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Comunicato n° 290 del 23 maggio 2016

Popoli in movimento, perché la paura?: incontro con Alessandra Morelli

Venerdì 20 maggio 2016, nell'ambito del Premio "La Donna dell'Anno"

Popoli in movimento, perché la paura? Questo il tema affrontato venerdì 20 maggio 2016 da Alessandra Morelli, delegata dell’Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite. Un tema difficile e profondo che ha visto il numeroso pubblico presente, attento e partecipe, seguire con interesse l’esposizione delle complesse caratteristiche del fenomeno.

«Questa serata - ha sottolineato con soddisfazione il Presidente del Consiglio Valle, Marco Viérin - ha dato i frutti sperati: con cognizione di causa è stato affrontato dalla dottoressa Morelli il fenomeno migratorio nei suoi molteplici e multiformi aspetti. Le riflessioni che ne sono scaturite ci hanno convinto sempre di più che bisogna prendere coscienza e imparare a convivere con un cambiamento epocale che sta influenzando la geopolitica mondiale ma anche la nostra vita di tutti i giorni.»

In rappresentanza del Soroptimist Club Valle d’Aosta, che ha collaborato all’evento, Paola Varda ha evidenziato che «è emersa con grande evidenza la necessità di affrontare con spirito di solidarietà il problema, senza farci bloccare da quella paura della diversità che spesso induce a scelte non corrette. È necessario fare proprio quel concetto di resilienza - diventato il credo della Morelli - che fa trasformare l’emergenza nella capacità di affrontare e superare gli eventi stressanti, portando ad una riorganizzazione positiva della vita.»

Un messaggio di fiducia e di positività quello di Alessandra Morelli che, con il suo carisma, la sua profonda cultura internazionale e il suo calore umano, ha trasmesso ai partecipanti alla conferenza il termometro del mondo dal punto di vista geopolitico, dove guerre e povertà si intrecciano generando movimenti di popolo, evidenziando che si corre il rischio che la globalizzazione diventi un’opportunità per pochi in un mondo in cui la disuguaglianza continua purtroppo a crescere.

Attraverso le sue parole e la testimonianza della sua esperienza diretta nei paesi in cui ha operato, si è avuta una visione completa di un fenomeno che, invece di essere in via di risoluzione, deve ancora trovare gli strumenti idonei, ma soprattutto deve ancora trovare la via per operare in collegialità, creatività e l’impegno di mutua condivisione tra Stati, che, solo, può portare ad una gestione pragmatica e solidale del fenomeno umanitario.

60 milioni di persone costrette a fuggire dalle loro case, movimenti forzati su scala mondiale provocati da guerre, conflitti e persecuzioni, ci fanno capire che nessuna guerra deve essere percepita lontana da noi quando la pace non c’è a casa nostra e devi andare a cercarla altrove.

Siamo di fronte ad una situazione eccezionale che richiede un approccio eccezionale nella gestione pragmatica del fenomeno che è da inquadrare nella stessa dimensione del cambio climatico. Un approccio di gestione pragmatico ma anche solidale: una solidarietà però ripulita da agende di tornaconto personale, ma soprattutto da agende che generano diffidenza, paura, pregiudizi.

Diventa sempre più difficile consolidare la pace. Tanti conflitti ancora in corso non hanno trovato una soluzione e questo deve farci riflettere sul termometro della buona salute della pace e della stabilità, che è il valore primario di cui i rifugiati non possono godere. La sfida della guerra asimmetrica dove il terrorismo ha come obiettivo principale l’intimidazione e l’impedire alla società un’armoniosa e sana crescita è un ulteriore elemento di destabilizzazione e causa di fuga di molti profughi che provengono dalla Siria, dall’Afghanistan fino all’Iraq, al Mali e alla Somalia. Ancora una volta, la sconfitta nel raggiungere obiettivi di pace forza le persone ad intraprendere viaggi della speranza diventati ormai pericolosissimi.

Negli ultimi 70 anni una persona su 122 è un rifugiato che è costretto in media a vivere in esilio venti anni prima di poter rientrare nel suo paese d’origine; gli ultimi sei anni hanno visto emergere 15 nuovi conflitti e si può dire che ci sono più rifugiati che soluzioni.

Urge dunque comprendere e gestire l’accoglienza, urgono azioni collettive di politiche che non generino paure e divisioni ma che siano basate sulla razionalità e capacità di gestire risorse. I rifugiati, proprio perché fuggono da guerre e persecuzioni meritano rispetto, il loro dolore è la testimonianza che un mondo insicuro è un mondo instabile per tutti noi. Nessuna guerra è troppo lontana da non riguardarci!

«L’Alto Commissariato per i rifugiati (UNHCR) - è la riflessione finale di Alessandra Morelli - continua il suo impegno di presenza operativa nelle zone più fragili del mondo attraverso azioni e risposte umanitarie mirate alla salvaguardia della protezione di oltre 20 milioni di rifugiati, 40 milioni di sfollati interni al paese di appartenenza e continua ad essere la voce per milioni di apolidi, di persone invisibili dimenticate e senza diritti.»