventi sanitari ed a rilievo sanitario, e che permetta la formulazione di un piano terapeutico da svolgere in altra sede. Può accogliere 8 persone con pernottamento ed erogazione di pasti, ed offre uno spazio di riflessione, dando un sostegno psico-affettivo agli ospiti affinché evitino di modificare la scelta di uscire dallo stato di tossicodipendenza. Oltre a ciò il Centro offre la possibilità del ripristino delle condizioni psicofisiche necessarie all'ingresso in comunità, e/o la possibilità di seguire la terapia a scalare di metadone. Vengono quotidianamente proposte attività che spaziano dall'espressione artistica, agli incontri culturali, alla pratica sportiva.

Il Centro di reinserimento di Sarre è un servizio socio-educativo atto a favorire l'inserimento sia familiare, sia sociale, sia lavorativo per persone tossicodipendenti che abbiano terminato un programma di recupero. Gli ambiti di lavoro comprendono attività educative quali gruppi di sostegno per gli utenti, per i genitori; gruppi di programmazione e verifica delle attività interne ed esterne alla struttura; organizzazione dell'inserimento lavorativo in collaborazione con i servizi territoriali e la famiglia; lavoro con le realtà socio-culturali del territorio per favorire l'aggancio dell'individuo con le realtà sociali positive.

Obiettivi

Promuovere la motivazione all'abbandono delle condotte tossicomaniche;

Migliorare e consolidare il processo dell'autonomia personale;

Incrementare l'impegno ad assumersi le proprie responsabilità;

Costruire modalità di vita basate sulla essenzialità.

Azioni

Attivazione, attraverso il lavoro di comunità, di competenze anche nuove in cui lo scopo non è la specializzazione, ma la condivisione di progetti di lavoro per la comunità;

Attivazione di momenti di promozione culturale ;

Promozione delle attività ricreative e sportive (gite, visite a musei, ecc.) .

Casa alloggio per affetti da AIDS - E’ un servizio socio-sanitario presente a Nus che si rivolge ai malati di AIDS che, privi di un domicilio o di un nucleo familiare o amicale di riferimento, assolve alla funzione di accoglienza consentendo a queste persone di potere essere dimessi dopo il ricovero ospedaliero che, altrimenti, verrebbe impropriamente prolungato.

Le attività sono rivolte al prendersi cura delle persone in termini complessivi, non solo sanitari, avendo come obiettivo la costruzione di un percorso della persona con AIDS compatibile con il variare del suo stato di salute. Ospita utenti residenti in Valle con possibilità di inserire anche soggetti non residenti compatibilmente con le esigenze. E’ gestita dalla cooperativa in convenzione con l’Azienda USL.

Obiettivi

Garantire accoglienza alle persone con AIDS che non dispongono di una casa o di un nucleo familiare in grado di assisterle;

Assumere la cura delle persone in termini complessivi, non solo sanitari.

Azioni

Predisposizione di interventi di riduzione del danno o di programmi di rieducazione inseriti nel contesto della casa alloggio;

Individuazione degli strumenti atti a garantire il collegamento funzionale tra l'équipe della casa alloggio e le varie strutture sanitarie e sociali;

Individuazione di attività di socializzazione del malato con la comunità locale;

Valorizzazione del volontariato, associato e non, in stretta collaborazione con i Servizi sociali e territoriali;

Collaborazione con la Magistratura di Sorveglianza al fine di favorire l'adozione di tutte la misure alternative alla carcerazione, previste dalla legge per le persone colpite da AIDS.

Comunità riabilitativa per malati psichici - E’ un servizio socio-sanitario per utenti che necessitano di interventi residenziali di tipo riabilitativo secondo il progetto terapeutico indicato dal CSM. E’ attiva una struttura protetta residenziale terapeutico riabilitativa in località Pont Suaz, la quale svolge attività sanitaria ed assistenziale finalizzata alla riabilitazione e risocializzazione di soggetti affetti da patologia psichiatrica che necessitano di interventi a lungo termine mediante attività psico-riabilitative. La struttura è in funzione fin dal 1995 e a partire dal 1999 l'Amministrazione regionale ha trasferito la competenza gestionale all'Azienda USL che la esercita tramite un convenzione con una cooperativa del privato-sociale. La struttura ospita utenti con psicosi o gravi disturbi della personalità, non cronicizzati di età compresa tra i 18 ed i 45 anni, di entrambi i sessi, in numero massimo di 8 soggetti adulti.

Obiettivi

Ridurre la cronicità intesa come stato di perdita di abilità sociali;

Favorire il reinserimento del malato nel contesto sociale.

Azioni

Promozione dell'autonomia, della crescita personale e della capacità di adattamento di un individuo disagiato;

Formazione adeguata del personale che opera in comunità;

Verifica ad intervalli regolari dell'operato di tutta la comunità.

Country Hospital (Ospedale di comunità)

Come esplicitato nella parte introduttiva parlando delle "dinamiche dei nuovi bisogni", la domanda assistenziale appare attualmente condizionata dall’invecchiamento della popolazione, dalla riduzione delle potenzialità assistenziali della famiglia, dalla caratterizzazione del sistema ospedaliero verso l’assistenza altamente specialistica del malato in fase acuta, dall’aumento specifico dell’aspettativa di vita media dei cittadini affetti da patologie croniche.

Nell’ambito delle soluzioni strutturali ed organizzative ipotizzata nel presente PSSR appare significativa la proposta di attivare una sperimentazione di struttura residenziale dove ricoverare soggetti prevalentemente anziani, con polipatologia cronico-degenerativa o dismetabolica riacutizzata, il cui trattamento non richiede un elevato impegno tecnologico ed assistenziale, denominata "Country Hospital".

Tale struttura dovrà integrarsi nella rete dei servizi distrettuali utilizzando in modo sinergico le opportunità assistenziali già offerte.

In particolare, oltre al personale di assistenza dedicato, la gestione clinica dei cittadini è demandata ai medici di medicina generale e a quelli della continuità assistenziale e territoriale.

Obiettivi

Riorientare l’assistenza a bassa intensività verso strutture della rete distrettuale a moderato impegno di risorse;

Ricercare l’appropriatezza della prestazione assistenziale;

Garantire isoefficacia con riduzione dei costi;

Ridurre le prestazioni improprie erogate dalla struttura ospedaliera ad alta intensità;

Motivare e responsabilizzare clinicamente i medici di medicina generale e di emergenza territoriale.

Azioni

Attivazione del gruppo di progetto da parte della dirigenza aziendale;

Stesura del progetto sperimentale;

Validazione del progetto;

Inizio della fase sperimentale che interesserà un solo distretto;

Valutazione della fase sperimentale;

Riprogettazione rispetto ai risultati della fase sperimentale.

Assistenza ospedaliera

L'attività ospedaliera deve orientare i propri processi assistenziali di produzione verso una visione operativa che parte dalla medicina basata sulle evidenze ed arriva al risultato clinico efficace attraverso l'applicazione di linee guida.

Questo assioma logico trova però nella sua applicazione pratica una serie di limiti che ne rendono difficile la costruzione.

L'area di incertezza della prassi clinica risulta ancora superiore al 50% ed il progredire esponenziale degli studi controllati progressivamente riduce questo limite anche se esso appare ancora condizionare fortemente l'applicazione di questa metodologia. Subentra quindi il problema del cambiamento culturale della classe medica ancora non completamente capace di riconoscersi nell'uso di strumenti standardizzati, che non devono limitare la specificità o la sperimentalità dell'atto clinico, ma rappresentano un utile indicazione di fondo. Ne deriva il rischio di una interpretazione distorta di questi strumenti che evidenzia esclusivamente l'aspetto limitante della libertà clinico - assistenziale dell'operatore sanitario.

Le linee guida hanno invece un significato lontano da ogni rigidità in quanto uno stato clinico fisso, immutabile, indefinitamente ripetitivo non esiste, quindi non esiste un processo assistenziale fisso, innaturalmente riproducibile che non tenga conto della realtà dell'uomo che si sta curando. Le linee guida non sono un rimedio fisso ed immutabile, ma un utile strumento per costruire un atto medico fondato sull'individualità di ogni cittadino assistito, che può essere ricondotto, attraverso il metodo dell'evidenza clinica, a suggerimenti oggettivi, a confronti con modelli predisposti a migliorare l'approccio diagnostico - terapeutico, così da certificare l'operato del clinico e la qualità erogata dalla struttura in cui opera. Va ricordato che l'evidenza scientifica dimostra come le linee guida riducano in modo significativo la durata della degenza per singola patologia, inducendo quindi un rilevante effetto sulla qualità di vita del cittadino assistito essendo già un risultato di salute quello di ridurre la degenza inappropriata all'interno della struttura ospedaliera.

La fase successiva del percorso logico inizialmente definito è la dimostrazione dei risultati che per alcuni settori appare chiara ed indiscutibile (il raggiungimento di una diagnosi, la dimostrazione della ripetibilità di un risultato analitico, la guarigione dopo intervento chirurgico), ma che in molte fasi del processo assistenziale appare al momento difficoltosa. Questa problematica vede le società scientifiche impegnate in un importantissimo lavoro di valutazione dei risultati che non deve però prescindere dalla valutazione soggettiva della persona sui benefici di salute ottenuti (dall'adeguatezza dei percorsi assistenziali applicati alle condizioni sociali ed economiche del soggetto, alla costruzione di una rete di servizi socio sanitari capace di garantire una continuità assistenziale corretta). Una simile visione porta a considerare l'attività ospedaliera come una parte di questo continuum e quindi i risultati potranno e dovranno essere valutati da altri operatori sul territorio. Il ritorno di queste informazioni dovrà essere garantito da una rete informativa e comunicativa integrata che vede l'ospedale mantenere stretti rapporti con l'attività distrettuale così da garantire che il risultato clinico venga misurato per unità di tempo indipendentemente da dove sia avvenuta la diagnosi.

Questa visione strategica appare l'unica capace di far recuperare all'ospedale moderno la propria funzione sociale dal momento che gli operatori sanitari dimostrano di aver preso coscienza dei cambiamenti occorsi negli ultimi anni senza averli subiti passivamente, e di avere accetto una riorganizzazione che permetta di svolgere nella maniera migliore i nuovi compiti cui sono chiamati. Questo processo di ridefinizione dei percorsi assistenziali deve interessare tutte le aree di produzione considerando come prioritaria la connessione continua con il territorio e l'attività distrettuale che appare come il principale strumento di transizione verso il recupero dell'appropriatezza delle attività svolte senza che gli attori extraospedalieri e la popolazione oppongano rifiuti che potrebbero risultare dannosi per il rapporto fiduciario essenziale per la vita dell'ospedale stesso.

Riguardo all'area diagnostica la riorganizzazione dovrà prevedere, da una parte un'intensità diagnostica molto elevata che minimizzi gli spazi morti portando al maggior utilizzo temporale possibile delle tecnologie, dall'altra una vera gestione efficientemente sequenziale del singolo caso clinico che non invalidi i benefici ottenuti aumentando l'offerta diagnostica. In questa prospettiva le strutture diagnostiche rappresentano il cuore dell'ospedale ed il perno su cui ruota l'efficienza operativa delle unità di diagnosi e cura.

Un altro grande settore dell'ospedale è quello chirurgico o strumentale in senso lato (endoscopia, radiologia interventistica). Si tratta di un ambito altamente tecnologico, caratterizzato da un rapido turnover delle attrezzature, in grado di portare a risultati misurabili in tempi definiti. Il radicale miglioramento delle possibilità terapeutiche e delle indicazioni prognostiche introdotte dalla chirurgia mini-invasiva deve indurre alla ricerca di soluzioni organizzative che sostengano il turnover dei cittadini assistiti allargando l'offerta operatoria e garantendo nelle aree di degenza livelli di assistenza qualitativamente e quantitativamente sufficienti per periodi significativamente più lunghi.

L’area medica dovrà adottare modalità operative che privilegino i sinergismi di équipe e quelli di tipo dipartimentale favorendo l’utilizzo congruo dei posti letto e dei percorsi clinico assistenziali.

In generale, e segnatamente riguardo al settore dell'emergenza, l'ospedale deve attrezzarsi soprattutto sul piano della cultura degli operatori, unico patrimonio in grado di migliorare significativamente la qualità dei risultati clinici. Per sviluppare questa componente dell'attività l'ospedale deve far crescere la cultura e la formazione degli operatori, inducendoli, attraverso il lavoro di équipe, a comprendere in modo unitario condizioni altrimenti frazionate in mille diversi punti di lettura, utilizzando come cornice operativa le indicazioni provenienti dalle linee guida. Si delinea così una cultura assistenziale che riesce a coniugare l'alta standardizzazione con la professionalità degli operatori e la loro capacità di comprensione umana dei problemi clinici.

Lo strumento dell'organizzazione dipartimentale deve essere vissuto come la migliore opportunità per la ricerca comune dell'efficienza delle prestazioni erogate dall'ospedale e non come una sovrastruttura gerarchica grazie alla quale nascondere spinte centrifughe, opportunismi o interessi egemonici di branca specialistica. In questa prospettiva un ruolo specifico può essere giocato dalla dirigenza dell'ospedale che deve favorire la ricerca di un equilibrio tra le diverse componenti ed il collegamento stabile tra il lavoro clinico e le premesse culturali; la dimostrazione dei risultati e la ricerca dell'integrazione tra ospedale e territorio sono altresì suoi obiettivi prioritari.

L'enfasi sugli aspetti economici, pur necessaria, porta con sé il rischio di polarizzare l'interesse sulle procedure minimizzando i costi, dimenticando la collocazione dell'ospedale in un certo livello di cultura medica e in un preciso quadro di risultati attesi dagli utenti.

La soddisfazione culturale e professionale degli operatori sanitari permetterà altresì di attrarre dirigenti ed operatori sanitari di significativo apporto clinico che, in un mercato del lavoro sempre più caratterizzato dalla scarsità e dalla mobilità, richiedono l'inserimento in contesti responsabilizzanti e professionalizzanti.

L'offerta assistenziale si caratterizza per la completa copertura delle aree di base, della specialistica chirurgica e medica e per la presenza di aree di eccellenza da una parte sviluppatesi grazie alla presenza di professionalità clinico - assistenziali di riferimento nazionale, dall'altra previste per rispondere ad una domanda che non avrebbe potuto trovare risposta, considerato il contesto territoriale, se non prevedendo lunghi e difficoltosi spostamenti dei cittadini assistiti verso strutture di riferimento extraregionali.

L'offerta di ricovero ordinario appare essere qualitativamente soddisfacente e pienamente utilizzata, dal momento che la casistica trattata assurge a livelli pari a quelli raggiunti da aziende ospedaliere di riferimento in altri contesti regionali come dimostra l’indice di case-mix di 1,1 sicuramente sotto stimato data la migliorabilità della codifica attuale.

L'indice di ospedalizzazione appare superiore allo standard nazionale, anche se è necessario sottolineare come il contesto regionale possa significativamente incidere caratterizzando in alcuni casi il ricovero ospedaliero quale soluzione assistenziale più adeguata in presenza di vincoli logistici della popolazione, specie quella più anziana, di una non completa conformità dei percorsi assistenziali offerti dal territorio o dall'organizzazione stessa. Appare tuttavia necessario recuperare livelli di appropriatezza sia dei ricoveri che delle giornate di degenza in quanto alcuni indicatori quali i ricoveri ripetuti, l'indice di riammissione dopo un ricovero medico, lo studio di DRG sentinella e quello dei ricoveri brevi, dimostrano essere migliorabili. Tale obiettivo andrà certamente perseguito e raggiunto al fine di facilitare l'applicazione completa del progetto di riorganizzazione della rete ospedaliera valdostana ottenuto in parte con una riallocazione delle unità budgetarie, in parte grazie all'ampliamento e alla ristrutturazione dell'Ospedale di viale Ginevra (fasi I,II,III).

L'efficienza operativa appare migliorabile (indice di performance 1,05 con riferimento alla casistica piemontese) sia riguardo alla degenza media dei ricoveri, che rispetto alla degenza preoperatoria. Su questo fenomeno sicuramente incidono elementi organizzativi interni legati sia ad un affinabile percorso diagnostico preoperatorio che alla mancanza di strutture di ricovero riabilitativo e lungodegenziale. A questo proposito, se si escludono le unità budgetarie di medicina e geriatria, l'indicatore di efficienza complessivo rientra nei limiti di variabilità consoni ad una struttura a complessità medio/alta quale essere quella valdostana.

La saturazione dell'offerta di ricovero ordinario risulta ai limiti massimi per l'area medica, mentre l'area chirurgica, a parte rare eccezioni, raggiunge i limiti dello standard nazionale del 75% associandosi alla progressiva riduzione dei tassi operatori; questo dato risulta tuttavia condizionato dalla riduzione degli spazi operatori e, ultimamente, anche assistenziali, causata dalla carenza di figure anestesiologiche ed infermieristiche.

L'area intensivistica, notoriamente influenzata esclusivamente dalla domanda esterna in regime di urgenza, presenta tassi di occupazione estremamente variabili che rendono significativa l'ipotesi di un stretta osservazione volta al perfezionamento della distribuzione dell’offerta tra area intensiva ed area subintensiva unita anche alla definizione validata di percorsi assistenziale trasversali a tutto l’ospedale.

L'offerta diagnostica dei servizi appare qualitativamente e quantitativamente importante con il raggiungimento di punte di eccellenza che qualificano l'ospedale valdostano anche in sede extraregionale; appare migliorabile invece la compliance con le unità budgetarie di diagnosi e cura, grazie alla definizione di appropriati percorsi diagnostici al fine di ridurre la domanda impropria interna ed esterna a vantaggio dei tempi di attesa.

L'emergenza risponde ad una domanda in costante crescita, anche se maggiormente impropria, ed appaiono perseguibili in maniera prioritaria gli obiettivi legati alla riorganizzazione dell'emergenza intraospedaliera ed all'integrazione organizzativo - funzionale con l'emergenza territoriale.

Per quanto riguarda il ricorso al ricovero extra regionale da parte di cittadini residenti, si osserva un incremento del numero dei ricoveri a fronte di una sostanziale invariabilità del numero di soggetti che li effettuano; un fenomeno sul quale incide sicuramente l'effetto distorsivo legato alla remunerazione a prestazione delle Aziende ospedaliere, che induce a produrre per ciascun residente un numero maggiore di prestazioni. Qualitativamente, se si escludono le patologie con riferimento obbligato extra regionale (chirurgia e medicina di alta specialità, medicina oncologica a necessità terapeutiche altamente specialistiche) appaiono incidere sulla mobilità passiva fenomeni legati alla situazione logistica dell'utenza della Bassa Valle ed alla ridotta compliance fiduciaria rispetto a talune branche di chirurgia specialistica; nella branca medica si evidenzia invece il fenomeno della riabilitazione che trova giustificazione nell’attuale criticità dell’offerta locale. Occorre quindi intervenire con la definizione di sinergie strategiche con Aziende sanitarie limitrofe, come trattato in apposito capitolo del presente Piano e attraverso il miglioramento qualitativo dell'offerta di professionalità e della formazione specialistica.

L'offerta ospedaliera si caratterizza in sintesi come capace di prestazioni quali - quantitative di congruo livello, ma migliorabili attraverso gli obiettivi gestionali che seguono.

Attività di Emergenza e Urgenza

La casistica del 1999 evidenzia una attività caratterizzata da 37.000 passaggi, di cui 7.600 sono stati seguiti da ricovero. L'analisi dei carichi di lavoro ha evidenziato, rispetto al 1980, una triplicazione del rapporto utenti/operatore raggiungendo i 2.500 passaggi anno.

Questo significativo incremento di attività ha implicato scompensi nell'erogazione del servizio che riguardano essenzialmente i tempi di attesa della visita e la permanenza media presso il DEA. Riguardo all'emergenza intraospedaliera la situazione attuale vede la concomitanza di criticità quali la rotazione in pronto soccorso di personale medico afferente da svariati reparti ospedalieri con formazione specifica non ottimale ed un utilizzo di personale specializzato in discipline diverse nelle attività di supporto all'urgenza (esempio guardia interdivisionale).

L'integrazione tra emergenza territoriale ed ospedaliera appare significativamente migliorabile.

Obiettivi

Assicurare adeguati livelli di assistenza fin dal primo intervento mediante l'adozione di protocolli diagnostico terapeutici validati;

Garantire la corretta gestione tecnico - organizzativa di tutto il sistema dell'emergenza regionale ed assicurare i necessari collegamenti extraregionali;

Organizzare e gestire un sistema continuo per la promozione e la valutazione della qualità dell'assistenza e dell'appropriatezza dell'utilizzazione delle risorse;

Perseguire iniziative finalizzate all'umanizzazione;

Contribuire all'educazione alla salute dei cittadini per un corretto uso del sistema di emergenza sanitaria;

Promuovere una stretta integrazione tra le fasi dell'emergenza;

Ridefinire il modello organizzativo dell'emergenza intraospedaliera.

Azioni

Redazione ed adozione nel triennio dei protocolli operativi capaci di coprire almeno il 70% delle necessità assistenziali dell'emergenza;

Definizione ed applicazione di modelli di integrazione degli attuali pool di urgentisti medici ed infermieri del PS/MUA e dell'Unità budgetaria 118 che consentano l'utilizzo dipartimentale degli stessi;

Acquisizione della certificazione sulle tecniche della rianimazione di base per tutto il personale infermieristico e delle tecniche di rianimazione avanzate per almeno il 75% del personale medico che opera nell’area dell’emergenza;

Estensione dell'attività di Triage all'intera giornata;

Identificazione del modello organizzativo di una équipe di medici a prevalente orientamento chirurgico d'urgenza da dedicare alle attività di PS/DEA;

Ridefinizione del modello organizzativo del sistema dell'emergenza intraospedaliera privilegiando soluzioni che prevedano l'utilizzo di personale dedicato e formato all'urgenza;

Realizzazione di strumenti atti a cogliere la qualità percepita dagli utenti rispetto al complesso di prestazioni erogate dal sistema dell'emergenza;

Applicazione completa delle azioni di cui alla Deliberazione del Commissario dell’Azienda USL del 17 gennaio 2000 relativa alla Carta dei Servizi del Pronto Soccorso.

Assistenza per acuti

L’assistenza per acuti si pone il raggiungimento di obiettivi legati alle seguenti aree tematiche:

Appropriatezza

Riconversione dei ricoveri ordinari con degenza breve e/o ripetuti in prestazioni di livello assistenziale diverso (day hospital, day surgery, prestazioni di pre ricovero e post ricovero).

Le cui azioni riguardano:

Analisi di stato per livelli di gravità clinica e definizione di un piano di riconversione che definisca le modalità operative necessarie al raggiungimento dell'obiettivo;

Rispetto alla situazione 1999, riconversione, a fine vigenza del presente Piano, del 25% dei ricoveri ordinari brevi (0-1 giorno, esclusi decesso o trasferimento) in prestazioni di tipo ambulatoriale;

Rispetto alla situazione 1999, riconversione, a fine vigenza del presente Piano, del 20% dei ricoveri medici ripetuti (stessa persona, stessa MDC) di oltre 2 giorni di degenza in forme di assistenza territoriale (RSA, assistenza domiciliare);

Malattie cerebrovascolari

L’ictus cerebrale è la terza causa di morte e la prima di invalidità permanente nei paesi occidentali. Uno studio condotto nel 1997 in Valle d’Aosta ha rilevato un aumento del numero assoluto di nuovi casi di ictus rispetto a quelli osservati nel 1989. Si è passati da un tasso di 223 casi per 100.000 abitanti del 1989 a 289 del 1997. L’incremento è stato del 29% circa ed è stato rilevato per tutti i tipi di ictus (ischemico ed emorragico). Il tasso di incidenza aumenta rapidamente a partire dai 65 anni di età sia nei maschi che nelle femmine e proiettando i dati riferiti alla situazione attuale si stima in 149.000 casi di ictus l’anno in Italia e 179.332 i casi che si manifesteranno nel 2016 se non verranno attuati programmi di prevenzione mirati. Da ciò si evince che l’ictus non solo è una malattia assai diffusa ma che è in continuo aumento. Nello studio condotto in Valle d’Aosta è stata inoltre rilevata la riduzione del tasso di mortalità nei primi 30 giorni dall’evento : da un tasso di mortalità del 31% nel 1989 si è passati ad un tasso del 20% nel 1997. L’invecchiamento della popolazione, l’aumento del numero di casi, la minore mortalità indicano che occorrerà prepararsi ad organizzare meglio l’assistenza in fase acuta, ma soprattutto ad impegnarsi ad effettuare concreti programmi di prevenzione e di riabilitazione.

Obiettivo é quindi:

Ridurre l'incidenza delle malattie cerebrovascolari acute, della mortalità e delle disabilità connesse con questa patologia.

Le cui azioni consistono nella:

Promozione di una campagna regionale di educazione sanitaria riguardante i fattori predisponenti;

Creazione di un registro regionale permanente;

Definizione di linee guida nella individuazione, prevenzione primaria e secondaria e cura dei fattori di rischio (ipertensione arteriosa, diabete mellito, );

Affinamento dei processi di diagnosi precoce e cura delle condizioni patologiche determinanti l'incidente vascolare acuto (fibrillazione atriale, valvulopatie, arteriosclerosi, );

Creazione di un stroke team, eventualmente anche interdisciplinare, per il miglioramento della qualità dell'assistenza all'evento acuto in termini di tempestività ed efficacia;

Potenziamento e specializzazione della rete riabilitativa e dell'assistenza domiciliare prevedendo collegamenti funzionali programmati con l’assistenza territoriale.

Biologia Molecolare

Introdurre e sviluppare all’interno del dipartimento di Patologia clinica tecniche di biologia molecolare che hanno assunto ormai un ruolo routinario nella prevenzione, diagnosi e prognosi di condizioni cliniche attinenti l’oncologia, l’immunologia, la tipizzazione tissutale e la medicina forense.

Le cui azioni consistono nella:

Individuazione dei campi di applicazione e degli investimenti tecnologici;

Formazione del personale.

Terapie oncologiche avanzate

Alcuni tipi di neoplasie (mielomi, linfomi, tumori germinali) rispondono positivamente ai trattamenti chemioterapici e dimostrano una sensibilità ancora maggiore quando la cura viene praticata con l’utilizzo di alte dosi di farmaci. La chemioterapia ad alta dose con l’utilizzo di cellule staminali periferiche è una metodica complessa che richiede l’opportuna formazione dei sanitari coinvolti, una collaborazione plurispecialistica, l’adatta strumentazione che l’ospedale in parte già possiede. Per la Valle d’Aosta è prevedibile la necessità di trattare in media da 5 a 10 casi l’anno con ricoveri della durata prevista superiore ad un mese. L’attesa apertura dell’hospice oncologico potrebbe liberare risorse utilizzabili a tal fine.

Obiettivo é quindi:

Aumentare la guaribilità e la curabilità delle neoplasie sensibili alla chemioterapia, evitando il ricorso a strutture extra regionali.

La cui azione riguarda la:

Ridefinizione dei profili assistenziali in ambito oncologico.

Tempi di attesa

E’ obiettivo:

Contenere i tempi di attesa per gli interventi chirurgici maggiori o a maggior valenza sociale (farmacoemulsioni per cataratta, erniotomie, safenectomie) nonostante le criticità legate alla carenza di professionalità specialistiche.

Le cui azioni sono :

Utilizzo del tempo di sala operatoria attraverso lo sfruttamento massimale dei tempi chirurgici e la riduzione dei tempi morti attraverso una protocollazione precisa delle operazioni di ricondizionamento delle sale operatorie;

Ridefinizione dei programmi di intervento tra plessi ospedalieri in vista della riorganizzazione prevista con il progetto di ampliamento dell’ospedale;

Ricerca di sinergie dipartimentali ed interdipartimentali al fine di ottimizzare la presenza di risorse professionali per aumentare la disponibilità anestesiologica;

Sviluppo massimale della chirurgia miniinvasiva e della formula assistenziale del day surgery;

Avvio di un progetto finalizzato allo studio ed alla sperimentazione di forme alternative di ricovero quali per esempio il "night surgery";

Trasformazione di attività chirurgica in regime di ricovero in attività ambulatoriale.

Riduzione della mobilità per le alte specialità

Alcune delle patologie afferenti alle alte specialità possono trovare un’adeguata assistenza presso l’ospedale regionale riducendo la quota di ricorsi a strutture specializzate fuori Valle mediante opportuni accordi interregionali e/o interaziendali e l’avvio, dopo un’adeguata formazione, dell’ attività di emodinamica cardiaca. Il fine, oltre a quello di contenere la spesa per la mobilità passiva è quello di offrire alla popolazione residente una più ampia offerta clinico assistenziale e, ai medici interessati, un’opportunità di crescita professionale operando in forma collaborativa con altri colleghi su bacini di utenza che consentano un maggior numero di casi osservati.

Sono quindi obiettivi:

Integrare l’attuale U.B. di otorinolaringoiatria con competenze maxillo facciali segnatamente per le patologie traumatiche e oncologiche di primo livello in attesa della riattivazione dell’UB maxillofacciale;

Avviare l’attività di angioplastica coronarica e di chirurgia del cavo dell’aorta;

Integrare le attuali UU.BB. interessate con l’offerta specialistica neurochirurgica per patologie a larga diffusione non complesse (es.ernie discali) e per le urgenze differibili;

Integrare l’U.B. di dermatologia con l’offerta di prestazioni di chirurgia plastica non complesse (Es. DRG 264, 266, 268);

Le azioni corrispondenti sono:

Acquisizione di professionalità specialistica maxillo facciale da inserire nell’attuale U.B. di otorinolaringoiatria;

Stipula di accordi con strutture extraregionali e/o extraziendali specializzate per il trattamento di casi clinici maxillofacciali complessi ad integrazione e/o a completamento dell’attuale offerta clinica erogata dall’U.B. di otorinolaringoiatria;

Formazione di cardiologi interventisti e angioradiologi per l’attività di emodinamica cardiaca, con particolare riferimento alle angioplastiche coronariche;

Formazione di cardiologi interventisti e angioradiologi congiunta con i chirurgi vascolari per l’attività locale delle patologie "di confine" dell’aorta toracica;

Stipula di accordi con strutture neurochirurgiche extraregionali e/o extraziendali (anche ad integrazione di protocolli esistenti) per l’attività di formazione degli specialisti interessati che preveda l’inserimento di uno specialista neurochirurgo extraregionale per l’esecuzione di interventi programmati presso l’ospedale regionale;

Acquisizione di professionalità specialistica chirurgo plastica da inserire nell’attuale U.B. di dermatologia;

Stipula di accordi con strutture extraregionali e/o extraziendali per il trattamento di casi clinici complessi di chirurgia plastica ad integrazione e/o completamento dell’offerta regionale esistente.

Dolore post-operatorio

Controllare il dolore post-operatorio, al fine di migliorare la qualità della vita della persona operata, e accelerarne il recupero funzionale riducendo i tempi di degenza ospedaliera e di inabilità lavorativa.

Le cui azioni sono:

Promozione di linee guida operative sul controllo del dolore post-operatorio;

Formazione ed educazione del personale medico e infermieristico .

Organizzazione e Personale

Gli obiettivi da perseguire riguardanti questi due aspetti dell’assistenza ospedaliera sono:

N.1

Rivedere l'organizzazione del lavoro per le figure professionali carenti (infermieri, tecnici della riabilitazione, tecnici dei servizi, ) al fine di garantire adeguati livelli di assistenza, considerata la loro carenza sul mercato del lavoro che si presenta uniforme in tutta Italia e non a rapida risoluzione.

N.2

Razionalizzare le risorse, mantenendo standard ospedalieri omogenei, definendo i livelli di assistenza e stimando il fabbisogno di prestazioni per le diverse are funzionali ospedaliere.

Le cui azioni riguardano la:

Creazione di un gruppo di lavoro interaziendale Azienda USL, scuola infermieri, rappresentanti di categoria;

Definizione di una metodica per l'identificazione delle attività svolte nell'ambito delle unità budgetarie e la definizione degli standard di riferimento delle stesse;

Rilevazione della situazione esistente;

Definizione dei carichi di lavoro e dei profili di posto di tutte le principali figure assistenziali operanti nei processi assistenziali delle varie aree ospedaliere;

Promozione e realizzazione di iniziative volte al miglioramento della qualità della vita inizialmente rivolte al soggiorno ed alla tutela della famiglia (asilo nido per i dipendenti, facilitazioni per il soggiorno).

N. 3

Aumentare l'attrattività della struttura ospedaliera per le professioni sanitarie considerato che la Valle d'Aosta non è autosufficiente per talune figure e deve pertanto ricorrere alla immigrazione dei professionisti che, passato un periodo di tempo, spesso emigrano verso i luoghi di origine, creando improvvise lacune assistenziali ed invalidando l'investimento formativo effettuato.

Le cui azioni sono:

Mappatura della richiesta occupazionale complessiva del comparto sanitario;

Censimento dei professionisti già formati in sede locale non ancora in attività lavorativa o in corso di formazione;

Definizione di protocolli d'intesa con l'Università finalizzati alla formazione durante il triennio clinico del corso di laurea in medicina e, successivamente, allo svolgimento di corsi di specializzazione post laurea o corsi di laurea breve;

Realizzazione di una rete assistenziale interaziendale ed interregionale finalizzata alla crescita qualitativa delle attività cliniche di eccellenza o a maggior incidenza di fuga dalla struttura di ricovero valdostana. Tale azione trova più ampia descrizione nel capitolo ad essa dedicato nel presente Piano;

Affinamento del sistema premiante in funzione della qualità professionale garantita anche attraverso lo studio di forme di libera professione nei confronti dell’Azienda.

N.4

Promuovere il completamento della riorganizzazione ospedaliera in senso dipartimentale in continuità con quanto previsto al punto 7.10 del Piano Socio Sanitario Regionale 1997 - 1999, successivamente prorogato.

Le cui azioni sono:

Avvio di uno studio di fattibilità, da concordare con i responsabili, che strutturi tutte le attività ospedaliere in forma dipartimentale.

Istituzione dei nuovi dipartimenti anche tenendo conto dello studio relativo all'ampliamento dell'ospedale di viale Ginevra, approvazione dei relativi regolamenti e nomina dei direttori;

Avvio della contrattazione budgetaria per aggregati dipartimentali tramite la figura del direttore che sarà portatore delle esigenze definite dalla contrattazione interna al dipartimento ;

Definizione per i dipartimenti strutturali di diagnosi e cura di un piano di riconversione dell'utilizzo dei posti letto che preveda da una parte l'ottimizzazione dell'offerta rispetto ai risultati attesi dalle azioni di recupero di efficienza ed appropriatezza dall'altra la sperimentazione di letti ad utilizzo trasversale in funzione delle esigenze assistenziali del Dipartimento nella sua interezza e non dei processi assistenziali delle singole Unità Operative. La sperimentazione dovrà tendere al raggiungimento della creazione di posti letto ad utilizzo trasversale nella misura di almeno il 10% della dotazione complessiva di posti letto attribuiti al Dipartimento;

Elaborazione di una relazione annuale di Dipartimento che oltre ad evidenziare l'attività svolta, le criticità presenti ed il piano di sviluppo, da concretizzare nella contrattazione budgetaria, evidenzi i risultati raggiunti rispetto all'integrazione funzionale ed organizzativa delle Unità Operative afferenti al Dipartimento.

N.5

Sviluppare il controllo direzionale delle attività sanitarie raggiungendo livelli di analisi per stadiazione clinica della casistica trattata (ad es. Disease Staging), analisi dei processi assistenziali, analisi delle linee produttive dipartimentali;

Perfezionare i processi di misurazione dei costi di produzione al fine di migliorare il supporto del sistema di contabilità ai processi decisionali.

Le cui azioni sono:

Acquisizione di strumenti di controllo direzionale e stadiazione clinica;

Nomina dei referenti di dipartimento per il controllo direzionale ed elaborazione di un piano di formazione specifico volto prioritariamente alla qualità del dato, all’ interpretazione dei dati di attività, all’ elaborazione di indicatori di risultato;

Elaborazione di una relazione annuale sull'attività ospedaliera che compendi le relazioni dipartimentali in una visione unica che descriva processi ed esiti;

Avvio di collegamenti tra funzioni produttive e contabilità analitica;

Definizione di un primo livello di correlazione costi / prodotti;

Perfezionamento della correlazione costi / prodotti e definizione di metodologie che consentano il continuo controllo dei costi, delle attività, della tipologia dell'attività e della qualità erogata.

N.6

Migliorare il sistema di acquisizione e gestione del patrimonio tecnologico.

Le cui azioni sono:

Definizione di strategie interne rispetto al mercato, di metodologie di individuazione dei bisogni, di modalità di integrazione e divulgazione delle strategie e metodologie all'interno dell'Azienda USL;

Redazione di linee guida;

Razionalizzazione dell'esistente, previa rilevazione obiettiva dello stato del parco attrezzature, definizione di regole e profili di responsabilità differenti per la manutenzione e il controllo;

Riassetto organizzativo delle competenze aziendali;

Acquisizione, gestione, controllo e sviluppo di cultura aziendale nell'uso della risorse tecnologiche;

Monitoraggio ed aggiornamento dei dati tecnico economici inerenti le tecnologie biomediche attraverso l’osservatorio prezzi.

N.7

Predisposizione, nel rispetto della normativa a tutela della riservatezza dei dati personali, di una rete regionale di gestione della diagnostica per immagini.

Le cui azioni sono:

Prosecuzione dell’adeguamento tecnologico delle apparecchiature di diagnostica per immagini della radiologia, finalizzato alla produzione delle stesse in formato digitale standard, presso le due sedi ospedaliere, i centri traumatologici, le radiologie dei poliambulatori dislocati sul territorio e tutte le attività di produzione di immagini diagnostiche;

Adeguamento della rete ospedaliera e territoriale al fine di consentire la rapida trasmissione delle informazioni dalle sedi di produzione delle immagini agli archivi centralizzati, alle sedi di diagnosi ed a tutte le sedi di utilizzo delle immagini diagnostiche e del referto correlato;

Avvio e consolidamento della dotazione di strumenti informatici e licenze agli utilizzatori del servizio (medici di medicina generale, ambulatori, unità budgetarie e pronto soccorso);

Produzione delle immagini diagnostiche in formato digitale presso tutte le sedi dell’Azienda USL deputate a questa attività;

Creazione di una rete regionale per la distribuzione delle immagini diagnostiche a tutti gli utilizzatori;

Creazione dell’archivio digitale centralizzato delle immagini diagnostiche e documenti ad essa correlati;

Messa in rete delle attività di refertazione delle immagini diagnostiche;

Formazione del personale.

N.8

Sviluppare la libera professione intramuraria.

Le cui azioni sono:

Analisi di mercato e posizionamento dell'analisi strutturale;

Definizione di un piano di attività e spesa;

Definizione di un piano di investimenti necessari e definizione di strategie finanziarie;

Definizione dell'offerta;

Azioni di marketing rivolte ai fondi assicurativi per lo sviluppo della domanda.

Attività ambulatoriale ospedaliera

L'erogazione delle prestazioni ambulatoriali appare rispettare sostanzialmente gli standard definiti dalla DGR n. 2891 del 24 agosto 1998, se non, alla rilevazione del mese di dicembre 1999, per le seguenti prestazioni:

Visite controllo periodico per casi elettivi

Test ergometrici per casi elettivi

Ecocardiogrammi per casi elettivi

Holter per casi elettivi

Scintigrafie

Ecocolordoppler

Visite diabetologiche

Esami di "cardiologia nucleare"

Visite dietologiche

Visite allergologiche

Prick tests

Neuropsichiatria infantile

Psicodiagnosi infantile

TC

La delibera citata non appare rispettata nella classificazione delle prestazioni in diversi livelli di accessibilità (urgenza, urgenza differibile e prestazioni programmabili).

Tali anomalie possono essere ricondotte essenzialmente ad un eccesso di domanda rispetto all'offerta possibile condizionata sostanzialmente da limiti di disponibilità di professionisti (cardiologia, radiologia, neuropsichiatria infantile) sul mercato del lavoro o di metodologia diagnostica (allergologia)

Appare quindi fondamentale agire da una parte sul contenimento della domanda autoindotta dall'ospedale stesso attraverso una ridefinizione dei protocolli assistenziali, soprattutto di follow up, che coinvolgano maggiormente i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta, dall'altra sulla limitazione della domanda esterna raggiunta attraverso una sensibilizzazione dell'utenza rispetto all'appropriatezza delle prestazioni sanitarie.

Sarà opportuno sperimentare protocolli concordati tra ospedale e territorio per la differenziazione dell'accesso alle prestazioni ambulatoriali sulla base di livelli di classificazione delle patologie riscontrate dal medico di medicina generale.

Tali sperimentazioni ipotizzano la garanzia di accesso alla prestazione ambulatoriale consona al quadro clinico riscontrato in sede territoriale (ad esempio viene garantito l'accesso entro 7 giorni a cittadini con repentina insorgenza di patologia cardiaca che necessita di rapida definizione mentre il follow up di interventi cardiochirurgici viene garantito a tempi più lunghi ma consoni con le necessità di controllo periodico).

Viene così garantita una equità distributiva del livello assistenziale rispetto alla patologia e non rispetto alla data di prenotazione come invece fanno le liste uniche di prenotazione.

Obiettivo

Contenere i tempi di attesa delle prestazioni ambulatoriali.

Azioni

Avvio di un processo di revisione a livello dipartimentale e/o di Unità budgetaria dei protocolli assistenziali che riguardano le attività ambulatoriali con maggiore attesa;

Attivazione di commissioni miste ospedale - territorio per la definizione di protocolli condivisi e validati di accesso differenziato delle prestazioni ambulatoriali;

Adozione di protocolli misti ed interdisciplinari tra ospedale e territorio per la conoscenza della diffusione delle diverse forme allergiche e per il trattamento di tali patologie tra le specialità già coinvolte (pneumologia, pediatria, dermatologia, gastroenterologia, otorinolaringoiatria);

Avvio della sperimentazione riguardante inizialmente le prestazioni critiche delle branche cardiologiche e radiologiche;

Verifica dei risultati ottenuti in fase sperimentale;

Diffusione della metodologia, affinata in fase sperimentale, alle altre branche specialistiche;

Promozione di una campagna regionale di educazione sanitaria della popolazione sui temi dell'appropriatezza, del contenimento della spesa incongrua e sugli effetti che tali elementi distorsivi hanno sull'equità distributiva delle prestazioni sanitarie.

Attività ospedaliera di riabilitazione e lungodegenza

Tale attività costituisce un impegno prioritario per il presente Piano perchè è una delle principali criticità nell'erogazione del livello assistenziale ospedaliero, sia perché condiziona l'operatività, l'efficienza e la risposta clinica dei Dipartimenti di diagnosi e cura, sia perché condiziona la qualità dell'assistenza erogata, considerati i condizionamenti logistici che la distribuzione territoriale comporta e la non completa sussidiarietà dell'offerta assistenziale garantita a livello distrettuale.

L'estrema rilevanza dei dati che si riferiscono alle degenze prolungate in regime di ricovero ordinario per acuzie e la loro distribuzione per patologie di tipo cronico degenerativo o post traumatico senile indicano la necessità di prevedere (come peraltro già espresso nella DGR n. 3433 del 9 ottobre 2000 e dal piano di ristrutturazione, terza fase, della struttura ospedaliera valdostana) l'attribuzione di un'area degenziale dedicata sia alle necessità riabilitative sia a quelle lungodegenziali integrate secondo un modello dipartimentale tali da garantire ai responsabili del Piano di assistenza ospedaliero una pluralità di soluzioni assistenziali in grado di coprire tanto i bisogni acuti quanto quelli sub acuti.

Le criticità esposte rendono urgente tale modificazione organizzativa e non è possibile attendere, per una parziale loro soluzione, i tempi di realizzazione della riorganizzazione ospedaliera; sarà quindi necessario ricavare tali unità di ricovero riorganizzando l'area di degenza in modo da sottrarre i posti letto alle attuali unità budgetarie di diagnosi e cura per acuti. Tale sacrificio appare ben sopportabile da queste ultime a condizione che sia affrontato a livello dipartimentale e non di singola unità budgetaria e che vengano effettivamente ricondotti alle linee di ricovero riabilitativo e lungodegenziale i casi clinici che continuamente vengono trattati nelle singole realtà specialistiche.

L'ottenimento di risultati raggiunti attraverso le azioni riguardanti l'appropriatezza delle prestazioni, l'efficienza operativa e diagnostica e l'applicazione di moderne metodiche chirurgiche renderanno ulteriormente meno traumatica la riduzione di posti letto in alcune specialità.

Le linee guida ministeriali sulla riabilitazione, distinguendo tra attività intensiva, effettuabile solo in una struttura per acuti, ed estensiva effettuabile sia in ospedale che in strutture territoriali, propongono un quadro di riferimento che dovrà successivamente ispirare la normativa regionale in un ottica di continuità del percorso riabilitativo da assicurare attraverso l’intera rete regionale e che riguardi, sia le regole di accesso e di controllo per l’attività riabilitativa, sia i requisiti per l’accreditamento delle strutture pubbliche e private erogatrici di tali prestazioni.

In attesa di provvedimenti nazionali e regionali di definizione dei criteri di appropriatezza e di individuazione delle procedure di controllo dei risultati e di qualità dell’assistenza mediante protocolli scientifici diagnostico-tarapeutici e comportamentali, è opportuno avviare da subito un confronto intra ed extra ospedaliero tra tutti i produttori di questa forma di assistenza definendo, ove possibile, le patologie o i tipi di disturbo e i livelli di gravità con i relativi criteri di modificabilità al fine di individuare i bisogni riabilitativi esprimibili sia in termini di trattamento sia di durata necessaria per il conseguimento delle possibili modificazioni. L’avvio di tale confronto costituirà un utile punto di riferimento per la formulazione delle linee guida regionali.

Per quanto attiene la riabilitazione ospedaliera, escludendo l’attività riabilitativa riguardante i cittadini con menomazioni e/o disabilità da mielolesioni o da gravi cerebrolesioni acquisite, le attività di riabilitazione in degenza ospedaliera saranno volte ad assistere individui di tutte le età nel recupero funzionale di menomazioni e disabilità indifferibili e recuperabili che necessiteranno di interventi valutativi e terapeutici intensivi non erogabili in ambito extra ospedaliero.

Gli assistiti che necessitano di riabilitazione durante la degenza in ambito ospedaliero sono prevalentemente quelli affetti da:

patologie del sistema nervoso centrale e periferico

patologie traumatologiche e ortopediche

patologie cardiologiche

patologie respiratorie

sindrome da immobilizzazione conseguente a recenti episodi patologici acuti, in cittadini con pluripatologie che necessitano di una tutela medica ed interventi di nursing ad elevata specialità.

Si tratta quindi di operare in forma singola ed interdisciplinare tra le competenze neurologiche, geriatriche, ortopediche, cardiologiche, chirurgiche, pneumologiche e della medicina di rianimazione.

Per contro, all’assistenza riabilitativa territoriale saranno inviati i soggetti che necessiteranno di prestazioni riabilitative con interventi che assicurino la presa in carico del soggetto con approccio interdisciplinare ed integrato. Le prestazioni potranno essere erogate in forma residenziale, semiresidenziale, ambulatoriale e domiciliare secondo le specifiche presenti nelle linee guida regionali che dovranno assicurare la personalizzazione degli interventi al fine di raggiungere il più alto livello di autonomia funzionale nella vita familiare, lavorativa, scolastica e sociale. Garante dell’applicazione organizzativa di tali principi in sede ospedaliera sarà l'Unità di Valutazione Ospedaliera (UVO) che si confronterà a livello distrettuale con analoghe strutture territoriali. L’Unità di Valutazione Ospedaliera avrà come compito di definire i percorsi assistenziali intra ed extra ospedalieri per tutti i cittadini necessitanti di forme assistenziali post acuzie complesse. Per la definizione dei progetti assistenziali extra ospedalieri opererà in sinergia con l’ufficio di Coordinamento Distrettuale e, in particolare per i cittadini anziani, con L’Unità di Valutazione Geriatrica (UVG).

Lo sviluppo di tali ipotesi organizzative è destinato ad accentuare sia l'integrazione intraospedaliera (diagnosi, terapia medica o chirurgica, riabilitazione ad alta intensità) sia la territorializzazione delle cure, passando così a ad un modello di cure dipartimentale tanto dentro che fuori l’ospedale con la sperimentazione di dipartimenti misti (ospedale territorio) che consentano di superare le barriere funzionali e l’attribuzione vincolata di personale e di attrezzature all'interno delle singole specialità, che tanto hanno provocano in perdite di efficienza ed elevati costi.

Questa riorganizzazione sarà funzione anche di una garanzia di linee assistenziali garantite per i cittadini dimessi. Lo sviluppo delle fasi di riorganizzazione ospedaliera e di incremento dell'offerta territoriale (ADI, RSA, Hospice) potranno modificare in meglio la situazione sia garantendo, se necessario, la riespansione dell'area diagnostico - terapeutica sia provocando l'incremento dell'offerta lungodegenziale e riabilitativa.

Obiettivo

Dotare la struttura ospedaliera di posti letto dedicati alle funzioni riabilitativa e lungodegenziale attraverso una riorganizzazione ed una riattribuzione di funzioni interne

Azioni

Definizione di un protocollo di intesa condiviso che, inizialmente, porti all'istituzione di un modulo di degenza riabilitativa di almeno 10 posti letto ed uno di lungodegenza sempre di almeno 10 posti letto;

Avvio della fase sperimentale coordinato a livello Direzionale;

Rivalutazione del protocollo di intesa sulla base dei risultati della sperimentazione e avvio della fase a regime;

Contemporaneo mantenimento quantitativo del livello convenzionale extraregionale.

Per concludere viene proposto lo schema riepilogativo del percorso assistenziale :

Schema grafico ?(omissis)?

LA GESTIONE DELLA SANITA’

I sistemi di management

Il management in sanità ha funzione di tipo strumentale rispetto al fine di tutela della salute; serve a realizzare, tramite un aumento dei livelli di efficienza e di produttività, condizioni più favorevoli a produrre risposte ai problemi di salute delle singole persone e delle diverse comunità; contribuisce, insieme ad altri tipi di conoscenze, a governare la distribuzione e l’impiego delle risorse economiche "scarse" in modo da perseguire il massimo rapporto tra benefici e costi.

La previsione per il futuro dei sistemi di management, entrati ormai nella pratica corrente dei sistemi sanitari dei Paesi economicamente progrediti (tanto quelli basati sul Sistema Sanitario Nazionale, quanto quelli fondati sui sistemi mutualistici o su assicurazioni private), è quella di un’evoluzione in cui:

vi sarà una loro più larga diffusione per figure e ruoli di carattere specialistico (programmazione e controllo di gestione, analisi dei costi, relazioni con il pubblico, logistica, politiche del personale ed incentivanti, );

si registrerà una maggiore sofisticazione e un affinamento per quanto riguarda la raccolta, l’elaborazione e la distribuzione dei dati e delle informazioni, orientata a costruire o affermare modelli interpretativi dei fenomeni aventi rilevanza sanitaria e valutativi dei bisogni e della domanda dei servizi;

apparirà sempre più chiaro che, se da un lato essi si fondano su principi e criteri aventi un valore generale, dall’altro non possono essere trasferiti immediatamente da un settore di attività ad un altro;

si avrà una tendenza a spostarsi da sistemi di management orientati al rigore dei metodi e delle tecniche verso sistemi di management orientati alla soluzione dei problemi concreti, in contesti che tengono conto delle qualità concrete delle persone che dovranno utilizzarli.

Quanto detto viene integrato dall’art. 3, comma 1 ter, del D.lgs. 229/99 che, in relazione ai principi informativi della attività di gestione della sanità pubblica afferma testualmente: "Le Aziende orientano la propria attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità e sono tenute al rispetto del vincolo di bilancio, attraverso l’equilibrio di costi e ricavi, compresi i trasferimenti di risorse finanziarie. Agiscono mediante atti di diritto privato..omissis"

Il nuovo ambiente istituzionale ed economico impone lo sviluppo di capacità aziendali indirizzate al budgeting, al controllo di gestione, alla contabilità analitica , al reporting (per i Centri responsabilità e per la Direzione) , alla valutazione e all’analisi dei dati, al miglioramento dei flussi informativi, ai collegamenti tra budget e salario di risultato, al supporto ai centri di responsabilità, al collegamento tra budget e bilancio preventivo, al collegamento tra contabilità generale e contabilità analitica, alle analisi di convenienza economica. Tutto ciò al fine di coniugare obiettivi di qualità delle prestazioni con un buon grado efficienza nella gestione delle risorse.

Nell’ambito della programmazione regionale è sembrato rilevante porre attenzione particolare alle seguenti fasi:

valutazione economica e tecnologica;

verifica della attuazione (controllo di gestione);

negoziazione interna degli obiettivi (budgeting);

valorizzazione del ruolo del Nucleo di Valutazione.

La valutazione economica nel management sanitario

Le organizzazioni sanitarie sono caratterizzate, più di qualsiasi altro contesto delle società economicamente avanzate, da una varietà e variabilità, tanto delle componenti "strutturali" (cittadini assistiti, professionisti, strumenti, luoghi, organizzazione) e dei processi operativi (attività assistenziali) quanto dei "prodotti" derivati (risultati sanitari conseguiti a livello di individui e di popolazioni).

E’ quindi possibile affermare che: "Ogni azione, servizio o programma presenta diverse alternative di intervento, meritevoli ciascuna di apposita valutazione", ed i livelli ai quali possono essere condotte attività valutative sono molteplici.

In questo contesto le tecniche di valutazione dei servizi sanitari, e tra di esse, in particolare, le analisi di tipo economico, si propongono di rendere espliciti i criteri per la formulazione di stime di valore e di supportare i processi decisionali inerenti all’allocazione delle risorse, quantificando i fenomeni in modo tale da permettere di stabilire :

se è opportuno realizzare un dato intervento, servizio o programma sanitario;

se un dato investimento è da preferire rispetto ad altri, ossia se è opportuno e soddisfacente che le risorse sanitarie richieste per svolgere l’intervento, servizio o programma a favore delle persone che possono beneficiarne, vengano consumate in questo modo piuttosto che in altri.

Risulta quindi evidente che le analisi economiche si concentrano sostanzialmente sul modo in cui le risorse vengono utilizzate, ovvero sull’efficienza degli interventi, servizi o programmi e per tale ragione esse risultano più appropriate se sono precedute da altri tre tipi di valutazione riguardanti:

L’efficacia assoluta ("efficacy"); l’azione, il servizio o il programma può funzionare in condizioni ideali? Ha probabilità di ottenere l’effetto desiderato?

L’efficacia relativa ("effectiveness"); l’azione, il servizio o il programma funziona effettivamente nelle condizioni reali?

La disponibilità ("availability"); l’azione, il servizio o il programma è realmente disponibile per tutti coloro che ne hanno bisogno?

Il governo delle tecnologie nel management sanitario

Condizione indispensabile per governare le tecnologie è il possesso delle conoscenze necessarie alla valutazione dell’installato; soddisfatta questa condizione è possibile programmare l’innovazione e gestire tutta la strumentazione di supporto alla diagnosi ed alla terapia, seguendo in maniera sequenziale le fasi di seguito descritte:

"fase della valutazione della tecnologia e dell’appropriatezza", necessaria per le considerazioni riguardanti gli acquisti, le sostituzioni e le nuove introduzioni, mediante valutazioni di tipo economico/sanitario, supportate da protocolli diagnostico/terapeutici e da ricerche di mercato intese alla individuazione delle tecnologie più coerenti con il grado di complessità delle prestazioni da erogare all’utenza servita, nonché con la domanda potenziale espressa dal territorio;

"fase della manutenzione e gestione delle apparecchiature biomediche" che riguarda la gestione dell’inventario, con localizzazione e relazione sulla consistenza del parco tecnologico e la gestione della manutenzione programmata e straordinaria;

"fase della determinazione di indicatori utili alla definizione di indici per la priorità di sostituzione".

Nell’ambito delle azioni di governo del patrimonio tecnologico rivestono importanza strategica i seguenti aspetti organizzativi:

Il percorso decisionale sulla innovazione e sugli acquisti di tecnologia in generale;

La scelta sul servizio di manutenzione / consulenza ( interno/esterno/mista).

Il controllo di gestione nel management sanitario

Alcuni settori della pubblica amministrazione, in particolare gli Enti Locali ed i servizi socio-sanitari, stanno vivendo un importante momento di cambiamento istituzionale. L’esigenza di controllare l’andamento della spesa pubblica e di aderire a rinnovate istanze sociali tendenti ad ottenere servizi qualitativamente e quantitativamente adeguati, ha favorito la ricerca e l’adozione di nuovi strumenti di gestione in grado di assicurare più elevati livelli di efficienza ed efficacia.

Il processo di cambiamento ha investito in particolare modo il servizio sanitario che, per l’ingente quantità di risorse assorbite e le stesse caratteristiche organizzative, può essere considerato il prototipo delle aziende di servizio.

Il D. lgs 502/1992 e successive modificazioni ha stabilito i fondamenti per il passaggio da un sistema burocratico - amministrativo - formale, tipico della pubblica amministrazione, ad un sistema che pone in primo piano i principi dell’autonomia funzionale e della responsabilizzazione economica dei dirigenti rispetto alle attività svolte ed al conseguente utilizzo delle risorse loro attribuite per il funzionamento delle diverse unità organizzative che compongono il sistema.

Questo cambiamento impone profonde modificazioni nelle strategie gestionali dell’Azienda USL e rende necessaria l’adozione di strumenti coerenti con il nuovo assetto aziendale che devono soddisfare alcune esigenze di fondo:

commisurare i servizi erogati ai bisogni di salute ed alle risorse impiegate;

esercitare una previsione sui programmi ed un controllo sulle loro realizzazioni;

ricercare l’equilibrio fra efficienza nell’uso delle risorse, efficacia del servizio offerto e soddisfazione del cittadino;

decentrare i livelli di responsabilità per meglio adattare i servizi ai bisogni degli utenti.

Risulta fondamentale impostare le forme di controllo in modo che il professionista sia il destinatario e al tempo stesso l’artefice del processo di valutazione.

Tale processo deve avere caratteristiche di regolarità e sistematicità e pertanto le fasi di cui si compone si devono ripetere secondo un modello predefinito e ricorrente, noto come processo di budget. E’ un processo che, al contrario del controllo operativo, richiede l’interazione costante degli operatori sanitari con la dirigenza aziendale.

Il processo del controllo di gestione è articolato in quattro fasi:

programmazione;

predisposizione del budget;

svolgimento e misurazione delle attività;

reporting e valutazione.

Lo schema del processo di controllo di gestione prevede quindi le seguenti fasi :

- individuazione dei risultati attesi (obiettivo);

- svolgimento delle operazioni;

misurazione e confronto con i risultati attesi;

eventuale ricerca dei motivi dello scostamento;

azioni per la modificazione nello svolgimento delle operazioni;

eventuale ridefinizione dei risultati attesi.

Il sistema del controllo di gestione, partendo dalle informazioni contenute nel budget e da quelle provenienti dal sistema di contabilità direzionale sulla gestione effettiva, espleta un controllo quantitativo al fine di stabilire il grado di raggiungimento degli obiettivi. La frequenza con la quale viene esercitata l’attività di controllo è in funzione della capacità del sistema di misurazione (contabilità direzionale) di rilevare con tempestività i dati necessari.

Il budget (o meglio, il sistema di budget) è il meccanismo operativo di cui l’Azienda USL si dota al fine di articolare il sistema di obiettivi da perseguire nel breve periodo con riferimento alla struttura della organizzazione e nel rispetto delle responsabilità ed autonomie interne della Azienda stessa, al fine del loro concreto perseguimento.

La finalità del sistema di budget consiste nel creare le condizioni di base per il raggiungimento degli obiettivi. Ogni elemento che costituisce il budget, inteso in senso lato, deve essere attentamente studiato al fine di raggiungere gli obiettivi.

Il primo passo nel processo di budgeting è la formulazione di direttive e la loro comunicazione ai centri di responsabilità. Questi ultimi predispongono le proprie proposte in accordo con tali indicazioni e le discutono con i propri superiori. Una volta raggiunto l’accordo il budget diventa un impegno reciproco; il responsabile del centro si impegna a raggiungere gli obiettivi definiti nel budget nell’ambito dei limiti di risorse nel budget stesso specificati, mentre il superiore si impegna a valutare in modo positivo l’effettivo mantenimento di questo impegno.

Si tratta di un processo dove viene valorizzato il coinvolgimento delle risorse umane interne nella analisi, nella negoziazione e nella definizione degli obiettivi gestionali da perseguire, secondo una logica di condivisione.

Il sistema di budget si articola in:

budget operativo;

budget degli investimenti;

budget di acquisizione delle condizioni produttive.

Gli elementi fondamentali che devono essere progettati nel processo di budgeting sono:

la codificazione dell’insieme di regole aziendali che definiscono , in modo esplicito e trasparente , quali passaggi devono essere compiuti per giungere alla formulazione degli obiettivi. In tal modo vengono identificati gli attori coinvolti ed il ruolo che essi giocano nell’ambito del sistema;

la scheda di budget come supporto operativo impiegato ai fini della definizione degli obiettivi;

la gestione del budget: la definizione degli obiettivi rappresenta il punto di partenza di un percorso che deve terminare con il raggiungimento degli stessi. Anche in questo caso si tratta di definire le regole rispetto a cosa avviene dopo aver approvato il budget a fronte dei confronti con i risultati parziali infrannuali. In particolare è di estremo rilievo definire se, quando e in che misura è possibile modificare gli obiettivi durante la gestione e sulla base di quale processo;

la valutazione dei risultati: rappresenta il momento in cui viene attribuito al budget la rilevanza necessaria per essere considerato strumento fondamentale per il governo e la gestione della azienda. Rappresenta , inevitabilmente, anche il momento di avvio del processo di programmazione successivo.

Il Nucleo di Valutazione

Nell’ambito della progettazione dei sistemi di valutazione delle attività svolte, viste come obiettivi annuali, e dei sistemi di verifica dei programmi incentivanti interni per obiettivi, si inserisce il ruolo del Nucleo di Valutazione.

In relazione alle sue caratteristiche e funzioni il Nucleo di Valutazione sarà composto da personale interno, eventualmente integrato da personale specializzato esterno, anche proveniente da altre aziende sanitarie, al fine di definire un ottimale scambio di esperienze e di principi metodologici.

La funzione preponderante affidata al Nucleo di Valutazione è quella della verifica del raggiungimento degli obiettivi specifici delle singole unità budgetarie, anche attraverso un monitoraggio " work in progress", e quindi degli obiettivi aziendali fissati annualmente dal contratto di programma, anche mediante l’elaborazione di specifici indicatori tecnici di risultato comunicati alle organizzazioni sindacali. Potrà essere affidata al Nucleo di Valutazione, previa verifica sindacale, anche la valutazione dei dirigenti.

Le linee guida

Le linee guida in campo sanitario sono definite come "asserzioni esposte in modo ordinato che coadiuvano il medico nel decidere la terapia appropriata in una determinata circostanza".

In ambito socio-sanitario agire scientificamente consiste nel riuscire a fornire ad ogni singolo cittadino tutti i benefici dei quali egli ha necessità, traendo le conoscenze adeguate da tutto il corpus di nozioni ed aggiornamenti disponibili. La medicina moderna non è più basata soltanto su di una impostazione fisiopatologica di fondo, attualmente, infatti, l’approccio fisiopatologico costituisce semplicemente un punto di partenza dal momento che la base sulla quale il medico realmente fonda il proprio operato è rappresentato dalla dimostrazione del livello di efficacia di un determinato intervento terapeutico.

Il limite di questa impostazione metodologica e concettuale consiste nel fatto che ad ogni singolo atto medico si finiscono per applicare risultati dimostrati più o meno veri a livello di popolazioni selezionate di cittadini assistiti.

Attualizzare nel singolo individuo i dati ricavati dagli studi condotti su numerosi individui può condurre a risultati non del tutto soddisfacenti. Per tale motivo assume significativa importanza la capacità dell'operatore sanitario di applicare conoscenze scientificamente consolidate alla realtà di ogni singolo cittadino.

Ne discende la notazione che la libertà del medico nasce dalla corretta esecuzione di una serie di operazioni che trasformano un insieme di segni e sintomi in una diagnosi e dall'utilizzazione per le scelte terapeutiche (conseguenti alla formulazione della diagnosi e della relativa prognosi) di quanto è specificatamente rilevabile dai dati derivanti dalla serie di specifici studi clinici controllati e dalle linee guida che hanno sintetizzato in raccomandazioni graduate le acquisizioni scientifiche.

In conclusione il modello proposto appare caratterizzato da una medicina basata sulle evidenze al servizio della qualità metodologica delle linee guida e da un operatore sanitario attento, preparato, sensibile, capace di ritagliare le prove di efficacia sul singolo assistito al fine di ottenere un equo utilizzo delle risorse disponibili.

Linee programmatiche sul medio periodo

Effettuata l’analisi dei modelli generali di management sanitario e degli obiettivi di lungo periodo che caratterizzano la scelta strategica effettuata, si rende necessario ipotizzare un piano operativo che in parte si intercalerà con il piano di sviluppo della qualità che è trattato nella sezione apposita.

Nel breve e medio periodo risulta necessario tuttavia fornire agli attori la necessaria formazione mirata da una parte alle specifiche aree di competenza dall’altra alle necessarie competenze trasversali fondamentali per la valutazione dei bisogni e dei risultati dei processi assistenziali.

Nel breve periodo si rende necessario interessare al processo di formazione tutti i dirigenti di struttura assistenziale e tutti i quadri di coordinamento del comparto sanitario.

Contestualmente, ed in applicazione della formazione ricevuta, sarà necessario avviare, possibilmente su base dipartimentale, progetti specifici volti dapprima alla qualità del dato ed all’analisi dell’efficienza dei processi produttivi per poi passare all’appropriatezza delle prestazioni ed all’analisi di efficacia.

Dal punto di vista organizzativo il processo di sviluppo potrà essere sostenuto nel breve periodo, dal lay out ipotizzato per lo sviluppo del Piano della Qualità per poi trovare, sulla base di singole e specifiche esigenze, le appropriate risposte strutturali.

Obiettivi

Estendere la cultura a tutto il personale dirigente operante in Ospedale, nel Distretto, nel Dipartimento di Prevenzione

Avviare l'utilizzo di tali strumenti all'interno di ogni realtà dipartimentale con programmi mirati e progressivi

Formare tutto il personale sanitario ai concetti di qualità del dato con particolare riferimento alla tenuta del diario clinico ospedaliero e territoriale, alla compilazione della Scheda di Dimissione Ospedaliera, della ricetta medica, alla refertazione ambulatoriale, all'utilizzo della cartella infermieristica

Coinvolgere le Società Scientifiche e/o le Organizzazioni professionali nella definizione e validazione di linee guida specialistiche e soprattutto di indicatori di risultato atti alla valutazione obiettiva ed al benchmarking delle Unità budgetarie o delle linee di produzione di servizi sociosanitari

Azioni

Formazione di tutto il personale dirigenziale e di coordinamento, provveditoriale ed economale, ( a seconda delle singole competenze) ai concetti del controllo gestionale dei processi socio - assistenziali e della programmazione su base budgetaria, della valutazione economica e gestione tecnologica, della medicina basata sulle evidenze

Formazione di tutto il personale ai principi della medicina basata sulle evidenze

Istituzione di un registro delle linee guida e delle procedure in rete telematica curato ed aggiornato dall'ufficio qualità

Avvio di almeno un progetto dipartimentale volto alla definizione di iniziali panel di indicatori di risultato secondo i criteri dell’efficacia e della appropriatezza delle prestazioni

Programma Qualità

I problemi legati alla salute psicofisica, e ancor più quelli del sistema socio-sanitario e assistenziale, si caratterizzano per la loro complessità. Si tratta di una complessità che si riscontra in diverse situazioni, dalla eziologia sino al sistema delle risposte sanitarie, dalla dimensione territoriale a quella economica, da quella dell'approccio culturale a quella della interazione tra sistemi. A tale complessità si è data spesso una risposta, necessaria per molti versi, in termini di specializzazione, che richiede però, ora più che mai, di esser ricondotta ad unità, ovvero alla possibilità di esser compresa nella sua globalità ed interezza.

Si tratta di una problematica che richiede l'attivazione (a tutti i livelli del sistema sanitario, da quello nazionale, al governo regionale, al livello aziendale sino al singolo professionista passando per i dipartimenti e le unità operative) di sistemi per la conoscenza, la comunicazione e la valutazione.

Gli approcci tradizionali, ancorché scarsamente praticati, del sistema informativo e della osservazione epidemiologica, che pure restano fondamentali, vanno integrati (con riferimento alla evoluzione delle tecnologie, ma anche al mutare della società civile, dei suoi bisogni, delle sue aspirazioni, della sua voglia di contare, dei nuovi rapporti "politici" che produce) con altri approcci che tengano conto della portata strategica di concetti quali la comunicazione e la valutazione.

Sempre più i bisogni hanno una natura che prescinde dai luoghi fisici nei quali si esprimono e le risposte che richiedono spesso non si esauriscono in tali luoghi. Questo comporta che il sistema delle conoscenze ha sovente una dimensione eccedente la singola realtà, ogni volta e per ogni problema in maniera diversa, sul piano quantitativo e qualitativo. Il sistema delle conoscenza si configura quindi non come un archivio, ma come una vista (o una finestra) su un sistema di archivi, un sistema che a sua volta non è dato, ma che si forma continuamente a partire dalle finestre che su tale sistema si aprono. Il sistema della comunicazione assume quindi una rilevanza strategica nel consentire che il sistema della conoscenza non si inaridisca nel particolare, ma si apra alla concretezza del molteplice; esso dovrà sicuramente essere affrontato e sviluppato in ambito ben più vasto di quello della sanità, a cominciare dalla questione cruciale delle reti di comunicazione tra loro interconnesse. Inoltre, se si vuole la misura della rispondenza dei comportamenti rispetto alle necessità e alle opportunità, appare centrale il sistema della valutazione.

La promozione, la valutazione e il miglioramento della qualità delle cure sono strumenti:

di tutela e di garanzia dei cittadini che hanno contatto con il servizio regionale;

di miglioramento della professionalità del personale;

di valutazione dell'efficacia della gestione dell’Azienda.

Il servizio sanitario regionale si dota di sistemi di promozione e valutazione della qualità, dell'appropriatezza e dei risultati delle prestazioni erogate dalle strutture sociosanitarie e dai servizi sia pubblici che privati accreditati. Tali sistemi devono prevedere programmi specifici e indicatori in grado di misurare i risultati ottenuti. Le aree su cui deve essere misurata la qualità saranno scelte in base a priorità definite sulla base dei seguenti criteri:

riferirsi a patologie rilevanti in termini di numero, carico assistenziale e gravità.

essere complessi per caratteristiche di interdisciplinarietà, continuità delle cure intra ed extra-ospedaliere e piani terapeutici adottati;

essere esemplari nel descrivere la qualità, l'efficienza e l'efficacia dei servizi o dei percorsi terapeutici che misurano;

essere incentrati sui processi di cura che la persona riceve piuttosto che sulle singole prestazioni.

La qualità dei risultati viene valutata attraverso un sistema di indicatori nel medio e lungo termine, anche utilizzando quelli già indicati dalla normativa nazionale vigente. Nel breve termine, come ad esempio nei piani annuali, oltre agli eventuali indicatori di risultato disponibili, la qualità sarà valutata attraverso indicatori di struttura e di processo oltre che di adesione ai programmi. In tale direzione sarà anche utilizzato il processo di accreditamento, come strumento di garanzia di predefiniti livelli qualitativi, omogenei su tutto il territorio regionale.

I programmi e gli strumenti di valutazione sono definiti nelle linee guida per la gestione del servizio sanitario regionale o all'interno di programmi specifici.

Il processo di promozione e valutazione della qualità è articolato su più livelli coerenti tra loro per finalità e metodologia; considerata la novità delle tematiche programmatorie in ambito di qualità occorre prevedere, tuttavia, un momento organizzativo e formativo, temporalmente congruo, volto sia alla definizione del "lay out" regionale ed aziendale sia all'acquisizione delle necessarie competenze specifiche.

In ogni caso, come a livello aziendale è prevista l'istituzione di un ufficio specifico di supporto alla direzione generale, considerati gli impegni attribuiti da questo progetto all'Assessorato, a livello regionale dovrà prioritariamente essere ipotizzata l'istituzione, pena l'inapplicabilità dell'intero progetto, di un settore dotato di organico dedicato e budget annualmente attribuito.

Le necessità organizzative e formative soprariportate da una parte impongono la verifica dei primi risultati a partire dal 2002, dall'altra proiettano tale progetto al di là della vigenza del presente Piano.

A livello regionale la promozione avviene attraverso i contenuti specificati nel Programma regionale per la qualità redatto in prima applicazione esclusivamente rispetto ai bisogni organizzativi e formativi e reso completo ed aderente al progetto a partire dal 2003. Per programmi regionali significativi sono attivate forme di coordinamento tra i dipartimenti e/o i distretti e/o il dipartimento di prevenzione al fine di garantire omogeneità e qualità dei risultati. Ove necessarie, sono attivate anche specifiche attività di formazione. L'adesione, l'attivazione e il monitoraggio dei programmi sono sostenuti anche attraverso l'inclusione di standard tra i criteri di accreditamento o eventuali politiche incentivanti.

A livello di Azienda, di dipartimento, di unità budgetaria e di distretto la promozione e la valutazione di qualità devono essere parte integrante dei meccanismi di gestione e di cura. A questo livello devono essere attivati processi di revisione tra pari che devono valutare:

l'adeguatezza dei processi;

i possibili miglioramenti di risultati;

la rispondenza dei processi e dei risultati a standard attesi.

Ove non siano presenti espliciti standard il confronto dovrà avvenire, attraverso il processo di benchmarking, con altre unità o strutture operative esterne alla regione ma paragonabili.

Dovranno essere avviate iniziative volte a migliorare l'informazione della popolazione anche sui risultati ottenuti dal servizio sanitario regionale attraverso rapporti periodici che conterranno gli aspetti della qualità che il sistema avrà monitorato.

L'obiettivo generale di promuovere il miglioramento della qualità degli interventi sanitari, intesa come valore prodotto dal servizio sanitario regionale in termini di condizione clinica, salute percepita, soddisfazione, e riduzione della spesa per unità di risultato, si articola in quattro obiettivi specifici:

migliorare la qualità dell'offerta;

aumentare l'appropriatezza delle cure e dei profili di cura;

elevare il livello di qualità percepita;

migliorare la capacità di monitorare i risultati complessivi, sanitari, sociali ed economici, delle politiche sanitarie.

Le iniziative relative devono trovare collocazione organica nell'ambito di un programma regionale per la qualità che risponda, ai seguenti criteri operativi:

sviluppo di attività di promozione della qualità nelle strutture sia pubbliche che private;

adozione ed utilizzo ai fini della programmazione e della valutazione di un sistema di indicatori regionali;

organizzazione all'interno di ciascuna unità budgetaria di iniziative di revisione ed autovalutazione della pratica assistenziale anche attraverso l'utilizzo di percorsi diagnostici e terapeutici ;

riconoscimento della partecipazione attiva del personale dipendente e convenzionato alle iniziative di valutazione e miglioramento continuo della qualità;

finalizzazione prevalente delle iniziative di ricerca al miglioramento della qualità;

sviluppo di esperienze di valutazione sociale e professionale dei servizi;

coerenza delle iniziative di miglioramento della qualità con le iniziative di miglioramento della sicurezza;

adozione di un sistema incentivante chiaro, certo, condiviso e stimolante per il raggiungimento di evidenti miglioramenti di qualità.

Lo sviluppo della qualità a livello aziendale dovrà quindi essere una funzione diffusa a tutti i livelli dell'organizzazione. Tutti gli operatori dovranno quotidianamente praticare la ricerca del miglioramento continuo delle prestazioni rese. In questa fase di avvio del processo, tuttavia, si ritiene indispensabile la costituzione di un apposito ufficio all'interno dell'Azienda che funga da elemento propulsore delle politiche di qualità promosse dall'Azienda stessa. L'organizzazione delle funzioni di valutazione di qualità si articola secondo il seguente schema:

A livello regionale l'Assessorato, con proprio settore dedicato, sulla base degli indirizzi programmatici e degli obiettivi di piano ed avvalendosi dell'Osservatorio epidemiologico e per le politiche sociali, definisce indirizzi ed obiettivi per il miglioramento continuo della qualità (MCQ) svolgendo altresì le seguenti funzioni:

offerta di supporto metodologico ed organizzativo all’ufficio sviluppo qualità;

attivazione di un centro di documentazione regionale sulle attività di MCQ che promuova anche la diffusione dei risultati degli interventi di MCQ realizzati;

promozione e coordinamento di attività di MCQ a valenza regionale su specifici temi;

identificazione dei requisiti di valutazione dei sistemi qualità attivati a livello aziendale

valutazione delle attività di verifica e di revisione di qualità svolte .

A livello aziendale la struttura di base per la qualità é così configurabile:

Direzione generale

Funzioni:

individuazione degli obiettivi e degli indirizzi generali sulla qualità (politica per la qualità);

pianificazione strategica, allocazione di risorse;

attivazione valutazione della qualità (conduzione aziendale per la qualità);

nomina dei membri degli organismi aziendali e dei referenti per la qualità;

definizione di sistemi premianti legati alla partecipazione a programmi di MCQ;

collaborazione e relazioni istituzionali.

Ufficio Sviluppo Qualità'

Svolge funzione di supporto verso la direzione generale e verso le unità periferiche.

Funzioni:

formazione e promozione della cultura della qualità;

coordinamento delle attività di MCQ;

collaborazione alle attività di MCQ;

progettazione delle attività di MCQ;

ricerca.

Le attività esemplificative ma non esaustive da sviluppare per ogni singola funzione sono di seguito riportate:

1. La formazione e promozione di una cultura della qualità consiste in :

Progettazione e messa in opera e valutazione di corsi di formazione per responsabili di unità operative svolti in ambito dipartimentale, direttori e responsabili medici, personale infermieristico, personale ausiliario e tecnico, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali convenzionati, medici del sistema dell'emergenza ;

Diffusione di informazioni relative ad iniziative di aggiornamento (convegni, congressi) su tematiche relative alla qualità;

Analisi delle iniziative di aggiornamento obbligatorio al fine di introdurre, quando possibile, moduli relativi alla qualità;

Promozione di manifestazioni (convegni, congressi, ) mirati a diffondere i risultati delle attività di MCQ tra il personale, diffondere i risultati delle attività di MCQ tra gli utenti, raccogliere suggerimenti da parte degli interlocutori istituzionali, promuovere l'immagine dei prodotti aziendali;

Istituzione di un centro di documentazione sulla bibliografia e sulle iniziative inerenti la qualità.

2. Il Coordinamento delle attività di MCQ consiste in :

2.1 Inventario delle iniziative di MCQ aziendali;

2.2 Coordinamento di gruppi di MCQ al fine di omogeneizzare gli interventi di MCQ su medesimi temi, le modalità di lavoro e le metodologie e strumenti di valutazione.

3. La collaborazione alle attività di MCQ consiste in :

3.1 Supporto metodologico alle attività di MCQ in tutte le fasi (definizione del problema, scelta delle priorità, definizione ed esplicitazione di criteri e standard, definizione del disegno di studio; definizione degli strumenti di rilevazione, elaborazione statistica dei dati)

3.2 Partecipazione diretta (a richiesta) ai gruppi di lavoro di MCQ;

3.3 Valutazione dei progetti di MCQ delle Unità operative periferiche.

4. La progettazione delle attività di MCQ consiste in:

4.1 Ricognizione dei problemi di qualità nell'azienda;

4.2 Progettazione, messa in opera e valutazione di specifici studi: di appropriatezza d'uso, ammissioni e giornate di degenza, ammissioni ed uso del day hospital e ambulatori, sangue e derivati, antibiotici, tecnologie strumentali e di laboratorio ad elevato costo, richieste esami di laboratorio); di qualità della documentazione clinica, di qualità dei dati e dei relativi flussi (SDO, DRG; sistemi di indicatori); di qualità dei sistemi di sorveglianza (es. sulle infezioni ospedaliere, di diagnosi autoptiche, di incidenti critici, di soddisfazione degli utenti, di soddisfazione degli operatori.

4.3 Facilitazione in medicina di base di revisione tra pari.

4.4 Monitoraggio dei livelli di adesione della struttura agli standard di accreditamento.

5. Ricerca

Si indicano solo alcuni possibili temi di ricerca da sviluppare anche in collaborazione con unità di MCQ di altre aziende extra regionali:

efficacia dell’attivazione di linee guida;

analisi dei bisogni dell'utenza;

studi di tecnology assessment;

strategie di superamento delle resistenze al cambiamento.

L’Ufficio Sviluppo Qualità deve essere composto da operatori sanitari di diversa estrazione professionale che abbiano maturato, e quindi garantiscano, competenze professionali relative ai seguenti campi:

- epidemiologia;

statistica: per la definizione di piani di campionamento, elaborazione e interpretazione di dati, gestione sistemi informativi;

organizzazione: metodologie di analisi organizzativa, necessarie per comprendere la realtà organizzativa entro la quale si opera e per effettuare "diagnosi organizzative" e individuare eventuali correttivi che si rivelassero necessari;

economia sanitaria: valutazione costi - benefici, costi - efficacia, costi - utilità, analisi per centro di responsabilità; budgeting;

comunicazione: gestione di piccoli gruppi; strategie di superamento delle resistenze al cambiamento;

formazione: tecniche per l'individuazione di bisogni formativi; e nazione i obiettivi educativi, pianificazione di sistemi di valutazione;

L’Ufficio Sviluppo Qualità opererà in accordo con il Nucleo di Valutazione Aziendale previsto dal D.lgs. 29/1993 che dovrà, oltre agli altri compiti di istituto, farsi promotore di analoghi interventi di MCQ nei settori amministrativi dell'Azienda USL, sotto la responsabilità del Direttore Amministrativo.

Devono essere individuati, uno per Dipartimento ed uno per ogni unità budgetaria, dei referenti della qualità scegliendo tra gli operatori che mostrano interesse all'argomento. Sarà opportuno che tale compito sia assegnato a rotazione ai membri dell'U.0.

Funzioni:

traduzione nelle proprie realtà delle politiche di qualità dell'azienda;

individuazione dei problemi di qualità inerenti la propria U.B.;

promozione e realizzazione di interventi di MCQ nelle proprie realtà.

Le Commissioni ed i gruppi di lavoro (mono, multidisciplinari, permanenti/ temporanei)devono rappresentare le maglie della rete complessiva delle attività di MCQ. Si possono prevedere diverse tipologie di commissioni e gruppi di lavoro:

commissioni multidisciplinari permanenti su specifici problemi (ad es. infezioni ospedaliere; uso antibiotici; uso sangue; chirurgia e tessuti asportati; aspetti alberghieri, );

gruppi di lavoro professionali permanenti, di dipartimento, servizio, U.B.; tra questi gruppi dovrebbe essere comunque attivato un gruppo di lavoro per ogni laboratorio, responsabile del controllo di qualità interna e della partecipazione dei laboratori a programmi di MCQ interaziendali;

gruppi di lavoro temporanei costituiti ad hoc su specifici problemi.

Obiettivi

Migliorare la qualità dell'offerta

Gli strumenti individuati per perseguire questo obiettivo sono:

l'autorizzazione e l'accreditamento dei presidi pubblici e privati che hanno titolo a stipulare contratti con l’ Azienda USL per offrire prestazioni rimborsabili dal servizio sanitario regionale;

il Piano aziendale per il miglioramento continuo della qualità;

le iniziative di accreditamento all'eccellenza.

Le azioni da parte della Regione sono :

la messa a regime nell'arco dei tre anni del sistema di accreditamento per le strutture ospedaliere e per tutti i presidi che erogano prestazioni sanitarie e sociosanitarie ad alta integrazione.

La ricerca della qualità presuppone uno sforzo di miglioramento continuo rivolto al complesso del servizio socio-sanitario regionale e basato su una sequenza preordinata di azioni e sulla verifica regolare dei risultati ottenuti. Questo approccio è quello che in modo più efficiente consente di ottenere miglioramenti sia in termini di comportamento tecnico - professionale, sia in termini di valore prodotto dal servizio socio-sanitario regionale (condizione clinica, salute percepita, soddisfazione e riduzione della spesa).

L’adozione, a partire dal 2003, di uno specifico Programma regionale per la Qualità al quale corrisponderanno i Programmi settoriali per il miglioramento continuo della Qualità, secondo i seguenti criteri principali:

definizione dei traguardi e degli obiettivi, articolati per annualità;

individuazione delle precondizioni e delle risorse necessarie per il raggiungimento degli obiettivi;

modalità di informazione e di coinvolgimento degli operatori del servizio socio-sanitario regionale e dei cittadini;

accreditamento all'eccellenza.

Nell'ambito del Programma per il miglioramento della qualità la Regione sostiene il miglioramento continuo dell’ offerta, promuove la collaborazione con le società scientifiche, le associazioni di volontariato e le associazioni professionali.

Migliorare l'appropriatezza delle cure

La politica sanitaria è stretta fra attese di salute, domanda crescente ed esigenze di contenimento della spesa. Ma erogare più prestazioni non significa necessariamente più salute. Molti studi in Italia e all'estero hanno dimostrato che la percentuale di prestazioni cui non corrispondono provati risultati di salute è oggi elevata. Al fine di contenere il consumismo sanitario occorre dunque assumere l'efficacia e l'appropriatezza quali criteri di valutazione della qualità e di conseguenza di selezione delle prestazioni prescrivibili.

Sono azioni regionali :

il monitoraggio dell'appropriatezza dell'utilizzo dei livelli assistenziali;

le campagne di educazione dei cittadini per un miglior uso dei livelli di assistenza offerti dal servizio socio-sanitario regionale;

l’individuazione di sistemi omogenei locali per la raccolta dei dati relativi ai livelli assistenziali che ne permetta il confronto ed il miglioramento in base ai criteri di efficacia.

Sono azioni aziendali:

l’adozione e diffusione di linee guida orientate a patologie specifiche secondo i principi della medicina basata sulle evidenze;

gli indirizzi per l'uso appropriato dei livelli assistenziali per condizioni omogenee, integrate con le linee guida per patologia.

Nel corso del triennio di attuazione del servizio socio-sanitario regionale, nell'ambito dei Piani regionali ed aziendali per la promozione della qualità, vengono identificate alcune aree caratterizzate da una particolare inappropriatezza, all'interno delle quali sviluppare una sinergia tra le diverse azioni.

Linee guida orientate per patologia secondo i criteri della

medicina basata sulle evidenze

Oltre alle linee guida mediche che fanno parte di progetti nazionali coordinati dal Ministero della Sanità, sono avviati progetti per la predisposizione delle linee guida chirurgiche, relative alle prestazioni con maggiori tempi di attesa, con maggiore frequenza di complicanze, con maggiore disomogeneità di procedure, di linee guida per l'assistenza infermieristica.

Lo sviluppo delle Linee guida dovrà avvenire secondo i seguenti criteri generali:

integrazione e non sovrapposizione con le iniziative nazionali;

riferimento rigoroso ai criteri della medicina basata sulle evidenze;

valorizzazione delle competenze locali;

integrazione e sinergia con iniziative locali con altre iniziative regionali;

pianificazione delle tappe di elaborazione, diffusione, verifica;

integrazione con i sistemi di incentivazione del personale dipendente e convenzionato;

priorità in base ai criteri seguenti: elevata frequenza, costo, variabilità di accesso, modalità assistenziale e/o di risultati, disponibilità di informazioni coinvolgendo gli ordini dei medici e società scientifiche sulla base dei criteri adottati dalla federazione delle società scientifiche.

La cui azione aziendale è :

l’avvio, il completamento e la definizione, in conformità alle disposizioni regionali, di almeno cinque linee guida per dipartimento i cui criteri di scelta siano stati validati dall’ Ufficio Sviluppo Qualità.

A scopo meramente esemplificativo si riportano le principali patologie oggetto di interesse, per la redazione di linee guida, da parte di altri Piani Sanitari Regionali attualmente in vigore:

scompenso cardiaco;

insufficienza renale cronica;

uso clinico dell'albumina;

neoplasie del colon, mammella, cervice uterina, prostata;

neoplasie broncopolmonari;

cure palliative;

prevenzione di complicanze oncologiche;

riabilitazione oncologica;

epatite cronica virale;

cirrosi;

nefropatie progressive e Insufficienza renale cronica;

gestione maggiori disabilità;

percorsi assistenziali handicap;

prevenzione anziani e relativo supporto psicologico;

sicurezza sangue;

epatocarcinoma;

TBC;

diagnosi e terapia delle leucemie linfatiche croniche;

counseling cessazione fumo;

abuso alcool;

piaghe da decubito;

tossicodipendenze e comorbilità;

corretto utilizzo dei presidi medico-chirurgici, degli antibiotici e chemioterapici in ambiente ospedaliero;

vaccinazioni;

diabete;

ipertensione;

cardiopatia ischemica acuta;

cardiopatia ischemica cronica;

riabilitazione cardiologica;

cardiochirurgia di elezione e di urgenza;

interventi chirurgici;

assistenza infermieristica.

Indirizzi per l'uso appropriato dei livelli assistenziali

La cui azione regionale riguarda :

la predisposizione di indirizzi per ottimizzare le risorse disponibili riorientandole verso l'utilizzo di quei livelli assistenziali che combinano nel miglior modo possibile l'efficacia della prestazione e l'economicità di intervento, accrescendo in tal modo l'efficienza e le potenzialità del servizio socio-sanitario regionale.

Gli indirizzi prioritari sono relativi ai seguenti aspetti:

Ricovero ospedaliero;

Sistema dell'emergenza/urgenza extra-ospedaliera,

Diagnostica ambulatoriale;

Ricorso al medico di medicina generale.

L’avvio di una negoziazione tra ospedale e territorio per la stesura di linee guida volte a spostare risorse significative dalla destinazione attuale, che alimenta un uso improprio dell'ospedale, ai servizi territoriali per introdurre un percorso programmatorio delle attività sanitarie attento ai principi di appropriatezza.

E' infatti necessario che tutti gli attori del sistema si attivino affinché le risorse disponibili vengano ottimizzate, riorientandole verso l'utilizzo di quei livelli assistenziali e servizi che combinano nel miglior modo possibile l'efficacia della prestazione e l'economicità dell'intervento, accrescendo in tal modo l'efficienza del sistema.

Oltre alle strutture interne all'Azienda USL il rapporto di negoziazione dovrebbe coinvolgere anche i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e gli specialisti territoriali, per concordare per quale tipologia di prestazioni è possibile spostare progressivamente risorse dal ricovero ordinario al day hospital al regime ambulatoriale privilegiando il punto di minore intensità di risorse per ottenere lo stesso risultato terapeutico.

Uno degli strumenti più importanti per migliorare l'appropriatezza degli interventi è legato al cambiamento nelle modalità di invio degli utenti ai servizi da parte dei prescrittori di prestazioni mediche. A tal fine occorre avviare attività di formazione e supporto volte a promuovere la conoscenza di tutte le alternative all'ospedale esistenti sul territorio.

Monitoraggio dell'appropriatezza dell'utilizzo dei livelli assistenziali

E’ azione aziendale:

L’introduzione del PRUO come specifico strumento di valutazione dei ricoveri ospedalieri effettuati.

Il PRUO (Protocollo di Revisione dell'Utilizzo dell'Ospedale) è lo strumento validato ed impiegato internazionalmente che valuta l'appropriatezza dell'uso delle risorse per ogni ricovero effettuato e fornisce indicazioni utili per lo sviluppo di strategie per la riduzione dei ricoveri inappropriati e la durata di quelli appropriati.

Si tratta di uno strumento che consente alle strutture ospedaliere stesse di valutare la propria attività. L'effetto dei controlli deve essere infatti principalmente quello di produrre maggiore consapevolezza nelle strutture controllate, affinché si attivino verso una maggiore razionalizzazione dell'offerta producendo prestazioni più appropriate ed ad un livello di costo più basso.

Il Piano Socio Sanitario Regionale prevede la adozione del PRUO tra gli strumenti di monitoraggio dei risultati dell’Azienda USL al fine di ottenere informazioni utili per la programmazione sanitaria regionale ed aziendale, nonché per la programmazione dei livelli di assistenza alternativi al ricovero ordinario.

Educazione dei cittadini per un miglior uso dei livelli di assistenza

Sono azioni regionali ed aziendali :

L’avvio di iniziative di educazione ed informazione rivolte ai cittadini finalizzate a riorientare la domanda di salute secondo principi di appropriatezza

L'utilizzo che viene fatto oggi di alcuni livelli di assistenza quali il pronto soccorso, la diagnostica per immagini e l'ambulatorio del medico di medicina generale dimostra come non siano ancora presenti agli utenti le alternative esistenti.

La strategia dell'informazione deve stimolare ed alimentare tra i cittadini una cultura sanitaria finalizzata alla crescita della consapevolezza della inutilità di una serie di pratiche mediche la cui richiesta è in continua crescita. Una migliore informazione sulle opportunità terapeutiche e sui fattori di salute, nonché sui rischi derivanti dall'abuso di pratiche mediche non necessarie deve portare ad una riduzione nella richiesta di interventi terapeutici inappropriati.

Nell'ambito del Piano attuativo locale, sulla base di indirizzi regionali l’Azienda individua le azioni volte a promuovere tra i cittadini una maggiore consapevolezza dei criteri di appropriatezza di utilizzo dei livelli assistenziali e di singole prestazioni.

Elevare il livello di Qualità percepita

L'attenzione alla qualità percepita è fondamentale per dare un significato concreto anche se non l'unico possibile, all'affermazione della centralità del cittadino.

Gli strumenti individuati per raggiungere questo obiettivo sono:

La Carta dei servizi sanitari e socio sanitari;

Le indagini partecipate per la rilevazione della qualità percepita;

I progetti tematici.

Per quanto riguarda la Carta dei servizi sanitari e sociosanitari é azione regionale:

La promozione della Carta dei servizi tramite:

supporto e coordinamento allo sviluppo della Carta dei servizi sanitari e socio sanitari che dovrà essere adottata da tutti i fornitori del servizio socio-sanitario regionale (azienda e strutture accreditate) e realizzazione di indagini di qualità percepita;

monitoraggio realizzato attraverso l'analisi dei risultati aziendali esercitato in una logica di servizio e non in una logica ispettiva.

La Regione predispone una Carta dei servizi socio sanitari che rappresenta l'insieme dell'offerta presente sul territorio regionale.

Parallelamente all’azione regionale, i fornitori del servizio socio-sanitario regionale (Azienda e strutture accreditate) devono impegnarsi:

a realizzare nei propri servizi rilevazioni di qualità percepita utilizzando gli strumenti e le procedure metodologiche proposte dalla Regione;

a realizzare l'aggiornamento periodico (annuale) della propria Carta dei servizi, che tenga conto dei punti di forza e delle criticità emersi dalle rilevazioni di qualità percepita e dalla misurazione di altri indicatori verificando i propri standard di qualità;

a realizzare Carte dei servizi settoriali che tengano conto dei percorsi assistenziali degli utenti.

La Carta dei servizi di ciascuna struttura, periodicamente aggiornata e le rilevazioni di qualità percepita, che ne rappresentano il principale strumento operativo, si porranno in questo quadro, come una opportunità significativa di tutela dei diritti dei cittadini utenti dei servizi sanitari e socio sanitari e di partecipazione, tenendo anche conto della proficua collaborazione già attivata con le associazioni di tutela e di volontariato.

Le indagini partecipate per la rilevazione della qualità percepita

E’ azione regionale :

La messa a punto di una metodologia per l'implementazione di un sistema regionale di indagine della qualità percepita con caratteristiche di omogeneità sul territorio regionale che fornisca risultati confrontabili, basata su questionari ed altri approcci che consentano di favorire la partecipazione attiva dei soggetti interessati alla valutazione della qualità dei servizi.

La metodologia adottata prevede prioritariamente l'utilizzo di un questionario di soddisfazione su base campionaria come strumento di rilevazione non escludendo altre tecniche e coinvolgendo le associazioni di tutela dei cittadini e le organizzazioni sindacali. Il sistema di rilevazione deve consentire di:

disporre di una valutazione sintetica della qualità percepita con riferimento a diversi servizi erogati dall'Azienda USL;

individuare dei punti di forza, contrapposti a delle aree di criticità, e controllarne l'andamento;

evidenziare le conseguenze di determinati cambiamenti organizzativi.

In prospettiva e per una maggiore efficacia del sistema, il risultato positivo (in termini di livello di qualità raggiunto da un determinato servizio) potrebbe diventare una base informativa e costituire un elemento di valutazione ai fini dell'accreditamento o della determinazione del sistema premiante.

I Progetti tematici

Allo scopo di affrontare in maniera sinergica e con criteri omogenei le più importanti tematiche relative alla umanizzazione verranno attivati a livello aziendale campagne/progetti sui seguenti temi:

controllo del dolore;

rispetto della dignità della persona e miglioramento del rapporto tra cittadino e operatori del servizio socio-sanitario regionale;

tutela del degente disabile in ospedale;

umanizzazione del parto;

accoglienza del bambino in ospedale;

rispetto della morte;

salvaguardia dei ritmi di vita;

alimentazione in ospedale;

comfort alberghiero.

GLI OBIETTIVI "TRASVERSALI"

In questa parte del Piano sono stati inclusi tutti quegli obiettivi che, trasversalmente, ciascuno per la propria competenza, completano l’offerta organizzata di servizi e prestazioni costituendo nel suo insieme il sistema socio-sanitario regionale della Valle d’Aosta.

Si tratta dei seguenti ambiti:

Assistenza economica;

Autorizzazione e Accreditamento;

Realizzazione di una rete assistenziale e sanitaria interaziendale;

Osservatorio epidemiologico e per le politiche sociali e Sistema informativo socio sanitario.

Assistenza economica

L’assistenza economica rientra nelle funzioni di competenza regionale ed è regolata da una produzione legislativa destinata a tipologie specifiche di utenza. Le leggi regionali che regolamentano l’assistenza economica sono:

ll.rr. n. 70/1979 e n.43/1985 "Provvidenze a favore di nefropatici cronici in dialisi iterativa o sottoposti a trapianto renale"

l.r. n. 17/1984 " Interventi assistenziali ai minori"

l.r. n. 22/1993 "Provvidenze a favore di persone anziane e handicappate, alcoldipendenti, tossicodipendenti, infette da HIV e affette da AIDS"

l.r. n. 19/1994 "Norme in materia di assistenza economica"

l.r. n. 44/1998 "Iniziative a favore della famiglia"

l.r. 3/99 "Norme per favorire la vita di relazione delle persone disabili".

l.r. n. 11/1999 "Testo unico in materia di provvidenze economiche a favore di invalidi civili, ciechi civili e sordomuti"

Per tutte queste leggi, e al fine di svolgere adeguatamente il proprio ruolo di controllo e valutazione, la Regione, nel periodo di validità del presente Piano perseguirà i seguenti:

Obiettivi generali

Definire i criteri generali per l’accesso alle prestazioni sociali agevolate;

Elaborare un Testo Unico sulle norme regionali di assistenza economica;

Rispetto agli ambiti delle singole tipologie di utenza, quelle per le quali il Piano intende avviare delle azioni sono le seguenti:

Invalidi civili, ciechi civili e sordomuti : i destinatari sono i soggetti residenti appartenenti alle categorie interessate, la risposta al bisogno risulta adeguata, con significative riduzioni rispetto al passato nei tempi di attesa per l’accertamento dei requisiti grazie anche alla recente introduzione di alcuni supporti informatici.

Permangono invece aree di criticità nel controllo a cui si cercherà di dare risposta nel prossimo triennio anche attraverso la stipula di un protocollo d’intesa con il Ministero delle Finanze per un’ottimale procedura dei controlli reddituali d’ufficio.

Obiettivi

Garantire l’equità nell’erogazione delle provvidenze economiche;

Individuare e prevenire eventuali abusi.

Azioni

Predisposizione di un piano di revisioni;

Attuazione di un procedimento di archiviazione a lettura ottica;

stipula di un protocollo d’intesa con il Ministero delle Finanze per i controlli reddituali d’ufficio.

Anziani, disabili, alcol e tossicodipendenti, infetti da HIV e malati di AIDS: : L’eterogeneità delle tipologie di utenza interessate dall’assistenza economica regolata dalla l.r. n.22 del 1993 viene, anche se parzialmente, superata dal comune obiettivo di mantenere per il minor tempo possibile questi soggetti in condizione di ricovero in una struttura per acuti ed agevolare invece per essi forme di assistenza più consone alla loro condizione fisica ed umana globalmente intesa. L’evoluzione registrata negli ultimi anni in quest’area dell’offerta è stata la necessità di adeguamento ad una domanda a crescita esponenziale per i soggetti non autosufficienti di assistenza al domicilio come alternativa all’istituzionalizzazione.

Prevedendo per il prossimo triennio almeno una costanza del trend, si rende necessario istituire forme di valutazione e controllo del livello di qualità dell’assistenza erogata da personale privato utilizzato.

Obiettivi

Sviluppo di forme di assistenza al domicilio;

Valutazione della qualità del servizio reso al domicilio;

Azioni

Verifica dei requisiti di professionalità del personale privato che svolge assistenza domiciliare;

Stipulazione di un protocollo di intesa con le Cooperative Sociali ed i sindacati per la gestione del personale.

Minori : I destinatari della legge di assistenza economica sono in questo caso i residenti fino a 18 anni di età, nei confronti dei quali l’intervento economico ambisce a risolvere situazioni di disagio economico anche quando il minore, per situazioni diverse, è costretto a vivere presso un collegio o viene dato in affidamento famigliare o viene temporaneamente ospitato in colonie estive.

Nonostante la domanda sia rimasta costante nell’ultimo triennio, l?istituzione dell’Osservatorio per l’infanzia e l’adolescenza, che diventerà operativo nel corso del periodo di validità del presente Piano, darà risposte precise sui livelli di soddisfacimento di una domanda che non può considerarsi soddisfatta unicamente sotto il profilo economico. Il contributo di conoscenze e di strumenti per la valutazione che questo osservatorio potrà assicurare nel tempo sulla realtà dei minori e dei giovani in Valle d’Aosta, darà nuove elementi per intervenire a miglioramento degli attuali livelli di efficacia e di efficienza. La qualità delle iniziative che si rivolgono a questa particolare fascia di popolazione devono da tutti essere considerate un prezioso investimento per la società futura.

Obiettivo

Accogliere ed integrare alle conoscenze attuali gli elementi conoscitivi che verranno prodotti dall’Osservatorio per l’infanzia e l’adolescenza per meglio adeguare le risorse alle dinamiche dei bisogni espressi.

Azioni

Razionalizzazione degli interventi di assistenza economica in funzione delle azioni di prevenzione del disagio minorile.

Famiglia : L’attuale legge sulla famiglia costituisce di per sé elemento di eccellenza in quanto i suoi contenuti hanno costituito anticipazione a livello nazionale migliorando ed ampliando rispetto alla legge nazionale sia la risposta assistenziale che i limiti del diritto. La tipologia di utenza è ampia e include: i bambini residenti di età compresa tra 0 e 5 anni (oltre i 3 anni soltanto per i bambini in affidamento), le casalinghe residenti, le famiglie numerose, le persone anziane e disabili in difficoltà. I dati incoraggianti registrati nei tre anni di vigore della legge dimostrano che è stata data risposta ad una serie di problemi particolarmente sentiti dalla popolazione regionale.

Obiettivo

Valutare l’adeguamento della risposta istituzionale all’offerta attualmente erogata.

Azione

Istituzione dell’Osservatorio per la famiglia

Minimo vitale : La conoscenza del reale livello di povertà di una popolazione non può che essere affidata a degli indicatori indiretti. A tale scopo viene individuato come strumento di rilevazione una Commissione regionale di indagine sullo stato della povertà in Valle d’Aosta. La L.R. n.19/1994 ha per destinatari i residenti che versano in situazione di disagio economico. Dal 1997 ad oggi le richieste di aiuto economico hanno registrato un progressivo aumento raggiungendo nel 1999 il n. di 717 per un importo superiore al miliardo di lire. La criticità attuale consiste nell’impossibilità di collegare l’erogazione del minimo vitale a soggetti per i quali sia stato elaborato un progetto di reinserimento sociale.

Obiettivo

Favorire i progetti di autonomia personale dei soggetti in stato di esclusione sociale.

Azione

Erogazione del minimo vitale vincolata al progetto di reinserimento sociale dei beneficiari;

Istituzione di una commissione regionale sullo stato della povertà in Valle d’Aosta.

Autorizzazione, accreditamento e accordi contrattuali

La realizzazione di strutture sanitarie e l’esercizio di attività sanitarie, l’esercizio di attività sanitarie per conto e l’esercizio di attività sanitarie a carico del servizio sanitario regionale sono subordinate, rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 8-ter, all’accreditamento istituzionale di cui all’articolo 8-quater, nonchè alla stipula degli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies del D.lgs 502/1992 e successive modificazioni. La medesima disposizione si applica anche per le strutture socio sanitarie.

Per le strutture sociali si fa riferimento a quanto disposto dall’art.9, comma 1, lettera c) e dall’art. 11 della legge 8 novembre 2000 n.328 "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali".Tali istituti vengono regolamentati separatamente nel proseguo del Piano sia per l’ambito sanitario, sia per quello delle politiche sociali.

Autorizzazione

In questa sezione del Piano viene riportata un’individuazione complessiva delle strutture sanitarie, socio-sanitarie, socio-assistenziali e socio-educative, per l’esercizio delle attività svolte a soddisfacimento dei bisogni attualmente conosciuti nella popolazione regionale.

Autorizzazioni alla realizzazione di strutture sanitarie, socio-sanitarie, socio-assistenziali e socio-educative, nonché all’esercizio delle relative attività

Ai fini dell’applicazione di quanto stabilito dalle disposizioni nazionali e regionali vigenti, con particolare riferimento all’art. 8 ter del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 e all’art. 38 della legge regionale 25 gennaio 2000, n. 5 oltre che dall’art.9, comma 1, lettera c) e dall’art. 11 della legge 8 novembre 2000 n.328 "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali" sono soggette all’autorizzazione della Giunta regionale la realizzazione e l’esercizio delle relative attività di nuove strutture, oltreché l’ampliamento, la trasformazione ed il trasferimento ad altra sede di strutture esistenti, con riferimento alle seguenti tipologie, pubbliche e private:

strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo o diurno per acuti;

strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica a regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnosi strumentale e di laboratorio;

strutture sanitarie, sociosanitarie, socio-assistenziali e socio-educative che erogano prestazioni in regime residenziale, a ciclo continuativo o diurno;

studi odontoiatrici, studi medici e di altre professioni sanitarie in cui vengono effettuate prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportano un rischio per la sicurezza dell’ assistito, e le strutture dedicate esclusivamente alle attività diagnostiche svolte anche a favore di soggetti terzi.

L’assoggettamento delle strutture o degli studi alle autorizzazioni di cui trattasi deve tenere conto della complessità tecnico-organizzativa delle prestazioni da erogare, oltreché del potenziale rischio che la prestazione stessa può comportare per la sicurezza del cittadino, nella situazione, pertanto, in cui l’aspetto organizzativo (sia di strutture che di professionalità) prevale sull’aspetto di esercizio della professione del singolo professionista. Spetta alla Giunta regionale la definizione dei requisiti minimi strutturali, organizzativi e tecnologici, nonché delle modalità di presentazione delle richieste di autorizzazione e di rilascio delle stesse. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente Piano, la Giunta regionale definisce i requisiti minimi strutturali, organizzativi e tecnologici delle strutture socio-assistenziali, prevedendo che le strutture si adeguino ai medesimi entro il termine di cinque anni dalla loro definizione. In fase di prima applicazione, in attesa dell’emanazione dei provvedimenti di competenza dello Stato, ai sensi dell’art. 8 ter del citato D. lgs. n. 229/99, i requisiti minimi strutturali ed organizzativi di riferimento per le strutture sanitarie e socio-sanitarie sono quelli indicati nel DPR 14 gennaio 1997 (Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologico ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private) e nel DPCM 10 febbraio 1984 (Indirizzo e coordinamento dell’attività amministrativa delle regioni in materia di requisiti minimi strutturali, di dotazione strumentale e di qualificazione funzionale del personale dei presidi che erogano prestazioni di diagnostica di laboratorio). In relazione alle nuove disposizioni che saranno emanate dallo Stato in materia, la Giunta regionale aggiorna le modalità di richiesta e di rilascio delle autorizzazioni di cui trattasi, stabilite in via transitoria con la deliberazione della Giunta regionale n. 2037 del 19 giugno 2000. La fissazione dei requisiti minimi strutturali, organizzativi e tecnologici, da parte della Giunta regionale, oltre che essere conforme ai criteri generali che saranno stabiliti dallo Stato, dovrà consentire la valutazione almeno dei seguenti aspetti organizzativi:

politica, obiettivi ed attività;

struttura organizzativa;

gestione delle risorse umane;

gestione delle risorse tecnologiche;

gestione, valutazione e miglioramento della qualità, linee guida e regolamenti interni;

sistema informativo;

nonché dei seguenti aspetti strutturali e tecnologici:

protezione antisismica;

protezione antincendio;

protezione acustica;

sicurezza elettrica e continuità elettrica;

sicurezza antinfortunistica;

igiene dei luoghi di lavoro;

protezione delle radiazioni ionizzanti;

eliminazione delle barriere architettoniche;

gestione dei rifiuti;

condizioni microclimatiche;

impianti di distribuzione dei gas;

materiali esplosivi.

Il rilascio di autorizzazioni alla realizzazione di nuove strutture o il rinnovo di quelle esistenti deve tenere conto dei fabbisogni complessivi strutturali e produttivi definiti al successivo punto.

Individuazione dei fabbisogni strutturali e produttivi

Per determinare in via indicativa i fabbisogni strutturali e produttivi è necessario tenere conto dei bisogni, delle peculiarità della Regione, riferite in particolare alle sue caratteristiche morfologiche ed insediative, oltreché dell’incidenza della popolazione turistica che nei periodi di massima affluenza raggiunge le oltre 130.000 unità.

Il numero di abitanti residenti nei 74 Comuni varia da 95 a 4.800 unità escluso il comune di Aosta che conta circa 34.800 residenti.

L’accentuata dispersione su un territorio relativamente vasto della popolazione residente, con una densità abitativa media di 37 ab/Kmq, insieme ad una viabilità difficoltosa, che si sviluppa lungo tracciati per la maggior parte tortuosi e contraddistinti da pendenze elevate (se si eccettuano l’arteria autostradale e le due strade statati), oltreché un’incidenza delle presenze nelle località turistiche tutte ubicate lontano rispetto al capoluogo, comportano la necessità di individuare sistemi integrati di assistenza che risultino elastici rispetto alle diverse esigenze, che risultano essere differenti nei diversi periodi dell’anno, e che non possono pertanto far riferimento a standard prefissati. Tale necessità, inoltre, è maggiormente giustificata se si tiene conto che circa il 50% della popolazione risiede fra il Comune di Aosta ed i Comuni limitrofi, mentre la restante è sparsa sul resto del territorio regionale, nonché del fatto che la maggiore affluenza di presenze turistiche si riscontra nelle località più lontane rispetto al comune capoluogo, affluenza che in alcune realtà comporta un aumento anche di dieci volte rispetto alla popolazione residente.

La suddivisione del territorio regionale nei quattro distretti in cui opera l’Azienda USL costituisce l’elemento di riferimento per garantire la presenza di strutture sul territorio coordinando le esigenze di efficienza, efficacia ed economicità dei servizi con le problematiche sopra specificate.

Per quanto attiene i fabbisogni produttivi, programmare in base ai bisogni di salute è sicuramente l’indicazione principale che viene rivolta alle regioni dal livello centrale e chiama in causa principi di garanzia dei livelli di assistenza, appropriatezza, valutazione. Per farlo è necessario disporre di "immagini di salute" della propria popolazione assistita in grado di orientare le scelte in modo appropriato, consapevole e trasparente. In questa prospettiva la Regione Autonoma Valle d’Aosta ha predisposto sotto il profilo formale con la legge n.5/2000 alcuni strumenti di valorizzazione dell’informazione e della conoscenza quali l’osservatorio epidemiologico e per le politiche sociali e il potenziamento del sistema informativo sanitario regionale. Nel triennio di validità del presente Piano è un obiettivo specifico quello di arruolare nel sistema informativo socio sanitario regionale un numero crescente di flussi che consentano una lettura più articolata e complessa dei bisogni di salute e di assistenza sociale della popolazione regionale e soprattutto una loro valorizzazione a fini di supporto alle decisioni di programmazione sanitaria e sociale.

Allo stato attuale delle conoscenze, a guidare i fabbisogni strutturali è stata la conoscenza dei bisogni di salute e di assistenza sociale emersi dalle analisi sulla mortalità e morbosità regionali, oltre che dall’analisi dell’attività dei servizi sanitari, primo tra tutti quello ospedaliero che, da solo, assorbe il 65% della spesa per la sanità .

Il prossimo triennio dovrà vedere ulteriormente sviluppato quanto in conoscenza, valutazione e razionalizzazione dei processi produttivi sanitari è stato avviato nel 1999 con la delibera della Giunta regionale n.350 e con le successive, fino alla deliberazione n.244 del 2001, che emanano disposizioni all’azienda Usl ai fini della definizione del contratto di programma e dell’adozione del bilancio di previsione annuale. Tali disposizioni hanno, tra le finalità, quella di rendere l’offerta sanitaria sempre più adeguata e pertinente al bisogno di salute locale e migliorando l’appropriatezza delle prestazioni con effetti attesi tanto sull’efficacia che sull’efficienza produttiva.

L’attività di ricovero ospedaliero dal 1998 al primo semestre 2000 mostra come, indipendentemente dal tipo di degenza, a fronte di una lieve diminuzione dal 1998 al 1999, nel primo semestre 2000 si assiste ad una ripresa dell’ospedalizzazione pari a + 2,68%. Per quanto attiene invece il tipo di degenza, permane l’andamento in diminuzione dei ricoveri ordinari (quasi il 7% in due anni) a fronte di un aumento dei ricoveri in day hospital, passati, nello stesso arco temporale dal 19,5% al 21,2% del totale dei ricoveri.

Le disposizioni fornite per l’area della degenza in merito al fabbisogno produttivo attengono innanzitutto ad un generale processo di riordino e di razionalizzazione dell’attività ospedaliera che consenta di ridurre la percentuale di accoglimenti inappropriati al 20%, e al 30% quella per i soli ricoveri brevi e day hospital, mentre la percentuale di giornate di degenza inappropriate deve portarsi al 30%; nonchè disciplinando correttamente l’attività di day hospital e quella ambulatoriale mediante precisi protocolli e linee guida che definiscano le regole di attività e il corretto uso dei servizi.

Nell’ambito della mobilità interregionale, nel triennio di validità del Piano si cercherà di contenere la spesa per questa voce, che in quattro anni è raddoppiata anche per effetto dell’aumento di prestazioni a fronte di un numero stabile di residenti ricoverati fuori regione, attraverso gli obiettivi specifici espressi in questo documento (obiettivo generale di salute 6.6 e obiettivi specifici dell’assistenza ospedaliera) e attraverso un aumento della capacità di attrazione dell’ospedale regionale per alcune prestazioni definite all’interno delle rete interregionale e interaziendale con il Piemonte ed in particolare con l’ospedale di Ivrea. In linea generale si cercherà di contenere le prestazioni chirurgiche extra regionali per le patologie ortopediche e oculistiche non complesse, oltre a quelle relative alle "patologie di confine" dell’aorta toracica, mentre per le prestazioni mediche il fabbisogno di prestazioni riabilitative, che oggi è il secondo motivo di ricovero extraregione più frequente, dovrebbe trovare maggiore risposta in sede locale a seguito del processo di razionalizzazione e riorganizzazione intra ed extra ospedaliera dell’attività di riabilitazione indicato dal presente Piano.

Anche le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale registrano un incremento costante negli ultimi anni che è stato del 33% nel solo ultimo trimestre del 2000, mantenendo comunque invariata nel tempo la proporzione tra le aree : quella medica risponde al 56,8% dell’attività totale, quella chirurgica al 27%, quella dell’emergenza al 5,7% e quella materno infantile al 10,5% a denotare una apparente stabilità del fabbisogno nella popolazione. Le disposizioni che la Regione ha emanato nel 2001 all’Azienda Usl in merito a questo livello assistenziale si richiamano a quanto già espresso nelle linee guida al provvedimento del 7 maggio 1998 e a quelle previste dal decreto 14 settembre 1999 n.741, con particolare riferimento all’appropriatezza delle prestazioni prescritte ed erogate, all’individuazione della quantità e della tipologia delle prestazioni da erogare, anche attraverso la stipula di appositi contratti con soggetti accreditati e nel rispetto di un tetto di spesa complessivo non superiore a quello determinato nell’esercizio finanziario precedente.

Nel 2000, inoltre, il fabbisogno di prestazioni assistenziali a carico dei distretti ha registrato 773 persone in assistenza domiciliare, 1016 in forma residenziale attraverso le microcomunità e le strutture private e convenzionate, 80 in assistenza domiciliare in fase terminale, 375 persone tossicodipendenti di cui 44 in assistenza residenziale per salute mentale (di cui 40 presso strutture piemontesi a cui il presente Piano offre soluzioni in ambito regionale) e 233 alcolisti in carico al SerT.

Sulla base di queste considerazioni circa i fabbisogni produttivi e ai fini della determinazione dei fabbisogni strutturali si è tenuto conto:

della necessità di strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali necessarie per assicurare il raggiungimento degli obiettivi di salute e di assistenza sociale fissati dal presente Piano;

della necessità di strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali necessarie per assicurare il soddisfacimento delle ulteriori domande di assistenza sanitaria, socio-sanitaria e socio-assistenziale non strettamente connesse con le attività di pertinenza del servizio pubblico.

Nei prospetti seguenti vengono riportati i dati riferiti allo stato attuale delle strutture sanitarie, socio-sanitarie, socio-assistenziali e socio-educative necessarie al raggiungimento degli obiettivi di salute e di assistenza sociale fissati dal presente piano e che costituiscono il riferimento di massima riguardo alla tipologia delle strutture da autorizzare ai sensi dell'art. 38 della legge regionale n. 5/2000, nonché i criteri per la definizione dei fabbisogni strutturali e la determinazione degli stessi. È indicato, altresì, il numero che rappresenta il fabbisogno strutturale pubblico da assicurare nel periodo di validità del Piano, con la precisazione che tale obiettivo può essere raggiunto sia attraverso l'impegno diretto della struttura pubblica che attraverso la stipulazione di accordi con altre strutture pubbliche o di contratti con soggetti privati.

La parte rimanente del fabbisogno, non coperta dal servizio pubblico, può essere soddisfatta dall’offerta privata.

Struttura ospedaliera

La situazione dei posti letto della Regione Autonoma Valle d’Aosta è la seguente, con un totale di 538 posti letto: - Presidio Ospedaliero V.le Ginevra per patologie acute e day hospital con una dotazione di 403 posti letto;

Presidio Ospedaliero Beauregard per patologie acute e day hospital con una dotazione di 115 posti letto nelle discipline di ostetricia e ginecologia, pediatria, neonatologia, geriatria e dermatologia;

Presidio ospedaliero ex Maternità con una dotazione di 20 posti letto di psichiatria.

Il tasso di ospedalizzazione regionale è di 211 ricoveri ogni 1000 abitanti.

Per la definizione del fabbisogno di posti letto in Valle d’Aosta è stato approvato dalla Giunta regionale, con deliberazione n. 3433 in data 9 ottobre 2000, uno studio delle necessità strutturali del Presidio Ospedaliero di Viale Ginevra, ad Aosta, raffrontate ai bisogni della popolazione valdostana e al loro soddisfacimento. Il numero dei posti letto da assegnare in dotazione alla regione è stato desunto dal seguente calcolo :

tasso di ospedalizzazione x durata periodo di ricovero

Numero dei posti letto = -----------------------

Tasso di occupazione dei posti letto x 365

Gli standard nazionali indicano i seguenti parametri per il calcolo del numero dei posti letto da assegnare in dotazione ad una regione:

un tasso di ospedalizzazione di 160 ricoveri / 1000 abitanti

una durata massima di ricovero di 8 / 9 giorni;

una occupazione minima dei posti letto > 75%.

Sempre in base agli standard nazionali, il numero di posti letto per acuti non può superare il 4,5 ? della popolazione, mentre il numero dei posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza non può superare l’l ? della popolazione .

Per il calcolo del fabbisogno di posti letto nella regione lo studio sopracitato ha tenuto conto fondamentalmente dei parametri indicati a livello nazionale ad esclusione dell’indicazione dello standard del tasso di ospedalizzazione di 160 ricoveri ogni 1000 abitanti in quanto non consono alla realtà valdostana.

In base all’elevato tasso di ospedalizzazione nella regione, che nell’anno 1998 ammontava a 211 ricoveri ogni 1000 abitanti, si è deciso di prendere in considerazione lo standard di 170 ricoveri / 1000 abitanti che è stato ritenuto un valore perseguibile dalla realtà valdostana. Dall’applicazione di tale parametro e di quelli indicati a livello nazionale è stato stimato il fabbisogno di posti letto da assegnare in dotazione alla regione e il valore di alcuni parametri di funzionalità ospedaliera:

Numero abitanti (previsione 2005)122.123Tasso di ospedalizzazione per 1000 abitanti170numero dei ricoveri20.761numero di assistiti attratti 3.790fuga degli assistiti2.882numero totale dei ricoveri19.853mobilità interna degli assistiti1.915ricoveri (mobilità interna inclusa)21.768Fabbisogno di posti letto567 di cui di day hospital48percentuale posti letto per abitanti4,6di cui n. posti letto per la riabilitazione ogni 1000 abitanti1,0

In base alle risultanze dello studio sopracitato il fabbisogno complessivo di posti letto della regione è di 567 posti letto così ripartiti:

Presidio ospedaliero per acuti

di V.le Ginevra : 447 posti letto di cui 38 di day-hospital per i assistiti acuti incluse le discipline di ostetricia-ginecologia, pediatria, neonatologia, geriatria, dermatologia e psichiatria, che si andranno ad aggiungere a quelle esistenti nel presidio stesso.

Presidio ospedaliero per

riabilitazione e lungodegenza

del Beauregard : 120 posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza ( 60 e 60) di cui 10 posti letto di day hospital.

Dieci posti letto della dotazione per la riabilitazione potranno, eventualmente, trovare collocazione presso gli stabilimenti termali tramite apposito accordo tra il gestore e l’Azienda USL. Per giungere alla dotazione di 447 posti letto presso il presidio ospedaliero di Viale Ginevra, lo studio sopracitato ha rilevato una carenza di superficie netta pari a 9.638 mq. rispetto alla situazione attuale, per cui si rende necessario prevedere degli ampliamenti per la realizzazione di:

una nuova costruzione posta a sud dell’attuale "ala nuova" del presidio stesso per la collocazione di 132 nuovi posti letto, per il nuovo blocco operatorio con 8 sale operatorie, per le sale risveglio, per il pronto soccorso e per i laboratori di analisi cliniche;

un nuovo ingresso principale del presidio stesso.

La necessità di realizzare gli spazi per i sopracitati 132 nuovi posti letto deriva dal seguente calcolo: sommando ai 403 posti letto esistenti dopo l’ultimazione degli interventi relativi alla I^ e alla II^ fase, i 44 posti letto mancanti secondo lo studio in questione, si ottengono 447 posti letto necessari secondo lo studio in questione. A questi vanno sottratti i 315 posti letto risultanti nei corpi di fabbrica esistenti in seguito alla riorganizzazione e ricollocazione degli spazi interni, ottenendo i 132 posti letto da realizzare nel corpo in ampliamento al Presidio ospedaliero di Viale Ginevra.

Altre strutture sanitarie e socio sanitarie

Poliambulatori specialistici

Allo stato attuale la dotazione di poliambulatori specialistici è la seguente :

Distretto n. 1Distretto n. 2Distretto n. 3Distretto n. 41 pubblico5 di cui tre privati e due pubblici1 pubblico2 di cui uno privato ed uno pubblico

È bene sottolineare che il numero di strutture presenti nel distretto 2 è giustificato, oltre che dalla popolazione residente nello stesso, dal fatto che una parte della popolazione restante, per motivi legati soprattutto alla concentrazione delle attività lavorative e dei servizi (uffici e servizi pubblici, attività industriali) gravita sul Comune di Aosta anche per quanto riguarda la richiesta di prestazioni sanitarie. In base alla logica di determinazione del fabbisogno, si ritiene che il numero di poliambulatori sul territorio debba essere proporzionato al numero di potenziali utenti e che, pertanto, stimando congrua la presenza di una struttura poliambulatoriale ogni 15.000 abitanti, l'attuale situazione, fatto salvo l'ampliamento del poliambulatorio di Via G. Rey ad Aosta, possa essere ritenuta soddisfacente.

Centri traumatologici

Allo stato attuale la dotazione di centri traumatologici è la seguente :

Distretto n. 1Distretto n. 2Distretto n. 3Distretto n. 42 pubblici1 pubblico1 privato1 privato

La presenza di centri traumatologici sul territorio regionale deriva dalla necessità di assicurare nelle località a forte presenza turistica, soprattutto invernale, e principalmente in prossimità di quelle sciistiche, degli ambulatori di primo soccorso. I centri attualmente funzionanti, infatti, sono stati realizzati proprio in alcune di tali località nei diversi distretti. Per la determinazione del fabbisogno strutturale si è fatto riferimento all’opportunità di completare la presenza di tali centri in tutte le maggiori località turistiche, in particolare in quelle ubicate nei distretti n. 3 e 4.

La determinazione del fabbisogno di centri traumatologici è quindi risultata essere la seguente:

Distretto n.1Distretto n.2Distretto n.3Distretto n.4Strutture attuali2Strutture attuali1Strutture attuali1Strutture attuali1Nuove strutture-Nuove strutture-Nuove strutture1Nuove strutture2Totale strutture2Totale strutture1Totale strutture2Totale strutture3

Nel triennio di validità del presente Piano la copertura pubblica ipotizzata è la seguente:

Distretto n. 1Distretto n. 2Distretto n. 3Distretto n. 42112Laboratori di analisi cliniche

Allo stato attuale la dotazione di laboratori di analisi cliniche è la seguente :

Distretto n. 1Distretto n. 2Distretto n. 3Distretto n. 4 nessuno3 di cui due pubblici ed uno privato nessuno nessuno

Per quanto concerne tali strutture, in relazione alla complessità tecnica ed organizzativa che le stesse comportano e premesso che quelle attualmente in esercizio in Regione presentano una potenzialità tale da soddisfare a pieno la domanda di servizio, si ritiene che all’eventuale aumento delle stesse si possa far fronte con il potenziamento dei servizi di prelievo, sia nell’ambito delle sedi consultoriali, che tramite i servizi domiciliari. Tutte le strutture di analisi sono ubicate nel capoluogo regionale, due presso i servizi dell’Azienda USL della Valle d’Aosta ed una privata convenzionata con la struttura pubblica per il servizio di Medicina sportiva.

Ambulatori di fisioterapia e riabilitazione

Se si esclude l’attività prestata nei poliambulatori, allo stato attuale la dotazione di ambulatori di fisioterapia e riabilitazione è la seguente :

Distretto n. 1Distretto n. 2Distretto n. 3Distretto n. 4 nessuno4 privati, convenzionati con l’Azienda USL nessuno1 privato convenzionato con l’Azienda USL

Così come per le altre strutture ambulatoriali, ad esclusione dei centri traumatologici, anche per gli ambulatori di fisioterapia e di riabilitazione l’unico riferimento per individuare il fabbisogno strutturale è il parametro della popolazione residente. Anche in questo caso il numero di strutture appare concentrato nel distretto n. 2 e ciò per le motivazioni già sopra riportate. Si ritiene quindi che il numero di strutture ambulatoriali di fisioterapia e di riabilitazione sul territorio debba essere proporzionato al numero di potenziali utenti. In relazione a ciò, si ritiene congruo come riferimento la presenza di una struttura ogni 20.000 abitanti. Risulta inoltre necessario prevedere la presenza di strutture anche nei distretti attualmente sprovvisti al fine di consentire una distribuzione decentrata di tali servizi.

Il fabbisogno di strutture pertanto é risultato essere il seguente:

Distretto n.1Distretto n.2Distretto n.3Distretto n.4Strutture attuali-Strutture attuali4Strutture attuali-Strutture attuali1Nuove strutture1Nuove strutture-Nuove strutture1Nuove strutture-Totale strutture1Totale strutture4Totale strutture1Totale strutture1

Nel triennio di validità del presente Piano la copertura pubblica ipotizzata è la seguente:

Distretto n. 1Distretto n. 2Distretto n. 3Distretto n. 41411

Strutture sanitarie e socio sanitarie nell’ambito della salute mentale

Allo stato attuale sono in funzione i seguenti servizi e strutture semiresidenziali e residenziali:

StruttureDistretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4TotaleCentri diurni-1--1Residenze terapeutiche a fini riabilitativi-2--2

Secondo una delle ultime relazioni periodiche dell'OMS, il 25% della popolazione mondiale soffre di disturbi mentali in misura più o meno grave: si va dalle psicosi alle demenze, dai disturbi della personalità, del comportamento e delle abitudini, alle depressioni; sono in aumento i problemi legati agli stati d'angoscia, di disorganizzazione interiore e di depressione. Nel quadro dettagliato dell’ OMS, tra quanti soffrono di disturbi psichici oltre il 50% ha problemi di dipendenza (nicotina, alcol, droghe), mentre diverse sono le percentuali di incidenza di altri disturbi: il 17,1% per l'ansia, il 12,8% per i disturbi dell'umore, il 10,7% per i disturbi della personalità, il 2,5% per vari disturbi psichici, l'1,7% per la schizofrenia, l'1,7% per l’epilessia, lo 0,8% per la demenza. Sempre secondo queste stime dell'OMS, tuttavia, solo l'1% delle persone che ha disturbi psichici è "paziente psichiatrico".

Per formulare una stima del fabbisogno di strutture psichiatriche in Valle d'Aosta sono stati presi in considerazione questi dati dell'OMS unitamente a quelli relativi agli utenti che nel corso del 1999 si sono effettivamente rivolti ai servizi regionali esistenti. Presso l’UB di Psichiatria sono stati effettuati in un anno 313 ricoveri (nel numero sono inclusi i ricoveri ripetuti, cioè più ricoveri relativi alle stesse persone) con un numero di giornate di degenza complessive di 4.005, una presenza media di 12,85 ed una utilizzazione dei posti letto pari al 73,94%. Gli utenti del day hospital sono stati 156, pari a 2.486 giornate di degenza. Gli utenti psichiatrici valdostani ospitati in strutture extra-regionali sono stati 38. Tra visite ambulatoriali, colloqui, psicoterapie, consulenze, fototerapie, test, prelievi, alcometrie ed altro, il servizio di Psichiatria ha effettuato complessivamente 10.022 interventi di cui 7.186 ad Aosta e 2.836 sul territorio; le prestazioni fornite alla Comunità Pont-Suaz sono state 816; i contatti ambulatoriali sono stati 1.568. E' stato poi valutato per quanti di questi assistiti psichiatrici è ipotizzabile una cronicizzazione, quanti altri e per quanto tempo avranno bisogno di servizi e strutture, quali sono le tipologie di strutture di cui sussiste il bisogno, quanti assistiti cronici attualmente ospitati in strutture esterne alla regione rientreranno in Valle d'Aosta. Se ne è quindi tratto un dato secondo il quale in Valle d'Aosta sussiste la necessità di assicurare interventi in strutture residenziali o semiresidenziali psichiatriche per circa 250 utenti con problematiche di una certa complessità e con possibilità di cronicizzazione, mentre sussistono le problematiche di un'utenza ben più numerosa per la quale sono da continuare e potenziare gli interventi di base, territoriali ed ambulatoriali.

Infine, sulla base del numero degli utenti, della distribuzione delle strutture già esistenti sul territorio, della individuazione delle zone più o meno vicine a strutture già operanti (i Distretti 3 e 4 fanno riferimento a servizi e strutture siti nel territorio del Distretto numero 4) e di quelle considerate maggiormente a rischio, è stato possibile predisporre un piano di attivazione di nuove strutture e di nuovi servizi.

Nell'ambito della salute mentale, considerato che alcuni utenti troveranno collocazione presso strutture socio-riabilitative residenziali (RSA) altrove precisate o presso Comunità alloggio è quindi possibile individuare il seguente sviluppo dei servizi:

Strutture psichiatricheDistretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4 EsistentiTotaliEsistentiTotaliEsistentiTotaliEsistentiTotaliCentri diurni-111---1Residenze terapeutiche riabilitative-122---1

L'amministrazione regionale si propone quindi di dare risposta ai problemi dei circa 250 utenti stimati come assistiti psichiatrici per i quali viene individuato il fabbisogno di strutture, ferma restando la necessità di continuare e potenziare le prestazioni già attualmente assicurate ad un numero di utenti assai più vasto, soprattutto in sede ambulatoriale.

Residenze Sanitarie Assistenziali

Allo stato attuale in Valle d’Aosta non sono presenti Residenze Sanitarie Assistenziali.

Per definire la tipologia di utenti delle RSA, la Regione ha costituito un apposito gruppo di lavoro misto tra Assessorato della Sanità, Salute e Politiche Sociali ed Azienda USL, che ha preso in esame tutti i dati disponibili al mese di aprile 1999 riguardanti:

la popolazione residente (totale e di età superiore a 65 anni) suddivisa per distretti socio sanitari,

il numero di posti letto disponibili in strutture residenziali per anziani (sia microcomunità pubbliche che case di riposo private, convenzionate e non).

Tali dati sono stati poi incrociati ed analizzati evidenziando le persone ospiti di strutture per anziani sia sotto il profilo socio-assistenziale dell’autosufficienza, sia sotto il profilo dei bisogni sanitari. Sono stati quindi conteggiati gli utenti di microcomunità che presentano patologie rilevanti ulteriori alla condizione di anziano in quanto tale, evidenziando in tutto 294 persone ed inclusi 109 casi di demenza senile.

In base all’analisi effettuata dal gruppo di lavoro sulle RSA e tenuto conto che essa ha confermato e quantificato con esattezza il numero degli inserimenti impropri in microcomunità si è proceduto a definire il numero di posti letto in RSA (185) come sottrazione dagli utenti con patologie rilevanti (294) degli utenti con demenze senili (109), in quanto queste ultime sono proprie della terza e quarta età e, come tali, possono trovare risposta nelle microcomunità esistenti. La distribuzione dei posti nei 4 distretti è stata fatta mantenendo lo stesso rapporto esistente tra i posti in microcomunità e case di riposo e la popolazione anziana residente.

Il fabbisogno di posti letto per distretto è risultato il seguente:

Distretto n.1Distretto n.2Distretto n.3Distretto n.4Totale33872045185

La percentuale nazionale di posti letto in RSA è pari a 2,5 posti letto per 1000 anziani ed è indicata dalla Quinta relazione biennale al Parlamento sulla condizione dell’anziano nel triennio 1996-97. Tale parametro, applicato ai 22.249 anziani residenti in Valle d’Aosta al 31.12.1999, corrisponderebbe a 56 posti letto totali. La previsione di un fabbisogno di 185 posti letto, risponde ad una media di 8,3 posti letto per 1000 anziani, nettamente superiore alla media nazionale, in quanto le strutture valdostane non sono destinate ai soli anziani, ma a tutte le persone affette da malattia di Alzheimer, patologie psichiatriche, demenze alcoliche e simili.

Nel triennio di validità del presente Piano la copertura pubblica ipotizzata è la seguente:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4Totale1240202294

Obiettivo del presente PSSR è dare una risposta pubblica al fabbisogno di 94 posti letto su 185 complessivamente ritenuti necessari, pari cioè ad una media di 4,2 posti letto per 1.000 anziani, con le modalità indicate specificamente nel capitolo dedicato alle risorse strutturali.

Strutture socio assistenziali e socio educative

Strutture residenziali per anziani

La dotazione attuale di posti letto in strutture residenziali per anziani è la seguente:

StrutturaDistretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4TotaleMicrocomunità e case di riposo convenzionate 113 397 52 147 709Case di riposo private65156570215Totale178412117217924

I dati nazionali della Quinta relazione biennale al Parlamento sulla condizione dell’anziano nel triennio 1996-97, relativi all’assistenza agli anziani fuori dell’ambito familiare, riguardano i presidi socio-assistenziali (strutture che svolgono attività socio-assistenziale di tipo residenziale a carattere continuativo o limitato al solo ricovero notturno), a cui sono assimilati i gruppi appartamento, le comunità terapeutiche, le case alloggio, i centri di accoglienza, le comunità alloggio e, in particolare per gli anziani, le case di riposo, le case albergo e le case protette.

In assenza quindi di parametri nazionali desumibili da linee guida per una efficace ed omogenea erogazione di servizi a questa tipologia di utenza, per la determinazione dei fabbisogni si è fatto riferimento ai parametri adottati da altre regioni italiane, segnatamente quelle del Nord Ovest.

I dati sono stati estratti dal più recente censimento delle strutture per anziani, compiuto dal Ministero dell’Interno nel 1998.

RegioniPosti lettoAnziani (al 31.12.1998)Anziani/ posto lettoPiemonte37.362837.16222,4Lombardia42.5071.484.70734,9Liguria6.297390.20761,9Valle d’Aosta86821.39424,6Totale Nord Ovest87.0342.733.47031,4Totale Italia212.6249.839.84746,3(Fonte: Ministero dell’Interno, Censimento delle strutture per anziani, 1998)

Le regioni del Nord Ovest si segnalano quindi per il maggior numero di strutture e di posti letto. Lo stesso censimento ha inoltre evidenziato che il rapporto posti letto/anziani, che a livello nazionale è pari a 1 posto letto ogni 46 anziani, mostra le situazioni più favorevoli nel Piemonte e nel Trentino Alto Adige (1/22), Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia (1/ 25).

Il parametro della Valle d’Aosta, uno dei più alti d’Italia, unito alla constatazione che la situazione può oggettivamente definirsi buona, induce, anche considerato lo sforzo organizzativo per la realizzazione delle RSA, ad aumentare il parametro stesso solo fino ad arrivare a 1/24, aumentando il numero dei posti letto sulla base dell’aumento del numero di anziani. Si è proceduto pertanto a ridefinire il numero di posti letto in microcomunità e case di riposo applicando il rapporto tra il numero di anziani ed i posti letto pari a 24 alla popolazione anziana, che al 31.12.1999 era pari a 22.249 persone ottenendo un numero di posti letto pari a 936. La previsione di 936 posti letto rappresenta un aumento della disponibilità complessiva, in quanto se dai 924 posti letto presenti nel 1999 si detraessero i 185 posti letto definiti come fabbisogno globale di posti letto in RSA, si otterrebbero 739 posti, mentre, come già precisato, la dotazione complessiva ammonterà a 936 posti letto, a cui si aggiungeranno i 185 posti letto delle RSA.

Pere determinare la suddivisione dei 936 posti letto nei 4 Distretti, si è tenuto conto della situazione esistente che vede una media regionale di posti letto in rapporto alla popolazione pari al 4,15%:

Nel 1999 il rapporto tra la popolazione anziana e le strutture presenti in Valle d’Aosta è la seguente:

DistrettoPopolazione ³ 65 anniPosti letto disponibili% posti letto su popolazione 1 3.601pubblici: privati: totale:113 65 178pubblici: privati: totale:3,14 1,8 4,94 2 11.304pubblici: convenzionati: privati: totale:177 220 15 412pubblici: convenzionati: privati: totale:1,57 1,95 0,13 3,64di cui Aosta 7.603 pubblici convenzionati 60 220 pubblici convenzionati 0,79 2,89 3 3.000pubblici: privati: totale:52 65 117pubblici: privati: totale:1,73 2,17 3,9 4 4.344pubblici: privati: totale:147 70 217pubblici: privati: totale:3,38 1,61 4,99 Totale 22.249pubblici: convenzionati: pubbl.e conv.: privati: totale:489 220 709 215 924pubblici: convenzionati: pubblici e conv. privati: totale:2,20 0,99 3,19 0,96 4,15

Si sottolinea che, rispetto alla situazione sopra evidenziata, tutti i dati relativi al comune di Sarre sono stati considerati, ai fini della definizione del fabbisogno, come relativi al Distretto 1 anziché 2.

Il fabbisogno di posti letto per distretto e per tipologia di struttura è risultato il seguente:

Distretto 1 %Distretto 2 %Distretto 3 %Distretto 4 %MCCRprMCCRprMCCRprMCCRpr101 654,6417 153,867 503,9151 705,1

MC = Microcomunità e Case di riposo convenzionate

CRpr = Case di riposo private

% = percentuale di posti letto sulla popolazione del Distretto

In sintesi il totale di posti letto per tipo di struttura è il seguente:

Microcomunità e case di riposo convenzionateCase di riposo privateTotaleTotali736200936

Il fabbisogno sopra esposto è già interamente coperto in quanto, da un lato alcune microcomunità saranno trasformate in RSA e dall’altro l’offerta complessiva viene aumentata con l’ingresso nel sistema dei servizi residenziali di nuove strutture a Roisan e a Challan-Saint-Anselme.

Nel triennio di validità del presente Piano la copertura pubblica ipotizzata è la seguente:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4TotaleMicrocomunità e case di riposo convenzionate 101 417 67 151 736

Dal confronto con la dotazione attuale, si è ritenuto quindi opportuno elevare la percentuale di posti letto pubblici nel Distretto 2. Nel Distretto 3 sarà aumentata la copertura pubblica del fabbisogno mediante convenzionamento con una struttura privata, in modo tale da soddisfare le crescenti richieste di servizi residenziali alla competente Unità di Valutazione Geriatrica. Nel Distretto 4 l’aumento deriva dalla nuova microcomunità di Challand-Saint-Anselme che sostituirà l’attuale struttura .

Centri Diurni

La dotazione attuale di centri diurni per distretto è la seguente:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4Totale391417

Nel prospetto sono state rilevate ed indicate soltanto le strutture che svolgono attività socio-assistenziali in ambito diurno, oltre a attività di supporto all’assistenza domiciliare, e non quelle che assicurano esclusivamente la fornitura di pasti caldi o che hanno altre funzioni. Poiché nel Censimento delle strutture per anziani (1998) condotto su scala nazionale dal Ministero dell’Interno, non si distingue tra le strutture non residenziali, quelle assimilabili ai centri diurni valdostani e quelle assimilabili ai centri d’incontro, che svolgono principalmente attività ricreative, per la determinazione del fabbisogno non è possibile riferirsi a parametri oggettivi esterni alla realtà valdostana. Sulla base dell’attuale situazione di risposta alla domanda di servizi, interamente assicurata dal servizio pubblico, si ritiene che l’offerta dovrebbe essere proporzionale al numero di abitanti anziani di ogni distretto secondo il rapporto di un centro ogni 1.000 abitanti sopra i 65 anni.

Il fabbisogno è quindi risultato essere il seguente:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4TotaleCentri esistenti391417Centri nuovi02204Totale 3113421

Nel triennio di validità del presente Piano la copertura pubblica ipotizzata è la seguente:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4TotalePubblici e convenzionati 392418

Centri di incontro

La dotazione attuale di centri di incontro per distretto è la seguente è la seguente:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4Totale31121026

Poiché nel già citato Censimento delle strutture per anziani del 1998, non si distingue tra le strutture non residenziali, quelle assimilabili ai centri diurni valdostani, che svolgono attività socio-assistenziali in ambito diurno oltre ad attività di supporto all’assistenza domiciliare, e quelle assimilabili ai centri d’incontro, che svolgono principalmente attività ricreative, non è possibile riferirsi a parametri nazionali oggettivi esterni alla realtà valdostana. Tuttavia, sulla base dell’attuale situazione di risposta alla domanda di servizi, interamente assicurata dal servizio pubblico si ritiene l’offerta attuale sufficiente sotto il profilo quantitativo.

Comunità alloggio per anziani e disabili

La dotazione attuale di comunità alloggio per distretto è la seguente:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4Totale-1-12

I dati nazionali della Quinta relazione biennale al Parlamento sulla condizione dell’anziano dal 1996-97, relativi all’assistenza agli anziani fuori dell’ambito familiare riguardano i presidi socio-assistenziali intesi nella loro globalità, senza distinguere le informazioni relative alle comunità alloggio. Poiché in Valle d’Aosta una risposta alle esigenze residenziali di tipo socio-assistenziale è già prevista a livello di microcomunità e case di riposo, si è ritenuto opportuno modificare solo leggermente la situazione attuale, in cui l’offerta è interamente assicurata dal servizio pubblico, dotando tutti i Distretti di almeno una comunità alloggio, per garantire una varietà di offerta su tutto il territorio.

Il fabbisogno di comunità alloggio per distretto risulta quindi essere il seguente:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4TotaleComunità esistenti-1-12Comunità nuove11125Totale 12137

Nel triennio di validità del presente Piano la copertura pubblica ipotizzata coincide con il fabbisogno individuato.

Servizi per la prima infanzia (asili-nido, garderies e spazi gioco)

La dotazione attuale di queste strutture, misurata in numero di posti disponibili, sul territorio regionale è la seguente:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4TotaleAsili-nido (pubblici)852304035390Garderies private convenz15423515107Garderies private2060--80Garderies totali351023515187Posti complessivi1203327550577

Nel corso del 2000 sono stati erogati servizi di garderies ed asili nido, con una ripartizione per distretto dei posti disponibili come da prospetto:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4TotalePopol. 0-2 anni (1999)7231.4324366023.193Posti totali (2000)1203327550577%Posti/utenti potenziali 16,623,217,28,318,1

Si sottolinea che in entrambe queste tabelle i dati relativi al comune di Sarre (popolazione e offerta di servizi) sono stati inseriti, anche ai fini della definizione del fabbisogno, come relativi al Distretto 1 anziché 2. Per quanto attiene i criteri di determinazione del fabbisogno di posti in queste strutture di accoglienza per la prima infanzia, non esistono dati statistici nazionali recenti sui servizi a bambini di età compresa tra 9 mesi e 3 anni (non compiuti), tradizionalmente associati all’asilo-nido, ma ora allargati anche a servizi ad esso alternativi, quali le "garderies d’enfance" e gli spazi gioco. Una visione globale e recente della situazione dei servizi alla prima infanzia è stata fornita dal rapporto finale di ricerca del "Projet bébé" (giugno 2000), che ha evidenziato che la risposta ottimale alle esigenze della prima infanzia può venire in Valle d’Aosta da una combinazione tra l’offerta di asili-nido e l’offerta di servizi ad esso alternativi, che possono coniugare bene le esigenze socio-educative con la distribuzione dell’utenza sul territorio regionale, in molti casi disomogenea. In relazione alle risultanze del "Projet bébé", l’obiettivo che si intende raggiungere è di garantire una omogenea risposta all’utenza potenziale in ciascun Distretto, superando così i divari attualmente esistenti. Si ritiene quindi di dover assicurare nei Distretti 1, 3 e 4 un’offerta di servizi pari ad almeno il 20% dell’utenza potenziale. Nel Distretto 2, dove la popolazione per età di riferimento è quasi la metà di quella dell’intera regione e dove il flusso di pendolari, soprattutto verso il capoluogo regionale, assume dimensioni notevolissime rispetto al restante territorio, si ritiene opportuno invece assicurare un’offerta di servizi pari ad almeno il 30% circa dell’utenza potenziale.

Il fabbisogno di posti in strutture per la prima infanzia, per distretto, risulta quindi essere il seguente:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4TotalePopolazione di età 0 - 2 anni (1999)7231.4324366023.193Asili-nido esistenti852304035390Asili-nido nuovi50-3080Garderies esistenti351023515187Garderies nuove20401040110Posti complessivi14042285120767% posti/utenti potenziali19,429,519,519,924

Nel triennio di validità del presente Piano la copertura pubblica ipotizzata è la seguente:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4TotaleAsili-nido852804065470Garderies priv. convenz.15703515135Posti complessivi1003507580605

I nidi aziendali non sono stati inclusi nella valutazione dei presenti fabbisogni e quindi potranno essere autorizzati indipendentemente.

Strutture per minori

La dotazione attuale di 16 posti in comunità per minori è tutta all’interno del Distretto 2 per il fatto che tutte le strutture sono ubicate nel capoluogo regionale.

Per la determinazione del fabbisogno, i dati ISTAT del Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’Infanzia forniscono un'unica informazione rilevante: il numero di minori presenti in presidi residenziali socio-assistenziali nel 1998 era, a livello nazionale, in media lo 0,15% sul totale della popolazione della fascia di età inferiore a 18 anni. A fronte di una tale media nazionale, si ritiene opportuno confrontarsi con la stessa informazione riguardante la media regionale del Piemonte, esclusa la città di Torino, che registra la percentuale di 0,13 minori in strutture sul totale della popolazione 0 - 18 anni. Si ritiene infatti che la situazione della regione confinante sia molto assimilabile a quella valdostana sia quanto al territorio (orografia, prevalenza di zone di montagna sul totale della superficie regionale) sia quanto alle caratteristiche della popolazione, con l’eccezione dei dati riguardanti il capoluogo regionale piemontese, che presenta invece marcati caratteri metropolitani. La popolazione valdostana interessata dalla fascia di età 0 - 18 anni ammonta a 18.278 persone. Applicando la percentuale piemontese alla popolazione valdostana, si ottiene un numero di posti in strutture pubbliche pari a 24 complessivi su tutto il territorio regionale.

Strutture per disabili psichici

Centri Educativo Assistenziali (CEA)

La dotazione attuale di posti nei Centri Educativo Assistenziali (ex CSE) è la seguente:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4Totale-29151155

Va precisato che i Centri Educativo Assistenziali (fino ad oggi denominati Centri Socio Educativi)sono strutture destinate a soggetti di almeno 20 anni, mentre per gli altri utenti che hanno assolto l’obbligo scolastico e quindi, fino alla recente riforma della scuola, di età compresa fra i 15 e i 19 anni compiuti la struttura di accoglienza è la Struttura Educativa di Formazione e Orientamento (S.E.F.O.) per la quale non è stato indicato il numero totale di posti perché la collocazione nei Distretti (presso i vari istituti scolastici) cambia al variare della residenza degli utenti.

Entrambe le tipologie di servizi sono interamente assicurate dal servizio pubblico.

Per la determinazione del fabbisogno e in assenza di parametri nazionali desumibili da linee guida per una efficace ed omogenea erogazione di servizi a questo tipo di utenza, si è fatto riferimento alla situazione di analoghe strutture diurne presenti in altre regioni italiane (segnatamente quelle del Nord Ovest), tenendo conto esclusivamente di quelle che svolgono attività socio educative e riabilitative, con esclusione dei centri occupazionali:

RegionePopolazione al 31.12.1998Utenti servizi diurniPosti per 1.000 abitantiPiemonte4.288.0512.4200,564Lombardia9.028.9136.2920,696Liguria1.632.5361700,104Valle d’Aosta119.99266*0,550* Il dato include gli utenti delle S.E.F.O.

(Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Affari Sociali "Relazione annuale al Parlamento sullo stato di attuazione delle politiche per l’handicap in Italia", 1999)

Pur tenendo conto delle oggettive diversità tra la nostra regione e la Lombardia, quanto all’orografia, alla popolazione e al numero e tipologia di servizi esistenti, si è ritenuto opportuno, sulla base dell’esperienza maturata nei servizi valdostani, di aumentare la disponibilità di posti ogni 1.000 abitanti elevandola sino a raggiungere il livello della Lombardia, che rappresenta nel Nord Ovest un picco di eccellenza. Tale valutazione è stata condotta presupponendo un numero invariato di utenti (15) delle S.E.F.O. e tenuto conto della crescente domanda di servizi nel corso degli ultimi 5 anni nei Centri Educativo Assistenziali. Si è così definito un fabbisogno globale per la Valle d’Aosta di 83 posti (di cui 15 per le S.E.F.O.), che rappresentano lo standard di 0,69 posti per 1.000 abitanti, sulla base di 120.342 abitanti censiti in Valle d’Aosta al 31.12.1999.

L’aumento di posti è stato previsto unicamente per i Centri Educativo Assistenziali in quanto le S.E.F.O. dovranno essere riviste nella loro organizzazione in relazione alla recente riforma scolastica che ha comportato la revisione dei percorsi formativi, introducendo l’obbligo formativo fino al diciottesimo anno. La suddivisione dei posti in aumento nei Centri Educativo Assistenziali rispetto alla situazione esistente è stata fatta tenendo conto dell’utenza potenziale, ossia della residenza degli utenti che hanno presentato domanda di accesso al servizio.

Il fabbisogno è stato quindi rappresentato per ciascun distretto dal prospetto che segue:

Distretto 1Distretto 2Distretto 3Distretto 4TotalePosti esistenti in CEA-29151155Posti nuovi in CEA8--513Totale829151668

Allo stato attuale si ipotizza una copertura pubblica per il prossimo triennio coincidente con il fabbisogno individuato.

Comunità protette

La dotazione attuale è di 7 posti in comunità protette tutti all’interno del Distretto 2 per il fatto che tutte le strutture sono ubicate nel capoluogo regionale.

In merito alla determinazione del fabbisogno e in assenza di parametri nazionali desunti da linee guida per una efficace ed omogenea erogazione di servizi a questa tipologia di utenza, si è fatto riferimento alla situazione di strutture presenti in altre regioni italiane (segnatamente quelle del Nord Ovest) che svolgono funzioni assimilabili a quelle delle comunità protette in Valle d’Aosta (comunità alloggio, casa famiglia, gruppo appartamento):

RegionePopolazione al 31.12.1998Posti (valore assoluto)Posti per 1.000 abitantiPiemonte4.288.0512030,047Lombardia9.028.9135850,065Liguria1.632.536--Valle d’Aosta119.99270,058(Fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Affari Sociali "Relazione annuale al Parlamento sullo stato di attuazione delle politiche per l’handicap in Italia", 1999)

Anche in questo caso si è ritenuto opportuno, nonostante le oggettive diversità, aumentare la disponibilità di posti ogni 1.000 abitanti elevandola sino a raggiungere il livello della Lombardia, che rappresenta nel Nord Ovest un picco di eccellenza, ciò anche sulla base dei bisogni rilevati e tenuto conto anche del progressivo invecchiamento di questa tipologia di utenza. Si è così definito un fabbisogno globale per la Valle d’Aosta di 8 posti pubblici complessivi su tutto il territorio regionale, che rappresentano lo 0,066 posti per 1.000 abitanti, sulla base di 120.342 abitanti censiti al 31.12.1999.

Aggiornamento dei fabbisogni

L’individuazione complessiva dei fabbisogni strutturali e produttivi riportati nel presente Piano fa riferimento a delle stime che potranno subire delle variazioni alla luce di indirizzi programmatori congiunturali o di bisogni di salute e di assistenza al momento non manifesti o ancora non conosciuti. Essendo infatti lo stato di bisogno una dimensione dinamica e multidimensionale, l’adeguamento che ne consegue subisce le medesime dinamiche e comporta opportune e necessarie variazioni nel tempo. L’eventuale aggiornamento dei fabbisogni strutturali e produttivi sulla base di nuovi elementi conoscitivi dello stato di bisogno nella popolazione, verrà effettuato con delibera della giunta regionale, tenendo conto dei seguenti elementi:

strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali presenti in Valle d’Aosta alla data di approvazione del presente piano, loro ubicazione, numero degli utenti e della tipologia delle prestazioni sanitarie o assistenziali che vengono erogate ed loro potenzialità;

obiettivi di assistenza ospedaliera, territoriale e residenziale individuati dal presente Piano Socio Sanitario;

- capacità di far fronte alla domanda di assistenza sanitaria, socio-sanitaria e socio-assistenziale da parte delle strutture pubbliche e individuazione della conseguente quota da assicurare avvalendosi delle strutture private;

valutazione costi-benefici dei servizi resi o previsti, tenendo conto, a parità di qualità dei servizi stessi, della migliore efficienza gestionale, della flessibilità organizzativa e della prevedibilità dei costi tra pubblico e privato;

nuovi standard, protocolli e linee guida approvati dagli organi preposti a livello nazionale ed internazionale.

Accreditamento

Successivo all’autorizzazione, l’accreditamento viene rilasciato dalla Regione alle strutture e ai professionisti che, oltre ad essere in possesso di alcuni requisiti aggiuntivi, rispondano alle condizioni di seguito esposte.

Accreditamento delle strutture : il programma regionale

La Regione fa proprie le indicazioni nazionali in materia di accreditamento e definisce le modalità di rilascio dello stesso alle strutture che erogano prestazioni socio-sanitarie per conto del servizio sanitario regionale. Tali strutture, pubbliche e private, saranno individuate dalla Regione nell’ambito di quelle che hanno ottenuto l’autorizzazione regionale all’apertura ed all’esercizio, se dimostreranno di essere in possesso degli ulteriori requisiti di qualità definiti a livello regionale nonchè di essere funzionali agli indirizzi di programmazione regionale.

L’individuazione del numero e della tipologia delle strutture di cui trattasi è effettuata, dalla Giunta regionale, sulla base delle puntuali e dettagliate necessità che emergeranno per assicurare il raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza.

La Regione inoltre, nella sua veste di finanziatore del sistema socio-sanitario regionale e di controllore delle attività rese al cittadino, definisce l’accreditamento come lo strumento per dare credito ad una struttura che è organizzata e lavora secondo criteri definiti di buona qualità.

Per i fini di cui sopra si vogliono realizzare nel triennio di validità del presente Piano le iniziative necessarie per la valorizzazione dell’accreditamento come strumento di garanzia per i cittadini e per la crescita della qualità del Servizio socio-sanitario regionale.

La Giunta regionale, a seguito dell’entrata in vigore dell’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, dell’art. 8 quater del D.lgs. 502/92 e successi modificazioni ed integrazioni, adotta, su proposta di un gruppo tecnico multiprofessionale appositamente costituito, i provvedimenti con i quali vengono definiti i requisiti generali e specifici per l’accreditamento in relazione :

ai fabbisogni assistenziali

alla funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale

alle funzioni sanitarie individuate per garantire i livelli essenziali di assistenza o eventuali livelli integrativi locali le cui esigenze siano emerse da studi e analisi successive al presente Piano.

La Giunta regionale individua altresì i procedimenti per la verifica dei requisiti, nonché i manuali, le procedure, i tempi e le modalità per l’adeguamento ai requisiti dei presidi pubblici e privati regolarmente autorizzati.

La composizione di tale gruppo tecnico, la nomina e le modalità di funzionamento sono stabilite dalla Giunta regionale.

La Giunta regionale disciplina il processo di accreditamento istituzionale, prevedendo l’utilizzo di organismi tecnici qualificati per l’effettuazione delle visite ispettive.

Tali soggetti hanno il compito di accertare il possesso dei requisiti definiti dalla normativa nazionale e regionale per l’accreditamento istituzionale.

Il rilascio dell’accreditamento istituzionale, che non costituisce vincolo per l’Azienda USL a stipulare accordi contrattuali, spetta alla Giunta regionale, previa specifica istruttoria effettuata dai servizi regionali competenti per materia, tenuto conto delle risultanze delle visite ispettive.

La Regione Autonoma Valle d’Aosta pubblica annualmente sul Bollettino Ufficiale l’elenco dei soggetti accreditati per l’erogazione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie per conto del Servizio Sanitario Nazionale.

L’Azienda USL provvede all’informazione degli utenti, secondo le modalità ritenute più opportune sull’indicazione dei soggetti accreditati, sulla tipologia delle prestazioni erogate e sulle modalità di accesso alle medesime.

Accreditamento professionisti

I professionisti che esercitano attività socio-sanitarie anche in studi non soggetti ad autorizzazione regionale, possono richiedere l’accreditamento istituzionale, secondo le disposizioni approvate dalla Giunta regionale sentiti i rispettivi Ordini Professionali, in via transitoria, nelle more dell’emanazione dell’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, art. 8 quater del D. lgs. n. 502/92 e successive modificazioni ed integrazioni.

La Giunta regionale, a seguito dell’entrata in vigore dell’atto di indirizzo e di coordinamento di cui al comma 3, dell’art. 8 quater del D. lgs. n. 502/92 e successive integrazioni e modificazioni, adotta, su proposta del gruppo tecnico multiprofessionale, sentito l’Ordine professionale dei Medici chirurghi ed odontoiatri, i requisiti per l’accreditamento professionale dei professionisti, anche in relazione alla specifica esperienza professionale maturata ed ai crediti formativi acquisiti nell’ambito di programmi regionali di formazione continua organizzati ai sensi dell’art. 16 ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni ed integrazioni.

Accreditamento delle strutture socio-assistenziali e socio-educative

La Regione segue l’evoluzione normativa in materia di accreditamento delle strutture socio-assistenziali e socio-educative secondo quanto previsto dall’art.11 della l.328/2000 e la Giunta, nell’ambito della programmazione regionale definita nel paragrafo "Individuazione dei fabbisogni strutturali e produttivi" del presente Piano, definisce i requisiti generali e specifici per l’accreditamento di tali strutture e le modalità per il relativo rilascio.

Soggetti erogatori per conto del Servizio sanitario nazionale

Per quanto attiene i soggetti erogatori per conto del Servizio sanitario nazionale, l’accreditamento è un requisito che abilita alla contrattazione con l’Azienda USL; è quindi requisito essenziale, ma non vincolante per l’Azienda.

Con gli accordi contrattuali stipulati tra l’Azienda USL ed i soggetti accreditati sono definite le modalità di remunerazione delle prestazioni.

La Giunta regionale definisce i tetti massimi sia quantitativi che qualitativi della contrattazione, nonché le regole in caso di superamento del tetto delle prestazioni negoziate.

Gli accordi contrattuali individuano i volumi massimi delle prestazioni erogabili da ciascun presidio, il corrispettivo da corrispondere, nel rispetto delle disposizioni e della dotazione finanziaria definiti dalla Regione.

Per quanto riguarda le convenzioni per l’erogazione di prestazioni socio-assistenziali e socio-educative, l’ottenimento dell’autorizzazione regionale di cui all’art. 38 della legge regionale n. 5/2000 e dell’accreditamento, non costituiscono vincolo per gli enti gestori di convenzionamento.

Osservatorio Regionale Epidemiologico e per le Politiche Sociali e Sistema Informativo Socio-Sanitario Regionale

Le principali dimensioni dell’attività di programmazione socio sanitaria, valide ad ogni livello e su ogni scala temporale, sono:

l’analisi dei bisogni di salute e di assistenza ;

la definizione di obiettivi coerenti;

la scelta di azioni efficaci e un loro sviluppo appropriato;

il monitoraggio dei processi;

la valutazione dei risultati.

Ognuna di queste dimensioni richiede informazioni pertinenti, schemi interpretativi validi e capacità di comunicazioni eloquenti.

A queste finalità generali sono orientate le funzioni dei sistemi informativi, dell’epidemiologia e della comunicazione poiché gli approcci tradizionali del sistema informativo e dell’osservazione epidemiologica separatamente, seppure fondamentali, vanno oggi integrati con altri approcci che tengano conto della portata strategica di concetti quali la valutazione e la comunicazione.

Per quanto riguarda il sistema informativo regionale, attualmente le funzioni sono frazionate e gli ambiti sono più quelli amministrativi regionali che non quelli territoriali regionali, chiamati cioè più ad assolvere debiti informativi "storici" che non ad organizzare nuovi o innovativi flussi con l’obiettivo di monitorare i nuovi ambiti introdotti con le leggi di riordino nazionali e regionali in materia sanitaria (livelli di assistenza, contabilità direzionale, gestione budgetaria, valutazione di qualità dei servizi) e di servizi sociali.

La funzione epidemiologica all’interno della Regione Autonoma Valle d’Aosta è esercitata dall’Osservatorio Regionale Epidemiologico e per le Politiche Sociali (OREPS) ai sensi dell’articolo 5 della l.r. 5 / 2000, che ne definisce i compiti.

La recente razionalizzazione di questa funzione all’interno dell’assessorato competente concretizza l’avvio di un processo che, in futuro, renderà disponibile a livello locale un’autonoma capacità di osservazione e di interpretazione epidemiologica. E’ stato inoltre predisposto un Piano di attività dell’Osservatorio regionale che, su una base pluriennale, coincidente con il periodo di validità del presente Piano, provvederà a promuovere il proprio ruolo negli ambiti di competenza e a creare forme di coinvolgimento ad un processo di formazione e di crescita a livello locale da parte di alcune professionalità operanti nelle diverse aree in cui si articola l’assistenza socio sanitaria regionale. L’Osservatorio regionale potrà così assumere una struttura "allargata" composta da un nucleo interno all’Assessorato competente e da una rete di referenti stabili presso le strutture regionali appartenenti ai livelli di assistenza socio sanitaria.

La componente sociale dell’Osservatorio è ancora in fase embrionale anche se l’imminente avvio dell’Osservatorio regionale per l’infanzia e l’adolescenza potrà costituire in futuro il prototipo dell’Osservatorio regionale per le politiche sociali.

Nel periodo di validità del presente Piano l’Osservatorio epidemiologico e per le politiche sociali si doterà delle risorse, delle metodologie e delle tecniche necessarie all’assolvimento delle principali funzioni che, a regime, dovranno essere assolte e cioè quella:

Conoscitiva.

Consente di conoscere meglio le situazioni locali, i bisogni della popolazione e le risorse di intervento esistenti sul territorio nell’ambito della sanità e delle politiche sociali.

Decisionale.

Identifica i problemi esistenti sulla base dell’analisi delle situazioni locali, formula le priorità di intervento per procedere alle programmazioni necessarie.

Valutativa

Esprime valutazioni in merito all’efficacia, alla pertinenza, all’appropriatezza e all’efficienza delle azioni svolte.

Informativa e di valorizzazione.

Facilita la comunicazione delle azioni svolte, assicura la valorizzazione e permette lo scambio di informazioni auspicabile tra i diversi organismi o istituzioni collegate.

Sistema informativo e osservazione epidemiologica e delle politiche sociali non possono quindi costituire funzioni disgiunte, ma devono trovare a livello regionale momenti di sintesi funzionale ed è questa la ragione per cui, pur rappresentando ambiti dotati di una propria autonomia funzionale, sono stati trattati unitamente tra gli obiettivi "trasversali"del presente Piano.

Per quanto attiene il sistema informativo socio-sanitario regionale si rende necessario avviare un processo di riordino, e per alcuni ambiti di nuova edificazione, al fine di renderlo progressivamente pertinente, accurato, sensibile e sufficientemente agile da adattarsi a nuove esigenze programmatorie.

Un sistema informativo ed informatico così progettato si configura come nodo nevralgico dell’intera organizzazione socio sanitaria, attraverso il quale le informazioni possono transitare dal centro ai livelli periferici, fornendo dati di supporto all’attività dei decisori di qualsiasi livello (regionale, aziendale e di distretto) per il governo e la gestione della salute e dei servizi regionali.

L’obiettivo del prossimo triennio è quindi quello di avviare un processo di sviluppo, gestione e valorizzazione del sistema informativo ed informatico regionale.

Lo sviluppo, comporta uno studio di valutazione preliminare all’uso dei dati disponibili, che comprende la valutazione della qualità, della completezza e dell’utilizzabilità, degli stessi oltre che la scelta degli indicatori pertinenti e la conseguente messa a punto delle procedure di analisi con i software statistici disponibili.

La gestione di un sistema informativo implica la manutenzione delle basi dati e l’esecuzione delle analisi.

Infine la valorizzazione dei dati derivanti da ciascun flusso riguarda, oltre alla scelta degli indicatori di analisi, attuata preliminarmente nella fase di sviluppo, anche lo sviluppo di tutte le analisi successive che presuppone, per ciascun flusso dal quale siano stati evidenziati dei problemi, la produzione di analisi specifiche mediante tecniche statistiche più avanzate.

Per realizzare questo triplice obiettivo (sviluppo, gestione e valorizzazione) occorre quindi procedere alle seguenti azioni specifiche:

organizzazione e razionalizzazione dei flussi;

allineamento delle basi di dati del sistema informativo socio sanitario;

monitoraggio della qualità e adeguamento agli standard di sicurezza che sono richiesti ad un sistema informativo e statistico a scopo di governo, a livello regionale, locale e aziendale;

valorizzazione statistica ed editoriale dei risultati.

Alcune di queste azioni sono già state avviate per singoli segmenti del sistema informativo (Scheda di Dimissione Ospedaliera e dati di mortalità); nel periodo di attuazione del Piano il sistema informativo socio sanitario dell’assessorato dovrà proseguire nel riordino e consolidarsi passando da un ambito amministrativo regionale ad un sistema territoriale regionale, sia attraverso la collaborazione con gli altri uffici regionali competenti per i sistemi informativi di rilevanza socio-sanitaria, sia attraverso appositi accordi con l’Azienda USL ed altri Enti interessati.

Oltre alla valorizzazione epidemiologica delle informazioni esistenti, lo sviluppo dei sistemi informativi per la sanità si avvarrà anche della sperimentazione di nuove basi informative e di nuove applicazioni, con particolare riferimento all’introduzione di sistemi di tipo client-server, di data base relazionali, e la creazione di "data warehouse" multidimensionali.

Inoltre, la valorizzazione dei sistemi informativi rappresenta lo strumento che consente la produzione della Relazione Socio Sanitaria Regionale annuale, in grado di evidenziare problemi di salute della popolazione, e di contribuire al monitoraggio degli obiettivi definiti dal Piano, partecipando così, sulla base delle evidenze epidemiologiche desunte, al processo di verifica, aggiornamento ed elaborazione dei Piani successivi.

Per insediare nella cultura regionale il valore d’uso dell’attività dell’Osservatorio regionale epidemiologico e per le politiche sociali e dei dati dei sistemi informativi, occorre che i dati epidemiologici vengano diffusi, compresi ed utilizzati, in modo tale che il metodo dell’epidemiologia diventi consuetudine nella pratica professionale quotidiana.

Gli strumenti per il raggiungimento di questo obiettivo sono individuati:

nella costruzione di una rete di referenti del sistema socio-sanitario regionale (territorio, prevenzione, ospedale) con i quali identificare le necessità di sviluppo dell’osservatorio, i sistemi informativi necessari e avviarne la realizzazione, secondo modelli operativi e sistemi di indagini congrui con le necessità e le trasformazioni del contesto regionale;

nella pubblicazione e diffusione dei rapporti sui flussi informativi, della Relazione Socio Sanitaria regionale e sullo stato di salute della popolazione, anche sperimentando modalità di comunicazione innovative nella forma e nei mezzi;

in un’attività di formazione agli strumenti e ai metodi dell’epidemiologia, con particolare riferimento allo sviluppo di competenze nel campo della lettura e dell’interpretazione dei prodotti derivanti dall’uso routinario dei flussi informativi.

Obiettivi

Offrire dati ed analisi sui bisogni di salute e di assistenza sociale della popolazione utili alla programmazione, gestione e valutazione degli obiettivi di salute e di assistenza sociale indicati , a livello regionale, locale ed aziendale nel presente Piano;

Promuovere e diffondere il metodo osservazionale e i risultati delle analisi affinché diventino patrimonio comune dei professionisti e dei servizi del sistema sanitario regionale per aprire una comunicazione con il pubblico non professionale sui principali temi di carattere sociale e sanitario.

Azioni

Istituzione della rete di referenti regionali

Sviluppo, gestione e valorizzazione dei sistemi informativi socio sanitari e delle attività dell’osservatorio;

Attività redazionale tematica periodica.

Realizzazione di una rete sanitaria interaziendale interregionale tra la Valle D'Aosta ed il Piemonte

La previsione dell’istituzione di una rete assistenziale sanitaria che preveda l’interazione tra l’Azienda USL valdostana e la rete piemontese appare potersi esprimere, senza esclusività, verso tutte le Aziende del Piemonte; tuttavia, considerate le affinità, le opportunità logistico - organizzative, la complessità di queste nuove scelte organizzative, è necessario iniziare la sperimentazione con l’Azienda 9 di Ivrea ponendo come obiettivo finale del periodo osservazionale la definizione di un modello organizzativo estendibile ad altre realtà aziendali. Di seguito viene proposta l’analisi di contesto relativa ai rapporti con l’Azienda 9 di Ivrea che appare esemplificativa di un iniziale approccio al problema.

La domanda assistenziale proveniente da una popolazione di circa 310.000 utenti (120.000 valdostani e 190.000 canavesani) afferisce sostanzialmente alle strutture assistenziali, di ricovero e non, delle Aziende Sanitarie della Valle d'Aosta e n° 9 di Ivrea in Piemonte. L'offerta assistenziale appare da una parte variegata, qualitativamente significativa ed integrata mentre, al contrario, è possibile rilevare alcune sovrapposizioni ed alcune carenze in branche specialistiche particolarmente significative. La distribuzione geografica ed i collegamenti viari permettono di recare vantaggi all’utenza causando i minori disagi possibili nei trasferimenti dei cittadini assistiti e dei loro familiari. La conformazione del territorio comporta altresì una maggiore vicinanza della popolazione della Bassa Valle d'Aosta al nosocomio eporediese rispetto a quello aostano, e ciò favorisce, soprattutto per l'emergenza, l'orientamento spontaneo della richiesta di prestazioni assistenziali verso Ivrea. L'utenza valdostana è costretta dalle criticità quali - quantitative tra domanda ed offerta a notevoli trasferimenti extraregionali sia perché le strutture dell'ASL 9 di Ivrea non riescono a rispondere funzionalmente o strutturalmente alle esigenze sia perché alcune specialità non sono, dalla programmazione regionale piemontese, ricomprese all'interno dei tre presidi canavesani (Ivrea, Castellamonte, Cuorgnè). Contestualmente alcune carenze della rete assistenziale delle due regioni obbligano i rispettivi assistiti a lunghi tempi di attesa reciproche sinergie sono in grado di offrire alternative specialistiche diagnostico - terapeutiche congrue dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo. Il mercato del lavoro in ambito medico ed infermieristico ormai impegna, pena il rapido ridimensionamento dell'offerta per carenza di figure specialistico - assistenziali, ad una programmazione sanitaria che preveda di mantenere alta l'attrattiva dei due Ospedali riguardo:

alla varietà delle prestazioni garantite;

alla qualità delle stesse;

alla continuità assistenziale garantita;

alla possibilità di sviluppo progettuale e di ricerca;

all'offerta formativa.

La necessità di integrazione professionale delle équipes offre altresì slancio alla razionalizzazione dell'attività assistenziale diagnostico - terapeutica così da stimolare i processi di accreditamento di eccellenza necessari per attrarre l'utenza e gli operatori, stimolare questi ultimi e favorire i rapporti con l'Università e la ricerca finanziata da privati.

Le due Aziende già attualmente completano, tramite rapporti consulenziali o convenzionali di settore, la propria offerta assistenziale, tuttavia l'esigenza di una programmazione su scala ampia appare prioritaria e non procrastinabile. L’esigenza di razionalizzazione della spesa sanitaria rende necessario per le due Aziende rivisitare la programmazione al fine di evitare sovrapposizioni assistenziali pur mantenendo un'offerta distribuita , variegata, integrata e qualitativamente qualificata.

L'opportunità offerta dalla messa in rete delle strutture assistenziali valdostane e canavesane appare quindi una valida risposta a tali esigenze garantendo strutture capaci di rispondere in maniera integrata al fabbisogno assistenziale della popolazione di riferimento.

Il modello sperimentatale, un volta testato opportunamente, potrebbe essere utilizzato dalla Azienda USL della Valle d’Aosta per accordi programmatici con altre Aziende piemontesi in grado di fornire prestazioni altamente specialistiche non previste dal piano sanitario piemontese per l’Azienda di Ivrea. Senza voler anticipare le conclusioni del percorso progettuale che, vista l'indubbia complessità, dovrà assorbire tempi e risorse analitiche importanti, ma per favorire una sommaria ed immediata "vision" dello scenario ipotizzato, appare significativo rappresentare un modello organizzativo ipotetico sulla base del quale avviare riflessione. Viene di seguito proposto il modello relativo all'area funzionale chirurgica che potrebbe essere esteso ad altre aree assistenziali di ricovero, di supporto diagnostico, di supporto organizzativo, riabilitativo o territoriale. La previsione di integrare all'interno del polo interaziendale di area (nell'esempio l'area chirurgica) i Dipartimenti strutturali presenti nelle due Aziende permetterebbe di integrare le strutture complesse o semplici senza creare delle spinte centrifughe che la creazione di poli ultraspecialistici potrebbe ingenerare. Tuttavia le esigenze di integrazione specialistica sarebbero mantenute dalla previsione di aree di progetto specifiche i cui responsabili sarebbero dotati di autonomia decisionale nel raggiungimento degli obiettivi specifici assegnati. In via ipotetica, da sviluppare e testare nella fase sperimentale, ed in prima applicazione, la riconduzione gerarchica dei responsabili di progetto ad un organo di coordinamento composto dai responsabili dei Dipartimenti interessati (o delle unità operative interessate se non inserite in un Dipartimento), garantirebbe il raggiungimento di obiettivi generali conformi alla "vision" ipotizzata in sede programmatoria dagli organismi strategici regionali o aziendali.

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Medicine non convenzionali

La medicina non convenzionale è una forma di pratica medica fondata sui principi secondo cui la medicina è una ma composta da varie discipline e secondo cui il ricorso a vari metodi di cura non ha carattere esclusivo, ma integrativo all’interno di percorsi diagnostico terapeutici definiti dal medico al fine di ottenere il benessere globale della persona.

A tal riguardo il presente Piano intende riconoscere il valore diagnostico e terapeutico delle pratiche riconducibili alla medicina non convenzionale attraverso lo sviluppo e la ricerca in questo settore e prevedendo inoltre qualificati percorsi formativi per i medici che intendano specializzarsi in queste discipline alternative alla medicina tradizionale.

Con sempre maggiore frequenza infatti la medicina cosiddetta ufficiale ipotizza l’inserimento delle pratiche derivanti dalle medicine non convenzionali nei percorsi terapeutici di alcune patologie (dall’omeopatia all’agopuntura, dalla fitoterapia alla medicina tradizionale cinese) parallelamente è sempre più frequente il ricorso da parte dei cittadini a rimedi alternativi e talvolta sostitutivi alla medicina tradizionale, con costi a carico del privato che si aggiungono alla spesa sanitaria globale. Secondo uno studio epidemiologico recentemente pubblicato nei principali paesi industrializzati una percentuale di assistiti che varia dal 30% al 70%, utilizza correntemente modalità terapeutiche riferite alle medicine non convenzionali.

Dati presenti in letteratura stimano che più della metà dei cittadini belgi e tedeschi, pur di usufruire di tali terapie, si è dichiarato favorevole ad un pagamento extra dei premi assicurativi per rimborsi sanitari mentre il 74% degli inglesi è favorevole all’inserimento delle medicine non convenzionali all’interno del Piano Sanitario Nazionale. Anche in Valle d’Aosta è stato avviato uno studio campionario per stimare l’attitudine di medici e assistiti ambulatoriali nei confronti delle medicine non convenzionali. L’analisi di alcuni dati preliminari ha rilevato percentuali di utilizzo delle medicine non convenzionali molto simili sia tra i medici (il 77% ne hanno consigliato l’uso) che tra gli assistiti (il 71% ne fa uso) con differenze solo nella frequenza delle pratiche (nei medici al primo posto è risultata l’agopuntura mentre al primo posto nell’utilizzo da parte dei cittadini è risultata l’omeopatia).

In Italia una recentissima indagine DOXA ha stimato in cinque milioni gli italiani che fanno scelte alternative in campo sanitario. Nel mese di luglio 2000 la Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati ha normato la pratica delle cosiddette "terapie dolci" attribuendone la competenza ai soli laureati in medicina e chirurgia. In Parlamento ha altresì operato, dal 1997, una Commissione di Studio sulle medicine non convenzionali con, tra gli altri, il compito di predisporre misure di garanzia per gli utenti, di definire le linee guida per le pratiche eventualmente riconosciute, di verificare l’efficacia, l’appropriatezza ed il rapporto costi / benefici.

Nel 1997 il Parlamento Europeo ha emendato lo Statuto delle medicine non convenzionali facendo seguito ad una precedente normativa europea del 1991 per la libera circolazione dei farmaci omeopatici in Europa.

In attesa di una normativa nazionale alcune Regioni hanno previsto ipotesi programmatorie volte al soddisfacimento, su basi razionali, di questi nuovi bisogni della popolazione. Si tratta di tematiche di significativo impatto sociale che richiedono di essere valutate con il rigore scientifico necessario a certificare l’efficacia delle scelte diagnostico - terapeutiche effettuate dai clinici, al pari di quanto propugnato in questo Piano per la medicina tradizionale.

Obiettivi

Valutare l’opportunità di un riconoscimento del valore diagnostico terapeutico delle pratiche riconducibili alla medicina non convenzionale nei limiti della normativa nazionale e nel rispetto dei principi della medicina basata sulle evidenze;

Sviluppare il dibattito sull’utilizzo delle medicine non convenzionali all’interno dei percorsi terapeutici tra gli operatori sanitari anche attraverso momenti formativi e confronti con gli operatori del settore;

Valutare la predisposizione al ricorso e l’effettivo utilizzo delle medicine non convenzionali nella popolazione e nei medici della Valle d’Aosta;

Azioni

Istituzione presso l’Assessorato della sanità, salute e politiche sociali di una Commissione per lo sviluppo e la ricerca nel settore delle medicine non convenzionali;

Individuazione, da parte dell’Assessorato e d’intesa con gli ordini regionali dei medici, con la FIAMO (Federazione Italiana Associazione Medici Omeopati), FISA (Federazione Italiana Società di Agopuntura), FNO (Federazione Nazionale Omeopatia) e altre Federazioni interessate, delle branche e delle pratiche terapeutiche riconducibili alla medicina non convenzionale riconoscibili all’interno dell’assistenza sanitaria regionale a garanzia delle ulteriori azioni di seguito elencate;

Avvio, d’intesa con gli ordini professionali, di sperimentazioni atte a verificare le concrete possibilità di inserimento di alcune pratiche mediche non convenzionali nell’offerta di servizi al cittadino, ferma restando l’esclusione dalla rimborsabilità della spesa farmaceutica;

Autorizzazione all’erogazione di medicine omeopatiche anche nell’ambito delle attività dell’Azienda USL, purchè con onere a carico dell’interessato;

Autorizzazione alla presenza di pratiche non convenzionali all’interno delle strutture socio sanitarie regionali nel rispetto del principio di scelta e del percorso clinico terapeutico della persona;

Sperimentazione di una struttura ambulatoriale dedicata alla medicina non convenzionale con onere a carico dell’interessato;

Determinazione, mediante indagini epidemiologiche, del livello di domanda espressa e, per quanto possibile, di quella inespressa, in questo campo assistenziale.

Definizione collegiale da parte dell’Assessorato, sentiti gli ordini professionali e il comitato etico, di linee di indirizzo finali ad uso dell’Azienda USL;

Attivazione di percorsi formativi in alcune discipline appartenenti alle medicine non convenzionali da parte dell’Università della Valle d’Aosta - Université de la Vallée d’Aoste d’intesa con le Università partners internazionali.

PARTECIPAZIONE E RAPPRESENTANZA

La cittadinanza nei servizi

Il diritto di cittadinanza implica il riconoscimento della centralità del cittadino in quanto tale, della sua titolarità soggettiva nella richiesta di fruizione dei diritti sociali aventi per oggetto la salute, la cultura, la casa, il lavoro e l’assistenza, in una parola, il benessere inteso nella sua globalità come qualità di vita. Tale diritto riconosce il protagonismo delle persone intese non come destinatarie passive di interventi predisposti per essi, bensì come soggetti attivi che hanno un progetto di vita, che partecipano alle decisioni in merito ai servizi che ricevono e a cui hanno diritto e sui quali, infine, esprimono una valutazione.

La parola cittadino include, nel suo significato moderno di "colui che partecipa dei diritti e dei doveri sanciti da uno Stato", nuovi significati che enfatizzano i legami di solidarietà, di condivisione e di responsabilità tra le persone che abitano in un dato Stato o, più in generale, una comunità umana. Essere cittadini equivale, all’interno di questa definizione, all’essere protagonisti della creazione e della gestione delle condizioni che segnano la vita delle persone ed è questa nuova concezione della cittadinanza che porta al superamento del concetto di "utente". Letteralmente l’utente è "colui che fruisce di un bene o di un pubblico servizio" , è il fruitore, mentre il suo contrario è il fornitore. Se il fruitore è colui che ha diritto di godere di un bene altrui, ne consegue che il bene o il pubblico servizio di cui usufruisce l’utente è un bene altrui. Il significato della parola utente mette quindi in evidenza tanto la passività del cittadino rispetto all’attività ed alla capacità dei servizi alla persona, quanto il fatto che la sua titolarità dei diritti si esaurisce nel solo diritto di usufruire delle prestazioni dei servizi stessi, individualmente e passivamente. Anche se il cittadino venisse riconosciuto come titolare del servizio pubblico al quale si rivolge, rimarrebbe sempre il fatto che un "utente" si limita ad usufruire, con maggiore o minore soddisfazione, di un servizio prodotto da un fornitore. Al più, in un sistema molto aperto ed efficiente, l’utente può pretendere ed ottenere la qualità desiderata, ma sempre e solo come "colui che si limita a usufruirne".

La conseguenza di questa cultura è stata la convinzione che la soluzione dei problemi che interessano i servizi socio-sanitari stia solo nel modificare i modelli di gestione e di produzione dei servizi stessi da parte di amministratori e tecnici addetti ai servizi stessi.

Questo modello della persona come utente è andato accentuandosi anche in seguito al fallimento o allo snaturamento di molte esperienze di partecipazione. I motivi di tale fallimento sono complessi anche se dalla loro analisi si è compreso come la partecipazione non sia attivabile realmente attraverso i soli aspetti formali, ma che necessiti di interventi, di strumenti e di spazi articolati all’interno della fruizione quotidiana dei servizi e nelle fasi di individuazione dei bisogni e delle priorità.

Rendere i cittadini protagonisti, almeno in parte, delle risposte ai bisogni il cui soddisfacimento hanno delegato l’organizzazione del sistema socio-sanitario significa ridurre la dipendenza e rendere alla persona la sua centralità.

Accanto a queste ragioni teoriche sul valore del protagonismo delle persone nella risposta ai loro bisogni ve ne sono tuttavia altre di tipo pragmatico che derivano dall’analisi della funzionalità dei servizi sociali e sanitari. Appartiene al patrimonio comune degli operatori più consapevoli la convinzione che la partecipazione dei cittadini alla gestione dei servizi sia un fattore di efficienza economica oltre che di efficacia delle prestazioni e, soprattutto, che essa consenta ai servizi stessi di dare risposte il più vicine possibile alle reali esigenze delle persone; solo la partecipazione degli interessati alla programmazione e alla valutazione dei servizi socio-sanitari può consentire che questi siano adeguati ai bisogni e consente agli interessati stessi di contribuire alla pianificazione delle misure di sostegno, di consapevolizzarsi sulle risorse mobilitate e di responsabilizzarsi nei propri ruoli.

La Conferenza socio sanitaria regionale

Il confronto con la cittadinanza e con le parti sociali è certamente uno dei momenti necessari a garantire che l’insieme dei processi e delle attività relative al servizio socio sanitario regionale abbia riferimenti puntuali e sicuri con i livelli istituzionali. Esso rappresenta il principio irrinunciabile dei nuovi modelli di sviluppo e di erogazione dei servizi ad una popolazione ed è infine l’unico approccio perseguibile per annullare o ridurre le rigidità degli assetti istituzionali mediante il coinvolgimento di ogni risorsa necessaria a supportare decisioni largamente condivise ed appropriate. Anche il recente "Patto per lo sviluppo della Valle d’Aosta", esprime, da un lato, la volontà di concorrere alla creazione di una fase di concertazione a livello locale e, dall’altro, l’impegno a garantire un costante flusso di informazioni sulle iniziative e sui processi decisionali che interessano la collettività valdostana. Il "Patto per lo sviluppo per la Valle d’Aosta" prevede un confronto concertativo aperto alla dialettica tra le parti, sulla riqualificazione e la razionalizzazione della rete dei servizi socio-sanitari nell’ottica di una tutela dei soggetti meno protetti, oltre ad altre questioni relative alla qualità della vita e alla coesione sociale che in questo Piano sono state affrontate all’interno delle politiche sociali e delle politiche per l’ambiente.

Al fine di favorire forme di confronto con tutti gli attori istituzionali e sociali, il presente Piano istituisce la Conferenza socio-sanitaria regionale a vantaggio di una più convinta adesione e partecipazione ad ogni fase della progettazione per lo sviluppo sociale e sanitario della Valle d’Aosta.

La Conferenza socio sanitaria regionale si esprime sulle principali problematiche di interesse per la programmazione socio-sanitaria e viene convocata periodicamente da parte dell’Assessore competente in materia di sanità, salute e politiche sociali.

Alla Conferenza, la cui composizione e il cui funzionamento saranno definiti con delibera della Giunta regionale, partecipano rappresentanti di :

- Azienda USL

cittadini (anche mediante la realizzazione del Tribunale del malato)

organizzazioni di volontariato e del terzo settore

federazioni di categoria

ordini e collegi professionali

organizzazioni sindacali

enti locali

Il suo ruolo è quello di proporsi come luogo di confronto per la discussione di strategie, condivise per obiettivi comuni, tra soggetti ed istituzioni che esercitano funzioni tali da condizionare il benessere psico fisico della collettività.

In base a questo ruolo la Conferenza formula proposte ed esprime pareri sugli orientamenti e sugli interventi di qualificazione del servizio socio-sanitario regionale.

La Conferenza, in base ai temi in discussione, può integrarsi della presenza occasionale di uno o più esperti nelle materie in oggetto.