Regolamento regionale 9 agosto 1995, n. 6 - Testo storico

Regolamento regionale 9 agosto 1995, n. 6

Bollettino ufficiale regionale 05 09 1995 n. 40

Norme tecniche per lo stoccaggio, il trattamento, la maturazione ed il riutilizzo dei reflui zootecnici.

Art. 1

(Finalità)

1. Il presente regolamento, in attesa del recepimento delle direttive comunitarie in materia, ed in attuazione dell'art. 4, comma 1, lett. e), della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), e successive modificazioni, disciplina lo stoccaggio, il trattamento, la maturazione e l'utilizzazione dei residui organici di origine zootecnica conseguenti all'esercizio dell'attività di allevamento, definiti in seguito reflui zootecnici, al fine di mantenere la migliore fertilità dei terreni, la salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee e di limitare le esalazioni maleodoranti.

Art. 2

(Principi generali)

1. Per suolo adibito ad uso agricolo deve intendersi qualsiasi superficie la cui produzione vegetale, direttamente o indirettamente, è utilizzata per produrre alimenti da destinare al consumo umano, alimenti per gli animali ovvero prodotti per la trasformazione industriale, nonché qualsiasi superficie sulla quale debba essere effettuata o sia in atto pratica agricola.

2. Il riutilizzo dei reflui zootecnici sul suolo agricolo è ammesso unicamente a fini agronomici solo quando sia assicurato un idoneo assorbimento delle sostanze distribuite in modo che le acque sotterranee, le acque superficiali, il suolo e la vegetazione non subiscano degradazione o danno; il riutilizzo dei reflui zootecnici non deve provocare rischi per la salute pubblica e dev'essere attuato così come disciplinato dal presente regolamento.

3. L'utilizzo dei reflui zootecnici sul suolo agricolo costituisce normale pratica agronomica e può quindi avvenire nei periodi più idonei a conseguire la migliore fertilizzazione dei terreni, nei modi previsti dal presente regolamento.

Art. 3

(Definizioni)

1. Ai fini del presente regolamento, i reflui zootecnici sono definiti come segue:

a) liquame: materiale non palabile derivato dalla miscela di feci, urine, residui alimentari, perdite di abbeverata ed eventuali acque di lavaggio provenienti dalle sale di mungitura, dagli allevamenti e dalle sale latte dei caseifici aziendali annessi all'azienda zootecnica. Sono inoltre considerate liquami le frazioni ispessite non palabili dal trattamento fisico e/o meccanico dei liquami;

b) letame: materiale palabile derivato dalla miscela di feci, urine e materiale vegetale proveniente da allevamenti con lettiera. Sono assimilate al letame le frazioni ispessite palabili ottenute con il trattamento fisico e/o meccanico dei liquami.

Art. 4

(Piani di utilizzazione agronomica)

1. I produttori, singoli o associati, le cui aziende di fondovalle, esclusi alpeggi e mayen, abbiano consistenza superiore a 10 unità bovine adulte per ettaro e che intendano utilizzare liquami zootecnici su terreni di proprietà, in affitto od in concessione, sono tenuti a predisporre e presentare al Sindaco del Comune competente, unitamente alla richiesta di autorizzazione, il piano di utilizzazione agronomica. L'Assessorato dell'agricoltura, forestazione e risorse naturali, tramite gli uffici periferici del Servizio assistenza tecnica economica e sociale e dello sviluppo agricolo (SATESSA), se richiesto dall'interessato, provvede alla redazione del piano e, qualora richiesto dal Sindaco del Comune interessato, fornisce competente parere entro trenta giorni dalla richiesta.

2. I piani di cui al comma 1 devono individuare quantità e qualità dei reflui zootecnici spargibili nelle aree ritenute idonee, tenuto conto:

a) della profondità del terreno e della sua pendenza;

b) della presenza di ristagni e del rischio di inondazioni;

c) del rischio di scorrimento superficiale delle acque;

d) delle colture e dei relativi fabbisogni nutritivi;

e) delle tecniche agronomiche utilizzate;

f) delle tipologie di allevamento.

3. Le eventuali modificazioni alla tipologia e alle dimensioni degli allevamenti, nonché dei terreni interessati allo spargimento, devono essere immediatamente comunicate al Sindaco del Comune competente, unitamente ad un nuovo piano di utilizzazione agronomica.

4. Non è soggetto ad autorizzazione l'impiego di letame.

Art. 5

(Carichi ammissibili)

1. Il carico massimo di azoto totale per ettaro e per anno è di 340 chilogrammi, da intendersi come media aziendale. Per le colture poliennali tale valore può essere ripartito sull'intero ciclo colturale. Per il calcolo del carico è possibile tenere conto degli ettari non appartenenti all'azienda quando il fieno prodotto nei medesimi sia ceduto alla stessa azienda in cambio di letame; lo scambio dev'essere sancito da un documento sottoscritto dalle parti interessate.

2. Per le aree vulnerabili, in attesa di disposizioni tecniche di attuazione dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236 (Attuazione della direttiva CEE numero 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183), i limiti massimi sono fissati in 170 chilogrammi per ettaro, elevabili a 210 chilogrammi nel caso si presenti un piano di utilizzazione agronomica che giustifichi l'utilizzo.

Art. 6

(Divieti)

1. Lo spargimento del liquame è vietato dal 15 dicembre al 28 febbraio, salvo deroghe stabilite di volta in volta dall'autorità comunale in base all'andamento metereologico stagionale.

2. Lo spargimento del liquame è inoltre vietato:

a) sulle superfici non interessate da colture agricole, salvo deroga motivata dall'autorità comunale;

b) su terreni gelati o innevati;

c) su terreni saturi o con ristagni d'acqua;

d) ove non diversamente specificato da altre norme o regolamenti, su terreni situati a distanza di regola inferiore a 10 metri dai corsi d'acqua, con esclusione di quelli utilizzati per la pratica della fertirrigazione;

e) sui terreni in dissesto;

f) nelle aree boschive, esclusi i pioppeti;

g) nelle aree di golena;

h) nelle aree di rispetto e di protezione dei punti di captazione di acqua destinata al consumo umano, ai sensi del d.p.r. 236/1988.

3. Lo spandimento del letame non può avvenire ad una distanza di regola inferiore a 5 metri dai corsi d'acqua. Lo stoccaggio temporaneo del letame e dei suoi assimilati su terreno nudo è ammesso e deve prevedere la formazione di un solco perimetrale isolato idraulicamente dal reticolo scolante ed una distanza dai corsi d'acqua di almeno 10 metri, con esclusione di quelli utilizzati per la pratica della fertirrigazione.

Art. 7

(Impianti di stoccaggio, trattamento e maturazione dei reflui zootecnici)

1. Gli impianti di stoccaggio, trattamento e maturazione dei reflui zootecnici sono costituiti dal complesso delle strutture immobili e degli apparati meccanici e tecnici atti a maturare e stabilizzare i reflui zootecnici al fine di renderli idonei al riutilizzo agronomico.

2. Gli impianti di cui al comma 1 devono essere realizzati con tutti gli accorgimenti tecnici necessari per assicurare la loro durata nel tempo. Il fondo e le pareti devono essere costruiti con materiali naturali od artificiali che assicurino un'adeguata impermeabilizzazione. Il fondo deve trovarsi al di sopra del tetto del corpo acquifero sotterraneo.

3. Il sistema di stoccaggio, se di nuova costruzione, dev'essere realizzato in più comparti o unità, al fine di permettere un periodo minimo di maturazione dei liquami prima della loro distribuzione in campo.

4. Il volume massimo dei singoli contenitori di nuova costruzione non può essere superiore a 5.000 metri cubi. Per i nuovi insediamenti lo stoccaggio dei liquami zootecnici non può essere effettuato direttamente sotto grigliato.

5. Lo stoccaggio dei liquami dev'essere effettuato in contenitori la cui capacità, rapportata alla potenzialità massima dell'allevamento, non può essere inferiore a:

a) centoventi giorni per gli allevamenti bovini da latte;

b) centottanta giorni per tutti gli altri allevamenti.

6. E' ammessa una capacità di stoccaggio ridotta per gli allevamenti di piccole dimensioni, fino a 17,5 unità bovine adulte, rapportata al periodo di allevamento e alla durata del ciclo vegetativo, purché la stessa non risulti comunque inferiore a novanta giorni.

7. Per quanto concerne il rispetto delle distanze dalle abitazioni per gli impianti di cui al presente articolo, si fa riferimento al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), alle normative tecniche emanate in applicazione della l. 319/1976, nonché ai regolamenti comunali di igiene.

Art. 8

(Tempi di adeguamento alla normativa)

1. L'adeguamento del carico alle norme previste nell'art. 5 deve avvenire entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.

2. L'adeguamento dei contenitori di stoccaggio alle norme previste nell'art. 7 deve avvenire entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.